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Moncalvo, “città” più piccola d’Italia
Quando si dice città si pensa inevitabilmente al traffico caotico, alla folla strabordante e agli spazi verdi ridotti all’osso. Moncalvo, invece, borgo più piccolo d’Italia a conservare il titolo di città, è un incantevole presidio di arte e storia nel cuore del Monferrato, facilmente raggiungibile da Asti, circondato da colline Patrimonio Unesco. Un manipolo di case e dimore storiche sorte attorno alle vestigia di un castello rimasto in piedi solo in parte, ma da sempre rappresentativo dell’identità cittadina. Un paese piccolissimo, eppure, fin dagli albori, al centro di contese tra casate nobiliari rivali. Nel 1705 fu il duca di Mantova Ferdinando Carlo Gonzaga a concedere a Moncalvo il titolo ambito di città, privilegio poi confermato nel 1774 dal re di casa Savoia Vittorio Amedeo III. Da allora la storia di questo borgo viaggiò in parallelo con quella della dinastia sabauda, confluendo nel 1861 nel neonato Regno d’Italia e rimanendo negli annali come la città più piccola della Penisola.
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Alle radici della storia
Moncalvo affonda le sue radici nella storia più antica. Gli studiosi ritengono che i primi insediamenti risalgano all’epoca preromana, quando il territorio era abitato da popolazioni celtiche e liguri, con una presenza romana certificata poi da ritrovamenti archeologici. Secondo l’ipotesi più accreditata, il nome deriva dal latino “Mons Calvus”, ovvero monte privo di vegetazione, probabilmente perché attorno all’anno Mille ci furono numerosi disboscamenti intorno al centro abitato. Ma non è escluso che Mons Calvus possa
significare Monte di Calvo, forse un nobile romano che lì costruì la propria villa. Certo è che, fin da epoca antica, Moncalvo non è mai stata abbandonata. Anzi. Per la sua posizione privilegiata e per la ricchezza del territorio, è stata nei secoli contesa aspramente: è appartenuta alla Chiesa di Asti, ai Marchesi del Monferrato, di Saluzzo e subì alterne occupazioni straniere. Nel Cinquecento passò nelle mani dei Gonzaga, che la controllarono fino ai primi anni del Settecento per poi consegnarla definitivamente ai Savoia.
C’era una volta un castello... E c’è ancora
Risale all’XI secolo il primo documento in cui si segnala l’esistenza di un castello a Moncalvo. In realtà la costruzione giunta fino a noi, quella costituita dai possenti torrioni e dai camminamenti che cingono su due lati la piazza centrale, risale ai primi del Trecento ed è il risultato di innumerevoli assedi, di secoli di decadimento e della rinascita avviata sul finire dell’Ottocento. Essendo una delle principali sedi dei marchesi del Monferrato, nei primi due secoli di vita assolse
principalmente una funzione di tipo residenziale, nel Cinquecento si accentuò, invece, quella di fortezza militare. Quando poi sotto i Savoia il castello perse importanza dal punto di vista strategico e in pratica fu abbandonato, si cominciò a parlare della distruzione dei suoi resti. Poi, nel 1858, il Comune lo acquistò per la somma di 4mila lire, decidendo più tardi di demolirne una porzione per far posto a un’ampia piazza con porticato, piazza Carlo Alberto, ideale per lo sviluppo di mercati e fiere.
Recupero e rinascita del simbolo di Moncalvo
Oggi il Castello di Moncalvo, oltre a essere il simbolo romantico del borgo, è uno spazio che è stato restaurato e arricchito di nuove funzioni. I tre imponenti torrioni, collegati dai camminamenti utilizzati in epoca antica dalle ronde, ospitano mostre ed eventi, e una Bottega del Vino raccoglie i prodotti di diversi produttori vitivinicoli e di eccellenze enogastronomiche locali. Salendo invece sul belvedere, è possibile ammirare la valle sottostante e scorgere le Alpi, con l’inconfondibile sagoma del Monviso in lontananza,
i filari di vigne dai ceppi neri e contorti e i boschi del Parco del Sacro Monte di Crea. Ma ai bastioni fortificati si lega anche un’altra tradizione cara ai moncalvesi, quella delle partite di tamburello a muro, “tambass” in dialetto monferrino, gioco a squadra antichissimo, praticato già dai Romani. Guai, però, a pensare che si tratti di semplici partite tra amatori. Parliamo, piuttosto, di una vera e propria specialità sportiva tipica del Monferrato, con tanto di campionato che accende rivalità tra paesi.
Tra botteghe e palazzi antichi, il cuore del borgo
Palazzi storici, campanili e piccole botteghe sormontate da insegne dall’aspetto rétro. Il centro di Moncalvo è un gioiello medievale che vale la pena di visitare perdendosi tra le sue strade. Via XX Settembre, detta “La Fracia”, è il cuore pulsante della vita commerciale cittadina. Confluiscono in essa numerosi vicoletti, alcuni dei quali dedicati a illustri moncalvesi come Gabriele Capello, virtuoso ebanista della corte di Carlo Alberto, e Franco Montanari, diplomatico e mecenate a cui si deve la collezione del Museo Civico. Nella centrale piaz-
za Carlo Alberto si trova la sinagoga: smantellata nel 1951, è l’unica in Europa a insistere sulla piazza principale di una città. La facciata è molto semplice ed è formata da due portali simmetrici sormontati da un’iscrizione in ebraico e italiano. Risale invece all’Ottocento l’elegante palazzo del Teatro Civico che, oltre a una stagione in prosa, ospita anche una stagione in lingua piemontese, spettacoli di beneficenza, saggi internazionali di danza, musical e convegni.
Alla scoperta del Raffaello del Monferrato
Il principale patrimonio artistico del borgo di Moncalvo è costituito dalle opere di Guglielmo Caccia detto “Il Moncalvo” e della figlia Orsola Maddalena, entrambi esponenti del manierismo piemontese. Le loro opere, diffuse non solo nel Monferrato ma ben oltre la regione, impreziosiscono in particolare la Chiesa di San Francesco con l’attiguo Museo Diocesano - dove è conservata la magnifica “Adorazione dei Magi” dell’artista -, la Chiesa di Sant’Antonio Abate e il Santuario diocesano di Santa Teresa di Calcutta.
Oltre venti opere che fanno di questo piccolo borgo la più grande pinacoteca del cosiddetto “Raffaello del Monferrato”. Ma è un museo a cielo aperto, che riserva continuamente scorci caratteristici, anche la già citata “Fracia”. Sulla via si affacciano infatti numerose residenze signorili che ne rivelano le antiche origini. Come “Casa Lanfrancone”, rimaneggiata nell’Ottocento ma di impronta gotica, e “Casa Montanari”, inconfondibile per la presenza di un arco e di una caratteristica scalinata che conduce in piazza Carlo Alberto.
L’arte che non ti aspetti, la collezione del Museo Civico
Ma chi penserebbe che in un tranquillo centro dall’aspetto medievale possa essere custodita una ricca collezione di arte moderna? Sono ancora in pochi a sapere che all’interno del Museo Civico – gestito dalla onlus A.L.E.R.A.MO e aperto tutti i weekend fino al 13 dicembre 2020 – ha trovato sistemazione una preziosa mostra permanente eredità dell’ambasciatore moncalvese Franco Montanari. Un uomo dai mille interessi che, durante la sua vita avventurosa che lo portò a viaggiare in Africa e in Giappone, collezionò
una discreta raccolta comprendente opere di Guttuso, De Chirico, Chagall, Afro, Maccari e tanti altri pittori del Novecento, nonché manufatti di arte africana, stampe e dipinti di arte giapponese. Oltre alle raccolte permanenti, al piano superiore del museo, vengono allestite mostre temporanee di grande pregio, con esposizioni di pittura contemporanea, opere scultoree e reperti archeologici. Eventi pensati perché anche i moncalvesi possano fruire di questo spazio pubblico più volte durante l’anno.
Sua maestà il tartufo bianco
romani pensavano che il tartufo avesse origini divine, che fosse stato creato dal fulmine di Giove e poi venisse gustato in meravigliosi banchetti divini. Gioacchino Rossini lo considerava il “Mozart dei funghi”, mentre Alexandre Dumas scriveva che non c’era buongustaio che pronunciasse il suo nome senza prima portare la mano al cappello come segno di rispetto. Raro fungo ipogeo, il tartufo è da oltre due millenni il re delle tavole autunnali. E a Moncalvo lo si celebra tutti gli anni con i dovuti onori in occasione della Fiera
del Tartufo che, anche per la sua sessantaseiesima edizione, nelle giornate del 18 e del 25 ottobre, animerà il porticato della piazza principale. Una realtà consolidata che ha radici salde nel passato del borgo: già una fattura di pagamento risalente al 1594, e oggi conservata nell’Archivio storico comunale, parla infatti di “un gallone, un agnello, una lonza e otto libre di trifole (ossia circa quattro chilogrammi di tartufi) con seraci (forme di ricotta)”, segno che il tuber magnatum era già a quell’epoca una merce pregiata.
Trifulai per passione, l’origine della Fiera
Ma quando è stata gettata, ufficialmente, la prima pietra di questo evento diventato ormai un’istituzione? Agli inizi del Novecento fu il proprietario di una locanda del borgo, estimatore e finissimo intenditore di tartufi, a organizzare la prima mostra concorso. Una giuria di cercatori di tartufo, “trifulai” in dialetto, cominciò a esaminare gli esemplari custoditi in tradizionali fazzoletti di cotone a quadri blu e a premiare i più belli e notevoli con un pranzo nella stessa locanda. Più
tardi fu il Comune a trasformare questa iniziativa tra amici in un concorso con tutti i crismi, capace di richiamare i più celebri cercatori di tartufo da tutto il nord Italia, sempre accompagnati dall’inseparabile “tabui”, il fedele segugio. Oltre che un omaggio al mitico fungo, oggi la Fiera del Tartufo è un appuntamento di riferimento per l’autunno moncalvese arricchitosi, con gli anni, di rassegne gastronomiche - che gratificano occhi e palato -, spettacoli teatrali in dialetto e mostre d’arte.
Le manifestazioni dedicate ai cultori del gusto
Torri medievali, arte, natura. E un immancabile bicchiere di Barbera, che a seconda dei gusti o delle occasioni, può diventare Grignolino o Freisa. L’autunno, quando i vigneti sono inondati di rosso e arancione, è forse il tempo migliore per scoprire questo comune così straordinariamente ricco di profumi e sapori genuini. Non è un caso che qui a Moncalvo si rifugiasse spesso, al termine delle sue battute di caccia, Vittorio Emanuele II. Refrattario alla rigida etichetta di
corte, il primo re d’Italia amava ristorarsi con un abbondante piatto di bollito misto, accompagnato da un robusto e generoso Barbera. Oggi nel ricco calendario di manifestazioni legate alla gastronomia di questo borgo vivace e accogliente sono almeno tre gli eventi che i cultori del gusto non possono perdere: la già citata Fiera del Tartufo di ottobre, la storica Fiera del Bue Grasso di dicembre, con tanto di sfilata di buoi e degustazione del sontuoso bollito misto di Moncalvo, e, a giugno, la Sagra delle Cucine Monferrine, con il suo seguito di musica e spettacoli.