GESTIONE PART TIME
imprese, attente al part-time (non genuino) di Carlo Ortega
44 MARZO 2015
Spesso il part-time risponde a una legittima esigenza di flessibilità. A volte, però, è solo una “copertura” che nasconde violazioni: è il caso degli “straordinari fuori busta”, in cui lo stipendio dichiarato in busta paga viene integrato con una parte “in nero” (le sanzioni sono pesanti). Attenzione anche all’eccessivo ricorso alle ore extra: si rischia la trasformazione in “tempo pieno”. Attenti al part-time: se non genuino può far scattare l’assunzione a tempo pieno (prestazioni in eccesso) o le multe per il “fuori busta” (lavoro nero). Il decreto Riforma contratti (attuativo Jobs act del 20 febbraio) fissa al 15% il lavoro supplementare richiedibile. E per il fuori busta si rischia il cumulo di sanzioni.
I “paletti” della Cassazione
In questi anni gli orientamenti giurisprudenziali sono stati chiari in tal senso: la Cassazione ha fissato dei paletti recepiti dal governo nella Riforma dei contratti (Jobs act). Il part-time, lo sa bene chi ha un’impresa di pulizie/servizi integrati/multiservizi, è una formula frequentissima nel settore, perché consente una gestione più flessibile e razionale del lavoro. Attenzione, però, perché come purtroppo ben sappiamo dietro un apparente part-time si può celare un meccanismo più o meno illecito, comunque sempre “al limite”, finalizzato all’evasione parziale, al mantenimento di un determinato dimensionamento dell’impresa, al conteni-
mento dei costi. E così si vedono casi di continue prestazioni supplementari (che configurerebbero la necessità di un rapporto a tempo pieno), o dei “famigerati” straordinari fuori busta, oggetto di pesanti sanzioni amministrative a carico del datore. Si tratta del cosiddetto part-time non genuino. Attenzione perché i paletti si sono ristretti e le sanzioni possono essere pesanti.
Quando scatta l’obbligo del tempo pieno
Nel caso delle “ore extra” richieste in regime di part-time, gli orientamenti giurisprudenziali degli ultimi anni sono andati in una direzione ben precisa: quella di fissare soglie oltre le quali è d’obbligo trasformare il rapporto in un tempo pieno. Ultima a esprimersi in ordine di tempo è stata la Cassazione, che ha dato indicazioni recepite dal Governo in fase di attuazione del Jobs act lo scorso 20
febbraio. Dei 4 decreti attuativi usciti in quella data, ci riferiamo a quello di riforma delle tipologie contrattuali: qui si prevede espressamente, al comma 5 dell’articolo 4, che il datore di lavoro possa “richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 15% delle ore di lavoro settimanali concordate”. Questo vale se il Ccnl di categoria non prevede altrimenti (nel caso del contratto “Multiservizi”, fa dunque fede l’articolo 33). Ovviamente ci si riferisce al tipo di part time orizzontale, quello cioè che prevede una riduzione dell’orario giornaliero. Al di là però del dato numerico, il fatto su cui ci sembra interessante riflettere è che, secondo l’ultima giurisprudenza, si corre il rischio della trasformazione in tempo pieno allorquando si faccia uso continuativo e costante di lavoro supplementare fino ad un orario simile al full time nono-