e-borghi travel magazine: n. 19 - novembre 2020

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Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow

Anno 2 Numero 19 Edizione gratuita

SPECIALE TIPICITÀ: GUSTO E ARTIGIANATO Trentino, un’anima e mille volti Piemonte, opificio d’eccellenza Corallo, prezioso come un gioiello Sapori, saperi e colori nei borghi

Oltreconfine:

Polonia da scoprire

Lifestyle:

meraviglie di Puglia

Leggende e curiosità

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Canale di Tenno Giuseppe Falagario


® e-borghi travel 19 • 2020 www.e-borghitravel.com Publisher Giusi Spina direzione@3scomunicazione.com Coordinatore editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Antonella Andretta, Amina D’Addario, Oriana Davini, Gaia Guarino, Luca Sartori, Nicoletta Toffano Revisione Bozze Luca Sartori Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92, 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 Crediti fotografici: * Shutterstock.com L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2019 - 2020 e-borghi®

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ipicità fa rima con unicità. E identità, figlia del genius loci e della memoria storica, cresciuta nel rispetto della qualità e attratta dai fremiti delle novità. È a questo che abbiamo pensato nel realizzare lo speciale del nuovo numero di e-borghi travel: a tutti gli artisti e agli artigiani impegnati nel realizzare un sogno, nel perseguire le tradizioni familiari senza dimenticare di strizzare l’occhio alle innovazioni. È nato quindi “Tipicità: gusto e artigianato”, un omaggio all’eclettica varietà di proposte gourmet e creative italiane. Un viaggio alla scoperta di eccellenza e maestria, il risultato di ingegno e passione, a iniziare dalla lavorazione del corallo che origina creazioni di nicchia, un artigianato da gioielleria che conduce a Torre del Greco, Trapani, Sciacca e Alghero, un percorso fra secoli di lavorazione, monili e oggetti d’arredo, musei dedicati ed echi di storia. Racconti del gusto, invece, esaltano sapori e saperi nei borghi italiani in una sinfonia d’autunno che coinvolge tutti i sensi e punta i riflettori su specialità e prelibatezze tutte da assaggiare. Il richiamo dell’autenticità ci porta in Trentino, destinazione dai mille volti e con un’unica anima raccontata attraverso multiformi sfaccettature, ognuna con la sua personalità che si esprime attraverso borghi, paesaggio, enogastronomia, folclore, sport e cultura. Per un’anteprima, guardate il video che abbiamo appositamente girato nel territorio. Ci dirigiamo poi in Piemonte, unicum di antichi opifici diventati fervidi centri d’arte contemporanea, di locali realtà artigiane conosciute nel mondo e con strade del gusto che conducono in piccoli borghi medievali incastonati nel tempo. Mosaico di suggestioni anche oltreconfine, in Polonia, con icone di cultura e natura che originano percorsi e storie tutte da scoprire, anche all’insegna di set e cinema in un susseguirsi di trame che si snodano tra realtà e fantasia. Fortemente tangibile, oggi più che mai, è il desiderio di viaggiare, incontrarsi, emozionarsi. Viviamo la cronaca del presente con lo sguardo proteso al futuro, senza dimenticare il passato. A memento, una fra le affermazioni più forti di Nelson Mandela, probabilmente riferita - anche - ai suoi 27 anni di carcerazione: «Il ricordo è il tessuto dell’identità». Una capacità riparatoria, con un benefico effetto sulla ridefinizione dell’attualità. Luciana Francesca Rebonato Coordinatore editoriale


Sommario Trentino

Piemonte

Tra zucche, castagne e Tรถrggelen

Magico corallo


Itinerario della Bellezza

Oltreconfine: Polonia

Sapori, saperi e sentieri‌

Territori, lifestyle e design

Leggende

CuriositĂ

In copertina: Bondone, Trento Giuseppe Falagario



Piemonte. L’esperienza che non ti aspetti.


Gaia Guarino

facebook.com/gaia.guarino

Mezzano Giuseppe Falagario


Trentino: un itinerario tra i borghi che ne rivela l’anima


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rentino dai mille volti. Un’unica anima raccontata attraverso multiformi sfaccettature, ognuna con la sua identità. La natura di questa regione emerge appieno dai suoi borghi, una personalità che si esprime attraverso il paesaggio, la ruralità, l’enogastronomia, le tradizioni, la cultura. Cos’è un viaggio se non quel percorso che porta verso qualcosa di nuovo e inaspettato? Durante una vacanza in Trentino s’incontrano luoghi, volti, storie. E i borghi sono il crocevia di tutto questo. Chi vuole staccarsi dalla routine e dimenticare la

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frenesia cittadina per qualche giorno, non può che fermarsi qui. Si scrive slow tourism, si legge ritrovare se stessi. Rigenerarsi. È un processo che passa attraverso i colori, i suoni e l’aria che si respira in questi luoghi, immersi nella natura. Guardare il lago e farsi pervadere da una piacevole sensazione di serenità, per poi addentrarsi nel verde dei boschi di pini, abeti e larici. E infine i tramonti sulle montagne, quelle che come uno scrigno custodiscono l’essenza del Trentino, tutta da vivere.


Mezzano orlerimages.com


Rango Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – T. Prugnola

A ciascuno il suo borgo: perché scegliere il Trentino

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asterebbe dire che in Trentino ci sono ben sei dei Borghi più belli d’Italia per convincersi a partire subito. Si potrebbe aggiungere che la bellezza dei dettagli e il piacere di chiacchierare con la gente locale fanno il resto. E se ancora tutto ciò non fosse sufficiente, perché non pensare allora al profumo della resina degli alberi? Al sole che si riflette sulla neve durante una ciaspolata? O alle fioriture che colorano i campi nella bella stagione e ricordano la genuinità della vita? Poi ci sono le passeggiate, percorrendo i sentieri che

Lago di Idro a Bondone


dai borghi portano verso la campagna con uno zaino in spalla e l’avventura nel cuore. Ci sono le meraviglie di ogni stagione, dal foliage autunnale al candore dei meleti in primavera, dall’azzurro dei laghi in estate agli abeti innevati nei mesi invernali. Dalle emozioni dolomitiche di Mezzano e Vigo di Fassa alle suggestioni lacustri di Bondone e Canale di Tenno, fino ai prati smeraldo di Rango e San Lorenzo in Banale. Ecco il segreto dei borghi del Trentino, una straordinaria diversità a pochi passi di distanza. Mezzano orlerimages.com

Vigo di Fassa Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – R. Bragotto

San Lorenzo in Banale APT Terme di Comano Dolomiti di Brenta


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era una volta il paese dei carbonai. Siamo a Bondone, uno dei Borghi più belli d’Italia, tappa obbligatoria per ammirare la Valle del Chiese. Quasi al confine con la Lombardia, fino a cinquant’anni fa il suo nome era legato al mestiere del carbonaio, il più diffuso tra i suoi abitanti anche grazie alla quantità di legno disponibile nei boschi circostanti. Oggi, in ricordo di questo, vi è un monumento in piazza che funge da punto di partenza per immergersi appieno nelle strade del borgo. Ci si potrà imbattere in affreschi sulle facciate delle case, in chiese medievali e anche nell’antica fortezza di Castel San Giovanni che ospita mostre sulla natura, le tradizioni e la storia locale. In aggiunta al fascino del Lago di Idro con la sua spiaggia di Porto Camarelle e a una pista ciclabile per tutti gli appassionati di bike che vogliono godere di uno sportivo weekend outdoor. È d’obbligo menzionare però un’altra eccellenza di Bondone: la polenta fatta con la famosa farina gialla di Storo, uno dei prodotti più noti della zona.

Due Carbonai Giuseppe Falagario

Centro storico Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – A. Debiasi

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Bondone, dove un tempo c’erano i carbonai

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Monumento ai carbonai Giuseppe Falagario

Farina gialla di Storo Consorzio Turistico Valle del Chiese


Castel San Giovanni Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – A. Debiasi



Lago di Idro Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – A. Debiasi



Parapendio nei pressi di Bondone Giuseppe Falagario



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Via Vittorio Emanuele, Trapani poludziber*

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ognare un tuffo indietro nel tempo fino al Medioevo: a Canale di Tenno si può. Raggiungendo il versante trentino del Lago di Garda, ci si ferma in un borgo unico nel suo genere. Uno spirito medievale arrivato a noi pressochÊ intatto. Le case in pietra, il silenzio dei vicoli, le finestre decorate con i gerani e le architetture antiche: scorci quasi fiabeschi divenuti da decenni fonte di ispirazione per artisti di tutta Europa. La bellezza di questo paese sul Benaco traspare anche dal gusto dei prodotti tipici come la carne

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Canale di Tenno, vivere il Medioevo nel presente

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Stefano_Valeri *

salada, punta di diamante della cucina del Trentino. Sale e spezie valorizzano la pregiata carne di bovino alla base di questo piatto il cui abbinamento ideale sono i fagioli. Ma la tradizione passa anche dalla riscoperta dei mestieri. Canale di Tenno ospita il Museo degli Attrezzi Agricoli, un

Mostra degli attrezzi agricoli di Canale di Tenno Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – A. Angelini

modo per comprendere la fatica del lavoro nei campi, quella che passa dalle mani dei contadini. Suggestivo è inoltre il Lago di Tenno, un gioiello dai toni turchesi da mozzare il fiato. È possibile raggiungerlo con mezz’ora di passeggiata, trenta minuti valgono bene un’emozione.

Carne Salada Heather Raulerson*


Canale di Tenno Alberto Masnovo*



Esterno della Casa degli Artisti G. Vittone

La suggestione dell’arte, benvenuti nella Casa degli Artisti

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anale di Tenno, un borgo dove l’arte è viva. La vista sul Lago di Garda e i suoi angoli pittoreschi hanno fatto innamorare gli artisti fin dagli anni Sessanta. Tra tutti spicca il nome di Giacomo Vittone, pittore torinese che scelse Canale come soggetto per molte delle sue opere e al quale oggi è intito-

lata la Casa degli Artisti. Si tratta di un luogo di forte interesse culturale dove trovano spazio molteplici attività e iniziative: mostre, convegni, soggiorni ma anche corsi estivi e ospitalità per artisti. Grazie alla bellezza del paesaggio che lo avvolge e alla serenità che si respira, Canale di Tenno è fonte d’ispirazione


Allestimento mostra “Parigi e gli artisti trentini” Giulia Dongilli

per gli spiriti creativi. Non solo artisti professionisti ma anche amatori, che oltre all’opportunità di soggiornare in questo locus amoenus possono prendere parte a una serie di laboratori. La Casa degli

Giuseppe Falagario

Artisti è anche uno spazio di crescita e formazione per accostarsi al mondo dell’arte e ai suoi linguaggi. Dalle lezioni di acquerello a quelle di scultura, grafica e incisione per dare sfogo alla propria creatività.


Casa degli Artisti Giuseppe Falagario



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Rango, come sentirsi a casa

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APT Terme di Comano Dolomiti di Brenta

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ccoglienza, chi non vorrebbe sentirsi come a casa anche se a chilometri di distanza? Quando si entra a Rango, situato nel comune di Bleggio Superiore, a metà strada tra Madonna di Campiglio e il Lago di Garda, si percepisce un’atmosfera calda e familiare. Un’attitudine che arriva da lontano, da quando questo borgo, di passaggio lungo la Via Imperiale, era un rifugio per i viandanti che potevano dissetarsi nelle fontane e ripararsi dal freddo sotto i portici, nei cunicoli o negli androni. La vita contadina, quella che era scandita dal rintocco delle campane, da albe e tramonti, dal passare delle stagioni, è una storia che Rango narra ogni giorno. E se in passato erano mercanti, pastori e pellegrini a cercare ristoro qui, oggi sono i viaggiatori che vogliono mettere da parte i ritmi accelerati della modernità e scegliere questo paese per concedersi il piacere della lentezza, un respiro di pace immersi nella natura, magari passeggiando lungo il Sentiero della Noce o concedendosi mezza giornata di trekking.

Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – L. Gaudenzio


Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – T. Prugnola

rango.info


Rango Stefano_Valeri



Rango Giuseppe Falagario



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San Lorenzo in Banale, benessere e relax anima del borgo

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n solo obiettivo: rigenerarsi. San Lorenzo in Banale, porta d’accesso alle Dolomiti di Brenta, è il luogo in cui energia e benessere s’incontrano. L’ambiente circostante è teatro di uno star bene che prende forma nelle passeggiate nella natura, nell’antica disciplina nota come forest bathing, nel respirare la brezza limpida di montagna a pieni polmoni. Per donare un nuovo equilibrio ai propri sensi basta chiudere gli occhi e ascoltare i suoni del Trentino, una melodia naturale per rilassarsi e dimenticare lo stress. Una peculiarità di questo borgo è che sia nato dalla fusione di sette antichi feudi che ancora ai nostri giorni mantengono chiara e tangibile la loro identità. Usanze, chiesette, riti religiosi: come piccoli villaggi raccolti sotto un solo tetto. Cosa mettere nella bucket list ideale? La chiesa di San Rocco e San Sebastiano del XVI secolo con gli affreschi dei Baschenis, ma anche la Casa del Parco “C’era una volta”, un edificio settecentesco ristrutturato come una tipica abitazione contadina. visitacomano.it

Giuseppe Falagario

visitacomano.it


Giuseppe Falagario

Giuseppe Falagario



San Lorenzo in Banale Giuseppe Falagario


San Lorenzo in Banale APT Terme di Comano Dolomiti di Brenta



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Vigo di Fassa, l’eco del ladino che vibra tra i monti

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uando si pensa a un borgo di montagna, s’immagina un luogo identificabile in Vigo di Fassa. Qui le tradizioni non scivolano nell’oblio, anzi convivono con il contemporaneo. In questo borgo ai piedi del Catinaccio si parla ancora il ladino, l’antica lingua dei popoli delle Dolomiti. A tal proposito, non si può certo evitare una sosta all’innovativo Museo Ladin de Fascia, dove anche grazie a delle tavole del celebre Milo Manara, ci si può calare appieno nello charme di questo territorio. E per chi volesse letteralmente assag-

Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A – R. Bragotto

giarlo, non c’è modo migliore di mettersi a tavola davanti a un piatto di cajoncie da fighes, ravioli con ripieno di fichi da accompagnare ai formaggi tipici. Diversi, dunque, gli itinerari per apprezzare il Trentino. Molteplici le opportunità di svago, di apprendimento, di socialità. Perché come un forziere ricco di pietre preziose, va esplorato fino in fondo. Non è soltanto l’incantesimo della natura a rendere questi luoghi così seducenti, ma anche il cuore di chi li abita e ne trasmette l’essenza. Gocce di non trascurabile felicità.


MoLarjung*

MoLarjung*


Museo Ladin de Fascia Istitut Cultural Ladin - Museo Ladin de Fascia




Vigo di Fassa Buffy1982*


Vigo di Fassa Giuseppe Falagario



Giuseppe Falagario

Cornucopia Mezzano Romantica

Montagna in-canto Mezzano Romantica


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Mezzano, sogni d’amore e romanticismo

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i piedi delle Pale di San Martino, un panorama che fa palpitare. Mezzano ha un’aria decisamente romantica. Le case in legno e pietra fanno da sfondo a una fuga da innamorati, un break in montagna che vi farà perdere la testa. Uno stop in questo borgo dolomitico arricchisce la vacanza in Trentino, itinerari di trekking o MTB nel Parco Naturale di Paneveggio Pale di San Martino per i più atletici, sci e alpinismo nella skiarea San Martino di Castrozza-Passo Rolle nei mesi più freddi.

Caseificio Primiero Mezzano Romantica

orlerimages.com

Ma anche cultura attraverso le viuzze di Mezzano, quelle che gli abitanti chiamano canisèle e che sono impreziosite da una serie di installazioni di arte contemporanea realizzate a partire da cataste di legna, note come Cataste&Canzèi. E se si è incuriositi dalla vita di paese dei tempi andati, allora non si può rinunciare a una visita al Tabìa del Rico, un piccolo museo di cultura materiale affascinante come un libro da sfogliare. In quanto alle delizie locali, cedete alla Tosèla di Primiero, un formaggio fresco che ben si sposa con polenta e lucanica trentina.

Giuseppe Falagario


Il bosco vecchio orlerimages.com



TabiÖ del Rico orlerimages.com

La sedia rossa, la vera voce di Mezzano

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nche se le camminate in montagna sono un must, a Mezzano si va in controtendenza e sedersi può essere un’esperienza. Sedersi non su una sedia qualunque ma su una delle sedie rosse che si trovano in giro per questo borgo. Si riconoscono perché vi è posata sopra una campanella. Cosa fare? Accomodarsi e suonarla. Basterà attendere qualche minuto e una persona del luogo si paleserà, pronta a raccontare qualche aneddoto sul paese. La vera voce di Mezzano è quella di chi ci vive, quale miglior modo di lasciarsi incantare? Si tratta di una simpatica iniziativa per dare il benvenuto ai nuovi visitatori. Queste guide sono ragazzi, anziani, artigiani: è l’amore per l’autentico che viene fuori. La sedia è rossa non a caso, è questo il colore della passione e quindi quale miglior nuance per la terra del romanticismo! Altro che realtà virtuale, siamo davanti alle radici di un popolo fiero che ama condividere storie e saperi. La sedia rossa orlerimages.com


La sedia rossa Ruggero Alberti


Giuseppe Falagario



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I O • IN Pale di San Martino Giuseppe Falagario

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www.visittrentino.info




Amina D’Addario

facebook.com/amina.daddario


Piemonte, mirabile opificio

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plendidi opifici ottocenteschi diventati fervidi centri d’arte contemporanea, aziende artigiane legate al territorio conosciute in tutto mondo e strade del gusto che conducono in pic-

coli borghi medievali rimasti intatti. Il Piemonte è il territorio ideale per scoprire le realtà più produttive del Made in Italy, esempi di tradizione ma anche di modernità.

Orologio del Municipio di Alessandria Crediti Alexala, Gianluca Grassano


Crediti VisitPiemonte, GettyImages, Giorgio Perottino

Battistero di Biella ATL Biella, Stefano Ceretti


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ome Biella, dal Settecento capitale del tessile e dal 2019 Città Creativa Unesco nella categoria Crafts & Folk Art. Un capoluogo orgoglioso del suo passato, oggi proiettato verso l’innovazione sostenibile, un lifestyle d’eccellenza e un proficuo rapporto con l’arte. Una vocazione che trova forse la sua sintesi più perfetta nella

Cittadellarte - Fondazione Pistoletto Onlus cittadellarte.it

Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, uno spazio museale e laboratorio creativo realizzato nell’ex lanificio Trombetta. All’interno della “Fabbrica dell’Oro”, un tempo stabilimento per la produzione orafa, sorge invece il Museo d’Arte Contemporanea Internazionale Senza Tendenze, con la sua ricca collezione di opere e installazioni artistiche.


Piazza della Cisterna, Biella ATL Biella, Fabrizio Lava



Birrifici artigianali del Biellese

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e all’origine dello straordinario sviluppo dell’arte tessile biellese c’è l’acqua con la sua forza motrice, si deve ancora una volta a questo elemento il fiorire di numerosi birrifici artigianali. È infatti grazie alla leggerezza dell’acqua alpina di questa zona che in piccoli stabilimenti fedeli alla tradizione viene ancora creato un prodotto dal sapore unico. Uno dei più rappresentativi è il Birrificio Menabrea, fondato nel 1846 e oggi il più antico birrificio d’Italia ancora in attività. Chi voglia approfondire un pezzo della pregevole storia dell’enogastronomia di questo territorio non può che approdare al MeBo, museo nel cuore di Biella che nasce dalla collaborazione tra Menabrea e Botalla, famosa azienda casearia attiva fin dal dopoguerra. Aperto nell’ottobre dello scorso anno, il MeBo racconta in un unico percorso la storia di questi due gloriosi marchi dalla cui sinergia è nato anche lo Sbirro, un formaggio alla birra dal retrogusto amarognolo luppolato.

Imbottigliatrice Casa Menabrea MeBo - facebook.com/MeBoMuseum/


Sbirro MeBo - facebook.com/MeBoMuseum/

Insieme Casa Menabrea MeBo - facebook.com/MeBoMuseum/


Crediti Alexala, foto Gianluca Grassano


Alessandria, la “Borsalino City”

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lessandria è conosciuta come la “Borsalino City”. Qui si produce il Fedora, non un cappello qualsiasi, ma il più famoso e iconico cappello del mondo, indossato da divi del cinema come Humphrey Bogart, Ingrid Bergman e Alain Delon, ma anche da papi e capi di stato. All’origine di questo simbolo del Made in Italy ci sono la creatività e l’ambizione di Giuseppe Borsalino, giovane di umili origini che a 16 anni partì alla volta della Francia intenzionato ad apprendere tutti i segreti della lavorazione dei cappelli. Nel 1857, quando tornò ad Alessandria con in mano un diploma da cappellaio, aprì con il fratello Lazzaro una piccola bottega. Una realtà locale che crebbe velocemente fino a conquistare le vetrine più chic di tutta Europa e non solo. Oltre allo storico negozio di corso Roma, nel centro cittadino si trovano il Museo del Cappello Borsalino - luogo dove sono conservati i prototipi di tutti i modelli dell’azienda - e la fabbrica, visitabile su prenotazione.

Crediti Alexala, foto Gianluca Grassano



Duomo di Alessandria Crediti Alexala, Gianluca Grassano


Arte orafa di Valenza crediti Alexala, foto Gianluca Grassano

L’oro di Valenza

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restigiose maison dell’arte orafa come Bulgari e Damiani sono ormai di casa a Valenza. I due brand del lusso hanno infatti trasferito nella piccola città dell’Alessandrino le loro sedi, realizzando dei veri e propri poli produttivi per la creazione di capolavori di alta manifattura e per la formazione dei gioiellieri di domani. D’altronde non potrebbe essere altrimenti per questa realtà dove sin dai tempi più remoti pagliuzze d’oro venivano cercate lungo le rive del fiume Po e dove la lavorazione di questo

metallo prezioso è attestata fin da epoca romana. La vera storia aurea di Valenza ha però inizio nel 1840, quando l’imprenditore Vincenzo Morosetti, avvalendosi di tecniche più raffinate, avvia una produzione orafa di un certo pregio, che cresce e si sviluppa per tutto il Novecento. Oggi il distretto orafo di Valenza conta quasi ottocento imprese impegnate nel creare gioielli di ogni fattura, pezzi unici ed esclusivi che sanno unire la tradizione locale alle ultime tendenze del design internazionale.


Palazzo Valentino, Valenza Davide Papalini - Opera propria, CC BY-SA 3.0

Arte orafa di Valenza crediti Alexala, foto Gianluca Grassano


Dalla fragola di Tortona alla zucca di Castellazzo

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Alessandrino non è solo una terra ricca di città laboriose, borghi pittoreschi e antichi castelli. Un tour in questa zona non può prescindere dall’assaggiare i tanti prodotti della terra, molti dei quali presidio Slow Food, che l’attenta cura per la campagna ha preservato. Qualche esempio? Una piccola area tra la piana di Marengo e le propaggini collinari dell’Appennino è il regno della fragola di Tortona, pregiatissima varietà dal profumo intensissimo e dal sapore dolce e delicato. Un altro

flickonfood.com

prodotto protagonista della rinomata tradizione gastronomica piemontese è la zucca di Castellazzo Bormida, piccolo borgo dove questa specie trova il suo microclima ideale. A contraddistinguerla è una buccia bitorzoluta verde scuro che contrasta con una polpa giallo-arancio dal sapore dolce, base versatile di pietanze e dessert. E a base di verdure è anche una delle ricette simbolo di Alessandria, i “rabaton”, gnocchetti di verdure e formaggio, il cui nome viene dal verbo “rabatare”, ossia rotolare.


Riscossa Bartolomeo, fotoclub Gamondio di Castellazzo Bormida

Castellazzo Bormida Riscossa Bartolomeo, fotoclub Gamondio di Castellazzo Bormida


Crediti Alexala, Gianluca Grassano



Cuneese, un viaggio tra il bello e il buono

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Zucca Piozzo® Associazione Turistica Pro Loco di Piozzo

Paste du Meliga F Ceragioli

l Cuneese è la terra di confine tra la Francia e la Liguria che per la sua bellezza conquistò già i Savoia e oggi attrae i visitatori per la sua varietà immensa di stili e testimonianze artistiche. Ma se lasciarsi tentare dal bello è facile, farsi prendere per la gola lo è ancora di più. Ristoranti, trattorie e locande occitane propongono in tutte le stagioni i colori e i sapori di questo straordinario angolo di Piemonte. Le zucche di Piozzo, i funghi, il porro di Cervere, il cavolo di Margarita, le carote e le castagne, l’aglio di Caraglio, lo zafferano e le erbette aromatiche sono gli ingredienti che insaporiscono piatti a base di pasta ripiena, gnocchi, agnel-


Borgo San Dalmazzo Luigi.tuby

lo sambucano presidio Slow Food, lumache - è di Borgo San Dalmazzo l’inconfondibile “Helix pomatia alpina” -, capponi di Morozzo e carne di razza bovina piemontese. Senza dimenticare i prelibati

formaggi Dop come il Castelmagno e il Raschera e la ricchissima pasticceria capeggiata dalle deliziose Paste di Meliga, frollini di farina di frumento di cui si dice fosse ghiotto anche Cavour.


Mario Collino


I giocattoli di una volta di Prezzemolo

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hi penserebbe che il Mastro Geppetto di Collodi esiste davvero? Si chiama Mario Collino, in arte “Monsieur Persil” o “Prezzemolo”, ed è un instancabile artigiano di giocattoli d’altri tempi, “demore et ‘na vira” come si dice in piemontese. Lunga e folta barba bianca, cappello di feltro e camicia a quadretti, lo si può incontrare facilmente in occasione di sagre ed eventi di Cuneo e provincia, che lui presenzia con energia instancabile - da qui il soprannome di Prezzemolo -, oppure nella sua cascina-laboratorio

di San Mauro, piccola frazione di Busca. Con un semplice coltellino e con materiali poveri come fil di ferro, tappi o bottoni è il prolifico artista di oggetti pieni di fascino: trottole, pupazzi, fischietti, marionette, scatole a sorpresa. Il depositario di una vera e propria arte con cui dimostra che qualsiasi oggetto, con pochi strumenti e un po’ di fantasia, può trasformarsi in un giocattolo. Un giocattolo che diventa momento di meditazione, filastrocca o divertimento, ma soprattutto esempio da poter copiare e riprodurre.

Mario Collino gulf-times.com


Sampeyre, il borgo delle ricamatrici

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in un piccolo borgo montano della Valle Varaita che le tradizioni variopinte della cultura occitana piemontese si fondono con la storia e il folclore pre-cristiano. Sampeyre, questo il nome, fu abitato fin da tempi antichissimi da Liguri e Galli e dal Quattrocento subì le invasioni di Goti, Franchi e Saraceni. La cacciata di questi ultimi viene rievocata ogni cinque anni da tutti gli abitanti nella suggestiva “Festa della Baìo”: una seSampeyre, Villar Roberto Croci - Archivio ATL del Cuneese

Baìo di Sampeyre Archivio ATL del Cuneese


rie di sfilate che precedono i weekend del giovedì grasso e che, a dispetto della guerra che ne è all’origine, rappresentano prima di tutto un’occasione per rivivere tradizioni rimaste intatte e ballare al suono di fisarmoniche e violini. Alle donne di Sampeyre, che si tramandano le conoscenze di madre in figlia, spetta il compito di confezionare i preziosissimi costumi e i copricapi adornati con i “bindel”, i tipici nastri di seta ricamata. Che non si conservano, ma vengono scuciti minuziosamente al termine di ogni rievocazione e poi riutilizzati l’edizione successiva. La prossima sarà nel 2022.


BaĂŹo di Sampeyre Archivio ATL del Cuneese



Besio 1842, le ceramiche di Mondovì

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a splendida città di Mondovì, nel Cuneese, è conosciuta per la produzione delle “Ceramiche del galletto”, un’arte che ebbe la sua età dell’oro nell’Ottocento, quando la manifattura monregalese cominciò a diffondersi su vasta scala, spesso valicando i confini nazionali. Oggi questa tecnica è custodita da Besio 1842, l’unica azienda con marchio

Museo della Ceramica R. Croci, Archivio ATL del Cuneese

R. Croci, Archivio ATL del Cuneese


R. Croci, Archivio ATL del Cuneese

storico che perpetua e si attiene scrupolosamente ai protocolli di produzione di duecento anni fa. In questa realtà artigianale vengono ancora realizzati pezzi unici dipinti a mano, piccole opere d’arte che prendono forma con pennellate di colore vive e brillanti o con l’utilizzo sapiente di spugne intagliate, fondamentali nel realizzare le tipiche bordu-

re blu cobalto che contraddistinguono la ceramica antica monregalese. I soggetti sono quelli semplici legati alla quotidianità delle cose: galletti beneauguranti, paesaggi rurali o decorazioni floreali. Soggetti che parlano di un mondo del passato in cui ogni famiglia monregalese poteva riconoscersi e che donavano allegria alla tavola.

Museo della Ceramica R. Croci, Archivio ATL del Cuneese


MondovĂŹ R. Croci, Archivio ATL del Cuneese



Piasco, le arpe Victor Salvi

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pochi chilometri da Saluzzo, nel borgo di Piasco, c’è un piccolo stabilimento dove la produzione di arpe è seguita passo passo da mani esperte. È la Salvi Harps e la storia di questa realtà conosciuta in tutto il mondo coincide con quella di Victor Salvi, un italo-americano discendente da una famiglia legata a doppia mandata con l’arpa. Musicista della Philharmonic Orchestra di New York, fu allo stesso tempo un imprenditore con un sogno diventato realtà: quello di realizzare uno strumento che superasse in qualità di suono e manifattura tutti quelli esistenti. Nel 1974 trasferisce la produzione Piasco Betty&Giò

Piasco, Museo dell’Arpa R. Croci, Archivio ATL del Cuneese


a Piasco con una scelta che non è affatto casuale. È qui, infatti, che si trovano incisori e intarsiatori del legno di grande valore: il terreno ideale per uno strumento che richiede duecento ore di lavoro e combina quasi 2mila pezzi di meccanica e 130 parti di diversi legni. All’azienda oggi leader mondiale si affiancano la Fondazione e il Museo Victor Salvi, che è il primo museo dedicato all’arpa, ma anche auditorium per concerti e rassegne musicali.


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I E • NT Piasco, Museo dell’Arpa R. Croci, Archivio ATL del Cuneese

PIEMO

COPR

I

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Il Contado

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Oriana Davini

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Tra zucche, castagne e Törggelen: colori e sapori nei borghi italiani

U

n filo sottile di fumo esce da un camino, l’aria s’impregna dell’aroma di legna buona bruciata, le foglie scricchiolano sotto le scarpe e la nebbia avvolge le colline: novembre, inizia lo

spettacolo dell’autunno, la stagione più poetica dell’anno. Vino, castagne e zucca sono i suoi prodotti di riferimento, un trio perfetto meritevole di denominazioni Doc e Igp.

Dan74*


Antonio Gravante*

È

il momento in cui matura la castagna di Vallerano Dop, che cresce sui terreni di origine vulcanica della provincia di Viterbo, nella zona cosiddetta della Tuscia, tra castelli, borghi e terme spesso poco conosciuti, nonostante la presenza di luoghi incredibili come il Parco dei Mostri di Bomarzo. Un poco più a nord c’è la castagna del Monte Amiata Igp, tra le provincie di Siena e Grosseto, e proseguendo arriviamo a Cuneo, patria dell’omonima castagna: ci fermiamo? No, perché il richiamo stavolta arriva da est, dai borghi di montagna dell’Alto Adige, dove in autunno le castagne fanno compagnia al primo vino raccolto, unendosi in una tradizione molto particolare.

Parco dei Mostri di Bomarzo canadastock*



La quinta stagione

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n America lo chiamano foliage: è lo spettacolo variopinto offerto dalle foglie in autunno, quando dal verde brillante passano all’arancio, al giallo, al rosso scarlatto. In Alto Adige c’è un termine altrettanto significativo legato all’autunno: è il Törggelen, usanza secolare che tra la fine di ottobre e l’inizio dell’Avvento celebra la fine della vendemmia e la maturazione delle castagne. Un periodo breve al quale ci si riferisce come “la quinta stagione”: nei paesi di montagna della Val D’Isarco, da Novacella a Naz-Sciaves, da Velturno

Castagne dell’Alto Adige TonelloPhotography*

Castello di Velturno maudanros*


Monastero di Novacella Mau47*

a Chiusa, fino a Barbiano e Laion, si passeggia tra vigneti e castagneti per poi fermarsi nelle osterie contadine per gustare le castagne, qui chiamate “Keschtn”, vino novello, mosto d’uva, speck, canederli, salsiccia e crauti, zuppa d’orzo. È il momento giusto per trovarsi a Caldaro e percorrere il Sentiero del Vino. Lungo il cammino si incontrano “confini” contrassegnati da soglie bianche inserite nel terreno, che indicano i nomi storici dei vigneti: Keil, Ölleiten, Vial, Prunar, Puntara, Palurisch, Salt e Plantaditsch.

Canederli OlgaBombologna*


Val d’Isarco maudanros*




Un vigneto a Caldaro, Alto Adige Pawel Gegotek*


Il vino novello

L’

amore per il vino novello, del resto, unisce l’Italia: a novembre, nei giorni dedicati a San Martino, sono diversi i territori che organizzano celebrazioni, feste e rievocazioni legate alla fine della vendemmia, in un itinerario che mescola enogastronomia, cultura e arte. Bardolino, sulla sponda veneta del Lago di Garda, vanta il primo vino novello italiano ad aver ricevuto la certificazione Doc nel 1987. Non è un caso che una delle sue attrazioni turistiche, oltre al lungolago e alla sua atmosfera veneziana, sia proprio il

Un vigneto nei presi del Lago di Garda Photomario*

Museo del Vino, in località Costabella. A Leverano, borgo pugliese adagiato tra vigneti e oliveti in provincia di Lecce che trova sbocco naturale nel mare a Porto Cesareo, il centro storico ogni novembre si trasforma in una grande festa all’aperto, dove protagonista è il vino novello. Tra un calice e l’altro si passeggia tra le sue numerose chiese, la Torre Federiciana voluta da Federico II di Svevia per tenere sotto controllo la costa ionica, e la Torre dell’Orologio, passando tra case basse e stradine di basolato.


Porto Cesareo Giuseppe Moscogiuri*


Bardolino Ceri Breeze*



Una, cento, mille zucche

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antovana, piacentina, violina di Ferrara, napoletana lunga, beretta veneta, muscat, marina di Chioggia e quella cosiddetta d’Albenga: non c’è autunno senza la zucca nel piatto. In Italia le varianti di zucca sono tante quanto i campanili e ciascuna è protagonista indiscussa di piatti tipici. In Toscana, nella zona del Valdarno, troviamo la zucca lardaia, prelibato prodotto tipico: la preparazione tradizionale la vuole fritta e poi condita con salsa di pomodoro ma molti ristoranti la propongono nel riUn vicolo a Chiusi Andriy Blokhin*

Zucche in Toscana silvia.cozzi*


Risotto alla zucca Giancarlo Polacchini*

sotto. Ăˆ un buon compromesso tra gusto e leggerezza, il carburante migliore per girovagare tra i tanti borghi di questa zona del centro Italia dove Toscana, Lazio e Umbria si toccano. A partire dalle cittĂ etrusche per eccellenza: Arezzo con le sue chiese, i monasteri e le pievi, Cortona con le sue ville e il Parco Archeologico, Chiusi, borgo Bandiera Arancione a due passi da Montepulciano, e Orvieto, con il suo duomo capolavoro di architettura gotica, i palazzi e il celebre Pozzo di San Patrizio.

Pozzo di San Patrizio Perseo Media*


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Piazza Grande in Arezzo oludziber*



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Magico corallo U

no dei racconti più pulp della mitologia classica ha a che fare con l’origine del corallo. Secondo Ovidio, infatti, nacque dal sangue di Medusa, decapitata da Perseo: versandosi tra i flutti, si pietrificò, mantenendo però quel colore intenso al quale siamo soliti abbinarlo. È questa una delle dimostrazioni che sin dai tempi antichi il fascino del corallo ha sedotto gli uomini che, pur incerti sulla sua origine (pietra? osso? vegetale marino?), gli hanno sempre attribuito facoltà magiche in grado di tenere lontani i poteri maligni e di gua-

rire dai mali più svariati. In realtà il corallo rosso, unica specie del genere Corallium che vive nel Mediterraneo tra i venti e i duecento metri sotto il livello del mare, altro non è che lo scheletro calcareo su cui vivono minuscoli polipetti che si nutrono di plancton. A essere davvero prodigiose sono le mani degli artigiani che, da tempo immemore, lo lucidano e lo lavorano per ricavarne splendidi ornamenti, tanto preziosi da essere stati impiegati come merce di scambio lungo la via della Seta che conduceva in Estremo Oriente.


Antonella Andretta

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Brum*


Corallo rosso mediterraneo A Daily Odyssey*

Il Vesuvio e Colle Sant’Alfonso mkos83*


Torre del Greco: dai Borboni in poi

D

al XV secolo in poi il corallo è stato utilizzato in particolare per creare oggetti sacri, cui solo in un secondo tempo sono seguiti monili e camei. A inizio Ottocento la lavorazione di questo materiale ha trovato la sua capitale a Torre del Greco, borgo alle falde del Vesuvio dai generosi fondali: l’idea di aprirvi una fabbrica è attribuita a Paolo Bartolomeo Martin, un genovese già attivo a Marsiglia e fuggito durante la Rivoluzione, che chiese a Ferdinando IV di Borbone l’autorizzazione per portare avanti il suo progetto. La fortuna di Torre del Greco nasce proprio così e

qui ha tuttora sede la Scuola d’incisione su corallo e di disegno artistico industriale, erede della tradizione e allo stesso tempo prima al mondo per le tecniche più avanzate. Interessante anche l’annesso Museo del Corallo, così come imperdibile è un giro tra le vetrine delle oreficerie del centro storico che espongono elaborati preziosi e, in alcuni casi, antichi cimeli e tesori di famiglia legati a questa manifattura di grande pregio. Merita una visita anche il Colle Sant’Alfonso, sede di un’antica abbazia e punto panoramico per una spettacolare vista su tutto il Golfo di Napoli.


Corallo rosso COULANGES*


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Trapani e Sciacca tra vicoli e vulcani

P

are che la parola corallo derivi dal greco, koraillon, cioè scheletro duro, ma non vi è certezza: secondo altri studiosi il termine viene dall’ebraico goral, nome dato alle pietre utilizzate per gli oracoli. Certo invece è che la raccolta del corallo fosse praticata in un po’ ovunque nel mare nostrum e che tra i primi in Italia siano stati i trapanesi. I pescatori, riunitisi in corporazione sin dal Seicento, risiedevano in quella che tuttora si chiama via Corallai, in pieno centro storico e ricca di suggestivi scorci insieme a via Garibaldi, corso Italia e corso Vittorio Emanuele (percorreteli a piedi: meritano). Un po’ più distante, il Mu-

mickyso*


seo Regionale Agostino Pepoli dove ammirare le opere dei maestri locali realizzate tra il XVI e il XVIII secolo. Anche a Sciacca (Agrigento) il corallo racconta una storia, quella dell’isola Ferdinandea, apparsa e scomparsa nel 1831 a causa dell’eruzione di un vulcano sottomarino. L’isola sommersa è divenuta l’habitat di una varietà unica al mondo, tutelata dal marchio Corallo di Sciacca di cui è depositario l’omonimo consorzio, fondato da alcuni maestri artigiani: visitate le loro botteghe e oreficerie mentre passeggiate per questa caratteristica cittadina affacciata sul mare.

Sciacca mickyso*


Via Vittorio Emanuele, Trapani poludziber*



Iakov Filimonov*

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e per secoli la pesca al corallo è stata effettuata senza badare alla salvaguardia della specie e dell’ambiente, ai nostri giorni è invece tutelata in modo molto rigido: niente più reti che strappano i ceppi dai fondali e dagli scogli, ma solo pochi prelievi mirati, effettuati in precisi momenti dell’anno da pescatori subacquei dotati di particolare licenza. Uno dei banchi più ricchi e monitorati è quello di Alghero: si tratta di un corallo rosso rubino, molto prezioso, che ha dato il nome a tutta la zona, nota appunto come Riviera del Corallo. Ad Alghero, dopo aver visitato il borgo antico con i suoi bastioni del Cinquecento, am-

COPR

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L’oro di Alghero

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Alghero Filip Emanuel Tecuta*


mirato il paesaggio (che col mare mosso è persino più suggestivo), vagato nei vicoli dai nomi spagnoli, visitato la cattedrale e la chiesa di San Michele (visibile da lontano per la sua cupola policroma), fate un salto anche al Museo del Corallo: è piccolo e si visita velocemente, ma contribuisce a farsi un’idea di cosa sia il corallo e del perché venga chiamato l’oro del mare. A questo punto siete pronti per un tour nelle gioiellerie: per un monile di alto livello si possono spendere cifre importanti ma tutti troveranno almeno un ciondolo alla propria portata per rammentare per sempre un luogo così magico. Magico come il corallo. Corallo rosso ad Alghero Ellephotos*

Filip Emanuel Tecuta*


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Alghero Jon Ingall*


L’ITINERARIO DELLE ROCCHE DI FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI E IL PALAZZO DUCALE DI URBINO Amerigo Varotti Direttore Generale Confcommercio Pesaro e Urbino/Marche Nord

L’

ITINERARIO DELLA BELLEZZA è un percorso all’interno della provincia di Pesaro e Urbino che unisce il mare alle montagne, le colline (segno caratterizzante la nostra Regione) alle stupende Città d’arte; i borghi fortificati alle aree archeologiche. Una “strada” adatta a un turista curioso che vuole vivere esperienze uniche, fermandosi – nelle pieghe del territorio – ad ammirare paesaggi e luoghi incontaminati, camminando o pedalando per sentieri nel silenzio della natura, incontrando borghi “tra i più belli d’Italia” e riscoprendo i sapori e il gusto di antiche tradizioni enogastronomiche. L’Itinerario della Bellezza di Confcommercio Pesaro e Urbino/Marche Nord è un grande contenitore dall’interno del quale, periodicamente, estraiamo nuove suggestioni, nuove proposte. Così è, ora, per l’ITINERARIO DELLE ROCCHE DI FRANCESCO DI GIORGIO E IL PALAZZO DUCALE DI URBINO. Un viaggio – all’interno dell’Itinerario della Bellezza – alla (ri)scoperta delle Rocche progettate e costruite da Francesco di Giorgio Martini, l’architetto senese che Federico da Montefeltro chiamò alla sua corte di Urbino nel 1474 e che realizzò capolavori assoluti dell’architettura militare e civile del Rinascimento.

Urbino


Rocca Sassocorvaro

Non poteva mancare, in questo percorso turistico sulle tracce di Francesco di Giorgio, il Palazzo Ducale di Urbino, senz’altro l’architettura più significativa del Rinascimento marchigiano. L’ITINERARIO DELLE ROCCHE DI FRANCESCO DI GIORGIO E IL PALAZZO DUCALE DI URBINO è anche un viaggio alla scoperta della bellezza di luoghi da cui trae origine la nostra storia e la nostra cultura. Francesco di Giorgio Martini realizzò per conto del Duca Federico oltre 130 tra fortezze militari e edifici a carattere civile e religioso. Molte di queste sono all’interno del circuito dell’Itinerario della bellezza. E sono le più sorprendenti.

Pensiamo al Palazzo Ducale di Urbino «Il più bello che in tutta Italia si trovi» come scrisse Baldassarre Castiglione ne “Il Cortegiano”. Ma come non citare la Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro, la struttura a forma di testuggine da molti – anzi dallo stesso architetto – considerata un “magnifico errore” che è reputata tra i massimi capolavori dell’architettura del Rinascimento. O la Rocca Roveresca di Mondavio, giunta intatta sino ai giorni nostri per non avere mai subito attacchi e oggi uno dei siti museali più visitati delle Marche.


O il Torrione di Cagli, parte della imponente fortificazione della città che Francesco di Giorgio Martini realizzò per la difesa della terza Città del ducato (dopo Urbino e Gubbio) ma che Guidobaldo da Montefeltro fece parzialmente smantellare nel 1502 (insieme ad altre rocche) perché non cadessero in mano a Cesare Borgia il Valentino. Torrione collegato alla Rocca sulla collina, in fase di ricostruzione, da un percorso sotterraneo, il “soccorso coverto”, interamente percorribile. E poi ancora la Rocca di Fossombrone e quella di

Mondavio

Pergola, entrambe in posizione panoramica sul centro storico delle città che furono anche queste smantellate da Guidobaldo, ma che conservano intatto il loro fascino confermando le innovazioni portate da Francesco di Giorgio nell’architettura militare. L’ITINERARIO DELLE ROCCHE DI FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI E IL PALAZZO DUCALE DI URBINO è un utile strumento per visitare la provincia di Pesaro e Urbino e soggiornare all’interno dell’Itinerario della bellezza.


Torrione di Cagli


Slesia e Małopolska:

Polonia tra idea e realtà

N

el profondo di ognuno di noi esistono migliaia di mosaici immaginari dei luoghi che ancora non abbiamo visitato, costruiti in base alle voci che, di quei luoghi, nel corso della vita ci sono giunti. E così, pur senza saperlo, l’immaginario della Polonia, per la maggior parte delle persone, corrisponde proprio alla Małopolska e alla Slesia. Due regioni poste a sud della nazione, terre di avvenimenti e di personaggi che hanno travalicato i confini dell’Europa: il solo passato più recente ha visto qui la tragedia del campo di concentramento nazista di Auschwitz, ma anche la nascita di Karol Józef Wojtyła. Altre immagini note di questo angolo di Polonia, invece, sin

Cracovia

dal 1950, sono state messe a sistema in un itinerario dal nome suggestivo: “Il sentiero dei nidi d’aquila”: la similitudine ai maestosi rapaci fa riferimento alla moltitudine di incredibili castelli arroccati su speroni di roccia, proprio alle altezze vertiginose in cui nidificano le aquile, che costituiscono i capisaldi di un fantastico percorso tra Cracovia e la città mariana di Częstochowa: 164 chilometri che percorrono l’altopiano della Jura dove si mescolano icone di cultura e di natura legate a tante storie protagoniste di romanzi, film, serie televisive e documentari. Ed è solo l’inizio: da qui si dipanano altri percorsi e altre storie tutte da scoprire.


Oltreconfine: Oltreconfine Francia

Nicoletta Toffano

facebook.com/nicoletta.toffano


Castelli fantastici

L

a storia dei castelli ha origine intorno all’anno Mille quando, per difendere i propri traffici commerciali dai pericoli esterni, i nobili della dinastia dei Piast, che governarono il Regno di Polonia fino al 1370, ne ordinarono la costruzione andando a formare una vera cintura difensiva.

Wawel

Pieskowa Skala e Parco Nazionale Ojcow Jakub Krawczyk

Nei secoli questi manieri hanno mantenuto inalterato il proprio fascino, insieme ai segreti che custodiscono. Come quello del terribile drago sulla cui caverna è stato edificato lo spettacolare Castello Reale che domina Cracovia sul colle di Wawel. Sarebbe invece il fantasma decapitato


Oltreconfine: Polonia

Bobolice slaskie.travel T.Renk

Mirów Jakub Krawczyk

dell’antico proprietario del Castello di Pieskowa Skała (imponente ed eretto su uno sperone di roccia) ad aggirarsi nelle stanze. Lo spirito di una donna vestita di bianco è poi quello che aleggia nel Castello Reale di Bobolice. Nei suoi sotterranei fu persino trovato un tesoro che, secondo una leggenda, sarebbe solo parte di una

più grande ricchezza nascosta nel tunnel che lo unirebbe al vicino castello di Mirów: introvabile poiché sorvegliato da una perfida strega! Sono infine storie di dame e cavalieri quelle che prendono vita ogni anno durante le rassegne medievali ambientate tra le rovine dei castelli di Rabsztyn e di Olsztyn.


Castello Rabsztyn Jakub Krawczyk

Olsztyn slaskie.travel T.Renk


Oltreconfine: Polonia

Wawel, Cracovia


Olsztyn slaskie.travel T.Renk


Oltreconfine: Polonia


Ogrodzieniec slaskie.travel T.Renk


Oltreconfine: Polonia

Sul set di

“The Witcher”

“T

he Witcher” è una celebre serie fantasy (e anche un videogioco) in onda su Netflix, basata sulla saga dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski. Alcune tra le scene più avvincenti (come la battaglia di Sodden dell’episodio finale della prima stagione) sono state girate presso il Castello di Ogrodzieniec: letteralmente incastonato nell’altopiano della Jura è protetto da alte rocce e chiuso da un muro naturale di pietra. Situato nel borgo di Podzamcze, fu eretto nel XIV secolo e nella sua travagliata storia fu più volte conquistato, rimaneggiato, saccheggiato e parzialmente bruciato nel 1655. Altamente scenografico è stato in passato set di altre produzioni (come nel 2002 l’edizione cinematografica della “Vendetta” diretta dal regista polacco Andrzej Wajda) e oggi ospita esposizioni permanenti, mostre ed eventi storici: ogni anno, dalla primavera all’autunno, fa vivere ai suoi ospiti l’esperienza di trovarsi in un film quando il castello diventa scenario di una serie di manifestazioni artistiche all’aperto come tornei cavallereschi, spettacoli di danze antiche, festival internazionali di musica folk, concerti, feste abbinate a banchetti di antica cucina polacca.


Bizzarrie

della natura

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i sono luoghi nelle regioni del sud della Polonia dove le aquile sono davvero di casa insieme a orsi, caprioli, cervi, camosci e marmotte. Parliamo del Parco Nazionale dei Monti Tatra: un mondo di roccia a soli cento chilometri da Cracovia, gelida palestra per i più esperti alpinisti, ma anche sito di centinaia di piacevoli sentieri attrezzati come l’Orla Perć che percorre il crinale delle cime più alte. Meno aspri invece i monti Beschidi e i monti Pieniny dove una delle attrattive è il fiume Dunajec. Frequentato da canoisti estremi, lo si può più tranquillamente navigare anche a bordo delle caratteristiche zattere dei flisacy, gli uomini delle montagne addetti proprio al trasporto sul fiume: si scende la parte più

Lago Morskie Oko, Monti Tatra


Oltreconfine: Polonia

Fiume Dunajec, Monti Pieniny

spettacolare delle Gole di Pieniny dove le pareti del canyon si alzano sulle acque per oltre cinquecento metri. Da queste parti la natura è strana e al verde rigoglioso dei boschi contrappone anche dei deserti come quello di Siedlec, formatosi nell’era glaciale, con dune di sabbia dorata alte trenta metri. E

poi grotte (ben 220!) nascoste nelle pieghe dell’altopiano della Jura, parte del sistema giurassico polacco sviluppato a partire dal Paleogene: paradiso per lo sport dove si praticano trekking, arrampicata e cicloturismo, ma anche sport acquatici nei laghi Pogoria I e Pogoria III.


Parco Nazionale di Ojców nell’Altopiano di Cracovia e Czestochowa


Oltreconfine: Polonia

Oscypek, il formaggio dei Monti Tatra

Zattere sul fiume Dunajec



Oltreconfine: Polonia

Monti Beschidi nella Slesia. Vista su Skrzyczne slaskie.travel J.Krawczyk


Valle Chocholowska, Monti Tatra


Oltreconfine: Polonia


Chiesa Debno Podhalanskie

Un viaggio nelle favole

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el voivodato di Małopolska, tra vallate verdi e colline pittoresche con lo sfondo dei monti innevati, perfettamente integrati nel paesaggio da favola, si trovano 255 edifici antichi molto speciali, non opera di archistar ma di sem-

plici carpentieri del luogo. Sono le costruzioni tipiche in legno (chiese, palazzi, borghi, poderi) alcune custodi di opere d’arte e così pregiate nella fattura da avere attirato l’attenzione dell’Unesco che le ha inserite nella lista dei patrimo-


Oltreconfine: Polonia

ni mondiali dell’umanità (le chiese di Binarowa, Blizne, Dębno Podhalańskie, Haczów, Lipnica Murowana e Sękowa). La scoperta di questa particolare espressione della cultura materiale vale un viaggio che si svolge lungo 1.500 chilometri all’interno della regione, da qualche anno fruibile turisticamente con il nome “l’itinerario aperto dell’architettura lignea”. Il periodo migliore per

Chiesa ortodossa di Kwiaton

andare alla scoperta di questa inaspettata ricchezza è tra maggio e settembre quando molte costruzioni (alcune trasformate in musei) vengono aperte e ospitano il ciclo dei concerti intitolato “musica incantata nel legno”: musica antica e jazz ma anche esibizioni di danza e spettacoli che mettono in scena leggende e misteri della tradizione popolare.


Nel magico mondo sotterraneo

è

Festival INDUSTRIADA

Miniera d’Argento Tarnowskie Gory

orgogliosa, la Slesia, delle sue tradizioni industriali alle quali da ben 11 anni dedica un festival: 36 strutture situate in trenta località della regione consentono ai visitatori di conoscere la storia manifatturiera del paese attraverso laboratori, tour, spettacoli. Uno dei fiori all’occhiello di questo percorso sono sicuramente le antiche miniere di Tarnowskie Góry, Patrimonio Unesco. Giacimento di galena da cui si estraeva piombo, argento e zinco la cui scoperta risale al XV secolo, quando il leggendario signor Rybka trovò un pezzo di minerale


Oltreconfine: Polonia

Miniera di Sale Wieliczka

mentre lavorava il suo campo. Da allora si sviluppò l’insediamento minerario, fino alla chiusura all’inizio del XX secolo: è oggi un complesso di oltre cinquanta chilometri di gallerie con un sofisticato sistema di gestione delle acque e l’escursione ipogea, con tratti in barca, porta a faccia a faccia il visitatore coi volti degli antichi minatori scolpiti nella roccia. Altra storia e

altro Patrimonio Unesco è quella della miniera di sale di Wieliczka, vicino a Cracovia. Se ne parla già nell’XI secolo e mille anni di estrazione hanno formato una vera e propria cattedrale sotterranea di fulgido salgemma: 287 chilometri di gallerie e cunicoli ricche di statue di sale ritraenti figure storiche e religiose, stanze ornate, cappelle e laghi sotterranei.


Miniera di Sale Wieliczka


Oltreconfine: Polonia


Luppoli e lieviti:

storie di birra

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econdo l’European Beer Trends Statistics Report nel 2019 la Polonia si è classificata, dopo la Germania, come la nazione con la più alta produzione di birra: insomma la birra in Polonia è una cosa seria, le cui origini risalgono addirittura al Medioevo. Le birre più diffuse sono le lager Tyskie e Żywiec prodotte proprio nel sud del Paese, dove sono visitabili le fabbriche che ospitano bellissimi musei con collezioni di memorabilia che vanno dagli oggetti, ai cimeli, alle fotografie fino ai documentari in 3D che narrano la storia degli antichi birrifici: seicento anni per la Tyskie di Cracovia e 160 per la Żywiec, situata nell’omonimo paese. La scoperta delle “bionde polacche” prosegue nel borgo di Tychy, a una settantina di chilometri da Cracovia, dove ha sede il Brewery

Kazimierz

Museo birrificio di Zywiec


Oltreconfine: Polonia

Kazimierz

Museum: un birrificio reale del XIX secolo con enormi vasche di fermentazione e un attuale impianto di produzione da 60mila bottiglie all’ora. Anche nella Slesia e nella Małopolska, come nel resto della Polonia, il fenomeno dei microbirrifi-

ci è in aumento: prodotti di nicchia da provare nei più celebri pub di Cracovia come, nella città vecchia, il Pierwszy Lokal, il CK Browar e il Katedra oppure, nel quartiere Kazimierz, il Beer Gallery Pub, l’Omertà, il Smocza Jama e il Kolanko 6.


Hala Miziowa, Monti Beschidi (Slesia) slaskie.travel J.Krawczyk


Oltreconfine: Polonia


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Oltreconfine: Polonia

Pieskowa Skala e Parco Nazionale Ojcow


Da oltre 30 anni SULLE VOSTRE TAVOLE anticapastasabina.it facebook.com/anticapastasabina 3S Comunicazione per e-borghi travel


Oriana Davini

facebook.com/oriana.davini.7

Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!

Adrano, Sicilia Lucky Team Studio*


Sapori, saperi e sentieri… saraceni!

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oco prima dell’anno Mille, i Saraceni invasero diverse zone del Mediterraneo: arrivarono anche in Italia, spingendosi fino in Piemonte. Per fuggire dalle loro razzie, un gruppo di monaci dell’Abbazia di Novalesa, in Val di Susa, decise di trasferirsi a Breme, un piccolo villaggio nella bassa Lomellina: qui costruirono una nuova abbazia consacrata a San Pietro, che in breve tempo divenne una delle più influenti d’Europa. Come accadeva in ogni monastero, coltivarono anche un orto trovando in quel microclima così particolare alla

Elena Shashkina*

confluenza tra il Po e il fiume Sesia un terreno decisamente favorevole per le cipolle. Mille anni dopo la cipolla rossa di Breme, conosciuta come “la dolcissima” per il suo sapore rotondo e la digeribilità, che la rende adatta a essere consumata anche cruda in insalata, diventa Presidio Slow Food. La sua coltivazione ancora oggi è manuale, con tecniche tramandate dai monaci: un lavoro lungo e complesso, regolato da un rigido disciplinare che permette esclusivamente l’utilizzo di prodotti biologici, vietando ogni pesticida.


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!

Monastero di Breme Steve Sidepiece*


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni! La Lomellina nei pressi di Breme KamilloK*


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni! Carciofo arrostito con tartare di fassona e mousse di patate stesilvers*

Moleto Paolo Bernardotti Studio*


Le grotte dei Saraceni

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orniamo in Piemonte, dove i Saraceni sono una presenza viva ancora oggi. Tra Ottiglio e Moleto, piccoli borghi del Monferrato, nell’ultimo secolo improbabili truppe di speleologi e archeologi improvvisati hanno cercato di esplorare le cosiddette grotte dei Saraceni, antichissime cavità ipogee che in epoca romana erano luoghi di culto dedicati a Mitra e successivamente furono utilizzate come rifugio dagli invasori. Molti sono spinti dal sempiterno fascino della caccia all’oro dei Saraceni, che nessuno ha mai trovato. Altri in quelle cave di

Sapori, saperi e sentieri… saraceni!

Ottiglio alsahr*

tufo conservano il vino, il vero tesoro del Monferrato: siamo nella terra del Gavi e del Moscato bianco, perfetti per accompagnare pasti a base di prodotti tipici locali. Non c’è pranzo, qui, che non inizi con qualche fetta di Salame Cotto o di Robiola di Cocconato: trovano posto sulla tavola la Gallina Bionda di Villanova d’Asti, la pregiata carne di razza bovina piemontese Fassona con cui si prepara il Fritto Misto alla Piemontese, il Cardo Gobbo di Nizza Monferrato presidio Slow Food e ovviamente sua maestà il Tartufo bianco.


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni! Una cantina nel Monferrato Paolo Bernardotti Studio*


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!


Sapori, saperi e sentieri… saraceni!

‘ndremmappi Paoloesse*

Gli ‘ndremmappi di Jenne

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eguire il percorso dei Saraceni in Italia non è difficile: dietro di sé hanno lasciato non solo saccheggi ma anche fortificazioni, vocaboli entrati nell’uso comune e ricette. Tutta l’Italia centrale e meridionale abbonda di torri di avvistamento dei Saraceni, che provenendo dalle coste africane arrivavano via mare. A Filettino, borgo del Lazio all’interno del Parco Naturale Monti Simbruini, sono ancora visibili le mura saracene, erette lungo la strada che porta a Trevi proprio per difendersi dagli attacchi

degli invasori arabi. Terra di pastori e contadini, il parco è famoso per la coltivazione di legumi, come il fagiolo di Vallepietra. Se passate di qui, assaggiate gli ‘ndremmappi di Jenne, uno dei piatti più tipici della zona nati dal rito della transumanza delle greggi: si tratta di pasta fresca lavorata a mano con farina di grano mista a crusca e condita con olio, aglio, prezzemolo, peperoncino, salsa di pomodoro e alici, ovvero il prodotto più semplice ed economico che i pastori riportavano a casa dagli alpeggi estivi.


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!

Filettino Paoloesse*


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni! Chiesa di San Nicola, Filettino Paoloesse*


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!

Mazara del Vallo Stefano_Valeri*

Una torre saracena in Sicilia arnaldografia*


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ndiamo più a sud e approdiamo in Sicilia, la prima sponda toccata dalle navi saracene durante la loro conquista d’Italia. La Sicilia è un connubio perfetto di tradizione araba, greca e normanna: a Palermo si narra ancora la leggenda del Monte Marabito, nelle cui caverne i Saraceni consegnarono favolosi tesori ai diavoli che lì abitavano perché li custodissero. Un filo diretto con la stessa leggenda del Monferrato ma con sapori diversi: a Mazara del Vallo, dove un tempo approdavano i Saraceni oggi si produce

olio extravergine d’oliva Dop, con le cultivar autoctone Biancolilla, Nocellara del Belice e Cerasuola. Basta un filo per condire i celebri gamberi rossi di Sicilia, tra i crostacei più apprezzati del Mediterraneo ma ancora in attesa della Dop. Alle spalle di Mazara, nella valle del Belice, si lascia il mare per la terra: a regnare qui è la Vastedda, tipico formaggio ottenuto dal latte delle pecore del luogo, che ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta dall’Unione Europea.

Vastedda fotogiunta*

Sapori, saperi e sentieri… saraceni!

Il tesoro del Monte Marabito


Sapori, saperi e sentieri‌ saraceni!

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Gamberetti rossi di Mazara del Vallo Fabio Balbi*


Dalla nostra terra, dalla nostra passione Un’esperienza territoriale e gastronomica unica, tra natura e tradizione

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TERRITORI, LIFES TYLE E DESIGN

Antonella Andretta

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Puglia, d o v e l a v i ta ha un che di unico

Natasha Breen*


F

ece clamore qualche anno fa, la notizia della chiusura ad Altamura di un McDonald’s per mancanza di clienti. La vicenda, che tra i protagonisti aveva avuto anche un tenace panettiere che sfornava focacce per contrastare l’appiattimento di gusto dell’hamburger, ispirò persino un film del 2009 intitolato “Focaccia Blues”. Tutto questo per dire che ad Altamura i lievitati sono più di un prodotto da forno: sono essenza stessa della città che, prima in Italia, ha ottenuto per il suo pane antico, prodotto solo con certi grani e con un procedimento garantito, il riconoscimento Dop. E dopo quella della focaccia che ha sconfit-

to il Big Mac, un’altra bella storia viene da Andria ed è quella della burrata, formaggio Igp fresco e cremoso. Pare che la sua invenzione, a inizio Novecento, si debba a un casaro, Lorenzo Bianchino, che per non sprecare latte già munto, durante una nevicata avrebbe creato un “contenitore” di pasta di mozzarella dove conservare panna e mozzarella stracciata. Un’altra Dop, tra i formaggi, è il canestrato di pecora, a media o lunga stagionatura prodotto nelle provincie di Foggia e Bari. Ottima e tipica è anche la ricotta marzotica: salata, stagionata e prodotta soprattutto intorno a Lecce.

Pane di Altamura Giancarlo Polacchini*

Burrata barmalini*


Altamura Miti74*



Andria Miti74*


RobertPilar*


Olio extravergine d’oliva: re del gusto e del paesaggio I

n tutta la Puglia in realtà il cibo è quasi una religione: c’è un’estasi che sfiora il misticismo per il pesce fresco, e una venerazione assoluta per i frutti di mare come cozze, vongole, ostriche, ricci, gamberetti, scampi e cannolicchi ma anche per polpi, calamari, seppie, allievi, acciughe cucinati in mille modi e spesso consumati crudi (soprattutto a Bari) così come sono o semplicemente con succo di limone e olio extravergine d’oliva, il condimento pugliese per eccellenza. L’utilizzo dell’oliva per ricavarne il prezioso liquido pare risalga

ai Messapi, popolazione di origine illirica, insediatisi nel primo millennio a.C. nella zona dell’attuale Salento. Secondo altri studiosi, l’utilizzo dell’olio d’oliva, spesso impiegato come medicinale in virtù delle sue molteplici caratteristiche benefiche, pare sia ancora più antico e risalga al neolitico. Gli uliveti caratterizzano particolarmente il paesaggio della Valle d’Itria ma sono presenti anche in altre zone: le Dop, infatti, oltre alla Terra di Bari, sono altre tre: Collina di Brindisi, Dauno (Foggia) e Terra d’Otranto.

Daniele RUSSO*

Christian Schwier*


Bari Michele Ursi*



Chiesa Madre, Calimera Miti74*

Anna Fedorova_it*

Oltre la tavola un’antica cultura U

n ultimo accenno a un prodotto di questa terra generosa prima di passare ad altro: il vino, in particolare il Negroamaro. Interessantissima anche in questo caso la sua storia, soprattutto quella del nome che da solo è una somma delle radici antropologiche di queste zone. Questo vino si chiama infatti così perché dal griko - idioma parlato in alcune realtà della Grecia Salentina - deriva “mavro”, che significa nero, e dal latino invece “nigro”, che significa sempre nero: un vino nero due volte, insomma, tra i più celebri di Puglia e figlio di due culture. A Calimera, uno dei nove borghi in cui ancora si parla il griko, si può visitare la Casa Museo del-

la Civiltà Contadina e della Cultura Grika per farsi un’idea di questa antica eredità ellenica. Altra unicità linguistica in Daunia: a Faeto e a Celle di San Vito (Foggia) si parla un dialetto di origine franco-provenzale: il perché affonda nel Duecento quando, durante l’assedio di Lucera, una guarnigione di soldati francesi si fermò nei dintorni, lasciando il segno. A Faeto si trovano il Museo Etnografico della civiltà francoprovenzale e il Museo Civico del territorio con reperti di questa cultura agro-pastorale, diversa da quelle circostanti. Bello anche il centro storico e i dintorni, tra boschi (siamo a ottocento metri d’altitudine), sorgenti e mulini a vento.


Celle di San Vito Giuma*


Carnevale di Putignano Patrycja Tupaj*


Ceramiche di Grottaglie Tupungato*

L’arte del saper fare (e bene) M

a andiamo avanti e cerchiamo di scoprire perché il lifestyle pugliese conquista sempre più persone, catturate non solo dal suo patrimonio storico-artistico e naturale di prima grandezza, ma anche da un calendario di eventi che, 2020 a parte per i motivi che tutti conosciamo, copre tutto l’anno. Tra questi, il carnevale di Putignano, un trionfo del folklore con carri allegorici e i celebri “giganti di cartapesta”. La cartapesta ci dà lo spunto per parlare dell’artigianato che in molti casi ha trovato una svolta “evolutiva” passando attraverso la creatività di abili designer. La stessa cartapesta è

utilizzata ai nostri giorni per opere d’arte contemporanee, visibili all’interno del museo che Lecce ha dedicato a questa forma d’espressione, ambientato nel Castello di Carlo V. Stesso discorso per la ceramica di Grottaglie (Taranto), località dove viene lavorata sin dal Settecento (con museo dedicato). Prodotto tipico è il “cucco”, ma famosi sono anche i decori con i “pumi”. Anche in questo caso la ceramica ha ispirato nuove generazioni di artigiani e artisti che sono stati in grado di ripensare il design di oggetti di uso comune, dalle lampade alle oliere, dai piatti agli oggetti d’arredamento.



Grottaglie Massimo Todaro*


Carnevale di Putignano vololibero*



La pietra che piace, la vacanza che attira N

on solo artigianato ma anche produzioni industriali che riportano a una pugliesità Doc, come gli arredamenti da interni e da esterni in pietra salentina, utilizzata per realizzare le facciate dei palazzi e i decori barocchi che hanno reso celebre Lecce (a Cursi c’è anche l’Ecomuseo della Pietra Leccese e delle Cave di Cursi, situato all’interno del frantoio Ipogeo di Palazzo De Donno). Attualmente, le tecniche di lavorazione del passato sono state in parte sostituite da moderni macchinari, per quanto siano ancora attivi artigiani che lavorano la pietra a colpi di scalpellino. Molto cool i pavimenti e i rivestimenti realizzati con

questo materiale e grande la fantasia di architetti e designer che ogni giorno utilizzano pietra salentina. Abbiamo dimenticato qualcosa? Certo, è impossibile “riassumere” la Puglia in poche righe: avremmo voluto raccontare delle masserie di Brindisi, ricordare luoghi unici come Alberobello, Otranto, Vieste, Cisternino, Castel del Monte, Ostuni, scoprire gli infiniti borghi arroccati sui pendii collinari, raccontare di cittadine sulla costa e di spiagge dai mari cristallini dove d’estate si vive una vacanza così intrigante che l’ha resa una delle destinazioni preferite dai giovani. Ma lo spazio è tiranno: torneremo.

Giorgio Morara*


Castello Acquaviva a Nardò, Lecce AlexMastro*

Otranto Balate Dorin*


Ostuni pixelshop*


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MUSEUM Aboca Museum, l’originale ed unico Museo delle Erbe, recupera e tramanda la storia del millenario rapporto tra l’Uomo e le Piante. Il percorso museale Erbe e Salute nei Secoli, nella prestigiosa sede rinascimentale di Sansepolcro, diffonde l’antica tradizione delle Piante Medicinali attraverso le fonti del passato: preziosi erbari, libri di botanica farmaceutica, antichi mortai, ceramiche e vetrerie. La suggestiva e fedele ricostruzione di antichi laboratori conduce il visitatore in un affascinante viaggio nel passato, dove curiosità, aneddoti e profumi naturali si intrecciano per raccontare la storia delle erbe nei secoli.

Palazzo Bourbon del Monte Via Niccolò Aggiunti, 75 Sansepolcro (AR) Contatti e prenotazioni Tel. 0575.759738 Tel. 0575.733589 www.abocamuseum.it abocamuseum.it


Ivan Pisoni

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Leggende di tipicitĂ

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San Giorgio uccide il drago, Duomo di San Giorgio a Ragusa Ibla Stefano_Valeri*


Leggende di tipicità Costola del drago

Cattedrale di San Leucio, Atessa ermess*

La leggenda della costola del drago di Atessa N

ella cattedrale di San Leucio di Atessa (Chieti), in una teca, è custodita un’originale costola lunga circa due metri. Questo “tesoro” sembra essere la testimonianza della fine di una minaccia che per lungo tempo aveva terrorizzato il luogo. Al tempo, nella zona tra i fiumi Pianello e Osento, vi era una palude che divideva i villaggi di Ate e Tixa. Ma la palude non era il solo ostacolo che impediva agli abitanti di questi villaggi di potersi incontrare. In quella malsana palude, infatti, viveva un terribile drago che si cibava di ovini e bo-

vini e che, negli ultimi tempi, pare avesse esteso la sua dieta agli umani. Un giorno San Leucio arrivò in pellegrinaggio in queste terre e, ascoltati gli abitanti, decise di affrontare la bestia. Per tre giorni il santo nutrì il drago con carni fino a saziarlo completamente, immobilizzarlo e riuscire a intrappolarlo. Dopo una settimana, San Leucio lo uccise conservandone il sangue – dalle proprietà terapeutiche - e una costola che donò agli abitanti dei due villaggi che festeggiarono l’avvenimento unendosi in un unico villaggio, Atessa.


La leggenda dell’Albana di Bertinoro S

iamo nell’estate 435 d.C., quando Elia Galla Placida, figlia di Teodosio I, ultimo imperatore dell’Impero Romano unito, per sfuggire alla malaria decise di allontanarsi da Ravenna - al tempo capitale dell’impero – per dirigersi verso le colline della Romagna. Lungo il suo viaggio decise di sostare in un villaggio adagiato su una collina di nome Monte dell’Uccellaccio. Sorpresi e ricchi d’orgoglio per la visita della nobildonna, gli abitanti del posto fecero assag-

giare all’imperatrice il loro vanto locale, il vino noto come Albana, che le porsero in un semplice calice di terracotta. Estasiata dalla bontà della bevanda, la nobile esclamò «Non di così rozzo calice tu sei degno, bensì di berti in oro, per rendere omaggio alla tua soavità!». Da allora il villaggio cambiò nome in quello che oggi conosciamo come Bertinoro e il suo Albana, già Doc dal 1967, è stato il primo bianco italiano a ottenere il riconoscimento Docg, nel 1987.

Bertinoro GoneWithTheWind*

Leggende di tipicità


Leggende di tipicità

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La leggenda delle spose di Monteviasco R

anzoni, Morandi, Dellea e Cassina erano quattro briganti in fuga e c’è chi dice fossero disertori che scappavano dalla legge in cerca di un posto sicuro dove nascondersi, per poter ricominciare a vivere serenamente. Siamo nel varesotto, dove i briganti prima raggiunsero la Valtravaglia poi, attraverso la Val

Dumentina, giunsero nella Val Veddasca. Poco sotto la vetta del Monte Polà, individuarono un luogo lontano dalle rotte abituali, protetto da fitti boschi e con ottimi pascoli. I quattro costruirono le loro case con materiali locali, iniziarono a coltivare la terra e ad allevare alcuni animali. La loro vita sembrava davvero

Monteviasco Ilario - Wikipedia


Curiglia con Monteviasco Shabar212 - Wikipedia

portarono al loro borgo improvvisato. Quando la popolazione di Biegno si accorse del rapimento, si mise subito sulle tracce dei quattro ma, una volta giunta al rifugio, scoprì che le ragazze avevano deciso di rimanere con i briganti, colpite dalla sincerità dei sentimenti. Li sposarono e nacque così il borgo di Monteviasco. Questa è la leggenda, ma è curioso che quei quattro cognomi siano oggi i più diffusi della zona.

Leggende di tipicità

cambiata in meglio ma, ahimè, mancava qualcuno: le spose. Dall’altra parte della valle, però, c’era il borgo di Biegno, nel quale i quattro avevano visto delle ragazze. Sistemate al meglio le loro case e preparati dei doni per le loro future consorti, gli ex-fuggitivi si prepararono per il loro ultimo “colpo”. Aspettarono che gli uomini di Biegno si allontanassero con le loro greggi verso gli alpeggi quindi, nottetempo, rapirono quattro ragazze che



Ivan Pisoni

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lo sapevate che...


lo sapevate che... Curiosità di tipicità tutte italiane

A

ruspicini: dall’arte di esaminare le viscere degli animali (sacrificati) a gustosi panini. Gli Etruschi adoravano dei panini farciti con fegato di maiale, lingua e una salsa composta da prezzemolo, aglio, capperi e acciughe. Erano gli Aruspicini. Va notato che per gli Etruschi l’aruspicina era l’arte divinatoria che consisteva nell’esame delle viscere di animali sacrificati per trarne segni divini e norme di condotta. Per la serie “non si butta via nulla“. Affresco nella tomba del tuffatore a Paestum BlackMac*

A

nche delle castagne non si butta via niente. Infatti, le bucce possono essere usate in un decotto per ridare lucentezza ai capelli, risciacquandoli con l’acqua di cottura, mentre i ricci delle castagne, uniti alle bucce, possono essere usati in laboratorio per produrre creme cosmetiche per la pelle.

Natali Zakharova*

L

a Gubana friulana sfida la Pastiera napoletana… E perde. È successo lo scorso marzo, durante il 15esimo concorso “Gubana Day – Premio Bepi Tosolini”, quando gli organizzatori hanno scelto la Pastiera napoletana quale sfidante del famoso dolce friulano. Sette Pastiere contro sette Gubane. Oltre duecento assaggiatori giunti a Cividale del Friuli, divisi in una giuria popolare e una tecnica e, per entrambe le giurie, la vincitrice è stata la Pastiera.

barbajones*


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È

tutta calabrese la gassosa al caffè. Un mix bizzarro? Non per i calabresi, che non solo hanno inventato questa particolare bevanda a inizio del Novecento, ma che, ancora oggi, l’apprezzano, la producono e la esportano. Inventata da Vincenzo Ferrise di Nicastro, a Lamezia Terme, la gassosa al caffè, oggi in commercio nel meridione come Brasilena o Moka Drink, è un’ottima e frizzante sostituta del caffè freddo e uno degli ingredienti di due famosi cocktail: il Black Jelly Bean e il Nero Italiano.

moshko_viktor*

kuvona*

L

’Ammazzafegato toscano, la Zuppa di poveracce emiliana, il Figo Moro da Caneva e altri prodotti italiani, per la maggior parte dai nomi meno particolari di questi, hanno ottenuto il riconoscimento Pat (Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani), ovvero quei prodotti tipici locali e tradizionali che ereditano dal luogo e dalla cultura dove nascono caratteristiche particolari che li rendono unici e legati al luogo di produzione. I Pat nazionali sono circa 4mila e rappresentano l’Italia dei piccoli borghi e dei produttori.

barmalini*

lo sapevate che... Curiosità di tipicità tutte italiane

T

utti sbagliano chiamandola Fregola. La famosa pasta sarda, che vede le sue origini risalire a tempi antichissimi, si chiama in realtà Fregula, termine di derivazione latina (ferculum) che potrebbe tradursi in “Briciola”.



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