Bimestrale di aggiornamento su tecnologie e processi di trasformazione e di commercializzazione delle carni
Anno 20 - numero 112 GIUGNO-LUGLIO 2023
Bimestrale di aggiornamento su tecnologie e processi di trasformazione e di commercializzazione delle carni
Anno 20 - numero 112 GIUGNO-LUGLIO 2023
SICUREZZA E AMBIENTE
Per il futuro è necessario un sistema alimentare sostenibile
RELAZIONE SCIENTIFICA
Considerazioni sulla presenza di ocratossina A nelle carni e nei prodotti derivati
LEGISLAZIONE
L’Italia è la prima nazione che dice no alla carne sintetica
Tecno Brianza propone dal 1981 prodotti fabbricati da persone e partners che con passione ed impegno collaborano per garantire la qualità del prodotto e la sua continua evoluzione per soddisfare le vostre esigenze. Il controllo dei processi produttivi è fondamentale per offrirvi continuità, affidabilità e consulenza, senza mai dimenticare l’importanza della tradizione.
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14 MERCATI E CONSUMI: La Roadmap del futuro per il Food&Beverage
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18 FIERE ED EVENTI: Meat Tech 2024 e il nuovo salone Pro-Tech
21 LA PAROLA ALL’ESPERTO: Riduzione delle plastiche degli imballaggi derivanti dall’impiego di fonti fossili
29 SICUREZZA E AMBIENTE: Per il futuro è necessario un sistema alimentare sostenibile
33 RICERCA SCIENTIFICA: Considerazioni sulla presenza di ocratossina A nelle carni e nei prodotti derivati
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38 CHIEDETELO A...
42 AZIENDE E INFORMATICA
44 DIRITTO E LEGISLAZIONE: L’Italia è la prima nazione che dice no alla carne sintetica
Novità di prodotto, conferme di qualità, eventi e progetti di filiera segnano il passo di questa primavera del comparto che guarda alla ripresa con fiducia e nuove energie
HCC Meat Promotion Wales, l’Ente che promuove le carni rosse gallesi nel mondo, ha portato a Tuttofood due fra i prodotti più tipici della cultura alimentare della sua terra: Welsh Lamb IGP, pregiata carne ovina già nota ai consumatori italiani da molti anni, e Welsh Beef IGP, la tenera e gustosa carne bovina.
Il Welsh Lamb è unico per il gusto: il sapore è naturale, dolce e per nulla forte, esito di un’alimentazione naturale composta prevalentemente da erba verde alternata ad erica e a erbe autoctone profumate. La qualità di questa carne è data anche dal fatto che l’animale viene cresciuto ed allevato solo con l’obiettivo di produrre carne di alto livello e non viene sfruttato per ottenere altri prodotti. L’esclusività è data anche dallo sviluppo muscolare ben definito dell’animale che conferisce alla carne quella tenerezza e quel sapore tanto apprezzati. L’Agnello Gallese è inoltre garantito IGP, il marchio di Indicazione Geografica Protetta, che assicura la provenienza da aziende agricole garantite e da macelli controllati.
Un’altra peculiarità di questa carne è sicuramente la sua versatilità nelle possibilità di preparazione e la varietà dei suoi tagli, che possono essere cucinati e adattati secondo la stagione ed il gusto del consumatore.
La sostenibilità delle carni di agnello gallese, inoltre, è un plus di garanzia.
A differenza di altre parti del mondo, in Galles gli allevamenti sono tutti estensivi; qui ovini e bovini sono allevati su pascoli verdi e rigogliosi grazie alle piogge abbondanti. I terreni, inoltre, catturano il carbonio dall’atmosfera. Pertanto, grazie al lavoro di gestione e di mantenimento dei pascoli, gli allevatori contribuiscono in modo positivo a mitigare i cambiamenti climatici.
Infine, l’agricoltura gallese utilizza solo l’1,5% delle risorse idriche rispetto ad altri sistemi in tutto il mondo. I dati globali indicano fino a 15.000 litri di acqua per produrre 1 kg di carne di manzo: in Galles se ne usano solo 220 perché circa l’80% dell’acqua è piovana.
Salumificio Bordoni ha presentato al pubblico, in occasione di Tuttofood, l’ultima novità di prodotto: BRESAOLA 2GO, l’innovativa julienne di bresaola nel pratico formato doypack, perfetta per essere trasportata ovunque e per lo stile di vita “on the go”. La particolarità di BRESAOLA 2GO è quella di essere un prodotto dalle infinite possibilità: può essere una merenda golosa per tutte le età, un topping inaspettato per insalate e pokè oppure uno snack proteico pre-allenamento. La julienne di bresaola è ottenuta dai migliori tagli di carne, lavorati secondo l’antica ricetta di famiglia Bordoni e sapientemente stagionati.
Ha commentato Barbara Bordoni (COO Salumificio Bordoni): “La personalità del nostro brand vuole portare la bontà della Valtellina sulle tavole di tutta Italia e, perché no, del mondo. Questo anno è stato importantissimo per la nostra azienda e guardiamo avanti proponendo prodotti che parlano al consumatore del futuro, sempre più attento al benessere e al comfort”.
· Impronta di carbonio minima
· Massima efficienza energetica
· Minimo residuo di salamoia
· Elevata riciclabilità dei componenti
· Massima precisione di siringatura
· Ottima distribuzione della salamoia e uniformità del colore
Salumificio Mec Palmieri, a Tuttofood, ha presentato il rebranding e il nuovo logo. Ulteriori elementi protagonisti a Tuttofood, due novità di prodotto: Mortadella La Ruvida e prosciutto cotto di alta qualità Il Favoloso. La nuova identità firmata Palmieri racconta la storia di un’azienda modenese d’eccellenza, capace di coniugare tradizione di famiglia e spirito di innovazione, tenendo ben saldi i princìpi su cui si fonda la più che centenaria attività produttiva: metodo artigianale, alta qualità, utilizzo di materie prime pregiate. Ne è un chiaro esempio il prodotto più celebre del salumificio, Mortadella Favola, che nella sua versione Gran Riserva è stata riconfermata Miglior Mortadella d’Italia dalla Guida Salumi d’Italia 2023. Mortadella Favola è la prima mortadella a essere insaccata e cotta nella cotenna; il brevetto originale della famiglia è stato infatti depositato nel 1997. Una pagina importante della salumeria italiana, che oggi l’azienda vuole esaltare, dando lustro all’autenticità della sua storia e consolidando la notorietà del proprio marchio.
Focus su Mortadella La Ruvida, ispirata all’antica tradizione dei salsamentari. Sapore deciso e profumo intenso, l’impasto de La Ruvida è composto di sole carni nazionali e piccoli dadini di guanciale, condito con aromi naturali e sale dolce dei Papi. Una leggera granulosità al palato e differenti gradazioni cromatiche di rosa della fetta. La Ruvida nasce per esaltare l’unione con qualsiasi abbinamento, ed è particolarmente indicata per cubetti e fette più spessi. La nuova referenza verrà distribuita in Gdo.
Ulteriore novità è il prosciutto cotto Il Favoloso, prodotto da materia prima selezionata, solo cosce di suini nati, allevati e lavorati in Italia. Il Favoloso, grazie alla legatura, mantiene fino alla fine la compattezza delle fette senza rinunciare alla sottigliezza. Aromatizzato su base naturale con sale dolce di Cervia, una nota di miele d’acacia e aromi naturali, cotto a vapore per circa ventisei ore in sottovuoto e a bassa temperatura, Il Favoloso è morbido e delicato al palato. Il prodotto sarà destinato al canale tradizionale.
In occasione della recente fiera Tuttofood, Salumificio San Michele ha presentato LIBRA, il prosciutto crudo 2.0, ricco di potassio e caratterizzato da un contenuto di sodio ridotto del 25% rispetto ai prosciutti crudi tradizionali. LIBRA è un prodotto ideale per i consumatori attenti al proprio benessere che cercano di limitare l’assunzione di sale nella propria dieta, perfetto per il lifestyle “healthy” dell’uomo moderno e per i trend di mercato che virano sempre più verso prodotti che siano il perfetto connubio tra qualità, gusto e salute. Salumificio San Michele si distingue per la sua attenzione alla qualità delle materie prime e alla cura artigianale nella produzione dei suoi salumi, che rappresentano un’eccellenza del made in Italy nel mondo.
Daniele Cremonesi (CEO Salumificio San Michele) ha affermato: ”Il nostro obiettivo è quello di portare sempre di più i nostri prodotti nel mondo con un progetto di respiro internazionale per esportare sì l’arte del prosciutto crudo di Parma ma anche l’italianità e il saper vivere che tutto il mondo ci invidia”.
Il crudo attento al benessere
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Il variegato mondo dei salumi italiani è in salute e conquista i mercati esteri. Rappresentano una componente fondamentale e tradizionale dell’alimentazione e per 1 italiano su 4 nell’ultimo anno il loro consumo è aumentato, soprattutto per la Gen Z. Per colpa dell’inflazione e del caro prezzi, però, i consumatori sono costretti a orientarsi verso quelli più economici e meno salutari. È quanto emerge dalla ricerca Doxa “Gli italiani e la Bresaola della Valtellina IGP” commis-
sionata dal Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 1000 persone tra i 18 e i 74 anni. Nella scelta di un salume, per 1 italiano su 2 la garanzia di una certificazione di qualità è al primo posto seguito dalla tipicità per 1 italiano su 4. A pari merito, seguono la leggerezza e la praticità (26%). La Bresaola della Valtellina IGP perde terreno rispetto a qualche anno fa, passando dal terzo al quinto posto tra i salumi preferiti dopo
prosciutto (crudo e cotto), salame e mortadella e registrando una flessione nei consumi (-14% solo nel marzo 2023, ma ormai da mesi si parla di perdita a due cifre). Il prezzo è la ragione principale di questa riduzione dei consumi: 1 italiano su 2 afferma che costa troppo per le proprie disponibilità economiche, soprattutto a confronto con altri salumi. Per questo il consumatore si orienta verso altri prodotti e insaccati come il prosciutto crudo (43%), il prosciutto cotto (39%) la mortadella (26%) e il salame (20%), indubbiamente più economici. Tra le ragioni di questa scelta, per il 43% del campione incide il miglior rapporto qualità/prezzo. Mentre solo per 2 italiani su 10 la causa della disaffezione va cercata nel cambiamento dello stile di vita (vegetariano/vegano) o in ragioni etiche.
Tutto questo, però, non vuol dire che sia cambiata la percezione positiva del prodotto: tra i motivi del consumo, a pari merito si piazzano proprio la praticità/velocità di preparazione (51%) e il suo essere leggera e proteica con un buon rapporto qualità/quantità proteine/prezzo (50%) a cui fa seguito il suo essere sinonimo dell’eccellenza Made in Italy, garantita da una certificazione IGP (37%).
Più di 1 italiano su 2, inoltre, riconosce che la Bresaola della Valtellina IGP è una ricca combinazione di proteine nobili, vitamine e minerali che la rendono ideale prima e dopo l’attività fisica (54%), che è conveniente perché a fronte di un alto introito proteico non ha scarti, solo l’1% finisce nel cestino, la confezione (52% degli intervistati), e che contiene importanti sali minerali.Tra gli asset vincenti della Bresaola della Valtellina IGP, il gusto balza al primo posto per il 56% degli italiani, a cui fa seguito la leggerezza (53%) e la praticità (42%). Tra i pregi della Bresaola della Valtellina IGP, il 36% degli italiani oggi indica prima di ogni altra cosa la praticità. Fanno seguito, a pari merito (35%), il gusto e la leggerezza.
“Sono calati i consumi ma l’immagine della Bresaola della Valtellina IGP resta alta - commenta Mario Francesco Moro, presidente del Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina. C’è dunque da sperare che nei prossimi mesi la tendenza possa essere invertita, proprio perché il passaggio a prodotti percepiti come meno salutari, alla lunga, può diventare un problema per il consumatore. Forse è arrivato il momento di ragionare attentamente, anche con la GDO, sul ruolo di rilancio dei consumi, che potrebbe avere una rinnovata attenzione alle politiche promozionali”.
37ª edizione di grande successo per Aria di Festa, la kermesse enogastronomica organizzata e promossa dal Consorzio del Prosciutto di San Daniele.
Aria di Festa nasce per celebrare il solido legame che unisce il Prosciutto di San Daniele DOP al suo territorio di origine. Tra talk, masterclass, laboratori, visite guidate e attività dedicate alla promozione del Prosciutto di San Daniele si è svolta come ogni anno una manifestazione unica nel suo genere, dove le eccellenze regionali hanno incontrato la cultura, la musica e il vivere bene, in un contesto di festa che a ogni edizione attrae da tutte le regioni d’Italia e dall’estero turisti, food lover e appassionati gastronomi.
Imperdibili, anche per questa edizione, le visite ai prosciuttifici. Tra le 31 aziende aderenti al Consorzio sono diverse quelle che, in occasione di Aria di Festa, hanno aperto le porte dei propri stabilimenti per permettere ai visitatori di scoprire i luoghi e i processi di produzione del Prosciutto di San Daniele. Le formule proposte sono sempre diverse: aziende aperte per visite guidate, aziende con visite guidate e degustazioni o menù dedicati al San Daniele DOP e aziende con visite guidate, degustazioni e attività di intrattenimento. Il visitatore ha avuto quindi la possibilità di conoscere ancor più da vicino come nasce il Prosciutto di San Daniele e dialogare direttamente con i mastri prosciuttai.
Ricco anche il programma di laboratori, per conoscere e degustare il Prosciutto di San Daniele in abbinamento ai vini bianchi regionali e alle birre, e di masterclass dedicate a lezioni di taglio e all’analisi sensoriale della DOP friulana.
«Aria di Festa – ha dichiarato il direttore del Consorzio Mario Emilio Cichetti –, dopo una pausa forzata per la pandemia, torna alla data originaria di fine giugno. Il format 2023 ha avuto il coinvolgimento di nuovi partner in grado di supportarci nella costruzione di un palinsesto ricco e completo. Durante Aria di Festa abbiamo affrontato temi e argomenti legati al Prosciutto di San Daniele, con chiavi di lettura e prospettive alternative. Sul fronte musicale ci siamo trovati in perfetta sintonia con Folkest, il festival musicale della musica emergente di qualità».
L’obiettivo di Fiorani è di intercettare i bisogni dei consumatori proponendo prodotti che semplifichino la vita e permettano di preparare piatti equilibrati, ricchi di sapore e senza glutine, anche con pochissimo tempo a disposizione. Il cibo, come racconta il motto aziendale, è patrimonio di ogni tempo, un valore tramandato che deve essere valorizzato e rispettato. Fiorani risponde a questa sfida offrendo referenze molto pratiche, buone e in confezioni sostenibili.
Per Fiorani Tuttofood è stata la vetrina per presentare a buyer e clienti la gamma di prodotti e le ultime novità, all’insegna della praticità e del gusto.
Tre novità sono state pensate per chi ha poco tempo di mettersi ai fornelli: Stinco Cotto di suino, Loin Ribs con salsa BBQ e Petto di pollo. Sono precotti, pronti per essere preparati semplicemente e
velocemente in forno, microonde o in padella. Per avere così in pochi minuti un piatto speciale legato a specialità come lo stinco, preparato con metodi innovativi, ma con ricetta tradizionale, a ricordo della cucina delle nonne.
Novità anche nel suino e nei prodotti garantiti senza glutine con la linea dei Dorati: alle Bombette di suino al bacon si aggiungono i nuovi Arrosticini di Suino Gratinati e gli Straccetti di suino gratinati. Sono tutti realizzati con una speciale ricetta con croccante e gustosa gratinatura gluten free, che non richiede frittura, per mangiare con gusto riducendo le calorie. Ottimi a pranzo, cena o per uno sfizioso aperitivo in compagnia. Infine, oltre alle consolidate gamme di hamburger e tartare, sono state presentate l’Entrana, le Polpette di bovino, le Fettine marinate di bovino e di suino.
Il 2022 si conferma un anno di stabilità per il comparto del Prosciutto Toscano DOP, che raggruppa 21 aziende, con circa 4.000 addetti tra lavoratori diretti e legati all’indotto. Secondo i dati forniti dall’ente di certificazione IFCQ, nel 2022 i prosciutti avviati alla produzione sono stati 337.295, +18,45% rispetto all’anno precedente, per un volume di 4.722.130 Kg, una crescita supportata anche dall’ingresso di un nuovo player nel consorzio e in vista di nuove prospettive per l’export. Il valore alla produzione è di oltre 47 milioni di euro mentre il fatturato al consumo, considerando il prodotto etichettato, sfiora i 75 milioni di euro.
GDO e cash & carry si confermano il principale canale di distribuzione: 4 Prosciutti Toscani DOP su 5, circa l’80% del totale, vengono commercializzati in questo segmento. Ho.re. ca. e piccoli dettaglianti rappresentano invece il restante 20%. Guardando alla produzione delle vaschette di Prosciutto Toscano DOP nel 2022 sono state circa 3.350.000, in flessione del 4,8% rispetto all’anno precedente, un dato però influenzato dalla maggiore produzione realizzata nel 2021 legata ad una attività di supporto agli indigenti organizzata dal MASAF, che aveva portato ad un aumento di produzione delle vaschette. Il segmento
Il Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina IGP, il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Gioia del Colle DOP e il Consorzio Uva di Puglia IGP entrano in Origin Italia, l’Associazione Italiana dei Consorzi di tutela alla quale aderiscono ora 71 realtà consortili e 2 Associazioni dei Consorzi, Afidop e Federdop Oli, che rappresentano più del 95% del valore delle produzioni italiane a Indicazione Geografica di tutte le filiere produttive. Un impulso dovuto anche al forte impegno che Origin sta impiegando sul fronte della Riforma europea sulle IG, con un sostegno particolare al ruolo dei Consorzi che, con meno burocrazia e più flessibilità, saranno sempre più fondamentali nello sviluppo dell’economia del settore.
del pre-affettato, nel 2022, mantiene quindi buoni livelli anche senza l’attività relativa ai contributi statali.
Le vaschette rappresentano circa il 25% delle vendite a volume di Prosciutto Toscano DOP, una referenza che continua ad essere apprezzata perché favorisce il consumo immediato e quello fuori casa, azzera gli sprechi ed è garanzia di sicurezza alimentare. Grazie alle grammature ridotte la vaschetta è perfetta anche per le famiglie mononucleari e velocizza l’acquisto all’interno del punto vendita.
Sui mercati esteri, mantiene stabile la quota export che incide per il 15% del fatturato al consumo del comparto. A livello geografico, le vendite di Prosciutto Toscano DOP sono destinate al 70% area UE e 30% area extra UE. I principali partner commerciali europei si confermano la Germania e i Paesi del Nord Europa. Per quanto riguarda l’area extra UE, a parte Stati Uniti e Canada che mantengono buone performance, i Paesi dove il Prosciutto Toscano DOP riscuote il maggiore successo sono Regno Unito, Giappone, Australia e Nuova Zelanda.
Come uscire dalla Poli-Crisi: il comparto agro-alimentare si interroga al 7° forum La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni, organizzato da The European House – Ambrosetti
Per sette aziende italiane su dieci (69,2%) del settore Food&Beverage il problema più grave causato dallo stato di “Poli-Crisi”, la crisi permanente che l’economia globale sta vivendo da oltre 3 anni, è l’inflazione energetica. Nella lista degli impatti negativi al secondo posto ci sono gli effetti della crisi inflattiva delle materie prime (49,9%), e via via gli strascichi della pandemia COVID-19 (23,0%) e, in linea con la crescita dei prezzi sulle materie prime, la difficoltà di approvvigionamento degli input produttivi (22,2%). All’ultimo posto troviamo, invece, l’impatto dei danni legati alla siccità (13,5% delle imprese) che trova spiegazione nella storica dipendenza da materie prime estere delle aziende italiane. Nonostante questi impatti, 1 impresa su 3 ha dichiarato di aver mantenuto il proprio piano strategico in questo periodo di crisi. Ad oggi, nonostante una pressione crescente sui costi operativi, quasi quattro imprese su dieci (39,4%) affermano di aver aumentato i propri prezzi al consumo meno di quanto sia aumentata l’inflazione e l’11,6% è stata persino in grado di non aumentare il prezzo.
Sono i risultati emersi dall’analisi di The European House – Ambrosetti recentemente presentata a Bormio. L’intera filiera agroalimentare italiana sostiene circa 30 macrosettori, contribuendo alla realizzazione del
16,4% del PIL nazionale. Con 282 miliardi di euro di valore aggiunto, di cui 64,1 diretti, il contributo dell’agroalimentare al PIL italiano è pari a 2,5 volte il settore automotive di Francia e Spagna messe insieme. Nel 2022, la bilancia commerciale della filiera agroalimentare italiana è tornata, tuttavia, negativa con un saldo di -2 miliardi di Euro, dopo i primi 3 anni di solidità dal 2019 al 2021. L’esposizione internazionale della filiera agroalimentare è guidata da un deficit agricolo in
continuo peggioramento, che ammonta a -13,2 miliardi di Euro nel 2022. Infatti, a causa della dipendenza agricola dall’estero, il Paese ha «perso» circa 100 miliardi di Euro di PIL nel periodo 2010-2022.
NO, GRAZIE
L’ultimo anno si è chiuso con un incremento del 15,3% di esportazione di prodotti agroalimentari dal nostro Paese, la crescita più ampia registrata a partire dal 2000. Come descritto nel rapporto di The European House - Ambrosetti l’Italia è oggi primo esportatore nel mondo di polpe e pelati di pomodoro (76,7% sul totale dell’export mondiale), di pasta (48,4%), di castagne sgusciate (32,6%), di passate e concentrati di pomodoro (24,2% del mercato) e al secondo posto per vino, formaggi freschi, kiwi, liquori, mele e nocciole. Nessun primato, invece, in termini di valore cumulato del nostro export agoalimentare: i 58,8 miliardi di euro registrati nel 2022 permettono all’Italia di raggiungere solo il 5°
posto in Europa: l’export tedesco vale quasi 25 miliardi in più e quello francese 20 in più. L’agroalimentare, inoltre, vale il 9,4% delle esportazioni totali italiane a fronte di un 13,5% della Francia e 17% in Spagna. Tra i temi del forum, di rilevante interesse è stata l’analisi del fenomeno Italian Sounding. Eliminando il mercato dei prodotti tipici italiani imitati per cui il consumatore straniero è realmente ingannato in fase di acquisto (il cosiddetto Italian sounding raggiungibile) il valore dell’export agroalimentare italiano potrebbe raddoppiare da quasi 59 a 119 miliardi di euro.
Nel 2022 il fenomeno complessivo dell’Italian sounding (l’utilizzo di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che evocano l’Italia su etichette e confezioni di prodotti agroali-
mentari non italiani) nel mondo è stato pari a 91 miliardi di euro, di cui 60 riguardano direttamente i consumatori stranieri che realmente desiderano acquistare prodotti made in Italy e sono ingannati da queste azioni di marketing.
Per riconquistare gli spazi occupati dalle imitazioni dei prodotti tipici italiani, The European House - Ambrosetti e ISMEA ha ipotizzato
3 scenari:
1. raddoppiando il tasso di crescita degli investimenti nel settore rispetto a quello attuale ci vorrebbero 27 anni per convertire l’Italian sounding in nuovo fatturato, e quindi export, delle imprese italiane
2. raddoppiare, invece, il tasso crescita degli investimenti, ma anche la loro produttività puntando su innovazione e digitalizzazione, dimezzerebbe quasi i tempi, fino a 15 anni
3. al raddoppio del tasso di crescita di investimenti e produttività si aggiunge l’impulso dei fondi del PNRR consentendo di arrivare entro 11 anni all’obiettivo prefissato di “trasformare” i 60 miliardi di vendite sotto le insegne dell’Italian sounding in export agroalimentare effettivo per il nostro Paese.
Per il 73% dei consumatori un prodotto è sostenibile quando il suo processo di produzione è sostenibile (subito dopo conta la sostenibilità del packaging, 40,3%) e l’80% è disposto a spendere di più per acquistarlo, anche se non tanto di più: oltre un terzo spenderebbe meno del 5% in più, mentre poco meno del 5% è disposto a spendere oltre il 30% in più. Secondo la ricerca condotta da The European House – Ambrosetti anche per le imprese un prodotto diventa sostenibile soprattutto nella sua fase di produzione (risposta data dal 38,9% delle 500 aziende del settore Food&Beverage coinvolte), ma per molte (32,3%) è, invece, l’alta qualità delle materie prime il fattore principale di sostenibilità. Nei piani dei prossimi 3-5 anni le aziende dichiarano di voler dedicare maggiore attenzione soprattutto alla sostenibilità della produzione (12,7% del totale) e alla riduzione degli sprechi (13,7%).
Nel post-pandemia gli italiani puntano sulla “qualità” della propria spesa alimentare e oggi comprano un 10,5% in più di alimenti sostenibili certificati, un +7,5% di alimenti biologici e a km zero mentre riducono cibi pronti e confezionati (-5,2%) e “junk food” (-4,4%).
Torna a Milano la proposta espositiva che guarda al mondo dei salumi, delle carni e dei piatti pronti, ma anche agli ingredienti, aromi e spezie senza trascurare l’ecosistema tecnologico in tema di processo e confezionamento
Dal 28 al 30 marzo 2024 Meat Tech torna con una formula completamente rinnovata e un posizionamento in linea con i più importanti trend di mercato e con quelli che saranno le tendenze di consumo di carne dei prossimi anni.
In prima linea impianti completi per la lavorazione e trasformazione delle carni, con le ultime novità in tema di insaccatrici, linee di preparazione, sistemi di pesatura, porzionatura, formatura ed estrusione, dosatori, sistemi di cottura; non solo per i prodotti a base carne ma anche per preparazioni innovative per la Veg Community rappresentata soprattutto nella nuova sezione del salone denominata Pro-Tech che integra la già significativa offerta di tecnologia e soluzioni per il processing e packaging della carne a cui la fiera guarda da sempre, con ingredienti alternativi e soluzioni specifiche per questo mercato emergente.
Pro-Tech sarà infatti totalmente dedicata a nuovi settori espositivi quali quello dell’industria ittica, dei formaggi a pasta dura, dei
piatti pronti e del pet food con un nuovo focus su proteine alternative, Plant-Based food, High Protein food e snack proteici.
DALLA LAVORAZIONE
DELLE CARNI AL PROTEIN BASED FOOD MANUFACTURING
Dal 2015, Meat-Tech si è evoluta e dalla sua
nascita basata sulle tecnologie e le soluzioni di processing e packaging per l’industria della lavorazione delle carni e salumi arriva oggi alla sua quarta edizione con una veste ampliata.
L’evoluzione dei mercati mondiali di produzione alimentare mostra, infatti, una tendenza a una sempre più vasta coesistenza di prodotti a base proteica, che dal più tradizionale mondo delle carni e dei salumi, si amplia a piatti pronti, ittico, caseario e include una sempre più importante presenza dei prodotti a base vegetale fino al mondo del pet food, e che in Italia è equamente distribuita tra nord, centro e sud mentre nel resto del mondo la maggioranza dei produttori di prodotti a base proteica si trova in Asia e America Latina.
A Meat-Tech e Pro-Tech la filiera completa sarà protagonista con una esposizione completa dell’intera catena del valore di produzione dell’industria alimentare:
• ingredienti
• processo
• confezionamento
• materiali
• end of line
• intralogistica.
Al centro dell’offerta i mercati di produzione di:
• carne e derivati
• pollame e altre carni bianche
• carne lavorata e salumi
• formaggi a pasta dura
• ittico
• piatti pronti e gastronomia
• plant based food
• snack proteici
• pet food.
Il nuovo filone tematico Pro-Tech sarà una nuova sezione speciale dedicata alle soluzioni per le nuove proteine.
Per il settore packaging, l’industria italiana è formata da 633 aziende con 36,4k addetti con un fatturato, nel 2021, pari a 8,240 milioni di euro. Il 33,2% dei clienti appartengono al mondo food e il 23% al beverage.
Le previsioni di crescita nel settore raggiungono a livello mondiale il +3,9% nel 2026
con gli Stati Uniti e il Pakistan in testa (dati UCIMA).
Meat-Tech e la nuova sezione Pro-Tech sono organizzate da Ipack Ima a Fiera Milano dal 28 al 30 Maggio 2024 e puntano ad anticipare i trend tecnologici e di produzione of-
frendo chiavi di lettura dove innovazione e sostenibilità rappresentano i pilastri su cui poggiare lo sviluppo del settore del futuro. Simone Castelli, CEO di Ipack Ima, che promuove la manifestazione, ha affermato in occasione della recente presentazione della manifestazione: “La nuova edizione di MeatTech rivela la capacità della manifestazione di leggere le dinamiche di mercato, interpretandole e anticipandole. Meat-Tech e ProTech si inseriscono quindi nella strategia di Ipack Ima che mira a creare una piattaforma espositiva integrata capace di dialogare con mercati e settori grazie ai punti di contatto che il nuovo concept della manifestazione permette di generare. Intendiamo quindi offrire a espositori e visitatori soluzioni che toccano tecnologie consolidate ma in costante evoluzione grazie a digitalizzazione, machine learning e AI, interpretando le esigenze di un mercato proteico che la fiera abbraccia nel suo sempre più ampio e variegato mercato che parte dalla carne e arriva al plant based fino alle nuove forme proteiche vegetali e non.”
La CRM offre ai propri clienti una linea completa, composta da sistemi, macchine e servizi specializzati per il taglio e la trasformazione di carni, salumi e pesce, in grado di soddisfare al meglio tutte le problematiche della grande distribuzione e dei centri lavoro.
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Come l’impiego di supporti diversi dalla plastica orienta il consumo di salumi pre-affettati e carni rosse verso una maggiore sostenibilità ambientale
Tra gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo che sono parte integrante della strategia della Commissione per attuare l’Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, c’è anche quello della riduzione delle plastiche degli imballaggi derivanti dall’impiego di fonti fossili. Si punta a orientare il mercato degli imballaggi nella UE affinché siano riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile e a definire un quadro normativo per le plastiche biodegradabili e a base ecologica [1]. La gestione delle plastiche è un problema globale che riguarda l’inquinamento dell’ambiente e la salute umana. Secondo un articolo di QuiFinanza [2], l’inquinamento della plastica è una vera e propria piaga sociale dei nostri tempi e purtroppo non tutti nel mondo fanno una raccolta differenziata in modo corretto. Il problema è in larga parte legato alle microplastiche che si disperdono nell’ecosistema, entrano nel ciclo dell’acqua e nella catena dell’alimentazione, con effetti dannosi anche sulla salute umana. Per risolverlo, da un lato bisogna lavorare per realizzare un’economia circolare della plastica basata cioè sulla riduzione dei consumi, sul riutilizzo degli oggetti in plastica, sulla ricerca di prodotti sviluppati con materiali alternativi che riducono l’impatto sull’uomo e sull’ambiente.
Si deve migliorare la gestione dei rifiuti puntando all’ottimizzazione della raccolta, sull’incremento del riciclo e sull’ampliamento del mercato delle materie secondarie
Dall’altro si deve migliorare la gestione dei rifiuti puntando all’ottimizzazione della raccolta, sull’incremento del riciclo e sull’ampliamento del mercato delle materie secondarie. È questo uno degli obiettivi della strategia “Dal produttore al consumatore” che fissa i parametri per realizzare un’economia circolare per ridurre l’impatto ambientale dei settori della trasformazione alimentare, considerando che in Europa i rifiuti delle confezioni nel settore food costituiscono oltre il 60% del totale dei rifiuti da imballaggio. Per promuovere la protezione dell’ambiente e favorire la transizione ecologica, la sfida passa – soprattutto in ambito alimentare – nell’utilizzare imballaggi che, rispettando la protezione e la sicurezza degli alimenti in termini di conservazione dei prodotti, abbiano un minore impatto ambientale. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030 sono l’impiego del 100% degli imballaggi riciclabili o riutilizzabili e un apporto alla riduzione degli
sprechi alimentari [3]. Molte aziende lavorano già costantemente per ridurre l’impiego di plastiche derivanti dal petrolio, sostituendole con il cartone o la carta (che possono essere rivestiti di film antimicrobici idonei al contatto con gli alimenti, ma riducono il peso dell’imballo e l’impronta ecologica) oppure utilizzando plastiche riciclate.
La riduzione dell’utilizzo della plastica è un argomento che è al centro anche del dibattito pubblico: sono infatti i consumatori stessi ad orientare le aziende verso un packaging sostenibile e le nuove generazioni, soprattutto quelle dei millennials, si dicono disposte a pagare anche di più per le confezioni green [4].
Le aziende che impiegano un packaging sostenibile migliorano la reputazione del marchio e ottengono un riscontro economico dai loro investimenti, tuttavia bisogna fare attenzione a quelle che invece praticano il green-washing1. Per evitare di cadere in
Sono i consumatori stessi ad orientare le aziende verso un packaging sostenibile e le nuove generazioni si dicono disposte a pagare anche di più per le confezioni green
queste trappole, è importante verificare le certificazioni ambientali e le politiche sostenibili dell’azienda, che possono essere ben rappresentate dalla presenza di un QR Code o di un marchio di certificazione ambientale sulla confezione.
DI CONFEZIONAMENTO
A CONFRONTO: I PRINCIPI DEL SOTTOVUOTO E DELL’ATMOSFERA PROTETTIVA (FOCUS SULLA CARNE)
Poiché gli imballaggi svolgono un ruolo essenziale nella sostenibilità dei sistemi alimentari, promuovere l’impiego di soluzioni di imballaggio innovative che utilizzino materiali ecologici, riutilizzabili e riciclabili, contribuisce non solo alla riduzione degli sprechi di cibo ma orienta il consumatore a una maggiore attenzione verso la pratica di rispetto ambientale con criteri di sostenibilità. Non si può tuttavia negare il ruolo primario dell’imballaggio nel preservare la qualità dell’alimento e nel proteggerlo dalla deperibilità.
Prodotti come la carne e i suoi derivati, che sono alimenti altamente deperibili, hanno beneficiato e tuttora beneficiano dell’impiego degli imballaggi. Sono stati favoriti nel consumo quando negli anni ’50 del secolo scorso è iniziata un’importante rivoluzione: l’affermarsi di un modello di vendita basato
sui supermercati, con il declino (parziale) delle vendite sfuse basate sull’intermediazione di macellai e salumieri nell’offrire prodotti al taglio che andavano però consumati entro pochissimi giorni dall’acquisto. Le vendite a scaffale, con prodotti in competizione tra loro proposti dai diversi marchi industriali, hanno preso avvio dai salumi pre-affettati confezionati in buste plastiche sottovuoto (i primi brevetti del sottovuoto ad uso alimen-
Il confezionamento sottovuoto comporta un aumento del livello di igiene, rispetto ai prodotti affettati a contatto con l’aria, se mantenuto in rigoroso rispetto della catena del freddo
tare sono proprio degli anni ’50). Poi l’affermarsi negli anni ’70-‘80 della tecnologia con atmosfera modificata - di cui hanno beneficiato soprattutto le carni rosse in porzioni per il consumatore finale2 - ha contribuito a portare nelle case dei consumatori di tutto
il mondo alimenti altrimenti deperibili che potevano essere consumati a distanza di più giorni dall’acquisto.
In questa nuova dinamica, l’imballaggio ha acquisito un’altra importante funzione oltre a quella di proteggere l’alimento: comunicare con i potenziali consumatori [5] per invogliarli alla scelta di questo o quel prodotto anche in base alle specifiche attese di ciascuno di noi.
Con la tecnica del sottovuoto [6], che consiste nell’eliminazione dell’aria e dell’ossigeno dall’imballaggio, si vuole prevenire il deterioramento degli alimenti, l’ossidazione e la proliferazione dei batteri aerobi. Il confezionamento sottovuoto dei salumi affettati, in buste non termoretraibili, ha diversi vantaggi. In primo luogo, estende la durata di conservazione degli alimenti; in secondo luogo, preserva il sapore, il profumo, la freschezza e le proprietà dei cibi. Inoltre, può essere utilizzato sia per i cibi cotti che crudi. Infine, il confezionamento sottovuoto comporta un aumento del livello di igiene, rispetto ai prodotti affettati a contatto con l’aria, se mantenuto in rigoroso rispetto della catena del freddo.
Il confezionamento sottovuoto ha potuto essere utilizzato per conservare una vasta gamma di prodotti alimentari e tuttora viene impiegato nella sua versione più evoluta, che è conosciuta con il termine di confezionamento “skin” per il modo in cui il film superiore aderisce al prodotto poggiato però su una vaschetta, prevalentemente di plastica rigida. Tuttavia il confezionamento sottovuo-
2Occorre distinguere l’abitudine di confezionare sottovuoto i tagli anatomici praticati dai sezionatori diversamente dai tagli porzionati in unità consumatore. La tecnica di confezionare sottovuoto intere parti anatomiche nasce sul finire degli anni ’60: tali tagli vengono distribuiti ai punti vendita, che provvedono poi a porzionare da sé la carne. Lo scopo di questa operazione è di contribuire alla maturazione e alla frollatura della carne (soprattutto quella bovina) ed è conosciuta come wet-aging (maturazione in umido). Ma è solo con l’avvento dell’atmosfera modificata che compaiono sul mercato le vaschette di carne rossa già porzionata in unità consumatore, mentre il sottovuoto si è evoluto poi in sottovuoto skin.
Per evitare un aspetto poco attraente si ha la necessità che le vaschette siano più alte con uno spazio di testa più elevato, e quindi gli imballaggi risultano essere molto più ingombranti
to per i salumi e (i formaggi) affettati è stato abbandonato – soprattutto nel nostro paese – a favore del confezionamento in atmosfera modificata [7], che risponde meglio alle esigenze di conservazione e risolve taluni aspetti critici del confezionamento sottovuoto. I vantaggi del confezionamento in atmosfera modificata (MAP: Modified Athmosphere Packaging), che possiamo anche intendere come atmosfera protettiva, risolvono infatti:
1. l’eliminazione dello schiacciamento della confezione dovuto alla pressione esterna esercitata per eliminare l’aria e la conseguente “incollatura” delle fette tra loro, rendendo difficile separarle senza romperle (per questo c’era l’abitudine di interfoliare i crudi tra una fetta e l’altra, mentre i cotti venivano affettati qualche millimetro più spesso delle fette supersottili che siamo abituati ad avere oggi). Nel confezionamento in atmosfera protettiva non si presenta questo inconveniente perché all’interno del packaging è presente il gas inserito nel corso del processo, che compensa la pressione atmosferica;
2. migliora le caratteristiche batteriostatiche del prodotto all’interno della confezione grazie all’azione della CO2 e quindi aumenta la shelf-life. L’anidride carbonica contenuta nelle miscele si scioglie nell’acqua (quindi nell’acqua libera che permea i tessuti e nel tempo tende ad essere assorbita dall’alimento) e nei grassi contribuendo ad abbassare il pH del prodotto e creando un microclima più acido. Que -
sto ambiente che si crea nella vaschetta e raggiunge un equilibrio, inibisce le attività batteriche e la formazione di muffe, evitando processi fisici e chimici che interagiscono con la conservazione. Nei salumi da affettare le miscele di gas sono abitualmente composte da CO2 al 20/30% e N2 all’80/70% (dove l’azoto si comporta come gas inerte, ma impedisce lo schiacciamento della confezione);
3. permette ai tagli di carne rossa fresca di mantenere il colore rosso vivo, per una migliore presentazione. In effetti le carni messe sottovuoto tendono a scurire, ma questo carattere scompare quando sono sottoposte nuovamente a ossigenazione. Nonostante la reversibilità del colore il consumatore non è sempre in grado di comprendere positivamente questa caratteristica del sottovuoto e la variazione del colore è sempre stata considerata un aspetto negativo nella valutazione d’acquisto (in assenza di una adeguata comunicazione). Miscele con l’80% di O2 e il 20% di CO2 associate a temperature di conservazione dell’ordine di 4°C possono conservare la carne fresca fino a 10-12 giorni e mantenerne il colore rosso. Tuttavia occorre osservare che anche il confezionamento in atmosfera modificata non è esente da difetti. Dal momento che la miscela di gas, soprattutto l’ossigeno per le miscele adatte alla carne fresca, deve avvolgere completamente il prodotto per esercitare la sua azione protettiva, non ci devono essere parti
Una corretta progettazione del packaging può contribuire al controllo microbico e può preservare i prodotti a base di carne fresca, carni cotte e stagionate per molto più tempo rispetto ai prodotti non confezionati
Qualunque prodotto venga confezionato in atmosfera protettiva o sigillato sottovuoto deve essere di una qualità ineccepibile, preparato con il massimo rispetto delle procedure igieniche in lavorazione
in cui il film superiore sigillante stia a contatto con il prodotto, perché in quel punto la carne assumerà un colore più scuro. Ne consegue che per evitare un aspetto poco attraente si ha la necessità che le vaschette siano più alte con uno spazio di testa più elevato, e quindi gli imballaggi risultano essere molto più ingombranti, per mantenere il film di copertura ben al di sopra del prodotto. Inoltre, la posizione delle vaschette negli scaffali è necessariamente orizzontale o tutt’al più messa limitatamente obliqua (non posizionate in verticale) perché il prodotto porzionato o affettato deve rimanere sul fondo della vaschetta senza scivolare, aiutato anche dal disegno tecnico della base che non è liscia ma crea appoggi particolari. Tuttavia, la posizione verticale è richiesta dai distributori che desiderano la massima visibilità dei prodotti e un ingombro minimo. Occorre infine considerare che qualunque prodotto venga confezionato in atmosfera protettiva o sigillato sottovuoto deve essere di una qualità ineccepibile, preparato con il massimo rispetto delle procedure igieniche in lavorazione, secondo quanto definito nell’applicazione dei principi HACCP. È anche per questo motivo che per una maggiore sicurezza alimentare, per entrambe le tecnologie di confezionamento è preferibile abbinare nel caso dei prodotti cotti, come il prosciutto cotto o il würstel, anche un trattamento termico di pastorizzazione oltre alla cottura della carne. Gli elementi che contribuiscono alla qualità della carne, sono il prodotto stesso (muscolo e grasso) e la sua
carica microbica iniziale che può provocare odore e produzione di gas, decolorazione e alterazioni del sapore. Per i prodotti trasformati a base di carne, la formulazione è un fattore chiave per la durata di conservazione, a seconda degli ingredienti e dei metodi di conservazione utilizzati (ad esempio, salatura, affumicatura, cottura, ecc.). L’ambiente gassoso intorno alla carne, associato alle confezioni sottovuoto e a quelle MAP è utile per controllare la crescita microbiologica e le
Un imballaggio flessibile sottovuoto è propedeutico per applicare al meglio le alte pressioni (HPP), che sono una forma di pastorizzazione a freddo in grado di inattivare anche la presenza di Listeria
reazioni chimiche, ma anche i materiali del packaging devono fare la loro parte, impiegando polimeri con proprietà di protezione dalla luce e anti-UV (per l’azione delle lampade che illuminano i banchi frigoriferi) e dalla formazione di condense (proprietà anti fog): la luce può avere un impatto sul colore dell’alimento per le interazioni con i pigmenti; le condense possono favorire la formazione di muffe e batteri. Anche la temperatura di stoccaggio (e trasporto), influisce direttamente sul tasso di decomposizione, sulla crescita microbica e sullo sgocciolamento. Una corretta progettazione dell’imballaggio, associata a buone pratiche di produzione e a un adeguato stoccaggio, è fondamentale per offrire ai consumatori un prodotto di alta qualità e sicuro.
Gli imballaggi nel corso di questi ultimi settant’anni si sono fatti via via più tecnologici perché la protezione della deperibilità non si focalizza solo nel controllare e limitare la crescita microbiologica durante la vita a scaffale, ma nel caso delle carni rosse e dei salumi si è dovuto tenere conto di altri fattori di deterioramento dell’alimento frutto di un’equazione complessa intrinseca al prodotto stesso. Durante la conservazione, le specialità a base di carne si deteriorano a causa dell’ossidazione dei pigmenti (provocati dalla luce o dalla presenza/assenza di ossigeno), dell’ossidazione e dell’irrancidimento, della crescita microbica (i microrganismi intervengono a loro volta nell’accelerare i processi deterioranti in presenza di essudato, modifica delle condizioni ambientali come il pH e rilascio di enzimi) e persino della disidratazione superficiale. Una
corretta progettazione del packaging [8] può certamente contribuire al controllo microbico e, se associata a condizioni di conservazione adeguate, può preservare i prodotti a base di carne fresca, carni cotte e stagionate per molto più tempo rispetto ai prodotti non confezionati, diventando un elemento chiave per ridurre gli sprechi alimentari. Diverse famiglie di materiali sono state abbondantemente utilizzate nelle strutture di imballaggio, tra cui il polietilene (PE), il polipropilene (PP), il polietilene tereftalato (PET), l’alcool etilenvinilico (EVOH), le poliammidi (PA) e il PVDC, oltre a diversi copolimeri all’interno di tali famiglie di polimeri. Questi materiali garantiscono la protezione degli alimenti perché sono in grado di garantire la sigillatura e una corretta ermeticità, offrono una barriera all’ambiente interno proteggendo adeguatamente gli alimenti, resistono all’abuso dovuto all’impatto meccanico.
Se il sottovuoto per i salumi affettati in buste flessibili non termoretraibili è stato pressoché abbandonato a favore delle confezioni in MAP, questo non vuol dire che non sia più
I materiali plastici che costituiscono i film inferiori e superiori sono strutture complesse, che combinano tra loro materiali di diversa natura
utilizzato specie per gli alimenti di una certa qualità. Un imballaggio flessibile sottovuoto è propedeutico per applicare al meglio le alte pressioni (HPP), che sono una forma di pastorizzazione a freddo in grado di inattivare anche la presenza di Listeria: necessitano di un packaging flessibile perché uno rigido o con elevato spazio di testa come quello MAP si romperebbe a causa delle pressioni esercitate - fino a 6.000 atmosfere (600 MPa),
rendendo vana la tecnica. La tecnologia skin è solo l’ultima evoluzione del sottovuoto introdotta per i prodotti a base di carne di qualità premium come costate e hamburger. Quando pensiamo ad alimenti di alta qualità come carne (compresi hamburger e tagli con osso), salsicce, affettati stagionati e prodotti avicoli, pesce e frutti di mare, formaggi a
La quantità di materiale utilizzato viene ridotta mantenendo le performance di protezione al massimo livello e si punta a sviluppare strutture con proprietà riciclabili, biodegradabili o compostabili
pasta dura, le necessità di confezionamento sono molteplici: per impedire la fuoriuscita di liquidi o il formarsi di essudato e garantire la protezione da fattori esterni, le confezioni skin sono perfette per soddisfare queste esigenze. La pellicola superiore, saldata su una base rigida termoformata o preformata, scaldata a determinate temperature, avvolge saldamente il prodotto come una seconda pelle (“skin” in inglese), senza tensioni. I prodotti confezionati in skin possono essere esposti nei punti vendita in posizione verticale, orizzontale o anche appesi senza che l’alimento si sposti. Una volta aperti (senza difficoltà se la pellicola ha caratteristiche di pelabilità) è buona prassi lasciare il prodotto all’aria per 10-15 minuti, per dargli modo di riprendere la naturale ossigenazione e il colore e l’odore originali.
Nel confezionamento in MAP le strutture che compongono il packaging sono state progettate fino ad oggi prevalentemente in plastica, costituita da una vaschetta rigida alla base, termoformata a partire da un laminato di spessore adeguato o preformata, e un film superiore flessibile che si sigilla lungo i bordi, dopo che è stata tolta l’aria e sostituita con
la miscela di gas. Perché il condizionamento con il gas sia efficace è richiesto uno spazio di testa più elevato in funzione del volume occupato dal prodotto.
I materiali plastici che costituiscono i film inferiori e superiori sono strutture complesse, che combinano tra loro materiali di diversa natura o con la tecnica della laminazione (la sovrapposizione di più strati mediante adesivi) o con quella più efficace della coestrusione (un procedimento in cui singoli materiali plastici estrusi vengono convogliati insieme nello stesso stampo per produrre una struttura laminare unica prima del raffreddamento) che può inglobare in un’unica matrice anche 7-8 o più elementi di materiali diversi in grado di fornire tutte le caratteristiche necessarie all’imballaggio (proprietà barriera, di permeabilità ai gas, azione anti UV e anti fog, ecc.). Questi sono elementi fondamentali per massimizzare l’estensione della vita utile dei prodotti, fornendo anche un corretto fine vita per il riciclaggio, il riutilizzo o lo smaltimento. Tuttavia in un mondo alle prese con un problema legato all’inquinamento (perché meno del 30% della plastica viene raccolta per essere riciclata), utilizzare un imballaggio sviluppato e realizzato in modo tale da ridurre l’impatto ambientale e l’impronta ecologica è diventato una questione prioritaria di salvaguardia del pianeta.
Il cartone non elimina completamente la necessità della plastica che protegge il cibo dal deterioramento, ne riduce però sensibilmente la quantità
DEL PACKAGING
CHE CONTRIBUISCONO
ALLA SOSTENIBILITÀ
La sostenibilità negli imballaggi alimentari ha guidato le discussioni negli ultimi anni nell’industria della carne e della salumeria [9]. I consumatori sono concentrati sulla loro salute, sul benessere delle loro famiglie e sull’affidabilità dell’approvvigionamento di prodotti. Vogliono sentirsi bene con ciò che acquistano e iniziano a considerare anche l’impatto che le loro scelte hanno sull’ambiente.
Ecco perché i produttori di imballaggi di oggi che lavorano nel settore stanno cercando di aumentare la resilienza e di trovare nuove soluzioni e innovazioni. Gli sforzi sono rivolti alla riduzione delle plastiche ma anche ad ottenere pellicole durevoli ad alta barriera
I vassoi in cartone politenato rigidi si prestano per essere utilizzati sia con lo skin che con l’atmosfera modificata
che prolungano la durata di conservazione e mantengono il cibo sicuro, consentendo minori sprechi alimentari [10]. La quantità di materiale utilizzato viene ridotta mantenendo le performance di protezione al massimo livello e si punta a sviluppare strutture con proprietà riciclabili, biodegradabili o compostabili.
Per decenni gli imballaggi sono stati progettati in plastica perché i costi di produzione dei laminati erano bassi, essendo la plastica derivata dal petrolio e adatta per garantire prestazioni più elevate, specialmente nella carne: quindi cercare di eguagliare tali prestazioni utilizzando materiali sostenibili può essere difficile.
Ci si sta orientando verso i vassoi in PP riciclabili che sono più sostenibili rispetto a quelli in polistirene della carne fresca e in PET per gli affettati.
Inoltre nel settore della carne c’è un aumento di interesse per gli imballaggi in cartone riciclabile e in carta più flessibile, dato che il ciclo di produzione della carta deriva completamente da una gestione sostenibile delle foreste. Si ripianta tanto e più di quello che si preleva (certificazione FSC e PEFC) e si riusa ampiamente materiale riciclato: entrambe sono forme virtuose di economia circolare. Il cartone non elimina completamente la necessità della plastica che protegge il cibo dal
deterioramento, ne riduce però sensibilmente la quantità: in effetti è sufficiente stendere sul cartone un sottile laminato di plastica a contatto con gli alimenti per avere una barriera all’ossigeno e permettere la saldatura di un laminato superiore. E una volta aperta la confezione, la pellicola plastica può essere facilmente staccata dal cartone o dalla carta che possono quindi essere riciclati. Il cartone può anche venire fustellato e piegato in un vassoio, per essere eseguito su una termoformatrice e sigillatrice in atmosfera modificata o in skin.
Anche un vassoio di carta rigida che contiene la forma è esterno ai materiali protettivi della confezione in plastica formati all’interno, ma contribuisce a ridurre notevolmente il peso della confezione.
Il cartone o cartoncino politenato utilizzato come base è un materiale sottile e resi-
La conversione degli imballaggi verso materiali più sostenibili come la carta può offrire ai produttori di carne e salumi diversi vantaggi di immagine
stente che riesce a mantenere al meglio la freschezza degli alimenti. Inoltre, consente di ridurre il volume dei rifiuti, poiché è più leggero rispetto alla plastica; può essere interamente stampato per riportare maggiori informazioni rispetto a una etichetta, anche riguardo la certificazione dei materiali con simboli e QR Code che può essere ripreso con lo smartphone per conoscere le origini e le certificazioni di prodotto.
La tendenza attuale di utilizzare vassoi di carta o cartone al posto della plastica è una scelta ecologica e sostenibile. Questi supporti sono biodegradabili e possono essere riciclati, il che li rende una scelta migliore per l’ambiente rispetto alla plastica [11].
Inoltre i vassoi in cartone politenato rigidi si prestano per essere utilizzati sia con lo skin che con l’atmosfera modificata, usando confezionatrici polifunzionali in grado di fare l’uno e l’altro prodotto.
Con la tecnologia skin, grazie all’utilizzo del vuoto, la pellicola posizionata nella zona superiore dello stampo aderisce come una seconda pelle sia al prodotto che al supporto a sostegno nella parte inferiore dello stampo, consentendo l’incremento della shelf-life tipico del confezionamento privo di aria.
Le confezioni finali risultano facili da aprire (grazie alla pelabilità dei materiali utilizzati); hanno un notevole appeal visivo; offrono una saldatura totalmente ermetica, con un altissimo grado di sicurezza e bassi rischi di danneggiamento; permettono condizioni igienico sanitario e di conservazione ai massimi livelli. Questo consente il prolungamento della vita commerciale del prodotto in quanto permette allo stesso, in confronto con altri sistemi differenti, di rimanere più a lungo sugli scaffali di vendita, con una maggiore visibilità (grazie anche alla possibilità di una esposizione verticale) e con una riduzione degli sprechi e dei resi per merito di un migliore controllo delle rotazioni e dei magazzini. Ne guadagnano anche i prodotti di salumeria stabilizzati con ridotta attività dell’acqua al di sotto della soglia critica per la crescita dei microrganismi come taluni salumi stagionati, che possono stare esposti in verticale anche fuori dai lineari refrigerati.
I consumatori oggi, in particolare la generazione dei millennials, sono sempre più preoccupati di limitare il loro impatto negativo sull’ambiente. Per questo sostengono di più le aziende che sono in grado di fornire loro soluzioni di packaging sostenibile che abbiano un impatto minore sull’ambiente.
Sebbene dell’imballaggio alimentare non se ne può fare a meno, in particolare per prodotti altamente deperibili, la conversione degli imballaggi verso materiali più sostenibili come la carta può offrire ai produttori di carne e salumi diversi vantaggi di immagine. In primo luogo, mostra ai consumatori che l’azienda è interessata a preservare l’ambiente, il che può aumentare la fedeltà dei clienti e valorizzare l’immagine della marca. Inoltre, l’utilizzo di materiali sostenibili può contribuire a migliorare l’efficienza della produzione,
L’utilizzo di materiali sostenibili può contribuire a migliorare l’efficienza della produzione, riducendo al contempo i costi e offrendo un maggiore valore ai clienti
riducendo al contempo i costi e offrendo un maggiore valore ai clienti. Del resto sebbene gli imballaggi in plastica incidano meno sul costo del confezionamento rispetto ai materiali alternativi, l’attenzione dei consumatori è ormai orientata verso packaging più sostenibili. Utilizzando il cartone, la plastica è ancora necessaria come materiale a contatto con l’alimento, ma se ne impiega molto di meno, quanto basta per creare una sottile lamina. Inoltre il cartoncino può essere presentato con stampe e varietà di colori per veicolare il marchio e i messaggi dell’azienda secondo le tendenze più sofisticate del design grafico. Il Consorzio del Prosciutto di Parma, tra gli altri, ha già segnalato l’intenzione di effettuare la transizione del packaging degli affettati, passando dalla plastica a questi materiali più sostenibili.
La comunicazione è essenziale per veicola-
re il messaggio sull’importanza di utilizzare un packaging alimentare sostenibile per i prodotti di carne rossa e salumi. E i cartoni sono ideali per presentare le ultime tecnologie digitali che facilitano l’interazione con i consumatori. Queste tecnologie includono i QR Code, l’interazione tramite la realtà aumentata e i tag RFID. Il design dei cartoni è all’avanguardia anche nell’innovazione e nella promozione del marchio, specialmente per i prodotti di qualità premium.
L’impiego di imballaggi in cartone è in continua evoluzione ed è la scelta sostenibile del presente e del futuro.
1. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni – Il Green Deal europeo. COM/2019/640 final
2. https://quifinanza.it/green/inquinamento-plastica-cause-conseguenze/544769/. Consultato online il 7 maggio 2023
3. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni – Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. COM/2020/381 final
4. Pro Carton (2018). European Consumers Packaging Perceptions Study - https://www.procarton.com/wp-content/uploads/2018/10/European-Consumer-Packaging-Perceptionsstudy-October-2018.pdf
5. Operazioni M. (2021). Qual è l’importanza dell’imballaggio e come può aumentare le vendite? In DCommerce.it: https://dcommerce.it/ecommerce/qual-e-limportanza-dellimballaggio-e-come-puo-aumentare-le-vendite/ - Consultato online il 18 maggio 2023
6. Yamaguchi N. (1990). Vacuum Packaging. In: Food packaging, Edited by Kadoya T., Academic Press. pp 272-292
7. Mullan M., Mc Dowell D. (2011). Modified Atmosphere Packaging. In: Food and Beverage Packaging Technology – 2nd edition, Edited by Coles R. and Kirwan M. – Blackwell Publishing Ltd. pp 263-294
8. Mazzola N., Sarantopoulus C.I.G.L. (2019). Packaging Design Alternatives for Meat Products. In: Food Processing, Edited by Marc R.A., IntechOpen. DOI: 10.5772/intechopen.88586
9. Hawthorne L.M., Beganovic A., Schwarz M., Noordanus A.W., Prem M., Zapf L., Scheibel S., Margreiter G., Huck C.H., Bach K. (2020). Suitability of Biodegradable Materials in Comparison with Conventional Packaging Materials for the Storage of Fresh Pork Products over Extended Shelf-Life Periods. Foods 9, 1802. https://doi.org/10.3390/foods9121802
10. Cenci-Goga B.T., Iulietto M.F., Sechi P., Borgogni E., Karama M., Grispoldi L. (2020). New Trends in Meat Packaging. Microbiol. Res. 11, 56-67.
11.
Advances in barrier
and
technologies for achieving sustainable packaging of food products – A review. In: Trends in Food Science & Technology 115, 461-485. https://www.sciencedirect.com/science/article/ abs/pii/S0924224421004106?via%3Dihub
CULTURE MICROBICHE “MADE IN ITALY”
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PER LA VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ
PER LA VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ
Bioagro offre una vasta gamma di starter per le produzioni dei salumi
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UNA GAMMA DI FERMENTI CHE PUÒ SODDISFARE LE DIVERSE ESIGENZE DEL CLIENTE
UNA GAMMA DI FERMENTI CHE PUÒ SODDISFARE LE DIVERSE ESIGENZE DEL CLIENTE
IN TERMINI DI QUALITÀ ORGANOLETTICA, DI VELOCITÀ DI ACIDIFICAZIONE
IN TERMINI DI QUALITÀ ORGANOLETTICA, DI VELOCITÀ DI ACIDIFICAZIONE
E DI SICUREZZA SANITARIA
E DI SICUREZZA SANITARIA
Oggi si è passati in materia alimentare da una semplice ottica igienico-sanitaria a un approccio organicointegrale. Lo spartiacque normativo di questa trasformazione è segnato dal regolamento Ce n.178 del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, e dal successivo cd. pacchetto igiene, formato dai regolamenti Ce n. 852/2004, n. 853/2004 e in ultimo il Reg. UE n. 625/2017 che ha rivoluzionato tutto il sistema.
In base alla nuova impostazione la disciplina normativa allarga i suoi obiettivi, non più limitati alla tutela della salute, ma comprensivi anche delle ragioni del libero mercato, dell’agricoltura, dell’uso dei suoli, dell’ambiente, nonché della sicurezza dei lavoratori.
All’ampliamento di fini istituzionali della regolazione alimentare si accompagna un’espansione del campo di intervento normativo: l’attenzione si focalizza ora su tutta la filiera alimentare, dalla produzione alla trasformazione, dal trasporto alla commercializzazione, per abbracciare ogni altro possibile aspetto avente un’incidenza, anche indiretta, in materia.
L’ambiente regolatorio risulta complesso, specie nella fase dell’implementazione, visto che i livelli di disciplina sono necessariamente anche sovranazionali.
Più precisamente, il settore alimentare presenta una valenza extranazionale. Ciò per molteplici ragioni, che vanno dal carattere mondiale della circolazione dei prodotti ali-
mentari al fatto che la catena alimentare non sempre nasce e termina entro i singoli confini nazionali. A sua volta il carattere sovranazionale del settore fa sì che i problemi che il diritto è chiamato a risolvere presentino parimenti dimensioni sovranazionali. Tutto questo inevitabilmente spinge la funzione di regolazione oltre i confini dello Stato. Motore della disciplina non è quasi mai il legislatore nazionale, bensì il diritto sovranazionale nelle sue diverse declinazioni. Se nell’attuale assetto istituzionale le fonti normative sono molteplici e differenziate, molteplicità e differenziazione sono particolarmente percepibili in materia alimentare.
Il sistema delle regole applicate in materia di cibo e acqua presenta natura composita. Accanto alle tradizionali disposizioni di legge, statali e regionali, vi sono soprattutto normative europee, che convivono con norme pattizie internazionali, ma anche con norme di natura privata, che assumono la forma
di standard e accordi contrattuali, percepiti come vincolanti da gruppi, più o meno ampi, di soggetti.
La complessità a livello di fonti si traduce inevitabilmente in complessità a livello di governance, con una compresenza di autorità titolari del potere regolatorio: gli Stati nazionali, le Regioni, la Commissione europea, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, l’Organizzazione mondiale del commercio e la Codex Alimentarius Commission. Non è agevole tracciare un chiaro riparto di competenze in materia tra i differenti livelli di governance coinvolti.
Da un lato, la mancanza di confini netti investe i rapporti tra Stato e Regioni. Infatti, mentre inizialmente la materia “alimentazione” spettava all’esclusiva competenza legislativa statale, la riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione ha inserito la materia tra quelle di potestà legislativa concorrente, con tutto il carico di conflittualità che ciò
importantesignificato antropologico, culturale, sociale ed emotivo.
comporta (art. 117, co. 3, Cost.).
Dall’altro lato, pure la distribuzione delle competenze tra Unione europea e Stati membri è ancora imperfetta, in quanto non sufficientemente rispondente al principio di sussidiarietà e tale da non consentire la soddisfazione di tutti gli interessi in gioco. Non solo. Se l’interesse di cui è portatrice l’Unione europea dovesse costituire la faticosa e non definitiva sintesi degli interessi dei singoli Stati membri, a questo interesse di composizione si contrapponerebbe a sua volta l’interesse dell’Organizzazione mondiale del commercio, che, nel caso della materia alimentare, s’identifica essenzialmente con l’interesse privato dei produttori. Sullo sfondo vi è un ulteriore fattore di complessità regolatoria: in materia la giurisprudenza di Corti sovranazionali, prima tra tutte quella della Corte di giustizia, è molto creativa e, ancor prima, interventista, avendo saputo ricavare ampi spazi di manovra per l’Unione europea dagli originari angusti fondamenti di legittimazione relativi alle materie dell’agricoltura e della zootecnia. Infatti, secondo una dialettica tipica e costante del diritto dell’Unione, la costruzione concreta del mercato comune europeo si deve inizialmente non tanto all’opera del legislatore, quanto piuttosto all’emanazione di sentenze direttamente applicative dei principi di libertà di circolazione, nella specie di cibi e bevande.
Originariamente la disciplina alimentare possedeva un’impostazione repressivo-sanzionatoria, caratterizzata da sanzioni penali, o, tutt’al più, da responsabilità civile. Il ruolo del diritto pubblico era servente e ancillare, in quanto prevalentemente limitato allo svolgimento di poteri ispettivi.
Ora invece si assiste a un impiego massiccio di quasi tutte le misure pubblicistiche: programmazioni e pianificazioni, atti abilitativi in senso lato (generali e non), controlli, sanzioni e, più in generale, ogni tecnica tipica della direct regulation e della regulation by information.
Lo strumentario utilizzato subisce l’influenza del diritto dell’Unione europea: mentre in passato la disciplina nazionale italiana contemplava unicamente prescrizioni rigide ex ante, il diritto europeo introduce anche controlli ex post sui prodotti, nonché forme di autocontrollo incentrate sull’autocertificazione dei produttori, abbracciando la logica della responsabilizzazione dei privati. Precisa, infatti, il Considerando 13 del regolamento Ce n. 178, che la legislazione dell’Unione in materia di filiera agroalimentare “si basa sul principio secondo cui gli operatori sono responsabili, in tutte le fasi della produzione,
della trasformazione e della distribuzione che sono sotto il loro controllo, di assicurare il rispetto di tutte le prescrizioni pertinenti alle loro attività stabilite dalla legislazione dell’Unione in materia di filiera agroalimentare”.
La regolazione pubblicistica è di tipo sia successivo, sia preventivo, in una visione non antagonista, bensì di reciproca integrazione.
La regolazione di tipo preventivo-anticipatorio è incentrata sul processo di analisi del rischio, a sua volta articolato nelle fasi della valutazione, gestione e comunicazione dello stesso (artt. 3 e 6 del Regolamento). Mentre la valutazione e la comunicazione del rischio spettano all’Efsa, la concreta gestione del rischio è attribuita alla Commissione, fermo restando comunque la difficoltà di tracciare un confine netto tra scelte fondate su mere valutazioni tecniche e scelte discrezionali, o, se si preferisce, tra valutazione del rischio e gestione del medesimo.
Il riparto di competenze in base al quale un’agenzia indipendente valuta il rischio, mentre alla Commissione spetta il compito di gestire il rischio stesso, non contraddistingue solo il settore alimentare, ma si riscontra anche in quello chimico e in quello farmaceutico. Sono note le ragioni alla base di siffatta scelta di tipo organizzatorio: attribuire a un soggetto non responsabile politicamente, quale è l’EFSA, un potere di scelta altamente discrezionale non è in linea con i caratteri degli ordinamenti democratici, dal momento che le agenzie non traggono la loro legittimazione in via politico-rappresentativa, ma unicamente dal loro sapere tecnico.
La regolazione in materia alimentare utiliz-
za non solo il principio di prevenzione, che si basa su un accertamento stringente e rigoroso del rischio, ma si carica di significato inedito in virtù del principio di precauzione. Quest’ultimo consente di adottare misure provvisorie di gestione del rischio senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità dei rischi asseriti, a condizione che tali misure provvisorie siano non discriminatorie, obiettive e proporzionate.
Il principio di precauzione è solennemente affermato dal Regolamento Ce n. 178, per quanto riguarda la materia alimentare. Più precisamente, quest’ultimo testo normativo prevede sì il principio di precauzione in materia alimentare, ma al tempo stesso attribuisce alle autorità un margine di discrezionalità nel decidere se applicarlo o meno. Recita infatti l’art. 7, comma 1, del Regolamento che, qualora venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute, ma permanga una situazione di incertezza sul piano scientifico, “possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio” necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute perseguito dall’Unione europea, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio.
Ne risulta che, a differenza di quanto si riscontra negli altri ambiti d’azione amministrativa, il principio di precauzione non presenta carattere cogente in materia alimentare, dovendo essere sempre bilanciato con altri interessi, primi tra tutti quelli di tipo economico legati alla circolazione delle merci e all’innovazione tecnologica.
Tuttavia, il principio di precauzione di recente tende ad affermarsi nel campo alimentare con decisione sempre maggiore e in maniera trasversale.
Oggi, stiamo entrando in una nuova era della regolazione alimentare. La crisi pandemica ha messo in luce la nostra vulnerabilità e la necessità di ripristinare l’equilibrio tra essere umano e natura. In questo contesto di grande transizione una pietra angolare del Green Deal europeo è costituita dalla strategia “Dal produttore al consumatore” (From Farm to Fork), fondata sui legami inscindibili tra persone sane, società sane e pianeta sano. Infatti, come precisato dalla Commissione europea, la pandemia “ha sottolineato l’importanza di un sistema alimentare solido e resiliente”, “che funzioni in qualsiasi circostanza e che sia in grado di assicurare ai cittadini un approvvigionamento sufficiente di alimenti a prezzi accessibili”. Anzi, “l’attuale pandemia è solo un esempio: l’aumento della frequenza di siccità, inondazioni, incendi boschivi e nuovi organismi nocivi ci ricordano costantemente che il nostro sistema alimentare è minacciato e deve diventare più sostenibile e resiliente”.
Un “sistema alimentare sostenibile” comporta il passaggio da una prospettiva meramente di food safety, attenta alla sicurezza igienico sanitaria degli alimenti, a una prospettiva che abbracci anche la food security, intesa a garantire a tutti gli esseri umani, a prezzi ragionevoli, una quantità di cibo sufficiente per permetterne la sopravvivenza, in maniera tale che a nessuno debba mancare il cibo quotidiano.
Del resto, i numeri sono agghiaccianti: 33 milioni di persone all’interno dell’Unione europea non possono permettersi un pasto di qualità ogni due giorni e l’assistenza alimentare è essenziale per parte della popolazione in molti Stati membri.
Il combinarsi di food safety e food security proposto nella strategia per un nuovo sistema alimentare europeo comporta conseguenze anche a livello teorico: da un lato, la tradizionale distinzione tra regolazione sociale e politiche sociali sfuma; dall’altro, l’armamentario della regolazione alimentare si arricchisce ulteriormente. Senza poi dimenticare il fatto che la sostenibilità dei sistemi alimentari è una questione ovviamente non solo europea, bensì mondiale. In questa logica l’Unione europea potrà rivestire un ruolo determinante nella definizione degli standard globali proprio in virtù della strategia in questione, con una regolazione alimentare idonea ad assumere un ruolo centrale. In secondo luogo, la cd. legge europea sul clima fissa l’obiettivo di un’Unione climaticamente neutra nel 2050. I sistemi alimentari sono tra le principali cause dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale, che ap-
punto il Green Deal intende combattere. Di qui la necessità di ridurre la dipendenza dai pesticidi e il ricorso eccessivo ai fertilizzanti, di potenziare l’agricoltura biologica, di migliorare il benessere degli animali e d’invertire la perdita di biodiversità, alla ricerca di un non facile punto d’equilibrio tra la tutela della salute e della sicurezza e le esigenze economiche e di incentivo allo sviluppo tecnologico.
Entro la fine del 2023 la Commissione formulerà una proposta legislativa quadro per un sistema alimentare sostenibile, in cui tutti gli attori della filiera alimentare saranno chiamati a fare la loro parte: dagli agricoltori
e pescatori ai trasformatori alimentari, dai dettaglianti agli operatori dei servizi di ristorazione, per finire con i consumatori, che dovranno mantenere un atteggiamento più frugale e responsabile.
Infatti la transizione verso sistemi alimentari sostenibili richiede un approccio collettivo tale da coinvolgere i soggetti pubblici a tutti i livelli di governance, gli attori del settore privato lungo tutta la catena del valore alimentare, le organizzazioni non governative, i cittadini, ma anche i rappresentanti del mondo accademico.
Per il futuro si affacciano nuove sfide all’orizzonte.
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- Andrea Vitale, Manuale di legislazione alimentare, Milano, 2018
A partire dal numero di marzo 2022 di Ingegneria Alimentare abbiamo creato questa rubrica per rendere omaggio a una persona che ha dato lustro al mondo della ricerca scientifica nel settore delle carni e dei salumi e che ha onorato la nostra rivista della sua collaborazione per molti anni. Abbiamo raccolto, dietro ripetute richieste dei lettori, un campionario dei suoi scritti e gli articoli più rappresentativi dell’opera del Prof. Carlo Cantoni, ancora attuali e di enorme importanza scientifica; saranno pertanto ripubblicati sulle pagine di Ingegneria Alimentare per dare modo a coloro che non hanno potuto goderne in passato di attingere dall’immensa esperienza del Professore e approfondire le proprie conoscenze. Speriamo che l’iniziativa sia gradita a quanti hanno avuto modo di conoscere il Prof. Carlo Cantoni e, soprattutto, ai più giovani che non ne hanno avuto la possibilità dalla sua scomparsa. Il valore degli studi – potrete constatare – resta straordinariamente attuale.
Buona lettura, l’Editore e la redazione
È stata riscontrata la presenza di ocratossina A sulla superficie di insaccati crudi e di prosciutti stagionati. Le quantità riscon
trate sono risultate elevate. La contaminazione è sporadica. Tuttavia è opportuno eseguire indagini più vaste su questo tipo di contaminazioni.
Considerations on the presence of ochratoxin A on surfaces of dry salami and dry hams The contamination is, probably, occasional, neverthless it is necessary to execute detailed researches on this contamination.
Le micotossine sono metaboliti secondari elaborati da muffe e costituiscono un settore di rilevante interesse igienico-sanitario. Quando presenti, esse sono dei contaminanti le cui concentrazioni possono variare da nanogrammi a microgrammi per grammo di prodotto alimentare.
Le ocratossine (OA o OTA) sono il principale e maggiore gruppo di micotossine identificate dopo la scoperta delle aflatossine (van der Merwe e coll., 1965 a,b) e sono sintetizzate da alcune specie di Aspergillus e di Penicillium.
Le varie ocratossine tossinogene identificate sono 11, precisamente:
1) l’ocratossina A;
2) l’ocratossina B;
3) l’ocratossina C;
4) il metilestere della ocratossina A;
5) il metilestere della ocratossina B;
6) il metilestere della ocratossina C;
7) l’ocratossina alfa;
8) l’ocratossina beta;
9) la 4R-idrossiocratossina A;
10) la 4S-idrossiocratossina A;
11) l’idrossiocratossina A.
Tra queste l’ocratossina A è quella prevalen-
te ed è importante nei riguardi della salute umana. Negli studi su animali da esperimento l’OA causa effetti cancerogeni e immunotossici (Kuiper-Goodman e coll., 1972). La tossina è presente in numerosi generi di alimenti destinati al consumo dell’essere uma-
no e animale (Krogh e coll., 1982) e i suoi effetti epatossici, nefrotossici e teratogenetici si possono produrre negli animali monogastrici in determinate condizioni.
Sono particolarmente sensibili la specie suina e quella aviaria a danno delle quali inducono soprattutto patologie renali, mentre meno sensibili sono gli animali poligastrici (bovini, ovini, caprini) per la inattivazione totale o parziale della OA a opera dei microrganismi ruminali.
Nell’uomo, si ritiene possano esercitare azioni nefrotossiche, e tumori sul tratto urinario nelle popolazioni con diete carenti in selenio (Krogh e coll., 1977; Pavlovic e coll., 1977; Maksimovic e coll., 1991) o in associazione con altri agenti lesivi il tratto genito-urinario come metalli pesanti, infezioni batteriche e virali localizzate e, anche, ligniti plioceniche (Pfohl-Leszkowicz e coll., 2002).
Tra i vari alimenti i cereali apportano circa una percentuale del 50-80% della quota di ocratossine calcolata su una dose giornaliera accettabile (TDI) di 5 ng/kg di peso corporeo.
PRODUZIONE
I miceti produttori di ocratossina A appartengono ai generi Aspergillus e Penicillium
Gli aspergilli tossigeni sono compresi:
a) nella sezione dei Circumdati (prima gruppo di A. ochraceus) e precisamente A. ochraceus, A. alutacens, A. melleus, A. auricomus, A. ostianus, A. petrokii, A. sclerotiorum, A. sulphurens;
b) nella sezione Flavi dove si collocano A. alliaceus e A. albertensis
c) nella sezione Nigri, con alcune varianti di A. niger e A. carbonarius (prima compresi nel gruppo dell’Aspergillus niger). Recentemente è stata segnalata la produzione di ocratossina da A. japonicus, un fungo con micelio nero (Medina e coll., 2005) e da A. glaucus.
Le specie note di Penicillium produttori di ocratossina A sono: Penicillium verrucosum (Pitt, 1987), P. viridicatum (Borman e coll., 2002), P. cyclopium (Lund e coll., 2003) e soprattutto P. nordicum.
Questo penicillio è il micete più diffuso nei salumi tra i produttori di ocratossina ed è stato descritto per la prima volta da Dragoni e Cantoni (1979) (Ramirez, 1985) ed è anche
il produttore più attivo nella produzione di OTA (Larsen e coll., 2001).
OCRATOSSINE NELLE CARNI
E NEI PRODOTTI CARNEI
Le prime segnalazioni sulla presenza di ocratossina A nei prodotti carnei sono state pubblicate nel 1976 da Krogh, altre segnalazioni si devono a Madsen e coll. (1982), Cantoni e coll. (1982 a,b), Jusziewicz e coll. (1984), Mortensen e coll. (1983), Pepeliniak. e coll. (1995), Sreemannarayama e coll. (1988), Bauer e coll. (1987), Kuiper-Goodman e coll. (1979), Scheuer (1989), Roseau e coll. (1989), Tesch e coll. (1993), van Egmond e coll. (1994), Jomonsky e coll. (1994), Lusky e coll. (1997), Lusky e coll. (1995), Scheuer e coll. (1997), Jorgensen (1998), Jorgensen e coll. (2002), Curtui e coll. (2001), Spotti e coll. (2001), Cantoni e coll. (1982 a,b, 2004), Zannotti e coll. (2001), Matrella e coll. (2006).
Allo scopo di conoscere quali possano essere le concentrazioni di OA nelle carni, visceri e prodotti carnei derivati, la maggior parte delle ricerche ha preso in considerazione la razza suina in quanto, tra gli animali allevati, i suini sono quelli più soggetti alla contaminazione di OA.
L’OA dopo l’ingestione con l’alimento con-
taminato (cereali) è assorbita nel piccolo intestino, principalmente nella parte prossimale del digiuno, e viene quindi legata all’albumina sierica, a una macromolecola non identificata nel sangue (Hult e coll., 1986). La semivita della tossina nel sangue suino è stata calcolata nell’intervallo di 72-120 h (Galtier e coll., 1981). Le concentrazioni più elevate di ocratossina si trovano nel sangue, mentre la localizzazione nei tessuti in ordine decrescente è nel fegato, rene, muscolo e grasso.
Le prime determinazioni dell’OA nelle carni e nei prodotti di carne suina sono state eseguite in Germania dal Centro federale sulle ricerche delle carni, in Kulmbach. Si accertò la presenza di OA nel 19% di salsicce cotte, sanguinacci, salsicce di fegato e würstel (Scheuer, 1989). Le concentrazioni trovate furono di 0,1-3,4 ng/g.
In una successiva ricerca eseguita esaminando altri tipi di carne (Gareis e coll., 2002) ottennero i risultati riportati nelle tabelle 1 e 2. Nella tabella 3 è riportata la distribuzione di OA in campioni suini rilevati da Curtui e coll. (2001).
I livelli di OA riscontrati da questi ricercatori sono paragonabili a quelli rilevati dagli altri ricercatori citati prima. I valori riscontrati sono stati sempre inferiori al massimo livello tollerato in Romania (5 ng/g).
Nella tabella 4 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A in carni di vari animali determinate da Jorgensen nel 1998 in Danimarca.
Nella tabella 5 sono stati riportati i dati delle concentrazioni di ocratossina A riscontrate in carni e rene di suino da Jorgensen e Petersen (2002).
Nella tabella 6 sono state riportate le con-
centrazioni di ocratossina A secondo quanto riportato da Zannotti e coll. (2001).
Nella tabella 7 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A riscontrate nel 2004 da Cantoni e coll. in salumi.
In seguito a segnalazioni di presenza di ocratossina A in alcune partite di insaccati prodotti da una unica azienda e di prosciutti crudi stagionati non marchiati provenienti da un prosciuttificio, si sono volute condurre indagini mirate a individuare le cause della contaminazione, il livello di ocratossina A presente sulla superficie dei prodotti (salumi e prosciutti), nelle carni fresche di suini impiegate per la produzione e negli impasti di salame.
CAMPIONI ESAMINATI E SCHEMA
DELLA INDAGINE: RICERCA DI OA
1) Salami. Per accertare la presenza o meno di ocratossina A sono stati esaminati tre gruppi di porzioni di budello provenienti da un lotto di salame, e questi, combinati tra loro, sono stati sottoposti a estrazione della OA e suo dosaggio.
2) Carni. Sono stati esaminati n. 3 campioni di carne usati per preparare l’impasto e appartenenti a suini dello stesso allevamento.
3) Impasti. Sono stati esaminati n. 6 impasti di salame di uno stesso lotto preparati nello stesso stabilimento.
4) Spezie. Sono stati esaminati i tipi di pepe (bianco, nero), le spezie e il vino aggiunti agli impasti.
5) Salami. Sono stati analizzati salami appena preparati e dopo 15 gg. di stagionatura. Il tipo di salami esaminati era a macinatura media, stagionati per 90 gg.
6) Prosciutti. Sono stati sottoposti alla ricerca di OA prosciutti non marchiati dello stesso lotto prodotti nel Parmense. Si sono esaminate frazioni superficiali dei prosciutti in corrispondenza delle coscie (cotenna), dell’anchetta, dell’osso del femore e di tessuto muscolare interno per un totale di 12.
La determinazione dell’ocratossina A è stata eseguita, per sicurezza, in tre laboratori diversi adottando le tecniche indicate da Spotti e coll. (2001) e da Matrella e coll. (2006).
Porzioni di budelli e di pepe delle superfici di prosciutto sono state insemenzate con terre-
ni di coltura, come indicato da Larsen e coll. (2001).
Nella tabella 8 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A rilevate sulla superficie esterna di insaccati e nei relativi impasti espressi in µg/kg. Non si è riscontrata ocratossina nelle carni usate per preparare gli impasti, ma l’ocratossina è stata ritrovata negli impasti stagionati in concentrazioni comprese tra 1,37 e 10,6 µg/kg, mentre sulla superficie dei budelli si sono ritrovate concentrazioni di ocratossina estremamente elevate (521-1740 µg/kg).
Nel secondo lotto di salami viceversa non si sono rilevate ocratossine sia negli impasti che sulla superficie di budelli e ciò si spiega, come verrà dimostrato di seguito, dalla presenza sulla superficie dei budelli di miceti produttori di ocratossina A.
Nella tabella 9 sono indicate le concentrazio-
Tabella 8 - Concentrazioni di ocratossina A riscontrata sulla superficie esterna in impasti di salame crudo filzetta stagionato da 90 gg. (µg/kg)
µg 0,1
1) tessuto muscolare <0,1 0,1
2) tessuto muscolare <0,1 0,1
3) tessuto muscolare <0,1 0,1
1) impasto 5,9 0,1
2) impasto 10,6 0,1
3) impasto 1,37 0,1
4) impasto 3,47 0,1
5) impasto 5,85 0,1
1) budello 521 0,1
2) budello 1740 0,1
Salame 2° lotto µg/kg Limite di rivelabilità µg 0,1
1) tessuto muscolare <0,1 0,1
2) tessuto muscolare <0,1 0,1
3) tessuto muscolare <0,1 0,1
1) impasto <0,1 0,1
2) impasto <0,1 0,1
3) impasto <0,1 0,1
1) budello <0,1 0,1
2) budello <0,1 0,1
3) budello <0,1 0,1
vino <0,1-1,21 0,1
pepe <0,1-8,28
ni di ocratossina A in campioni prelevati dal commercio: in alcuni dei campioni esaminati si sono riscontrate concentrazioni superiori ai limiti di sensibilità dei metodi analitici utilizzati.
Nella tabella 10 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A riscontrate sulla superficie e nel tessuto muscolare di prodotti crudi stagionati. In particolari concentrazioni comprese tra 0,28 e 297 µg/kg si sono ritrovate nella zona dell’anchetta e nella noce. Nel tessuto muscolare, invece, si sono riscontrate concentrazioni contenute comprese tra 0,1 e 0,2 µg/kg (limite di sensibilità del metodo 0,1 µg/kg).
Quanto alla flora micetica, sui budelli di salami si è riscontrata la presenta di Mucorales spp., di Penicillium nalgiovensis (ceppo starter) e di Penicillium nordicum
Sulla superficie dei prosciutti si è evidenziata solo la presenza di spore Aspergillus fumigatus e A. flavus non produttrici di ocratossina.
Poiché la presenza di ocratossina A in prodotti di salumeria è stata accertata di nuovo e in quantità elevata, è opportuno considerare la questione dettagliatamente. Il primo aspetto riguarda la distribuzione della contaminazione della ocratossina A. Questa è localizzata sulla superficie dei salumi. Infatti le muffe si sviluppano solo superficialmente producendo tossine e la loro penetrazione è limitata a pochi millimetri dalla superficie (budello o cotenna) (Dragoni e coll., 1979; Spotti e coll., 1999, 2001).
Il suo reperimento all’interno è conseguente al trascinamento della tossina durante il prelievo della aliquota da esaminare. Infatti i dati sulla sua presenza nelle carni suine sono sempre stati negativi sia in questo lavoro che e in altri (Cantoni e coll., 2004; Matrella e coll., 2006).
Solitamente l’agente biologico produttore di tossina nei salumi è riconducibile a Penicillium nordicum e, raramente, a miceti del gruppo Aspergillus ochraceus e della specie A. alliaceus.
I ceppi di penicilli produttori di ocratossina sono P. verrucosum, P. nordicum, costituendo due ampi gruppi.
Le specie appartengono alla serie Verrucosa, subgenere Penicillium
P. verrucosum e P. nordicum sono miceti a crescita lenta, con colonie simili per diametro. Dopo la loro crescita in vari terreni colturali, per aspetto morfologico possono essere nettamente distinti l’uno dall’altro: in base alla diversa produzione di metaboliti secondari, per la maggiore quantità di ocratossina prodotta da P. nordicum in molte condizioni di laboratorio e perché le colture di P. verrucosum presentano un colore del rovescio marrone scuro intenso quando si sviluppano su YES agar, mentre colture di P. nordicum presentano un rovescio di colore crema pallido, o giallo opaco su YES agar.
Altro carattere distintivo riguarda l’origine, in quanto P. nordicum viene isolato costantemente da prodotti carnei e P. verrucosum da vegetali e ciò indica che le due specie occupano due differenti nicchie ecologiche a differenza da quanto accertato da Frisvad e coll. (1999).
Quanto alla pericolosità per il consumatore per la possibile ingestione di ocratossina dagli alimenti, le attuali conoscenze mediche riconoscono come, in base ad alcuni studi epidemiologici, esista una correlazione tra esposizione alla ocratossina A e “nefropatia balcanica endemica”, nefrite progressiva riscontrata in aree limitrofe al Danubio.
In uno studio condotto in Bulgaria, Castegnaro e coll. (1987) hanno segnalato l’esistenza di una correlazione tra contaminazione del cibo e concentrazione in fluidi biologici di ocratossina A e nefropatia balcanica, osservando, inoltre, un’elevata incidenza di neoplasie del tratto uroteliale urinario. La comunità scientifica è tuttavia concorde nel riconoscere la nefropatia balcanica come una patologia per ora a eziologia sconosciuta.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul Cancro stabilisce per l’ocratossina A: 1) l’evidenza insufficiente per la cancerogenicità nell’uomo della ocratossina A; 2) la sufficiente evidenza negli animali da esperimento; 3) pone la ocratossina nel gruppo 2B che considera la possibile, ma non dimostrata, cancerogenicità per l’essere umano (uomo in particolare).
Gli effetti tossici negli animali in studi sperimentali sono: danni renali, nefropatie e immunosoppressoria in numerose specie animali, potente teratogeno sulle specie animali testate, effetti negativi sul sistema immunitario, effetto genotossico sia in vivo che in vitro.
Dal punto di vista normativo per i prodotti carnei è stato indicato un limite prudenziale di 1 µg/kg considerato lo scarso apporto di ocratossina da parte degli alimenti carnei. Tenendo presente la vasta e possibile presenza naturale della ocratossina A in alimenti e
mangimi con ingestione media di 12 ng/kg peso corporeo/giorno e comparando il dato con la dose provvisoria tollerabile giornaliera ingeribile (PTDI) proposta dalla WHO cioè di 100 ng OA/kg peso corporeo/giorno (JEFCA, 2001), la quantità media ingerita sembra piuttosto bassa e gli alimenti causa di maggiore ingestione sono i cereali e i prodotti derivati.
Ma a parte l’aspetto della cancerogenicità, basandoci sulla letteratura disponibile, i processi coinvolti nella tossicità della OA in senso lato sono pur sempre: 1) l’inibizione della respirazione mitocondriale correlata all’esaurimento dell’ATP; 2) inibizione della tRNA sintetasi accompagnata alla riduzione della sintesi proteica (azione immunosoppressiva); 3) aumento della perossidazione lipidica per la formazione di radicali liberi.
Tutto ciò induce quindi a operare affinché il tasso della ocratossina rimanga a bassi livelli o che sia assente.
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Attualmente non è noto quale sia la diffusione della tossina nei salumi, sebbene, in base ai pochi dati in nostro possesso, sembra assai limitata.
È tuttavia indispensabile poter condurre un’indagine approfondita per risolvere l’interrogativo. Tecnicamente è oggi facile individuare la presenza dei miceti ricorrendo alla individuazione delle muffe presenti sulla superficie di insaccati e prosciutti crudi con l’impiego di DRBC (dichloran rose bengal chloramphenicol agar), di DRYES (dichloran rose bengal yeast extract sucrose agar); per la determinazione di P. verrucosum e P. vindicatum che producono un rovescio color porpora; di potato dextrose agar e di YES (yeast extract sucrose agar), eseguendo le rilevazioni dopo 15 gg. dall’inizio della stagionatura.
Si dovrà, infine, procedere alla determinazione della tossina OA con il metodo Elisa e con la tecnica HPLC.
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La rubrica “Chiedetelo a…” è uno spazio attraverso il quale i nostri lettori (ma anche la redazione stessa) possono avere risposte ad argomenti di diversa natura. Le domande devono essere inviate all’indirizzo email redazione@ecod.it I quesiti proposti saranno evasi da persone competenti negli specifici settori.
In Italia si consumano carni di cavallo?
E si possono usare anche per i prodotti di salumeria?
Gli Italiani, secondo Federcarni, sono tra i maggiori estimatori al mondo di carne di cavallo ma il consumo della carne equina fa parte prevalentemente della tradizione culinaria di poche regioni (Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Sicilia e Sardegna). Si stima che nel nostro Paese – considerando quindi l’intera nazione ai fini statistici – il consumo annuo di carne equina si attesti sul valore di 1 kg pro capite, ma questo dato rappresenta solo una media, dal momento che si deve dividere questo “primato” tra pochi buongustai delle regioni summenzionate.
Per qualcuno può sembrare strano parlare di questo alimento, eppure la carne equina è gustosa, magra e digeribile e può essere consumata cruda a carpaccio o cotta delicatamente.
È vero che non tutti i popoli consumano carne di cavallo: non rientra ad esempio nell’abitudine dei paesi anglosassoni (che lo considerano un animale di affezione) e anche la religione ebraica ne vieta esplicitamente il consumo. Tuttavia da noi fa parte della tradizione culinaria italiana tanto nelle regioni del sud che in quelle del nord, unitamente a ricette che utilizzano la carne d’asino.
Bisogna però sfatare una convinzione, e cioè che la carne di cavallo per il consumo umano può essere ottenuta anche da cavalli da corsa macellati a fine carriera: questo non è possibile perché i cavalli da corsa dell’ippodromo (e degli sport ippici in genere) hanno uno specifico documento che per legge li identifica come “cavalli atleta” e per questo non possono essere macellati (D. Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36 – art. 19-22). Inoltre il consumatore è abbastanza tutelato che questo sia certificato, perché il nostro sistema veterinario adibito
ai controlli sanitari, che esamina gli animali sia da vivi che da morti, vigila che ciò non possa avvenire.
La carne di cavallo può essere inoltre venduta solo in macellerie specializzate, le macellerie equine per l’appunto, ma si trova comunemente in vendita anche nei supermercati più forniti, in vaschette già preparate in atmosfera modificata.
Il consumatore deve sapere che la carne equina è un alimento d’alto valore nutrizionale. È infatti poco calorica perché poca grassa, a bassissimo contenuto di colesterolo, ricca di proteine, vitamine e minerali come il ferro. Per questo è indicata nei regimi alimentari ipocalorici, mentre per il contenuto di ferro (che dà alla carne un colore rosso vivo) che è altamente biodisponibile è indicata per le persone carenti di questo minerale e che soffrono di anemia.
È perfetta per l’alimentazione di soggetti particolari come i bambini in crescita e le donne in gravidanza, ma è anche consigliata per tutte le età per le sue caratteristiche e l’elevato valore nutrizionale.
Sono notevoli i tagli di carne magra come quelli di coscia, punta di petto, fesa di spalla, così come la fesa francese, il girello, la noce e la fesa lunga, che si prestano anche a preparazioni crude, come il carpaccio e la battuta al coltello; mentre tutte le parti ricche di tessuti connettivi si prestano alla realizzazione di stracotti, polpette e ragù. Ciò significa che praticamente si ottengono tagli analoghi a quelli di bovino, per fare le stesse preparazioni tranne che per il bollito: la carne di cavallo non va cotta troppo, altrimenti diventa stopposa e dura. L’unica cosa che va osservata è che per queste sue caratteristiche di magrezza e per il fatto che ha una forte componente di glicogeno (la carne al palato si presenta leggermente dolciastra), la carne di cavallo è facilmente deperibile e non si presta ad una frollatura spinta come le carni bovine. In passato, considerando l’impiego degli animali da lavoro nei campi, se ne macellavano di più a fine carriera. Oggi invece il consumo è prevalentemente orientato ai puledri (che hanno le carni migliori) e agli
animali adulti fino ai tre anni. Nel nostro Paese la carne di cavallo viene distribuita in canali separati rispetto alle altri carni: viene infatti proposta da macellerie specializzate. Si stima che ogni anno vengano macellati tra i 20mila e i 30/35mila capi (i dati sono approssimativi perché c’è discordanza tra i dati forniti dal Ministero della Salute e altri Enti, per lo più rappresentati da coloro che vorrebbero vietare la vendita delle carni di cavallo perché lo ritengono un animale da affezione). Di questi, una piccola parte proviene da allevamenti nostrani, il resto degli animali viene importato da Polonia, Ungheria, Romania, Spagna e Belgio (mentre da paesi extra-UE come l’Argentina arrivano tagli anatomici congelati).
Il trasporto deve avvenire secondo i criteri di rispetto del benessere animale, regolamentati dagli specifici dispositivi legislativi europei, e la macellazione deve essere eseguita nel rispetto di procedure che riducano al minimo la sofferenza degli animali. Tutte le operazioni sono soggette al controllo dei nostri servizi veterinari. La carne di cavallo si presta a molte ricette di cucina ma può essere usata anche per fare prodotti di salumeria: dalla fesa o punta d’anca si ottiene la bresaola, che ha una procedura di produzione analoga a quella di bovino. Altra preparazione tipica sono gli sfilacci: una volta si ottenevano da carni abbastanza fibrose come il diaframma, ma oggi sono prodotti per necessità (di volume prodotto) con altri tagli derivanti da petto e coscia, che vengono marinati con spezie e sale, cucinati leggermente e spesso affumicati prima di essere sfilacciati. Con i triti di carne ricca di connettivo si preparano degli ottimi hamburger, mentre è del tutto o quasi decaduto l’impiego di triti di minore qualità da usare nella realizzazione dei würstel a carni miste, dato che ormai queste
specialità sono quasi tutte di puro suino (considerando che il costo di produzione di un würstel di media/bassa qualità è oggi molto contenuto).
Infine tra le particolarità non possiamo non ricordare il salame di asino, un salame tipico di una certa tradizione culinaria italiana, molto pregiato e raro, che si ottiene insaccando la carne magra dell’asino, insaporita con spezie e aromi naturali.
In effetti tracciabilità e rintracciabilità alimentare non sono la stessa cosa. Anche se i termini paiono equivalersi, non sono nemmeno esattamente sinonimi perché il tipo di approccio è proprio differente e la procedura che li riguarda implica un punto di partenza diverso per visione e applicazione.
La tracciabilità alimentare si riferisce al monitoraggio dei prodotti alimentari e alla descrizione del percorso di ogni materia prima (ingredienti, additivi, anche l’imballaggio) per lotto di produzione, a partire dal punto di origine fino al prodotto finito. Descrive i passaggi che intercorrono da un fornitore all’altro, all’interno dell’intera filiera di produzione: quindi dall’approvvigionamento all’impiego nelle fasi di produzione, dalla trasformazione all’interno dell’azienda produttrice fino alla distribuzione. In pratica delinea il flusso merci e questo deve essere accompagnato in ogni sua fase da un flusso di informazioni che vengono necessariamente registrate e conservate ad ogni passaggio (meglio su supporto informatico che è più facile da gestire rispetto a quello cartaceo, che può perdersi o non essere leggibile e quindi inaffidabile).
La rintracciabilità alimentare si riferisce invece alla possibilità di identificare rapidamente le persone o le organizzazioni che hanno trasferito i prodotti durante le fasi della loro realizzazione, trasformazione e commercializzazione, ricostruendo a ritroso l’intero percorso, dal suo stato finale fino alle materie prime utilizzate in partenza.
In Europa la legislazione impone ai produttori alimentari di applicare entrambe le pratiche perché sono elementi imprescindibili per la gestione della sicurezza e delle emergenze sanitarie che richiedono anche il ritiro del prodotto dal mercato.
La legge europea sulla tracciabilità alimentare è nota come Regolamento (CE) 178/2002 ed è applicata a tutti i prodotti che entrano nella catena alimentare europea. Il regolamento impone alle aziende di mantenere registrazioni dettagliate della produzione, trasformazione, trasporto e commercializzazione delle loro specialità.
Inoltre, il regolamento prevede che le
aziende siano in grado di rintracciare rapidamente i loro prodotti, se necessario. Questo significa che devono essere nella condizione di fornire informazioni dettagliate su ogni punto della catena alimentare al fine di identificare la fonte e garantire tempestivamente il ritiro dal mercato del proprio prodotto (per lotto di produzione) nel caso di evidenti problemi relativi alla qualità o sicurezza che possano comportare un rischio per il consumatore o la salute pubblica.
Così, grazie all’accurato sistema di documentazione che ogni azienda deve mettere in atto, si può risalire a tutti i controlli eseguiti sui processi e sui prodotti in ogni fase della catena di produzione.
Anche gli Stati Uniti hanno una legislazione analoga che richiede alle aziende di applicare tracciabilità e rintracciabilità alimentare. La legislazione, nota come Food Safety Modernization Act, è stata introdotta nel 2011 ed è stata deliberata per aumentare la sicurezza alimentare e ridurre i rischi di intossicazione. Come la legislazione europea, questo atto richiede di mantenere registrazioni dettagliate della produzione, trasformazione, trasporto e commercializzazione delle varie referenze. Inoltre, le aziende devono essere in grado di rintracciare rapidamente le loro merci in caso di problemi di salute pubblica o di sicurezza.
Sento spesso parlare di tracciabilità e rintracciabilità, pensavo fossero la stessa cosa ma mi dicono che non è così: qual è la loro differenza?
La crescente importanza del mercato delle carni bianche, grazie ai suoi aspetti salutistici, ha evidenziato tra gli operatori del settore la necessità di realizzare investimenti importanti sia per fronteggiare l’aumentata richiesta che per garantire qualità e sicurezza del prodotto finale. Quindi la sfida è continuare a fornire un prodotto di qualità elevata, sano, nutriente e gustoso, salvaguardando il benessere animale e senza incidere sui margini di guadagno già esigui del settore. Uno strumento efficace a disposizione degli operatori avicoli è rappresentato dal CSBSystem, ERP completo specifico per il settore avicolo. Ampliabile per moduli, il CSB-System coordina le singole aree aziendali e garantisce una gestione ottimale dei processi produttivi in orizzontale e in verticale. Tutto questo attraverso soluzioni semplici, che semplificano la routine lavorativa degli operatori attraverso l’uso, ad esempio, dell’M-ERP che gode di interfacce grafiche semplici e intuitive: dagli incubatoi alla pianificazione della macellazione, dall’inserimento dati stalla, fino alla produzione, confezionamento ed etichettatura.
L’ERP CSB-System gestisce l’inserimento dei dati stalla, integrati dai dati di stordimento e dai risultati dell’esame veterinario e mette a disposizione degli utenti anche strumenti di classificazione e pesatura carcasse. La simulazione preventiva dei risultati della macellazio-
ne, grazie alla pianificazione della produzione, consentirà di massimizzare le rese al sezionamento e aggiustare in tempo reale la produzione, qualora ci siano variazioni improvvise degli ordini dei clienti. La pianificazione integrata e flessibile del CSB-System tiene conto di tutte le aree dove sono gestite materie prime e riguarda quindi
• l’incubatoio,
• l’allevamento,
• gli acquisti e
• la macellazione con calcolo preventivo del pollame in arrivo e successivo inserimento dei dati della fornitura. La riduzione dei superamenti del margine di peso nelle confezioni a peso fisso consente di massimizzare il profitto. Allo stesso tempo,
Pesoprezzatura di un ordine di vendita il controllo dell’intero processo, di tutti i parametri qualità ed il relativo coordinamento di risorse umane e macchinari, attraverso la gestione della manutenzione, permette una rapida reazione a colli di bottiglia e casi di guasto.
Grazie all’osservazione delle giacenze di sicurezza, dei punti di riordino, delle giacenze teoriche e massime è possibile ridurre i costi di magazzino ed evitare le perdite di valore della merce. Il gestionale CSB-System dispone di collegamenti flessibili verso tutti i tipi di magazzino: a blocchi, automatici a scaffalature, dinamici e così via. Integrazione e flessibilità si ripercuotono su una logistica interna efficiente in grado di monitorare l’intero flusso di materiali, inclusi nastri trasportatori e deviatoi.
Nel settore avicolo la gestione del “fresco” è una priorità assoluta e se non rispettata, può comportare non solo perdite economiche da parte dell’azienda ma addirittura delle sanzioni ad opera delle autorità preposte. L’integrazione a monte dei diversi processi comporta vantaggi anche nell’organizzazione delle vendite, con la preparazione delle offerte, la ge -
stione assortimento prodotti, l’evasione degli ordini senza supporto cartaceo, la gestione dei listini, dei giri, dei rappresentanti, dei premi di fine anno, etc. fino all’invio automatico tramite EDI delle fatture alla GDO con relative registrazioni nella contabilità, eliminando doppi inserimenti e ridondanza di dati. La flessibilità elevata del CSB-System, inoltre, grazie all’automazione dei processi d’identificazione ed etichettatura/pesoprezzatura conformi agli standard internazionali, consente di stampare etichette personalizzate e multilingua per contenitori, casse e cartoni multiprodotto, per soddisfare le esigenze di una clientela vasta ed eterogenea.
L’EDI integrato gestito dal CSBSystem, ovvero la comunicazione con fornitori e clienti attraverso uno scambio dati indipendente da formato e con verifica di plausibilità, snellisce la mole di lavoro e l’impiego di prestatori di servizi esterni.
TRASVERSALE IN TUTTE
LE AREE AZIENDALI
La soluzione offerta dal CSB-System integra tutte le aree aziendali, con rilevamento mobile dati direttamente nel processo. L’organizzazione standardizzata della gestione qualità con integrazione di HACCP, BRC, ISO, IFS, FDA, HALAL, KOSHER e di altri standard garantisce qualità e nuovi canali di vendita; allo stesso tempo la valutazione integrata dei fornitori incrementa la qualità dei prodotti.
COMPLETA
La tracciabilità dei prodotti, “dal campo alla tavola”, sarà assicurata con il modulo specifico CSB traceability che consente di rilevare ed elaborare i dati online e in tempo reale durante lo svolgimento delle attività, in attuazione di tutte le più importanti leggi, direttive e normative. Lo scambio dati con fornitori, clienti e banche di tracciabilità (es. fTrace, mynet-
fair, ATC) è garantito indipendentemente dall’operatore.
Vale la pena infine aggiungere che il CSB-System fornisce anche un modulo di Gestione Prodotti Agricoli (GPA) per controllare la filiera dei mangimi utilizzati per nutrire gli animali; se si pensa che la produzione dei mangimi è spesso realizzata da quelle stesse aziende che poi allevano gli animali e possiedono propri
macelli e propri laboratori per la trasformazione delle carni, si intuisce il grosso potenziale di rivolgersi ad un unico fornitore di software.
Per concludere, affidandosi all’ERP CSBSystem si ottiene maggiore controllo ed efficienza dei processi aziendali, sicurezza giuridica e limitazione dei rischi. Il tutto in un’ottica Industria 4.0.
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Con una proposta legislativa ancora in fase prodromica, l’Italia è il primo Paese europeo che manifesta la volontà di vietare alimenti e mangimi sintetici attraverso un provvedimento ufficiale.
Il Disegno di Legge in esame si dice ispirato dalla necessità di tutelare la salute dei consumatori, il lavoro, l’ambiente, la tradizione e il territorio.
Questo provvedimento solleva inoltre importanti questioni afferenti alla sicurezza alimentare ed alla sostenibilità a lungo termine delle pratiche di produzione degli alimenti.
Più in particolare, lo schema del disegno di legge recante disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, coi suoi 7 articoli, va a sancire il totale divieto per gli operatori del settore alimentare e per quelli del settore dei mangimi, di impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare oppure distribuire per il consumo alimentare, alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati.
Il divieto è principalmente rivolto alla cosiddetta “carne sintetica” o “in vitro”, prodotta in laboratorio da cellule staminali animali, già autorizzata negli Stati Uniti, in seguito all’approvazione della Food and Drug Administration (FDA), dove precursore è una azienda califor-
niana che produce carne in provetta, in particolare di “pollame”.
Come indicato all’art. 1, la bozza di legge nostrana “reca disposizioni dirette ad assicurare la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini nonché preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell’Italia, di rilevanza strategica per l’interesse nazionale”.
Il divieto è principalmente rivolto alla cosiddetta “carne sintetica” o “in vitro”, prodotta in laboratorio da cellule staminali animali, già autorizzata negli Stati Uniti
Il provvedimento si basa sul principio di precauzione sancito dall’art. 2 dello stesso, in considerazione del fatto che attualmente non ci sono studi scientifici sugli effetti di questi cibi. Si tratta infatti di alimenti “costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati” che non vantano una storia di consumo significativo nell’Unione Europea.
Il c.d. principio di precauzione, in effetti, informa e deve informare di sé tutta la legislazione alimentare già sulla base di quanto indicato all’art. 7 del Reg. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la
Il provvedimento si basa sul principio di precauzione sancito dall’art. 2 dello stesso, in considerazione del fatto che attualmente non ci sono studi scientifici sugli effetti di questi cibi
sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, ai sensi del quale “Qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio. 2. Le misure adottate sulla base del paragrafo 1 sono proporzionate e prevedono le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nella Comunità, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure sono riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente”.
Le sanzioni amministrative pecuniarie vengono definite dall’art. 4 e vanno “da un minimo di euro 10 mila fino ad un massimo di euro 60 mila, ovvero fino al 10% del fatturato totale annuo realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’accertamento della violazione, quando tale importo è superiore a euro 60 mila”. Inoltre, alle eventuali violazioni conseguono “la confisca del prodotto illecito, l’applicazione delle sanzioni amministrative del divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni o
altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per un periodo minimo di un anno e fino al massimo di tre anni, nonché la chiusura dello stabilimento di produzione, per lo stesso periodo”.
Il Ministero della Salute, le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Aziende sanitarie locali, il Comando carabinieri per la Tutela della salute, attraverso i Nuclei Anti-
sofisticazione territorialmente competenti, il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri (C.U.F.A), attraverso i Comandi dipendenti competenti, il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, nonché, per i prodotti della filiera ittica, il Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera, ognuno per i profili di rispettiva com-
petenza, svolgono i controlli sull’applicazione della presente legge.
Interessante notare che, trattandosi di materia non armonizzata a livello comunitario, l’art. 6 della bozza di provvedimento in esame prevede la c.d. clausola di mutuo riconoscimento in virtù della quale “Le disposizioni della presente legge non si applicano ai prodotti …(omissis).. legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o in Turchia o in uno Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo”.
In base alla clausola sopra riportata un operatore di diverso Stato membro dell’UE potrebbe, in ipotesi, commercializzare in Italia carne sintetica legalmente fabbricata e venduta nel diverso Paese di produzione in base alle norme ivi applicabili.
Tanto premesso è doveroso evidenziare che, ad oggi, tale tipologia di prodotti potrebbe essere eventualmente immessa sul mercato dell’UE solo in seguito al positivo esito della articolata procedura di autorizzazione rilasciata in base al Regolamento 2015/2283 relativo ai nuovi alimenti, ed ai Regolamenti 1829 e 1830 del 2003 sugli organismi geneticamente modificati.
Tale complesso e articolato iter di approvazione, passa attraverso l’ineludibile valutazione scientifica di sicurezza da parte dell’Efsa, in assenza della quale tali prodotti non potrebbero tanto meno essere importati da Paesi terzi (extra UE).
Per le esposte argomentazioni il divieto di cui alla bozza di decreto nazionale è stato tacciato di essere più formale che sostanziale, quasi una altisonante enunciazione di principio che
Un operatore di diverso Stato membro dell’UE potrebbe, in ipotesi, commercializzare in Italia carne sintetica legalmente fabbricata e venduta nel diverso Paese di produzione
una risposta ad una problematica concreta ed attuale.
Resta inoltre insormontabile la problematica connessa al divieto di ostacolare la libera circolazione delle merci all’interno dell’UE, in virtù
del quale il bando alla carne sintetica potrebbe eventualmente colpire gli operatori italiani ma non anche, nell’ipotesi futura ed incerta che tali prodotti vengano autorizzati nell’UE, quelli di altri Stati UE che potrebbero commercializzare il prodotto in Italia in base alla clausola del mutuo riconoscimento.
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