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Gusto | Tendenze | Mercati
Giugno Luglio 2016
75 Cover I Santini: stile e metodo
L’intervista Francesco Cerea
Focus food Londra, Café Royal
Editoriale
Serie A
Complimenti a Massimo Bottura: arrivare primo al “Best 50” è un bel traguardo, motivo d’orgoglio per questa Italia che per troppo tempo ha dato di sé un’immagine riduttiva, incompleta, conviviale, approssimativa, modello pizza pasta e mandolino, insomma. I tempi sono cambiati e, grazie al cielo, la percezione del migliore made in Italy nel mondo (contraffazioni a parte) si è qualificata e rafforzata, arrivando ad essere sinonimo di qualità, gusto, freschezza, tipicità territoriali. E ora anche di alta professionalità, autorevolezza, capacità di comunicare il proprio valore. E questo ci mancava: perciò grazie Bottura, grazie Crippa, grazie Alajmo, grazie Scabin e grazie a tutti quei grandi professionisti che passano ore e ore nelle loro cucine a lavorare, studiare, preparare, selezionare, impiattare. Questi cuochi, spesso imprenditori, sono maestri nelle esecuzioni ma anche, sempre di più, analisti e osservatori dei mercati ai quali si rivolgono. In qualche caso, sono fini intellettuali, capaci di andare oltre gli schematici ruoli di meri cucinieri nei quali parte dell’opinione pubblica li vorrebbe relegare. Oltre alle materie prime e alle tecniche, conoscono bene i loro clienti, il bacino di territorio su cui ope-
uscita dalla crisi. Certamente, risultati come quelli di New York contribuiscono a migliorare la nostra immagine, ma la sensazione è che l’Italia (gli italiani, meglio) si sia impermeabilizzata, continuando la sua parabola fra alti e bassi, seppure illuminata da astri, comete e stelle. Molte nuove aperture, a Milano o a Roma, fanno dire ai media che il settore dell’alta ristorazione è in netta ripresa, bene: alle inaugurazioni, però, deve seguire la risposta dei mercati, che non rano, i cambiamenti sociali, i flussi e i movimenti sono solo l’evento estemporaneo o la lode della internazionali che portano nei loro ristoranti gourmet critica, ma anche il raggiungimento dei business delle più diverse provenienze. E qui arriviamo al auspicati. Quando lo scenario è troppo competitivo, punto: per essere veramente grandi nel mondo ab- è necessario che ogni attore giochi le proprie carte biamo bisogno di contare su un mercato interno vi- evidenziando stile e caratterizzazione, per essere vace, su consumi più forti e strutturati, su una diverso dai concorrenti. È dall’insieme delle unicità clientela più curiosa e più spendente. Ben venga che si può consolidare la “nuova onda” che ha la clientela internazionale a sostenere la nostra invaso l’Italia. Il rischio, altrimenti, è l’omologazione. economia, ma questo non può bastare a vincere Perciò alla “facciata” dobbiamo preferire la sostanza, le sfide. Dobbiamo essere forti innanzitutto nel quella vera, fatta di ingredienti e materie prime, ognostro Paese. L’alta ristorazione deve poter contare getto della passione degli chef ma anche della su una clientela italiana, prima di tutto. È qui che loro interpretazione contemporanea, fatta di genialità dobbiamo chiudere in positivo i nostri bilanci. E e, insieme, di ragionevolezza = questo, a parte rare eccezioni, non accade: perché l’Italia, anche se è vietato dirlo, non è ancora Alberto P. Schieppati
1 Artù giugno/luglio 2016
Sommario
Giugno/Luglio 2016
In copertina: la famiglia Santini, dal Pescatore di Canneto sull’Oglio (Mn). Un gruppo di lavoro solido e compatto, fondato da Nadia e Antonio, che vede protagonista la giovane generazione: Alberto, sommelier, e Giovanni, executive chef. Con la supervisione di Nonna Bruna, garanzia di tradizione (ph. Philippe Scaff).
A 4 News Cover story 12 Il metodo e lo stile: Santini, la famiglia vince L’intervista 18 Famiglia Cerea, condottieri di razza L’opinione 24 Uovo sodo e Zibibbo. Evviva Don Ciccio! Storie di successo 26 Teo Musso, Baladin: passione e impresa 30 San Domenico di Imola, icona sempreverde 34 Da Berbel a Torino, si cena in “sala Marchionne” Focus food 38 Bristol di Rapallo, stagioni e territorio 40 Anche in corsia si mangia gourmet 44 S.Pellegrino Sapori Ticino, Stauffacher punta alto 46 Sfida mediterranea, Conti vs Cerea 48 Piacere, Rosaria: sono l’arancia dell’Etna 50 Gnocchi Kitchen Bar, anche Scarello fa il bis 52 Da Gigione a Pomigliano, la rivoluzione dell’hamburger 54 Atelier Nespresso, declinazioni gourmet Focus wine 56 Emirates, che carta! In volo con grandi etichette 58 Cantina Tollo, è tempo di vino vegano 60 Georg e Julia Weber, vignaioli di Maremma Focus beverage 62 Gruppo Norda: “Acque minerali d’Italia” 66 Birra, si degusta e si abbina! 68 H41°, la nuova lager di Heineken La ricetta di Artù 70 Riso e stracchino secondo Camanini La foto di Cioffi 73 Dany Stauffacher Accueil 74 Café Royal a Londra, la chef è pastry 78 Aman Venice, la mano di Oldani Equipment 82 Pentole Agnelli, sinergia in cucina 86 Cifa, con Evolution la mise en place è bio 88 Brand news Libri 90 I cuochi secondo Visintin. Olio di Puglia e intolleranze Alberto’s Choice 94 Silvia Moro, quando chef si declina al femminile
direttore editoriale Alberto P. Schieppati
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News Torna a Norimberga BrauBeviale 2016 Torna al Centro Espositivo di Norimberga la terza edizione di BrauBeviale, il Salone internazionale dedicato al beverage, una delle fiere europee più importanti dedicate alla produzione e commercializzazione di birra e bevande leggere. La mostra, in scena dall’8 al 10 novembre 2016 e organizzata da NürnbergMesse GmbH, si pone l’obiettivo di presentare l’intero ventaglio merceologico legato al mondo dell’industria delle bevande: materie prime pregiate, tecnologia innovativa, logistica e idee di marketing creative. Sullo slancio dei risultati della scorsa edizione, che ha fatto registrare 37.137 visitatori e 1.083 espositori, anche per l’edizione 2016 sono attesi risultati più che positivi. ________________________
La Big Bench di Cascina Castlèt Tra le vigne dell’azienda vitivinicola Cascina Castlèt, a Costigliole d’Asti, è stata inaugurata la prima delle tre Big Bench, le Grandi Panchine dell’artista Chris Bangle per i 40 anni del Passum, la Barbera d’Asti di Mariuccia Borio. La prima Panchina Gigante, color Barbera d’Asti, è stata dedicata al marchese Filippo Asinari di San Marzano. “È solo l’inizio di un progetto di valorizzazione della bellezza del nostro paesaggio - ricorda Mariuccia Borio, titolare di Cascina Castlèt -. La panchina è un gesto di accoglienza verso chi arriva: tutti possono vederla, sedersi sopra e gioire del bel paesaggio. La grandezza della panchina è un simbolo di convivenza: sopra ci può stare seduta tanta gente. E infine, ci piace il cambio di prospettiva dovuto alle grandi dimensioni: fa sentire chi si siede come un bambino che non tocca con i piedi per terra e può tornare a sognare e a meravigliarsi della bellezza del paesaggio”.
Amorim, con NDtech® la rivoluzione del tappo in sughero Amorim Cork Italia ha messo a punto un rivoluzionario sistema di certificazione per garantire ai propri clienti tappi in sughero naturale con la garanzia di TCA non rilevabile grazie a NDtech®, tecnologia di controllo che permette di eliminare i pezzi contaminati da tricloroanisolo. Il procedimento rileva la presenza di una molecola con un grado di 0,5 nanogrammi di TCA per litro (parti per trilione) e rimuove in modo automatico e veloce i tappi non idonei. La nuova tecnologia sarà inizialmente applicata alle chiusure utilizzate da alcuni tra i più importanti marchi del vino al mondo: tra tutte, le cantine italiane sono state tra le prime ad essere interessate all’acquisto dei tappi sottoposti alla tecnologia NDtech®. Carlos Santos, ad di Amorim Cork Italia ha dichiarato: “Questa tecnologia innovativa presenta l’opportunità di sfruttare i vantaggi esclusivi del sughero naturale sostenibile, sapendo che Amorim ha esaminato e garantisce ogni singolo tappo. L’Italia, con la sua grande storia di vini, aspettava da anni una soluzione del genere. Il sughero è la miglior chiusura per il vino, ora questo diventa innegabile: con NDtech® la remota possibilità di trovare una bottiglia alterata dal gusto di tappo viene superata. Offriamo una garanzia importante e totale alle cantine che lo richiedono: tappi controllati singolarmente”.
Vranken-Pommery Monopole Riedel Veritas, nuove al Concorso d’Eleganza Villa possibilità di degustazione D’Este 2016 La Maison di Champagne di Reims Vranken-Pommery Monopole è stata partner, per il settimo anno consecutivo, del Concorso d’Eleganza Villa D’Este 2016 andato in scena a Cernobbio e patrocinato da BMW Group. L’evento, come di consueto, ha ospitato un parterre di auto e moto d’epoca che hanno sfilato sulle rive del lago di Como. Ad allietare la due giorni all’insegna della bellezza e dell’eleganza, lo champagne Royal Blue Sky, novità del 2016 di Pommery, accolto in una bottiglia completamente azzurra, impreziosita da una texture di crocine d’oro a rilievo. E nella suggestiva cornice del Grand Hotel Villa D’Este e di Villa Erba è stato assegnato anche il prestigioso trofeo Vranken-Pommery.
4 Artù giugno/luglio 2016
Il successo della collezione Riedel Veritas ha spinto Maximilian J. Riedel, Ceo e designer delle linee di bicchieri e di decanter, a sviluppare la collezione con altri due nuovi calici, uno dedicato alla birra e uno per i distillati. “Inizialmente la forma del calice della birra era destinata allo Champagne - ha spiegato Maximilian J. Riedel - ma a seguito di degustazioni professionali e di diversi test con i produttori, è stato stabilito che il profilo del bicchiere era perfetto per la birra. Allo stesso modo, abbiamo migliorato la già conosciuta forma a tulipano del calice Vinum Hennessy, grazie a uno stelo più alto, adattandolo a una nuova e ancor più elegante versione per la linea Riedel Veritas”. I calici di questa linea, adatti a un uso quotidiano e domestico, sono realizzati a macchina e soffiati in cristallo di estrema sottigliezza per renderli i più leggeri al mondo.
News
Acqua Chiarella, equilibrio perfetto Nasce dal Monte Grona, la montagna che sovrasta la conca di Plesio sul lago di Como, la sorgente di acqua minerale di acqua Chiarella, unica per la sua limpidezza e per l’equilibrio perfetto di sali minerali, povera di solfati e di sodio che la rendono indicata per la preparazione degli alimenti dei lattanti (riconosciuta dal Ministero della Salute). Chiamata “l’acqua buona” dalla popolazione locale per la sua qualità, acqua Chiarella viene imbottigliata nello storico stabilimento - ribattezzato come il più panoramico d’Europa inaugurato nel 1965 a soli 650 metri dalla sorgente. I titolari Anna Giugno e Andrea Renzo Vaccani, madre e figlio al timone dello stabilimento Acque Minerali Val Menaggio S.p.A., hanno scelto di investire nel territorio e non spostare la logistica, mantenendola nel suo luogo di origine. Una scelta importante per favorire e incentivare la vitalità dei piccoli comuni che si affacciano sul lago di Como e per sottolineare il forte legame con il territorio, facendo di acqua Chiarella ambasciatrice di un prodotto di qualità in Italia e nel mondo. I mercati esteri rappresentano infatti per Chiarella un mercato in forte crescita che oggi rappresenta il 25% del fatturato e l’obiettivo è di raddoppiare questo risultato nel prossimo triennio.
Rizzoli Emanuelli, qualità trasparente Con sede a Parma, Rizzoli Emanuelli è un’azienda storica nel mercato delle conserve ittiche. Attiva dal 1906 ha da sempre sposato la filosofia di una pesca sostenibile rispettosa dell'ecosistema marino, nonché l’utilizzo di packaging innovativi. Ed è proprio per dare prova della qualità dei prodotti ittici che Rizzoli ha realizzato una nuova confezione per i filetti di sgombro grigliati in olio d’oliva: una lattina con coperchio trasparente di facile apertura grazie al metodo “easy peel”, prodotto unico sul mercato che permette al cliente di verificare la qualità del prodotto grazie alla trasparenza del coperchio. I filetti di sgombro, lavorati a mano e cotti a vapore per mantenere intatte le qualità nutrizionali, sono poi grigliati singolarmente. Ricca di Omega3, la nuova referenza Rizzoli Emanuelli è nata da un’attenta ricerca sulle preferenze dei consumatori, da cui è emerso come delicatezza ed equilibrio del sapore, consistenza, qualità della grigliatura siano gli aspetti maggiormente percepiti e graditi. La confezione in lattina con coperchio trasparente è disponibile sugli scaffali della grande distribuzione nella versione da 125 grammi. Rizzoli Emanuelli propone un’ampia selezione premium che comprende alici, tonno e sgombro in diverse linee per la famiglia e per la ristorazione.
6 Artù giugno/luglio 2016
Birra Theresianer, nuova varianti stessa qualità
L’Antica birreria di Trieste 1766 arricchisce la sua gamma di birre pregiate. Theresianer IPA 0.33 l, prima birra non filtrata della birreria in piccolo formato, denota una spiccata nota di luppolo e l’aroma dell’India Pale Ale sprigiona sentori di fiori e agrumi. Novità anche Theresianer Bock alla spina, una birra ambrata, non filtrata, a bassa fermentazione, già disponibile nel formato 0.75 l, che si presenta ora anche nelle nuove varianti in fusto d’acciaio e nel fusto KeyKeg®. Pluripremiate a prestigiosi concorsi internazionali, le birre Theresianer sono prodotti unici, anche grazie all’utilizzo di acqua proveniente da una purissima falda prealpina e di malti e luppoli di qualità superiore, oltre alla competenza e professionalità di esperti mastri birrai. ________________________
Il gelato Callipo ora in Australia Sulla scia degli ottimi risultati registrati nel canale ho.re.ca, soprattutto la linea Tartufi, Gelateria Callipo punta sempre più all’estero: oltre il 50% del fatturato del 2015 deriva infatti dai mercati esteri come Gran Bretagna, Australia e Paesi dell’America Latina, percentuale che nel 2016 vedrà, secondo le stime, un aumento del 20% e un incremento sul mercato italiano del 10%. Tra le nuove referenza il Tartufo al Limoncello: gelato al limone di Sicilia con panna ricoperto da una granella di meringa e cuore fluido al limoncello all’interno.
Selida, il nuovo Gewürztraminer di Cantina Tramin Gewürztraminer in purezza, ottenuto da una selezione di vigneti situati a un’altezza che varia dai 300 ai 500 metri slm, con esposizione sud-est, su terrazzamenti tra i più ripidi in questo territorio. Parte da qui il progetto di creare un Gewürztraminer unico che Cantina Tramin battezza Selida, nome da radici profonde nella storia dell’Alto Adige: nella lingua locale di un tempo significava quello che oggi si definisce “piccolo maso”, piccola realtà agricola tipica di queste valli, un luogo che rappresenta un micro sistema ideale, un modello produttivo tipicamente altoatesino su cui si fonda appunto Cantina Tramin che riunisce nella sua cooperativa 300 piccoli proprietari che coltivano 260 ettari di vigneti. Selida è infatti un tributo alla cultura millenaria contadina fatta di persone che lavorano la terra e che gestiscono da generazioni queste vigne. Dal caratteristico colore giallo paglierino intenso dai riflessi dorati, Selida 2015, nel calice rivela la sua carica aromatica. Note intense di petali di rosa, bouquet fiorito-fruttato che muta e si evolve in sentori di litchi e spezie e che rilascia al palato una freschezza sorprendente. Strutturato, rivela una consistenza setosa e una mineralità di grande equilibrio. Ottimo per accompagnare gli antipasti a base di pesce, crostacei e frutti di mare, è ideale anche con i piatti della cucina creativa o in abbinamento a cibi più speziati, come quelli della cucina orientale.
Rummo, ora la pasta è anche gluten free Il pastifico beneventano ha presentato la nuova linea di pasta senza glutine. E lo ha fatto proprio nella settimana della celiachia, per dimostrare la grande attenzione al benessere e alla salute di chi è affetto da allergia o intolleranza al glutine. Dopo 170 anni di dedizione alla pasta, Rummo si fa portavoce di un problema che colpisce molte persone, lanciando sul mercato una linea di pasta gluten free sicura e sana, l'unica, a oggi sul mercato, a essere trafilata al bronzo. Sei i formati di pasta realizzati: Spaghetti n. 3, Linguine, Fusilli, Mezzi Rigatoni, Penne Rigate e Stelline, prodotti senza ogm, con riso integrale, mais bianco e giallo, ottime materie prime selezionate, come ottimo è il prezzo rispetto ad altre paste gluten free. Pasta Rummo senza glutine è distribuita in diversi canali: nelle farmacie e negozi specializzati il pacco da 400 gr. costa 2,39 euro, mentre nella grande distribuzione 1,99 euro. Il pastificio Rummo è inoltre licenziatario del marchio Spiga Barrata, concesso dall’AIC - Associazione Italiana Celiachia.
News
Eletto il “Best Sommelier of the World 2016”
Coca-Cola, con Kinley il gusto della mixability
È stato lo svedese Jon Arvid Rosengren, 31 anni, ad aggiudicarsi a Mendoza il titolo mondiale Best Sommelier of the World 2016, manifestazione sponsorizzata da Moët & Chandon e promossa da A.S.I., l’Association de la Sommellerie Internationale. La XV° edizione del concorso, per la prima volta dal 1969 organizzata in Argentina, ha visto durante il primo giorno di prove 60 sommelier provenienti da tutto il mondo riuniti al Park Hyatt Hotel di Mendoza, a gareggiare per il titolo più prestigioso della sommellerie. Tre i finalisti annunciati dal palco dello storico Teatro de la Independencia di Mendoza: Julie Dupouy, dall’Irlanda, David Biraud, dalla Francia, finalista del campionato mondiale in Chile nel 2010, Jon Arvid Rosengren dalla Svezia, già Best Sommelier of Europe 2013. Grande l’emozione di Jon Arvid Rosengren alla sua proclamazione di Best Sommelier of the World, annunciata da Benoît Gouez, Chef de cave Moët & Chandon, che gli ha consegnato lo straordinario trofeo d’argento firmato Moët & Chandon. Nella foto Jon Arvid Rosengren con il Presidente A.S.P.I. – Associazione della Sommellerie Professionale Italiana Giuseppe Vaccarini, Miglior Sommelier del Mondo 1978.
Coca-Cola è da sempre protagonista dello “stare insieme”, quando convivialità e spensieratezza rendono unica l’esperienza di consumo, grazie ad una gamma di prodotti dedicata alla mixability: che si parli di aperitivo o di dopocena, nei trendy bar l’iconica bottiglia Contour di Coca-Cola e Coca-Cola Zero nel formato VAP 25cl, è affiancata da Kinley acqua tonica VAP 20cl e dal nuovissimo pack di Kinley Bitter Lemon, un’elegante bottiglia in vetro con etichetta metallizzata perfetta per il mondo premium. Il nuovo pack completa la gamma Coca-Cola e accompagna il consumatore in un’esperienza di consumo personalizzata: servendo la bibita a parte, sarà egli stesso a mixare il suo cocktail, creando così una personalissima versione dei cocktail più popolari in Italia come Cuba Libre, Vodka Lemon, Gin Tonic e Gin Lemon.
Nude, il design del vetro sonoro Premium brand dell’azienda turca Sisecam, specializzata nella lavorazione del vetro, Nude si distingue per la gamma completa di soluzioni per l’hospitality caratterizzata da un design funzionale: “Questo è il motivo per cui è stato concepito Nude. Glassware incantevole ed essenziale allo stesso tempo, che celebra la perfezione del vetro e valorizza la location - commenta Massimo Leonardi, con Sisecam in Italia da oltre 30 anni -. Nude è un marchio trasversale con collezioni dedicate a ristoranti e alberghi che dedicano particolare cura all’allestimento e alla presentazione”. Tutte le collezioni, dai calici per i diversi tipi di vino ai tumbler, dalle brocche ai posacenere, fino alle lampade da tavolo, sono realizzate in vetro sonoro superiore senza piombo, le cui caratteristiche tecniche garantiscono un'altissima qualità del prodotto finito: trasparenza al 99%, resistenza a oltre 5.000 cicli di lavaggio in lavastoviglie professionali, robustezza, lunga durabilità. Tra le novità per il 2016 Nude propone una selezione di bicchieri e coppe Martini per la mixology art e gli esclusivi Fantasy, calici alti soffiati a bocca dedicati ai ristoranti di fascia alta. Nella foto: Nude - Ice cube porta gelato.
8 Artù giugno/luglio 2016
News Spumador, nuovi gusti nuovo pack Sono tre le new entry nel mondo delle bibite gassate Spumador. Il nuovo design della bottiglia in vetro monodose da 25 cl presenta anche una rinnovata etichetta trasparente per esaltarne il contenuto dove appare in primo piano l’ingrediente principe cha caratterizza la bibita. Gazzosa, Tonica e Chinotto riprendono le ricette della tradizione italiana esaltando il gusto grazie all’utilizzo di materie prime pregiate come il Limone Femminello del Gargano IGP e il Chinotto di Savona. Le tre nuove proposte Spumador affiancano e completano le storiche bibite dell’azienda: la Spuma Nera 1938, la Spuma Bianca e il Ginger, realizzate senza conservanti e dolcificanti artificiali.
Gruppo Barilla, sostenibilità e innovazione
Nuova veste per Girofle di cantina Garofano
Risultati più che positivi per il Gruppo Barilla. I dati relativi al bilancio economico riferiscono un fatturato in crescita pari a 3.383 milioni di euro, mentre il rapporto di sostenibilità “Buono per Te, Buono per il Pianeta” rivela come la filosofia imprenditoriale del Gruppo abbia fatto registrare negli ultimi tre anni, una riduzione di grassi in ben 73 prodotti e di sale in 15 prodotti, con una riduzione del 23% delle emissioni di CO2 e una diminuzione del 19% del consumo di acqua per tonnellata di prodotto finito. Uno slancio che prosegue anche nell’innovazione tecnologica. Barilla ha infatti presentato la nuova stampante 3D per la pasta: il tecnico disegna una forma sul computer e le informazioni vengono tramesse alla stampante che le materializza nelle forme volute, già pronte per cuocere. Un progetto che, sebbene ancora in fase sperimentale, sta già producendo ottimi risultati.
L’anno 2015 rappresenta per Girofle, rosato da uve negroamaro della cantina di Copertino, quello della medaglia d’argento al Concorso del Mondial du Rosé organizzato dall'Unione degli Enologi Francesi. Il vino identitario della produzione, giunto alla sua undicesima vendemmia, ha una nuova bottiglia borgognotta con un’etichetta che recupera i temi di quella storica rivisitandoli. Elemento distintivo del layout è la linea che dalla nascita del progetto Girofle, avvenuta nel 2005, le unisce tutte e le proietta verso la prossima e quella successiva ancora. Il nome francese ispirato alla spezia chiodo di garofano è stato scelto non solo per il gioco di parole ma soprattutto perché l’autore ha avuto sempre il chiodo fisso di arrivare all’eccellenza del vino di qualità. Il colore dai toni cerasuoli precede profumi di fiori e sfumature di frutti rossi seguiti poi da un sorso piacevole, di buona freschezza al palato.
10 Artù giugno/luglio 2016
Cover story
di Alberto P. Schieppati
Atmosfera che vale il viaggio, piatti che fanno dire “wow”. La tradizione, qui al Pescatore di Canneto sull’Oglio, rinasce e si consolida ogni giorno. Primavera inoltrata, è quasi estate in Pianura Padana. dei piatti. Poi, la giovanile ma ben strutturata freschezza Una domenica di maggio postgrandine non è un di Giovanni, la inappuntabile, colta precisione di giorno come tutti gli altri: infatti, e non a caso, Artù Alberto. E la silenziosa, autorevole presenza di nonna ha scelto dal Pescatore per festeggiare la vita, il Bruna, vigile custode delle tradizioni e artefice della ritorno della luce dopo una giornata non facile. E, lo continuità fra la storia di ieri e quella di oggi. Giá, la confessiamo, nessuna scelta poteva essere migliore. tradizione, un repertorio formidabile, a cui tanti (quasi Una “sosta” (fra l’altro, Antonio Santini è vicepresidente tutti) dicono di ispirarsi ma, in molti casi, dimostrano delle Soste) di quelle che valgono. Varcata la soglia solo di avere orecchiato qualche vecchia ricetta, della magione di campagna di Runate, dove la spesso banale, buona anche, ma mai memorabile. famiglia Santini vive e lavora, si entra subito in un Dal Pescatore è tutta un’altra storia. E la terza visita altro mondo: i profumi del gusto in dieci anni conferma uno stanpervadono l’ambiente. Alberto, dard inossidabile, in cui i piatti il sommelier imprenditore che “Giovanni in cucina con esprimono reale aderenza alla governa la cantina, si muove con storia della materia, alla qualità Nadia e nonna Bruna, degli ingredienti, alle loro migliori sapiente eleganza fra i tavoli, Antonio, il padre, l’anfitrione, intrat- Alberto in sala con papà possibilità di utilizzo. Perché qui tiene clienti californiani, i giovani non si sperimenta, né si contaAntonio e Valentina, di sala, come felini attenti, sempre mina, bensì si costruisce giorno pronti ad avvicinarsi dolcemente dopo giorno la perfezione dei rimoglie di Giovanni. ai tavoli, assecondano le necessultati, con il contributo di tutti. Il valore della squadra È la squadra che vince, non l’assità dell’ospite, sottolineando con i fatti l’importanza del servizio. solo dell’uno o dell’altra. E i vini, è fondamentale” I livelli dell’accoglienza qui sono racchiusi in una carta strabiliante altissimi, senza forzature, come per quantità di etichette e per per rispondere in modo naturale alle altrettanto qualità di millesimi, sono l’altro elemento di richiamo naturali aspettative di chi ha fatto molta strada per per la clientela che si accosta al dal Pescatore dei raggiungere questo tristellato lombardo, reso celebre Santini con religiosa (ma non liturgica) curiosità. dalla capacità (e dalla grazia, dallo stile, dalla Alberto Santini ha proposto Ca’ del Bosco Cuveè cortesia) di Nadia e dalla classe di Antonio, un radar 2006 come inizio, presentato e servito in modo imumano capace di intercettare i pensieri dei clienti peccabile, per proseguire poi con Gewürztraminer con quell’anticipo che distingue i fuoriclasse dai 2010 Schlumberger e Gevrey Chambertin 2012, vini bravi. E, dovendo indicare i valori che tengono alta la performance globale de dal Pescatore, metterei innanzitutto la classe di Antonio, insieme allo stile In alto: l’ingresso del Ristorante dal Pescatore. delicato di Nadia, alla sua cura estrema nell’esecuzione A lato: la famiglia Santini (ph. Philippe Schaff).
12 Artù giugno/luglio 2016
Il metodo e lo stile: Santini, la famiglia vince 13 ArtĂš giugno/luglio 2016
Cover story
che presuppongono grande conoscenza in materia. I piatti di Giovanni e di Nadia escono dalla cucina con tempismo perfetto, l’orchestra qui funziona in modo impeccabile: non è una sviolinata, ma un dato di fatto i cui risultati concreti dovrebbero essere un traguardo a cui ambire da parte di tanti chef che, magari troppo presi da “altre cose” (come tv e altre amenità mediatiche), trascurano la scena più importante, quella che ha luogo nella propria Casa e che ha i propri clienti come protagonisti. Il susseguirsi dei piatti è una sequenza ritmata di sapori che confermano una volta di più un’idea di cucina solida e rotonda, senza sbavature né sperimentalismi dotti, ma fortemente orientata alla totale supremazia degli ingredienti, della loro freschezza, della loro origine. Un sapiente uso della materia, privo di presunzioni e ricco di misura, in un contesto che privilegia il territorio e i suoi migliori interpreti. I piatti degustati sono rimasti impressi nella memoria: la Composta di pomodori, il Sorbir d'agnoli, gli Agnoli in brodo di gallina (ricetta di Nonna Bruna), l’Anguilla del Mincio in carpione al profumo d'arancia, i Tortelli di zucca (zucca amaretti mostarda e parmigiano reggiano). E ancora, le Fettuccine di pasta all'uovo in guazzetto con calamaretti bottarga di muggine e crema di piselli, il Branzino al limone di Sorrento e fantasia di frutta fresca, il Petto d'anatra al balsamico tradizionale e mostarda di frutta, le Lumache Petit Gris della pianura con salsa di erbe aromatiche e aglio dolce, allevate a Mariano Mantovano, incredibili per callosità
e consistenza. Numeri uno per stile, eleganza, compostezza. La cucina è da sempre nelle salde mani di Nadia e, da ormai oltre quindici anni, di Giovanni: madre e figlio che si combinano perfettamente con l’esperienza dell’una e la metodologia dell’altro. La sala è nelle salde mani di Alberto, entrato in azienda nel 2000, uomo del vino a 360 gradi, appassionato e competente, e di Antonio, che non si smentisce mai, forte della sua impronta umana e grande comunicatore. “Oggi siamo alla quarta generazione dei Santini: una storia di famiglia nata alla fine degli anni Venti del secolo scorso, quando i miei nonni aprirono il ristorante dal Pescatore”, dice Antonio. È passato quasi un secolo da allora e di traguardi ne sono stati raggiunti molti, culminati con l’assegnazione della terza stella da parte di Michelin, nel 1996. L’ingresso successivo di Giovanni (classe 1976) e Alberto (classe 1983) segna la svolta nella continuità di questo ristorante, sicuramente uno dei migliori d’Europa. Giovanni Santini, con cui abbiamo scambiato qualche opinione, è una voce fuori dal coro: laureato in scienze e tecnologie alimentari, a 18 anni si è trovato di fronte a un bivio: girare il mondo per fare esperienza o privilegiare la solida realtà di una maison di charme e cercare di mutuare il più possibile insegnamenti, stili di lavoro, dettagli preziosi da fare propri e da coltivare con tenacia e metodo. Già, il metodo: “Nella vita credo che il metodo sia fondamentale, un valore essenziale per affrontare e risolvere i problemi - dice Giovanni -. L'approccio ai problemi
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della vita (e della complessa attività di chef) ha sicuramente bisogno di un approccio ben definito, consolidato e rigoroso. Credo che - continua Giovanni per arrivare a dare spazio reale alla fantasia e alla creatività, per fare bene tutti i giorni, la passione debba essere accompagnata da una visione organizzativa seria e collaudata, oltre che da un continuo studio e da una conoscenza approfondita della materia: per noi è fondamentale cercare di fare il massimo, in quanto la nostra attività non può permettersi sbavature o facili sperimentalismi. In questo senso, per raggiungere risultati di alto livello, il
Nella pagina a lato: la veranda del Ristorante dal Pescatore (ph. Philippe Schaff) e il Couleurs d’Italie (menu 2015) di Alain Vavro. Sopra: Tortelli di zucca (ph. Francesca Brambilla) e sotto Spigola al limone di Sorrento e fantasia di frutta fresca.
è un valore, non una forma di dipendenza”. Si intuisce una grande saggezza nelle parole di Giovanni che, interrogato sul ruolo della tv nel lancio e nella valorizzazione della figura dello chef, ammette: “In un certo senso, il calciatore adesso è diventato lo chef: la sua notorietà, grazie al sistema mediatico, è sicuramente aumentata. Anche se credo che la tv faccia passare un messaggio che interessa soprattutto a se stessa, sarebbe ingenuo sostenere che certe trasmissioni non rendono un buon servigio alla società” Quali sono gli chef più amati? Tanti. Penso agli Alajmo, a Bottura, a Scabin, gente che ti dice quello che pensa... Qualcun altro? Come dicevo, sono tanti i bravi: Cedroni, Uliassi, Giancarlo Perbellini… Ripeto: amo le persone che dicono quello che pensano... Veronelli, per esempio, era uno di questi. Credo che valga sempre la pena di correre questo rischio: esprimere il proprio pensiero, senza ipocrisie, metodo è fondamentale”. E ancora: “Penso sia ne- paga sempre, alla lunga. cessario, nella vita come nel lavoro, avere un senso Mamma Nadia agli antipasti e ai secondi, lei ai del limite, senza strafare, senza ambire a tutti i costi primi e ai dolci: come vi dividete il lavoro? a protagonismi forzati. Deve prevalere la serenità, In cucina c’è una piccola orchestra: io e la mamma che deve essere trasmessa anche agli ospiti. Il lavoro più sei ragazzi in cucina, più nonna Bruna, la sovrin-
15 Artù giugno/luglio 2016
Cover story
tendente; il nostro è un vero lavoro di squadra. La cultura e il sapere dei mei genitori si trasmettono ogni giorno nell’amore e nella passione con cui confezioniamo ogni singolo piatto. Che viene preparato sempre al momento: in questo modo risparmio tempo, inutili preparazioni anticipate e il piatto esce perfetto, migliore, fresco. Da quando ho iniziato l’attività ho sempre ritenuto che la cosa più corretta fosse di preparare all'ultimo momento: credo che sia una forma di rispetto per le persone, a cui la cucina de dal Pescatore deve dare sempre il meglio. Si parla molto di “equilibrio” dei piatti: che ne pensa? Credo che l’equilibrio sia il piacere di gustare il piatto fino all'ultimo boccone…Cerchiamo di trovare questo equilibrio e di farne uno dei nostri punti di forza. La cosa più importante è che il cliente sia felice. I grandi chef della cucina francese, che tanto hanno influenzato la nascita di una ristorazione italiana di alto profilo, che influenza hanno avuto su di lei? Le cucine dei più grandi chef d’Oltralpe hanno protagonisti affascinanti: Bocuse, Troisgros, Blanc, Haeberlin, Gerard, Vergé, Ducasse, Robuchon, solo per
dirne alcuni… Inevitabile che ci sia un interesse culturale, ma anche una eredità di esperienza trasmesse dai miei genitori con il loro lavoro… Forse i francesi sono più attenti a trovare l’ingrediente che lega un luogo alle persone… Anche se ritengo la cucina de dal Pescatore espressione di uno stile proprio, di una adesione sostanziale e non formale alle possibilità offerte dal territorio e dalle stagioni, di un rigore che tiene conto delle infinite differenze fra la nostra cucina e quella francese. Alberto, fratello minore di Giovanni, è del 1983. Laureato in Economia, ha portato nel ristorante la sua passione enologica e le sue conoscenze in materia di gestione aziendale internazionale. Insieme al fratello Giovanni e a Valentina, moglie di Giovanni,
16 Artù giugno/luglio 2016
Sopra: Lumache Petit Gris della pianura, salsa di erbe aromatiche e aglio dolce. Sotto: Petto d’anatra all’aceto balsamico e mostarda di frutta.
rappresenta la quarta generazione dei Santini. Ad Alberto si deve una carta dei vini poderosa, ricca di etichette straordinarie, fortemente orientata alla valorizzazione dei grandi vini italiani e francesi. Ad Alberto abbiamo chiesto che importanza ha l'offerta del vino nell'economia del ristorante: “Enorme, fondamentale, come voce di fatturato è intorno al 30% del business complessivo”. E gli equilibri in carta? “Il 50 per cento è di etichette italiane, mentre il 45 sono francesi: il resto è nuovo mondo. La valorizzazione della nostra viticoltura (in evoluzione costante) è un elemento importante della carta, caratterizzata dalla presenza di etichette blasonate ma anche dalla curiosità e dalla ricerca incessante di novità e chicche, da inserire e proporre agli ospiti dopo averle valutate con cura. Le cose fatte passo dopo passo, con una selezione attenta e mai precipitosa, sono le migliori. Anche le scelte di cantina presuppongono una conoscenza approfondita del produttore, dei vigneti, delle cantine” ammette Alberto. Anche lui, come il fratello, insiste sulla necessità di valutare ogni situazione con serenità, senza assolutismi, con rigore, umiltà e la necessaria passione. E con un po’ di spazio anche per i sogni… “I sogni hanno bisogno del loro tempo, devono essere metabolizzati: perché è l'ottica di lungo periodo a caratterizzare le storie famigliari”, dice Antonio. E quando c’è un problema, che si fa? “Semplicissimo. Di fronte a un problema, lo si affronta, lo si studia e lo si risolve. Insieme, in famiglia. Perché bisogna sempre vedere il lato positivo delle cose…” =
L’intervista
Famiglia Cerea condottieri di razza Chicco e Bobo siamo stati protagonisti a fianco di papà e mamma. Un riconoscimento che ha cambiato la quantità e la qualità del lavoro. La prima stella è Una lunga chiacchierata con stata totalmente merito loro, eravamo piccoli e cercaFrancesco Cerea, in esclusiva per vamo più che altro di capire il loro lavoro. Artù, ricorda il ruolo straordinario Possiamo aggiungere la terza svolta? La morte di Vittorio, nell’ottobre 2005. di papà Vittorio, fondatore In effetti, al di là del terribile dolore, ci siamo guardati in faccia: potevamo dividerci e avere comunque un del ristorante di Bergamo. buon successo personale oppure diventare ancora Sarà un caso ma la spettacolare Terrazza Gallia, al- più forti stando insieme. Mai scelta fu più azzeccata. l’ultimo piano dell’Excelsior Hotel a fianco della Avevamo appena traslocato da Bergamo Alta a BruStazione Centrale, guarda a Est. Non si vede Bergamo saporto, una beffa del destino. Forse è stata pure la ma il pensiero viene naturale quando l’uomo del necessità a tenerci uniti. Comunque, non è leggenda: giorno è Francesco Cerea: al di là dei numerosi ruoli siamo una famiglia dove si decide insieme tutto e (in primis, responsabile della ristorazione esterna, mamma Bruna conta ancora moltissimo. Io sono degli eventi e delle p.r.) è il front-man della royal quello che si vede di più in giro ma siamo un team affamily della cucina italiana, che sta festeggiando il fiatato dove sono importanti anche Paolo Rota e primo mezzo secolo di attività. Dal primo Da Vittorio - Simone Finazzi (ndr, chef e rispettivi mariti di Rossella aperto dal padre proprio nel 1966, anno di nascita e Barbara). Ci si confronta sempre, solo così un di Francesco - a un gruppo senza gruppo può funzionare. rivali in Italia, impegnato a 360° Proviamo a raccontare il Vittorio nella ristorazione. Con un locale ristoratore, in sintesi, per chi “Una vera e propria anche a Milano, città dove i “bernon l’ha conosciuto. istituzione: a gheimer” come li chiamava Gianni Dico solo che ha portato il grande Brera, vanno e vengono da secoli. pesce a Bergamo, dove praticacinquant’anni dalla Facendo moltissimo ma tornando mente non esisteva. Mi ricordo fondazione, il a casa, sempre e volentieri. di parecchi clienti che mangiaFrancesco, chissà cosa avrebbe vano gli scampi con il guscio… ristorante tristellato detto Vittorio di un suo locale A parte, non si accontentava si regge ancora sul in cima a Milano. mai della routine ed era sempre “Sarebbe stato contento. I mila- valore della famiglia” a caccia del prodotto migliore. nesi sono stati tra i primi clienti Un viaggiatore instancabile, lo del nostro ristorante negli anni ricordo così. ’70 e vengono ancora oggi a trovarci, in tanti, al relais E per voi, oltre a un padre, cosa è stato? di Brusaporto. Personalmente, adoro questa città e Un condottiero. È stato il nostro primo e unico inseci abiterei pure: appena arrivi a Milano, senti un’aria gnante, ci ha convinto con l’esempio quotidiano a sefrizzante, di sana competitività. E poi qui abbiamo guirlo. Io, a 15 anni, avevo in mente ben altro che lafatto un servizio esterno che considero la seconda vorare nella ristorazione ma pian piano mi sono svolta della nostra storia: il ricevimento in prefettura accorto che era la strada giusta. Non è un caso che per la regina Elisabetta, nel 2001. Una passeggiata anche Bobo e Chicco non abbiano girato da un Qui sopra: il piatto Tuorlo d’uovo tiepido affumicato, per il cibo ma la preparazione del personale è stata locale all’altro in gioventù: la scuola era in casa. La cereali soffiati e licheni, salmerino mi cuit e le sue uova; una delle fatiche più grandi della mia carriera”. passione per la materia prima, il rispetto per il cliente, il ristorante Da Vittorio al Relais & Chateaux La prima svolta? l’importanza del servizio sono farina del suo sacco. della Cantalupa di Brusaporto (Bg). La seconda stella Michelin nel 1996 perché io, Avete curato l’apertura del nuovo Centro di Arese: Nella pagina a lato: Francesco Cerea. di Maurizio Bertera
18 Artù giugno/luglio 2016
19 ArtĂš giugno/luglio 2016
L’intervista
un ricevimento per 6mila ospiti, con 200 persone di servizio tra cuochi e camerieri. Il solito successo, cibi ottimi e tempistica perfetta: tra gli addetti ai lavori, ci si chiede regolarmente come facciano i Cerea a non sbagliare mai? E tanti erano studenti di Istituti Alberghieri: a noi piace utilizzarli negli eventi, sono motivati e con i Cerea fanno un bel test. Comunque ogni tanto sbagliamo anche noi, semmai sappiamo rimediare sul posto meglio di altri. E per farlo ci mettiamo l’esperienza sul campo, un gruppo di
persone speciali che in buona parte ci segue da una vita e tanta, tanta passione. A noi piace davvero far stare bene la gente, che siano i gourmet del tre stelle o i ragazzini dell’Atalanta. E lo sottolineo, pure chi si
50 e non sentirli Nella primavera del 1966, Vittorio Cerea - titolare di un bar a Bergamo - apre un piccolo ristorante nel cuore della città alta: pochi coperti, pochissimi soldi e infinita capacità lavorativa. “Lui era speciale, metteva la sua vita nel lavoro” ricorda la moglie Bruna, cuore d’oro e carattere d’acciaio a cui i cinque figli hanno dedicato la torta del 50°, chiamandola Gioconda, suo nome di battesimo. L’intuizione di far scoprire ai concittadini pesce e crostacei di qualità curiosamente, visto che da ragazzino lavorava in una macelleria - segna la storia del locale: in pochi anni Da Vittorio diventa uno dei punti di riferimento per chi ama la cucina ittica. Nel ’78 arriva la prima stella Michelin, per la seconda ci vorranno altri 18 anni. La terza, nel 2010, si festeggia nello splendido Relais & Chateaux di Brusaporto, dove la famiglia si era trasferita cinque anni prima. Vittorio, scomparso nell’ottobre 2005, riesce almeno a vedere il nuovo gioiello. Il credo di Vittorio Cerea sull’eccellenza del prodotto è arrivato dritto ai figli. Oggi, soprattutto al tre stelle, c’è anche studio ed eleganza ma alla fine i piatti cult sono all’insegna della semplicità: Paccheri alla Vittorio (ultimati al tavolo), Gran fritto misto con frutta e verdura; Orecchia di elefante alla milanese (50 cm di diametro, impanata con otto uova, mezzo kg di pane bianco grattugiato e un etto di grissini piemontesi), Insalata tiepida di pesce al vapore e Tartare di filetto piemontese, anche questa da creare secondo i desideri del cliente. Il piatto celebrativo del 50° sa di mare, di terra e di cuore: Fragoline di mare al verde di Vittorio. Sono i piccoli moscardini della laguna, abbinati alla polentina che fa calore e famiglia. Ovviamente.
In alto: la Terrazza Gallia dell'Excelsior Hotel Gallia a Milano e il piatto Fragoline di mare al verde (ph. Fabrizio Pato Donati). Qui accanto: Vittorio e Bruna Cerea.
20 Artù giugno/luglio 2016
serve delle mense aziendali: senza retorica, far mangiare bene e in modo sano chi lavora resta un dovere. In compenso, si incappa spesso in catering mediocri o terribili. La verità è che è un lavoro durissimo, dove per prima cosa bisogna farsi un esame di coscienza. Se non si è abbastanza esperti e attrezzati per un evento, meglio lasciar perdere. Per noi tutto parte da un piccolo esercito, basato su una scala gerarchica dove ognuno ha una responsabilità precisa. È gente che ‘soffre’ con noi ma viene ben ripagata. Vittorio diceva sempre ‘Quando lavori tanto, il sorriso ti viene aprendo il cassetto pieno’. Aveva ragione. Voi siete stati i primi a fare servizi esterni, guardati con diffidenza. Invece… Negli Anni ’80, chi aveva la stella non doveva - teoricamente - organizzare banchetti o eventi vari sennò le guide lo consideravano di serie B. E il cuoco manager veniva guardato come un eccentrico: intanto Ducasse e Robuchon, si godevano le tre stelle e aprivano locali di ogni tipo e nel mondo. Noi in piccolo, grazie a Nicola Trussardi che ci ha fatto conoscere a Milano, abbiamo cominciato a cucinare in case importanti e abbiamo avuto riscontro. Pian piano la fama si è allargata, abbiamo aperto una vera linea di ristorazione esterna e ora siamo in grado di allestire ovunque una cena straordinaria per due già capitato - come un matrimonio in Kazakistan per 400 persone o un risotto per i seimila azionisti della UBI Banca, cucinato sotto tre tendoni. Richieste assurde? Non tanto sul cibo, lì ci danno praticamente carta bianca. Diciamo che ci sono persone fissate con ‘un’ posto del cuore, quanto di più scomodo per organizzare un catering. Ma si studia l’operazione e si realizza
Gruppo di famiglia Sono cinque i fratelli Cerea, figli dello scomparso Vittorio - fondatore del primo ristorante - e di Bruna. Enrico (Chicco) e Roberto (Bobo), rispettivamente 52 e 44 anni, sono gli executive chef impegnati alternativamente al tre stelle ospitato nel Relais & Chateaux della Cantalupa (dieci ettari a Brusaporto) e nei tanti servizi di ristorazione esterna. Francesco, 50 anni, è responsabile di quest’ultima oltre che direttore delle pubbliche relazioni, del personale e degli eventi. Barbara gestisce Cavour 1880, il caffè-pasticceria più noto di Bergamo annoverato tra i Locali Storici d’Italia. Rossella è responsabile della sala del ristorante e dell’accoglienza della Dimora, l’albergo del Relais & Chateaux. I Cerea si occupano da quattro anni del ristorante stellato del Carlton St. Moritz e dallo scorsa estate di Terrazza Gallia, a Milano. Loro è anche Vicook, il bistrot di Orio al Serio. Una curiosità: hanno un vino “di famiglia”, realizzato sui due ettari vitati della Cantalupa. Si chiama Faber (lavoratore in latino): un Rosso assemblaggio di Cabernet, Sauvignon e Merlot e un Passito, con uve di Moscato Nero. Meno di 5mila bottiglie all’anno, che in parte finiscono nella (gigantesca) carta dei vini del tre stelle.
con il nostro piccolo esercito di specialisti. Semmai, noto che si sta complicando un po’ la ristorazione da quando sono esplose le allergie alimentari e le abitudini vegetariane e vegane. Ora bisogna tenerle in conto, seriamente. Ma è vero che sono talmente sereno per la cucina che quando ‘controllo’ l’evento organizzato, penso soprattutto a quelli che verranno nelle settimane successive. Andiamo all’altro mondo: come sta l’alta ristorazione in Italia? Rispondo con una domanda: cosa vuol dire oggi alta ristorazione? Per noi è sapersi adattare alle esigenze del mercato e al momento storico. Il tre stelle non è più il luogo sacro dove il cliente va in pellegrinaggio, sperando di capire. Ora il cliente è il centro del mondo, vuole sentirsi a casa sua mangiando bene. Se ha voglia di cassoeula con la polenta devi dargliela e saperla fare come il piatto creativo e d’avanguardia. Inoltre, se non porti il ‘tre stelle’ fuori dalle mura è difficilissimo far quadrare i conti. E io ripeto che non bisogna mai lavorare in perdita, che sia di un euro o di 200 a testa. Con noi lavorano ormai 300 persone o come preferisco dire io, 200 famiglie. A Natale, come sempre, i Cerea si riuniranno intorno a un tavolone: nonna, cinque figli con mariti e mogli, tredici nipoti. È scontato che qualcuno di loro non lavorerà nella ristorazione.
21 Artù giugno/luglio 2016
Qui sopra: la Famiglia Cerea: la signora Bruna, Rossella Enrico e Roberto, entrambi chef, Barbara e Francesco (ph. Fabrizio Pato Donati).
La mamma dice che vederli a Brusaporto il sabato sera le fa piacere ma è giusto che seguano le loro vocazioni. Io ancora più pratico, penso che un conto è andare d’accordo tra cinque fratelli e un altro tra tredici cugini… A noi ovviamente farebbe un piacere enorme se qualcuno tra loro si prendesse la briga di proseguire la storia, di far marciare il megacarro con il megamotore che ha iniziato a creare il nonno. Ma al tempo stesso ci rendiamo conto che per loro prendere altre strade è molto più semplice di quanto lo fosse per noi. Francesco, date l’impressione di divertirvi ancora tanto. È così? Il lavoro diverte quando va tutto bene. Abbiamo l’entusiasmo e la passione di quando facevamo i ‘nomadi’ con papà, nei primi servizi esterni con i piatti negli scatoloni. Solo che allora - quando finivamo il servizio alle due di notte - andavamo a ballare, oggi torniamo a casa prima possibile: famiglia e responsabilità cambiano. In verità, lavoriamo così tanto perché non abbiamo hobby né compriamo le Ferrari. Questa è la nostra vita sin da ragazzini: sempre sul campo =
Dal 2016 una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Firenze, Verona, Venezia. SEGUITECI ANCHE ON AIR
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L’opinione
Uovo sodo e Zibibbo Evviva Don Ciccio! voluta dal padre di Santo quando aprì, si corre in- oscilla tra i quattro-sette minuti, il tempo di bollire dietro negli anni, per i palati locali. In breve questo l’uovo e versare un dito e mezzo di zibibbo nel bicDavanti al foie gras in lattina e al cioccolato con il luogo è diventato il fuori porta di gusto a pochi chi- chierino. Ci saranno ovviamente coloro che contecaviale, per assecondare un pensiero di Gordon lometri da Palermo: negli anni non c’è famiglia che steranno la semplicità creativa e quelli che rifiuteRamsay, chef scozzese, tra i primi dieci al mondo, non si sia seduta a questa tavoranno quella gustativa. Posso “evviva gli ingredienti autentici, freschi, quelli medi- la. Sicilianità e ospitalità garanassicurare che l’approdo lascia terranei”. Con lui sono ormai in tanti a storcere la tite, ma non per tutti. Resta scontenti pochi esaltati. Le pro“Don Ciccio è bocca di fronte a improvvisati pinnacoli, zucchero noto il gran rifiuto al regista Luteine dell’uovo sono nobili, le diventato il fuori caramellato buono per rovinare masticazione e chino Visconti durante le riprese più digeribili in assoluto, due denti, bon bon di rosmarino fatti col sifone, e tante del film “Il Gattopardo”, a causa porta di gusto a pochi di esse equivalgono all’apporto altre distorsioni che hanno avviato la discussione di un ingresso in trattoria ritenuto circa cento grammi di carne chilometri da Palermo, odi pesce. tra suggestione e sapori, gourmet e golosi. Questo “arrogante” e, stessa scena, per È fonte di vitamina A, per avvalorare la teoria dell’uovo sodo e zibibbo in Al Pacino e la troupe de “Il Pa- semplicità disarmante fosforo e ferro. Lo zibibbo o uso per i clienti della siciliana trattoria Don Ciccio, drino”. Anche se tutto finì in armoscato d’Alessandria, dall’arae sorpresa da mille “entrata” storica del luogo alla quale non sono monia e l’assaggio di uovo sodo bo zibib, uva passita, dà origine sfuggito. C’è un mondo in quell’uovo sodo accom- e zibibbo non andò perduto per a un vino dolce, con retrogusto e una notte” pagnato a due dita di zibibbo, il vitigno che i talenti della cinematografia di mandorla e pesche sciroppate compone il Passito di Pantelleria, con il quale mondiale. Gustosa idea uovo che magnificamente si sposa Santo Castronovo, in arte “Don Ciccio”, appunto sodo-zibibbo, vediamo chi se lo copia… In quel con la sapidità dell’uovo. Un connubio azzeccato trattoria di famiglia a Bagheria, accoglie i suoi mondo che non piace a Gordon Ramsay e a tanti che lascia la bocca fresca e pulita, pronta a ospiti. Semplicità disarmante e sorpresa da mille altri, magari sotto forma di zabaione, bianco d’uovo impostare una cena di pesce. Geniale avvio di una e una notte. Quella che oggi è più che mai difficile glassato, zibibbo solidificato in biscotti friabili… serata a tavola, da rispettare per semplicità e non trovare a tavola. Un’idea che si perde nel tempo, Già perché il tempo per preparare questo duo rovinare “impiattandolo” maldestramente = di Mauro Remondino
24 Artù giugno/luglio 2016
Storie di successo
Teo Musso, Baladin: passione e impresa di Luisa Contri
Il mastro birrario Teo Musso, legato da sempre al nome Baladin, svela i nuovi progetti degli Open Baladin, tra birre eccellenti e una cucina di prim’ordine. Non c’è tempo per riprender fiato. A Piozzo piccolo paese della Langa vinatera dove Musso è cresciuto, dove risiede e dove intende restare per tutta la vita - si sta già facendo il conto alla rovescia per l’inaugurazione del nuovo birrificio di Cuneo prevista dal 13 al 17 luglio. E ci sono altri tre cantieri da seguire. Proprio a Piozzo, 30 anni fa, è partita l’avventura nel mondo della birra artigianale di Musso. E le radici contano. A maggior ragione per chi, come lui, è figlio di contadini e ama la sua terra e la terra ben 400 ettari fra Piemonte, “Fare locali fotocopia non è Basilicata e Marche - su cui fa nelle mie corde - dichiara Musso “La cultura della coltivare l’85% delle materie -. Per questo ogni birreria, in birra artigianale prime che utilizza per produrre base all’ambiente in cui si insele sue birre. risce, ha una sua identità”. Didi Teo Musso si Era il 1986 quando un poco versi elementi, comunque, li acesprime alla massima comunano. Innanzitutto l’imporpiù che ventenne ragazzo ribelle, intrigato dalla birra in una terra tante banco di spillatura, che potenza nell’Open vocata al vino, rileva la trattoria nei locali di maggiore dimenBaladin appena Piemonte, nella piazza principale sione, gli Open Baladin di circa del paese, e la trasforma in un 400 mq (900 mq nel caso di aperto a Cuneo” pub. “Quel locale - precisa MusCuneo), si accompagna al muro so - era chiuso da 9 anni. Cosa delle birre in bottiglia. che la dice lunga sulla vivacità di Piozzo e dei “Fatta eccezione per il mio primo pub, il Le Baladin piozzesi d’allora, classici piemontesi bogia nen di Piozzo, dove proponiamo soltanto le nostre birre - spiega Musso - tutti gli altri locali offrono anche (non ti muovere, ndr)”. Un’avventura che potremmo meglio definire una una selezione delle migliori birre d’altri produttori caparbia impresa. C’è voluta - e ci vuole ancora artigianali italiani. E questo perché sono convinto oggi - tutta la passione, motivazione, determinazione, che, per poter far crescere e affermare nel nostro foga, fantasia ed energia di Musso e del suo paese la cultura della birra artigianale, noi produttori scelto gruppo di collaboratori per dar vita - e far dobbiamo far gioco di squadra, condividere piuttosto continuare a crescere - uno dei più quotati e che farci solo concorrenza fra noi”. creativi birrifici artigianali italiani e pub legati al E così che nei Baladin, dove di spine ce ne sono al massimo 12, almeno due, a rotazione, sono denome Baladin, che oggi sono 12.
26 Artù giugno/luglio 2016
Qui sopra: il primo pub Le Baladin di Piozzo (Cn) e l’esterno del Birrificio Agricolo Baladin. A lato: un primo piano di Teo Musso.
27 ArtĂš giugno/luglio 2016
Storie di successo
dicate a birre di altri mastri birrai. Lo spazio per le birre dei colleghi sale negli Open Baladin, dove le spine possono arrivare a essere più di 30 (32 a Cuneo). Altro elemento comune è lo stile. Ad allestire tutti i pub, da oltre 5 anni, è lo stesso gruppo di artisti italiani e francesi, capitanati da Marina Obradovic, e di artigiani che disegna e realizza su misura gli arredi. Dal 2009 in poi Musso ha inoltre scelto di aprire birrerie insieme a uno o più soci locali. “In questo modo - spiega - posso affidare loro la conduzione di ciascuna birreria. E in tempi in cui i margini di guadagno sono risicati e, per stare in piedi, i locali devono funzionare a manetta, avere
Qui sopra: l’Open Lab dove sì può brassare la birra e le Open bike per la consegna a domicilio. Nella foto grande l’Open Baladin di Cuneo e il banco di spillatura gremito di clienti.
partner motivati, attenti fino al più piccolo dettaglio, è imprescindibile”. Se gli Open Baladin si propongono come vetrina del meglio del mondo della birra artigianale italiana, ça va sans dire che anche l’offerta alimentare debba risultare altrettanto selezionata e qualitativa, pur variando un po’, soprattutto in ampiezza, da locale a locale. Quella dei Baladin e Open Baladin è sì una cucina tipica da birreria, fatta di piatti semplici come hamburger, tagliate, patatine, verdure grigliate, insalatone, taglieri di salumi e formaggi, qualche dessert, ma gli ingredienti sono selezionatissimi. Nel nuovo locale di Cuneo, per esempio, si può scegliere l’hamburger di fassone de La Granda, accompagnato dalla bruschetta con olio evo monocultivar tonda iblea siciliana dei Frantoi Celetti, ga-
28 Artù giugno/luglio 2016
lantina La Granda di Giuseppe Dho, e Bra tenero Dop del caseificio Rabbia, oppure quello di chianina della macelleria Zivieri, accompagnato da bruschetta con olio evo monocultivar coratina, pancetta di cinta senese e pecorino toscano di media stagionatura, selezionato da Eataly. Ma ci sono anche quelli di pezzata rossa valdostana e di vacca grassa del delta del Po. Non mancano lo stinco artigiane F.lli Branchi, cotto nella birra scura Brune Baladin, un top seller al pari delle “fatate”, chips
di vere patate preparate al momento e aromatizzate al fior di sale, paprika, aglio, liquirizia, cacio e pepe, lime e zenzero o anche dolci. Sono una creazione del socio romano di Musso, Gabriele Bonci. Su prenotazione si può gustare una tagliata di wagyu. E ci sono pure gli hamburger veggievegan preparati dal cuoco (non industriali), piatti per intolleranti al glutine, le 365 insalate di Jeanne Perego, i primi di pasta di Gragnano, pizze e focacce, dolci dello chef e l’originale Birramisù. Se le birre Baladin più gettonate da una clientela trasversale - si va dal nerd della birra all’avvocato, dallo studente al ministro, dal diciottenne all’ottantenne - sono la blanche Isaac, l’ambrata d’ispirazione belga Super, la pale ale, in assoluto prima artigianale 100% italiana, Nazionale e la speziata Nora, chi in un Baladin ci finisce trascinato dagli amici, ma non ama la birra, può optare per una cola, una cedrata, una spuma nera Baladin o per un Vino Libero di Fontanafredda. Un po’ per le dimensioni oversize dell’Open Baladin di Cuneo, un po’ per la sua posizione vicina all’università, questo locale sarà aperto dalle 7.00 alle 2.00, 7 giorni su 7. Farà quindi anche il servizio colazione, in un’apposita area bar, realizzata all’interno di un container in collaborazione con Caffè Vergnano, che la sera si potrà richiudere trasformandosi in un bancone, e disporrà pure di una sala lettura.
29 Artù giugno/luglio 2016
Qui sopra: Casa Baladin di Piozzo, caratteristico ristorante birrario con camere e sotto uno scorcio della Cantina Baladin con i barrique dove viene affinata la birra.
“A Cuneo - sottolinea Musso - abbiamo anche allestito un Open Lab dove gli appassionati, prenotandosi, potranno brassare 50 litri di birra, seguiti da noi e, dopo 2 mesi, portarseli a casa. Un modo per far capire cosa vuol dire fare la birra, per creare una comunità intorno alla cultura della birra. In un’altra area, allestita con sistemi audio, il dj Mauro Pellegrino, già collaboratore di Radio Montecarlo, curerà il sottofondo musicale del locale. Un’innovazione che potrà evolvere nella talk radio di tutte le nostre birrerie. Questo locale effettuerà anche il servizio di consegna a domicilio di pizze e birre con le Open bike, biciclette elettriche ecologiche”. È a Piozzo, a Casa Baladin, il ristorante birrario con camere, che si può vivere l’esperienza dell’unione armonica fra alta cucina e birra, grazie a un menu degustazione fatto di tre antipasti, un primo, un secondo e un dessert, ognuno da gustare con la giusta birra in abbinamento. Fra queste non mancherà una Riserva Teo Musso della Cantina Baladin, ossia una birra affinata nelle barrique o nei tonneau dove sono stati invecchiati preziosi rum, whisky o grandi vini italiani =
San Domenico di Imola Icona sempreverde 30 ArtĂš giugno/luglio 2016
Storie di successo
di Alberto P. Schieppati
Era il 7 marzo del 1980 quando Gianluigi Morini aprì il suo ristorante, una ventina di tavoli, sei salette, paralumi bohémiens, divanetti in pelle. Uno stile inconfondibile, rimasto nel tempo. Varcare la soglia del San Domenico (www.sando- grafici) d’Italia, ma le redini sono saldamente in menico.it) riempie di gioia mista a commozione. mano, oltre che a lui, a un terzetto di grandi proSì, commozione perché - a meno che non ci si sia fessionisti. Natale Marcattilii in sala, un maestro improvvisamente trasformati in campioni di cinismo di accoglienza e profondo conoscitore del “ceri- tutta la storia che si respira qui dentro mette i moniale”, Valentino Marcattilii, il fratello, erede brividi. Nelle orecchie della memoria rimbomba della cucina del grande Nino Bergese (alla guida ancora il vocione, intenso ma gentile, di Gianluigi dei fornelli per moltissimi anni prima di lasciare il “testimone” a Valentino), MasMorini, il patron per eccellenza, similiano Mascia, nipote della il deus ex machina di una vera “Oggi alla guida del coppia, straordinario quanto soicona dell’altissima ristorazione lido e geniale executive chef, emiliana, italiana, universale. locale, insieme a al fianco della stoffa e delOra il grande Morini non è semValentino Marcattilii, l’esperienza di Valentino, da pre presente nelle sale di uno cui ha mutuato eleganza, prodei ristoranti più belli (e scenomemoria storica, fondità interpretativa, stile culic’è il giovane chef nario. Nel cuore di Imola, il San Domenico rappresenta un Massimiliano Mascia, vertice indiscusso dell’alta cugeniale e innovativo” cina, grazie innanzitutto alle originarie intuizioni di Morini, che voleva per i suoi ospiti una autentica “cucina di casa”. Dove per “casa” si devono intendere le grandi magioni dei ricchi, dei nobili e dei potenti, quasi tutti gourmet o gourmand, abituati ad avere il meglio, sempre e comunque. Non a caso Gianluigi Morini, su suggerimento del grande Gino Veronelli, si affidò a piene mani a un
Nella pagina a lato: il dehors estivo affacciato sui giardini del chiostro di San Domenico. Sopra: rombo confit con insalata di asparagi e vongole veraci; a sinistra la brigata di cucina con al centro lo chef Massimiliano Mascia.
31 Artù giugno/luglio 2016
Storie di successo
cuoco del calibro di Nino Bergese “il più grande cuoco di casa allora vivente”, per anni al servizio delle famiglie nobiliari italiane (fra gli altri, come si legge nel bel volume edito da Maretti e realizzato dalla scrittrice Maria Paola Poponi, i Marchesi Medici del Vascello, il Conte Costa Carrù della Trinità e altri).
Bergese perseguiva una sua filosofia ben precisa, quasi un principio morale: il rispetto totale dell’ospite, non solo nelle sue esigenze gastronomiche ma anche nella sua necessità di sentirsi a proprio agio in un ambiente familiare e confidenziale”. Maestri di bien etre, Morini e Bergese portano avanti il loro progetto, insieme per sette anni, mettendo nero su bianco le loro riflessioni e i loro concetti, dimostrando nei fatti una naturale predisposizione alla semplicità nei rapporti umani e una adesione concreta ai bisogni essenziali di una clientela raffinata ma in fondo sobria ed attenta ai veri valori dell’esistenza. “Il calore di un decor intimo e avvolgente, connotato da una reinvenzione quotidiana ai fornelli, fu la pietra miliare che il San Domenico di Imola tramandò all’allora sous chef di Bergese, Valentino Marcattilii. Entrambi orgogliosi di un rap-
32 Artù giugno/luglio 2016
In questa pagina: la sala, la cantina e lo chef Valentino Marcattilii.
porto amicale e di intesa perfetta, Valentino affiancò Bergese durante gli ultimi anni della sua celebre carriera: da lui imparò molto, ma soprattutto l’arte dell’azione e del comando, della decisione veloce, del lavoro guidato”. Anni di esperienze in Francia hanno forgiato Valentino (classe 1954) e lo hanno reso uno degli chef più sensibili al cambiamento, alla necessità di reinventarsi quotidia-
Sopra: Cappelletti di squacquerone con crema di galletti gialli e funghi porcini. A sinistra Asparagi mimosa. Sotto: il dehors estivo affacciato sui giardini del chiostro e l’Uovo in raviolo “San Domenico” con burro di malga, parmigiano dolce e tartufo bianco.
namente. Fu lo stesso Bergese, verso la fine della sua carriera, a spingerlo verso nuove scoperte, a cogliere e fare proprio il modo di lavorare certosino e preciso dei grandi chef. Così Valentino scopre grandi e paludate brigate di cucina, ne conosce i protagonisti, a cominciare da Guy Thivard che gli trasmise la classe e l’esperienza del patron della nouvelle cuisine, Fernard Point, chef alla Pyramide di Vienne. Qui Valentino trascorse un lungo periodo di apprendimento, imparando e mai dimenticando il valore dei prodotti freschi e di stagione, in poche parole, assimilando il valore della autentica “cucina di mercato”. Perché è proprio lui, il mercato, che decide ogni giorno la spesa. Ancora oggi la regola è questa: la cucina deve essere di mercato, puntare alla freschezza e alle stagioni, senza dimenticare che ambiente e atmosfera non devono essere guidate da rigidi cerimoniali ma necessariamente devono essere in sintonia con l’ospite, coglierne le aspettative e assecondarne i desideri. Massimiliano Mascia è l’interprete ideale di questa continuità con gli insegnamenti di Bergese, resi poi concreti dalle sorprendenti intuizioni di Valentino Marcattilii e dalla magistrale conduzione di Gianluigi Morini. Così, se la cucina
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del San Domenico (due stelle Michelin, aderente alle Soste) vive soprattutto di grandi piatti classici che ne hanno reso inossidabile la fama nel mondo, come l’Uovo in raviolo “San Domenico” in burro di malga, parmigiano dolce e tartufo, o il Petto e coscia di piccione al rosmarino con riduzione al Madeira e salsa al tartufo nero, la linea di Massimiliano spazia decisamente su un progetto di recupero e valorizzazione del grande repertorio di materie prime del territorio emiliano romagnolo, il tutto in sintonia con lo stile di Valentino: le materie prime sono fondamentali, dal pescato dell’ Adriatico alle straordinarie carni di razza romagnola, esempio di rigorosa attenzione alla qualità degli allevamenti e alla selezione della specie. Il ricco menù del San Domenico è comunque la prova vivente di come i grandi piatti del menù siano decisamente senza tempo o, meglio, talmente attuali da risultare innovativi, pur nella tanto decantata “continuità nella tradizione”. I risultati dei piatti sono sotto gli occhi di tutti, a conferma dell’impegno di Massimiliano e della sua caparbia e tenace volontà di non “tradire” un’eredità pesante e di lavorare per comunicare con efficacia ai gourmet lo “Stile San Domenico” =
Storie di successo
Da Berbel a Torino Si cena in “sala Marchionne” met e oltre 400 etichette di vini, in un locale intimo, con raffinati arredi contemporanei. Malgrado l’area Un ristorante semplice ma sempre esterna per 26 ospiti, il padrone di casa ci tiene a rimarcare, però che “possiamo soddisfare bene al attento ai particolari: al primo massimo 40 persone”. Fra i primi clienti del ristorante posto la scelta delle materie prime fondato dallo chef nato a Torino da padre calabrese (Cassano, Cosenza) e madre pugliese (Ruvo di che colpiscono per il loro gusto. Puglia, Bari), è stato Sergio Marchionne, presidente A dieci minuti dalla stazione di Porta Susa, vicino di FCA, tanto che i clienti che l’hanno sempre visto al nuovo Polo del ‘900 (inaugurato lo scorso 22 seduto allo stesso tavolo hanno dato loro il nome aprile), il Berbel, in una zona semi centrale di Torino “sala Marchionne”. L’atmosfera è tranquilla, rilassante. e poco battuta dal traffico, è una grande rivelazione. Il servizio accurato, mai invadente. La tentazione di Per scoprirlo, infatti, ti ci deve accompagnare gustare gli spaghetti aglio, olio, peperoncino e astice è troppo forte. Sono difatti qualcuno che lo conosca già. molto gustosi. Ne chiediamo “La ristorazione gourmet - conspiegazione a Di Tarsia, che ferma subito Nicola Di Tarsia, “Il ristorante, guidato tiene a fare una premessa imchef e titolare del locale - nel portante: “Io penso ai piatti che capoluogo piemontese non è dallo chef Nicola mangerei, che mi piacciono; sadifatti compresa da tutti”. Di Tarsia, ha fra i per fare cucina dev’essere Il Berbel nasce nell’aprile del un’espressione, non creare at2009, dal nome di una donna propri clienti illustri traverso delle mode”. E così scodi Puerto Santamaria (Cadiz). personaggi del mondo priamo che questo primo così “Un giorno le dissi che avrei gustoso è nato una notte per aperto il mio ristorante e dato imprenditoriale” caso. “Rimasto solo, mi venne il suo nome, e così fu”. Qui si voglia di uno spaghetto aglio gustano piatti mediterranei gourdi Alessandro Luongo
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Sotto: spaghetti aglio, olio, peperoncino e astice e una panoramica della sala interna. Nella pagina a lato: lo chef Nicola Di Tarsia.
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Storie di successo
chette, che gli hanno portato più stranieri e turisti. “La desidero tanto, sono sincero, ma vado avanti e ci credo”. Ed è sempre più gratificato quando vede i suoi commensali felici dopo cena. Un ristorante gourmet creativo, con materia prima eccellente, accostamenti azzeccati e un po’ azzardati (pescatrice e gamberi bianchi con la salsa tonnata, Marsala e caffè Lavazza; pesce spada crudo con la mozzarella di bufala), ma non troppo. “Nessuno si aspetti che faccia cucina di schiume, azoto, sferificazioni o quant’altro - tiene a precisare - non sarei me stesso: c’è dietro una tecnica, è vero, ma non un la-
olio e peperoncino, ma un mio ragazzo della sala lasciò sbadatamente fuori dal frigo un corpo di astice e così fece parte del mio condimento. Nei giorni successivi apportai delle correzioni alle dosi degli ingredienti e lo misi in carta”. Oggi i commensali lo pubblicizzano ovunque, come sta facendo ora lo scrivente. La cucina di Nicola è dunque in continua evoluzione; crea le sue ricette nel momento esatto in cui apre il frigo. In quell’istante magico, dunque, si spalanca un mondo. “Sono nato in mezzo alle pistole e alle orecchiette - si racconta lo chef -. Mamma, grande cuoca casalinga, papà un agente dell’ordine. Poi ho fatto la mia scelta, ma a tutta la famiglia piaceva mangiare”. Di Tarsia sogna la stella Michelin, ma al momento si accontenta delle 3 for-
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A lato: sogliola e gamberi bianchi al vapore in salsa tonnata, Marsala e caffè Lavazza. Sotto: pesce spada Liguria, mozzarella di bufala, taralli di Cerignola e sugo alla pizzaiola.
boratorio chimico”. La cantina? Cresce ogni mese, sono circa 400 le etichette, con grandi nomi in prima fila e piccole realtà di pregio emergenti. “Lo champagne vince, però, perché cucino tanto pesce, ma di recente stanno tornando anche i vini rossi importanti, della Toscana e del Piemonte” =
Focus food
Bristol di Rapallo, stagioni e territorio che poi trovano la giusta combinazione nel backstage dei fornelli: nelle sue ricette Graziano Duca, il giovane chef la parola d’ordine è semplide Le Cupole, ristorante gourmet cità, solo prodotti del territorio e stagionali. Qui la tradizione della struttura ligure, segue si unisce all’originalità nella con coraggio e determinazione creazione dei piatti che diun percorso di tutto rilievo. ventano delle vere opere d’arte quando arrivano in tavola, In fondo, tutti sappiamo che il piacere per la tavola è per un aromatico assaggio qualcosa di unico e di sublime. Qualcosa a cui non ri- di benessere. Ma, per non lanunciare per nessun motivo. Al ristorante Le Cupole sciare nulla al caso, una di Rapallo, all’interno del Grand Hotel Bristol di breve intervista allo chef è Rapallo, lo chef Graziano Duca ha saputo trasformare d’obbligo. Quattro passi nel la semplicità degli ingredienti in prelibate proposte parco che circonda il Grand gastronomiche. Qui, il vero protagonista della cucina Hotel Bristol che si affaccia è il prodotto, la materia prima lavorata con semplicità, direttamente sul Golfo del Tiuna scelta mirata per non aggredire i sapori, per gullio per chiedere: a cosa lasciarli liberi di sublimare i palati. Una scelta vincente ti ispiri quando “vivi” la che ha catturato anche l’attenzione del pluristellato tua cucina? Alain Ducasse. Un coupe de foudre che ha permesso “Amo stuzzicare la curiosità degli ospiti con proposte al ristorante Le Cupole di entrare tra le top location alternative non sempre convenzionali. Anche una per lasciarsi andare ai piaceri per il food. semplice combinazione di insalate può fare la diffeGraziano Duca è il maestro di cucina che, da due renza, i fantasiosi sandwich mettono d’accordo tutti. anni, segue il ristorante “Le Cupole” al sesto piano Non ci sono precise regole, è tutto una amalgama di del Grand Hotel Bristol di Rapallo, la storica dimora sapori. Io amo inventare, compongo come un artista, del Gruppo Rocchi Collection, il parto dalla tradizione locale e quattro stelle Superior con 83 inizio il percorso di sperimentacamere di cui due suite presi- “Semplicità dei piatti, zioni. Alla base di tutto però la denziali, quattro suite e cinque semplicità. È un caposaldo della riconoscibilità del junior suite che dominano il promia filosofia, non ammetto un gusto, rispetto per montorio di Portofino. Stanze contrasto di sapori e di alterazioni. Non fanno parte del mio modo dalle mille storie finemente arreil cliente: valori di concepire la cucina”. date e declinate nei colori rubati che gli hanno fatto Ma come consideri quello sbufalla sabbia e al coloniale combifetto di Alain Ducasse che ti nate con tessuti preziosi di rara ottenere la simpatia ha riconosciuto come un esplofattura. Per Graziano cucinare è di Ducasse” ratore del gusto, un pioniere “una cosa seria” dove nulla deve dei piaceri per la tavola? essere lasciato al caso anche “Chiacchierare con un guru della se un po’ di follia e di creatività gli hanno permesso di entrare nell’olimpo dei cuochi, cucina internazionale è sicuramente un bel successo. quelli che possono anche eccedere perché la fama Si impara sempre qualcosa. Avere catturato la sua ormai se la sono conquistata a colpi di cucchiai e for- attenzione è una sensazione indescrivibile, soprattutto chette. Graziano Duca ama scegliere le materie prime per me che amo il mio lavoro e che ho posto di Arianna Augustoni
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sempre grande attenzione su ogni cosa che posso avere compiuto”. La tua proposta ideale? “Non esiste. Qualsiasi cosa è perfetta. Adoro le verdure, amo il pesce, non disdegno la carne. E poi la pasta, il riso, sono piacevoli proposte”. Essere chef ha i suoi pro e i suoi contro. I pro sono presto detti, ma i contro? “Diciamo che essere chef non è un lavoro, ma una passione. Per molti approcciare questo mondo può sembrare una cosa facile, ma non è così. Ci vuole impegno, formazione, riflessione perché è un lavoro fatto di fatica, sacrifici e rinunce”. Se ti chiedessero di lavorare per una sera con un grande chef, chi sceglieresti? “Il Maestro per eccellenza: Gualtiero Marchesi. Non ha eguali, ha un suo modo di cucinare, sempre moderno. Lui sa trasmettere energia e passione, il resto vien da sé. Provo grande ammirazione anche per Carlo Cracco e Claudio Sadler”. Parliamo di ingredienti, hai delle ricette parti-
colari da proporre? “Adoro le erbe liguri, le utilizzo per preparare i pansotti a reversa, ovvero dei ravioli al contrario con un ripieno di formaggio tipico, il Prescinseua, con una salsa di Preboggion, ovvero una salsa realizzata con quindici erbe liguri. Il pescato del giorno, amo andare ogni giorno a scegliere quello che il mare offre, anche i pesci meno conosciuti mi incuriosiscono e li sperimento. Quando è tempo di carciofi li propongo in diversi modi. Ma poi ci sono le alghe, i fiori, gioco con le farine integrali. Mi guardo intorno e vado alla ricerca di prodotti a chilometro zero”.
Come vedi il tuo futuro? La stella Michelin, non rientra nei tuo schemi? “Certamente mi piacerebbe raggiungere quel traguardo, ne sarei davvero felice. Ci stiamo lavorando. C’è sempre molto da fare e l’attenzione è sempre alta. Ho grandi progetti, tanta voglia di crescere e di condividere le mie esperienze. Mi sto concentrando su Le Cupole e, insieme allo staff di cucina, ci confrontiamo per capire gli orientamenti, i gusti e i sapori da portare in tavola. Ce la faremo, questa è la sfida” =
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Nella pagina accanto: lo chef Graziano Duca. In questa pagina: alcune proposte dello chef e qui sopra i pansotti a reversa con salsa di Preboggion, serviti in un piatto Royale Dudson.
Focus food
Anche in corsia si mangia gourmet di Luisa Contri
L’EAT Restaurant, nella clinica milanese La Madonnina, proporrà ogni mese un menu differente, frutto della creatività di 12 chef del JRE. Alimentazione corretta e piacere della tavola non sono un ossimoro. È quanto si propone di dimostrare l’EAT Restaurant di via Quadronno 29 a Milano. “Ma al 29 c’è la clinica La Madonnina”, penserà subito chi Milano la conosce bene. È vero. Da marzo scorso, però, la clinica sfoggia un ristorante completamente rinnovato nel concept, la cui gestione fa capo direttamente al gruppo ospedaliero San Donato (GSD) e che è aperto anche al pubblico. Un chef: Fabrizio Ferrari de Al Porlocale che Paolo Rotelli, il gioticciolo 84 di Lecco (settembre), “12 chef del JRE vane presidente del GSD, e Filippo Saporito de La leggenda hanno abbinato con Gilda Gastaldi, sua madre nondei frati di Firenze (ottobre), ché co-ideatrice del progetto Tommaso Arrigoni ed Eros Spicestro creativo piatti di educazione alimentare EATco del milanese Innocenti evasalutari e ricette Alimentazione Sostenibile, hansioni (novembre), Aurora Mazno voluto identificare da subito zucchelli del Marconi di Sasso gourmet per il con un menu di piatti salutari, Marconi (Bo) (dicembre), Debenessere a tavola ma borah Corsi de La perla del come si addice a una casa di cura, ma non per questo poco mare di San Vincenzo (Li) (gensempre con gusto” gustosi e monotoni. Proprio per naio). La sfilata di giovani ma assicurarsi che risultino stuzziaffermati chef per la cucina canti per il palato e che si rinnovino con frequenza, dell’EAT Restaurant si chiuderà a febbraio 2017 il GSD ha stretto un accordo con Jeunes Restaura- con Valerio Centofanti de L’angolo d’Abruzzo di teurs d’Europe. Fino a febbraio 2017. Carsoli (Aq). “Prima di essere inseriti in carta A concepire il primo menu, a marzo scorso, è stato spiega ad Artù Gastaldi - i piatti via via proposti Alessandro Dal Degan, chef dello stellato La tana dagli chef del JRE sono vagliati dai noi alla luce gourmet d’Asiago (Vi). Ad aprile è stato il turno di dei principi nutrizionali giornalieri consigliati da Nicola Fossaceca dello stellato Al Metrò di San Piatto In-forma, lo strumento del progetto EAT che Salvo Marina (Ch). A maggio il testimone è passato supera la piramide alimentare e che prevede l’asa Silvio Battistoni del Colonne di Varese e a giugno sunzione d’ortaggi e frutta di stagione, cereali intea Marco Parizzi dell’omonimo ristorante stellato di grali, pesce, legumi e carne, così da mantenere il Parma. A luglio toccherà a Piergiorgio Siviero dello giusto equilibrio alimentare”. stellato Lazzaro 1915 di Pontelongo (Pd). E dopo “Un esame, quello dei nutrizionisti e della dottoressa la chiusura estiva ad agosto, sarà la volta degli Gastaldi - evidenzia lo chef Fossaceca - che ha
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Qui sopra da sinistra: lo chef Nicola Fossaceca, Paolo Rotelli, presidente del Gruppo ospedaliero San Donato, Gilda Gastaldi, co-ideatrice del progetto EAT e lo chef Luca Marchini. Nella pagina a lato i dodici chef: 1) Ombretta e Filippo Saporito; 2) Aurora Mazzucchelli; 3) Marco Parizzi; 4) Silvio Battistoni; 5) Fabrizio Ferrari; 6) Tommaso Arrigoni e Eros Picco; 7) Deborah Corsi; 8) Alessandro Dal Degan; 9) Piergiorgio Siviero; 10) Valerio Centofanti e 11) Nicola Fossaceca.
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Focus food
posto dei limiti alla mia libertà d’azione, ma che ha finito per stimolare la mia creatività e per spingermi a trovare nuove soluzioni che mi hanno consentito di non sacrificare il gusto”. Nella cucina dell’EAT Restaurant, per esempio, non entrano olii vegetali come quelli di palma, cocco o karité né margarine. “Il burro - racconta Fossaceca - è ammesso, ma solo in quantitativi molto limitati. Ho quindi scelto di mantecare il risotto alle fave e origano fresco con dell’olio evo, dopo aver cotto il riso in un brodo fatto con del pecorino, che raffreddo per sgrassarlo e che poi torno a scaldare. Per conferire un gusto più vegetale al piatto, poi, per mia scelta ho eliminato la mantecatura finale con parmigiano-reggiano grattugiato. Anche nei dolci ho dovuto limitare al massimo l’impiego di burro. L’ho quindi sostituito fin dove possibile con dell’olio evo o con della farina di mandorle o di nocciole”. Nei menu dell’EAT Restaurant non troverete neppure tagli di carni rosse grassi e, per motivi prudenziali, i molluschi e le cotture sottovuoto in sacchetti in plastica alimentare. “Per essere sicuri che tutte le materie prime utilizzate in cucina siano di prima qualità - afferma Pietro Nodari, responsabile food & wine di GSD e che rispondano ai canoni di una corretta e salutare alimentazione, ci occupiamo noi della selezione dei fornitori e del controllo delle derrate in entrata. Siamo comunque disponibili ad approvvigionarci d’ingredienti particolari da fornitori segnalati dagli chef JRE, qualora ne abbiano bisogno per realizzare ricette del loro territorio d’origine. Sempre però previo nostro controllo di qualità e coerenza
Qui sopra: la sala dell’EAT Restaurant durante la cerimonia d’inaugurazione, un piatto dello chef Nicola Fossaceca e la cucina del ristorante.
col progetto EAT”. Che si tratta pur sempre di un ristorante di un nosocomio, si nota per il fatto che non sussiste differenza fra il servizio di mezzogiorno e quello della sera e che il locale è aperto sette giorni su sette: dalle 12,30 alle 14,00 per il pranzo e dalle 19,00 alle 23,00 il martedì, mercoledì, giovedì e venerdì, e dalle 19,00 alle 21 il sabato, la domenica e il lunedì. I coperti sono 40, ma nel momento in cui la frequentazione del ristorante dovesse aumentare (già oggi è gradita la prenotazione) potrebbero salire a una sessantina. In carta l’EAT Restaurant propone il menu dello chef, composto da 4-5 antipasti (a un prezzo di 14-16 euro ciascuno), altrettanti primi (18-20 euro) e secondi (20 euro) e 3-4 dessert (8 euro), cui si aggiunge un menu continuativo “salute”, in cui figurano piatti più semplici. Un po’ limitata, ma non dimentichiamo la location, la carta dei vini che prevede una decina di etichette sia di bianchi
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sia di rossi e 7-8 bollicine italiane e champagne. I vini sono serviti sia al calice che a bottiglia (1170 euro il range di prezzi). Seppure nei primi mesi d’apertura buona parte degli avventori del ristorante della clinica La Madonnina siano stati frequentatori della struttura, ossia pazienti non sottoposti a diete alimentari restrittive, visitatori e personale medico, l’EAT Restaurant punta ad attrarre un più vasto pubblico. L’offerta all’altezza di un ristorante d’eccellenza per gradevolezza e varietà dei piatti si spera stimoli il passaparola fra i clienti. L’ambizione del GSD è di contribuire a diffondere anche fra gli adulti, tramite il ristorante, i precetti della corretta alimentazione che il progetto EAT ha inteso originariamente a diffondere fra i giovani. Compito che, se tutto andrà secondo i piani di Rotelli, sarà portato avanti anche da un secondo EAT Restaurant da aprirsi in centro a Milano entro il 2017 =
Focus food
S.Pellegrino Sapori Ticino Stauffacher punta alto
di Elisa Facchetti
Si è chiusa con ottimi risultati la decima edizione della kermesse dedicata all’alta ristorazione mondiale. Protagonisti i sapori della grande tradizione italiana. Le premesse erano delle migliori, ma ciò che si è avverato ha forse superato ogni aspettativa. Il parterre de rois composto da 10 chef tristellati protagonisti della decima edizione di S.Pellegrino Sapori Ticino, ha scritto la storia del tradizionale appuntamento che da dieci anni illumina le più prestigiose location del Canton Ticino. A farla da padrone, quest’anno, le serate che hanno visto protagonista la magica sfera di sapori della tradizione italiana, abbinamenti interpretati da alcuni dei più grandi chef tristellati al mondo. A loro si deve la personale interpretazione di piatti unici che hanno regalato momenti di altissima cucina all’insegna dell’italianità in location d’eccezione: dal Ristorante Reale di Castel di Sangro Niko Romito è approdato al Conca Bella Enoteca Ristorante Hotel a Vacallo dando vita a una serata indimenticabile con il talentuoso chef Andrea Bertarini; dall’Enoteca Pinchiorri di Firenze Annie Féolde - prima donna in Italia a conquistare tre stelle Michelin nel 1993 - insieme all’Executive Chef Riccardo Monco e allo Chef di cucina Ales-
In alto da sinistra: Niko Romito, Annie Féolde, Massimo Bottura ed Enrico Cerea. Qui a lato Dany Stauffacher.
sandro Della Tommasina, è stata ospite di Dario Ranza a Villa Principe Leopoldo, a Lugano. Salvatore Frequente, chef dell’Hotel Eden Roc di Ascona, ha accolto il tristellato Massimo Bottura dell’Osteria Francescana; i fratelli Enrico e Roberto Cerea, ospiti di Eros Picco al The View di Lugano, hanno dato vita a una cena all’insegna di una cucina lombarda rivitalizzata e aggiornata. S.Pellegrino Sapori Ticino ha dimostrato di essere ancora una volta la manifestazione enogastromica d’eccellenza, simbolo e riferimento dell’alta ristorazione mondiale e dell’ospitalità ticinese. Così Dany Stauffacher, ideatore della kermesse, ha commentato con grande soddisfazione la chiusura della decima edizione di S.Pellegrino Sapori Ticino: “L’edizione del decennale di S.Pellegrino Sapori Ticino ci ha regalato grandi soddisfa“S.Pellegrino zioni: abbiamo avuto tante emozioni enogaSapori Ticino ha stronomiche, la partecipazione di chef dal dimostrato di essere grande carisma e sapori che non dimenticheremo. Con ancora nel cuore le immagini ancora una volta di alcune serate nelle quali il pubblico ha tributato lunghi applausi e diverse standing la manifestazione ovations per gli chef, ora si guarda già enogastromica avanti alla prossima edizione, che si vorrebbe dedicata ai giovani: S.Pellegrino Sapori Ticino d’eccellenza” non si ferma mai!” =
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Focus food
di Rosa Marchetti
Le cucine del Trussardi alla Scala hanno ospitato una sfida all’insegna del Mediterranean Mood, dove non poteva che vincere il gusto. Gli chef stellati Roberto Conti, de Il Ristorante Trussardi alla Scala, e Chicco Cerea, del Ristorante Da Vittorio, si sono sfidati all’insegna di una passione in comune: la cucina mediterranea. Il 19 aprile il Ristorante Trussardi alla Scala ha fatto da sfondo alla serata-evento “Mediterranean Mood” che ha visto i due chef stellati sfidarsi a colpi di piatti gourmet ispirati alla dieta mediterranea: “La dieta mediterranea - ha dichiato Roberto Conti - è la massima espressione della passione per il benessere e la celebrazione dell’equilibrio tra salute e gusto” a cui hanno fatto eco le parole di Chicco Cerea per cui “La dieta mediterranea è uno stile di vita, e quindi mangiare bene e mantenersi in forma vuol dire essere reattivi ed energici al momento giusto”. Ne è nato un menu che ha permesso di decretare il vincitore della sfida: il sapore. Da Shabu shabu di scampi di Sicilia, crema di pere al gin con granita al lime - di Chicco Cerea - all’Insalata di coniglio alla pantesca, dal Risotto con crema di cipolle, tartare di gambero rosso e aria di crostacei alla Triglia di scoglio con salsa livornese, lattuga di
Sfida mediterranea, Conti vs Cerea In alto: a sinistra la triglia livornese di Roberto Conti e a destra shabu shabu di scampi di Sicilia di Chicco Cerea (ph. Fabrizio Donati). A lato: i due chef Roberto Conti e a destra Chicco Cerea.
mare e pane nero - di Roberto Conti -. La stessa passione per la cucina mediterranea e la condivisa filosofia volta a valorizzare ogni prodotto rendendolo un elemento prezioso, sono i cardini del modus
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operandi di entrambi gli chef che messi a confronto hanno saputo regalare un menu dai sapori straordinari, un testa a testa senza esclusioni di colpi dominato dalla creatività e dal rispetto per le materie prime. Una competizione di sapori accompagnata da alcune etichette d’eccellenza scelte per l’occasione dal sommelier del Ristorante Trussardi alla Scala: Cà del Bosco, Franciacorta Cuvée Trussardi, Marisa Cuomo - Furore Bianco Fiorduva, Coste Ghirlanda - Jardinu 2013, Dettori Renosi Bianco e Frank Cornelissen - Contadino 2014. Il bartender del Café Trussardi alla Scala, Tommaso Cecca, ha inoltre preparto per l’occasione il coktail “Piazza della Scala”, in abbinamento ai dessert “Kermesse di dolci alla Vottorio” =
Focus food
Piacere, Rosaria: sono l’arancia dell’Etna di Giovanna Moldenhauer
Lo chef Filippo La Mantia, insieme ad altri personaggi, ha proposto la sua cucina per celebrare il primo decennale di Rosaria.
L’arancia della varietà tarocco rosso, proveniente dagli agrumeti della piana di Catania, beneficia di un microclima particolare da imputare allo sbalzo termico tra il giorno e la notte causato dalla terra nera dell’Etna. La differenza tra le temperature consente a questa tipologia di agrumi di attivare un particolare processo di pigmentazione che li rende rossi. Al tempo stesso è una varietà di agrume povero di grassi e calorie, ricco di sali minerali e vitamine, che può aiutare a contrastare diabete e osteoporosi. “Lotta integrata negli Il focus è stato fatto durante un evento celebrativo dei 10 anni agrumeti e microclima di Rosaria che ha visto la parteeccezionale cipazione dello chef Filippo La Mantia, della diet coach e nutrigarantiscono un zionista Samantha Biale, nonché prodotto con le carte di Paolo De Castro, Parlamentare europeo per la commissione in regola sotto il agricoltura e Giovanni la Via, profilo nutrizionale” presidente della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare sempre del Parlamento europeo. Non poteva mancare Aurelio Pannitteri, titolare con il fratello Salvatore di Rosaria. Un parterre di tutto rispetto per i 10 anni del tarocco dell’Etna che proprio da Milano debuttò con la sua prima campagna pubblicitaria partecipando all’annuale Milano City Marathon. “Oggi abbiamo 900 ettari di agrumeti - racconta ad Artù Aurelio - facciamo lotta integrata e da tre anni siamo autonomi per quanto riguarda l’energia attraverso la realizzazione di un impianto fotovoltaico da 10mila metri quadrati. Del resto, sono tante le caratteristiche che rendono unica la nostra arancia, dalla zona di produzione alle pendici dell’Etna. Il microclima della piana conferisce il colore rosso e brillante alla polpa, specchio del vigore, della vitalità del vulcano siciliano e permette, per le temperature A lato: lo chef Filippo fredde della notte, lo sviluppo di particolari sostanze”. La Mantia; nella pagina Rosaria infatti ha un gusto intenso con ottime carataccanto l’arenceto teristiche nutrizionali e perfetto un’alimentazione alRosaria e sullo sfondo l’insegna del benessere. Samantha Biale, durante il monte Etna; il Cous cous l’evento milanese, ha ricordato che questo frutto con salsa di mandorle, può avere effetti positivi per contrastare e prevenire arance, capperi e sarde.
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infiammazioni, problemi di sovrappeso, diabete, colesterolo e tumori. “Pochi sanno che l’arancia è un’ottima fonte vegetale di calcio - aggiunge la nutrizionista -importante per la prevenzione dell’osteoporosi, ma anche per la corretta contrazione muscolare. Ne sanno qualcosa gli atleti che devono spesso fare i conti con i crampi! A sorpresa, una spremuta di arance rosse ne contiene 250 mg, la stessa quantità fornita da un bicchiere di latte. Le particolari condizioni dell’Etna, come sottolineava poco fa Aurelio Pannitteri, permettono lo sviluppo di antociani, utili per contrastare processi infiammatori e l’accumulo di grassi, e della cianidina, tipico pigmento delle arance rosse, che migliora la capacità delle cellule
di assorbire il glucosio. Diversi studi, da quello della Divisione Nutrizione Umana dell’Università a quello dell’Istituto Mario Negri, entrambi della città meneghina, confermano i dati che vi ho esposto poco fa”. Durante l’evento è stato esposto, numeri alla mano, il risultato di uno studio di ricerca condotto dalla Bologna Business School su un campione di 141 persone e Rosaria è risultata al 6° posto assoluto tra le marche citate dai consumatori di frutta. È inoltre emerso che i consumatori di arancia rossa scelgono questo frutto in particolare per il suo aspetto salutistico dato il contenuto di vitamina C - con il 79,3 degli acquirenti - ma anche per il gusto, motivazione indicata dal 56% dei consumatori. A celebrare il territorio di origine dell’arancia Rosaria è stato Filippo La Mantia, siciliano doc, che ha proposto agli ospiti alcuni dei sapori che hanno decretato il successo del suo ristorante Oste e cuoco di Milano. Con ingredienti provenienti direttamente dalla Sicilia lo chef ha preparato “Linguine al pesto di agrumi” e “Cous cous con salsa di mandorle, arance, capperi e sarde” dove, su richiesta dei partecipanti, La Mantia ha aggiunto qualche goccia di limone. I piatti erano entrambi gustosi, con profumi che ricordavano la Sicilia =
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Focus food
di Giovanna Moldenhauer
Apre in Friuli la seconda struttura dello chef stellato, destinata a esperienze gourmet informali e veloci ma di qualità.
Le migliori tradizioni sono quelle che si rinnovano. Parola di Emanuele e Michela Scarello che, seguendo questa filosofia, hanno recentemente inaugurato Gnocchi Kitchen Bar, nella stessa struttura dove ha sede il ristorante più quotato del Friuli Venezia Giulia, Agli Amici 1887. Un luogo che unisce familiarità, design e innovazione ed è dedicato ai foodies che non vogliono rinunciare alla qualità, a pranzi veloci o cene di lavoro informali. L’ambiente, studiato in ogni minimo particolare
Gnocchi Kitchen Bar Anche Scarello fa il bis
dall’architetto Paolo Zuliani, prevede piani cottura a vista, forni di diversa tipologia grazie alla partnership siglata con Kitchen Aid. La maggior parte delle proposte sono in vasetto monoporzione di vetro, modalità che consente di mantenere intatte proprietà organolettiche, colori, consistenze e gusto senza l’utilizzo di additivi e conservanti. L’innovativo contenitore è perfetto anche per il take away, ideale per chi desidera gustare a casa propria ricette ideate e preparate da uno chef pluripre-
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miato, a costi contenuti. La novità di queste ultime settimane è la proposta di alcune creazioni cucinate sottovuoto nel vasetto presentate nei piatti. “Ogni vasetto - spiega Michela Scarello - presenta un piatto, classico o innovativo, che racchiude identità, radici, terra e mare, in un perfetto legame di passione, tecnica e creatività. In quest’ottica, abbiamo anche scelto il nome del locale, un omaggio al simbolo della cucina casalinga del territorio di Godia, gli gnocchi”. Gli assaggi golosi nel menu prevedono in questa stagione, tra l’altro, dal baccalà mantecato al polpo di scoglio e ceci, dalla zuppa di patate e asparagi bianchi ai Macaròns ai fagioli cannellini e vongole veraci, al Coq au vin con gli asparagi. Gli gnocchi sono interpretati con asparagi e fonduta di formaggi oppure con i fasolari. Per finire in dolcezza si trovano una torta di mele tiepida con gelato agli amaretti oppure con una creme brulée alla grappa. Non rimane che l’imbarazzo della scelta per un’esperienza tutta da assaporare =
Emanuele Scarello, la sala e un particolare dei vasetti monoporzione (ph. Gianni Antoniali).
Focus food
Da Gigione a Pomigliano, la rivoluzione dell’hamburger di Gigliola Gigli
In provincia di Napoli, a Pomigliano d’Arco, da circa tre anni c’è un indirizzo che mette in fila gastronomi e curiosi. Un’impresa che fa ristorazione d’eccellenza. Si chiama Da Gigione Hamburgeria & Macelleria, una piccola impresa familiare, nata nel 2013, che ha iniziato una vera e propria rivoluzione del panino. Non più anonimo fast food da catena, ma vero e proprio laboratorio di sperimentazione gastronomica e baluardo di un cibo buono e genuino. Tutto nasce da una felice intuizione dei fratelli Gennaro, Raffaele e Alberto Cariulo, un’idea semplice: fare panini con la carne della macelleria di famiglia, carne di qualità, selezionata e lavorata da papà Luigi (per tutti Gigione) con le ricette di mamma Antonietta. L’hamburger non fa parte della cultura alimentare del Sud, ma Pomigliano d’Arco ha una lunga tradizione in fatto di macellazione e lavorazione provenienti da tutta Italia e anche dalla Francia e delle carni. “Siamo partiti dalla carne buona altre regioni europee. C’è una carta di vini che fa lavorata da nostro padre, macellaio da cinque ge- concorrenza alle tavole stellate - con etichette imnerazioni; abbiamo nobilitato l’hamburger, studiando portati anche al bicchiere - e c’è una selezione di l’impasto e utilizzando tagli selezionati, abbiamo birre artigianali senza precedenti. Chi si siede da alzato lo spessore e curato al Gigione vive un’esperienza gameglio la cottura” spiega Genstronomica senza spendere più naro Cariulo, il maggiore dei “L’idea è semplice: fare di 20 euro. “Abbiamo dimostrato tre fratelli. I primi panini sono che è possibile mangiare bene panini con la carne stati fatti in macelleria, solo anche in modo veloce e semplice e che è possibile utilizzare take away. Pochi numeri e un della macelleria di un formaggio da 50,00 euro al passa parola immediato. “Siamo famiglia, selezionata kg per farcire un panino venduto partiti in quattro, il nostro stretto poi a 6,00 euro. La qualità alla nucleo familiare, e adesso conda papà Luigi, con fine ripaga sempre”. Ma andiatiamo trenta dipendenti con un le ricette di mamma mo con ordine. La carne certifietà media di 23 anni”. Nel giro cata, a filiera chiusa e controldi un anno la macelleria di proAntonietta” lata, è solo Marchigiana Igp provincia è diventata un’impresa veniente da allevamenti dell’alto che fa ristorazione d’eccellenza, ma sempre sotto forma di panino. È questa la Beneventano e Chianina Igp proveniente dall’Umbria; scommessa vinta dai Cariulo. Il menu parla il lin- il pane è prodotto in esclusiva ed è anche gluten guaggio dei gourmet, snocciola prodotti di eccellenza free su richiesta; i salumi e i formaggi provengono
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dalla migliori selezioni nazionali a marchio Dop, e poi ci sono i dressing gourmand come la mostarda d’arancia, il caviale di aceto balsamico, i pâté e le salse bio, per citarne alcuni. Il menu è attento alle esigenze di tutti: celiaci, vegetariani e vegani. Per ogni ingrediente proposto viene riportato il nome del produttore e spesso si tratta di piccoli artigiani del gusto: la N’duja di Spilinga artigianale è quella di Luigi Caccamo; i prosciutti crudi di Sant’Ilario, i salumi di nero casertano di Mastro Enrico. Ci sono prodotti rari, presidi Slow Food, produzioni bio e a denominazione di origine protetta. La scelta non è facile. Ogni panino è un microcosmo di sapori. Per i più esigenti, per i palati più capricciosi, c’è anche la possibilità di ordinare un panino “su misura” scegliendo farcitura, taglio di carne, tipologia di panino e dressing. Da Gigione è stato il primo a proporre la personalizzazione del panino attraverso la compilazione di un menu/form e il primo a utilizzare per l’asporto un packaging completamente biodegradabile ed ecosostenibile. A tre anni dall’apertura, l’hamburgeria Da Gigione si conferma
dunque un brand di successo, un indirizzo nelle agende dei foodies di mezza Italia che ne apprezzano innovazione e cultura gastronomica. Il nuovo menu, da poco presentato, vale il viaggio. Le novità della stagione sono tante, a cominciare anche da una cocktail list messa a punto proprio per chi ama pasteggiare con Gin, Vermouth e Campari: sette ricette inedite che profumano di zenzero fresco, cetriolo, pompelmo. Tra le novità il panino dolce francese con hamburger, foie gras, amarene, Roquefort e caviale di aceto balsamico, per i nostalgici della tradizione ci sono la trippa in pastella di patate con maionese all'arancia o la lingua cotta a bassa temperatura con chutney di frutti rossi e crema al Brie. Le patate sono fresche, sbucciate a mano, e di
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varietà particolari come la patata gialla di Avezzano. Da provare anche il panino “Odori e Marmellata” con confettura al mosto cotto di vino, capocollo di Martina Franca, insalata croccante e frutta candita. Unico neo? Per sedersi a tavola (il locale ha circa cento posti a sedere) si aspetta un po’, specie nel fine settimana. “Tutto è fatto al momento, il tempo è un nostro ingrediente. Chi aspetta lo sa”. E ritorna volentieri =
Nella pagina accanto: il panino “Odori e Marmellata” e la sala del locale. In questa pagina in senso orario: il panino “Suino Lento”, i tre fratelli Cariulo, un dettaglio del locale e il panino “Dolce Francese”.
Focus food
Atelier Nespresso, declinazioni gourmet di Lusia Contri
Sbarca anche in Italia Atelier Nespresso, concept internazionale per dar vita a nuove interpretazioni sul mondo del caffè. Dopo Lione, Anversa, Berlino, Barcellona, Lisbona, Stoccolma e altre importanti città europee, dal 26 al 29 maggio Atelier Nespresso ha fatto tappa anche Milano. Qui, Atelier Nespresso ha avuto come cornice il concept store dello stilista Antonio Marras e per quattro giorni la location si è trasformata in un salotto dove scoprire, guidati dal direttore generale di Nespresso Italia Fabio Degli Esposti, dal coffee ambassador Massimiliano Marchesi e dal head of coffe Karsten Ranitzsch, le origini e i terroir dei diversi specialty coffee destinati a finire nelle capsule Gran Cru Nespresso, (ben 23 miscele diverse di specialty coffee in capsule), ossia gli elementi che ne determinano le caratteristiche organolettiche e l’identità. Per l’Atelier Nespresso, il concept store di Marras si è trasformato anche in temporary restaurant. L’azienda ha infatti chiamato sei grandi chef e un pizzaiolo di fama internazionale a immaginare il caffè come fonte d’ispirazione, come ingrediente da utilizzare nella preparazione d’un piatto e come bevanda da proporre in abbinamento alla degustazione di primi e secondi, non soltanto di dessert. Ne sono nati i sei originalissimi menu di Alessandro Negrini e Fabio Pisani de Il luogo di Aimo e Nadia di Milano, di Davide Scabin del Combal.Zero di Rivoli (To), di Cristina Bowerman del Glass Hostaria di Roma, di Andrea Ribaldone de I due buoi d’Alessandria, di Renato Bosco del Saporè di San Martino Buon Albergo (Vr) e di Antonella Ricci de Al fornello da Ricci di Ceglie Messapica. Le ricette esclusive rivivranno nei ristoranti degli chef che proporranno le Nespresso gourmet week in autunno, con un format dedicato al pranzo e alla cena =
“Nespresso ha chiamato sei grandi chef e un pizzaiolo di fama internazionale a immaginare il caffè come fonte d’ispirazione”
A lato: Dentice marinato con trota affumicata e insalata alla senape, abbinato a Nespresso Grand Cru Bukeela ka Ethiopia. Sopra: Davide Scabin, chef del ristorante Combal.Zero.
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Focus wine
Emirates, che carta! In volo con grandi etichette di Maurizio Bertera
Liste dei vini che sembrano quelle di ristoranti superstellati. Anche questo è marketing, frutto di scelte oculate e coraggiose. La cantina più in crescita al mondo? Non è in uno dei grandi paesi del vino né in uno dei nuovi paradisi dei ricchi ma (teoricamente) in volo. Sì, perché Emirates Airline - compagnia aerea tra le più premiate al mondo - sta investendo nei vini d’annata. Qualche numero rende l’idea: nel 2015 ha acquistato la cifra record di oltre 13 milioni di bottiglie per un valore complessivo di 140 milioni di dollari - più del doppio rispetto agli anni precedenti - che verranno serviti in tutte le classi, ma solo tra i prossimi sette e dieci solo con una compagnia del calibro di Emirates anni. La crescita degli investimenti risponde all’espan- Airline che conta ben 249 velivoli (e ne ha ordinati sione del network della compagnia aerea, e riflette il altrettanti) e che trasportato 8,3 milioni di clienti nelsuo impegno ad offrire ai clienti l’ultima stagione. Al centro della il miglior prodotto possibile. Semstrategia c’è un approccio unico pre lo scorso anno, i passeggeri "La compagnia aerea per l'acquisto di vini eccezionali di Emirates Airline, hanno consuanni prima che vengano immessi pensa di vendere mato 11,3 milioni di bottiglie di sul mercato, e quindi occupandosi vino, di cui 10 servite in Economy direttamente della conservazione oltre 23 milioni di Class. Si è trattato di un increa terra. Mentre la maggior parte bottiglie entro il mento del 27% rispetto all’anno delle compagnie acquistano i precedente. “In ogni aspetto del 2020, per un totale di loro vini attraverso intermediari nostro business, l’obiettivo è quelgare, il team di Dubai ha co63mila al giorno. Un ostruito lo di fornire la miglior esperienza rapporti diretti con alcune per i nostri clienti. Ecco perché delle più prestigiose cantine del obiettivo grandioso" abbiamo studiato un progetto mondo per selezionare accuratamente e scegliere i vini più esclusul vino che riflette questa promessa - ha dichiarato Tim Clark, Presidente della sivi. Dal 2006, Emirates Airline ha investito 690 compagnia -. Siamo fieri del fatto che le nostre liste milioni nel vino, alcuni dei quali non potranno essere dei vini sono comparabili a quelle che si potrebbero bevuti che nel 2025. La “cantina” della compagnia trovare in un ristorante esclusivo”. In effetti, si resta di Dubai - più grande di qualsiasi concorrente - atsorpresi dalla varietà e della qualità dei vini offerti a tualmente conta 2,2 milioni di bottiglie di vino bordo, talvolta non presenti nelle carte di signori ri- pregiato. Il “debole” (in realtà, scelta di marketing) è storanti. Ma la spiegazione è semplice: pianificazione per i vini di Bordeaux: quasi la metà degli acquisti e investimenti a lungo termine, ovviamente possibili destinati a First Class e Business Class - 1,8 milioni
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di bottiglie - preveniva da quella regione. Del resto, il 60% del rosso servito nelle classi superiori proviene da lì e si presta benissimo ai menu, per l’abbinamento ma anche per la capacità di mantenere la loro qualità in alta quota. Per la prima volta Emirates Airline ha guardato anche ai bianchi, puntando sul famoso Pavillon Blanc di Château Margaux, oltre che sulle etichette di Château Smith Haut Lafitte e Château Malartic-Lagravière. E anche in Borgogna, gli specialisti di Emirates Airlines hanno “giocato” bene acquistando direttamente da Chevalier-Montrachet, Charmes-Chambertin e Echézeaux. I rapporti di lunga relazione della compagnia aerea con i produttori sono fondamentali: dalla sola Corton-Charlemagne Grand Cru, regione considerata tra le migliori per i bianchi di Borgogna, Emirates Airline ha acquistato 2.000 casse nel 2015, pari al 10% della produzione totale della regione. C’è un altro aspetto che merita attenzione: nell’ultimo anno la compagnia ha aggiunto una decina di vini nella sua offerta giornaliera, e ora
ha 70 proposte tra Champagne (sempre richiestissimi), vini e Porto nella cantina di bordo, ruotandoli tra 200 all’anno. A questo - per la cronaca - vanno aggiunti 43 spirit e 12 cocktails. Questo in tutte le classi e nell’intera rete internazionale, fatta di oltre 150 destinazioni. "Sono pochi i produttori in grado di soddisfare i volumi di cui abbiamo bisogno, e la qualità che vogliamo. Così abbiamo preso la decisione che nella fase iniziale avremmo preferito la qualità e acquistare piccoli carichi, andando direttamente ai vigneti e ai produttori - continua Tim Clark -. È un massiccio esercizio logistico riuscire a servire 70 etichette diverse in uno stesso giorno e ovunque nel nostro network. Ma significa anche che i nostri clienti possono sempre aspettarsi qualcosa di nuovo ad ogni viaggio. Il feedback positivo che stiamo ottenendo è la testimonianza del successo del nostro programma”. E l’Italia? Le aggiunte alla cantina riguardano Solaia e Ornellaia per la First Class mentre il Tignanello, altamente richiesto, entrerà in Business Class nei
prossimi anni e verrà potenziata l’offerta - pensando al tipo di clientela sui voli regionali - di etichette provenienti da Australia, Nuova Zelanda, Argentina e Sud Africa. Resta un dato per chiudere: 23,1 milioni. Sono le bottiglie che Emirates Airline pensa di vendere sulle sue rotte nel 2020. Pazzesco a pensarci, sono oltre 63mila al giorno, quasi 5mila destinate a chi viaggia in First e Business Class quindi di vino pregiato. Ma di solito, questa compagnia non sbaglia mai le proiezioni. Prosit =
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Qui sopra: nell’immagine grande il pranzo dell’Economy Class e sotto un brindisi in Business Class.
Focus wine
Cantina Tollo, è tempo di vino vegano vitigni tipici e autoctoni del territorio, ovvero Montepulciano, Trebbiano, Pecorino, Passerina e CoDopo essersi affermata come cocciola, investita dall’evoluzione avviata negli ultimi 10 anni dall’azienda abruzzese che punta a una delle realtà italiane rafforzare la qualità dei suoi prodotti prestando specializzata nella produzione di ancora più attenzione alla salute, alla sicurezza e vini biologici, la cantina abruzzese alla sostenibilità: vini con solo solfiti naturali, punta a una nuova visione vegana. filiera controllata, vini biologici. Un’innovazione che si è concretizzata nella produzione della linea Qualità e rispetto della natura sono gli elementi Heliko, con solo solfiti naturali, e che nel 2015 ha che da sempre caratterizzano il modus operandi ottenuto la certificazione vegan: “Siamo state tra di Cantina Tollo, promotrice di politiche di riconver- le prime cantine in Italia a produrre vini certificati sione in vigna che rispondono all’attuale progetto vegan - spiega ad Artù Andrea Di Fabio, direttore di sviluppare una produzione di vini vegani. I commerciale e marketing di Cantina Tollo -. Una 3.000 ettari coltivati - si estendono dalle colline scelta con la quale portiamo avanti l’impegno nei del litorale adriatico fino alle pendici della Maiella confronti del territorio, che da sempre caratterizza - si declinano in una produzione concentrata sui la nostra produzione vitivinicola. A un anno dal di Elisa Facchetti
Cantina Tollo al The Vegetarian Chance È andato in scena il 12 giugno il The Vegetarian Chance, l’evento che si inserisce all’interno del Festival internazionale di cultura e cucina vegetariana organizzato al Mudec di Milano e ideato da Pietro Leemann, chef patron del pluripremiato ristorante Joia, primo ristorante vegetariano europeo ad aver ricevuto una stella Michelin. Cantina Tollo è stata protagonista di uno dei momenti più attesi del festival, il contest culinario The Vegetarian Chance, con i vini bio e vegan in degustazione. La competizione, giunta alla terza edizione, ha visto sfidarsi otto chef internazionali a colpi di ricette rigorosamente vegetariane e vegane. Ad aggiudicarsi il primo posto la ricetta dello chef Antonio Zaccardi del Ristorante Piazza Duomo (Alba-Cuneo), con il “Tacos alle mandorle”. Così ha commentato l’evento Andrea Di Fabio, direttore commerciale e marketing di Cantina Tollo: “Questo evento ha rappresentato un’occasione importante per ribadire che la qualità è la nostra priorità, ma da sola non basta: i consumatori si aspettano che dietro al prodotto che acquistano ci sia una visione etica e consapevole, fatta di rispetto dell’ambiente e della terra”.
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lancio dei primi vini vegani, quelli della linea Heliko, siamo ancora più convinti della strada intrapresa, tant’è che da quest’anno tutti i nostri vini bio sono certificati vegan”. Nel 2015, su 13 milioni di bottiglie commercializzate da Cantina Tollo, 256.000 erano di vini biologici e vegani, +62% rispetto al 2014. L’andamento positivo riguarda tutti i vini della Cantina: il Montepulciano d’Abruzzo Dop Biologico, premiato con la medaglia d’argento al Mundus Vini BioFach 2016, il Trebbiano d’Abruzzo Dop Biologico, l’Heliko Montepulciano d’Abruzzo Dop Biologico e l’Heliko Trebbiano d’Abruzzo Dop Biologico, certificati vegan già dallo scorso anno. Le loro caratteristiche sono ben illustrate da Riccardo Brighigna, enologo di Cantina Tollo: “Heliko Montepulciano
A lato: degustazione di vini biologici di Cantina Tollo e il tacos alle mandorle premiato a The Vegetarian Chance. Sopra: il direttore commerciale e marketing di Cantina Tollo Andrea Di Fabio.
d’Abruzzo è un rosso agroalimentari e “no food” ot“Siamo state tra giovane che raccontenuti nel settore della produta le tipicità di quezione biologica e in quella ecole prime cantine in sto vitigno autoccompatibile ed eco-sostenibile. Italia a produrre vini Una certificazione che garantisce tono esprimendosi soprattutto in al consumatore finale che anche certificati vegan, freschezza. A difle tecnologie utilizzate, ovvero siamo ancora più ferenza dell’Hetutto ciò che entra in contatto liko Trebbiano con i vini - filtranti, recipienti, convinti della d’Abruzzo, precontenitori…- sia privo di sostrada intrapresa” senta maggiori stanze di origine animale e non note fruttate derivanti dall'impiego di animali. che, con l’affiIl comparto del biologico, con namento, evocheranno maggiori un +20% nel 2015, non sembra conoscere crisi, sentori di frutta matura. L’Heliko alla luce anche dei dati Nielsen che rivelano come Trebbiano - continua Brighigna - è il tema della sostenibilità sia diventato un fattore un bianco molto particolare che di scelta per il 52% degli italiani, disposti a pagare spicca in mineralità e note floreali, di più per prodotti sostenibili. Cantina Tollo risponde protetto dall’affinamento sui lieviti, così alle esigenze di un mercato composto da un che gli dona maggiore morbidezza target di acquirenti molto attento alla propria e longevità”. La certificazione Vegan salute e preparato in materia, una percentuale garantisce l’esclusione in cantina che sembra crescere e a cui è necessario rispondere dell’impiego di sostanze di origine con prodotti di qualità certificata. La sfida di animale e di componenti ottenute Cantina Tollo punta dunque all’espansione in tale dall’impiego di animali, rilasciata direzione, promuovendo i propri vini biologici e a Cantina Tollo da CCPB, l’organismo vegani non solo in Italia ma anche all’estero, con di certificazione e controllo dei prodotti grandi risultati =
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Focus wine
Georg e Julia Weber, vignaioli di Maremma perché quella è la nostra filosofia. E ovviamente trasmettiamo questa filosofia nella comunicazione con i In un angolo della Toscana, tra nostri clienti”. Georg Weber, formato enologicamente sui grandi vini di Bordeaux, si pone subito l’obiettivo di Capalbio e il mar Tirreno, l’azienda creare vini unici: nel 2011 parte la produzione, oggi Monteverro si distingue per una completata con sei etichette quali Monteverro, Tinata, Chardonnay, Terra di Monteverro, Verruzzo e Vermentino. produzione vinicola “green”. “Sono un grande amante del vino e ho fondato MonteA fondarla, per amore viscerale di questa terra, Georg verro 13 anni fa inseguendo un sogno, quello di far coWeber, che da Losanna decise 13 anni fa di realizzare noscere al mondo l’enorme potenziale della costa maun sogno, proprio in Toscana. Oggi, insieme alla moglie remmana per il vino di qualità - dice ad Artù Georg Julia e a un team di esperti a livello internazionale, Weber -. Tutti conoscono il Piemonte o Bolgheri ma la Monteverro si staglia, con i suoi 50 ettari di tenuta, Maremma non ha ancora un grande nome per la procome brillante esempio di una produzione vinicola duzione di vini eccellenti. Insieme a mia moglie Julia e “green”: nella cura della campagna e della vite non alla mia squadra abbiamo quindi lavorato negli anni vengono utilizzati fitofarmaci di sintesi né erbicidi. “La alla realizzazione di Monteverro, un progetto che è canatura è un bene prezioso - afferma Georg Weber - ed ratterizzato dalla passione per il territorio, dalla passione è nostro dovere agire con la massima cura e grande ri- per il vino e dalla scrupolosa cura per il dettaglio in spetto nei suoi confronti. Non è possibile produrre un tutti gli aspetti della produzione”. Con una produzione vino di qualità se si trascura la natura che c’è dietro. Il di circa 150.000 bottiglie all’anno di cui il 30% viene nostro metodo produttivo è improntato al rispetto del- venduto in Italia e il 70% all’estero, soprattutto in l’ambiente non per questioni di marketing, ma proprio Europa, i vini di Monteverro raccontano il terroir da cui di Rebecca Andreola
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In alto: le vigne (ph. Michael Nager) e il vino Monteverro (ph. Leif Carlsson). Qui sopra: Georg Weber e Julia.
nascono: “Penso che gli appassionati amino bere vini autentici - afferma Georg -. Tutti i nostri vini hanno i profumi del nostro terroir, per esempio la sapidità che viene dal mare e le note erbacee della macchia mediterranea e questo li rende speciali” =
Focus beverage
Gruppo Norda “Acque minerali d’Italia” Gaudianello) ha cambiato nome diventando a tutti gli effetti ‘Acque Minerali d’Italia SpA’, La famiglia Pessina si è distinta con l’intento di consolidare e fin dagli anni ‘30 per scelte accrescere sempre più la sua identità nazionale in un mercoraggiose e lungimiranti che cato molto frammentato e hanno portato il gruppo ad essere competitivo come quello delle acque minerali. Il focus di leader del settore acque. marketing è presidiare ancora Una storia di successo. Potremo definire così la più capillarmente il territorio scalata imprenditoriale che ha perseguito il Gruppo nazionale e offrire al mercato Norda nel corso degli anni. In particolare gli ultimi nuovi vantaggi competitivi anni l’hanno visto al centro di un rinnovato assetto sulla base appunto delle siproduttivo portandolo a coprire in modo capillare nergie operative all’interno tutto il territorio nazionale e presidiare il mercato del Gruppo. Tutto questo con strategie di marketing che hanno fatto leva su alla luce delle positive evodiverse sinergie di organizzazione produttiva e com- luzioni che ci hanno posto merciale. A guidare il Gruppo la famiglia Pessina, come il più dinamico Gruppo che dagli anni ’30 ha costruito una realtà imprendi- in Italia nel settore delle actoriale solida e sempre in crescita. A consolidare la que minerali. Il Gruppo si congià coriacea struttura organizzativa, la lungimiranza ferma ai vertici nel mercato acque di Carlo Pessina, amministratore delegato di Gruppo minerali in Italia e secondo assoluto nel canale riNorda, che di recente ha implementato l’espansione storazione, con capacità distintive: copertura sempre su territorio italiano: “La Holding che controlla il più capillare del territorio nazionale, innovazione tecGruppo Norda e le tre società (Norda, Sangemini e nologica e di prodotto, strategie di comunicazione e marketing originali e prestigiose, come l’esclusivo riconoscimento di ‘Acqua ufficiale del Giubileo’. Il Gruppo Norda si era ripromesso nel 2015 di superare l’ambizioso traguardo del miliardo di litri d’acqua venduti: non solo ha colto il risultato, ma è andato oltre, raggiungendo complessivamente 1miliardo e 150 milioni litri, con uno sviluppo del +16%”. Ulteriore dimostrazione del dinamismo del Gruppo l’acquisizione dello stabilimento lucano di acque minerali di Monticchio Bagni, con i marchi Toka, Solaria e Felicia: diventano così ben otto gli stabilimenti sul territorio nazionale (quattro al Nord, due al Centro e due al Sud), rafforzando ulteriormente la presenza A sinistra: l’amministratore in Basilicata e al Sud. Le sorgenti a disposizione di- delegato di Gruppo Norda ventano 26 e le linee di produzione per l’imbottigliaCarlo Pessina. mento, in vetro e Pet, toccano quota 27. Accanto Sopra: alcune bottiglie alle new entry continua il rilancio dello storico di acque Norda. marchio Sangemini - presente sul mercato dal 1889 A destra: lo stabilimento e conosciuta come acqua dei bambini - che raggruppa Norda di Primaluna (Lc). di Elisa Facchetti
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le acque Sangemini, Fabia, Grazia, Aura, Amerino, cresciute complessivamente di oltre il 70% a volume. Risultati positivi anche per Gaudianello (effervescente naturale) e Leggera (oligominerale) che hanno fatto registrare una crescita rispetto al 2014 del +4%. Le prospettive per la fine del 2016 e i piani di sviluppo fanno quindi prevedere una crescita complessiva del Gruppo a doppia cifra, una crescita supportata anche dal segmento delle acque dedicate al canale ho.re.ca, oggi più che mai valorizzate dalla nota
“carte delle acque”, come ci spiega Carlo Pessina: “L’identità di ‘Acque minerali d’Italia’ calza a pennello, anche e soprattutto nel canale ho.re.ca, dove il Gruppo è seconda realtà nazionale in senso assoluto. Primo sicuramente per gamma di etichette, raccolte in una ‘carta delle acque’ che non ha paragoni. Siamo costantemente impegnati a confermare “Il Gruppo Norda, con i fatti questo dinamismo e con una presenza posizionamento. Recentemente, ad esempio, abbiamo inserito su tutto il territorio in gamma una nuova bottiglia nazionale, si conferma Premium in vetro a rendere da 75 cl dedicata all’alta ristorazioai vertici nel mercato ne: Norda ‘Luxury’. Creando quedelle acque minerali sta nuova bottiglia, Norda ha pensato ai professionisti della in Italia” ristorazione più esigenti e ai consumatori sempre più attenti alla qualità dell’acqua che viene servita in tavola. La nuova bottiglia ‘Luxury’, in vetro a rendere da 75 cl, è caratterizzata infatti da scelte che la collocano ai vertici del settore per estetica e funzionalità, originalità
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Focus beverage
In questa pagina: una fase del ciclo produttivo automatizzato dell’imbottigliamento e alcune bottiglie di acque Norda.
pulita ed elegante che l’ha resa famosa, aggiungendo lo speciale anello zigrinato antiabrasione. Ulteriore, importante novità, la bottiglia Prestige 75 cl di Gaudianello, sempre dedicata in esclusiva al mondo della ristorazione di qualità, caratterizzata ora da un packaging innovativo, funzionale e dotata anch’essa di anello salvabrasioni. Particolarmente ricercate le etichette, con una grafica finalizzata ad unire eleganza estetica a contenuti caratterizzanti di comunicazione”. Non solo operazioni strategiche di espansione, ma anche attenzione alla percezione del consumatore nella scelta dell’acqua al ristorante, un tema molto caro a Carlo Pessina che auspica un servizio attento e puntiglioso da parte dei ristoratori: “L’immagine conta molto, sicuramente, ma ancora di più i consigli e prestigio. Luxury ha un design elegante e moderno, del ristoratore. È lui il protagonista nel fare percepire con una ‘shape’ che richiama le più prestigiose e poi spiegare che l’acqua è una importante compobottiglie di vino. Spiccano i colori intensi e vivaci nente del servizio. Ecco quindi il concetto di carta delle etichette, facilmente identificabili e assolutamente delle acque. Ci sono acque ideali per certi cibi. trendy: verde smeraldo per l’acqua ‘Ferma’ (naturale), Inoltre sarebbe veramente un salto di qualità per il e color ciclamino per l’acqua ‘Mossa’ (frizzante). servizio di ogni locale proporre acque diversificate Luxury è infatti dotata, in corrispondenza dei punti per tipologia, ad esempio aggiungere anche nell’offerta di maggior contatto e sfregamento durante l’imbotti- una effervescente naturale”. La capillare espansione gliamento, di un ‘doppio anello’ salva usura (posto su territorio nazionale promette interessanti sviluppi, sopra e sotto all’etichetta), con lo scopo di ridurre alla luce anche della particolare attenzione volta al al minimo lo stress strutturale prevenendone così le canale ho.re.ca. Sviluppi che non saranno solo possibili abrasioni esterne. Questo stesso sistema legati al Bel Paese, Norda è infatti presente all’estero di protezione è stato recentemente adottato anche e recentemente sono stati avviati nuovi progetti di per la bottiglia Elegance, una riferimento assoluto partnership con alcuni importanti gruppi distributivi nella carta delle acque del Gruppo. La nuova bottiglia e industriali riguardanti aree geografiche come Stati Elegance di Norda mantiene l’inconfondibile forma Uniti, Cina, Asia, Thailandia, Israele =
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Focus beverage
Birra, si degusta E si abbina! Dal “Manuale della birra” di Giuseppe Vaccarini, edito da Hoepli, Artù riporta un passaggio molto interessante dedicato agli abbinamenti tra cibo e birra.
La birra a tavola e in cucina Una birra? Perché no! Se ho davanti a me un piatto che mi stuzzica, una gradevole, suadente, amarognola birra in accompagnamento ci sta molto bene. È noto che io sono un paladino del vino, dei grandi vini italiani, di quelli della mia terra, cerco Abbinamento cibo-birra di farli apprezzare, ma non per L’abbinamento gastronomico Poveri noi, che brutta figura abbiamo fatto. Credevamo questo rifiuto i grandi vini proche mangiare fosse la cosa più semplice del mondo dotti in altri Paesi, né ho pregiue scopriamo che invece fa parte di un rito millenario, dizi verso la birra. A volte, ho il che ha le sue leggi segrete, i suoi intrepidi campioni, desiderio di berne una, all’apei suoi profeti, la sua mitologia, quasi quasi diremmo ritivo o in abbinamento ai piatti. la sua religione. Tutto cambierà dopo aver letto le Non è certo una questione di pagine che seguono, ne sono certo. E così quando stagioni: d’inverno si può avere staremo per mettere in bocca una profumata fettina sete come d’estate ed io che di arrosto, ci parrà di vederci davanti la maestosa viaggio spesso per il mondo figura di un grande cuoco che ci fa cenno che così non faccio distinzioni di latitudini. Nei Paesi tropicali non va, che bisognerebbe aggiungere una fogliolina, si beve molta più birra di vino, per una questione di temperatura, di contenuto alcolico ma una sola, di rosmarino. E e di abbinamento alla cucina loquando accosteremo alle labbra una polpetta succulenta, vedremo “Ancora oggi, parlare cale. Si dice che nel Nord Europa sia una cucina che invita alla come la fantasia di Gualtiero di abbinamento cibo- cibirra, Marchesi (sommo chef di cucina ma anche da noi ci sono e autore di grandi libri di gastro- birra è come esplorare tanti piatti con cui si può trannomia), dar di gomito a Taillevant quillamente legare. Senza poi diun continente (supremo e storico artefice delle menticare che l’origine della birra salse), per concordare con lui sconosciuto. In Italia è innanzitutto mediterranea prima che quel cibo, che a noi pare che germanica o scandinava. (…) è ancora una già eccellente, manca di quel Non vi capita di essere attirati, poco di cottura, che lo renderebbe strada da percorrere” senza una apparente spiegazione, perfetto. A tutto questo, d’ora in in modo improvviso, non importa avanti occorrerà osare anche dove e quando, né stagione o con il sommelier, che quella birra che ci fa assaggiare circostanza, da certe scelte istintive? Come quel biccon la dovuta reverenza ha, dio mio, una punta di os- chiere con la giusta quantità di schiuma? Quando si sidazione. La maggior parte di noi, e mi ci metto ha voglia, si beve, a tavola o in compagnia di amici. anch’io in testa a tutti, si sente annichilito, in questi E se il piatto è cucinato con la birra, sarà una casi, anche perché la maggior parte dei consumatori ragione in più per scegliere una birra in abbinamento. apprezza la birra senza capirne niente. Ma ora più Tuttavia il discorso è più ampio. Tanto per cominciare, che mai il sommelier ci apparirà come un sommo sa- la birra si accompagna bene alla cucina piccante e cerdote, come un mediatore fra cielo e terra, e mai, saporita. Penso alle penne all’arrabbiata, un riso al masi oseremo rimandargli indietro come poco una curry o ad una zuppa di pesce dominata dalle note piccanti del peperoncino, ad una ricca e gustosa bottiglia che ci ha portato.
66 Artù giugno/luglio 2016
parmigiana di melanzane o agli spaghetti cacio e pepe. Ma poi ci sono le varie salse, saporite ed euforizzanti servite con i pesci e con le carni, tutti sughi ed i ragù a cui si può rilevare il gusto con l’aggiunta di pepe, peperoncino, erbe aromatiche come il basilico, la salvia, l’origano, l’erba cipollina, ecc che possono essere abbinati ad una birra ben strutturata, morbida e persistente. L’elenco potrebbe essere ben più lungo, ma devo evidenziare la particolare armonia che si ottiene abbinando la carne di maiale, di vitello e di manzo alla birra: la lievissima e morbida vena dolce nel gusto delle prime fa contrappunto gradevole con la vena amarognola della seconda. E lo stesso lo si potrebbe estendere ad altre carni bianche, il tacchino, il coniglio, il pollo, ecc. La stessa cosa la si può applicare ai guazzetti di pesce, al baccalà alla livornese, al caciucco, al fritto misto, agli sgombri con origano e finocchietto selvatico, ecc. Mi vengono in mente tanti altri abbinamenti con le verdure, come i peperoni arrostiti, le melanzane fritte e via dicendo. In conclusione vorrei ricordare un’altra serie di piatti in cui si adopera pasta lievitata o fermentata, come pizze e focacce, panzerotti e simili. Vi è qui un accostamento viscerale tra il primo pane e la prima birra: cibo e bevanda fermentati dal Cereale, che dall’età più remota dettero all’uomo sostegno prezioso per intraprendere il cammino della civiltà.
Grafico per visualizzazione delle sensazioni dell’abbinamento cibo-birra
strada da percorrere. Tuttavia, la ristorazione italiana ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista in materia. Non tutte le birre sono destinate ad essere consumate nei momenti di conversazione, al pub, in pizzeria o al ristorante. Ognuno di noi ama consumare una fresca birra alla spina o aprire la propria bottiglia a tavola con amici e parenti per accompagnare qualsiasi tipo di preparazione gastronomica. Occorre però fare molta attenzione: anche una buona birra o un grande piatto possono essere mortificati da un abbinamento non corretto. È compito del sommelier trovare il punto di incontro fra il piatto e il bicchiere di birra capace di valorizzare le caratteristiche ed i pregi di entrambi. Questo affascinante incrocio di sensazioni si chiama “abbinamento”. Con la possibilità di spaziare tra i molti stili di birra, è certamente possibile ottenere abbinamenti L’abbinamento cibo & birra cibo-birra perfetti. L’accostamento nel menu dovrà Per abbinamento si intende l’unione dei cibi con le mirare all’armonia non solo degli specifici abbinamenti bevande, sia in senso generale quando si tratta di ma anche delle varie portate poiché, è sempre bene individuare una specifica bevanda più indicata da ricordare, è più divertente e piacevole degustare bersi con una certa vivanda, sia nel caso concreto birre diverse abbinate correttamente ai diversi cibi, di una sequenza di portate per la quale si devono piuttosto che una sola birra a tutto pasto: l’applicazione scegliere bevande (vini, birra, acqua minerale, tè, di questo suggerimento contribuirà ad arricchire le caffè, ecc, al fine di ottenere un risultato armonico. nostre esperienze gastronomiche. Vediamo quali posAncora oggi, parlare di abbinamento cibo-birra è sono essere gli abbinamenti, tenendo ben presente come esplorare un continente sconosciuto. In Italia, che le birre prendono nomi differenti a seconda del ma anche nella maggior parte dei Paesi dove il con- Paese di produzione. La scelta del procedimento da sumo di birra è molto importante, è ancora una parte del mastro birrario, bassa o alta fermentazione,
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conferirà al prodotto finale caratteristiche gusto-olfattive, oltre che di colore, decisamente molto differenti tra loro. Le prime avranno aromi marcatamente più vegetali o fruttati, le seconde avranno aromi di tostatura e di spezie. Tuttavia, tutte le birre sono caratterizzate da note amarognole più o meno intense e persistenti a seconda della quantità e del tipo di luppolina aggiunta nella fase finale della lavorazione. Combinata con i piatti più raffinati, la birra svela profumi fino a qual momento inaspettati. Per convincersene è sufficiente provare, osare! In un primo momento è meglio tentare con i “contrasti” che uniscono il piatto alla birra. Questi matrimoni conducono a scegliere, per esempio, una birra bianca dalle note acidulate in abbinamento a pesci che hanno caratteristiche di percezione dolce serviti con una salsa leggermente grassa o addirittura con le ostriche. In seguito si potrà tentare con accordi per “concordanze” di sensazioni, come ad esempio una kriek per esaltare il sapore di un dessert al cioccolato. Si possono fare abbinamenti con le numerose varietà di formaggi poiché questi lasciano volentieri scoprire il loro sapore se accostati, a seconda delle loro caratteristiche, ad una Lager, una Ale, una bionda, una bruna o una rossa =
Nella pagina accanto: l’enologo Giuseppe Vaccarini, autore del libro “Il manuale della birra”.
Focus beverage
H41°, la nuova lager di Heineken di Luisa Contri
C’è la ricerca del microbiologo argentino Diego Libkind dietro ad H41°, la capostipite delle lager exploration di Heineken. Il lancio in Italia, in anteprima mondiale, di questa nuova birra in edizione limitata, è il primo tangibile frutto della strategia del gruppo birrario olandese (con un fatturato globale 2015 di 20,5 miliardi di euro, dei quali 943 milioni realizzati in Italia) di stimolare il consumo di birra nei mercati maturi, proponendo al consumatore lager dal gusto inedito. Poiché è il lievito che fa la differenza fra una birra lager e un’altra, Heineken ha colto al volo la scoperta del Saccharomyces eubayanus nelle galle che infettano i faggi delle foreste del parco nazionale Hahuel Huapi, nella Patagonia nord-occidentale, da parte di Libkind, ricercatore presso il Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica e Tecnologica del-
l’università del Comahue-Bariloche. Questo ceppo di lievito, resistente alle basse temperature, è risultato essere il progenitore, insieme al Saccharomyces cervisiae, del Saccharomyces pastorianus, che fu utilizzato per la prima volta nel XV secolo per la produzione di birre lager e che è l’antenato “Ci sono voluti circa anche del lievito A, impiegato in 4 anni per ottenere esclusiva da Heineken. In cambio del sostegno delle attività di riquesta lager dal cerca di Libkind, Heineken s’è gusto pieno, con assicurata l’esclusiva dello sfrutfruttati. Utilizzare il Saccharomytamento commerciale del Sacces eubayanus ha comportato, leggere note charomyces eubayanus per la infatti, la necessità di apportare speziate e delicati produzione di birre lager in tutto alcune modifiche sia all’impianto il mondo meno che in Argentina, sia al processo produttivo sia sentori fruttati” dove il ceppo può essere impiealla ricettazione”. L’H41°, che è gato dai birrifici artigianali. “Abproposta con un premium price biamo impiegato circa 4 anni - spiega ad Artù del 30% rispetto alle lager tradizionali, sarà affiancata Willem van Waesberghe (nella foto), mastro birraio da altre lager dal gusto distintivo. Van Waeseberghe di Heineken - per ottenere questa lager dal gusto non svela però, per ora, se la loro diversità sarà pieno, con leggere note speziate e delicati sentori dovuta a nuovi ceppi di lieviti o a nuovi ingredienti =
68 Artù giugno/luglio 2016
La ricetta di Artù
Riso e stracchino secondo Camanini a cura di Maurizio Bertera L’ispirazione risale a dieci anni fa quando Riccardo Camanini era “solo” un talento che gestiva la cucina di Villa Fiordaliso a Gardone Riviera (Bs), una delle location più raffinate del Garda, ultima “bomboniera” dell’amore tra Benito Mussolini e Claretta Petacci. “Da un lato, mi piaceva l’idea di far rivivere una marinatura, in stile garum, di qualche pesce d’acqua dolce - racconta Riccardo Camanini - dall’altro, io che sono lacustre (ndr, di Lovere, sponda bergamasca dell’Iseo) non potevo dimenticare che lo scambio tra il pescato e il formaggio è sempre stato basilare per l’alimentazione degli abitanti. Un baratto che veniva esaltato con l’eccellente olio delle sponde”. È nato così uno dei signature dish di Camanini: Risotto allo stracchino, sardina di lago allo spiedo. Ovviamente è tra i piatti più richiesti al ristorante che “Ricky” - con il fratello Giancarlo ha aperto lo scorso anno a poca distanza da Villa Fiordaliso. Si chiama Lido 84, di tono dentro e spettacolare fuori con la prima fila di tavoli praticamente “nel lago”. “Ho provato qualche volta a toglierlo dal menu ma è tornato a furor di popolo” scherza lo chef lombardo che sottolinea l’aspetto low-cost del piatto. “La sardina, particolarmente buona nei mesi di maggio e giugno, è un pesce non costoso e volendo si mangia interamente. Richiede una marinatura di tipo classico con aceto di Groppello, sale e zucchero per essere successivamente essiccata alla brace, lentamente e per una notte. Noi sul lago naturalmente usiamo quello di olivo, che regala una doratura ‘giapponese’ alla sardina e crea un piacevole effetto ottico”. Poi lo stracchino, che dà quell’acidità elegante. “Utilizzo quello freschissimo, di un amico bergamasco. Raccomando di assaggiarlo sempre prima della ricetta, perché uno stracchino non sarà mai uguale a un altro e quindi al di là della dose standard ha senso fare leggere variazioni nella quantità”. Il riso? “A Villa Fiordaliso, ero per il Vialone Nano. Ora ho virato verso il Carnaroli e mi sembra ancora più buono”. Forse perché la “mano” è quella di uno dei nuovi fenomeni della cucina italiana, che ha sorpreso persino monsieur Ducasse con lo Spaghettone burro e lievito di birra =
Risotto allo stracchino, sardina di lago allo spiedo Ingredienti per quattro persone 4 sardine di lago marinate in aceto di Groppello ed essiccate tutta la notte alla brace di olivo
Lo chef Riccardo Camanini, il piatto e uno scorcio del ristorante Lido 84.
280 g di riso Carnaroli 60 g di burro a cubetti Procedimento Bucare i limoni e sbollentarli per tre volte, raffreddandoli ogni volta. Metterli sottovuoto con lo sciroppo e la verbena e cuocere a 90°C per 4 ore. Una volta pronti, raffreddarli e tagliarli in quarti nel senso della lunghezza. Eliminare la polpa e la pellicola bianca, poi tagliare a cubetti piccolissimi. Tostare il riso, bagnare con vino bianco e aggiungere acqua non salata in modo che possa cuocere per circa cinque minuti senza essere mescolato. Poi continuare normalmente aggiungendo anche il sale. Mantecare con tre cucchiai abbondanti di stracchino, poco burro, una punta di Parmigiano e poco limone candito. Dare la giusta acidità con una punta di aceto bianco. Sopra il riso adagiare la sardina intera e la polvere, ottenuta da una sardina sottoposta allo stesso procedimento di marinatura ed essiccazione alla brace ma tritata finemente =
70 Artù giugno/luglio 2016
La foto di Cioffi
Dany Stauffacher, grande gourmet. È l'ideatore di S.Pellegrino Sapori Ticino, evento internazionale con grandi chef protagonisti.
73 © Ferdinando Cioffi
Artù giugno/luglio 2016
Café Royal a Londra La chef è pastry 74 Artù giugno/luglio 2016
Accueil
di Gualtiero Spotti
Sarah Barber, executive pastry chef, ha rivoluzionato l’offerta del ristorante The Café del prestigioso e lussuoso albergo londinese Café Royal. Difficile trovare in una città come Londra un hotel fonde con i palazzi prestigiosi che caratterizzano più centrale e al tempo stesso discreto, quasi invi- l’intera area. A svelare l’esistenza di un albergo è sibile, e posizionato a due passi dalle principali solo il classico tornello di ingresso nella hall, attrazioni turistiche. Il Café Royal, un cinque stelle sulla via principale, perché gli ospiti che si fermano che fa parte della raccolta di alberghi chiamata e arrivano in macchina entrano dalla nascosta Air The Set (della quale fanno parte anche il Conser- Street, certamente meno affollata. Ma questa è vatorium ad Amsterdam e, con la riapertura prevista solo una delle curiosità che riguardano un hotel nel 2017, il Lutetia di Parigi), si propone, ormai dai contenuti speciali e fuori dall’ordinario. Basti pensare che il ristorante princida un anno a questa parte, copale si chiama The Café ed è me una delle mete di eccellenza “Non solo torte e in realtà un “pastry restaurant”, per chi vuole soggiornare a poun ristorante (il primo chi metri da Piccadilly Circus, pasticcini nell’offerta ovvero nato a Londra) per degustare dalla sempre movimentata Sodolci e creato dalla giovane paho e dall’elegante Mayfair. L’al- di questo luogo magico, Sarah Barber, arrivata bergo occupa un angolo di Rema anche grandi piatti asticcera gennaio, e che ha rivoluzionato gent Street, e da buona parte gourmet creati dalla il menu e il concept del luogo. delle sue stanze si gode un magnifico scorcio sulla celebre Originaria del quartiere di Grebrava allieva di piazza, ma alla vista esterna, enwich, a Londra, ma cresciuta Heston Blumenthal” nel Kent, la trentatreenne Sarah in realtà, l’hotel sembra un edificio come un altro, che si condopo gli studi al college ha deciso subito che il suo futuro professionale sarebbe stato nel dietro le quinte di un laboratorio, confezionando scones, torte e pasticcini di qualità. Il suo percorso, in quindici anni, l’ha portata a transitare in alcuni dei migliori alberghi della capitale anglosassone (dal Connaught al Ritz), ma anche in qualche stellato di grido, come il Dinner di Heston Blumenthal. Ora, al Cafè
Nella pagina a lato: un suggestivo notturno sulla terrazza della Dome Penthouse suite. Sopra: l’executive pastry chef Sarah Barber e qui accanto un esterno del Café Royal.
75 Artù giugno/luglio 2016
Accueil
Royal, sembra aver trovato la sua dimensione ideale, occupandosi non solo del The Cafè, ma dell’intera ristorazione dolce, che significa anche la sala Ten Room interna all’hotel (dove si pranza e si cena con una piccola carta di piatti “normali”, tra un filetto di carne scozzese e un insalata di
astice e gamberetti), le colazioni, e soprattutto, l’Oscar Wilde Bar, una mitica stanza dedicata all’”afternoon tea” che ha visto negli anni oltre alla presenza di celebrità quali i Beatles, Mick Jagger e David Bowie (che proprio qui diede l’addio con una festa al suo personaggio di Ziggy Stardust), anche quella dello scrittore cui è dedicata. Perché Oscar Wilde, quando ancora la stanza si chiamava The Grill Room, si sedeva in
76 Artù giugno/luglio 2016
uno degli angoli più nascosti del bar per poter osservare indisturbato il via vai dei clienti. Inutile dire che l’esperienza, qui, è di quelle uniche, con il rito del te (e non mancano certo i blend da testare) accompagnato da sandwiches, delicatessen, Victoria sponge e qualche fetta di torta. Anche in questo caso si vede lo stile e la mano di Sarah Barber, impegnata a rappresentare la classicità anglosassone tra preparazioni rigorose e qualche giocosità come i lollipop, i macaron alla ciliegia e la torta di carote e noci pecan. Anche se l’espressione più moderna della pasticceria è quella che
Nella pagina a lato: l’elegante Oscar Wilde Bar e nella foto più piccola la Ten Room. Sopra: la sala del The Café e qui a sinistra i gin tonic del Green Bar.
nuovi trattamenti urban detox da sperimentare in un centro benessere olistico, magari come forma di recupero dopo aver fatto un passaggio al Green Bar, scegliendo l’angolo giusto per rilassarsi di fronte a uno dei gin tonic più convincenti della capitale. Qui la lista dei “botanical” è rimarchevole e lo staff ha la passione giusta per andare alla ricerca di piccole etichette londinesi di gin (e non solo visto che ci sono anche rari Tanqueray), per poi presentarle in una serie di cocktail dallo stile contemporaneo. Vale la pena sperimentare il Kumquat Bubble, un signature dell’hotel gemello ad Amsterdam e preparato con Tanqueray 10, liquore si incontra al Café Royal in piatti che risultano di kumquat, Fever Tree lemonade, pompelmo e essere delle vere opere d’arte moderne, come nel menta. Se poi tutto questo non bastasse al primo caso del Jaffa Cake (con mandarino e confit) o piano dell’hotel si può trovare il super esclusivo nel Milky Way, con formaggio di capra, miele e bar- The Club, il cui accesso però è riservato solo a fababietola. Ma le sorprese non si esauriscono qui. coltosi soci. Si entra a far parte di questa ristretta L’Hotel fa dello stile uno dei suoi punti di forza, cerchia invitati da uno dei membri e si finisce per come dimostrano le stanze, spaziose e accoglienti, essere circondati da un gruppo piuttosto eterogeneo ben insonorizzate (un particolare non da poco di personaggi che fanno parte dell’aristocrazia, vista la posizione centrale e il traffico giornaliero del mondo delle arti, dello sport o, addirittura, da in una delle zone più frequentate di Londra) e business leaders, per chi, magari, vuole concludere super accessoriate. Non da meno sono la Spa affari in un ambiente più riservato ma al tempo Akasha, con la splendida piscina sotterranea e i stesso rilassante =
77 Artù giugno/luglio 2016
Accueil
Aman Venice La mano di Oldani di Gualtiero Spotti
L’executive chef Akio Fujita guida con grande professionalità la cucina di questo resort di lusso. Esperienze con Ghezzi, De Pra e Iaccarino. Un resort Aman in Italia è già qualcosa di speciale, se pensiamo che la celebre catena di mega alberghi di lusso solitamente ha i suoi affiliati in luoghi esotici e, a volte, sperduti. Eppure c’è qualche lodevole eccezione a questa regola per quel che riguarda gli hotel europei presenti in Turchia, in Grecia, in Francia, in Montenegro e, infine, anche in Italia. Si perché da qualche tempo Aman è presente sul Canal Grande e in laguna a Venezia, ospitato all’interno del magnifico Palazzo Papadopoli. È questo un gioiello architettonico nel quale perdersi c’è da stupirsi che da queste tra saloni antichi, specchi, opere “Nella linea di cucina, parti capiti di incrociare sopratd’arte, librerie e dipinti in una tutto facoltosi stranieri, attori la supervisione di un (vedi Keira Knightley) e magnati vera e propria residenza dove ci si sente come se si fosse in incognito, che amano il relax grande chef, Davide ospiti di una casa aristocratica del bel giardino oppure la vista e stesse per arrivare da un mo- Oldani: in carta alcuni dalla splendida altana al quinto mento all’altro il maggiordomo. piano, dalla quale si domina suoi signature dish Non solo, la percezione che tra dall’alto Venezia. Non bastasse impreziosiscono le calli ci sia un albergo (con tutto questo c’è anche un risto25 stanze) è praticamente nulla l’offerta dell’Aman” rante degno di nota nel quale vista l’assenza di indicazioni e si possono vivere due diversi di qualsiasi tipo di logo rivelatipi di esperienze gastronomiche. tore, con una discrezione che continua anche per L’executive chef qui è Akio Fujita, trentacinquenne gli ospiti che accedono alla reception dal pontile giapponese originario dell’Hokkaido, ma ormai da affacciato sul Canal Grande e a due passi dal più di un decennio sistematosi in Italia. Dopo aver Ponte di Rialto. L’unica scritta visibile arrivando frequentato a Osaka una scuola di cucina (e aver dalle calli, è stampata su di un semplice campanello iniziato il suo percorso in un ristorante italiano in da suonare, e grazie al quale, una volta scattato il Giappone), Akio è arrivato nel Bel Paese seguendo cancello di ingresso, si accede a un mondo parallelo del quale si ignorava l’esistenza. Quasi un museo nel quale ci si muove con circospezione Qui sopra: la suggestiva Altana Roof Terrace del quinto e dove si percepisce appieno la grandezza e la ricpiano dell’Aman Venice. A lato: lo chef Akio Fujita chezza delle storiche abitazioni veneziane. Non e la facciata di Palazzo Papadopoli sul Canal Grande.
78 Artù giugno/luglio 2016
79 ArtĂš giugno/luglio 2016
Accueil
stabilito da Enzo De Pra al Dolada, in mezzo alle montagne bellunesi dove si è fermato tre anni e mezzo per poi spostarsi per altri tre anni sul lago di Garda al Grand Hotel Fasano. Infine c’è la sua esperienza più rilevante, che rimane quella alla corte di Alfio Ghezzi alla Locanda Margon, per altri tre anni e mezzo. All’Aman arriva nel 2014 nel momento in cui all’interno dell’hotel si passa da un ristorante d’impronta thai a uno con una serie di piatti in qualche modo figli un cuoco che aveva prima lavorato da Don Alfonso del percorso professionale di Akio. Non manca Iaccarino. Ma il Sud Italia il giovane cuoco giappo- qualche intuizione nipponica (e la passione per il nese non lo ha frequentato molto. Subito Akio si è pesce crudo), l’attenzione per i prodotti locali (gli Gnocchi di pane sono con la granseola, le fave e il rosmarino) e alcune preparazioni di buon senso regionale italiano, che passano dalla Lombata di In alto: la sala da pranzo del piano nobile. vitello alla milanese al Suino di cinta senese con Qui sopra: lo chef Davide Oldani e il suo signature dish rabarbaro, perfetti per la clientela internazionale Risotto allo zafferano D’O.
80 Artù giugno/luglio 2016
che transita da queste stanze. Un menu variegato, certo, ma al quale forse mancava un tocco un po’ gourmet da parte di una star italiana dei fornelli. A questo però ci ha pensato Davide Oldani, chiamato in causa lo scorso autunno per arricchire la proposta del ristorante con alcuni dei suoi signature dish. Presenti soprattutto nella carta serale, ma con qualche piatto anche disponibile
per il lunch. Non possono mancare, ovviamente, la Cipolla caramellata e il Risotto allo zafferano D’O, ma c’è anche qualche gioco interessante come nel caso della variazione di piselli in chiave cotto-crudo, morbido-croccante, acido-basico. E si nota una componente citrica e mediterranea che ricorre in diverse preparazioni di entrambi, a partire proprio dal Risotto D’O per passare al Ravioli di patate, asparagi e cedro candito (questi di Akio) o agli Spaghetti con Monteveronese, limone, pepe nero e rafano, ritornando a Oldani. Divertente anche la proposta, tra i dessert, di un Tiramisù in una versione “bianca” e del Gelato di veneziana con cacao e kumquat tanto per restare
tra le suggestioni legate alla storia locale. In un momento che vede la Serenissima ospitare, soprattutto negli alberghi, diversi cuochi di primo piano della scena nazionale (basterebbe citare Perbellini, ma ci sono anche Bisetto e Batavia), la sala dell’Aman diventa, come del resto tutto l’albergo, un luogo che aggiunge grande fascino alla sosta golosa. Al punto che la bellezza di cui si è circondati rischia di prendere il sopravvento anche quando i piatti meriterebbero maggiore attenzione. Per il futuro targato 2017 non mancano neanche delle stimolanti novità che in qualche modo caratterizzeranno in maniera diversa la ristorazione di Palazzo Papadopoli. Infatti è prevista la realizzazione di un piccolo ristorante sushi in aggiunta alla cucina già presente, e la riqualificazione del bar, che verrà spostato in un salone più ampio. Attirando anche l’attenzione di una clientela più varia, e forse di qualche ospite veneziano =
81 Artù giugno/luglio 2016
Qui sopra: l’Alcova Tiepolo Suite e il bar. A lato: la versione bianca del Tiramisù e sotto la Cipolla caramellata, Grana Padano Riserva D’O caldo e freddo.
Equipment
Pentole Agnelli, sinergia in cucina di Rebecca Andreola
L’azienda bergamasca, dopo il lancio del movimento d’avanguardia culturale #NONTACCATEMILAPADELLA, continua la sua mission per la tutela della cucina italiana.
guendo a distanza di mesi dal lancio dell’iniziativa e a cui hanno fatto seguito diverse attività correlate e sostenute dagli chef che si sono fatti portavoce di questo importante messaggio. Un messaggio che corre e si diffonde anche grazie all’ApeCar #NONTACCATEMILAPADELLA, la versione pop della cucina made in Italy itinerante nata per fare scuola, grazie a una attrezzatissima cucina mobile. Il rito dello “spadellamento” viaggia dunque anche su tre ruote e Pentole Baldassare Agnelli si fa portabandiera di
L’azienda bergamasca Pentole Baldassare Agnelli ha lanciato il suo movimento d’avanguardia culturale: #NONTACCATEMILAPADELLA, campagna nata per la tutela e la promozione della vera cucina italiana. Il progetto, presentato durante Host 2015, il Salone dell’ospitalità professionale, ha fatto subito breccia nei cuori di alcuni tra i più famosi chef, i quali hanno aderito all’iniziativa come impegno per difendere l’arte culinaria italiana firmandone il manifesto: tra questi Massimo Bottura, Marco Valletta, Niko Romito, Claudio Sadler, Cristina Bowerman, Francesco Gotti, Alessandro Circiello, oltre all’adesione di Fic-Federazione Italiana Cuochi, Nic-Nazionale Italiana Cuochi e Fip-Federazione Italiana Pasticceri. Pentole Baldassare Agnelli, da parte sua, sostiene il progetto inteso come movimento attivo su diversi fronti e con numerose iniziative, rappresentante “Noi che produciamo del primo presidio non food depentole dal 1907 siamo dicato a garantire il rispetto del cucinare italiano. Un cucinare chiamati a condividere una cucina popolare, concreta che parte dalla padella, simbolo ma anche originale che vede codell’azienda bergamasca con ol- con gli chef quelle che me protagonista la padella e il tre un secolo di storia alle spalle, sono le caratteristiche suo utilizzo nella preparazione luogo dove gli ingredienti e le dei cibi: per l’azienda bergamasca di ogni strumento materie prime si fondono per la padella è infatti l’unico strudare vita a nuove creazioni e mento emblema della tavola itache produciamo” piatti unici. La scelta del corretto liana, versatile, maneggevole e strumento per cucinare significa indispensabile per preparare infatti anche rispettare le stesse materie prime ogni ricetta. Il progetto dell’ApeCar, evoluzione “on poiché tutto passa dalla padella, uno strumento ne- the road” della campagna #NONTACCATEMILAPAcessario e indispensabile in cucina. La sottoscrizione DELLA, proietta la mission aziendale verso una moal manifesto rappresenta quindi non un progetto dalità più diretta per tutelare e diffondere la vera fine a se stesso, ma un iter costruttivo che sta prose- cucina italiana e portare così nelle piazze di tutto il
82 Artù giugno/luglio 2016
Sopra: l’ApeCar della campagna #NONTACCATEMILAPADELLA e un set di pentole in alluminio per piani a induzione. Nella pagina a lato: Angelo Agnelli, Ceo di Pentole Baldassare Agnelli.
83 ArtĂš giugno/luglio 2016
Equipment
mondo gli strumenti e gli elementi culturali della tradizione italiana. #NONTOCCATEMILAPADELLA non è infatti solo un progetto culturale, ma è una vera e propria strategia che mira alla diffusione
dello street food italiano. A tale scopo Pentole Baldassare Agnelli ha programmato un investimento di circa 4 milioni di euro per il prossimo biennio, non solo per diffondere lo street food italiano, ma soprat-
Angelo Agnelli e Davide Oldani, l’alleanza in cucina La mostra dedicata alla Cucina Italiana d'Autore di Regine e Re di Cuochi, in scena fino al 6 giugno nella Palazzina della Caccia a Stupinigi, alle porte di Torino, è stata l’occasione che ha visto protagonisti due grandi imprenditori confrontarsi durante un incontro dal titolo “La Cucina come Impresa”. Protagonisti Davide Oldani, chef del D'O di Cornaredo, chiamato a rappresentare la categoria di chef imprenditori che elaborano idee e progetti per rendere le tecniche di cottura e quindi il lavoro dello chef, sempre più agevole, e Angelo Agnelli, Ceo di Pentole Baldassare Agnelli, azienda bergamasca leader nella produzione di pentole professionali in alluminio, interpellato quale imprenditore, produttore e importante esperto del settore. “Noi che produciamo pentole dal 1907 siamo chiamati a superare costantemente il confine produttivo per condividere con gli chef quelle che sono le virtù e le caratteristiche di ogni strumento che produciamo - ha dichiarato Angelo Agnelli -. In poche parole ci impegniamo quotidianamente al confronto, con la bussola puntata al migliorarci per rendere quella determinata padella un prodotto sempre nuovo, declinato per una cucina moderna e sempre in divenire, senza per questo perdere l’effetto professionale che essa deve avere”. Non a caso l’intervento dei due imprenditori è stato introdotto da Marisa Fumagalli, esperta di enogastronomia per il Corriere della Sera, con queste parole: “Siamo qui per raccontare la storia di una grande alleanza". E l’alleanza di cui si parla è proprio quella fra Pentole Baldassare Agnelli e i cuochi. Davide Oldani ha infatti confermato tali principi di alleanza, di dialogo, di confronto, punti cardine indispensabili tra chi produce attrezzature e chi poi deve utilizzarle in cucina, un’alleanza che in questo caso è sfociata prima in un progetto e poi in una linea di prodotti a firma Pentole Agnelli/Oldani. Come il nuovo “cuocicipolla” studiato appositamente per le necessità della cucina e delle ricette di Davide Oldani, uno pentola dallo spessore di 5 mm con antiaderente specifico per rendere omogenea la cottura e la caramelizzazione della cipolla; la pentola carrello è invece stata studiata per smaltire residui liquidi e infine la “padella non padella” progettata per cuocere e servire la frittata dallo spessore di dieci cm direttamente in sala. La sinergia con Davide Oldani, e con tanti altri chef, stimolano l’esperienza e favoriscono la sperimentazione per creare attrezzatura professionale di provata utilità: “L’acquisizione della conoscenza, per quanto ci riguarda - dice Angelo Agnelli - è anche confronto, si determina nel dialogo quotidiano con gli chef. Apprendere per noi è progettare, costruire, riformulare, constatare per cambiare, e questo non lo si fa senza aprirsi al rischio. Ci impegniamo a rispondere agli chef, a non disattendere le loro aspettative. C’è uno scambio osmotico: ci consultiamo, proponiamo, li coinvolgiamo, in tutto il processo creativo”. Gli stessi elementi su cui si è basata la sinergia costruttiva tra Angelo Agnelli e Davide Oldani, la stessa volontà di collaborazione che altri chef e cuochi hanno dimostrato rivolgendosi all’azienda bergamasca sempre disposta a migliorare e rinnovare le proprie attrezzature.
84 Artù giugno/luglio 2016
Alcuni chef che hanno firmato il manifesto di Pentole Baldassare Agnelli: Massimo Bottura, Niko Romito, Cristina Bowerman e Claudio Sadler. Sotto: il nuovo “cuocicipolla” studiato appositamente per le ricette di Davide Oldani e un suo ritratto (ph. Robert Shami).
tutto per creare macchinari che possano aiutare a produrlo nel rispetto delle materie prime e degli standard di qualità delle pentole firmate Baldassare Agnelli. La grande tradizione culinaria italiana dalle cucine casalinghe e dai ristoranti deve essere “pret a porter” e proprio in tale ottica è stato avviato il progetto dell’ApeCar #NONTOCCATEMILAPADELLA =
Equipment
Cifa, con Evolution la mise en place è bio ceramica realizzata a mano, l’anima di questa linea rispecchia valori che vanno oltre il concetto di estetica Per l’azienda di Lomazzo (Co) fine a se stessa e inquadrano il futuro è green. Protagonista una rivoluzione nell’ambito dei della nuovelle vague ecosostenibile prodotti ceramici per la tavola senza precedenti. Da tempo la linea Evolution, prima porcellana Cifa collabora con la realtà inal mondo eco-friendly. glese Dudson che produce stoviglie rispettose dell’ambiente, come EvoluLo studio attento di design, forme e colori sono gli tion. Prodotta con un risparmio di anidride elementi che da sempre identificano le porcellane carbonica del 79% in meno rispetto ai consumi per la tavola realizzate e distribuite da Cifa. Accanto quantificati per produrre una porcellana standard, a un universo fatto di dettagli e di ricerca del bello è inoltre rivestita con un smalto certificato al 100% per un mise en place impeccabile e unica - come “ThermoEco”, senza piombo, che permette di cuocere, ci insegna il progetto SuMisura ideato da Angelo essendo molto resistente, a temperature più basse Fanfarillo, vicepresidente Cifa - l’azienda di Lomazzo e ridurre così il consumo di energia. Come tutte le si fa portabandiera di un progetto che vede l’ecoso- porcellane Dudson anche Evolution rientra nel stenibilità al centro di una nuova filosofia produttiva. progetto di ecosostenibilità promosso dall’azienda Con Evolution la porcellana si fa green mantenendo inglese che ricicla al 100% tutti i pezzi non cotti, inalterate le caratteristiche di una apparecchiatura rotti o con imperfezioni e quindi non vendibili sul perfetta. Se lo stile ricorda per colore e nuances la mercato. Un’ulteriore garanzia delle ceramica distridi Rosa Marchetti
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buite da Cifa, che già da alcuni anni ha abbracciato la filosofia green per proporre nel mondo ho.re.ca. soluzioni di stile nel pieno rispetto dell’ambiente. Una possibilità di scelta in più per tutti quei ristoratori sensibili alle problematiche di inquinamento, attenti non solo all’ambiente ma anche alla tendenza di una tavola più ecologica, una risposta concreta ed elegante alle soluzioni usa e getta realizzate con materiali ecologici per buffet e aperitivi =
Brand news Casa degli Spiriti, 20 anni di attività
A Dario Loison il Premio Istituto Filippin
Acqua Plose, in tavola con leggerezza
Il ristorante Casa degli Spiriti a Costernano (Vr) compie 20 anni. I festeggiamenti, allietati con una cena preparata dall'executive chef Paolo Cappuccio, è stata l’occasione per annunciare la realizzazione di un resort a completamento della struttura. ________________________
Il Premio, nato nel 1998 per premiare ex allievi meritevoli che nella vita hanno raggiunto importanti traguardi in ambito professionale, è stato consegnato quest’anno a Dario Loison. Una storia di successo, quella della Pasticceria Loison, analizzata e studiata dall’istituto come case-study. ________________________
Con un residuo fisso di soli 22,0 mg/l e una durezza bassissima (1,2 F), Acqua Plose è una delle acque più pure e leggere al mondo. Tanto da essere richiesta anche nel mondo della ristorazione nelle versioni Gourmet e Luxury, in vetro. Acqua Plose è infatti partner de Le Soste. ________________________
Chef Rubio a Sport meets food con Nucis Italia
A Bordeaux La Cité du Vin
L’Aspria Harbour Club Milano ha ospitato l’evento “Sport meets foodla ricetta dei Campioni” con Nucis Italia. Chef Rubio ha realizzato tre ricette per tre campioni: “Eleganza e Potenza” per Antonio Cabrini, “Fioretto, istinto e precisione” per Arianna Arrigo e “Sotto rete: tenacia e precisione” per Maurizia Cacciatori.
È stata inaugurata la prima cittàmuseo al mondo dedicata al vino, a Bordeaux. Grande l’entusiasmo dell’Azienda Agricola Le Colture, scelta per presentare l’unico Superiore di Cartizze in carta, il Valdobbiadene Docg Prosecco Superiore di Cartizze.
Ichnusa Limone, il gusto dell’estate La birra di Sardegna lancia con una nuova veste grafica Ichnusa Limone, già presente sul mercato da due anni. Lo fa seguendo l’evoluzione dell’immagine rinnovata del brand Ichnusa, ma mantenendo inalterata la ricetta con succo di limone, per un birra dal gusto rinfrescante.
1 Artù maggio 2016
#La75, la nuova shape di Levissima
Formato ergonomico e maneggevole, con un comodo tappo apri e chiudi. È la nuova versione della “mobile bottle” di Levissima da 75 cl. Con #La75, questo il nome della nuova referenza, Levissima amplia la propria gamma di formati per rispondere alle diverse esigenze di un pubblico sempre più eterogeno. Adatta per essere riposta in borsetta, nel borsone della palestra e nello zaino porta pc.
Libri
I cuochi secondo Visintin. Olio di Puglia e intolleranze
Titolo: Cuochi sull’orlo di una crisi di nervi Autore: Valerio Massimo Visentin Editore: Terre di mezzo Pagine: 190 Prezzo: 12,00 €
Titolo: Guida agli oli extravergine di oliva di Puglia 2016 Autore: aavv Editore: Tirsomedia Pagine: 112 Prezzo: 12,00 €
Il mondo smisurato del food L’autore, giornalista e critico gastronomico mascherato del Corriere della sera, negli ultimi dieci anni ha visitato e recensito più di 2500 ristoranti, scrivendo tra l’altro una quarantina di guide gastronomiche e alcuni libri. Questo è il quarto per la precisione, e come un boomerang torna sulla figura, oggi più attuale che mai, dello chef imprenditore, divo e re di show cooking, interpellato anche nel nuovo ruolo di opinionista. Con ironia e sarcasmo, il giornalista racconta il mondo smisurato del food attraverso racconti e aneddoti, sempre vissuti in incognito, che rivelano la grande superficialità che ha investito l’intero settore, un mondo dove è sempre più difficile trovare un vero “oste” e sempre più facile vedere camici bianchi, più o meno stellati, ben ancorati in tv.
Olio, Puglia al top La Guida, alla sua nona edizione, ha recensito per la nuova versione ben 55 aziende e 86 oli proponendosi come strumento per raccontare l’oro verde pugliese e la professionalità di chi lo produce, premiandone la qualità e la ricercatezza, nonché la versatilità in cucina. Cinque le sezioni per altrettanti territori olivicoli illustrano le caratteristiche degli oli sottoposti ad assaggio, rigorosamente al buio, per garantire l’imparzialità del giudizio. La Guida segnala anche gli “Extratop”, le 18 migliori etichette e sottolinea ancora una volta la collaborazione con gli chef delle strutture premiate negli anni da “La Puglia è servita”, pubblicazione sempre edita da Tirsomedia, a rimarcare lo stretto rapporto tra l’olio extravergine di oliva di Puglia e i ristoratori che lo utilizzano nelle loro ricette.
Titolo: Intolleranza fottiti Autore: Tiziana Colombo Editore: More Mondadori Pagine: 160 Prezzo: 23,00 €
Titolo: Destinazione Barman Autore: Gianni Anselmo Editore: Readrink Pagine: 360 Prezzo: 25,00 €
Dedicato a chi soffre…e non solo Per chi soffre davvero, per chi crede siano solo un mucchio di stupidaggini, per chi ritiene l’intolleranza una gran seccatura…resta il fatto che oggi sempre più persone soffrono di disturbi alimentari legati all’intolleranza nell’assimilazione o digestione di certi cibi. A fornire un quadro sullo “stato di salute” di tale questione è la food blogger, nonché intollerante, Tiziana Colombo, tra le prime ad aver affrontato l’argomento e che in questo vademecum snocciola nozioni sugli alimenti, per chi è intollerante ma anche per chi non lo è. E non mancano ricette gustose spiegate passo a passo e suggerimenti sull’uso degli strumenti da utilizzare in cucina. In collaborazione con lo chef Fabio Silva, il maestro panificatore Massimo Bonanomi, l’esperto di canapa Oris Portanova e lo chef Diego Bongiovanni.
Guida per una professione di successo Recita così il sottotitolo di questo manuale nato dalla collaborazione tra Gianni Anselmo e la commissione didattica A.I.B.E.S., l’Associazione italiana barmen e sostenitori, con l’obiettivo di realizzare un vero e proprio vademecum di una professione che riscuote, specialmente oggi, grande successo. 25 capitoli analizzano in modo puntuale il mondo del beverage che ruota intorno alla figura del barman: acque, succhi, caffè, birra, alcool, vini, distillati, gin, vodka, whisky, grappa, tequila, rum, calvados e altri ancora sono tutti gli ingredienti descritti e sviscerati in modo enciclopedico, accompagnati da illustrazioni a rendere ancora più efficace il contenuto. La guida è di fatto un utile strumento per chi vuole avvicinarsi a questa disciplina con professionalità e serietà.
90 Artù giugno/luglio 2016
Alberto’s choice
Silvia Moro, quando chef si declina al femminile UNA BELLA SCOPERTA NELLA CAMPAGNA VENETA
che si affiancano, in carta, ad altri percorsi gastronomici, più legati alla tradizione. Il menù “creativo” di Silvia, invece, prevede portate di notevole impegno, Hotel Ristorante Aldo Moro sia nella ideazione che nella preparazione che, ovVia G. Marconi, 27 viamente, nella presentazione. E le ingenuità che 35044 Montagnana (Pd) spesso sono frequenti nell’attività di tanti giovani Tel 0429 81351 ancora senza lunga esperienza di cucina, nel caso www.hotelaldomoro.com di Silvia sono ridotte al minimo. Il ristorante propone Chiuso il lunedì una carta “territoriale”, con specialità venete e locali, ma è - come dicevamo - dal menù creativo di Silvia che vengono le proposte più entusiasmanti. “Illusione”, il piatto con cui ha voluto aprire la sua cena, ha Non tragga in inganno l’insegna di questo albergo colpito per la incredibile freschezza degli ingredienti: con annesso ristorante, nel cuore della campagna cavolo rapa, spuma di patata, gambero rosso, erba fra la Bassa Veronese e le province di Vicenza a Luigia, polvere di prosciutto veneto “Berico Euganeo” nord e Rovigo a sud (ma qui siamo “sotto” Padova): Dop, lime e erba cipollina. Ben dosati, senza rischi il nome non si rifà al celebre statista ucciso dalle Bri- di prevalenza o sopraffazione, gli elementi hanno gate rosse nel lontano 1978, bensì si ispira al concorso alla definizione di un piatto dal gusto fondatore della struttura di ospitalità. D’altronde, molto pulito. Un'altra proposta meritevole di nota è Moro qui è un cognome molto diffuso. A Montagnana, “Essenza naturale”, ovvero: scampo, guanciale, mela, paese medioevale ingentilito dalle mura che ne rosa turca, carota e pesca nettarina. Buono, anche cingono il centro storico, non ti aspetteresti un luogo se forse troppo permeato dalla contrastata dolcezza come questo. O meglio, mai penseresti di trovare un della frutta. Ma è con la portata successiva, “Evoluzione talento emergente della “nuova cucina contempora- della pasta e fagioli”, che Silvia ha centrato l’obiettivo: nea”, Silvia Moro, giovanissima e curiosa, appassionata e amante delle tecniche, che è stata capace di creare con entusiasmo un polo di alta cucina in questo lembo della sonnecchiante campagna veneta, i cui abitanti sono più avvezzi a frequentare trattorie tipiche che luoghi gourmet. Dobbiamo ringraziare Luigi Cremona, che ce la fece conoscere a un concorso culinario dedicato ai giovani chef, ma anche Riccardo Penzo, giornalista vicentino attivo nella ricerca di nuove stelle, se siamo venuti qui a provare la sua cucina. Silvia, prescelta come candidata per l’edizione Sparkling Menù 2017 di Villa Franciacorta (quest’anno declinato al femminile), si è ritrovata, una sera di maggio, ad essere “valutata” da una giuria di importanti giornalisti enogastronomici: che sono usciti dall’esperienza soddisfatti e rinfrancati, una volta tanto più inclini alla lode che alla dura critica. Sì, i giovani che in cucina hanno voglia di fare, e di crescere, e di raggiungere risultati coerenti, esistono ancora. Evviva. Silvia Moro (meno di trent’anni) ha proposto alcuni suoi piatti “signature”
94 Artù giugno/luglio 2016
LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta
Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza
Due corone = Linea di cucina corretta
Una corona = Cucina dignitosa e affidabile
Corona nera = C’è ancora molto da fare
Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza
Due cervelli = Ragionevole
Un cervello = Abbastanza ragionevole
Cervello nero = Scarsamente ragionevole
gusto pieno, papille in godimento, armonia di sapori in perfetta coesistenza. Il piatto si compone di alcuni (quattro nella presentazione, concepita in questo caso come un assaggio) di tortelli o ravioli quadrati ripieni di fagioli borlotti, asparagi, ravanelli, piselli e brodo al prosciutto: fresco, stagionale, pulito. Il secondo piatto, “Metamorfosi”, è un baccalà mantecato (siamo nella terra dello stoccafisso,
A
Artù Numero 75 giugno/luglio 2016
Alberto’s choice
Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Elisa Facchetti - elisa.facchetti@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it
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Hanno collaborato Rebecca Andreola, Giuseppe Arena, Arianna Augustoni, Fiorenza Auriemma, Denise Battistin, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Luisa Contri, Davide Deponti, Antonio Ezio, Maurizio Forte, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Gigliola Gigli, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Emilio Magni, Rosa Marchetti, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Riccardo L. Molino, Aldo Nenzi, Riccardo Oldani, Cristina Panigada, Anna Pesenti, Gio Pirovano, Alessandra Piubello, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Claudio Zeni, Stefania Zolotti.
Vicenza è poco distante), merluzzo, spuma di baccalà alla vicentina con chips di polenta croccante, pomodorini confit, arancia e polvere di olive mere. Perfetto, anche nell’abbinamento con le bollicine di Franciacorta della Cuvette. L’attento servizio di sala, guidato dal fratello di Silvia, l’eleganza del luogo (dall’atmosfera classica, forse un po’ datata, ma di estrema raffinatezza), l’onestà assoluta dei prezzi in menù (decisamente più bassi della media del segmento di offerta dell’alta ristorazione), l’attento e formidabile ricarico dei vini in carta, fanno del Ristorante Aldo Moro una meta interessante. Montagnana, pur essendo un po’ defilata dagli itinerari turistici più famosi, può comunque contare sulla bellezza del luogo, vicino ai Colli Euganei e comunque non distante da Verona, Padova e Venezia. Una visita a Montagnana è suggerita in modo particolare a chi avesse voglia di scoprire un territorio insolito, non fortemente connotato gastronomicamente (a parte l’ottimo prosciutto crudo, vanto di Montagnana, a cui è dedicata anche una grande manifestazione ogni anno), ma che consente di conoscere Silvia Moro, chef appassionata e curiosa, sempre alla ricerca di nuove idee che rendano indimenticabile l’esperienza dell’ospite. La famiglia Moro, molto conosciuta in zona, opera da anni nel campo dell’ospitalità e garantisce un’accoglienza di standard classico, insomma una destinazione sicura e con un price for value eccellente. Ultima nota positiva emerge dal listino prezzi dell’albergo: dai 70 fino ai 100€ per una camera doppia.
LA CUCINA-SALUTE DI ALAIN SEIDDA Il borgo dei Corbezzoli GH Terme Fordongianus Strada Provinciale, 23 09083 Fordongianus (Or) Tel 0783 605016 www.termesardegna.it
Alain Seidda, chef di lungo corso, dopo esperienze in giro per l’Italia e il mondo, ha trovato da qualche
Iniziative speciali: Andrea Ragusa _______________________________________________________________ Progetto grafico e impaginazione Claudio Rossi Oldrati _______________________________________________________________
Foto Gianni Antoniali (Gnocchi Kitchen Bar), Francesca Brambilla (tortelli di zucca del Pescatore), Francesco Cancarini (Lido 84), Leif Carlsson (Monteverro), Michael Nager (Monteverro), Fabrizio Pato Donati (famiglia Cerea), Philippe Schaff (famiglia Santini e il Pescatore), Robert Shami (Davide Oldani). _______________________________________________________________ Pubblicità dircom@edifis.it _______________________________________________________________ Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it _______________________________________________________________ Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI) _______________________________________________________________ Prezzo per una copia € 5,00 - Arretrati € 10,00 _______________________________________________________________
anno un nuovo approdo in questo superattrezzato albergo termale a quattro stelle, in provincia di Oristano. La sua cucina sa essere creativa e di impronta gourmet ma anche, all’occorrenza, tenere conto delle esigenze nutrizionistiche di chi frequenta l’albergo per le cure termali, potendo contare su dotazioni di prim’ordine che ne fanno un riferimento per tutta l’isola. Così, accanto ad un intelligente menù vegano, in cui primeggiano Ravioli al seitan e zucchine in salsa ortolana, Spaghetti di kamut con broccoli e pinoli, Hamburger di quinoa e zucchine con verdure al curry, Bocconcini di porro e miglio su crema di pomodoro e basilico, lo chef Alain (lontane origini corse ma solida adesione e appartenenza sarda) propone anche menù di impronta regionale, “contaminato” dalla sua genialità creativa. Da provare, con soddisfazione: l’Insalatina di astice tiepida su punte di asparagi freschi, il Soufflé di carote e parmigiano con crema di piselli ed emmenthal, gli Gnocchi di patate con crema di pecorino e noci, “Un piatto spiega il maitre Paolo, competente e preciso intrigante e saporito nella sua essenziale semplicità. Le noci rendono il piatto vivace e delizioso, aiutando il buon funzionamento del sistema cardiocircolatorio”. Ne prendiamo atto, ma qui a Fordongianus ritorneremmo - oltre che per la bellezza del luogo - per la fregola, il pane guttiau appena uscito dal forno, il mitico porcellino con patate, oltre che per l’eccellente aragosta alla sarda, eseguita alla perfezione.
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