Artù 03 04 2015

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Artù n°67 - Marzo - Aprile 2015

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Gusto ⦁ Tendenze ⦁ Mercati

WICKY PRIYAN, guru della “personal fusion”, apre il suo nuovo locale nel cuore di Milano RELAIS GOURMET: 41 chef per altrettanti eventi con protagonisti, genialità e materie prime ANDREA APREA conduce con stile e serietà la linea di cucina del Vün del Park Hyatt Hotel VIVIANA VARESE, la cuoca salernitana racconta la sua cucina, ora dentro al milanese Eataly MAGIA SORRENTINA: l’estro creativo di Luigi Tramontano, executive chef alla Terrazza Bosquet

Marzo Aprile 2015

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EDITORIALE n°67

Piatto, padella o CALICE? La supremazia mediatico-televisiva degli chef su ogni altro aspetto dell’offerta di food e di beverage, è un fatto indubbio. Nella società, grazie ai format di successo del piccolo schermo (ma anche alla quantità di app dedicate all’argomento), si è diffusa una passione per il cibo e la cucina - in tutte

si desiderava “fare il calciatore”, oggi si vorrebbe diventare famosi grazie alla fascinosa attività da berretta bianca, spesso a prescindere dalla necessità di studiare le materie prime, di imparare le tecniche di cottura, di conoscere la tradizione, di sviluppare il proprio estro creativo (sempre che ci

scenari esclusivamente legati all’export, si è ritrovato un po’ in disparte rispetto allo scenario dominante, quello del “maialino cotto a bassa temperatura” o del bucatino cacio pepe, fatto a regola d’arte. Per carità, il gusto di un piatto e la soddisfazione che ne consegue sono un piacere senza uguali.

le sue varianti e accezioni - decisamente smisurata, quasi iperbolica. Aumentano i ragazzini che, da grandi, vogliono fare il cuoco: innanzitutto per emergere, per mostrarsi, per avere successo prima ancora che per imparare un mestiere difficile e (chiedetene conferma a chi passa almeno dieci ore al giorno nelle cucine dei ristoranti) faticoso, che richiede anni di apprendistato, di sacrifici veri, di esperienza maturata sul campo prima che ci si possa dire “arrivati”. Come una volta

sia). Questa supremazia del food sul resto è ormai una specie di dittatura che, in virtù del potere esercitato, rischia di mettere in secondo piano altri momenti ugualmente importanti dell’offerta di ristorazione. E l’ambiente? E la professionalità? E la location? E la cortesia di chi serve? Tutti elementi che, insieme, concorrono al valore e alla qualità dell’esperienza di consumo e rafforzano il nostro migliore Made in Italy. Anche il vino, che negli ultimi tempi sembra essere protagonista di

Il fatto che il nostro magazine abbia appena stretto una partnership con CHIC, l’associazione professionale di cuochi (vicina ai 100 associati, in Italia e nel mondo) presieduta dal bistellato Marco Sacco, uno dei più capaci cuochi italiani, sta a dimostrare che l’interesse verso la cucina d’eccellenza è un fatto inarrestabile: l’alimentazione corretta, l’uso appropriato delle materie prime, l’equilibrio del piatto, ma anche l’esperienza, l’umiltà e la storia professionale di

ogni singolo chef sono valori fondamentali. Non a caso Marco Sacco sottolinea “l’importanza della internazionalizzazione dei nostri valori: premere l’acceleratore sulla professionalità (e CHIC ne ha da vendere, nda) dei nostri cuochi ha l’effetto di attirare l’attenzione sul vero concetto di italianità in cucina”, sulla “marcia in più” degli chef italiani nel saper offrire qualità ai propri clienti. Al di là di questo, però, dobbiamo vedere la cucina, la buona (o grande) cucina come una attrice importante, una co-protagonista della scena: non una primadonna, ma l’elemento su cui ruotano fattori ugualmente “pesanti”: la sala, il servizio ai tavoli, il (o la) sommelier, il menù e la carta dei vini, l’atmosfera e la godibilità del luogo, l’autorevolezza della conduzione, l’amenità del territorio. Il mondo, che si affaccia sempre più al nostro paese in cerca di Made in Italy, pretende da noi “piacere italiano autentico”. Dal cibo al vino, in una sequenza non necessariamente simultanea, ma premiante per ogni singola esperienza. È vero, come ama sottolineare Gualtiero Marchesi, che l’abbinamento forzato cibo-vino non sempre dà ragione al piacere dell’esperienza culinaria. Ma questo non deve significare, una volta di più, che il vino sia elemento secondario dell’esperienza, tutt’altro. In una logica che veda ogni aspetto nella giusta luce, prendiamo esempio da manifestazioni come Sparkling Menù, nella quale il valore di un piatto si coniuga al valore di un grande cru di Franciacorta (in questo caso, Cuvette 2007 di Villa). E dal confronto fra stili diversi nascono esperienze memorabili, che escono dalla logica dell’abbinamento tout court e si aprono verso nuovi modi di consumo. Alberto P. Schieppati Artù n°67

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In copertina: La linea di cucina del Grand Hotel Excelsior Vittoria, a Sorrento, è nelle salde mani dello chef Luigi Tramontano. Con esperienze importanti (fra cui la famiglia Iaccarino a Sant’Agata sui Due Golfi), Luigi è interprete geniale di piatti memorabili. Nella foto in copertina, variazione di datterini e mozzarella.

Info people A Siena si risveglia il Buon Vivere Toscano di Rebecca Andreola Nel cuore di Milano Wicuisine incanta di Elisa Facchetti Gusto in Scena, contro ogni eccesso di Elisa Facchetti Info brand Castello del Terriccio incanta con Lupicaia di Rebecca Andreola Ruffino si presenta al ristorante di Berton di Gio Pirovano Ornellaia vendemmia d’autore di Luisa Contri Chox, il cioccolato si fa soave di Elisa Facchetti Dom Ruinart 2004: Vertigo Dinner da Cracco di Elisa Facchetti Focus beverage Lucano, non solo amaro. Nuove linee, strategie vincenti di Giovanna Moldenhauer Focus food Relais gourmet, un 2015 con 41 chef di Fiorenza Auriemma Protagonisti food Andrea Aprea, personalità e carattere di Alberto P. Schieppati Leandro Luppi, progetto gardesano di Fiorenza Auriemma Al Vedel di Colorno non solo tradizione di Davide Bernieri Viviana Varese e il suo senso per la cucina di Giovanna Moldenhauer Accueil Storia e grande cucina, Excelsior Vittoria a Sorrento di Gualtiero Spotti Aquapetra Resort&Spa, benessere nel Sannio di Irene Bernabò Silorata Dal mondo A Londra, light lunch da Bloomsbury di Gualtiero Spotti Equipment Tecnoinox, cottura modulare di design di Elisa Facchetti News Cucina e innovazione, bollicine e Female Chef Libri Spaghetti e lievito madre, olio e alimentazione di Elisa Facchetti Secondo Artù Filippo, oste in Albaretto, Pier 52 e Pasticceria Rossi di Alberto P. Schieppati



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A Siena si risveglia il Buon Vivere Toscano di Rebecca Andreola Saranno tre giorni all'insegna dell'arte del vivere bene e del mangiare bene, con degustazioni, wine tasting e showcooking live. Una tre giorni di vera e propria passione del gusto che vedrà protagonista Piazza del Campo di Siena, location d'eccezione, per l'attesissimo evento "Toscana Terra del Buon Vivere". Anteprima per l'evento dell'anno Expo 2015, "Toscana Terra del Buon Vivere", promossa dalla Regione Toscana in collaborazione con il Comune di Siena e la Camera di Commercio e organizzata da Artex, vuole raccontare la Toscana come terra cosmopolita ma al tempo stesso intima e raccolta, come sono le piccole vie medievali nei centri storici, incontro di bellissimi paesaggi, storia, cultura, architettura da scoprire e di un suntuoso patrimonio agroalimentare. Città simbolo eletta sede della pregiata iniziativa è Siena, con la sua Piazza del Campo che si animerà dal 27 al 29 marzo 2015 per dare vita a una tre

giorni di pura passione enogastronomica e per un weekend dedicato al "buon vivere toscano". Un buon vivere che non necessariamente coincide con la parola tradizione, o almeno lo fa con il dovuto rispetto per le grandi materie prime di queste terre, ma che sa spingersi oltre e sa rinnovarsi con gusto e con intelligenza, per proporre una tavola che sul solco della tradizione guarda anche oltre. E non è un caso se a presiedere l'importante sfida "Cucinare con Vino Toscano" faranno da arbitri gli chef JRE, Jeunes Restaurateurs d'Europe, l'associazione europea che riunisce giovani chef interpreti del territorio e del patrimonio gastronomico nel segno del rigore come della creatività. Per l'occasione, a interpretare la cucina toscana, sono stati chiamati gli chef più rappresentativi che decreteranno, tra l'altro, anche il vincitore tra gli studenti in gara degli Istituti Alberghieri di Toscana. Coordinatore della nuova interpretazione

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Il buon cibo e il meritato riposo Oltre il quartier generale dell’evento l’intera città di Siena, patrimonio dell’Unesco, si trasforma in un grande salotto per provare il "Buon Vivere Toscano" in una cornice unica. Segnaliamo quindi con piacere alcuni indirizzi da ricordare prima di partire e lasciarsi trasportare da questi luoghi magici e ricchi di storia, per un'esperienza culturale ed enogastronimica senza pari. In primis un mini vademecum dedicato a "dove mangiare": Osteria Le Logge, un must a Siena. Ambiente molto caldo e accogliente per una cucina nel segno della tipicità ma con raffinata maestria. Osteria Il Grattacielo, situata in un vicolo del centro storico, è una vecchia osteria caratteristica con il soffitto molto basso. L’ideale per una merenda Toscana style a tutti gli effetti. Cava de’ Noveschi è una Champagneria a due passi dal duomo. Locale raccolto e raffinato, cantina suggestiva nei sotterranei. Ottima selezione di champagne e finger in abbinamento. Piccolo menù anche a tavola. Torrefazione Fiorella risveglia i sensi con un caffè che è un vero

della cucina toscana lo stellato Marco Stabile, chef patron di Ora d’Aria a Firenze, che insieme ad altri tre noti e stellati chef JRE toscani di nuova generazione, Filippo Saporito, Cristiano Tomei e Gaetano Trovato, preparerà un nuovo piatto, il piatto del "Buon Vivere Toscano", presentato per la prima volta in questa occasione dalla squadra toscana. Il piatto sarà anche cucinato dagli chef nella mensa universitaria e inserito per un giorno in menu. "Tipi da Pici" sarà invece la sfida lanciata ai foodblogger e ai cuochi amatoriali senesi. Tra sfide, amatori del gusto e chef stellati, Siena si animerà con numerose iniziative: Piazza del Campo e il Cortile del Podestà accoglieranno gli eventi delle Cucine Live, dibattiti e confronti saranno invece ospitati nella Sala delle Lupe. La Piazza del Mercato vedrà protagonisti i produttori locali del "contado" per la "spesa etica e sostenibile". Mentre dimostrazioni, lezioni ed esibizioni

si alterneranno al Tartarugone. Summa delle location la Loggia dei Nove, nel Museo Civico, destinata ai Wine Tasting. L'intera città di Siena, oltre ai punti focali citati sopra, parteciparà in attvità corali con le iniziative Fuori Campo, tra

elisir, il migliore di Siena. Eccellente anche il marocchino alla cannella. Piccolissimo ed accogliente il locale è situato alle spalle di Piazza del Campo. Per stuzzicare un boccone prima di cena proponiamo due indirizzi da non perdere: Gino Cacino di Angelo propone l'aperitivo tradizionale senese: taglieri di ottima qualità e vini all’altezza, a cominciare dal primo calice di benvenuto offerto. Morbidi accoglie gli ospiti in un bellissimo ambiente contemporaneo, per un aperitivo , una cena o anche solo un caffè. Offre inoltre servizio di "take away" con ottime prelibatezze. E dopo cena arriva finalmente il meritato riposo. Di seguito due indirizzi di fascino: Hotel Palazzetto Rosso rappresenta un mix perfetto di contemporaneo e antico. Dettagli e attenzioni nel servizio. Doppia B&B a 170,00 euro. B&B Palazzo del Magnifico è situato a ridosso del Duomo, dimora storica e di grande romanticismo. Doppia B&B a 100,00 euro.

torri, logge, strade tortuose, chiostri e palazzi, uno scenario esclusivo attraverso momumenti storici, botteghe, vecchie osterie, atelier, ristoranti e antiche dimore. Negli stessi giorni l'inziativa "Uno chef a tavola" che vedrà gli chef ospiti a cena delle familgie senesi. La partecipazione a tutti gli eventi è gratuita e solo alcune dimostrazioni prevedono prenotazione anticipata. Tutti i dettagli possono essere consultati sul sito www.buonviveretoscano.it.

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Nel cuore di Milano Wicuisine incanta

di Elisa Facchetti Di Wicky's Wicuisine Saefood Artù aveva già parlato (N°53, pag. 50) e trascorsi più di due anni ritorniamo volentieri ad abbracciare un modo di cucinare che ci ha incantati, per rigore, preparazione e scelta delle materie materie. Con Wicky Priyan, chef eclettico e dalle mille sfumature, ci immergiamo nella sua "personal fusion" tra Mediterraneo e Oriente. Un viaggio nei sapori orientali in cui gli ingredienti del Mediterraneo, di primissima qualità e provenienti da Liguria, Sicilia e Calabria - soprattutto il pescato - la fanno da padrone, combaciando alla perfezione con tutto ciò che in Italia

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immaginiamo sia Oriental Food. Protagonista di questo viaggio è lo chef Wicky Priyan che riapre il proprio Wicky's Wicuisine Saefood in Corso Italia 6, lasciando il locale di via San Calogero per trovare a pochi passi dal Duomo di Milano uno spazio più ampio ma allo stesso tempo intimo: l'atmosfera, sempre elegante e con al centro l'emblema della luna piena, si compone di tre sale per accogliere il cliente al meglio, come prescrive la tradizione nipponica. Di impronta tradizionale, la prima sala rivela un luogo rilassante ed elegante al tempo stesso, per lasciare posto a un vero e proprio privè. La terza sala è stata concepita come vetrina sulla cucina e sul bancone del sushi, dove solo otto commesali avranno la possibilità di gustare tutta la creatività dei piatti preparati all'istante secondo un menu che solo lo chef conosce. Obiettivo di Wicky Priyan è creare uno scambio diretto con i propri clienti e le diverse culture che affiorano da ogni suo piatto in un costante e recicproco rispetto. Ben il 90% delle materie prime utilizzate sono italiane e la loro grande conoscenza enciclopedica, così come per altri ingredienti non italiani, permette

a Wicky di rappresentare nei propri piatti l'anello mancante tra la cucina tradizionale giapponese e i migliori ingredienti del Mare Nostrum. Domina l'italianità, - “Dall’olio al pesce alle verdure - sottolinea lo chef - in Italia troviamo cose tra le migliori al mondo” - ma qualche eccezione è fondamentale per costruire un parterre completo di sapori: riso, fiori, spezie e soprattutto tecniche di lavorazione degli ingredienti sono mutuati dalla tradizione nipponica, come la tecnica Edo per il sushi o la cucina Kaiseki. Plus della cucina, interamente disegnata da Wicky e pensata per abbatere i consumi energetici, è l'assenza di qualsiasi macchinario per affettare e tagliare: tutto viene fatto solo a coltello, secondo un'arte che si può perfezionare in non meno di 10 anni. Disciplina, rigore, formazione e conoscenza delle materie prime sono i punti focali della Wicuisine, influenzata dai profumi e dai sapori dell'Italia, Malesia, Thailandia e Indonesia. E dall'ecletticità di uno personaggio che ha fatto della cucina la propria scelta di vita, dopo un percorso formativo davvero originale: dallo Sry Lanka, paese d'origine, Wicky ha viaggiato in Giappone dove ha appreso le arti marziali e la lingua, per poi studiare criminologia e fare il bodyguard – anche di Michael Jackson -, per poi viaggiare nuovamente e coltivare la passione per la cucina che l'ha portato da Keller a Bali e da Sushikan Nishiazabuha fino a Ducasse. Per giungere in Italia e aprire il suo primo Wicky's nel 2011. La nuova Wicuisine propone, tra gli antipasti, il Carpaccio dei 5 Continenti – già dal nome prevale la grande fusion di sapori – con tonno, salmone e cernia gialla conditi con salsa di spezie da tutto il mondo, la Tartare di gamberi, gob-

betti sardi, capperi di Pantelleria e salsa yuzu kosho, la Piovra alla Kaneki Kyoto, omaggio a uno dei suoi maestri, cotta per tre ore in salsa di soia, sakè, vino bianco e sakè dolce (mirin) e finita al vapore per un’ora, servita con baccelli di soia verde. Nel menu trovano spazio anche piatti a base di sushi contaminato da ingredienti mediterranei come il Sushi Kan, dedicato al maestro Kan: otto pezzi (tonno, salmone, angus, gambero siciliano, capesante, cernia gialla, baccalà, mazzancolla pugliese) serviti con salse e condimenti come pesto di capperi, cipollotti e caviale di salmone. Tra i classici della Wicuisine anche i Roll di granchio, di salmone, di astice, di kobe, di branzino abbinati sempre a salse speziate e nipponiche. Il pesce e la carne, crudi o cotti, completano l’offerta: il Kaneky Kyoto, tipico della tradizione giapponese, propone maiale cucinato per 16 ore secondo la tecnica Ryoutei Kaneki, servito con mele caramellate e senape. Per i piatti di pesce spicca il Natura, cucinato con filetto di pesce bianco del giorno con consommé di olive taggiasche e di Gaeta, olio extravergine e tè matcha servito con tagliolini di zucchine, spinaci e pomodorini confit. Altro piatto molto richiesto è il Merluzzo Nero, alaskan black cod marinato con una salsa ideata da Wicky e servito con bok choi (verdure cotte al vapore). Ad accompagnare la Wicuisine una raffinata cantina, sorprendente per scelta, tra champagne, vini bianchi, rossi e rosati. Artù n°67

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Gusto in Scena Contro ogni eccesso

di Elisa Facchetti Sopra: Leone alla carriera a Iginio Massari con Marcello Coronini ed Elio Dazzo.

Si è conclusa con grande successo la VII° edizione di Gusto in Scena, l'evento enogastronomico ideato e organizzato da Marcello Coronini che ques'anno ha accolto ben 5.400 visitatori. La sua intuizione, La Cucina del Senza®, ha dato vita a un progetto che da sette anni sfida l'arte culinaria all'insegna della creatività, evento accolto con entusiasmo da chef stellati, pasticceri e quest'anno anche pizzaioli, pronti a promuovere una cucina “senza...grassi, sale o zucchero aggiunti”. L'appuntamento con la migliore gastronomia e con la collaudata e celebre Cucina del Senza® anche quest'anno ha fatto registrare un grande successo. Per

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l'occasione, l'1 e il 2 marzo, la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia si è trasformata nella capitale internazinale del gusto, accogliendo quattro eventi con protagonisti i grandi vini e le eccellenze gastronomiche accuratamente selezionate da Lucia e Marcello Coronini, nonchè un Congresso di Alta Cucina e Fuori di Gusto, il fuori salone di Gusto in Scena che ha visto la partecipazione di 18 ristoranti e bacari della città e alcuni grandi alberghi veneziani. Ma non solo. Ad animare la due giorni all'insegna della cucina salutare del “senza”, 14 chef stellati e i migliori pizzaioli, pasticceri e panificatori chiamati da Coronini a presentare due piatti, il loro piatto Firma e un piatto della grande tradizione italiana, rivisitato secondo le regole de La Cucina del Senza®: “senza grassi o senza sale o dessert senza zuccheri aggiunti”. Evento nell'evento la consegna del prestigioso premio del Leone alla carriera a Iginio Massari della Pasticceria Veneto di Brescia, a cui sono seguiti showcooking e dimostrazioni dei grandi stellati: Davide Oldani, Fabio Bertoni, Enrico Crippa, Andrea Aprea, Manuel e Christian Costardi, Paolo Teverini ed Enrico Bartolini. Sull'onda dell'entusiasmo, il secondo giorno ha aperto i battenti con la presenza

di Mara Martin dell’Osteria Da Fiore di Venezia e Luca Veritti del ristorante MET dell’hotel Metropol di Venezia, seguiti da Mauro Uliassi, dal pluripremiato pasticcere Luigi Biasetto, da Maurizio Serva, Massimo Spigaroli, Herbert Hintner e Giuseppe Iannotti. Ma vera regina della VII° edizione di Gusto in Scena è stata senza dubbio la pizza, piatto simbolo per eccellenza del made in Italy ed entrato a pieno titolo nella Cucina del Senza®. Lectio magistralis da parte dei migliori pizzaioli guidati da Coronini che hanno spiegato come realizzare pizze senza sale o senza grassi aggiunti, dimostrando concretamente la possibilità di preparare pizze gustose e saporite valorizzando la eccellenti materie prime senza la necessità di aggiungere altri ingredienti poco salutari. A proporre la loro "Pizza del Senza" Renato Bosco, pizzaricercatore di Saporè di San Martino Buonalbergo (Vr), Thomas Morazzini di Urbino dei laghi di Urbino, Ciro Salvo di 50 Kalo di Napoli e Gino Sorbillo della pizzeria Gino Sorbillo di Napoli, di recente presente anche a Milano con Lievito Madre al Duomo. Anche quest'anno Gusto in Scena ha dimostrato di essere un appuntamento imperdibile per tutti gli appasionati gourmet e per i professionisti della ristorazione interessati a un nuovo modo di fare cucina e di intendere il gusto, all'insegna dei sapori autentici nel pieno rispetto delle materie prime e soprattutto nel rispetto della salute.



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Castello del Terriccio incanta con Lupicaia di Rebecca Andreola

stello del Terriccio a luogo di ricerca dell’eccellenza nei vigneti e nei vini: introdotti È una storia millenaria quella che ac- Chardonnay, Sauvignon Blanc e le uve compagna la nascita di Castello del a bacca rossa quali Cabernet Franc, Terriccio, tenuta agricola e vitivinicola Cabernet Sauvignon e Merlot, che hanno incastonata in un paesaggio mozza- trovato una particolare espressione. Il fiato, tra la Maremma toscana, Ca- percorso di ricerca è proseguito con stellina Marittima e Cecina. Oggi più l'introduzione di Syrah e Petit Verdot. che mai votata alla vitivinicoltura di Con il prezioso contributo dell'enologo altissima qualità, grazie alla volontà e consulente strategico Carlo Ferrini, ardi Gian Annibale Rossi di Medelana rivano anche risultati sorprendenti: nel e dei suoi unici rossi. 1993 nasce Lupicaia, punta di diamante dell'azienda, e nel 2000 Castello del Risale ai tempi degli Etruschi la nascita Terriccio. Il successo è immediato. In di Castello del Terriccio, una vastissima dettaglio il rosso Lupicaia - il nome dearea coltivata nel corso dei secoli a cereali, uliveti e in alternanza anche a vitigni. Fino all'inzio del primo dopoguerra, quando i conti Serafini Ferri, da cui discende l'attuale proprietario Gian Annibale Rossi di Medelana, decisero di apportare modifche tese a migliorare l'aspetto della tenuta, ampliando l'attività cerealicola, allora vanto della tenuta a livello europeo. Una specializzazione rimasta ancora oggi - con una attenzione particolare alla coltivazione biologica di farro, frumento, foraggio e ulivi - ma superata nel tempo in notorietà e importanza dalla coltivazione di vigneti destinati alla produzione di vini pregiati: dai 25 ettari vitati nel 1980 si è passati infatti agli attuali 60. Artefice del nuovo corso di Castello del Terriccio Gian Annibale Rossi di Medelana, che ha dato nuova linfa all'azienda puntando sulla vitivinicoltura di altissima qualità e consacrando Ca-

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riva dall'omonimo ruscello dove si avvistavano i lupi - è composto da uve di Cabernet Sauvignon per l’85%, di Merlot per il 10% e di Petit-Verdot per il 5%, affinate separatamente in barrique e tonneaux d’Allier per 20-22 mesi e successivamente assemblate e passate ad un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia prima di essere commercializzato. Questo vino nasce dall'attenzione e dalla cura posta in tutti i processi della sua produzione, come la selezione manuale dei migliori grappoli e l'invecchiamento in tonneaux. Viene prodotto in 30.000 bottiglie l’anno.



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Ruffino si presenta al ristorante di Berton Il ristorante Berton, inaugurato il 13 dicembre 2013, ha conquistato nel novembre 2014, neanche un anno dopo l’apertura, la sua prima stella. Il locale, dal contesto moderno che rispecchia la personalità dello chef, ha gli interni progettati con uno stile elegante, rigoroso, addolcito dalle scelte cromatiche e dai materiali. L’ampia zona operativa, completa di ogni strumentazione moderna, utilizza esclusivamente piastre a induzione per la garanzia di efficienza energetica e di alta precisione nel controllo delle temperature di cottura. In cucina la filosofia di Andrea Berton è la ricerca, in ogni sua ricetta, della qualità massima, del sapore, utilizzando le tecniche più avanzate. “Gli ingredienti - ha affermato durante

di Gio Pirovano

un’intervista - non sono sconvolti nel Il Ristorante Berton, nella zona di piatto, ma combinaPorta Nuova Varesine, avveniristico ti tra loro per coprogetto urbanistico dalle alte torri struire una nuova arresidenziali e dal modernissimo busi- monia, un equilibrio ness district, ha ospitato una presen- che non pregiudichi l’apporto tazione dei vini Ruffino. Un'esperienza diretto di ciascuno degli elementi che gustativa che ha visto protagonisti i compongono la preparazione”. Le squisite piatti di Berton accompagnati per creazioni “risotto mantecato alle erbe l'occasione da una selezionata scelta con crema di olive e polvere di cappero”, della cantina chiantigiana. “vitello alla milanese con purea di patate

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al limone”, “rivisitazione delle melanzane alla parmigiana” realizzate con altre appositamente per l’evento, rispecchiavano il suo modo di fare cucina. Ruffino ha offerto ai propri ospiti, in abbinamento, dapprima una flûte di champagne Paul Goerg Blanc de Blancs Premier Cru - della sua distribuzione fresco, con una buona cremosità e persistenza. La presentazione da Berton ha poi permesso di dare risalto al vino Chianti Superiore 2012 proposto nell’edizione limitata e numerata del nuovo fiasco interpretato dall’artista francese Clet. Composto da un 70% di Sangiovese aveva nell’assaggio note intense di frutta rossa con piacevoli sentori di pepe nero e spezie, tannini eleganti e ben smussati. Seguiva nella degustazione la Riserva Ducale Oro 2010, vino icona della storica casa vinicola chiantigiana fondata a Pontassieve. Prodotta sin dal 1947 è diventata da breve tempo un Chianti Classico Gran Selezione Docg. I profumi eleganti e piacevoli di frutta rossa matura, erano seguiti dalle note di cioccolata, cannella, chiodi di garofano e pepe nero. L’assaggio confermava una buona acidità, una struttura elegante con piacevoli sensazioni retrogustative, persistenti di prugna, tabacco dolce e chiodi di garofano.



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Ornellaia vendemmia d’autore di Luisa Contri Ornellaia conferma il suo mecenatismo con la settima edizione del progetto Vendemmia d’Artista. Dopo aver presentato a Milano, il 17 febbraio scorso, Ornellaia 2012 L’Incanto Vendemmia d’Artista, il 23 aprile la tenuta di Bolgheri dei marchesi Frescobaldi sarà protagonista di una nuova asta benefica, che le consentirà questa volta di fare una donazione alla Fondation Beyeler di Basilea. Con le sei precedenti edizioni del progetto Vendemmia d’Autore, Ornellaia ha donato oltre 1 milione di euro a fondazioni artistiche di tutto il mondo, Museo Poldi Pezzoli incluso. Durante una cena di gala, proprio presso la fondazione Beyeler, Stephen Mould, senior director-Head of European wine department di Sotheby’s, batterà all’asta nove lotti di Ornellaia, che includeranno nove delle speciali bottiglie impreziosite, per questa settima edizione del progetto, dall’artista svizzero John Armleder. E il ricavato andrà, come detto, alla fondazione elvetica diretta da Sam Keller. “Abbiamo dato il via al progetto Vendemmia d’Autore nel 2006 - ha detto Giovanni Geddes de Filicaja, amministratore delegato di Ornellaia a margine della presentazione milanese - per celebrare il carattere unico di ogni nuova vendemmia di Ornellaia col linguaggio dell’arte, spesso più facilmente comprensibile al pubblico di quello parlato. L’annata 2012 di Ornellaia è stata chiamata L’Incanto perché il risultato di una stagione caratterizzata da una grande varietà di sole e tempo asciutto, con qualche pioggia poco prima della vendemmia, è stato un processo di maturazione costante che, alla fine, ha prodotto un vino generoso, corposo, già oggi molto attraente e seducente”. L’artista Armleder, oltre a creare un’opera d’arte site specific per la Tenuta Ornellaia, ha ideato esclusive etichette singolarmente firmate in originale che vestono 111 grandi formati di Ornellaia 2012: 100 bottiglie doppio magnum (da 3 l), dieci bottiglie Imperiali (da 6

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l) e una sola Salmanazar (da 9 litri). Una novità contraddistingue la settima edizione della Vendemmia d’Autore. L’artista ha realizzato anche un’etichetta per il formato da 0,750 di Ornellaia. Una bottiglia con l’etichetta “Splash”, sarà dunque inserita in ogni cassa da sei e sarà così disponibile per un maggior numero di consumatori. Consuma-

tori che, come ha evidenziato una ricerca condotta in Italia dal Censis, dall’inizio della crisi a oggi, hanno diminuito di un altro 8% il consumo di vino, ma incrementato la spesa del 3,5%, a conferma del fatto che, come in tanti altri tipi di consumi, l’orientamento è verso quantità inferiori, ma di maggiore qualità.



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Chox, il cioccolato si fa soave di Elisa Facchetti Definito "cioccolato per sottrazione", Chox eleva la teoria del "senza" per creare un prodotto salutare e di notevole persistenza. Banditi tutti gli ingredienti nocivi alla salute, il cioccolato Chox innalza l'aromaticità delle fave di cacao in pregiati abbinamenti, grazie al sapiente dosaggio di ingredienti di primaria qualità emulsianati all'elemento naturale per eccellenza: l'acqua. Rigido disciplinare, ingredienti di primissima qualità e un sogno da realizzare. L'amato "cibo degli dei" giunge alle sue punte più alte con una nuovissima interpretazione che lo rende ancora più intrigante e naturalmente sano, con una aromaticità persistente senza il sostegno di zuccheri o ingredienti di dubbia provenienza che ne esaltino il sapore. Stiamo parlando di Chox, azienda triestina che in poco più di due anni ha dato prova di come sia possibile affrontare i mercati offrendo prodotti di nicchia dalla caratteristiche eccezionali: "Chox è al passo con i

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tempi, è crema al cioccolato per sottrazione. Non contiene conservanti, addensanti, coloranti, ogm e glutine" spiega ad Artù Rossana Bettini, partner di Chox nonchè figura fondamentale nei rapporti con i media e clienti speciali. Tutto è nato dal sogno di Fabio De Visintini, farmacista, pittore, artista, figura eclettica e conosciuta come fedelissimo di Ricardo Illy, ex sindaco di Trieste e poi governatore del Friuli Venezia Giulia. Deposta l'ascia della politica, emerge la voglia di creare qualcosa di nuovo, proprio nell'ambito del cioccolato, e da qui l'idea di produrre cioccolato con il 40% di acqua, grazie a una formula segreta a cui si aggiunge, alla base di cioccolato fondente, qualche goccia di olio etravergine d'oliva istriano Mate e fiori di sale delle saline di Sicciole, per dare setosità e soavità alla texture. Prodotto nel laboratorio artigianale Eppinger a Trieste, le creme di cioccolato Chox sono realizzate con

cioccolato Domori, azienda parte del gruppo Illy insieme ad altri brand quali Dammann Frerès, che importa e crea pregiatissimi tipi di tè, da cui Fabio De Visintini ha tratto ispirazione: alla crema di cioccolato Dark si aggiunge il prezioso tè Jasmine Chung Hao Damman al posto dell'acqua, per un'esperienza gustativa e olfattiva senza pari. Domori garantisce a Chox la costanza e l'eccellenza della qualità delle materie prime, nonchè la facilità di controllo della filiera poichè parte del gruppo Illy, al fine di produrre piccoli capolavori di piacere. "Chox è oggi presente nei punti Eataly di Torino, Milano e Roma – illustra Rossana Bettini –, e a Milano è inoltre presente nella Boutique Dammann. Il brand è in forte crescita, motivo per cui stiamo puntando a inserirci in catene di prestigio e botteghe del gusto nelle principali città, quali Roma, Milano e Firenze, anche con più canali di vendita".



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Dom Ruinart 2004: Vertigo Dinner da Cracco

Qui sopra: Francesca Terragni, direttore marketing e comunicazione Ruinart per l’Italia, con lo Chef de Cave della Maison Ruinart Frédéric Panaiotis. In basso a destra: lo chef Carlo Cracco con Frédéric Panaiotis.

di Elisa Facchetti Gli appassionati e amanti delle Cuvée Ruinart e dei suoi millesimati si sono dati appunatamento a Identità Golose, evento che ha avuto luogo dall'8 al 10 febbraio a Milano. Il più importante congresso di cucina meneghino ha visto infatti per il terzo anno consecutivo Ruinart in qualità di partner. Alla presenza di Frédéric Panaiotis, Chef de Cave della Maison Ruinart, è andata in scena una degustazione esclusiva per gli ospiti che durante l'evento Identità Golose hanno avuto la possibilità, su invito, di godere dell'esclusiva Luonge Ruinart. Due in particolare i momenti chiave che la Maison ha organizzato durante questa kermesse: una speciale degustazione di millesimati Ruinart alla presenza dello Chef de Cave Frédéric Panaiotis e la presentazione in anteprima del Dom Ruinart 2004. Omaggio a Dom Thierry Ruinart, fondatore della Maison, questa cuvée rappresenta un vino raro ottenuto dai migliori appezzamenti della Champagne, capace di offrire un’esperienza

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degustativa straordinaria. Dom Ruinart 2004 si presenta di colore giallo luminoso, con riflessi verde pallido e la sua effervescenza è fine e persistente. Al naso svela note dolci di castagna, noce di cocco e pane fresco, lasciando posto ad aromi di fiori e di agrumi, una gamma di aromi tra cui spiccano alcune note minerali e iodate. La struttura leggera e delicata di questo millesimo, caratteristica di tutta la produzione della Maison, permette abbinamenti a pietanze raffinate. L'assemblaggio perfetto conferisce infatti tale struttura, composto da Grand Cru di Chardonnay di cui il 69% proveniente dalla Côte des Blancs (dominante Chouilly, Le Mesnil e Avize) e il 31% dal versante nord della Montagne de Reims (dominante Sillery e Puisieulx). Conservato in cantina, Dom Ruinart 2004 può essere degustato anche dopo diversi anni di invecchiamento, accompagnando

così pietanze dai sapori più intensi, per occasione speciali. E l'occasione è stata celebrata dalla Dom Ruinart Vertigo Dinner, cena organizzata da Frédéric Panaiotis insieme allo chef stellato Carlo Cracco: la serata, che ha visto la partecipazione anche del direttore di Artù Alberto P. Schieppati, è stata animata da preziosi abbinamenti con le diverse annate Dom Ruinart. Ad accompagnare Ruinart 2004, Carlo Cracco ha proposto una crema di ricci, fiori di acerola e alici salate. In degustazione Dom Ruinart Blanc de Blancs con stuzzichini, Dom Ruinart 1998 con canocchie, zucca e balsamico e gamberi marinati al frutto della passione, pera e broccolo fiolaro; tuorlo d'uovo al tartufo nero, crema di prugne secche e coriandolo con Dom Ruinart 1996 e spaghetti cacio e pepe rosa con Dom Ruinart 1993. Ad accompagnare Dom Ruinart 1990 pesce al cartoccio e crema di yuzu, mentre il dessert ha visto protagonista Dom Ruinart 1998 abbinato a “Cheesecake.2015. Liquirizia e mango abbrustolito“. Presente alla “Ruinart Vertigo Dinner“ anche Francesca Terragni, direttore marketing e comunicazione Ruinart per l'Italia.



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Lucano non solo amaro

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di Giovanna Moldenhauer L’azienda fondata nel 1894 a Pisticci, in provincia di Matera, ha compiuto nel 2014 l’importante traguardo di 120 anni: quest’anno appena passato ha rappresentato un momento importante per il marchio diventato noto con il suo slogan “Cosa vuoi di più dalla vita?”. Per festeggiare l’anniversario, la famiglia Vena ha creato una nuova linea a marchio Lucano, stretto accordi di distribuzione esclusiva con altri brand del settore, acquisito un qualità, più altre otto vodka aromatizzate, noto liquore, implementato la sua visi- coloratissime, Xellent (gin e vodka svizzere) ed Escape 7 con rum caraibico, bilità sui mercati internazionali. London dry gin e mamajuana, liquore a In dettaglio la linea Selezione 7 Stelle è base di rum. Siamo certi con questi prosuddivisa tra la collezione Anniversario dotti di entrare sempre più in sinergia con un Amaro, un Limoncello, una Sam- con il mondo dell’intrattenimento notturno buca, un Cordial Caffè tutti in versione inteso prevalentemente come i lounge, rivisitata e quella Fratelli Vena con tre li- cocktail bar e club”. Della divisione quori classici della tradizione italiana: Super Ho. Re. Ca. fanno parte anche tre Liquirizia, Mirto, Nocino. “Nel corso del distillati italiani brandy Vitae, grappa Ba2014 - commenta Leonardo Vena, quarta rocca e grappa Passione bianca. Ma generazione della famiglia, che ricopre non solo. L’azienda Lucano, tra la fine a 30 anni la carica di marketing manager del 2014 e l’inizio del 2015, ha rilevato per l’Italia e l’estero - abbiamo fondato da Campari il marchio Limoncetta di la divisione Super Ho. Re. Ca. dove Sorrento. “La scelta di acquisire questo grazie all’accordo con la Distilleria Diwisa marchio - prosegue Leonardo - è stata siamo i distributori in esclusiva dei motivata da una strategia di crescita rimarchi Trojka, che comprende Trojka volta soprattutto verso quelle realtà che Pure Grain, vodka di cereali di alta possono essere in sintonia con la nostra.

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Limoncetta di Sorrento è un prodotto originario del sud conosciuto su tutto il territorio nazionale. Questo liquore, realizzato anche nella versione crema, è elaborato in modo tradizionale dalle scorze dei limoni ovali di Sorrento Igp con l’aggiunta di acqua, zucchero, alcool”. Interviene Alberto Corte, brand manager del gruppo, laureato con lode alla Bocconi di Milano, presente al nostro incontro: “Stiamo valutando nel corso di quest’anno mediante ricerche di mercato se modificare il packaging, ma abbiamo bisogno di tempo”. Lucano, azienda con un management giovane e dinamico, è al passo con i tempi per le sue strategie che comprendono l’apertura di una vetrina telematica di e-commerce. “Abbiamo deciso di essere online - riprende Alberto - con un nostro portale dopo avere attentamente valutato i diversi aspetti. Il sito, attivo dalla primavera del 2014, ci consente di essere vicini ai nostri consumatori più affezionati dando loro la possibilità di reperire tutta la gamma, indipendentemente dai punti

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vendita non sempre forniti, diverse idee regalo e numerosi gadget. Abbiamo trovato per questo progetto un partner che ha delle competenze specifiche. Lui gestisce il portale, noi siamo proprietari dello store che teniamo monitorato. Gli importanti risultati raggiunti, supportati da campagne pubblicitarie dedicate, stanno rafforzando la nostra presenza in rete”. Lucano, marchio noto in Europa, nelle Americhe, in Australia, sta facendosi conoscere in Cina per allargare la sua visibilità nel mondo. “Il nostro primo approccio con il mercato cinese - riprende Leonardo - è stato nella città di Shanghai che rappresenta un ponte tra la Cina tradizionale e quella più vicina al nostro mondo occidentale come usi e costumi. La nostra proposta è stata orientata sia al mondo della vendita al dettaglio che a quello del bere miscelato. Abbiamo spiegato i nostri prodotti in modo da farli conoscere sfruttando al tempo stesso l’interesse per il food & beverage con dimostrazioni condotte da bartender. Una cena organizzata per giornalisti e ristoratori, durante la settimana dell’Italian Lifestyle Week, promossa dal Consolato Generale d’Italia in occasione della Festa della Repubblica, ha dato modo di accompagnare ogni piatto con un cocktail in inusuali abbinamenti”. Nel 2015 la famiglia Vena ha in agenda nuovi viaggi per andare in altre importanti città avviando così la seconda fase del progetto con numerosi eventi e attività fra cui una prestigiosa master class con Agostino Perrone, celebre barman italiano. Il successo a livello internazionale di Lucano è stato sottolineato dalle

sei medaglie dall'oro all’argento, al bronzo ottenute da diversi prodotti all’ultima San Francisco World Spirits Competition, ritenuta la più importante a livello mondiale. “L’azienda ha compiuto passi significativi di cambiamento negli ultimi tre anni. La nostra forza vendita è dedicata a una clientela professionale altamente specializzata suddivisa tra i canali dedicati al settore Ho. Re. Ca., a quello della distribuzione, a quello dei locali aperti dalle 18,00 in avanti. Abbiamo anche fatto un accordo con Natfood, società che opera con i bar aperti durante il giorno, per implementare la nostra capillarità in modo specifico e adeguato. La nostra società ha dei piani di sviluppo dedicati ai mercati esteri

dove riteniamo ci siano delle possibilità incrementali. In questo momento in Gran Bretagna e negli Stati Uniti c’è un interesse significativo per gli amari interpretati soprattutto nei cocktail”. Concludiamo il nostro incontro con la degustazione dei due amari nella versione classica e Anniversario. “L’amaro Anniversario - sottolinea Leonardo - rispetto al classico ha una gradazione più alta, 6% per la precisione, che esalta le note amare rispetto alla versione classica”. L’assaggio, preceduto dalla valutazione dei profumi complessi di erbe, con note di caramello e noci, aveva in entrambi un buon bilanciamento tra la dolcezza, il piccante e l’amaro. Il sapore dell’Anniversario era più rotondo, corposo, con una nota amaricante enfatizzata (al servizio ha collaborato Giuseppe Arena).



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Relais gourmet Un 2015 con 41 chef di Fiorenza Auriemma Anche nel corso del 2015, gli chef Relais & Châteaux proporranno ai quattro angoli del mondo diversi eventi culinari inediti, il cui scopo è unire con eleganza culture e territori differenti. “È nella coesione, nella condivisione di esperienze e di savoir-faire che i nostri chef, durante le cene a quattro mani, danno vita a serate gastronomiche eccezionali”, si legge sul sito ufficiale di Relais & Châteaux. “La selezione di prodotti, la precisione dei gesti e le sapienti associazioni di sapori, fuse armoniosamente come all’interno di un incantevole quadro, contribuiscono a rendere l’arte culinaria un terreno di eccellenza”. La citazione sul sito ufficiale, rappresenta un forte richiamo “all’arte culinaria” e l’Italia, ovviamente, non poteva mancare a questo trionfo della cucina di qualità. Da

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Sopra: lo chef Fabio Pisani con Alessandro Negrini e Stefania Moroni de Il luogo di Aimo e Nadia di Milano. A lato: parmigiana di melanzane e cioccolato de Il luogo di Aimo e Nadia. Sotto: lo chef Loris Indri del Ristorante Do Leoni dell’Hotel Londra Palace di Venezia. poche settimane infatti ha preso il via la seconda edizione italiana del Gourmet Festival Relais & Châteaux. Gettando anche solo una rapida occhiata al ricco calendario – che copre un lungo arco di tempo, dal 7 gennaio al 13 dicembre – c’è da immaginarsi che la manifestazione riuscirà senz’altro a raggiungere quello che è il suo intento di base e la sua missione: suscitare emozioni, e rendere indimenticabile un’esperienza a tavola. “Lo scorso anno, nel corso della prima edizione del Gourmet Festival Italy, abbiamo offerto la possibilità di partecipare a 32 cene a 4 mani in 25 diverse dimore”, racconta Vittorio Bianconi, Presidente della Delegazione Italiana di Relais & Châteaux. “Quest’anno andiamo oltre, mettendo in calendario

ben 42 eventi in 28 dimore e con 41 chef internazionali”. Questo lungo concerto di sapori e sapienze culinarie avrà come sottofondo città, località di montagna, mare e campagna disseminate lungo tutto il territorio italiano; e come palcoscenico le varie dimore Relais & Châteaux ospitanti. Qui, di volta in volta lo chef di casa metterà a disposizione le sue cucine al collega ospite, per poi lavorare insieme e scambiare le reciproche esperienze, in modo che i rispettivi stili e linguaggi culinari si incontrino per dar vita a menu unici che includono rivisitazioni corali dei prodotti e delle tradizioni del territorio. In altre parole, si tratta di occasioni straordinarie e di arricchimento per tutti: di carattere più professionale per Artù n°67

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chi le vive stando ai fornelli, e di genere gastronomico-emozionale per chi invece siede ai tavoli e gusta il frutto concreto di questi incontri-scambi. “Per noi, la straordinarietà della proposta gastronomica di Relais & Châteaux sta essenzialmente nell’autenticità - sottolinea Bianconi - e questo vuol dire che i nostri ristoranti si fanno promotori delle specialità locali, dei piccoli produttori agroalimentari che puntano all’eccellenza”. Poter mettere a disposizione e condividere le eccellenze territoriali con chef che provengono da luoghi e culture diverse non fa che esaltarne le caratteristiche, oltre a essere una modalità più che efficace per approfondire e diffondere la conoscenza dei prodotti di punta dei vari luoghi. Quest’anno, ad aprire le danze del Gourmet Festival Italy, è stato l’Hermitage Hotel & Spa di Breuil-Cervinia: lo scorso 7 gennaio lo chef Roberto Pession ha infatti accolto il collega Cristian Cattozzo, del Gallia Palace Hotel di Punta Ala (Grosseto) che, a sua volta ospiterà Pession il prossimo 3 giugno. Il 15 gennaio è

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stata la volta di Emanuele Scarello de Agli Amici a Udine dal 1887 (da poco entrato a far parte della famiglia Relais & Châteaux), il quale ha offerto una cena a 4 mani con i Fratelli Cerea di Brusaporto (Bergamo). Lo stesso è avvenuto il 27 gennaio, con Reimund Brunner del Gardena Grödnerhof di Ortisei, padrone di casa per Gian Piero Vivalda dell’Antica Corona Reale di Cervere (Cuneo). Quest’anno, arricchiscono il cast di chef italiani di elevato livello alcuni importanti nomi di colleghi d’Oltralpe: Arnaud Faye dell’Auberge du Jeu de Paume (Chatilly, Francia), il 7 marzo all’Hermitage Hotel di Breuil-Cervinia; Pierre Maillet dell’Hotel Hameau Albert Ier (Chamonix, Francia) e Emmanuel Renaut del Flocons de Sel (Megeve, Francia), il 16 giugno all’Hotel Bellevue

di Cogne. Per avere a portata di mano il calendario completo delle cene a 4 mani, basta andare al link: events.relaischateaux.com/it/calendario. Visto il successo della passata edizione 2014, la Maison Vranken-Pommery Italia ha scelto di assicurare anche per quest’anno la propria presenza in qualità di main partner: “Gourmet Festival è l’occasione per sottolineare la dinamica partnership oramai quasi trentennale della Maison Pommery con Relais & Châteaux - fanno sapere dalla Maison - dove stili di cucina, materie prime di tradizione e di eccellenza, personaggi, grandi chef e linguaggi differenti, accompagnati dalle raffinate bollicine di Champagne Pommery, si uniscono per trasformare l’esperienza gastronomica in un vero e proprio viaggio sensoriale”.


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Andrea Aprea personalità e carattere 28

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fatto di ritmo, di spazio, di orizzonti. Il Vün (in dialetto milanese, “Uno”) del Park Hyatt di Milano, recentemente ristrutturato con funzionalità e senso estetico, ha conquistato il cuore e il palato di tanti gourmet per il fatto di essere un raro esempio di stile e fidi Alberto P. Schieppati nezza culinaria. La posizione esclusiva, nel cuore di Milano, potrebbe tranquilIl giovane cuoco del Vün, il ristorante lamente farlo rientrare nella categoria, milanese all’interno del Park Hyatt, in città ormai numericamente iperbolipropone una linea di cucina complessa ca, dei luxury restaurant: in realtà, ma ben decifrabile per gusto, sapori, Vün sfugge a definizioni codificate e materie prime utilizzate. La pulizia ambisce ad essere luogo di raffinata del piatto ha per protagonisti ingre- “armonia contemporanea”, i cui cardini dienti di alta qualità che, grazie a sono: passione, ricerca, pulizia dei passione e tecnica, diventano gli piatti, conoscenza delle tecniche, meattori formidabili di menù difficili todo e organizzazione. Insomma, Anda scordare. drea, napoletano di origine, è alla continua ricerca di nuove possibilità, di Andrea Aprea ha lo stile, e il piglio, di inedite preparazioni, di ingredienti non un grande condottiero. Fisico asciutto banali. Una risposta chiara all’abusato e sguardo penetrante, della sua cucina assioma che vede in “tradizione e indice: “Non c’è molto da spiegare, par- novazione” un postulato superato dai lano i piatti”. Siamo d’accordo: come fatti? Certamente, ma anche molto alquando si chiede a un poeta di descri- tro. Andrea Aprea, cuoco CHIC (Char- Qui sotto: riso San Massimo vere o spiegare la sua scrittura, l’unica ming Italian Chef), rappresenta il sor- con scampi, limone, rosmarino risposta la si trova nei suoi versi, negli passo definitivo di idee di cucina che e capperi. spazi bianchi tra le parole, nel ritmo e nella musica dei testi. Anche per Aprea la cucina è un

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puntavano sul concetto di territorio avulso dalla realtà. La ricerca, lo studio, la scoperta: queste sono le vere basi del successo, per un cuoco ambizioso, che crede nel proprio lavoro e che, come nel caso di Andrea, si identifica appieno con la struttura in cui opera. A dargli man forte sono i bravi ragazzi della brigata di cucina, un Restaurant manager del calibro di Nicola Ultimo (bravissimo, forte di esperienze pregresse allo Splendido di Portofino), una sommelier appassionata e competente, Valentina Benedetti (al suo attivo un nome prestigioso, Orient Express), una squadra di sala perfettamente coordinata con la cucina. Da qui escono, in mirabile sequenza, piatti di impronta personale, caratterizzati da stile e cura estrema; fra gli antipasti, le cui singole voci in menù sono contraddistinte dalla materia prima protagonista, se-

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gnaliamo: Quaglia (uva, fegato grasso, yogurt), Vitello sanato crudo (radici di soncino, acciughe, pinoli), Uovo (castagna, parmigiano reggiano 36 mesi, tartufo nero). L’Astice bretone in zimino (pane, broccolo fiolaro, noci) è una straordinaria proposta di nettezza gustativa e pulizia formale, così come la Capasanta scottata conquista per fragranza e equilibrio: zucca, meringa salata e funghi pioppini sono complemento perfetto per una degustazione appropriata. Fra i primi, emerge la napoletanità di Andrea Aprea: e il sipario si apre su spettacolari Linguine integrali “Gentile” (della famiglia Zampino di Gragnano, appassionati coltivatori di grano duro) con tartufi di mare, cime di rapa e limone candito, sui Mezzi paccheri Gerardo Di Nola con ricotta di bufala e ragù (irripetibili) o sul memorabile Riso Carnaroli autentico Riserva San Massimo (lo usa anche Enrico Gerli, dei Castagni di Vigevano), proposto con scampi, limone, rosmarino e capperi. Una prelibatezza anche per chi, come me, non adora il limone nei piatti, memore di “coperture” del gusto sulle quali è lecito e sacrosanto eccepire. In questo caso, però, il risultato è straordinario e il sapore complessivo del risotto trova nella presenza dell’agrume un validissimo alleato. Le carni in menù sono un capitolo su cui soffermarsi: il Maiale nero dei Nebrodi (con friarielli, provola affumicata, miele, peperoncino), il Cappello del prete (topinambur, scalogno fondente, erba pepe, cardoncelli), il Fagiano (mela annurca, scorzonera, nocciole), il Coniglio (scarola, pinoli, uvetta) valgono l’esperienza. Così come il Baccalà (pizzaiola e olive verdi) o l’Ossobuco di rana pescatrice (chi non ha mai pensato davanti a questo pesce di assi-


Nella pagina accanto: mezzi paccheri Gerardo Di Nola con ricotta di bufala e ragù. Qui sotto: spigola all’acqua pazza cotta al sale con broccolo. Sotto: caprese dolce salato.

milarlo, anche per un attimo, all’ossobuco?) con pastinaca, zafferano, liquirizia, arancia, sono un invito esplicito alla leggerezza dell’esperienza gastronomica. Aprea, in perfetta linea con le proprie origini, popone anche dei “Percorsi Partenopei”, per far vivere alla Milano spesso distratta la entusiasmante cucina di un territorio straordinario: in questa proposta di menù degustazione (a 115 €) c’è tutta l’anima di una città che ha molto da dire (nonostante il vicolo cieco in cui il sistema mediatico sembra averla ingiustamente relegata). Una apoteosi di sapori autentici, in una sequenza importante di piatti dal gusto deciso e connotato, evocativo e concreto, che esprimono appieno l’essenza della cucina partenopea: Caprese (dolce salato), Ziti con la genovese di coniglio,

caciocavallo podolico, Spigola cotta al sale, Intensità di limone (scenografica), Pastiera sferica…. In un altro menù degustazione, poi, Aprea rivela ancora più chiaramente la sua formidabile idea di cucina: “Viaggiando fra nord e sud”, non a caso, propone una vera “fusione” di culture diverse, in cui si ritrovano alcuni piatti presenti in carta ma anche “chicche” di estrema ricercatezza. I Tortelli (cacio, pepe, cipolla caramellata) o la Patata in stagnola (formaggio di capra, radicchio, pepe) sono ottimi esempi di come si possa fare cucina contemporanea senza perdere il legame con la tradizione. Anche per questo la cucina di Andrea Aprea è elegante e raffinata, perché guarda al futuro con coraggio, ma anche con quella capacità, tutta italiana, di stare con i piedi per terra. Artù n°67

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Leandro Luppi Progetto gardesano 32

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Il progetto prende rapidamente forma, tanto che nella tarda primavera del 2010 Emanuele Scarello, Giancarlo Perbellini e Claudio Melis approdano a Malcesine, in qualità di primi maestri dei fornelli “foresti” a mettere la loro sapienza gastronomica a disposizione del pesce di lago, dei prodotti del Monte Baldo, dell’olio gardesano... Il tutto, come detto, fianco a fianco con altrettanti chef locali. Nasce così Fish & Chef, semplice ma di Fiorenza Auriemma efficace formula per proporre il meglio dell’enogastronomia del luogo interpreTutto ha inizio nel 2010. Anzi, diversi tata da grandi nomi stellati della cucina mesi prima, perché è già da tempo italiana insieme ai ristoratori locali. che Leandro Luppi - chef stellato del L’evento si dimostra fin da subito un Vecchia Malcesine, a Malcesine - sta successo, e così l’anno dopo l’appuncercando una modalità per far cono- tamento si rinnova con la partecipazione scere meglio e a più persone i prodotti di Alfio Ghezzi, Christian e Manuel Codel Garda. Poi, all’inizio di quell’anno, stardi, Alessandro Breda e Adriano Fuecco l’idea vincente: perché non invitare mis. A loro, nel 2012 fanno seguito alcuni chef non locali e preparare in- altri nomi di spicco come Philippe Lésieme con loro e colleghi del posto veillé, Renato Rizzardi, Giancarlo Morelli cene gourmet a 4 mani? e Davide Scabin. L’anno successivo, la

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essere più che soddisfatto: “Io sono veronese, e quindi nel 2010 abbiamo cominciato dalla sponda veronese”, spiega Leandro Luppi. “Il 2015, finalmente vedrà protagonista anche il resto del lago, e nello specifico una location sulla sponda trentina e una su quella bresciana. E così, il mio sogno di rendere Fish & Chef un evento che coinvolga tutto il lago si è avverato. Nei prossimi anni cercheremo di implementarlo ancora di più. Il nostro è un territorio ricco di eccellenze, quindi è giusto andarne fieri e soprattutto farle conoscere”. A cominciare dal pesce di lago, che - pur essendo molto salutare e ricco di omega 3 - per molti anni è delegazione di chef extra-territoriali è stato considerato “povero” e di seconda composta da Bruno Barbieri, Fabio Cuc- categoria rispetto a quello di mare. chelli, Gianni D’Amato, S.E.M. Serva, “Da tempo stiamo facendo di tutto perAntonino Cannavacciuolo e Roberto ché questo pesce venga rivalutato e la Petza, mentre nel 2014 arrivano sulle sua immagine svecchiata”, aggiunge sponde gardesane Alberto Tonizzo, Felice Luppi. Verosimilmente, è anche grazie Lo Basso, Mauro UIiassi, Luigi Taglienti a manifestazioni come Fish & Chef se e Anthony Genovese. negli ultimi tempi si vedono i primi riOra che Fish & Chef è arrivato alla sultati: lavarello, trota, luccio, persico, sesta edizione, il suo ideatore può salmerino e sarde di lago stanno infatti

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recuperando dignità e spazio in cucina. Tutti gli appassionati del pesce di lago - o chi ancora non lo conosce e vuole rimediare – deve segnare in agenda l’appuntamento con Fish & Chef 2015, dal 22 al 29 aprile. L’evento coinvolgerà gli stellati di questo angolo del Veneto, accompagnati ogni sera da un collega proveniente da una diversa regione italiana, e - per la prima volta - anche dall’estero, ovvero dal Lago di Costanza in Germania. Tra i grandi nomi dell’alta cucina nazionale che si metteranno alla prova ricordiamo Moreno Cedroni de La Madonnina del Pescatore di Senigallia, Elio Sironi del Ceresio 7 di Milano, Marco Sacco del Piccolo Lago di Verbania, Alessandro Gavagna del ristorante Al Cacciatore de La Subida di Cormons; e, dalla Germania appunto, Dirk Hoberg del ristorante Ophelia del-

l’Hotel Riva a Kostanz. Ovviamente, non sarà solo il pesce il protagonista dei piatti, bensì molte altre specialità locali tra cui l’olio extravergine d’oliva Dop del Garda, la carne Garronese Venera, i vini del Custoza... Oltre alle tradizionali cene gourmet (l’elenco in continuo aggiornamento è sul sito www.fishandchef.it), l’edizione 2015 riserva un’importante novità: per tutta la durata dell’evento, la città di Garda ospiterà una serie di show cooking lungo la sponda del lago aperti a tutti, con l’intento di coinvolgere turisti e non e inaugurare nel migliore dei modi la stagione estiva locale. “Il lago di Garda registra tra i 18 e i 20 milioni di pernottamenti all’anno. Si tratta quindi di grossi numeri che potrebbero far pensare al lago come alla a Rimini e dintorni, io la penso in altro riviera romagnola. Senza nulla togliere modo: 70 km di lago, nove ristoranti stellati, sei alberghi a 5 stelle, cinque campi da golf, mi portano a pensare che il paragone più azzeccato potrebbe essere quello con Montecarlo – spiega Luppi -. La scommessa è riuscire a comunicare tutto questo. Ecco perché sono più che soddisfatto che la collaborazione tra noi chef stellati del Garda quest’anno sia finalmente diventata realtà”. Oltre agli chef, partecipano all’organizzazione e alla realizzazione di Fish & Chef sempre più strutture ricettive, alberghi e produttori, che hanno compreso le potenzialità del progetto e l’importanza di fare squadra.

Nella foto a lato, da sinistra, Luciano Piona, presidente del Consorzio di tutela del vino Custoza, Matteo Felter, Leandro Luppi, Elvio Sironi e Laurent Pacciani.

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di Davide Bernieri Il passato è importante, ma la cucina deve saper guardare al futuro: la semplice intuizione di Enrico Bergonzi, chef patron del ristorante di Colorno, è la base da cui parte la sua linea gastronomica. Identitaria, tradizionale, territoriale, ma anche molto di più. L'origine come punto focale, il ritorno verso il quale tendere dopo ogni “rivoluzione” generazionale, tra storia del locale e vita famigliare, capace di valorizzare il passato e di capitalizzare il presente, non con un'attitudine malinconica verso quello che è stato, anzi usando questa “piattaforma” per spiccare nuovi voli in avanti, ben consapevoli che ognuno, con la sua personalità e la sua visione, può lasciare qualcosa, può arricchire tutti. Il dialogo con Enrico Bergonzi, chef e proprietario del ristorante Al Vèdel di Colorno, a pochi passi da Parma verso la Bassa, la terra emiliana che si bagna in Po, non si limita a territorio, qualità delle materie prime, rispetto della tradizione (Al Vèdel è di proprietà

della stessa famiglia da sei generazioni) e ricette, temi ben noti a chi si occupa di ristorazione, bensì scende in maniera profonda verso il nocciolo della questione: la tradizione non può essere solo moda, quindi per sua natura passeggera. In questo lembo di terra, dove le ricette variano ancora da paese a frazione in un mosaico simile a un feudalesimo gastronomico, la famiglia Bergonzi non può fare altrimenti che prendere il passato, consegnarlo al presente, mettendo le basi per il suo futuro.

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Tornando, ogni volta, “a casa” per riprendersi l'identità. “Del resto - dichiara lo chef - fare ristorazione oggi significa approcciare persone che non sono affamate, ma che vogliono vivere un'esperienza piacevole, non solo mangiare. Noi, da 230 anni, facciamo la stessa cosa, serviamo tutti, vogliamo che i nostri clienti, indipendentemente dal ceto sociale o economico, si sentano da noi come a casa propria. Per noi territorio, stagionalità e rivitalizzazione della tipicità sono elementi imprescindibili, ai quali aderiamo senza troppi sforzi. Del resto è così per quest'angolo di Emilia e, in generale, per tutta l'Italia.

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Per fare un esempio, nel nostro menù tradizionale abbiamo piatti come il pollo dorato che preparavamo quando il locale era un'osteria di passaggio per viandanti e carrettieri, unico punto di incontro e ristoro del paese. Ci sono persone, nostri clienti, che tornano periodicamente a mangiarli, addirittura chiedono lo stesso tavolo che avevano chiesto a mio padre e a mio nonno”. Ma considerando il fatto che essere vicini alla tradizione non significa continuare a scimmiottare il passato, per uno sterile esercizio, Al Vèdel è presente anche un menù suggestioni, con rotazione mensile che vede pietanze insolite, almeno a queste latitudini, per ingredienti e/o metodi di cottura, un menù per il quale Bergonzi esorta la propria brigata di sette persone (Matteo Bersellini è il suo storico braccio destro e maestro dei dessert) a lasciare sciolte le briglie della fantasia e dell'ispirazione personale. “La nostra - prosegue - è una cucina di alimenti, siamo certamente poco permeabili alle mode del momento, abbiamo visto tutti i trend culinari passare così com'erano arrivati, dalle spume alla cucina destrutturata, credo che anche la moda degli chef superstar sia destinata a sgonfiarsi. Oggi, dal mio punto di vista, occorre che si ritorni a un certo equilibrio tra l'importanza della sala e della cucina, negli ultimi anni decisamente a favore


La stagionatura a Podere Cadassa Al Vèdel fa rima con Culatello di Zibello Dop. Annessa al ristorante, anzi quasi il suo cuore pulsante, è una cantina di stagionatura nei quali oltre 4.000 culatelli, ma anche salami, e pancette, si affinano e si caricano di bouquet complessi, di muffe nobili permeate dal rivestimento in pietra naturale e dalla naturale umidità dei locali. Tutta la produzione avviene nel Podere Cadassa, la norcineria del Vèdel, nel rispetto delle rigorose regole del disciplinare e le altrettanto strette consuetudini famigliari in tema di qualità. “Il Culatello - dichiara Marco Pizzigoni, vicepresidente del consor-

della seconda, con gli chef sugli allori e il personale di sala ridotto a semplice portapiatti. Nel futuro de Al Vèdel penso a camerieri che impiattano di fronte al cliente da pentole di ghisa, anche pietanze importanti, oppure flambano dolci, insomma si riappropriano di un ruolo più attivo e centrale. Pensiamo ai formaggi... da quando abbiamo reintrodotto il carrello a temperatura ambiente e mia moglie Edgarda ha iniziato a presentare una selezione di proposte da Italia, Francia e Svizzera, tutte specialità vaccine, ovine e caprine, abbiamo visto un'impennata nel gradimento”. Bergonzi è anche promotore della riscoperta del Tortél Dóls, specialità “localissima” (già a Parma non si prepara questa pasta ripiena con il suo ripieno dolce, condita con burro e Parmigiano Reggiano grattugiato), pietanza tradizionale della vigilia di Natale a casa della nonna, originata forse dal fortuito incontro tra i cuochi che servivano la duchessa Maria Luigia d'Austria nella sua Reggia colornese e un cuoco italiano, tale Agnoletti, specializzato nella pasta ripiena e diventato uno dei piatti preferiti della moglie di Napoleone. “Poche altre pietanze - conclude Bergonzi - hanno questo vissuto, tra storia, territorio e ricordi personali come il Tortél Dóls. Una stagionalità spietata, da ottobre a febbraio; una lunga lavorazione che inizia con la preparazione della

zio del culatello di Zibello Dop e responsabile della cantina de Al Vedél insieme a Monica Bergonzi, sua moglie - sta avendo un successo planetario, ma io resto convinto che dovrà continuare a rimanere un prodotto con piccoli numeri (si attesta intorno a 50mila pezzi la produzione dello Zibello Dop nel 2014, ndr). Solo così continuerà ad essere un formidabile elemento di traino per tutto il territorio”.

mostarda, ingrediente essenziale, insieme al mosto cotto, del ripieno; un legame fortissimo con i nostri luoghi. Crediamo molto nelle potenzialità di questa ricetta, tanto che stiamo avviando una produzione su più larga scala, con l'obiettivo di servire altri ristoranti, con un prodotto che rispetta tutti i crismi della tradizione”. Ancora una volta Bergonzi, con il suo Al Vèdel, fa un consapevole passo in avanti, ma con lo sguardo indugia, benevolo, su quello che è stato.

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Viviana Varese e il suo senso per la cucina 42

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di Giovanna Moldenhauer La giovane chef con il suo approccio sbarazzino racconta sorridente ad Artù la sua visione della cucina, la sua esperienza ad Alice. E si sofferma sul recente “salto” a Eataly, dove il suo ristorante da settanta coperti mantiene inalterata l’impostazione della propria filosofia, seppure sotto i riflettori “del mondo”. Cucina a vista, brigata affiatata e professionale, introduzione di nuovi menù sempre a base di pesce ma con grande spazio per le verdure fresche.

istinto, passione. Ho una relazione immediata con il cibo, la sua lavorazione è per me un gesto rituale”. In apertura del suo intervento sul palco di Identità di Pasta la chef ha condiviso il successo di Alice con tutto il numeroso staff dalla brigata (ormai composto da più di 20 persone) dalla sala, agli uffici, Viviana, nata a Salerno da una famiglia raccontando alla platea il suo modo di di ristoratori, dopo diverse esperienze fare cucina, di ricerca dell’armonia nel formative che hanno spaziato nel suo rispetto di tutti i passaggi, di ogni singolo percorso professionale fra le altre da ingrediente, chiedendosi poi se c’è Gualtiero Marchesi a un master di pa- amore e spazio per migliorare. Viviana sticceria con Maurizio Santin, approda ha poi racchiuso in otto parole chiave il nel 2007 a Milano, dove fonda in società suo punto di vista della crescita: amore con l’amica Sandra Ciciriello il ristorante e passione, responsabilità, altruismo, riAlice di Via Adige. Il suo carattere deter- spetto, attenzione, organizzazione, senso minato la porta da quel momento a critico. “È una formula – afferma – che puntare sempre al meglio, continuando porta alla crescita personale, professioa studiare, sperimentare, individuando nale, ma serve poi un poco di pazzia coprodotti di nicchia, di qualità. Gli incontri me quella necessaria a concepire una precedenti con lei durante show cooking, re-interpretazione della pasta cacio e lezioni, cene da Alice hanno sempre pepe. Ho realizzato per questo piatto messo in risalto come nei suoi piatti i una mia personale miscela composta sapori contrastanti siano perfettamente da sette differenti tipologie di pepe proequilibrati, armonici, la materia prima è venienti dall’India alla Cina, Indonesia, rispettata, una grande maestria è messa Malesia, Nepal, Giava, Giamaica perché in atto nella gestione degli ingredienti e penso che un pizzico di follia sia il pepe delle cotture. “La cucina è per me una della vita”! La ricetta soprannominata commistione di tante cose – ci racconta “Follia”, buona da gustare e bella da ve– dalla mia biblioteca culinaria alle espe- dere, ha proposto gnocchi colorati di rienze che vivo ogni giorno, ai viaggi verdure con perle croccanti, acqua ai che faccio all’estero. Al tempo stesso è sette pepi e siero di pecorino. Sei diversi un rito di trasformazione, sublimato ortaggi e tuberi dallo spinacio, alla rapa dalla tecnica che rappresenta puro rossa e bianca, carota gialla di Polignano, Artù n°67

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In alto: “Follia”, gnocchi di verdure con perle croccanti, acqua ai cinque pepi e siero di pecorino. Qui sopra: “Il cappellaio matto”, cous cous di spaghetti con variazione di broccolo, polpetta di alici e spuma di bagna cauda. Sotto: “La tagliatella di Cicerone”, tagliatelle di ceci con baccalà, rosmarino, cipolla rossa caramellata e acqua di pomodoro.

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cavolo viola e peperone sono stati cotti al forno, poi trasformati in gnocchi semi sferici utilizzando la radice giapponese kuzu come addensante. L’intervento della chef ha proposto altre due ricette sul tema della pasta. Il primo piatto “Il cappellaio matto” per la sua presentazione, è un cous cous di spaghetti (macinati sino a ottenere la dovuta consistenza) con variazione di broccolo, polpetta di alici e spuma di bagna cauda. Chiudeva l’intervento “La tagliatella di Cicerone” con la pasta ottenuta da tagliatelle di ceci unite a cococha di baccalà al barbecue, rosmarino, cipolla rossa caramellata e acqua di pomodoro. “Il progetto dell’intervento a Identità Golose è nato da una riunione fatta con la mia socia, con il mio staff, dopo un viaggio emozionante che ho fatto recentemente in Birmania. Al rientro ho sentito l’esigenza un po' pazza di trasmettere i valori e il messaggio nati da quell’esperienza e ho scelto di raccontare la filosofia del nostro ristorante, gli aspetti umani, personali e professionali”. Il nuovo ristorante Alice di Piazza XXV Aprile può ospitare sino a 70 persone con una cucina di 100 metri quadri. Un nuovo locale quindi dove la chef mantiene i punti cardine dei suoi piatti basati su aromi, freschezza, sapori, fantasia e creatività. “La cucina attuale - riprende Viviana - è davve-

ro un’evoluzione perché sono in un posto più grande con una squadra adeguata ai nuovi volumi. Gli ingredienti principali del nuovo menù di Alice sono le verdure perché in ogni piatto che realizzo sono sempre più o meno presenti. Il pesce è molto importante per i nostri menù perché ci avvaliamo della grande competenza in materia di Sandra, con alcune preparazioni di carne. Affido la creazione di nuovi dolci all’esperienza di un noto pasticciere, Gianluca Fusto. Non ho comunque preferenze tra tutte le altre preparazioni. Nelle cotture uso al meglio, a seconda della ricetta che faccio, tutti i sistemi e le differenti tipologie di pentole, dal rame alla ghisa, alla pietra”. Nel nuovo Alice presso Eataly Smeraldo la cucina è a vista. “Questa scelta che ho condiviso con Sandra – afferma sorridente – così come le decisioni sull’impostazione degli spazi, sono state fatte per eliminare il muro tra sala e cucina, per creare un contatto maggiore con la clientela. Così riesco anche a vincere la mia timidezza. Nella mia cucina, nelle mie preparazioni preferisco l’imperfezione, non amo il rigore eccessivo perché così non rischio di perdere l’anima del piatto. Rispetto a prima è rimasto immutato il mio sodalizio con Sandra, la nostra intesa professionale che ci ha permesso sette anni fa di fondare Alice, di ottenere nel 2011 la prima Stella Michelin, di crescere. Con la mia socia l’intesa lavorativa è ancora perfetta e anche se sembriamo all’opposto ci completiamo bene formando un team affiatato”. Conclude poi: “Per me la cucina rappresenta la mia vita, lo stare ad Alice. Questo mestiere rappresenta in assoluto quello che volevo fare da grande per cui mi ritengo davvero fortunata”.



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Storia e grande cucina

Excelsior Vittoria a Sorrento

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di Gualtiero Spotti Albergo di lusso e di grande eleganza, il Grand Hotel Excelsior Vittoria si erge maestoso nel centro storico di Sorrento, da cui si gode uno spledido panorama sul Golfo di Napoli e sul Vesuvio. Parte dei Leading Hotels of the World, il Grand Hotel offre a chi vi sog- glienza e dell’ospitalità a cinque stelle. Sopra: cernia all’olio con pesto giorna il massimo comfort e ben 180 Il Grand Hotel Excelsior Vittoria è un di lattuga di mare. anni di storia e di fascino. maestoso albergo che nel corso della sua storia ultracentenaria (lo scorso È difficile resistere al fascino, ai colori e anno ha compiuto 180 anni di vita) ha ai sapori che la penisola sorrentina vissuto diverse peripezie ed è stato testioffre ai suoi ospiti durante tutte le mone, quando non protagonista, di vistagioni. Per questo, forse, risulta più vi- cende importanti che lo hanno fatto covace e meno legata al turismo prevalen- noscere in tutto il mondo. La più celebre temente estivo della prestigiosa sorella è sicuramente quella del soggiorno negli posizionata sul versante a sud, la costiera ultimi giorni di vita del cantante Enrico amalfitana, e offre invece uno spaccato Caruso, ricordato magistralmente da molto legato alle tradizioni, alla vita po- Lucio Dalla in una celebre canzone e la polare e reale di tutti i giorni, un po’ lon- cui stanza è rimasta pressoché intatta tano rispetto a quello glamour di località nel corso degli anni, con, in bella vista, come Amalfi, Positano o Ravello. Eppure, il pianoforte sul quale il tenore esercitava proprio nel cuore della penisola che la sua voce. Ancora oggi risulta essere volge il suo sguardo verso Napoli e il Vequesta una delle stanze più richiesuvio, nella splendida cittadina di ste, anche dalla clientela inSorrento, c’è un simternazionale, che qui vede bolo che si può in prima fila gli ameriben definire storicani e gli inglesi, seco dell’accoguiti a ruota dai francesi. La struttura e il profilo dell’Excelsior

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Vittoria, nonostante il trascorrere del tempo, non si può dire che siano cambiati poi molto. Affacciato sul mare e con il viale d’ingresso disseminato di piante di aranci, l’hotel si trova nel cuore della città, ma al tempo stesso risulta essere una piacevole oasi di tranquillità per chi è alla ricerca del puro relax. Lo sanno bene gli abitanti locali che, in qualche modo, hanno sempre avuto un atteggiamento di grande rispetto verso il decano dei grandi alberghi della costiera, appoggiato su una scogliera privata e vero protagonista del lungomare sorrentino. Anche ora che molte cose sono cambiate per l’esigenza di accogliere una clientela più moderna ed esigente, il fascino retrò rimane però intatto in molti degli ambienti ospitati nella struttura, come, ad esempio, si percepisce seduti al delizioso bar dell’albergo, per un aperitivo pre cena o per un cocktail. Qualche stagione fa, tralasciando i lavori di routine che riguardano le camere (qui oggi ci sono anche stanze di puro design moderno, oltre a quelle dall’arredamento più classico), è arrivata la piccola e accogliente Spa posizionata vicino alla piscina, ed è solo da un anno che la proprietà ha deciso di inaugurare nei mesi estivi un piccolo ristorante all’aperto, con ingresso anche esterno all’albergo e vicino alla piscina, con una carta più accessibile e piatti di più facile comprensione per una clientela che, soprattutto per la pausa pranzo,

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vuole stuzzicare senza troppo impegno. La cucina dell’hotel, infatti, è la grande novità degli ultimi tempi, con l’arrivo del talentuoso trentaquattrenne Luigi Tramontano, gragnanino di origine controllata che ha portato la stella Michelin al rinnovato ristorante Terrazza Bosquet, il principale dell’albergo e con splendida vista sul mare. Il cuoco ha dalla sua un percorso ineccepibile e di assoluto prestigio, per chi è destinato a rappresentare le tipicità gastronomiche locali dando un tocco di modernità. Nel suo carnet figurano il Quisisana, Iaccarino a Sant’Agata, Casa Scola, Relais Blu (da Christoph Bob) e Villa Cimbrone, dove nel 2010 diventa promessa stella Michelin. Un riconoscimento, quello della stella, che raggiunge a Ravello un paio di anni più tardi, nel 2012, giusto l’anno prima di spostarsi nuovamente, più vicino a casa e diventare l’executive dei tre ristoranti dell’Excelsior Vittoria, il Bosquet, l’Orangerie e il Vittoria. Qui, sin dall’inizio, Tramontano ha intrapreso un lento ma graduale avvicinamento a una sua personale interpretazione della cucina mediterranea, partendo da qualche suo piatto ormai storico come le nastrine con alghe e ricci di mare (del 2011), per arrivare alla composizione di una carta equilibrata e avvincente dove il pesce e la pasta diventano gli assoluti protagonisti. Con il baccalà in brodetto ai sentori di limone e crostino di semolino fritto, i tubettoni di Gragnano

con patate viola, cannolicchi, dragoncello Sopra: spaghettoni di Gragnano e caviale, il dentice affumicato con spu- con alici, finocchi e tartare di tonno. gna di pan brioche salato alla cannella e spuma di yogurt e aneto, o i cappelli di pasta fresca all’uovo ripieni di coniglio confit con salsa di burrata e friarielli. In sala, poi, non manca neanche l’esperienza di Nicoletta Gargiulo, una sommelier capace di stimolare l’attenzione sull’ampia scelta di vini campani che

offre la cantina. E non potrebbe essere diversamente visto che tra denominazioni e aree che comprendono nomi come Falanghina dei Campi Flegrei, Taurasi, Aglianico del Taburno, Falerno del Massico e Greco di Tufo, le possibilità non mancano, andando anche alla scoperta di vini ed etichette meno conosciute dell’enologia regionale. www.exvitt.it Artù n°67

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Aquapetra Resort&Spa Benessere nel Sannio Il Sannio beneventano è un territorio storico geografico racchiuso tra la proTra gli ulivi della terra del Sannio si vincia di Caserta e quella di Benevento; cela la magia di un piccolo vecchio un territorio millenario, abitato dal borgo di pietra, trasformato con ele- fiero popolo dei Sanniti già nel VII seganza in un luogo per accogliere colo prima di Cristo, passato alla anima e corpo. Aquapetra Resort&Spa storia per il passaggio di Annibale e è tutto questo e molto di più. la disfatta romana delle Forche Caudine. Oggi compare nelle guide turistiche, specie nei taccuini dei viaggiatori gourmand, perché è terra di grandi vini, di un extravergine di alta qualità e di altre rarità come la mela annurca o l’agnello di Laticauda. Buona tavola, ma anche paesaggi ancora intatti (uno tra tanti il Taburno, parco regionale), faggete secolari e corsi d’acqua, colline verdi punteggiate di piccoli borghi medievali e rocche solitarie, invitano al viaggio. Base ideale per conoscere questa Campania che non ti aspetti è Aquapetra Resort&Spa, un antico borgo di pietra trasformato in albergo di charme a pochi chilometri da Telese Terme. Immerso e letteralmente nadi Irene Bernabò Silorata

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scosto nel folto di ulivi, lecci, querce e roverelle, è uno di quei luoghi che danno ristoro al corpo e all’animo. Il restauro ha preservato molti elementi del borgo originario risalente al 1858. Integra e funzionante è la chiesetta con l’alto campanile; il fienile di una volta è stato adattato per accogliere l’Aquaspa, il centro benessere dell’albergo; mentre la vecchia cantina e i cellai ospitano il ristorante “la Locanda del borgo” con grande camino centrale. Le stradine lastricate conducono alle camere e suite e convergono verso la piazzetta dove la cappella con il campanile mantengono inalterato lo spirito e il fascino del passato. Intorno venticinque ettari di verde selvaggio senza inquinamento visivo, né tantomeno uditivo. Ci si sveglia al canto degli uccelli, ci si addormenta col fruscio del vento. Le camere del resort sono distribuite nel borgo, tutte arredate con sobria eleganza contemporanea, originale e minimal al contempo: letti king size, bei tessuti, dettagli scelti con cura. La stessa che permea gli ambienti comuni dove si respira aria di casa, colori caldi, comode sedute, atmosfere avvolgenti. Se la Spa è declinata nei toni del bianco ed è un tutt’uno con i colori del giardino esterno – qui la cromoterapia è naturale -, il ristorante è avvolgente con i suoi colori della terra, preludio della buona cucina di Luciano Villani, giovane chef ma già molto apprezzato dalla critica. Nei suoi piatti affiora con evidenza la voglia di riportare in auge la cucina tipica del territorio e le tradizioni culinarie dell’entroterra campano privilegiando l’uso di prodotti agricoli stagionali tipici del beneventano. L’olio extravergine d’oliva dal colore intenso e profumato, la mela annurca Igp, i salumi e i formaggi del Sannio, i torroni di San

Marco dei Cavoti e l’Aglianico del Taburno sono solo alcuni degli ingredienti con i quali Villani arricchisce i propri piatti che risultano al palato essenziali e ricchi allo stesso tempo. Tra le varie proposte sono certamente da provare: la ricotta di bufala scottata con verdure all’aceto di mele, il cubo di cioccolato fondente e mela annurca e per finire, la ricetta più richiesta: l’agnello Laticauda, tipico del Sannio che accompagnato con patate del Matese cotte con cipolla di Alife, timo e rosmarino dà vita ad una combinazione perfettamente calibrata di sapori. In cucina Artù n°67

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non possono mai mancare i prodotti biologici autoctoni coltivati con cura nei campi limitrofi e poi accuratamente scomposti e ricomposti dallo chef per creare abbinamenti originali in grado di esaltarne il gusto senza mai appesantirlo o snatu-

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rarlo. Una cucina ecosostenibile e mai banale dove la ricercatezza degli ingredienti viene attentamente abbinata ad una ricca carta di vini consigliati dall’impeccabile personale di sala. Merita un plauso anche la prima colazione dove si assapora il latte di latteria nelle tipiche bottiglie di vetro, lo yogurt biologico, le torte fatte in casa e le marmellate di frutta locale, il miele di piccoli apicoltori locali ed

ancora i formaggi freschi sul buon pane fatto dallo chef Villani. Naturale è forse la parola più appropriata per definire l’approccio di questo luogo: dalla cucina ai trattamenti di remise en forme, all’architettura. La mano dell’uomo non ha alterato l’essenza del posto. L’acqua e la pietra bianca sono elementi predominanti che ben si armonizzano con il paesaggio circostante dove spiccano le tinte pure delle rocce e degli ulivi. Anche la piscina appare come scavata nella roccia e immersa tra gli ulivi. E il personale preposto all’accoglienza e alla cura degli ospiti non risulta affatto artificioso nei modi, ma sempre spontaneo e cordiale. Il senso di libertà è totale, si può scegliere di cenare a la cart a lume di candela, sulle note di un pianoforte a coda; ma anche optare per il picnic box servito rigorosamente sul prato sotto gli ulivi.



dal mondo

A Londra, light lunch da

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di Gualtiero Spotti Si può mettere insieme tre momenti di offerta diversi, come breakfast, light lunch, afternoon tea? E soddisfare anche le esigenze gourmet esigenti o di vegetariani osservanti? Ovviamente sì, da Bloomsbury, il fascinoso hotel londinese che propone diversi format all’insegna di professionalità e stile. Londra, a un tiro di schioppo da Tottenham Court Road, da un tempio della cucina asiatica come Hakkasan (che nonostante l’apertura del secondo locale chiamato HKK, a due passi da Liverpool Station, rimane un indirizzo di assoluto prestigio nella capitale inglese), nei pressi del British Museum e con a portata di mano i teatri di Covent Garden, ma anche i vivaci locali di Soho e le vetrine dello shopping. È davvero difficile chiedere di più a un albergo come il Bloomsbury, un quattro stelle risalente agli anni Trenta e ospitato in una sobria magione in stile georgiano nella discreta Great Russell Street. Qui si respira con vigore l’aria un po' aristocratica e internazionale degli hotel londinesi più ricercati, che si percepisce subito non appena si percorrono le austere scale che portano alla reception o entrando in una delle magnifiche suite che uniscono comfort, oggetti dal design misurato e lusso di grande eleganza, senza mai eccedere nell’ostentazione. Una caratteristica, questa, che in qualche modo accomuna buona parte degli alberghi della Doyle Collection (ce ne sono a

Londra, a Cork, a Dublino e a Washington DC) e di cui il Bloomsbury fa parte risultando tra i più celebrati e apprezzati dai clienti, come dicono bene, tra l’altro, le loro valutazioni. Se il gusto classico e un po' antico degli ambienti, così come nelle scelte dell’arredamento, conferisce calore e solidità, uno dei punti di forza qui rimane sempre l’ampia offerta dedicata alla ristorazione, che è capace di abbracciare in un sol colpo le esigenze di chi ama una lunga colazione, un light lunch, l’afternoon tea oppure una cena più completa. Per non parlare del punto di forza del The Juicery, bar apArtù n°67

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dal mondo

prezzato dai vegetariani e più in generale dai salutisti che possono qui sbizzarrirsi in degustazioni di bevande naturali. Ma andiamo per ordine. La sala principale rimane quella del ristorante Landseer, dove il padrone di casa è Paul O’Brien, uno che si è costruito negli anni la reputazione di cuoco dalla basi classiche, ma con alcune buone intuizioni che spingono i piatti verso un’estetica e un incrocio di sapori decisamente più moderno, per non dire insolito. “Classic with a twist” direbbero da queste parti, e sempre giocando in cucina con quello che offre di giorno in giorno il vicino mercato di Covent Garden. Le idee del cuoco portano i menu del Landseer verso una carrellata di prodotti e piatti di diversa provenienza, come dicono senza possibilità di smentita la Ceasar Salad di pollo con parmigiano e acciughe, le Saint-Jacques con haggis e crema di scalogno, il più classico dei cocktail di gamberi con lime a avocado, la Bisque di aragosta con menta fresca, il piatto di mozzarella

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e burrata o l’immancabile salmone affumicato irlandese con capperi, limone e crème fraîche. Poi, come momento clou per ogni buon londinese che si rispetti, ma anche per i clienti che amano vivere in prima persona le tradizioni locali, qui viene servito un cerimonioso Afternoon Tea, nelle ore che vanno da mezzogiorno fino alle sei del pomeriggio, in un luogo dai contorni storici e che ha visto transitare in gioventù anche le principesse Elisabeth (prima di salire al trono) e Margaret. Il Bloomsbury, se si tratta di tradizioni e di servizi per la clientela, non lascia certo nulla al caso. Basti pensare che questo albergo rimane uno dei pochi nei quali viene puntualmente allestito un menu pre-teatro. Perfetto per chi vuole stuzzicare e mettere qualcosa sotto i denti prima di assistere a uno spettacolo nelle vicine sale. Il Bloomsbury offre una serie di intriganti “pacchetti” di tre notti al prezzo di due, ma anche offerte speciali in occasione della vicina Pasqua, per il musical più mirabolante della stagione, “Lord of The Dance”, che dal 13 marzo protrarrà la sua presenza fino al 5 settembre (i biglietti sono inclusi nel pacchetto dell’hotel), per il Retail Therapy, con un voucher da utilizzare da Selfridges,


nella zona più calda per lo shopping sfrenato, o nel più misterioso Uncovered Sherlock Holmes, dove si vive appieno l’atmosfera del più famoso investigatore britannico, seguendone le tracce nei racconti e la storia negli spazi della mostra a lui dedicata, e che si chiuderà a Londra il 12 aprile. Per questa ragione il Bloomsbury offre una sosta da vero londinese, permettendo di godere della città e sentendosene parte. Una caratteristica che non è comune

ai pur grandiosi hotel che capita di incrociare semplicemente muovendosi a piedi nei quartieri limitrofi. Lo scoprirete in quelle due ore di pausa che vi consentiranno di sostare, oziando, nella deliziosa terrazza aperta del Bloomsbury (una delle poche in città), per un coffee break, per un tè o per osservare nelle vesti di perfetto gentleman l’andirivieni cittadino. www.thedoylecollection.com Artù n°67

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Tecnoinox, cottura modulare di design

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di Elisa Facchetti 30 anni fa nasceva a Porcia (Pn) Tecnoinox, azienda manifatturiera specializzata nella lavorazione dell'acciaio inox. L'esperienza nel settore e la lungimiranza di esporsi sul mercato con innovativi sistemi di cottura professionali, hanno permesso all'azienda friulana di specializzarsi nella produzione di linee di cottura modulari e forni, modelli dalle prestazioni ottimali per potenza, efficacia ed estetica. Due stabilimenti, per un totale di 10.000 metri quadrati, costituiscono il quartier generale dell'attività di Tecnoinox: il primo è dedicato alla lavorazione dell'acciaio con l’ausilio di macchinari a controllo numerico, macchine a tecnologia laser e robot di ultima generazione; nel secondo si effettuano il montaggio e il collaudo informatizzato delle apparecchiature. Il tutto supportato da un'esperienza trentennale sul campo: Tecnoinox festeggia infatti quest'anno 30 anni di attività sul mercato delle apparecchiature profesionali per la cottura. Sempre attenta alle richieste di mercato, l'azienda di Porcia ha saputo convogliare il proprio know how nella lavorazione dell'acciaio avviando la produzione di macchine professionali per la cottura, portaban-

Tecnoinox: le linee di cottura modulari L’offerta di Tecnoinox nel settore delle cucine modulari si declina in cinque linee di profondità: 60, 65, 70 e 90 cm, un'ampia gamma per offrire soluzioni sia per piccole cucine, sia per grandi impianti. Nella ricerca della flessibilità, le linee TECNO90 e TECNO74 sono progettate con la stessa modularità di 40 cm e profondità di 90 e 70 cm, permettendo di essere installate ad isola per razionalizzare gli ingombri. Grazie alla grande esperienza e specializzazione di Tecnoinox nella cottura orizzontale, i prodotti sono affidabili, performanti, studiati per semplificare le operazioni di lavoro in cucina e si-

curi: nella progettazione di tutte le linee particolare attenzione è riservata infatti alla sicurezza grazie a dispositivi specifici montati su tutte le macchine. Numerosi elementi removibili, gli ampi canali di scolo e le grandi raggiature delle vasche, facilitano la pulizia per una migliore igiene della macchina.

diera di una importante storia tutta italiana fatta di crescita continua, ricerca sul prodotto, di attenzione al cliente e all'export. Dagli stabilimenti italiani i prodotti Tecnoinox raggiungono più di 50 Peasi nel mondo: oltre l'Europa il Medio Oriente, la Russia, l'Estremo Oriente, l'Africa e l'America Latina. Cinque le linee di cottura modulare che rappresentano la grande dinamicità di Tecnoinox, realizzate per rispondere alle esigenze della piccola ristorazione così come dei grandi impianti di cottura, a cui si aggiungono una completa gamma di forni combinati a controllo elettronico o elettromeccanico, modelli di salamandre ultrarapide o tradizionali, piccole apparecchiature complementari per ottimizzare anche le più semplici operazioni in cucina. Un'offerta, quella di Tecnoinox, evoluta e ampliata nel corso degli anni, fino ad arrivare ad esaudire le diversificate richieste di ogni tipologia di utenza nel mondo della cottura professionale. Una flessibilità produttiva resa possibile grazie alla produzione diretta delle apparecchiature in loco, un plus che Artù n°67

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Forni ad alte prestazioni Tecnologia al servizio della creatività: la vasta gamma di forni programmabili o in versione elettromeccanica, coniuga i vantaggi dell’aria calda forzata e del vapore con i migliori risultati in termini di uniformità di cottura, qualità e perdita di peso del prodotto. I forni Tecnoinox, in dettaglio

A lato: forni misti per gastronomia Tecnocombi sovrapposti con cappa.

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TECNOCOMBI, TECNOBAKE e TECNODUAL, sono strumenti ideali per cotture sottovuoto, con sonda al cuore o per la rigenerazione di cibi abbattuti, lavorando insieme all’abbattitore. In versioni specifiche per pasticceria o gastronomia, i forni sono progettati con particolare attenzione all’ergono-

mia e alla facilità d’uso, strumenti affidabili e di robusta costruzione, potenti e performanti. Nelle versioni che lo prevedono, il ciclo di lavaggio automatico con tre diverse intensità, consente risparmio di risorse, pianificazione e sicurezza igienica delle operazioni di pulizia.

Tecnoinox ha valorizzato puntando sempre più sull'importanza del proprio know how: progettazione, lavorazione della materia prima, assemblaggio e test finale rappresentano le fasi per realizzare ogni modello, sotto attento controllo interno, al fine di garantire un prodotto 100% made in Italy e totalmente affidabile. Cuore pulsante di Tecnoinox l’ufficio tecnico che lavora quotidianamente puntando a performance, risparmio energetico, funzionalità ed ergonomia, senza dimenticare design e attenzione estetica, elementi imprescindibili identificati come plus dei prodotti. Alla progettazione seguono la prototipazione e, nel laboratorio interno, la fase di test su tutte le apparecchiature, elettriche e a gas, queste ultime certificate DVGW. Le cucine professionali Tecnoinox rappresentano strumenti di lavoro completi, sicuri ed eleganti, realizzati nel pieno rispetto ambientale e ottimizzando l'intero ciclo produttivo


per un notevole risparmio energetico. Da tali attenzioni deriva la certificazione integrata di gestione di qualità, sicurezza e ambiente UNI EN ISO 9001:2000, ISO 14001 e BS OHSAS 18001, con la quale Tecnoinox si impegna nella direzione della responsabilità sociale ed ambientale. Una responsabilità che continua anche oltre i confini dei due stabilimenti di Porcia e si estende a livello internazionale. Parte integrante dei prodotti Tecnoinox è il servizio al cliente, ovvero la grande responsabilità che l'azienda del Friuli Venezia Giulia si impegna a mantenere nei confronti dei clienti in termini di tempi di consegna, del know how interno messo a disposizione per la veloce risoluzione dei problemi, competenze linguistiche per facilitare la comunicazione con i clienti esteri. Da sempre Tecnoinox è infatti presente a livello internazionale sui principali mercati esteri in cui realizza oltre il 50% del proprio fatturato, e in cui viene apprezzata la qualità nella lavorazione e nei dettagli, dettagli che fanno la differenza e che identificano l'affidabilità di un prodotto, quello di Tecnoinox, 100% italiano e la serietà di un servizio a 360°.

A sinistra: Linea di cottura a isola con salamandra. A destra: forno misto Tecnocombi 10 teglie con cappa, installato su supporto con portateglie. Sotto: Linea di cottura a isola Tecno90.

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Cucina e innovazione, bollicine e Female Chef “Cucinare” con Electrolux Professional La terza edizione di Cucinare, il Salone dell’enogastronomia e delle tecnologie per la cucina andato in scena a Pordenone, ha visto come partner tecnico per allestire l’arena Stars Cooking Electrolux Professional. Al centro dell’arena infatti è stato posizionato il futuristico Podium III di Molteni, marchio di casa Electrolux Professional che da oltre 80 anni crea design d'eccellenza e tecnologia, un'isola cottura dalla forma ellittica supportata dalle soluzioni più innovative dedicate alla cottura, alla refrigerazione e al lavaggio stoviglie di Electrolux Professional. Le

soluzioni Electrolux erano presenti anche all’interno dello spazio “Arena FIPE Professional” gestita da FIPE-Federazione Italiana Pubblici Esercizi in collaborazione con Ascom di Pordenone, in cui si sono alternati momenti di dimostrazioni e talk show sul tema “Il valore del Bar & Ristorante. Le nuove tendenze di consumo”. La terza edizione di Cucinare si è coclusa all'insegna dell'ottimismo, con un incremento del 33% rispetto al numero dei visitatori registrati nel 2014 e con una grande partner tecnico quale Electrolux Professional.

Vini La Delizia: vola il fatturato Anno record per la cantina Viticoltori Friulani Vini La Delizia che al Consiglio di Amministrazione ha presentato il bi-

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vendita all'estero, una fetta di mercato che da sola vale per Vini La Delizia ben il 55,5% del fatturato globale, con un incremento del 31,10% rispetto al 2013 e dove gli sforzi si sono focalizzati soprattutto in Germania, Russia, Stati Uniti e Cina.

MyChef e Comune di Milano: 100 posti di lavoro con Expo Pietro Biscontin lancio di chiusura 2014 all'insegna di grande positività, registrando un incremento del 34,45% e superando la soglia dei 34,45 milioni di fatturato. Un risultato importante raggiunto con grande impegno su tutti i fronti: dal consolidamento e incremento di nuovi clienti, all'apertura di aree export, soprattutto con l'acquisizione di nuovi distributori negli Stati Uniti. E, sul mercato italiano, grazie anche al successo della linea di spumanti Naonis che ha fatto registrare l'indice di maggior crescita nel canale Horeca. "Quello che si è appena chiuso sarà ricordato come un anno di successi e sicuramente molto positivo per noi di Vini La Delizia dal punto di vista del fatturato e dei volumi - commenta Pietro Biscontin, Direttore Generale della cantina friulana -. L'importante risultato ottenuto è frutto di una strategia di rinnovamento cha abbiamo messo in campo per l'intera linea produttiva. Abbiamo nel corso dell'anno acquisito nuovi importanti contratti di fornitura all'estero e in Italia". A bilancio anche i trend di

Baristi, cuochi, maître di sala: mentre mancano poche settimane all’inaugurazione di Expo, piovono opportunità di business e di lavoro legate più o meno direttamente all’evento. Comune di Milano e MyChef, ad esempio, offrono a 100 ragazzi e ragazze la possibilità di frequentare uno stage formativo che potrà trasformarsi in un posto di lavoro a tempo indeterminato nel mondo della ristorazione. L’offerta riguarda figure professionali da inserire nelle strutture di somministrazione e ristorazione degli aeroporti milanesi, in vista dell’aumento di traffico nei mesi della manifestazione. L’assessore al Lavoro Cristina Tajani si è dichiarata soddisfatta dell’accordo raggiunto con la società di ristorazione milanese guidata da Sergio Castelli che in ambito aeroportuale e autostradale gestisce oltre 160 punti vendita distribuiti su tutto il territorio nazionale. “Grazie a un percorso come questo realizzato con MyChef, vogliamo favorire la formazione e l’inserimento lavorativo di figure professionali spesso carenti sul nostro territorio, come baristi, cuochi, maître di sala, particolarmente richiesti in vista di un appuntamento come Expo”, ha dichiarato Tajani.

Con un Twist... Nato da un'idea di tre amici di college amanti del vino e del design, Twist rivoluziona il modo di ossigenare il vino. Parte del marchio Host, proprietà dell’azienda statunitense True Fabrications, fondata a Seattle nel 2003 e leader mondiale nella distribuzione di prodotti innovativi per il vino, Twist permette di scegliere la quantità di ossigeno più adatta alla bottiglia in base alle caratteristiche del vino stesso. Basta girare la ghiera d'acciaio per decidere quanto aerare il vino. Il filtro interno elimina i sedimenti indesiderati, mentre il misuratore di flusso regola il getto per i vari livelli di ossigenazione. I prodotti Host sono distribuiti in Italia da Home&More, divisione dedicata al mondo della cucina e del vino dell’azienda veneziana Sorma S.p.A.

Dogarina, da G&G al nuovo e-commerce Nuova linea di vini spumanti per Dogarina, azienda vitivinicola di Campodipietra (Tv), che propone ora sul mercato la collezione G&G: Spumante Rosè Brut, Prosecco Doc Brut e Prosecco Doc Extra Dry, con etichette dai colori cromatici brillanti e vivaci, all'insegna di una linea giovane e frizzante. “Sull’onda del successo della linea Cà di Pietra che ci ha aperto le porte dei mercati esteri, abbiamo pensato di replicare con una nuova gamma dedicata agli spumanti, pensata per i giovani, vestita di un packaging fresco e allegro per una nuova avventura internazionale, che può trovare spazio nei wine bar e nei locali di tendenza – afferma Romina Tonus proprietaria insieme al marito Ivano Camilotto – vini pensati proprio per piacere ai giovani e ispirati ai miei due figli Guido e Giovanni”. Nonchè al fondatore di Dogarina, Guido Tonus.



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Vicky Lau L'incremento del fatturato nell'ultimo anno, grazie anche alla focalizazzione sui mercati esteri, e all'attenzione all'andamanto del settore vendite online, ha spinto Dogarina a realizzare un e-commerce, www.shop-dogarina.it, facile da consultare e dove il cliente finale può acquistare i vini da una vera e propria enoteca digitale con ben 100 etichette.

AriZona in PET è più comodo

Ombre dal Veneto con successo Dal Veneto, in particolare nella zona del trevigiano, opera un'importante, sebbene giovane, realtà vitivinicola. Ombre, è questo il nome dell'azienda, si occupa dal 2014 della produzione e commercializzazione di Prosecco Doc extra dry, una passione che ha coinciso anche con la qualità di un prodotto riconosciuto non solo in Italia, ma anche all'estero. Diversi i ristoranti, gli hotel, le gastronomie, le enoteche e i club che nella provincia di Treviso, Padova e Venezia hanno accolto con entusiamo il Prosecco Ombre, così come tanti altri locali in altrettante città italiane quali Roma, Milano e Napoli. Un riscontro positivo che ha permesso all'azienda veneziana di diffondere i propri prodotti in Europa e nel mondo: presenti già in Svizzera, Russia e Cina, Ombre è prossima ad ampliare la diffusione in Serbia e Romania, e le previsioni future vedono USA e Perù, dove già sono stati stabiliti solidi contatti.

Un'idea semplice quanto afficace, indispensabile in cucina per preparare in modo facile e veloce i cubetti di riso per creare piatti a base di sushi. Si chiama Rice Cube il rivoluzionario utensile ideato dall'australiano Ross Patten e si compone di due parti a forma di lettera "C": si apre il coperchio, si fa scorrere la C fino alla posizione di partenza, si riempie con il riso e si chiude il coperchio. Si fa poi scorrere Artù n°67

la verve che Vicky apporta al mondo della ristorazione asiatica”. A cui hanno fatto eco le parole di Aymeric Sancerre, Direttore Comunicazione Internazionale di Veuve Clicquot: “Questo premio prosegue la tradizione di Madame Clicquot Ponsardin, rendendo onore alle chef donna che dimostrano passione, innovazione e spirito imprenditoriale. Il successo di Vicky Lau può essere attribuito alla sua creatività, flessibilità e abilità artistica, tutte qualità che caratterizzano anche la vita e i successi di Madame Clicquot".

Lenti, ricetta di “puro piacere” La preziosa linea di tè freddi AriZona, marchio distribuito in Italia da Biscaldi, cambia abito per incontrare il crescente interesse dei consumaori italiani: le classiche e bellissime bottiglie in vetro, con disegni e colori particolari, saranno proposte in PET da 500 ml, confezioni che, pur mantenendo inalterata la bellezza del packaging, renderanno il prodotto maggiormente fruibile. Le nuove bottiglie sono caratterizzate da uno strato protettivo per gli agenti atmosferici e sono completamente rivestite per migliorare ulteriormente la conservazione e la visibilità del prodotto. Dispongono inoltre di un collarino con rivestimento perforato per facilitarne l’apertura. Nuovi i gusti ideati per la linea in PET: AriZona Zero e Half and Half, bevanda metà tè e metà limonata. Tutta la gamma viene prodotta con ingredienti di prima qualità e senza coloranti, aromatizzanti artificiali e conservanti.

Riso al cubo

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la C verso l’interno e si estrae, e il cubo di riso è pronto. La compressione esercitata per formare il cubetto di riso evita di utilizzare addittivi per compattarlo, quali aceto o zucchero. Ma non solo. Rice Cube può essere utilizzato in cucina con tanti altri ingredienti: patate, carne trita, polenta, verdure, frutta, pasta di mandorle e ogni alimento morbido. Rice Cube è un brevetto internazionale, sicuro con gli alimenti, lavabile facilmente in lavastoviglie e riciclabile al 100%. Distribuito in Italia dalla divisione Home&More di Sorma Spa.

È Vicky Lau la Veuve Clicquot Asia’s Best Female Chef 2015 Il Premio Veuve Clicquot per la Migliore Chef Donna in Asia viene conferito per celebrare il lavoro e la bravura di una chef donna, capace di sorprendere per creatività e passione. Quest'anno Veuve Clicquot ha nominato Vicky Lau, chef e proprietaria del Tate Dining Room di Hong Kong, Veuve Clicquot Asia’s Best Female Chef 2015. Il prestigioso riconoscimento fa parte infatti del programma “Asia’s 50 Best Restaurants” (I 50 Migliori Ristoranti Asiatici), sponsorizzato da S. Pellegrino e Acqua Panna. William Drew, Group Editor di Asia’s 50 Best Restaurants, ha dichiarato: “Siamo lieti di annunciare che Vicky Lau è stata eletta Veuve Clicquot Asia’s Best Female Chef 2015. Il premio è una ricompensa delle sue capacità, immaginazione e abilità artistica, oltre a riconoscere l’originalità e

Da quattro generazioni Lenti produce salumi di alta qualità nella continua ricerca dell'eccellenza nella cottura delle carni. L'ingresso di Ruggero Lenti poi, a capo dell'azienda, ha contribuito a un nuovo posizionamento sul mercato grazie all'introduzione di lungimiranti strategie di marketing e di innovazione, puntando sempre più su prodotti buoni, sani e privi di allergeni quali glutine, lattosio e caseinati, ogm, polifosfati e glutammato, e un contenuto di sale non superiore all'1,84%. Per illustrare il grande impegno nel realizzare prodotti di alto valore Ruggero Lenti, a capo dell'azienda dal 1990, ha organizzato un evento da Taglio, a Milano, un caffè-bar con cucina ed emporio. In degustazione i prosciutti cotti Lenti ricavati da suini italiani provenienti dal circuito di Parma e San Daniele. Un'eccellenza ben definita dal payoff "Puro cotto per puro piacere" – creato dall'agenzia torinese Goodmind, parte del gruppo Pininfarina, che ha restituito una nuova immagine al brand Lenti riposizionando anche l'offerta di prodotto – a cui con la nuova campagna pubblicitaria si aggiunge il claim che vede protagonista la città Torino, "Torino da mangiare" – ideata dall'agenzia di pubblicità Loro di Milano – con cui Lenti ha organizzato un tour in collaborazione con Italian Ways per accompagnare tutti i gourmet alla ricerca dei sapori autentici del capoluogo piemontese.



libri

Spaghetti e lievito madre, olio e alimentazione

Titolo: Spaghetti Robot. Il Made in Italy che ci cambierà la vita Autore: Riccardo Oldani Editore: Codice Edizioni Pagine: 203 Prezzo: 15,00 €

Titolo: Anticancro Autore: David Servan-Schreiber Editore: Pickwick - Sperling & Kupfer Pagine: 356 Prezzo: 10,90 €

Titolo: I maestri del lievito madre Autore: Introduzione di Francesca Romana Barberini. Autori: Luca Bonacini, Marina Caccialanza, Luigi Franchi, Lucilla Meneghelli, Mariangela Molinari, Giulia Zampieri Editore: Catering Pagine: 192 Prezzo: 20,00 €

Titolo: L'olio non cresce sugli alberi Autore: Giovanni Zucchi Editore: Fausto Lupetti Pagine: 183 Prezzo: 15,00 €

Viaggio in un'eccellenza italiana In tempi in cui l'Italia cerca sempre di più di sdoganarsi da un'immagine stereotipata e di affermare il valore della propria tecnologia, non mancano gli esempi di eccellenze inaspettate che pongono il nostro paese all'avanguardia nel mondo. Come il settore della robotica, in cui le industrie e la ricerca italiana primeggiano. Ne parla nel libro il giornalista scientifico Riccardo Oldani. Lontano dai riflettori i robotici italiani, tra i più bravi e creativi del mondo, stanno sviluppando macchine intelligenti che presto potrebbero trasformare le nostre vite, rendendo realtà quello che fino a poco tempo fa era considerato fantascienza: robot domestici, robot operai, robot soccorritori, robot chirurghi o robot da indossare. Riccardo Oldani, che ha collaborato con le principali riviste italiane di divulgazione, racconta nel libro le moltissime eccellenze italiane della robotica, all’avanguardia nel mondo e sconosciute ai più, e delinea un prossimo futuro in cui le macchine pensanti saranno sempre più a contatto con noi.

Sana alimentazione: il nostro scudo Brillante neuroscienziato, David ServanSchreiber ha combattuto e vinto il cancro al cervello che l’aveva colpito a soli trent’anni, decidendo poi di raccontare in questo libro la sua esperienza. Proposto adesso in una nuova versione completamente ampliata e aggiornata, Anticancro, un bestseller da oltre un milione di copie, è un appassionante percorso verso una vita più sana, che lancia un messaggio forte e rivoluzionario: per lottare contro questa terribile malattia dobbiamo potenziare le nostre difese naturali, anche attraverso una più corretta alimentazione. Infatti l’autore fornisce nuovi strumenti e indicazioni per prevenire e per coadiuvare il processo di cura a un tumore, in appoggio, ovviamente, alle terapie tradizionali, attraverso una pratica quotidiana basata su alimentazione corretta, attività fisica, accettazione di sé e serenità. 13 i capitoli illustrati nel volume e alcune tabelle di facile e veloce interpretazione dedicate agli alimenti.

Il dono del lievito Il libro, ricco di fotografie, raccoglie 30 profili, e 30 storie, dei migliori maestri pasticceri presenti in Italia, personaggi famosi, molti noti al pubblico televisivo, detentori dei segreti del lievito madre. Qui si raccontano, si presentano e nel giro di un paio di pagine emergono i punti salienti della loro vita e del loro carattere, grazie alla capacità degli autori di cogliere l'essenziale, per lasciare poi spazio a una ricetta. Ogni maestro infatti regala al lettore una ricetta dal suo più famoso prodotto lievitato. E per ogni maestro pasticcere viene indicata la pasticceria di proprietà con indirizzo completo. Tra i grandi nomi presenti segnaliamo Luigi Biasetto, Enrico Cerea, Iginio Massari, Niko Romito, tra le menti e le mani più creative d'Italia che con pazienza e rigore scientifico hanno dato corpo e anima al protagonista di questo volume, il lievito madre, nonché “piccolo demone” magico che trova in se stesso la forza per cambiare forma, con il prezioso aiuto del proprio maestro.

L'oro verde non ha più segreti L'autore, Giovanni Zucchi, è anche l'amministratore delegato di Oleificio Zucchi, da sempre impegnato per lo sviluppo di una cultura aziendale orientata alla Responsabilità Sociale di Impresa e occupato nella ricerca e sviluppo del business degli oli da olive, nonché nella selezione delle materie prime. In queste pagine svela uno dei segreti dell'olio extra vergine di oliva: l'arte del blending, ovvero l'arte di unire oli da cultivar e provenienze diverse per creare nuovi accostamenti. Dall'ulivo all'olio, Dagli oli ai blend, Il blending secondo me, Capire l'extra vergine, L'extra vergine di oliva in cucina e L'extra vergine nella mia cucina sono i capitoli sviluppati nel volume, a cui seguono 12 inedite ricette dello chef stellato Claudio Sadler, con tanto di belle immagini. Utile il glossario finale e il capitolo dedicato a “La parola agli esperti”.

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Filippo, oste in Albaretto Pier 52 e Pasticceria Rossi FILIPPO OSTE IN ALBARETTO Via Umberto I, 12 12050 Albaretto della torre (Cn) 0173 520141 www.filippogiaccone.com

Grande “ragionevolezza” nell’offerta di Filippo (Daniele) Giaccone: figlio d’arte, è l’erede del grande Cesare che, a pochi metri, conduce la sua mitica “Bottega”, già Ristorante dei Cacciatori, ora luogo di culto gourmet ricco di memoria, calore, umanità. Ma anche di gusto e sapori memorabili. A pochi metri dalla Botega di Cesare, Filippo (classe 1973) ha ovviamente

recepito il grande sapere culinario del padre (lavorando presso la trattoria di famiglia fino al 2004), mettendosi poi “a disposizione totale” della ricerca del bello, non solo in fatto di cucina ma, oserei dire, anche lungo la complessa strada dell’esistenza: materia nella quale i Giaccone sono esperti. Le sue esperienze professionali e umane sono tante e variegate: in Germania, con lo chef Stefan Steinheuers, a Los Angeles, con il grande chef romagnolo Gino Angelini, un maestro per molti, a San Patrignano con Muccioli, ma anche in Grecia, a Mykonos, dove è stato per un breve periodo il mentore culinario di un appassionato gourmet canadese. Il richiamo delle Langhe, però, è troppo forte: solo chi conosce e ama questi luoghi può capirlo. Così, quattro anni fa, il ritorno alle origini, nell’antica sede dell’Osteria dei Cacciatori, quella dove il

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nonno Filippo detto Lipinet (suo omonimo e padre di Cesare) iniziò l’attività. Il ritorno in Piemonte, per Filippo, ha significato mettere esperienza, passione e competenze al servizio delle proprie origini e, soprattutto, assecondare i propri sentimenti, abbinando la nostalgia per un passato ricco di memoria alla volontà di esprimere la propria linea di cucina. E che cucina! Veniteci per comprendere cosa voglia dire “cucina del territorio”, oltre ogni banalità, oltre i tanti luoghi comuni che usano questo termine a sproposito. Da Filippo, affiancato da Silvia, moglie e compagna di vita professionale, si gusta la linea più tradizionale della cucina langarola, ma fuori dagli schemi “acchiappaturisti” a cui tanto Piemonte ci ha ahimé abituati. I piatti di Filippo sono di assolutà originalità, dominati dalla freschezza delle materie prime e dalla stagionalità: “il” cotechino con fondo di lenticchie e crema di parmigiano, carciofi caldi all’olio extravergine con scaglie di parmigiano reggiano 36 mesi “vacche rosse”, carne cruda tagliata al coltello servita con sale grosso e sedano fresco, vellutata di fagioli dell’occhio, tagliatelle larghe “italiane” con ragù d’anatra, coniglio allo spiedo con patate (“non posso toglierlo dal menù” ammette Filippo), carrè di vitello (il controfiletto) alla pietra langarola, bonet, zabajone, tiramisù con le nocciole purissime di Silvano Bruna, cascina Valcrosa di Lequio Berria. Una apoteosi di piatti apparentemente semplici nelle definizioni, ma frutto di un sapere antico che regala sapori distinti e memorabili. Grande selezione di formaggi langaroli. Se poi volete “entrare” nella cucina di Filippo, optate per il menù denominato “Lascia scegliere a Filippo…”: 35 euro per cinque portate indimenticabili. La carta dei vini, ricca e di levatura internazionale, consente di spaziare da grandi bollicine a rossi di struttura e blasone: qualche etichetta di Francia, ma anche molto Piemonte: provate il dolcetto di Danilo Cardelli, che ha le vigne proprio qui ad Albaretto e che produce un vino di ottima beva, un po’ controtendenza rispetto a certi “vinoni” troppo uguali fra loro. Con un particolare non trascurabile: i ricarichi di Filippo sono onesti, più che onesti.

PIER 52 Via Pier della Francesca, 52 20149 Milano 02 33600400 www.pier52.it

Dopo qualche passaggio di gestione, ora il ristorante in zona Sempione è saldamente in mano a Edi Begja, che lo conduce con slancio appassionato. Dominato dai toni del beige e del tortora, Pier 52 è un luogo elegante ma non classico nel senso che comunemente si attribuisce a questa parola. Non a caso, la cucina è nelle mani di uno chef “controcorrente”, quel Pietro Penna, trentunenne discepolo di Sergio Mei, che ha letteralmente sparigliato le carte (nel senso dei menù) del Pier 52. Affiancato da Michele Nigro, guida una brigata vivace che propone piatti fuori dagli schemi: ad esempio, la capasanta con crema di zucca o la mozzarella di bufala campana in carrozza con tartare di salmone fresco sono esempi di antipasti decisamente invoglianti. Pietro, per la cronaca, è stato il primo chef italiano a mettere piede nella brigata di cucina del Four Seasons a Parigi, a conferma di una innata predi-

sposizione alle esperienze complesse e impegnative. Il menù del Pier 52 è notevole per la capacità di spaziare da proposte di sana semplicità (come il guazzetto di moscardini con polenta bianca o il prosciutto di Sauris o la tartare di manzo con crema di pane carasau e insalata di porcini) a piatti più complessi come il baccalà mantecato con scaloppa di foie gras e insalata novella all’olio di pomodoro o, sempre fra gli antipasti, il polpo scottato alla plancia con battuto di capperi e acciughe su stracciatella di bufala. I primi piatti sono riccamente indulgenti verso il pesce, a cominciare dagli spaghetti alla chitarra al gambero viola di Gallipoli e crescione di fonte, alla zuppetta di fagioli all’occhio con cozze e calamari, alle linguine con aglio cremoso, olio e peperoncino e ricci di mare. Per accontentare la clientela carnivora, Edi e Pietro hanno inserito in carta piatti di gusto robusto come i tagliolini alla colatura di taleggio e ragù bianco, i bigoli mantecati al pecorino di grotta e pepe con guanciale di cinta senese, il risotto carnaroli alla milanese con sugo d’arrosto, il tortello di brasato al burro con pane raffermo. I secondi piatti sono equamente divisi fra carne e pesce: spiccano fra gli altri il galletto nero di Miroglio arrostito con purea di patate e colatura

LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza Due corone = Linea di cucina corretta Una corona = Cucina dignitosa e affidabile Corona nera = C’è ancora molto da fare Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza Due cervelli = Ragionevole Un cervello = Abbastanza ragionevole Cervello nero = Scarsamente ragionevole



Numero 67 marzo/aprile 2015

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Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Elisa Facchetti - elisa.facchetti@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it _______________________________________________________________________________________________________

co lo ph o

Hanno collaborato Rebecca Andreola, Giuseppe Arena, Fiorenza Auriemma, Denise Battistin, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Stefano Bonini, Luisa Contri, Davide Deponti, Antonio Ezio, Maurizio Forte, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Rocco Lettieri, Emilio Magni, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Calogero Moscato, Aldo Nenzi, Riccardo Oldani, Anna Pesenti, Gio Pirovano, Alessandra Piubello, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Olivia Vachon, Claudio Zeni, Stefania Zolotti _______________________________________________________________________________________________________

Art director Claudio Rossi Oldrati

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Foto Francesca Brambilla e Serena Serrani (Lucano), Cesare Moroni (Buon Vivere Toscano), Alice Ostan (Gusto in scena 2015) _______________________________________________________________________________________________________

Pubblicità dircom@edifis.it

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Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it

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di fondo bruno (osè, ricorda la cucina dei grand hotel), la fassona piemontese arrostita al pane con cicorini e cipolla rossa. Fra i piatti di pesce, segnaliamo il fritto di paranza con ortaggi in tempura e ostriche crude e la sogliola di Dover, invidia e rapanelli in mantecatura leggera. Una cucina di sapori e croccantezza, quella di Pietro Penna, che non delude e invoglia a tornare. La selezione dei vini, curata personalmente dal patron, è abbastanza unconventional: etichette note e meno note, scelte sulla base di un rapporto qualità-prezzo intelligente. Etichette che non vogliono stupire, ma piuttosto conquistare per la loro qualità. I prezzi di Pier 52 sono abbastanza ragionevoli per Milano, comunque adatti al tono del ristorante, visto che un’esperienza completa si aggira intorno ai 50 euro, bere a parte.

Rossi è un locale storico a tutti gli effetti: guidato dal 1977 fino allo scorso anno da una coppia strabiliante per professionalità e simpatia, Gianni Bianchi e Cristina Abbate, è un luogo cult dell’offerta italiana, tanto ricercata dalla clientela americana che sceglie l’Italia e il lago di Como per riscoprire autenticità e tradizione. Di qui sono passati i rampolli della borghesia milanese ma anche gli schietti pescatori del posto, che si rigeneravano con un buon caffè caldo dopo notti trascorse in barca a pescare agoni e pesce persico. Qui talvolta si vedevano parcheggiate, davanti ai tavolini e alle sedie impagliate, Mercedes Roadster “ali di gabbiano”, MG, Triumph TR4, affiancate dalle le prime Harley Davidson degli anni sessanta, brillanti nei loro smalti cromati. Tempi che non tornano, se non in occasione di qualche sfilata di auto storiche che suscitano nostalgia PASTICCERIA ROSSI e anche un po’ di sana invidia. Ma il Piazza Mazzini, 22 Bar Pasticceria Rossi resiste e non 22021 Bellagio (Co) cambia nulla (o quasi) della propria im031 950196 postazione storica. Il bar offre da sempre Sempre aperto prime colazioni all’italiana, con brioche e croissant artigianali, oltre ad una buona selezione di pasticceria, dolce e Il fascino del luogo non ha uguali: il salata. All’inizio del 2015, Gianni e locale è dei primi del Novecento, essendo Cristina hanno deciso, dopo quarant’anni stato aperto nel 1905 da Antonio Rossi, di onorato servizio, di lasciare la gestione bellagino dalle idee avanzate, che volle a una coppia di professionisti, Giovanni creare un bar elegante, dall’atmosfera Casillo e Antonio Bruschini, che “intenfra liberty e belle epoque, in un momento dono mantenere inalterato il prestigio in cui il lago di Como era frequentato del luogo”, come ci è stato riferito al modalla nobiltà lombarda ma anche dai mento di andare in stampa. La Pasticceria primi flussi di turismo internazionale Rossi, dunque, famosa per il Pan mataloc d’élite (inglesi in primis). Arredato in (specialità bellagina) e per i cocktail legno di cirmolo dalla Premiata ditta “coraggiosi” di Gianni, fra cui Il MilanoGiovanni Galfetti e figli, proprietari di Pa- Torino a base di Campari e Punt & Mes, lazzo Gallio a Como, il Bar Pasticceria continuerà a essere un riferimento indiscusso per clientela locale e turistica, servendo sandwich classici e cocktail speciali, in una logica di semplicità dell’offerta, accompagnata da uno stile classico, inconfondibile, e da una logica di servizio inossidabile.




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