Artù 11 12 2015

Page 1

€ 5,00

71

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

Artù n°71 - Novembre - Dicembre 2015

www.artumagazine.it

Gusto ⦁ Tendenze ⦁ Mercati

La patata in cucina e i grandi chef, così KRUG GRANDE CUVÉE sceglie la semplicità MILANO GOURMET: i protagonisti del rinascimento sono chef giovani e audaci Così PECK cerca di reinventare il futuro dell’emporio enogastronomico innovativo Matthias Schmidberger rilancia al Kempinski la cucina stellata in ENGADINA WINE & SPIRIT: Coevo, Villa, Cesari, Südtirol, Moutai, Tramin, Travaglino ecc.

Novembre Dicembre 2015

71



EDITORIALE n°71

#Eccellenza? È vero che “indietro non si torna”. E ci mancherebbe. Ma che cosa ci riserva il futuro? Durante l’Expo, diciamocelo, abbiamo fatto indigestione, in ogni senso. L’abbuffata, soprattutto quella mediatica, è stata imponente, per non dire esagerata. Ogni giorno decine di eventi mettevano in primo piano il

da food (il beverage e il vino in particolare hanno avuto un ruolo decisamente secondario durante i mesi dell’Esposizione Universale) ha ottenuto comunque il risultato di rendere il comparto alimentare protagonista dello scenario nazionale. Con tutti gli annessi e connessi: molti ristoranti di Milano

Food inteso come consumi quotidiani in loco di tonnellate di cibo (artigianale, locale, etnico, perlopiù industriale) e, quindi, in una logica di interesse verso i mercati. Insomma, feed the market, più che feed the planet. L’ubriacatura

hanno lamentato cali più o meno vistosi delle presenze di clientela (attirata dal megaristorante Expo), altri viceversa hanno goduto del supplemento di vivacità che ha contaminato positivamente la città. E ne hanno approfit-

tato, grazie anche a spirito d’iniziativa e lungimiranza commerciale. Ma, per il resto, abbiamo visto scatenarsi una ridda di mood, vecchi e nuovi, contrassegnati dalla ricerca eterna di sopravvivere a se stessi, cavalcando (spesso goffamente) mode, linguaggi, tendenze. Così registriamo una congerie di vacuità

ma sorretta da “emotional marketing” destinato a “business consapevoli”, su “show cooking” di natura promozionale che hanno rastrellato schiere di mangiatori a sbafo ma che hanno lasciato un vuoto nella memoria o, al massimo, qualche post sui social. In questa confusione, sembra che il concetto di “qualità” (di cui si parla purtroppo sempre meno, in tutte le sue varianti) sia stato sostituito da un termine molto appealing, ECCELLENZA, che ci ritroviamo dovunque: per strada, in tasca, dal parrucchiere, al supermercato. Oggi l’eccellenza regna sovrana nel mondo della comunicazione, sembra avere fatto piazza pulita di tutti gli altri valori: carattere, stile, personalità, tipicità, bontà, coerenza. Parole disperse, scomparse, in via di estinzione, schiacciate dall’attenzione dominante verso l’eccellenza, in ogni sua forma, che riguarda persone e prodotti. “Un approccio di eccellenza verso l’universo Vegan” o “prodotti gluten free connotati da eccellenza produttiva” o “chef di eccellenza per linea di cucina innovativa”: sì, anche “innovativo” è diventato un termine molto modaiolo, insopportabile. Forse la parola “nuovo” sta invecchiando? Mah. Se ne vedono e leggono di tutti i colori. A quanti fanno abuso di questi termini, suggerisco di impegnarsi per creare una sorta di “comitato innovativo per la certificazione dell’eccellenza”, naturalmente avvalorato da qualche Dipartimento universitario. Sennò, che eccellenza è? Potrebbe essere una non indifferente: con la scusa dell’in- base di partenza per il futuro che, a contro fra gastronomia e scienza ab- quanto sembra, appare sempre più biamo sentito sproloqui di impronta complicato e bisognoso di attenzioni, “diet” su menù anti-aging, destinati a più che di hashtag propagandistici. chi non vorrebbe invecchiare mai, su Alberto P. Schieppati “social innovation” non meglio precisata Artù n°71

1


SOMMARIO n°71 Pag. 4 Pag. 6 Pag. 8 Pag. 10 Pag. 14 Pag. 16 Pag. 18

4

Pag. 20

38

Pag. 22 Pag. 24 Pag. 26 Pag. 28 Pag. 30 Pag. 32 Pag. 38 Pag. 44

58

Pag. 48 Pag. 52

62 Pag. 56 Pag. 58 Pag. 62 Pag. 66 Pag. 70

32 56

Pag. 74 Pag. 78 Pag. 82 Pag. 88 Pag. 90

2

Artù n°71

In copertina: Gli chef delle Krug Ambassade di tutto il mondo sono stati chiamati dalla Maison a sposare l’abbinamento fra la patata e Krug Grande Cuvée. Una scelta ambiziosa, che sposta decisamente l’interesse del luxury lifestyle verso prodotti umili, ma di alto valore gustativo (foto di Per Anders Jorgensen).

Info people Davide Oldani, cucina “pop” allo Swiss Diamond di Elisa Facchetti Dalle stalle alle stelle. La Chianina ai Navigli di Claudio Zeni A Marchesi il Premio Città di Senigallia di Rebecca Andreola La “Vendemmia” di Chantecler e Travaglino di Rosa Marchetti Info brand Verticale Coevo, annate memorabili Sparkling Menu, il successo di Aqua Crua di Rocco Lettieri Il fascino della divisa e l’incanto di Bottura di Rosa Marchetti Bianchi di valore griffati Südtirol di Elisa Facchetti Moutai, dalla Cina il liquore millenario di Rebecca Andreola AHDB Beef&Lamb, la carne secondo Rugiati di Rebecca Andreola Helix, il sughero si riavvita di Rosa Marchetti Bosan Cesari, storia di un grande Amarone di Elisa Facchetti Tramin e il progetto #lookingforwardto di Giovanna Moldenhauer Focus wine L’anticonformismo di Krug, tributo alla patata di Alberto P. Schieppati Focus food Il Rinascimento di Milano. Testimonial eccellenti di Gualtiero Spotti Peck, alla ricerca del gourmet perduto? di Fiorenza Auriemma Cristian Mometti interpreta l’arte della vasocottura di Giovanna Moldenhauer Riccione fuori stagione. Bevabbè, qui non si scherza di Arianna Augustoni Protagonisti wine Les Clos Pompadour, l’audacia di Pommery di Elisa Facchetti Protagonisti food Giuseppe Vesi, quando la pizza è gourmet di Gigliola Gigli Al Kempinski di St. Moritz, lo stile di Schmidberger di Rebecca Andreola Ernst Knam. Obiettivo centrato! di Fiorenza Auriemma Milano, anche il gusto cerca la sua “Anima” di Alberto P. Schieppati Accueil Aman Le Mélézin, quando il lusso è nascosto di Gualtiero Spotti Equipment Con Italesse il design diventa funzionale di Elisa Facchetti News Appius, ecco la nuova annata. Carni rosse, parla Jeff Martin Libri Il burro di Léveillé e il diario dei Tamani di Rosa Marchetti Alberto’s Choice La Fratellanza che resiste... e Ombre Rosse, l’enoteca di Alberto P. Schieppati

78



i

info people

Davide Oldani, cucina “pop” allo Swiss Diamond

di Elisa Facchetti Grande successo per l’evento enogastronomico che ha visto protagonista lo chef Davide Oldani del ristorante stellato D’O di Cornaredo (Mi) allo Swiss Diamond Hotel, sul lago di Lugano. Ad affiancarlo l’executive chef del Ristorante Lago Egidio Iadonisi, per un imperdibile incontro culinario che ha dato vita a una inaspettata cena a quattro mani. Lo Swiss Diamond Hotel di Lugano, cinque stelle di lusso, è molto apprezzato e conosciuto in tutta la Svizzera e nell’area lombardo-piemontese per la raffinatezza del servizio offerto e per il valore dell’ospitalità che da sempre lo caratterizza. Valore aggiunto dalla posizione sul Lago di Lugano, in uno dei

4

Artù n°71

tratti più suggestivi, immerso in uno splendido scenario montuoso e con una vista lago insuperabile. Un luogo incantato, per la sua bellezza ma anche per la sua proposta culinaria, che ha visto di recente protagonista lo chef Davide Oldani quale ospite ai fornelli del Ristorante Lago. Con un bagaglio gastronomico “costruito” lavorando con i più grandi chef - citiamo Gualtiero Marchesi, Albert Roux, Alain Ducasse a Pierre Hermé - Davide Oldani è giunto al successo con la suo filosofia fondata sul concetto di cucina pop, ovvero avvicinare il maggior numero di persone alla buona tavola. Tentativo più che riuscito con il D’O, che gli è valso la stella Michelin. Per l’evento della serata la scelta delle materie è stata fondamentale: l’aperitivo a base di pasta di salame, salsa tonnata e capperi croccanti ha aperto le danze, seguito dagli gnocchi soffiati ed arrostiti, zucca fondente e profumo di arancia come primo. Ad affiancarlo in cucina l’executive chef Egidio Iadonisi che ha utilizzato, mixandoli tra loro, i prodotti del territorio elvetico con i sapori me-

diterranei dando vita a piatti sorprendenti: un aperitivo di tartare di cervo con lamponi, burrata e crema di pera, chantarelle e l’antipasto di crudo di gambero rosso, insalata di carciofi, bocconcino di bufala, salsa al pistacchio e limone candito. La Delizia d’autunno con castagne e cachi ha concluso il menu delle serata, un’esperienza di alta cucina con un tocco “pop” che ancora una volta ha dimostrato come la qualità delle materie prime, spesso semplici, possa esplodere in piatti sorprendenti per gusto e abbinamenti.



i

info people

Dalle stalle alle stelle La Chianina ai Navigli di Claudio Zeni “Dalle Stalle alle Stelle - La Chianina ai Navigli” è tornata in Valdichiana, nella Valle del Gigante Bianco, passando per Milano e lasciando un segno indelebile. Per la prima volta sette comuni della Valdichiana aretina hanno presentato ad oltre trenta giornalisti specializzati l'eccellenza enogastronomica della vallata, in particolare della carne Chianina.

Cortona, Castiglion Fiorentino, Marciano della Chiana, Lucignano, Civitella in Valdichiana, Monte San Savino e Foiano della Chiana: sono questi i sette comuni protagonisti della serata andata in scena a Milano in zona Navigli, evento organizzato per la chiusura del progetto Valdichiana ad Expo sostenuta anche dalla Banca Popolare di Cortona e del Valdichiana Outlet Village. Il risultato è stato straordinario a dimostrazione evidente dei traguardi che si possono raggiungere lavorando assieme. L’iniziativa è anche stata l’occasione per intervenire sulle recenti comunicazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in merito alle carni

6

Artù n°71

e alla loro pericolosità per la salute. "Non mettiamo in discussione il valore scientifico e sanitario delle ricerche dell'Oms, anzi la nostra iniziativa rafforza il concetto di mangiare cibi sani e con moderazione - hanno detto i rappresentanti dei Comuni della Valdichiana -. La razza Chianina ha una storia antichissima ed è da sempre sinonimo di qualità e di pregio. I controlli sulla filiera di questa razza sono strettissimi e continui. La Chianina è l'esempio più eclatante di sicurezza e di qualità”. Ad animare la serata un pool di chef d'eccezione: Sergio Mei ha proposto ai commensali una verticale di Chianina (Cubo di scamone impanato con pomodoro condito e pesto di rucola; diaframma scottato aglio, olio e peperoncino con zucca in crosta di pistacchio; noce sobbollita con infusione d’erbe e spezie, purè di cavolfiore e spremuta di olive nere; mini burger con cipolla fondente affumicata

con lattuga e salsa senape); Andrea Alfieri ha proposto un risotto ai porcini, polvere di caldarroste e battuto di Chianina all’agretto di lamponi; mousse marron glacé, meringa, cioccolato fondente. Scrigno di Chianina agli aromi mediterranei con pinzimonio è stato invece il piatto preparato da Emiliano Rossi, a cui sono seguite le preparazioni di Walter Redaelli con la crema di fagioli zolfini all’olio nuovo con animelle di Chianina croccanti e pera picciola, e di Susanna Del Cipolla con la sua guancia di Chianina agli agrumi e patate schiacciate all’olio nuovo. L’evento ha voluto dimostrare come la Chianina sia oggi più che mai una risorsa della Valdichiana, un’immagine orgogliosa e simbolo forte ed evocativo di questa terra che vuole ripartire per sostenere lo sviluppo turistico e la crescita economica di tutto il territorio. L’organizzazione dell’evento “Dalle Stalle alle Stelle - La Chianina ai Navigli” è stata curata da Terretrusche Concierge con l’aiuto di Preludio classe catering, per il banqueting servizio e allestimenti; sommelier della serata Alberto Martini; partner anche l’azienda Broggi Milano distributore nazionale della ceramica Villeroy & Boch, l’Associazione Amici della Chianina e La Macelleria di Bettolle del Consorzio Agrario di Siena. Cantina Fabrizio Dionisio, Cantine Baracchi, Stefano Amerighi, Tenimenti D’Alessandro, Azienda Agricola Leuta di Cortona i vini proposti in abbinamento.



i

info people

A Marchesi il Premio Città di Senigallia

appetitoso come il pesce azzurro, che diventa invece protagonista trovando qui uno spazio di prestigio all’interno di un evento dedicato alla buona tavola e alla cultura enogastronomica. Il pescato marchigiano, infatti, grazie all'elevata salinità del mare, presenta caratteristiche di grande sapore differenziandosi dallo stesso pesce pescato nel Tirreno. Il Premio Città di Senigallia - Terra dell'eccellenza gastronomica, si inserisce dunque in un contesto che vuole dare nuova luce a una risorsa fondamentale per l'economia locale, il pescato dell’Adriatico appunto, oltre ad essere indispensabile in una sana e corretta alimentazione. A sostegno dell’iniziativa anche il Maestro Gualtiero Marchesi, omaggiato in di Rebecca Andreola questo primo anno “zero” con il Premio Città di SeniL’edizione zero del progetto gallia conferito dal Sindaco Cucina e Cultura del Mediterdi Senigallia Maurizio raneo rilancia i prodotti agroaMangialardi insieme a limentari e soprattutto ittici Moreno Cedroni e Maudelle Marche, intesi come risorsa ro Uliassi, chef di rifeper la costruzione dell'identità terrimento della città marritoriale e per lo sviluppo economico chigiana, cerimonia a cui ha e turistico. A sancire il valore delfatto seguito una lectio magistralis del l’iniziativa il Premio Città di Senigallia ne con Maestro agli studenti degli Istituti albera Gualtiero Marchesi. la Fondazione ghieri della regione Marche e al pubblico Gualtiero Marchesi, è infatti interessato. Nelle prossime edizioni il A fare da cornice all’evento andato in quello di valorizzare i prodotti ittici concorso vedrà in gara gli Istituti Alberghieri scena a Senigallia la Rotonda a Mare, struttura simbolo della città marchigiana. locali verso il mercato nazionale ed inter- italiani e stranieri, per eleggere lo studente Fortemente voluta e promossa da CNA nazionale, con la finalità di esaltare il che meglio saprà valorizzare i prodotti Marche (Confederazione Nazionale del- gusto delle eccellenze ittiche del posto, agroalimentari delle Marche, con partil’Artigianato e della Piccola e Media Im- spesso considerate cibo povero e poco colare attenzione al pescato locale. presa), finanziata dal G.A.C. Marche Nord (Gruppo di Azione Costiera) e patrocinata dal Comune di Senigallia, la manifestazione premierà ogni anno un giovane cuoco, italiano o straniero, capace con la sua cucina di esprimere, reinterpretandole, le potenzialità della cucina del territorio basata sui prodotti tipici e sul pescato dell’Adriatico. L’obiettivo principale del progetto, nato in collaborazio-

In alto, Raviolo aperto, ricetta del 1982, mentre qui a lato Trucioli di Marchesi allo zafferano, ricetta pensata per Expo 2015.

8

Artù n°71



i

info people

La “Vendemmia” di Chantecler e Travaglino tile all’interno della boutique, adornato per l’occasione con meravigliose composizioni di dalie, ortensie e fiori di campagna, ha fatto da sfondo a un mondo prezioso rappresentato dalla collezione Anima di Chantecler e dall’eleganza delle bollicine di Cuvée 59 di Cantina Travaglino, un metodo classico D.O.C.G., punta di diamante della cantina di Calvignano. Cuvée 59, fresco e frizzante, presenta una base di Pinot Nero, espressione peculiare dell’Oltrepò Pavese, su cui si innesta la dolcezza dello Chardonnay invecchiato in barriques, caratteristiche che rendono questo bianco ideale per aperitivi e occasioni informali. Più di 200 ospiti sono stati accolti con un calice di Cuvée 59 nella boutique di Chantecler da Maria Elena e Gabriele Aprea, insieme alla giovane

di Rosa Marchetti Milano ha rinnovato per la quinta volta il grande appuntamento con la Vendemmia di Via Montenapoleone, The World's Finest Wine and Lifestyle Experience. Ad essere coinvolte le prestigiose boutique del quadrilatero della moda che per l’occasione hanno ospitato degustazioni delle più famose cantine vinicole. Tra queste ha brillato per le sue creazioni la celebre maison Chantecler, in armoniosa sintonia con i grandi vini della cantina Travaglino. Nella foto in alto, da sinistra: Maria Elena Aprea, Gabriele Aprea, Cristina Cerri e Lorella Cerri Comi.

10

Artù n°71

L’appuntamento con la bellezza e la raffinatezza del gioiello ha un nome: Chantecler. La celebre maison di Capri ha aderito anche quest’anno alla famosa Vendemmia di Via Montenapoleone aprendo le porte dello spazio milanese in via Santo Spirito a tutti gli amanti del gioiello e del buon vino. L’antico cor-

Cristina Cerri e ai genitori titolari dell’azienda Travaglino, per festeggiare un evento che da ben cinque anni coinvolge firme prestigiose dell’alta moda e vini di pregio. La serata ha di fatto unito questi due mondi in un’atmosfera accogliente e brillante, sottolineando i valori di queste grandi aziende unite nella realizzazione di un prodotto unico e autentico, due arti antiche e differenti che esaltano sempre nelle loro creazioni l’originalità e il rispetto per le origini della propria terra.



Artù guarda avanti Artù cambia formato e si presenta ai lettori con una A Maggio, ampio spazio al FOOD e alle dinamiche preveste più moderna, coinvolgente, aggressiva! senti in tutti i suoi segmenti produttivi, distributivi e di offerta nella ristorazione. Dai prodotti “specialità” allo L’appeal del nuovo Artù passa per una ulteriore cre- street food fino al luxury food e ai consumi che fanno scita nella qualità dei contenuti, delle immagini e tendenza. della diffusione. A Giugno, Artù sarà dedicato al comparto delle ACQUE Dopo il successo di EXPO, durante il quale Artù ha in- MINERALI, diventate negli ultimi anni un segmento tensificato la propria presenza negli aeroporti (sale contrassegnato da forte carica innovativa. Ma si parlerà lounge e edicole), il magazine continua a rafforzare la anche di BIRRA e soft drink, sempre più presenti nelpropria visibilità attraverso una ulteriore diffusione nelle l’offerta di ristorazione di qualità. aerostazioni di Bologna e Firenze, oltre che nelle hall degli alberghi 4 e 5 stelle. A Ottobre, faremo il punto sull’offerta di attrezzature e tecnologie per la ristorazione. Sull’EQUIPMENT si gioca Inoltre, il 2016 vedrà un aumento delle foliazioni del una sfida competitiva di grande importanza, che vede le magazine, grazie a due uscite in più rispetto al 2015 aziende impegnate a conquistare fette di mercato sempre che andranno ad accrescere ulteriormente la penetra- più significative in termini di innovazione e servizio. zione dell’ormai consolidato “Artù style”. Gli ultimi numeri dell’anno saranno una chicca per Con l’anno nuovo, infatti, Artù passa da 6 a 8 uscite chef, aziende del settore e appassionati: a Novembre nel corso dell’anno, con ben 4 numeri speciali, dedicati un numero interamente dedicato alla RISTORAZIONE a specifici segmenti mercato, con focus, case history, GOURMET: locali stellati, grandi chef, cucina e sala, interviste e storie di successo. l’offerta “ragionevole”, le trattorie evolute, gli etnici ecc. A Marzo, il magazine sarà interamente dedicato al mercato del VINO, attraverso analisi su: situazione di mercato, luoghi e modi di consumo, interpreti e protagonisti, politiche commerciali.

www.artumagazine.it

Su Artù di Dicembre, daremo spazio alla ristorazione che sa fare i numeri: CATERING, EVENTI, BANCHETTISTICA, ovvero quando la qualità culinaria si mette al servizio di aziende e privati per fare business.


Un 2016 ricco di sorprese!


info brand

Verticale Coevo Annate memorabili A sei anni dalla sua nascita, Coevo continua a rappresentare per Cecchi la sintesi di un percorso molto profondo e importante nella storia della famiglia e dell’azienda. Andrea e Cesare, quarta generazione alla guida della centenaria cantina, hanno fortemente sentito e desiderato questo vino per dare un segnale di svolta nella storia enologica di Cecchi.

Cecchi: avere a fianco un nome della cucina del proprio territorio per valorizzare e dare voce alla terra di appartenenza. “Valeria, con il suo ristorante ‘da Caino’ di Montemerano, rappresenta una zona importantissima per noi, - dicono Andrea e Cesare Cecchi - la Maremma. Qui nella nostra tenuta Val delle Rose, nasce una parte importante di Coevo.” La filosofia di questo vino

Era il maggio 2009 quando veniva presentato alla stampa. Oggi, a sei anni di distanza, i fratelli hanno voluto creare a Milano un nuovo momento di grande attenzione per presentare, per la prima volta alla stampa e alla ristorazione,

è chiara: il massimo della qualità per ogni annata. Per questo motivo l’uvaggio varia a seconda della vendemmia mantenendo la base che lega la famiglia al proprio territorio: il Sangiovese. Vitigno che porta in sé tutte le caratteristiche del cuore del Chianti Classico unite a quelle, appunto, della Maremma. Ed è dal concetto di tempo che nasce la filosofia di questo progetto, espresso già nell’etichetta da un pensiero di Sant’Agostino, graficamente stilizzato in forma di clessidra. tutte le cinque annate fin ora prodotte: 2006, 2007, 2009, 2010, 2011. Così è stato creato un appuntamento diviso in due momenti: uno tecnico e professionale legato alla degustazione, ed uno conviviale. La location scelta era di forte impatto emozionale e di grande carattere, Mari&co, uno spazio multi concettuale. La degustazione tecnica è stata guidata da Andrea Cecchi insieme ad Alessandro Tomberli, restaurant manager e sommelier di Enoteca Pinchiorri. Insieme hanno analizzato tutte le sfaccettature delle cinque annate di Coevo. La cena invece è stata curata dalla chef Valeria Piccini, nota cuoca toscana. In questa scelta si è rinnovata così la tradizione degli eventi firmati

14

Artù n°71



info brand

Sparkling Menu, il successo di Aqua Crua Il tema del concorso è, infatti, la ricerca di abbinamenti congeniali che valorizzino il Franciacorta come bollicina dotata di un corpo e ricchezza tale da non doverla relegare al semplice consumo da aperitivo, ma al contrario come abbinamento ideale a tutto pasto. Al fine di promuovere la filosofia del premio e il prestigio dei Franciacorta dell’azienda Villa, anche in questa edizione il concorso si è sviluppato in due anni, dall’Ottobre 2014 sino al Giugno 2015.

di Rocco Lettieri L’azienda Villa, una delle più prestigiose aziende dove si producono i famosi vini a Docg Franciacorta, da ben 14 anni organizza un incontro diventato tradizione e a cui la stampa specializzata del cibo e del vino non intende rinunciare. Proprio nella stessa data questa regione è stata invasa da numerosi wine lovers che hanno potuto visitare ben 67 strutture vitivinicole che offrivano Food&Wine, cultura, Sport&natura. La Franciacorta, solo per rimarcare la location, si estende su un’area che si affaccia sul Lago d’Iseo e su terreni di ben 19 comuni, tutti in provincia di Brescia, per una superficie di circa 20.000 ettari. Un ter-

16

Artù n°71

ritorio esclusivo, che in solo 40 anni si è conquistato un invidiabile posto nel mondo vinicolo delle “bollicine”. Un passato, presente e futuro capace di affascinare e coinvolgere chiunque abbia il desiderio di sperimentarne l’unicità. L’evento si è tenuto a Villa Gradoni, di proprietà della Famiglia Bianchi, che si trova in un borgo antico, risalente al XVI° secolo, che è stato trasformato in una prestigiosa azienda agrituristica e vitivinicola. Girovagare tra le piccole strade acciottolate del medioevo e i rigogliosi vigneti, riserva continuamente una sorpresa: una loggia, un portone, un davanzale fiorito, un panorama su monti vitati. Un recupero lento e graduale, che solo la passione per la terra e l’attaccamento alla storia hanno saputo regalare. Tutto qui rivive dando vita a questa piccola frazione nel comune di Monticelli Brusati, senza fargli perdere l’anima che da secoli l’ha popolata.

Villa Sparkling Menu Il Premio Sparkling Menu nasce nel 2001 con l’obiettivo di promuovere la cultura del Franciacorta a tutto pasto.

Queste le tappe dell’edizione 2015: – 22 ottobre 2014 La Botte di Ferro (Ariccia – Rm) – 28 ottobre 2014 Al Bagatto (Trieste) – 11 dicembre 2014 Aqua Crua (Barbarano Vicentino – Vi) – 26 febbraio 2015 Metamorphosis (Lugano – Svizzera) – 4 marzo 2015 Castello di Casiglio (Erba – Co) – 3 giugno 2015 Gentlemen of Verona (Verona) – 10 giugno 2015 Ai Mercanti (Venezia) – 17 giugno 2015 Castello Malvezzi (Brescia) – 22 giugno 2015 San Rocco (Verteneglio – Istria) – 14 luglio 2015 Michelangelo Restaurant (Milano) Al termine delle diverse tappe le varie giurie hanno selezionato cinque locali finalisti con il rispettivo piatto “Sparkling” che per quest’anno era abbinato al Brut La Cuvette 2007. Questi i ristoranti finalisti: Aqua Crua di Barbarano Vicentino; chef Giuliano Baldessari. Piatto: Aqua cotta Castello di Casiglio di Erba; chef Carmelo Sciarrabba. Piatto: riso Carnaroli extra (Cascina Belvedere) mantecato al caffè, burrata e limoni canditi con emincé di coniglio in agrodolce Castello Malvezzi di Brescia; chef Alberto Riboldi. Piatto: riso Carnaroli selezione Zaccaria mantecato con


Con la propria complessità aromatica e la propria generosità gustativa, Cuvette ha dimostrato di poter accompagnare e talvolta esaltare qualunque tipo di piatto, riuscendo a sostenere anche abbinamenti particolarmente arditi. “I piatti dell’alta cucina, ispirati dalla creatività e dalla attenta selezione di materie prime, sposano in modo ineccepibile l’eccellenza di un grande Vino, la ‘Cuvette’, figlia anch’essa di una attenta selezione della materia prima, l’uva, interazione magica tra microclima, terroir e l’uomo.

Barbabietola ed Erborinato della Valle del Savallo Metamorphosis di Lugano (Svizzera); chef Luca Bellanca. Piatto: pancetta di maiale senese, variazione di patate e profumo di nocciola Ristorante San Rocco di Verteneglio dell’Istria; chef Teo Fernetich. Piatto:

pancettina di maiale in crosta di pi- è andata al Ristorante stacchio Aqua Crua, dello chef Giuliano Baldessari e Una finale entusiasmante, dove la il suo team, con il piatgiuria presente, diretta dal direttore to “Aqua cotta”. Giuliadi Artù Alberto P. Schieppati, ha fatto no vanta un curriculum davvero fatica a dare i punteggi che invidiabile per un gioalla fine sono risultati davvero molto vane della sua età: Aivicini tra loro. Ma il vincitore è mo&Nadia, Marc Veyrat sempre e solo uno in Francia, Alajmo de e quindi la Le Calandre e da cinpalma que anni dirige un locale tutto suo, l’Acqua Crua, appunto, con anche cinque camere per gli ospiti che non intendono guidare dopo una lauta cena. Cuvette Brut 2007 è il millesimato che ha accompagnato le dieci tappe dello Sparkling Menu 2015 e che è stato anche sposato a tutti i piatti della finale. Questa “bollicina” Franciacortina che identifica Casa Villa e che, grazie a struttura, ricchezza ed eleganza, è riuscito a sfatare il luogo comune che vede le bollicine adatte solo per l’aperitivo.

C’è inoltre una regola che vale sia in cucina che in cantina ed è che la ricetta perfetta prevede ingredienti imprescindibili quali amore, passione, grande esperienza e professionalità per avere ciò che fa del prodotto di qualità una vera eccellenza”, ha spiegato Roberta Bianchi, alle redini dell’azienda con il padre Alessandro Bianchi, fondatore dell’azienda, e con il marito Paolo Pizziol. Artù n°71

17


info brand

Il fascino della divisa e l’incanto di Bottura

di Rosa Marchetti

Nella foto a destra: Massimo Bottura con Roberto Giberti, titolare Giblor’s e Paolo Parisi, chef e allevatore.

18

Artù n°71

Al Salone Internazionale dell’ospitalità professionale andato in scena dal 23 al 27 ottobre a Milano c’era anche Giblor’s, realtà italiana leader nel settore della produzione di divise professionali. E proprio a Host l’azienda di Carpi ha voluto che fosse presente uno chef d’eccezione, nonché testimonial Giblor’s dal 2007, lo stellato Massimo Bottura.

In occasione della grande kermesse rivolta al settore Ho.Re.Ca, foodservice, retail, GDO e hotellerie, la vasta proposta di macchinari e strumenti professionali non poteva essere completa senza l’universo dedicato all’aspetto più fashion e di tendenza, ovvero l’intramontabile fascino della divisa professionale. A rappresentare al meglio il made in Italy di questo settore Giblor’s, azienda carpigiana che da oltre 40 anni veste con eleganza e stile il personale addetto al mondo della ristorazione. La partecipazione a Host ha visto protagoniste le nuove collezioni 2016 caratterizzate da capi fashion di design italiano che hanno confermato ed esaltato ancora una volta

lo stile personale dell’azienda, linee curate nei dettagli, realizzati con tessuti di qualità e di grande vestibilità. Non a caso l’azienda di Carpi (MO) può vantare un testimonial d’eccellenza che l’ha scelta come fornitrice ufficiale delle proprie divise e per quelle del suo staff, un testimonial a tre stelle, Massimo Bottura. Per l’occasione lo chef dell’Osteria Francescana ha incantato gli ospiti presenti allo stand di Giblor’s con uno show cooking all’insegna della tradizione e della responsabilità: richiamando, ancora una volta e sensibile ai temi sviluppati da Expo, l’attenzione sul tema dello spreco del cibo. Esemplificativa l’esperienza, raccontata con entusiasmo, del refettorio ambrosiano, che prosegue con impegno grazie anche alle moltissime collaborazioni prestigiose. “Il cuoco del futuro entra in cucina con le mani sporche di terra” spiega lo chef che vede in un ritorno alla cultura delle origini contadine la chiave di volta per una corretta interpretazione del mestiere dello chef di oggi: “Non siamo artisti, siamo artigiani - prosegue - e il segreto per evolvere non è avere certezze, ma dubbi”. Lo show cooking di Bottura è poi proseguito tra una degustazione di risotto al parmigiano e un assaggio di lasagna croccante, tra l’invito a visitare la mostra dell’artista cinese Ai Weiwei alla Royal Academy di Londra e il racconto del lavoro quotidiano dello chef insieme al suo giovane staff dell’Osteria Francescana, concludendo la sua permanenza allo stand Giblor’s con un’altra piccola grande perla di saggezza: “È attraverso l’imperfezione che si raggiunge l’emozione”.



info brand

Bianchi di valore griffati Südtirol

ph. Florian Andergassen

di lasciare la parola ai vini. Con il nostro evento itinerante ci poniamo l’obiettivo di presentare le migliori espressioni di un connubio indissolubile: da un lato le qualità tipiche dei tre vitigni unite alle caratteristiche del terreno in cui affondano le proprie radici, dall’altro la grande variabilità di microclimi cui sono esposti i vigneti e il sapiente lavoro dell’uomo”. Due le tappe che hanno visto in degustazione Pinot Bianco, Sauvignon e Gewürztraminer, a Bologna all’Hotel AC Bologna by Marriott e a Roma all’A.Roma Lifestyle Hotel, dove 45 etichette sono state servite dai sommelier dell’Associazione Italiana Sommelier, partner dell’evento. A spiegarne le peculiarità, nonché a rappresentanza delle oltre 150 cantine associate al Consorzio, sono intervenuti Karl Gumpold di Castel Sallegg, Doris Schmiedhofer di

di Elisa Facchetti Pinot Bianco, Sauvignon e Gewürztraminer: sono questi i grandi bianchi simbolo del territorio altoatesino, vini dal carattere unico che spiccano per eleganza, finezza e personalità. Nel mese di ottobre un evento itinerante di degustazione con 45 etichette ha fatto tappa a Bologna e a Roma, un percorso che ha dato la possibilità a un pubblico di esperti e professionisti di conoscere in ogni aspetto le peculiarità di questi vini. La grande triade “bianca” è stata al centro di un importante banco di assaggio itinerante organizzato dal Consorzio Vini Alto Adige per far meglio comprendere il patrimonio enologico di una terra, quella altoatesina, capace di regalare bianchi unici protagonisti di una realtà vitivinicola di grande pregio. Con l’evento “I grandi bianchi dell’Alto Adige”, il Consorzio ha voluto puntare i riflettori sia sul territorio, sia sul lavoro dell’uomo, concetti ben illu-

20

Artù n°71

strati dalle parole di Werner Waldboth, Direttore Marketing del Consorzio Vini Alto Adige: “Crediamo che per far conoscere e apprezzare le caratteristiche della produzione vitivinicola del nostro territorio, la scelta migliore sia quella

Colterenzio e Ines Giovanett di Castelfeder: ne è emerso un quadro molto dinamico che punta sulla capacità di questi vitigni di dare vita a vini fini ed eleganti, consumati di solito entro brevi periodi dalla presenza sul mer-


ph. Florian Andergassen

con forti escursioni termiche, con vigne posizionate anche in altura e un sottosuolo ricco, vale la pena saper aspettare per apprezzare le potenzialità che un vino bianco sa esprimere nel tempo”. Così è stato per le degustazioni di alcune etichette di Pinot Bianco, Sauvignon Blanc e Gewürztraminer del 2010, 2006 e del 2003, che hanno confermato al naso e al palato tutte le espressioni di questa grande potenzialità e maturità. Potenzialità che può essere toccata con mano anche da enoteche e cantine, in grado di sperimentare in autonomia il valore di questi bianchi che ben si conservano anche diversi anni in bottiglia.

mentre solo i rossi siano predisposti a subire un affinamento. L’appuntamento ha dato modo di smentire questa credenza: nel banco di assaggio riservato alla stampa, i nostri sommelier hanno potuto servire la stessa tipologia di vino bianco dello stesso produttore di annate diverse, spiegando le differenze e sfumature che si potevano cogliere e raccogliendo la soddisfazione dei visitatori nello scoprire l’evoluzione che questi vini hanno subito nel tempo. All’uscita dalla manifestazione la parola più ricorrente è stata ‘scoperta’. Scoperta di un vino, di una annata, di una cantina, ma anche la scoperta e nuova consapevolezza che i vini bianchi dell’Alto Adige possono evolvere per qualche anno in bottiglia felicemente”. A cui hanno fatto eco le parole di Angelica Mosetti, Presidente di Ais Lazio: “Il vino bianco tradizionalmente è vissuto come consumo immediato. Non sempre però è necessariamente così. In presenza di alcune condizioni, ad esempio la provenienza da territori che godono di un clima favorevole

ph. Florian Andergassen

ph. Florian Andergassen

cato. In realtà si è voluto trasmettere il grande potenziale evolutivo di questi bianchi, solo parzialmente esplorato, ed è su questa tema fondamentale che ne è nata una degustazione di quindici etichette in due annate diverse riservata alla stampa, per veicolare ai giornalisti di settore il valore di un vino che può, nel corso degli anni, maturare in bottiglia e offrire, in condizioni ottimali, inaspettati e piacevoli risultati. “Siamo molto felici di aver potuto collaborare con il Consorzio Vini Alto Adige per la buona riuscita di questo evento - ha commentato Annalisa Barison, Presidente di Ais Emilia -. È opinione diffusa che i vini bianchi siano da consumare freschi e in gioventù,

Artù n°71

21


info brand

Moutai, dalla Cina il liquore millenario

di Rebecca Andreola Con oltre 30.000 dipendenti l’impresa statale China Kweichow Moutai Distillery (Group) Co. Ltd, con sede a Maotai, nel nord della provincia del Guizhou, produce uno dei liquori più importanti al mondo, il Kweichow Moutai. La recente serata di gala organizzata a Milano ha celebrato ancora una volta l’antica bevanda simbolo della cultura cinese. Grande successo a Milano per la serata di gala organizzata negli spazi de La Pelota per celebrare i 100 anni di medaglia d’oro del Moutai. L’evento si inseriva nel progetto di un vero e proprio tour europeo in tappe, la prima delle quali a Mosca, per celebrare l’antica bevanda simbolo del patrimonio della cultura cinese, ma soprattutto il centenario della prima medaglia d’oro conquistata nel 1915 dall’antico liquore che vanta ben 2000 anni di storia. La serata milanese, con oltre

22

Artù n°71

300 invitati, tra cui il Console Generale del Consolato Cinese a Milano Wang Dong e il presidente dell’Associazione Italiana del Turismo del Vino Carlo Giovanni Pietrasanta, è stata organizzata con lo scopo di far scoprire anche in Italia la storia millenaria del celebre distillato cinese, nonché far comprendere il suo apprezzamento nel mondo confermato da ben 16 medaglie d’oro ricevute a livello internazionale di cui la più recente vinta all’Esposizione internazionale Panama-Pacifico nel luglio 2014. Allestimenti scenografici di grande impatto hanno dominato gli ampi spazi de La Pelota, facendo rivivere agli invitati la storia del liquore, anche attraverso gallerie fotografiche e percorsi di degustazione. Allestita per l’occasione la mostra delle coloratissime bottiglie con il proprio packaging originale: 42 bottiglie create da artisti cinesi per ognuna delle Esposizioni Internazionali univer-

sali, collezioni speciali a rappresentare le diverse annate: alcuni esemplari raggiungevano 80 anni di invecchiamento, con valori fino a diverse centinaia di euro. La serata è stata inoltre animata da performance esclusive: i disegni sulla sabbia della nota artista Kseniya Simonova, cori di voci bianche, il tenore Wang Hui accompagnato dall’orchestra sinfonica, un tenore del Teatro alla Scala di Milano e accompagnamenti musicali del vivo. Uno spettacolo così maestoso è stato innalzato da un menu altrettanto memorabile, curato dallo chef stellato Matias Perdomo che ha realizzato per la serata tre piatti con il liquore Moutai in abbinamento allo stesso liquore invecchiato cinque anni. La serata è stata coordinata dal gruppo Blue Focus.



info brand

AHDB Beef&Lamb, la carne secondo Rugiati di Rebecca Andreola Promuovere l’industria delle carni inglesi. È questo l’obiettivo dell’ente britannico non governativo AHDB Beef&Lamb, divisione di Agriculture and Horticulture Development Board (AHDB), nato per sostenere e sviluppare l’industria agroalimentare inglese delle carni stimolando la domanda sia in Inghilterra, sia all’estero, grazie ad attività di comunicazione e marketing. AHDB Beef&Lamb garantisce da sempre l’alta qualità della carne inglese, tracciata e controllata, sottoposta a severi controlli su tutta la filiera e a un disciplinare rigidissimo rispettato da tutti i produttori, a partire dal controllo degli allevamenti e del benessere degli animali, fino alla registrazione della razza, ai controlli dei macelli nonché di igiene e la selezione delle carcasse nel macello, al fine di ottenere un prodotto di alta qualità e certificato in tutto il suo iter. Il reparto di Ricerca&Sviluppo di AHDB Beef&Lamb, poi, si impegna a migliorare l’efficienza dell’industria delle carni bovine e ovine inglese per garantire un prodotto superiore: la carne, tenera e saporita, presenta caratteristiche organolettiche che la rendono indicata nella dieta di bambini e anziani. Una qualità apprezzata in cucina da numerosi chef. Come Simone Rugliati, noto volto tv, che ha realizzato per AHDB Beef&Lamb tre ricette per spiegare in modo semplice e veloce i segreti della cottura perfetta di queste carni. Nel corso dello showcooking lo chef Simone Rugiati, oltre a dispensare alcuni consigli sull’arte culinaria, ha illustrato i passaggi fondamentali per ottenere il meglio, in fatto di resa e di gusto, di questa straordinaria materia prima. “Spalla di agnello

24

Artù n°71

inglese marinata e brasata con verdure di stagione e zenzero”, “Carré di agnello con crema di topinambur e patate americane”, “Cubo di manzo inglese con sedano rapa e carote bruciate” sono state le tre proposte per AHDB Beef&Lamb, tre ricette che esaltano ancora di più le proprietà della carne inglese, con qualche piccolo accorgi-


mento in fase di cottura. Jeff Martin, responsabile AHDB per il mercato italiano, ribadisce le caratteristiche della carne inglese: “L’aspetto più importante per un ottimo risultato è quello di scegliere una materia prima di qualità. Beef e lamb inglesi sono il risultato di una tradizione secolare nell’allevamento oltre che il frutto delle tecniche più moderne e sicure di produzione esistenti al giorno d’oggi. La carne inglese, sia bovina che ovina, è molto tenera grazie a tecniche di frollatura che vengono applicate e una cottura perfetta ne esalta le qualità. Infine, l’abbinamento a verdure di stagione così come un condimento leggero come l’olio extravergine di oliva, rappresentano l’accostamento ideale per valorizzare le qualità organolettiche di questa carne. Simone Rugiati ha dato una spiegazione proprio di questi piccoli ma fondamentali accorgimenti”. A tutela del consumatore che vuole acquistare un prodotto garantito e certificato, il marchio Quality Standard, istituito nel 2005 dall’Ente AHDB, garantisce la sicurezza di poter rintracciare la provenienza della carne. Il marchio è infatti utile per differenziare manzo e agnello “AHDB- Quality” dalla carne non certificata, favorendo così in modo diretto e significativo lo sviluppo di un’industria delle carni di qualità, contribuendo alla diffusione del mercato delle carni bovine e ovine inglesi anche e soprattutto in Italia che ha sempre rappre-

sentato un ottimo mercato, sia per quanto riguarda la ristorazione che la grande distribuzione. “Nonostante la crisi – ha affermato Jeff Martin – siamo fiduciosi per il futuro perché l’Italia è sempre stato un mercato importante e siamo sicuri che continuerà ad esserlo. L’Inghilterra, del resto, è sempre più competitiva, l’industria delle carni è moderna e all’avanguardia e offre prodotti di qualità che il consumatore italiano sta apprezzando sempre di più”.

Artù n°71

25


info brand

Helix, il sughero si riavvita di Rosa Marchetti La genialità sta nelle piccole cose, nella capacità di trovare soluzioni brillanti ed efficaci per semplificare le azioni del quotidiano, come stappare una bottiglia di vino. L’idea innovativa nasce dalla collaborazione tra Amorim e O-I, che hanno progettato un tappo in sughero rivoluzionario che si svita e si riavvita con un semplice gesto. Si chiama Helix l’innovativo tappo in sughero che ricorda, come dice il nome stesso, un’elica e che, grazie alla sua forma, permette in modo facile e comodo di stappare una bottiglia senza cavatappi e senza perdere la funzionalità del sughero quale materiale ideale per la conservazione delle caratteristiche organolettiche del vino. A coltivare l’idea del progetto due aziende dall’eco internazionale: Amorim, prima azienda al mondo nella produzione di tappi in sughero che conta 22 filiali tra cui l’italiana Amorim Cork Italia con sede a Conegliano (Tr), e O-I, azienda leader nella

26

Artù n°71

realizzazione di bottiglie e contenitori in vetro. La quadriennale collaborazione tra queste due potenze dedite al packaging del vino ha permesso di sommare le esperienze e le conoscenze tecniche di entrambe, creando con Helix una vera e propria innovazione pensata per i vini di rapido consumo e in particolare per quei mercati emergenti in cui è meno radicata la tradizione enologica e l’uso del cavatappi. “Il futuro dell’innovazione risiede nella collaborazione - ha dichiarato Erik Bouts, Presidente europeo di O-I. - Helix è l’esempio concreto di ciò che si può ottenere a vantaggio del consumatore e del settore vinicolo quando due aziende leader mondiali del packaging di vetro e sughero decidono di collaborare”. In dettaglio il nuovo tappo in sughero dal design ergonomico si combina a una bottiglia in vetro con una filettatura interna posizionata nel collo creando

così una soluzione di packaging completa e di facile utilizzo, sfruttando tutti i benefici del sughero e del vetro: qualità, sostenibilità e comodità nell’apertura e richiusura. “Ancora una volta - aggiunge Carlos Santos, a.d. Amorim Cork Italia - Amorim è in prima linea nella ricerca a servizio del consumatore e nell’ideazione di nuovi prodotti per assecondare nuovi mercati. Dopo l’intenso lavoro sviluppato nell’ambito della lotta al TCA, che ha aperto la strada alla creazione di una vera e propria cultura di prodotto, oggi abbiamo trovato una nuova soluzione in grado di rispondere alle diverse esigenze dei mercati che richiedono più comfort e praticità nell’approccio con il vino”. Il sistema Helix può essere velocemente adottato dalle aziende vinicole con aggiustamenti minimi sulle linee di imbottigliamento esistenti e studi recenti condotti in Francia, Regno Unito, America e Cina hanno già dimostrato un elevato grado di apprezzamento nell’utilizzo di Helix che mantiene, tra l’altro, inalterato il classico suono associato alla stappatura di una bottiglia di vino.



info brand

Bosan Cesari, storia di un grande Amarone

di Elisa Facchetti La cantina Gerardo Cesari può vantare una tradizione antica che vede fin dagli esordi la lungimiranza di proporre un grande vino, l’Amarone, quale simbolo del territorio veronese, un eccezionale rosso capace di competere con i migliori vini rossi italiani, ma anche internazionali. Tra tutta la produzione che caratterizza il territorio veronese, Gerardo Cesari, prima azienda ad arrivare nei cinque continenti, ha voluto puntare sulla produzione di un grande Amarone, con un rosso importante, capace di se-

28

Artù n°71

gnarne il successo e competere con i mercati concorrenti. Nel corso degli anni, alla lungimiranza di Franco Cesari, figlio del fondatore Gerardo, si sono sommati diversi progetti volti a rispondere alle nuove dinamiche di mercato, come gli accorgimenti in vigna e in cantina sempre più sostenibili, per garantire al consumatore un prodotto certificato in tutti i processi di vinificazione, progetti innovativi e moderni che non hanno però mai snaturato le origini dell’azienda, ancorata più che mai alle caratteristiche del territorio, nonché al patrimonio più prezioso, le vigne. E tra queste il vigneto Bosan, situato nel cuore della Valpolicella, che dopo sperimentazioni decennali è stato infatti selezionato per la produzione dell’Amarone Bosan, vino di punta della Gerardo Cesari. Con una superficie di circa 10 ettari coltivati a Corvina per l’80% e Rondinella per il restante 20%, il vigneto presenta un impianto a pergoletta con densità di 3.300 ceppi per ettaro e il clima, sempre fresco e ventilato, evita ristagni


ventare Bosan. Una scelta che rivela la grande serietà e professionalità, ripagata con i numerosi premi nazionali ed internazionali conquistati dal 1997 ad oggi, portando così il nome della Valpolicella in tutto mondo. Agli enoappassionati di Amarone Bosan, Gerardo Cesari dedicata il regalo perfetto: una preziosa confezione in legno custodisce le tre annate più importanti 1997, 1998 e 2000, tre vendemmie d’eccellenza che racchiudono tutta la qualità, la storia e l’esperienza degli 80 anni della Gerardo Cesari.

di umidità permettendo un’ottimale maturazione delle uve. Le potenzialità celate in questi vitigni si sprigionano in quello che è il vino più rappresentativo della Gerardo Cesari, l’Amarone Bosan, incontro tra equilibrio, eleganza, struttura, morbidezza e freschezza. Risale al 1997 la prima vendemmia di questa Cru, anche se di fatto i vigneti per la produzione di un amarone erano stati individuati da tempo, insieme ad un iter produttivo rigidissimo. E ancora oggi ogni fase viene sottoposta a un controllo minuzioso, dalla scelta delle uve all’appassimento, fino alla selezione accurata dei legni per l’affinamento in barriques (rovere francese) e botte grande (rovere di Slavonia). E pur con differenti caratteristiche tra le annate, il Bosan si presenta come un Amarone che racchiude in sé la tradizione del territorio, le origini della cantina e la modernità delle nuove tecniche di produzione sensibili alle dinamiche di ecosostenibilità, un rosso che rispecchia a pieno la filosofia aziendale della Gerardo Cesari, un’azienda storica, come abbiamo già avuto modo di ribadire, ma in continua evoluzione, che fonde la sua storia con la produzione dell’Amarone, fin dagli anni settanta, quando in Italia non era ancora considerato un vino di valore. Ma è proprio con l’annata 1971 che si battezza l’esportazione negli

Stati Uniti, con un ordine di 100 bottiglie a New York e 200 a San Francisco: erano i primi anni in cui questo vino si avventurava nei mercati esteri e la conoscenza del prodotto era molto limitata. L’intraprendenza e la scelta di “rischiare” con un rosso importante ha tuttavia premiato l’azienda di Cavaion Veronese, tanto che oggi l’Amarone è diventato a pieno titolo una delle denominazioni simbolo d’Italia, sottoposto per di più a rigidi controlli, di cui la Gerardo Cesari si fa portabandiera per creare un Amarone d’eccellenza, il Bosan: in questi termini risiede la scelta da parte dell’azienda di non produrre le annate 1999 e 2002, in relazione alla qualità necessaria non raggiunta dalle uve per diArtù n°71

29


info brand

Tramin e il progetto #lookingforwardto di Giovanna Moldenhauer

Il sauvignon Pepi della linea classica, prodotto con un lungo contatto con i Cantina Tramin ha presentato a Milano lieviti che si protrae per ben 8 mesi in il suo nuovo sauvignon Pepi 2014, le grandi botti di rovere, ha introdotto le sue tre selezioni Stoan, Unterebner, degustazioni. Per Marco Reitano “Un riNussbaumer proponendo interessanti tardo che offre ai consumatori un vino verticali, con una sorpresa finale. Lo straordinariamente fresco, pulito, intenso ha fatto attraverso le parole di Willi che racchiude tutte le peculiarità della Stürz, storico enologo di Tramin, e di terra in cui nasce”. Seguiva l’assaggio Wolfgang Klotz, responsabile commer- di 3 annate di Stoan, composizione di ciale che hanno dialogato con Marco 60% di chardonnay, con sauvignon, geReitano, chef sommelier di La Pergo- würztraminer, pinot bianco dalle recenti la–Hotel Rome Cavallieri Chef de 2014, 2013 sino al 2005 intenso nei l’Ordre des Coteaux de Champagne, e profumi di miele, spezie orientali, elegante, Paola Battai compositrice di fragranze. equilibrato e persistente nell’assaggio.

Un parterre d’eccezione quindi per presentare l’anteprima dei vini della linea Selezione non ancora sul mercato. Il progetto presentato all’ultimo Vinitaly con un hashtag – #lookingforwardto – rappresenta la sfida del nuovo protocollo di produzione di tutte le etichette della linea Selezione. I vini della vendemmia 2014 hanno prolungato di tre mesi la permanenza sui lieviti, sono stati imbottigliati a fine agosto e saranno in vendita solo dall’inizio di gennaio 2016. Una scelta non casuale, nè un esperimento quello voluto da Stürz, quanto piuttosto la convinzione che il grande potenziale del terroir non fosse ancora espresso al meglio nei vini, ma ci fosse bisogno di un tempo ulteriore per consentire ai profumi di divenire più complessi, agli aromi di sprigionarsi in tutta la loro intensità.

30

Artù n°71

La verticale successiva ha visto Unterebner, il pinot grigio in purezza, nei millesimi 2014, 2010 e 2006. Paola Battai lo ha collocato nella famiglia delle ambre per i suoi sentori dolci. Nel calice del 2006 le note fiorite, di muschio, hanno preceduto la vaniglia, i legni esotici dati dalla vinificazione e affinamento in botte grande. Seguiva Nussbaumer che racchiude tutte le caratteristiche della terra d’origine di questo vitigno dalle inconfondibili note aromatiche. Cinque i millesimi proposti dall’anteprima 2014 al 2013 ancora giovanissimo, dal 2012 al 2009 e 2003. L’annata molto calda ha conferito al vino una sinfonia di profumi,

gneto a Sella consente a Tramin di produrre una vendemmia tardiva botritizzata di gewürztraminer dove la vendemmia spesso è fatta per acino più che per grappolo (Artù n° 60). Per Marco Reitano “Il 2009 in particolare è un vino che accarezza il palato, non è stucchevole”. Ogni singola etichetta, da quelle più recenti a quelle più evolute, l’affinamento in bottiglia ha consentito di questa speciale degustazione ha racun’evoluzione dove i sentori minerali, le contato il terroir dei vigneti d’origine, la note erbacee sono perfettamente integrati loro grande capacità evolutiva dato che con fiori appassiti, frutta esotica surma- ogni vino dimostrava di avere ancora tura. Stürz e Klotz di Cantina Tramin tempo di evoluzione. Un concetto che è hanno sorpreso i partecipanti alla degu- reso possibile dalle vinificazioni rispettose stazione con le annate 2011 e 2009 di di ogni varietà, dall’uso sapiente di barTerminum. Le condizioni uniche di un vi- rique e botti grandi.



focus

L’anticonformismo

di Krug Tributo alla patata 32

Artù n°71


di Krug Grande Cuvée ad un singolo ingrediente, la La Maison di Reims propone uno patata, sono rimasto molto straordinario connubio fra la Grande impressionato, ma ho immeCuvée, simbolo della Maison, e un diatamente compreso quali fosingrediente di rara semplicità come sero l’origine e le motivazioni della patata. Per un risultato eccellente, l’idea”, ci dice Eric Lebel, Chef de sono stati coinvolti quindici grandi Caves di Krug. E aggiunge: “Sapevo chef delle Krug Ambassade, che che ci saremmo divertiti molto a svihanno creato piatti formidabili a luppare questo fantastico, semplice e base dell’umile ma gustosissimo tu- inaspettato abbinamento!” Dal canto bero. Il risultato è stato sorpren- suo, Olivier Krug, il carismatico direttore dente, a cominciare dal piatto del della Maison Krug, ha fortemente voluto nostro Enrico Bartolini, due stelle e sostenuto questa recente, felice e inMichelin, che ha stupito con Patata dovinata, iniziativa della prestigiosa soffice, uovo e uova, un suo piatto Maison di Champagne, supportata da storico, memorabile per gusto e con- un libro nel quale vengono celebrate la passione, la diversità e la gioia che sistenze. ruotano insieme a un singolo ingreIn che modo un ingrediente semplice, diente, in questo caso la patata. Krug come solo la patata può essere, riesce ha invitato 15 grandissimi chef a livello a rendersi protagonista della scena internazionale, esponenti delle Krug culinaria di un evento di alto profilo, come il lancio di un volume dedicato a tale connubio? La risposta al quesito sta innanzitutto nell’eccellenza degli interpreti e nella qualità superlativa di un grande, celebre Champagne. L’obiettivo finale, prima di tutti gli altri, è quello di creare piacere, gioia, divertimento. E di trasmetterlo, in ambito internazionale, ai Krug Lovers di tutto il mondo. “Quando ho sentito parlare per la prima volta dell’idea di esplorare la possibilità di abbinamento di Alberto P. Schieppati

Artù n°71

33


focus

Ambassade, a creare piatti unici a base di patate, che sapessero esaltare con i loro sapori e la loro semplicità l’esperienza di degustare un bicchiere di Krug Grande Cuvée in abbinamento a una materia prima di rara umiltà. “Ho il grande onore - scrive Olivier nella prefazione del volume - di perpetuare la straordinaria tradizione del mio trisavolo Joseph Krug, un visionario anticonformista con una filosofia intransigente, che aveva compreso che la vera essenza dello Champagne è il piacere stesso. Cinque generazioni prima di me, Joseph ha realizzato il suo sogno di creare ogni anno il migliore Champagne al mondo, a prescindere dalle variazioni climatiche. Così è nato Krug Grande Cuvée, la raison d’etre della Maison”. Krug dunque è puro piacere e, in quanto tale, il suo consumo è dedicato a momenti speciali, indimenticabili, che restano impressi nella memoria: e se a un bicchiere di Krug si abbina un cibo delizioso, questa esperienza raggiunge il suo apice. In questo volume, molto elegante, intitolato “i say potato, you say potato”, viene condivisa l’ispirazione di grandi chef mondiali, delle Krug Ambassade dei rispettivi Paesi. La

34

Artù n°71

Maison Krug ha infatti il privilegio di operare con una rete mondiale di “ambasciate”, nelle quali un autentico Krug Lover crea straordinarie avventure gastronomiche, dimostrando passione e personalità, determinazione e creatività in ogni momento della propria attività professionale. “Questi chef delle Krug Ambassade - continua Olivier Krug condividono appieno la nostra filosofia: ovvero, la ricerca costante dell’eccellenza e di esperienze assolutamente indimenticabili”. E così è stato: quindici grandi chef hanno creato dei menù importanti sotto il profilo del gusto, menù nei quali gli Champagne Krug possano essere degustati in un ambiente ricco di stile, raffinatezza e passione. “Siamo estremamente felici di celebrare - sostiene Francesca Terragni, Direttore marketing Moët-Hennessy Italia - un matrimonio inatteso tra Krug Grande Cuvée e la semplice, umile ma nobile patata. Un abbinamento audace, forse, ma che rispecchia in pieno lo stile anticonformista della Maison”. I talentuosi chef delle Krug Ambassade di Italia, Francia, Singapore, Hong Kong, Repubblica Ceca, Giappone, Svizzera, Russia, Brasile, Scozia, hanno concepito un approccio completamente innovativo e creativo al celebre tubero, facendo della patata,


in tutte le sue varietà e tipologie, la star dei loro piatti. “La scaltra semplicità della patata - sostiene Olivier Krug, permette a questi grandi chef di liberare la propria genialità creativa, dando vita a piatti straordinari, ricchi di stile proprio, concepiti sulla base di passione, professionalità e dedizione”. I loro nomi: Arnaud Lallement, il tristellato chef del L’Assiette Champenoise di Reims, Ryan Clift, del Tippling Club di Singapore, Uwe Opocensky, del Mandarin Grill di Singapore, Jiri Stift, dello Spices Restaurant di Praga, Hiroyuki Kanda, del Kanda di Tokyo, Julien Royer, del Jaan di Singapore, Ivo Adam, del Seven di Lugano, Laurent Petit, del Clos des Sens, di Annecy-Le-Vieux, Chikara Yamada, del Yamada di Tokyo, Jerome Coustillas, de Le Colline a Mosca, Christopher Millar, dello Stellar di Singapore, Tsuyoshi Murakami, del Kinoshita di San Paulo, Andrew Fairlie, dell’omonimo ristorante di Perthshire, in Scozia e gli italiani Umberto Bombana, tre stelle all’Otto e Mezzo di Hong Kong e Enrico Bartolini, del Devero a Cavenago Brianza, due stelle Michelin. Grandi chef, tutti accomunati dall’amore totale per un prodotto semplice, ma al centro di un processo di rinascita e modernizzazione, che consente - grazie

alla versatilità e alle varietà tipologiche - di essere uno strumento di grande appeal per gli chef, in grado di preparare piatti sbalorditivi sotto il profilo del gusto e dell’estetica. “In tutti i paesi del mondo - si legge nel volume edito da Maison Krug - ristoratori e chef d’avanguardia, comprese le nostre Krug Ambassade, servono piatti di qualità eccelsa in onore all’umile, seppur nobile, patata. D’altronde, molti piatti non sono completi senza di lei: le patate sono presenti nei dessert e in vari tipi di pane; sono trasformate in chips, purée, soufflé e molto altro ancora… Grazie alla moda, ormai internazionale, dello street food, che va da San Francisco a Sidney passando per l’Europa, persino le migliori french fries si posizionano come prodotto luxury e fanno formare lunghe file di buongustai con l’acquolina in bocca”. Insomma, fa piacere vedere la modesta patata salire su un piedistallo e tornare là dove tutto ha avuto inizio. In Perù, l’interesse è anche maggiore grazie alla commercializzazione di patate native (varietà che non vengono sottoposte ad alcun tipo di manipolazione genetica da parte dell’uomo). In questa riscoperta internazionale del semplice tubero, Krug ha scelto di “guidare” con la sua Artù n°71

35


focus

inimitabile Grande Cuvée questi superchef alla creazione di piatti realmente stellari, in quanto portatori di puro piacere gourmet, capace di esaltare le qualità delle materie prime, anche le più semplici. L’apporto di Enrico Bartolini, chef bistellato di estrema capacità, dotato di un mix incredibile di qualità professionali e di forte personalità, è stato di fondamentale importanza. Non a caso, il capitolo a lui dedicato nel volume “i say potato, you say potato”, è ricco di citazioni personali legate proprio all’ineffabile tubero. Alla domanda: “Che consiglio darebbe a un giovane chef agli esordi?”, Enrico risponde sinteticamente: “Suggerisco passione, educazione, disciplina. Ma anche l’abilità e la sensibilità sono valori fondamentali”. Poche parole, che esprimono al meglio la filosofia culinaria di Enrico Bartolini, a cui Artù ha già in passato dedicato importanti servizi giornalistici. La ricetta presentata da

36

Artù n°71

Enrico Bartolini è Patata soffice, uovo e uova. Ingredienti: Patate di Oreno, Latte, Olio extravergine di oliva, Capperi, Uova Balik, Vino, Burro, Limone, Prezzemolo, Zafferano, Sale: le patate di Oreno (in provincia di Monza-Brianza), sono “la prelibatezza che sposa sapidità e acidità”, dice Enrico. Oreno, in effetti, è considerata la “terra delle patate” e le patate di quel luogo sono così famose da avere un loro festival! Il piatto, già appartenente al repertorio storico di Enrico (venne presentato nel 2013 allo Sparkling Menù, dove si aggiudicò il primo posto) è semplice: per esaltare gli aromi del tubero, lo chef l’ha abbinato a capperi siciliani “che adoro”, accompagnati da uova di salmone iodate, zabaione, limone e un olio delicato. Per realizzare il piatto al meglio, va preparato un purée di patate, con i capperi siciliani tritati, le uova di salmone e un leggerissimo zabaione. “Questa emulsione è il fattore più importante e, per ottenere la consistenza migliore, si usa un sifone per creare la leggerezza necessaria per abbinarla agli altri aromi e consistenze”, sottolinea Bartolini. Il piacere di questo piatto è nella sua pienezza. In particolare, l’aroma e la gustosità dello zafferano mettono in luce le stesse qualità di Krug Grande Cuvée, terminando in una meravigliosa fusione dei sensi quando vengono combinati insieme. Grande patata, grande Krug.



focus

Il Rinascimento di Milano Testimonial eccellenti

38

Art첫 n째71


di Gualtiero Spotti Fra talenti già consolidati e giovani emergenti di grandi capacità, il capoluogo lombardo si configura come la città più gourmet d’Italia. Una pattuglia di professionisti, con le idee chiare in testa, sta trasformando il la cucina di albergo, che in città ha semcapoluogo meneghino in un laboratorio pre avuto notevoli difficoltà nel presentare gastronomico senza uguali. esponenti di primissimo piano, a parte qualche rara eccezione. Ma andiamo Qualcuno ha parlato di un nuovo rina- per ordine. Uno degli ultimi arrivati, scimento, altri di effetto Expo. Certamente meno di un anno fa, è stato il comasco l’ultimo triennio, per non parlare solo Paolo Lopriore, già marchesiano di ferro dei mesi scorsi, ha visto Milano arricchirsi e con un passato luccicante alla Certosa di una nuova schiera di ristoranti di alto di Maggiano a Siena, prima della breve livello, che mettono in primissima fila esperienza al Kitchen di Cernobbio. Nelcuochi di talento pronti a spiccare il l’enoteca ristorante Tre Cristi, aperta in volo, ma anche nomi affermati con sti- via Galilei (ed è la filiale di uno storico molanti progetti da presentare e idee in- ristorante senese), si reinventa approcnovative da mettere sul piatto, è proprio ciando una cucina più facilmente comil caso di dire. Insieme alla scenografica prensibile rispetto a quella frequentata città “verticale”, alla mirabolante piazza nel recente passato, già fatta di piacevoli Gae Aulenti e alla scintillante area di estremismi e contrasti al palato. Nel Porta Garibaldi, è questa la Milano del suo indirizzo milanese Lopriore gioca la presente e del futuro, certamente più carta della scomposizione del piatto, e etnica e multiculturale, con un paesaggio in qualche modo, della valorizzazione urbano più contemporaneo e vicino a della materia prima portata alle estreme quello delle maggiori città europee ma conseguenze. In tavola arrivano piatti anche con una proposta gastronomica solo apparentemente finiti e il cliente variegata e ricca di intuizioni fusion, entra nel ruolo di complice di primissimo senza tralasciare il made in Italy a piano sostenendo con le sue scelte il tavola. Magari recuperando tradizioni e gioco del piatto da realizzare e poi da cultura del cibo da proporre in una consumare. In breve, il tavolo si riempie nuova veste. I nomi su cui puntare arric- di ciotole e cocotte che contengono i chiscono una lunga lista, dalla quale, prodotti i quali, uniti a piacere, portano però, si possono estrapolare le esperienze alla realizzazione del piatto. Così se ordipiù originali, anche per quanto riguarda nate il “riso cozze e patate”, sempre tra

Artù n°71

39


focus

i più gettonati, vi arrivano il riso servito a parte, così come una ciotola di cozze, una ricca porzione di crema di patate e tutti gli elementi che normalmente verrebbero assemblati dietro le quinte dalla brigata. Lo stesso accade con l’insalata di antipasto e con buona parte dei piatti presenti in menu. Ed è un’idea decisamente originale, che favorisce la convivialità (non presentatevi da soli al ristorante altrimenti il gioco viene meno) e che stimola il buon senso e l’interazione da parte dell’ospite. Cambiando protagonista, e spostandosi di qualche centinaia di metri, in via San Marco, si incontra un altro marchesiano che ora cammina con le sue gambe. Si tratta di Daniel Canzian il quale ha aperto il suo ristorante Daniel con la visione di voler attualizzare la cucina italiana, come ben spiegato tra le pagine del menu. Già al Marchesino di piazza della Scala, Canzian in realtà si spinge un po’ oltre questa semplice intenzione. La sua cucina prende in prestito idee “artistiche” del

40

Artù n°71


Maestro di un tempo (vedi le preparazioni esteticamente ispirate da Arnaldo Pomodoro, come la panzanella o il dolce al cioccolato a forma di sfera), ma al tempo stesso si nutre di accelerazioni fusion molto evidenti, trasportate all’interno della classicità italiana, come il coloratissimo “Risotto exponenziale” che vive di profumi e sapori indo-mediorientali e lo “sgombro ha una crosta di quinoa soffiata”. Uno stile che è divertente e a tratti provocatorio, anche quando ci si trova di fronte al croccante, e convincente, “minestrone in salsa di pomodoro”. La provocazione è, in qualche modo, anche un tratto distintivo del nuovo corso del ristorante Trussardi alla Scala dove si è insediato da qualche mese Roberto Conti. In realtà il giovane e intraprendente cuoco era già nella brigata in precedenza capitanata da Andrea Berton, ma prima ancora si era concesso un passaggio “vegetariano” al Joia di Pietro Leemann. Oggi il menu del Trussardi vive una fase di piacevole contaminazione stilistica, con piatti dove la tradizione regionale incontra elementi di “disturbo” capaci di offrire spunti di riflessione quasi ovunque. Accanto a piatti più consolidati nell’immaginario collettivo, come il polpo e patate con limone e prezzemolo o la costoletta di vitello con salsa bernese, connotati da un’attenzione spasmodica alla migliore materia prima, troviamo anche audaci divagazioni orientali, con il luccio perca glassato al teriyaki o il merluzzo nero con il the affumicato. Scelte, queste ultime, figlie di un recente viaggio nel Sol Levante, che ha aperto la strada anche a qualche divertente abbinamento al tavolo con il sake, con la complicità della grande regia in sala di Luca Cinacchi. Attraversando la Galleria e sbucando quasi in Piazza Duomo non si può poi trascurare l’indirizzo stellato del Vun ospitato all’interno del Park Hyatt, e da qualche anno regno incon-

trastato del dinamico e ambizioso Andrea Aprea. Dal suo arrivo, dopo l’avventura del Romeo Hotel a Napoli, il cuoco partenopeo ha dato una sferzata in avanti sia nella cucina, smussata in parte da quegli angoli eccessivamente mediterranei per approdare a uno stile contemporaneo elegante e ordinato, sia nell’ambiente, ora più raccolto e intimo, quasi ovattato e che nasconde Milano fuori dalle Artù n°71

41


focus

piscine con vista sui tetti della città e all’indiscutibile bellezza del luogo, ha saputo ritagliarsi uno spazio nel ristretto giro dei ristoranti che meritano una sosta gourmet. Con uno stile internazionale che pesca tra tapas estrose, ricchi antipasti a buffet e una serie di piatti freschi e ammiccanti, come dice bene il percorso lavorativo di Sironi. Materia prima di ottimo livello, sempre in primo piano (vedi le tartare, ma anche il culatello di Spigaroli), piatti dai piacevoli richiami mediterranei, come nello stile del cuoco e buon senso senza voler strafare. Carte vincenti che hanno decretato il successo del Ceresio 7 e il ritorno in grande stile di Elio Sironi sulla piazza milanese. ph. Barbara Santoro

www.trecristimilano.com www.ristorantedanielmilano.com www.trussardiallascala.com www.ristorante-vun.it www.ceresio7.com

ph. Barbara Santoro

ph. Paolo Picciotto

finestre. Una scelta in linea con la “food experience”, che qui merita un’attenzione particolare e una concentrazione assoluta. Perché se è vero che il pomodoro rimane il prodotto più amato dal cuoco, Aprea invita i suoi ospiti in un viaggio molto più complesso sulle ali della tradizione-innovazione e tra superbe creazioni che a volte sfiorano la poesia. In sala, Nicola Ultimo, garantisce con la sua supervisione quella professionalità nel servizio che ogni grande locale meriterebbe. Infine, per chi ama anche un certo mondo urbano fatto di fashion e Milano bene, un indirizzo da segnare è quello del Ceresio 7 dei fratelli Caten (quelli della linea di moda D Squared, per intenderci). A reggere le fila in cucina c’è un cuoco frizzante e di primissimo piano come Elio Sironi, già al Bulgari in passato e in giro per la Sardegna durante i mesi caldi. Il Ceresio 7, oltre a diventare in breve tempo un luogo mondano grazie alle sue

42

Artù n°71



focus

Peck, alla ricerca del gourmet perduto?

44

Art첫 n째71


di Fiorenza Auriemma Se l’emblema internazionale di Milano sono le guglie del Duomo, la torre del Filarete, il Cenacolo e - più di recente - l’Albero della Vita, tra le icone più fotografate e visitate della città rientra anche Peck, un marchio e un luogo fisico che da oltre 130 anni è di fatto il “salotto gastronomico” meneghino e motivo di orgoglio per l’intera città. E così vuole continuare ad essere, aprendosi ancora di più verso i cittadini e i turisti. “Rispetto a una manciata di anni fa, oggi a Milano l’offerta gastronomica è più ampia. In questo panorama in continuo cambiamento, Peck mantiene la qualità molto alta di sempre. Ora si tratta di farla conoscere a un pubblico più vasto”. Massimo Furlan parla di Peck con l’entusiasmo di chi è stato chiamato a governare un luogo speciale e magico dove ogni giorno - e da anni una squadra esperta svolge con sapienza un antico rituale che dà vita ad alimenti e prodotti gastronomici freschi, stagionati, conservati, cucinati, ma sempre di qualità elevata. È dallo scorso primo aprile che Furlan ricopre la carica di amministratore delegato di Peck Spa, azienda la cui proprietà - dopo una gestione di 43 anni da parte della famiglia Stoppani dal 2013 è passata in toto a Pietro Marzotto, il quale nel 2011 ne aveva già acquisito il controllo. “Produciamo, trasformiamo, affiniamo, vendiamo, cuciniamo,

offriamo ristorazione ed enoteca: in altre parole, facciamo sei o sette cose con e in un negozio nato 20 anni fa e in pieno centro storico”, sottolinea Furlan, che prima di passare a Peck è stato per nove anni Food & Beverage Director de La Rinascente. Una delle sue prime mosse - per agevolare chi lavora - è stata quella di prolungare l’orario di apertura, portandolo dalle 19.30 alle 20.00: “Ho notato che i milanesi, e soprattutto le nuove generazioni, considerano Peck come un ‘evento’. La mia intenzione è far sì che diventi invece una fruizione giornaliera: esco dal lavoro, passo da Peck e mi prendo un po’ di insalata russa, poi domani ci torno per il vitello tonnato o i ravioli freschi. Oppure

In alto: mozzarella in carrozza con prosciutto di Parma. Qui sopra, da sinistra: Leone Marzotto, Pietro Marzotto e Massimo Furlan (Ph Matteo Barro).

Artù n°71

45


focus

- che rappresentano la tradizione, si dividono lo spazio con il “nuovo” come i crudi di pesce e il Sushi roll con frutta marinata. In base alla stagione, si possono poi trovare Club sandwich con astice (salvo esaurimento, dato che i clienti effettuano molti passaggi e può capitare, ahimé, che qualcosa finisca), tarte tatin con pere e robiola, focaccia con crescenza e pesto, pancake con maionese al curry e gambero al lemongrass. E poi ci sono i primi e i secondi caldi, fra quelli che hanno reso famosa la gastronomia Peck: ravioli alla crema con sugo di arrosto, crespelle integrali con ricotta e spinaci, punta di vitello al forno, choucroute di maiale affumicato telefono e mi faccio consegnare in ufficio selezione di prodotto - spiega Furlan -. ecc… E, ovviamente, dolci, torte e dessert, o a casa quanto mi serve per la cena”. Questo per far capire che ci si può rin- proposti in diverse versioni, tutte molto Proprio per questo, ad esempio, al clas- novare senza perdere quella cultura e apprezzabili. Di pari passo con il cambio sico servizio di consegna in furgone si è tradizione del buon cibo che negli anni di orari, le consegne su due ruote e aggiunto ora anche quello in bicicletta ha reso grande e famoso il nostro brand”. l’apertura domenicale, ci sono altre in(entro la cerchia dei navigli). Altro im- Prendendo posto ai tavoli del primo novazioni meno visibili ma altrettanto portante cambiamento: aprire la dome- piano del negozio di via Spadari in un importanti e impegnative: ad esempio, nica per il brunch, dalle 12.00 alle giorno di festa, si nota subito come aver messo mano al sistema di riscalda16.00: “Scegliendo un rito internazionale quello firmato Peck cerchi di essere il mento e raffreddamento rendendolo più come il brunch, Peck ha voluto mostrare più possibile un brunch contemporaneo: efficiente e vantaggioso per l’ambiente, un lato che le persone non si sarebbero salumi e formaggi affinati in casa - e aver cominciato a introdurre sistemi aspettate, sia come offerta, sia come serviti con pane fresco anche di domenica di cottura all’altezza delle cucine stellate.

46

Artù n°71


tra sei filoni: la Tradizione, che include i classici; la Trasgressione, che propone prodotti di lusso e di “contemplazione” come distillati, cioccolato tè ecc; il Glamour, che comprende tra l’altro, suggestioni per aperitivi speciali; la Voluttà, con selezioni molto elaborate e ricche, bottiglie magnum e salumi interi; la Nobiltà, con salmone, caviale, culatello ecc. L’intento è fornire suggestioni a un pubblico il più variegato possibile, obiettivo cui puntano anche i tre menu messi a punto da Vigotti: i prodotti dei cataloghi sono pensati per chi nei giorni di festa vuole portare in tavola la tradizione natalizia declinata in modo Su cotture e preparazioni - sia per il contemporaneo, sempre però partendo brunch domenicale, sia per l’offerta ga- da materie prime e prodotti di qualità. stronomica in generale - sovraintende E concludiamo con una manciata di nulo chef Matteo Vigotti. Il quale durante meri. Peck genera ogni anno 18 milioni Expo si è occupato anche del ristorante di euro fatturato, mentre sono 106 le Peck di Palazzo Italia dove hanno pranzato persone che lavorano per questo marchio. e cenato delegazioni internazionali, ed Molte di loro operano nelle grandi cuora è in prima linea per il primo Natale cine dietro al negozio e nei laboPeck dell’era Furlan: “Per noi è un mo- ratori al piano inferiore: in mento molto importante: tutto il mondo quasi 2000 metri quadri che ama il buon cibo viene in questo - e in 20 celle dove tra negozio a far spesa. Ecco perché ci l’altro frolla la carne siamo limitati ad apportare solo qualche e si affinano salumi modifica” racconta il Ceo. Il catalogo (bresaola, pancetta, natalizio 2015 permette infatti di scegliere coppa, guanciale,

lardo ecc.) - ogni giorno si preparano, per citarne alcuni, pasta fresca ripiena, verdure, gelati, cioccolatini, torte, formaggi freschi e latticini (mozzarella, ricotta, burrata, scamorza, primo sale, mascarpone), arrosti, stracotti per ripieni, insalata russa (nel periodo natalizio Peck produce e vende 1200 chili di insalata russa, preparata con 560 chili di verdura tra patate, carote, piselli e cetriolini). E sughi, come gli 80 chili di ragù a settimana che restano sul fuoco almeno otto ore prima di essere dichiarati pronti. Dimenticavamo: il brunch domenicale viene proposto a 60 euro, bevande escluse. Una cifra non propriamente economica, ma rispettosa del concetto di price for value. E qui, si sa, il valore conta parecchio.

Artù n°71

47


ph. Ezio Prandini

focus

Cristian Mometti interpreta l’arte della vasocottura 48

Artù n°71


di Giovanna Moldenhauer

di preparare prima, rigenerare e scaldare le preparazioni con minori manipolazioni tra un passaggio e l’altro”. Cristian, a partire dal 2007, ha iniziato a collaborare con Weck, azienda leader produttrice di vasi che contempla nella sua produzione 29 svariate forme e misure a seconda della tipologia di preparazione. Nella cucina di Cristian i formati dei vasi variano da 80 millilitri per finger food a 1000 millilitri idonei per una zuppa di pesce, escludendo i vasi alti e diritti e i flaconi. Il marchio, distribuito in Italia dal 2013 da MCM Emballages, è in grado di garantire una rete distributiva su tutto il territorio italiano. La vasocottura, le classiche preparazioni come conserve e salse, gli impiattamenti originali, i takeaway prêt-à-manger trovano in Weck, ph. Ezio Prandini

“Le mie esperienze professionali - ci racconta Cristian - mi avevano portato precedentemente all’uso, in cucina, del sottovuoto. Dopo quella cena da Uliassi ho cominciato a sperimentare ingredienti, abbinamenti, tempi di lavorazione rompendo all’inizio tanti vasi, sbagliando i tempi di cottura. La curiosità mi aveva portato a cercare informazioni su questo metodo di preparazione scoprendo che non era ancora stato sviluppato a 360° gradi. Appassionato da sempre di tecnologia di cottura e conservazione, ho iniziato la ricerca, delineando anche le differenze della vasocottura rispetto al sottovuoto. Apprezzo molto, ancora oggi, il contatto del cibo con il vetro che ritengo sia più sano delle buste usate per il sottovuoto. Questa tecnica permette

ph. Alfonso Santolero

Cristian Mometti, giovane chef veneto, ha realizzato una sua personale interpretazione della vasocottura. Le sperimentazioni sono iniziate dopo una cena nel 2002 avvenuta da Uliassi che aveva proposto, in quella occasione, una zuppa di pesce all’albanella tipica marchigiana con molluschi e crostacei servita in un vaso di vetro, dove era stata cucinata, chiuso con i ganci d’acciaio.

Nella pagina a lato: Vasocottura scampo sulla luna (Ph Ezio Prandini). In alto: “La mia melanzana alla parmigiana in vasocottura”. A sinistra: Vasocottura - lasagnetta cosmopolita.

Artù n°71

49


ph. Ezio Prandini

focus

Qui sopra: Vasocottura - brulè e vitello. Nella pagina a lato: Vasocottura - yo yo yogurt.

50

Artù n°71

innovativo per vocazione da oltre un secolo, il prodotto perfetto. Ogni vaso con il tappo - realizzati interamente in vetro - è abbinato a guarnizioni in caucciù naturale e numerosi pratici accessori a cominciare dalle clips in acciaio a garanzia di una perfetta chiusura e conservazione del prodotto. Versatili, tecnicamente avanzati, riciclabili, studiati per offrire forme e capacità idonee a contenere qualsiasi tipo di preparazione, Weck è la riposta contemporanea soprattutto per cucine professionali. Lo chef ha vinto negli ultimi anni numerosi premi nazionali e internazionali, tra cui il primo premio al concorso Cuoco dell’anno 2009 a Erba, altri a Mosca e a Massa Carrara nel 2010. Da qualche tempo svolge consulenze per Eat’s Food Store, che ha fatto seguito a quella importante con il Gruppo Boscolo Hotel come corporate chef. Dopo avere avuto un suo ristorante, il Dobladino a Valdobbiadene, è stato chef, dal mese di settembre 2014 sino a giugno 2015, del ristorante & resort Donna Lucia a Ponzano Veneto, in provincia di Treviso, ambientato in una villa veneta del Settecento. Dalla

fine del mese di luglio è executive chef e supervisore de La Porta Restaurant & Café in piazza Vieira de Mello a Bologna. Dapprima il Café è stato inaugurato con la formula, inedita per la città, di bistrot, aperto ogni giorno dalle 7,30 alle 19,30 con un menu che spaziava dai burger fantasiosi a varianti sulla mozzarella abbinati a una selezione di bollicine italiane e francesi al calice o in bottiglia. Dal 6 novembre La Porta è anche un ristorante - aperto la sera - situato in una location unica, con spazi ampi, un design ricercato e una Cigar Room di ultima generazione. Cristian propone il pesce come protagonista assoluto con ricette leggere e freschissime, proposte di carne, pietanze vegane, senza glutine, sempre con un occhio di riguardo verso l’alimentazione salutare enfatizzata dall’utilizzo della vasocottura per alcune preparazioni. La carta dei vini de La Porta, con circa 220 etichette e curata dal sommelier Fabrizio Trevisan, ha una rappresentanza di bollicine, vini bianchi e rossi di tutta Italia, selezionata zona per zona, per lo più di piccole cantine di alta qualità con un’attenta proposta delle annate migliori.

Sono presenti anche champagne, etichette francesi, tedesche e di altre parti del mondo. Nel corso di un secondo incontro con Cristian per assaggiare i suoi piatti abbiamo capito che le parole chiave, per un buon risultato nella vasocottura, sono qualità e freschezza degli ingredienti, il rispetto dei tempi e delle temperature durante il processo di cottura, la conservazione. Nella cucina dello chef ogni giorno sono selezionate solo materie prime di qualità provenienti esclusivamente da fornitori alla continua ricerca del meglio. Mometti ci ha fatto assaggiare un piatto molto rappresentativo: “Piovra in zuppetta di pomodoro merinda, focaccina, battuto di olive, capperi, pomodori soleggiati”. La piovra è stata cotta a vapore in vaso a 85° C per 9 ore con un pomodoro aromatizzato con scalogno, timo, olio all’aglio, peperoncino, sale e pepe. Il piatto, equilibrato e squisito nell’assaggio di tutti i suoi componenti, ci ha subito conquistato per gli intensi profumi mediterranei all’apertura del vaso. Una melanzana alla parmigiana era la proposta successiva. L’ortaggio, dopo un primo passaggio in forno e la cottura a 165° C per 25 minuti, è stato assemblato in vaso con gli altri ingredienti della parmigiana, risultando così meno pesante e in un certo senso più soffice con la fragranza e i vari sapori ben distinti. “La qualità e la freschezza dei vari ingredienti - sottolinea Cristian - sono determinanti dato che la vasocottura ne esalta ogni singolo gusto e aroma sia in positivo che in negativo, soprattutto al momento dell'apertura e dell'assaggio perché all'interno si creano degli spazi che vengono utilizzati dal cibo come polmoni. Quando utilizzo la macchina del sottovuoto a campana, con la quale è possibile ottenere il vuoto interno al vaso ancora prima della cottura, si riducono ancora di più i tempi di cottura aumentando quelli di conservazione, una soluzione al tempo stesso molto funzionale. L'assenza d'ossigeno, ottenuta con la macchina del sottovuoto oppure dovuta alla fuoriuscita d'aria in vaso durante la cottura, deriva dalla pressione interna che sviluppa il calore, bloccando al tempo stesso gli enzimi e ini-


ph. Ezio Prandini ph. Alfonso Santolero

bendo il proliferare di batteri aerobici senza alterare i valori proteici. Gli ingredienti mantengono le loro tonalità naturali con un aspetto lucido, un tocco consistente, cosa che invece non avviene con le cotture classiche. Usare la vasocottura significa cucinare dentro un vaso, avvalendosi di tecniche ben precise, soprattutto riguardo le temperature da adottare - generalmente basse - che vanno calcolate in base alla tipologia dell’ingrediente. Si possono raggiungere finiture di cottura difficili da ricavare con le tecniche tradizionali, ottenendo come massimo risultato l'omogeneità di preparazione dei cibi anche al cuore del prodotto. Inoltre si verifica, all’interno del vaso, un minore calo di peso e complessivamente un aumento della morbidezza degli alimenti, soprattutto nelle carni, poiché le basse temperature ammorbidiscono le fibre”. I tempi di cottura in vaso vanno di pari passo con quelli che si utilizzano con la tecnica del sottovuoto. La conservazione di una pietanza preparata professionalmente con la vasocottura è molto più lunga, mantenendo uno standard qualitativo di altissimo livello, se immediatamente dopo la cottura viene eseguita la diminuzione della temperatura con l'ab-

battimento. “L’esaltazione delle positività e negatività - riprende poi Mometti - di questo sistema deve essere tenuto presente anche per quanto riguarda aglio, cipolla, erbe aromatiche, sale e pepe che devono essere dosati con attenzione in funzione della dimensione del contenitore. Le preparazioni con le carni si esaltano soprattutto con i brasati. Rispetto alle fasi di lavorazione, in casseruola il procedimento è inverso. In questo caso devo invece prima rosolare il battuto, sfumare la carne con il vino sanificandola, in seguito assemblare il tutto già porzionato in vaso completandone poi la cottura. Il pesce ottiene la sua massima espressione, soprattutto se freschissimo, nelle preparazioni fatte con le cotture in vaso. Non è possibile utilizzare i funghi crudi, ma solo cotti”. Durante i diversi momenti d’incontro con lo chef abbiamo capito che dal primo utilizzo dei singoli ingredienti che formano un piatto al loro arrivo sulla tavola, può passare, in base alla ricetta, anche solo un unico iter di manipolazione. Gli elementi una volta posti all'interno dei vasi non subiscono altri trasferimenti da un contenitore all'altro, ma nello stesso vaso sono cotti, abbattuti, stoccati, rigenerati, presentati

per essere degustati. L’assaggio dei piatti preparati parzialmente o in toto con la vasocottura conferma che il sistema permette di ottenere profumi e aromi più intensi, colori brillanti e una consistenza assolutamente golosa. Si evince al tempo stesso la padronanza dello chef negli abbinamenti degli ingredienti, nelle differenti fasi di preparazione messe in risalto da impiattamenti di grande effetto scenografico. “Questa tecnica - conclude Cristian salutandoci - mi ha cambiato la visione della cucina perché ha enfatizzato il rispetto che ho di ogni singolo prodotto. Non cerco alchimie nella vasocottura, ma solo prodotti di qualità da esaltare”. Artù n°71

51


focus

Riccione fuori stagione Bevabbè, qui non si scherza di Stefano Bonini È la “perla verde” dell’Adriatico, una delle più note e glamour località turistiche italiane. Ma Riccione non è solo spiaggia, discoteche e shopping (nel celeberrimo viale Ceccarini) perché può offrire anche qualcosa di sorprendente in più … a tavola. L’esempio del Bevabbé, locale dallo stile retrò ma fortemente contemporaneo, del Liévita e dell’Evviva. Abbiamo atteso la fine della stagione balneare, quando Riccione viene avvolta da un’atmosfera di rilassatezza e tranquillità, momento ideale per andare a provare tre giovani e innovative realtà che negli ultimi mesi hanno cambiato il panorama ristorativo e culinario di questa rinomata località balneare. Il nostro tour comincia ovviamente con la colazione, e a Riccione il must del mattino da qualche tempo è Liévita, recentemente inserito dal Gambero Rosso tra i migliori bar d’Italia (con il massimo della valutazione sia per la qualità del caffè “tre chicchi”, che per slogan “il lievito è vita”) in pochi anni si è affermato come il bar di riferimento per chi al mattino non ama i compromessi. Il locale di Alessandro Battazza e Isabella Marzi, poco distante dallo Stadio del Nuoto, è un ambiente piuttosto “avanti”, di evidente impronta urbana nel look, come se ne trovano a Londra e New York, realizzato su un’idea precisa di Alessandro da artigiani locali selezionati. Un unico ampio spazio aperto, a metà tra lo stile vintage e il recupero industriale e nessun ostacolo la valutazione complessiva del tra dipendenti e clienti. I banconi espolocale “tre tazzine”). Lontano sitivi di cemento e legno sono bassi, il dalla classiche rotte tu- laboratorio è a vista e le ampie vetrate ristiche e dagli echi consentono alla luce naturale di illumifashion del Viale (e nare l’intero ambiente interno. È il conqui quando si dice testo ideale per valorizzare un’offerta viale si intende di pasticceria unica e variegata come sempre e solo quella di Alessandro. Paste e dolci, quello Ceccari- brioche salate, brioche alle mele e ni), Liévita (no- mandorle, anche con farciture espresse, me che nasce plumcake e muffin, tranci di torta e la dalla crasi dello più classica e genuina delle merende,

52

Artù n°71

un meraviglioso pane, burro e marmellata. E di alto livello è proprio il pane fatto con farine di grani antichi e cotto rigorosamente nel forno a legna, come le pizzette. Per la realizzazione di tutti i prodotti vengono privilegiate farine particolari: d’avena, di segale, d’orzo tostato,


germe di grano e grano spezzato che grazie all’utilizzo della tecnologia e alla passione danno vita a prodotti incredibili. Ghiotti anche i biscotti fatti in casa e succulenta la linea di nettari di frutta home-made. Ad accompagnare il tutto i “veri” succhi di frutta prodotti da Lièvita e le selezionatissime miscele della rinomata Torrefazione Caffè Lelli. La seconda tappa nel “cuore turistico” di Riccione, si trova a due passi

da viale Ceccarini. Altro locale alternativo, pensato, creato e gestito da Riccardo Parisio. Personaggio naif con una laurea in giurisprudenza nel cassetto e una dichiarata passione per l’edilizia e l’architettura. Origini campane, radici bolognesi, frequenta Riccione da oltre quarant’anni e così dopo lunghe riflessioni, nel maggio dello scorso anno, porta a compimento un progetto ben strutturato che chiama Bevabbè, rifacendosi a un modo di dire tutto bolognese. E Bevabbè è davvero una piacevole scoperta, una sorta di salumeria retrò, molto anni ’30, con le piastrelle alle pareti, la luce giusta, studiata con cura e passione, il bellissimo bancone disegnato direttamente da Riccardo che rappresenta la fusione di un vecchio banco da farmacia e da osteria milanese, con gli sgabelli di ghisa ricavati dai sedili dei trattori di una volta. Perché qui in poco più di 40 mq si può mangiare anche al banco. E cosa si mangia al Bevabbè? Poche cose, studiate e selezionate e non con banalità. Così, accanto ai salumi di mora romagnola dei f.lli Zavoli, ci sono il crudo di Parma di Bedogni, la mortadella di Palmieri, il prosciutto cotto di Branchi, i formaggi di Beltrami e gli incredibili pani proprio di Lièvita. Ma in menu ci sono anche le gustose alici cantabriche servite con crostini caldi e burro salato, le succulente polpette in umido alla bolognese, il baccalà alla portoghese, la golosa mozzarella di bufala campana del caseificio Barlotti di Paestum. Più canonica la carta dei vini che propone una discreta scelta di bollicine francesi e italiane, bianchi italiani soprattutto del nord Italia e un’ovvia prevalenza di rossi loca-

li, con qualche incursione in Toscana e Piemonte. Rigorosamente artigianali le birre alla spina e in bottiglia. Al Bevabbè si può andare per un aperitivo e rimanere fino a dopo mezzanotte, sorseggiando qualche cocktail o approfittare di una bottiglieria che spazia dai whisky Nikka ai rum Caroni passando per ben 60 varietà di Gin di alta qualità abbinati a 20 toniche. Qui si viene per rilassarsi, chiacchierare, mangiare e bere… e magari incontrare l’istrionico Riccardo. La terza e ultima tappa del tour si trova a pochi passi da qui, nei locali di quella che una volta era la lavanderia

Artù n°71

53


focus

del Grand Hotel di Riccione (chiuso ormai da molti anni) dove c’è forse il locale più stimolante di tutta la località romagnola. Si chiama Èvviva, è un luogo multiforme, aperto dalla mattina alla sera tardi: un po’ caffetteria e pasticceria, molto ristorante ma anche scuola di cucina e negozio dove acquistare non solo cibo ma ogni oggetto presente. Èvviva è il nuovo attraente e stimolante progetto imprenditoriale dello chef Franco Aliberti e di Andrea Muccioli, figlio del celebre Vincenzo fondatore della comunità di San Patrignano. E proprio all’interno della comunità Franco e Andrea hanno fatto la loro prima esperienza comune al ristorante Vite (Aliberti ci arrivava dopo importanti esperienze da Gualtiero Marchesi e Massimiliano Alajmo). Finito il rapporto di Andrea con la comunità, le loro strade si sono divise per un po’ (Franco è stato anche da Massimo Bottura all’Osteria Francescana) per ricongiungersi poi, grazie al comune sentire e alla grande passione per la cucina, in questa suggestiva avventura. Il nome, sintomatico anch’esso della volontà di creare qual-

54

Artù n°71

cosa di nuovo, vivo e fluido, porta con sé il desiderio di fare una piccola rivoluzione gastronomica in una terra caratterizzata da forti tradizioni e consolidate abitudini a tavola. Riciclare e reinventare sono diventate le parole d’ordine del locale di Franco e Andrea. In sala questa filosofia è declinata attraverso il recupero del vecchio centralino telefonico trasformato nel bancone della reception, con i pianali delle macchine da cucire Singer che sono diventati i tavolino del ristorante e il vecchio mangano riadattato a tavolo per le colazioni. Ogni cosa qui (sedie, lampade, stoviglieria, mobili) è stato


ma è la sera che Franco e Andrea danno, a nostro avviso, il meglio di loro stessi proponendo tre menu degustazione a 29, 38 e 46 euro e una carta di granreinterpretato con estremo gusto e com- plumcake, muffin, torte e crostate che de intelligenza che petenza. Stesso discorso in cucina dove si accompagnano ad una selezione di prevede per alcune pietanze anche le Franco realizza piatti di grande qualità, caffè, the, frullati ed estratti di frutta. legati indissolubilmente alla stagionalità, La domenica si prosegue con il brunch, mezze porzioni che a lui e Andrea piace definire a di metropolitana declinazione, dove ai (Assaggio). La scarto zero, dal momento che vengono prodotti della colazione si aggiungono carta varia con utilizzate anche parti di prodotto che pesci affumicati in casa, salumi e una certa frequennormalmente verrebbero eliminate e le formaggi artigianali (tra gli altri i prosciutti za, privilegiando la verdure vengono dall’orto biologico e di- S. Ilario 32 mesi di stagionatura, la stagionalità delle madattico di 52 mq sito nella corte esterna culatta cotta di Branchi, la mortadella terie prime, ma alcuni vicino all’ingresso del locale. Con pochi di Pasquini, i formaggi a latte crudo di piatti sono già diventati degli soldi, ma tante idee e un concept solido Beltrami), uova e omelette varie. Negli highlights come la pappa al poe ragionato, Èvviva si è affermato in altri giorni a pranzo la proposta è più ve- modoro, una delicata crema di pomodoro poco tempo come format vincente a loce, ma sempre sfiziosa e a salumi e dell’Agro Nocerino, accompagnata da tutto tondo, un bistrot in grado di sfamare formaggi abbinati con i pani, le focacce un cremoso di ricotta di bufala e mucca anche i palati più esigenti ad ogni ora e le piadine fatte in casa, si aggiungono al basilico, cicoria e pane croccante, opdel giorno… come succede solo nelle le insalate, il meraviglioso hamburger e pure l’eccezionale carne cruda di manzo grandi città. Si comincia quindi con il la pasta del giorno, con la selezione di di razza piemontese Essentia Cazzamali, breakfast del mattino per cui Franco, paste di grano duro abbinate al condi- servita già condita con aromi e spezie. formazione da pastry chef, realizza ogni mento speciale del giorno. L’attività di In occasione delle nostre incursioni abgiorno piccola pasticceria, bignè, brioche, Èvviva continua anche al pomeriggio, biamo però assaggiato anche dei deliziosi passatelli ai cannelli con crema di pomodoro confit, un delicatissimo coniglio con maggiorana e olive, un succulento maiale al sangiovese, rabarbaro, cipolla bianca e patate. In ogni piatto si percepisce la mano precisa e delicata di Franco Aliberti che al momento del dessert da forse il meglio di sé. Per cui non andatevene da Èvviva senza esservi concessi almeno un dolce! Vi resterà il nostalgico ricordo di uno dei migliori bistrot di tutta la Romagna. www.lievita.com www.bevabbe.com www.evvivariccione.it Artù n°71

55


protagonisti

Les Clos Pompadour, l’audacia di Pommery di Elisa Facchetti Nato per celebrare i 175 anni della Maison di Reims, Les Clos Pompadour rappresenta una speciale produzione dedicata ai veri intenditori. Champagne elegante e raffinato, porta il nome della vigna da cui proviene, un omaggio al terroir ma anche alla figura storica di Madame de Pompadour. Innovazione, savoir-faire, audacia. Le parole del presidente della Maison, Paul-Francois Vranken, svelano la chiave del successo di Vranken-Pommery e i segreti dell’arte dello champagne, un’arte complessa che richiede esperienza, rigore e passione, caratteristiche ben espresse da Madame Pommery de Pompadour, imprenditrice illuminata e ambiziosa, capace di stravolgere la vecchia gestione aziendale per intraprendere, nel lontano 1858, un percorso volto all’innovazione, ponendo le basi per la promozione di uno champagne di lusso valorizzando

56

Artù n°71

stile e immagine del marchio Pommery, nonché lungimirante nella creazione di tecniche per la produzione di uno champagne più “secco” ma al tempo stesso “morbido”, capace di conquistare un vasto pubblico grazie anche agli investimenti sull’attività commerciale e sulla diffusione di uno champagne unico. A lei, in occasione del 175° anniversario dalla fondazione della Maison, viene dedicato uno champagne straordinario, Les Clos Pompadour. A crearlo la grande competenza in campo enologico dello chef de cave Thierry Gasco, impegnato in tutte le fasi di lavorazione, dalle operazioni in vigna fino all’imbottigliamento. La speciale produzione proviene esclusivamente dai vigneti del Clos Pompadour, di cui il nome dello champagne rende omaggio, situato all’interno dei 55 ettari del Domaine Pommery a Reims: l’assemblaggio prevede Chardonnay 75%, Pinot noir 20% e Pinot Meunier 5%. La maturazione sui lieviti prevede almeno 10 anni di per-


manenza con risultati di grande mineralità e freschezza. Ad elevarsi sono alcune note speziate impreziosite da tocchi agrumati di limone, il colore si presenta giallo pallido con riflessi verdolini, mentre al palato si sprigionano caratteristiche gustative che richiamano la frutta bianca come mela, pera, ma anche punte di note floreali di biancospino. Il formato scelto per Les Clos Pompadour, prodotto in pochissime bottiglie, è il Magnum da 1,5 litri: ogni esemplare è accompagnato da un certificato di garanzia firmato dallo stesso Thierry Gasco e presentato in una raffinata cassetta in legno. La preziosità di questo champagne deriva dalla collocazione strategica di un vigneto storico all’interno del domaine di Reims e come spiega il nome stesso, la bottiglia è un omaggio ad un “clos”, un vigneto racchiuso in un recinto curato e selezionato, esclusivo e la riserva storica della Maison riflette la cura e la minuziosa attenzione che agronomi ed enologi hanno riservato nei confronti delle uve sin dalla fondazione del Domaine. La caratteristica di rarità e preziosità di Les Clos Pompadour è dettata dalla produzione limitata, solo nelle annate più vocate e proposta esclusivamente in formato Magnum, nobilitando ancora di più l’aspetto organolettico del prodotto.

Il brindisi perfetto Accanto al prestigioso Champagne Les Clos Pompadour la Maison di Reims ha creato uno champagne da stappare in occasioni più conviviali e informali, ideale per un aperitivo o per un brindisi magari natalizio. Stiamo parlando dello Champagne Cuvée Diamant Blanc de Blancs Millésime 2007, 100% Chardonnay, proveniente dalla Côte des Blancs. Dal colore giallo pallido, brillante e cristallino con riflessi verdi delicati, questo champagne presenta un perlage delicato e persistente, dal profumo intenso con sentori floreali di fiori di acacia. A seguire si esprimono al meglio le note fruttate di arancio, con un finale di sentori di frutta secca. Al palato spicca la buona vivacità di aromi di agrumi tipici del pompelmo rosa e del mandarino e proprio per la sua freschezza, il Diamant Blanc de Blancs è ideale per un aperitivo in occasione di una festa o di un brindisi. Si abbina molto bene con frutti di mare, l’aragosta e piatti della cucina asatica a base di pesce. La stessa bottiglia, chiara e trasparente, ricorda con i suoi intagli la forma di un diamante, un diamante che racchiude uno speciale champagne firmato Vranken Pommery.

Artù n°71

57


protagonisti

Giuseppe Vesi, quando la pizza è gourmet 58

Artù n°71


di Gigliola Gigli

il territorio di origine, le tecniche di lavorazione" continua Vesi. Ne deriva una Dalla selezione della farina comincia selezione attenta e appassionata che il progetto Pizza Gourmet Giuseppe vede insieme il meglio dell’Italia gastroVesi, imprenditore napoletano e piz- nomica: i pomodori San Marzano Dop zaiolo da generazioni. e quelli del Pendolo del Vesuvio; i migliori latticini di bufala a marchio "Dopo anni di studio nel mondo degli Dop; le alici di menaica che impasti e delle pizze, ho scelto di lavorare vengono da Pisciotta, nel Ciesclusivamente utilizzando farina di tipo lento, ed ancora il sale 1 di grano tenero italiano 100% macinato marino integrale di Traa pietra da agricoltura integrata" spiega pani, i capperi di Giuseppe Vesi che un anno fa ha inau- Salina, i salumi gurato la sua pizzeria a Napoli, nel quar- di maiale tiere Vomero, con una mission precisa: Nero Caproporre una pizza diversa, volutamente sertanon tradizionale. La scelta della farina non raffinata è una scelta rigorosa e ostinata che da un lato recupera la memoria storica delle prime pizze, quando venivano fatte solo con farina non raffinata, e dall’altro vuole offrire un prodotto in linea con i principi di una sana alimentazione, ricca di fibre, come oggi tanti nutrizionisti consigliano. L’impasto viene lasciato lievitare per ore e in cottura risulta morbido, leggero e altamente digeribile. Ma è n o , solo l’inizio perché sul disco vengono la carmesse materie prime di alta quali- ne bovina tà, tracciabili, preferibilmente pro- Maremmana, venienti da filiera corta, da agricol- le noci di Sorrento tura biologica e biodinamica, privi e l'origano di Pantelledi ogm. La dispensa di Giuseppe ria. Il connubio tra gli imVesi racconta anni di ricerca e una pasti e la selezione delle mipassione non comune per i prodotti di gliori materie prime dà vita a eccellenza. "Mi piace conoscere chi c’è nuove ricette dai sapori unici, da dietro ogni prodotto, le persone, la storia, grand gourmand. Tra le pizze proposte, Artù n°71

59


protagonisti

oltre a quelle classiche - siamo pur sempre a Napoli - come la Margherita con fior di latte di Agerola o mozzarella di bufala campana aversana Dop e la Marinara con aglio rosso di Nubia e l'origano di Pantelleria, sono molte le scelte innovative che solleticano il palato: come il ricercato prosciutto crudo Jambon de Bosses Dop arricchito da mozzarella di bufala campana Dop, pomodorini del piennolo del Vesuvio Dop, rucola, scaglie di parmigiano Reggiano Dop. Non manca la pizza al tartufo Irpino con mousse di ricotta di bufala campana aversana Dop, fior di latte di Agerola, speck tirolese artigianale, tartufo di Bagnoli Irpino, olio extra vergine di oliva Dop. Una proposta particolare per i

60

Artù n°71

vegani è la pizza con mozzarella di soia (produzione propria), verdure biologiche, basilico, olio extra vergine di oliva biologico. Poi c’è la carta delle pizze dedicata alla stagionalità per non perdere nessun sapore assecondando il tempo della terra. Anche la carta dei vini è per veri puristi: vini a firma Tripla A e birre artigianali. Accurata la selezione anche per i dolci realizzati solo con latte nobile dell'Appennino Campano. Da segnalare una novità in carta: i bon bon al cioccolato in collaborazione con l’Antica Fabbrica di Cioccolato Gay Odin, locale storico e tempio partenopeo del cioccolato. Si tratta di un dessert realizzato con lo stesso impasto della pizza, con farina macinata a pietra di tipo 1: bon bon, ovvero palline cotte in forno a legna e ripiene del cioccolato Gay Odin in due varianti, "cremino" (cacao, latte e nocciola) e "foresta" (caratteristica sfoglia di cioccolato al latte). È un’esperienza diversa, dunque, la pizza di Giuseppe Vesi, una pizza che si distingue per ricerca e proposte. "Ecco perché mi piace chiamare la mia pizza gourmet, perché c’è selezione, qualità, passione per le cose buone e genuine", conclude Giuseppe Vesi.



protagonisti

Al Kempinski di St. Moritz Lo stile di Schmidberger di Rebecca Andreola

des Bains, e dal novembre 2011 la sua cucina è stata incoronata con una stella L’offerta culinaria del Kempinski Michelin e 17 punti Gault Millau. I suoi Grand Hotel des Bains, hotel 5 stelle piatti riflettono una passione per la lusso di St. Moritz, ha da oggi un cucina europea, secondo una linea ganuovo timoniere, il giovane Executive stronomica influenzata senza dubbio chef Matthias Schmidberger. Il 33enne dall’esperienza nei migliori ristoranti d’Euavrà il compito di proseguire il suc- ropa dove viene ricercata la semplicità, cesso ottenuto dallo chef precedente, la scelta degli ingredienti, la cura nella Axel Rudlin, ma già i suoi piatti presentazione dei piatti come è nello parlano di uno stile elegante ed es- stile del Kempisnski. "Io lavoro con i misenziale, attento alle materie prime gliori ingredienti al mondo che fanno e ai migliori ingredienti. appello a tutti i cinque sensi", ha detto Da sempre il Kempinski Grand Hotel des Bains è sinonimo di lusso ed eleganza, luogo di grande fascino situato sulla sorgente Mauritius di St. Moritz. 184 camere e suite, 27 residenze prestigiose e un centro benessere di 2800 mq con palestra, accolgono gli ospiti con ogni comfort sia nella stagione invernale, sia estiva, per un soggiorno all’insegna del benessere, tra sport, relax e vita all’aria aperta. Ma il Kempinski Grand Hotel des Bains di St. Moritz è molto di più, grazie a una proposta gastronomica che da poco tempo vede la firma di un giovane Executive chef, Matthias Schmidberger. I suoi piatti spaziano dalla tradizione a gusti più internazionali, serviti con grande stile come è nella filosofia del Kempinski e del lavoro di successo svolto dallo chef Axel Rudlin che ha lasciato la gestione per occuparsi del ristorante di famiglia. I quattro ristoranti da gestire all’interno del Grand Hotel non spaventano di certo l’intraprendente 33enne, forte di un curriculum di tutto rispetto: per più di 11 anni Schmidberger ha percorso la sua strada contribuendo al successo di ristoranti stellati Michelin tra cui la Traube Tonbach, Baiersbronn, il Speisemeisterei, Stoccarda, il Ristorante Foresta Sonnora, Dreis e ultimo, ma non meno importante, il Brenner Park Restaurant di Baden- Baden. Dal dicembre 2010 è stato al Grand Hotel

62

Artù n°71


Art첫 n째71

63


protagonisti

Schmidberger, sottolineando la meticolosa selezione di materie prime freschissime e lavorate il meno possibile, per mantenere intatti i sapori e le proprietà dei cibi. Un suo tocco personale è riscontrabile tuttavia negli abbinamenti degli elementi: zuppa di crescione con yogurt, penne all’arrabbiata con gamberi saltati, o ancora la bistecca di Angus con verdure mediterranee e patate all’origano, un piatto, questo, che sposa sapori forse lontani dai classici canoni del luogo, ma che interpretano perfettamente la filosofia di semplicità e ricercatezza delle materie prime che contraddistinguono la cifra stilistica del nuovo Executive chef. Non mancano infatti alcuni piatti più tipici come i rösti con formaggio di

64

Artù n°71

montagna e uova fritte o il petto di pollo con purea di patate alle erbe. Grande l’impegno per il giovane Executive chef, che ha assunto la carica da pochissimo tempo e che dovrà curare la gestione dell’intero reparto gastronomico del Kempinski Grand Hotel des Bains di St. Moritz con ben quattro ristoranti, un bar e il settore banchetti e inoltre sarà anche responsabile del ristorante gourmet Cà d'Oro, espressione dell’alta cucina mediterranea. Il cambio di guardia nelle cucine del Kempisnski di St. Moritz è stato accolto con grande entusiasmo anche dal General Manager Reto Stöckenius che ha dichiarato il suo apprezzamento per Matthias Schmidberger senza dimenticare l’importante ruolo svolto dallo chef Axel Rudlin: "La gastronomia ha un significato molto speciale per me. Sono molto contento che Matthias si occupi di seguire tutta la gastronomia e continui a contribuire con la sua creatività al successo dell’hotel. Allo stesso tempo, voglio esprimere il mio particolare apprezzamento per Axel Rudlin. Ha contribuito in modo significativo per più di cinque anni, con le sue idee e la sua reputazione gastronomica, al successo del Kempinski Grand Hotel des Bains. Gli auguriamo tutto il meglio per la sua nuova fase di vita e tutta la fortuna che merita. Ogni volta che verrà in Engadina, sarà il benvenuto”.



protagonisti

Ernst Knam Obiettivo centrato! 66

Art첫 n째71


di Fiorenza Auriemma Riparte (senza essersi mai fermato) con la sua nuova pasticceria, totalmente rinnovata. Il re del cioccolato, tedesco di nascita e milanese di adozione, ha finalmente creato uno spazio più consono alla alta qualità delle sue creazioni. E i milanesi, incuriositi dalla novità, accorrono festosi… Era intorno alla Pasqua del 1992 quando un giovane pasticcere non ancora trentenne sollevò per la prima volta le saracinesche del suo nuovo negozio a Milano, in via Anfossi 10. In quelle prime settimane, passando davanti alla Antica Arte del Dolce - questo il nome scelto da Ernst Knam per la sua pasticceria - era davvero difficile non notare l’enorme coniglio di cioccolato che dalla vetrina sembrava invitasse a entrare per fare la conoscenza dei dolci particolari e insoliti che già allora costituivano la personalissima proposta di Knam, con il cioccolato a farla da padrone. A 23 anni di distanza, quel pasticcere ne ha fatta di strada. E anche il negozio - che ora si chiama più semplicemente Pasticceria Knam - ha recentemente riaperto i battenti dopo un lavoro di ristrutturazione e rinnovamento il cui obiettivo era rendere dolci, praline e cioccolato protagonisti assoluti dello spazio. Obiettivo centrato: chi entra trova di fronte a sé il banco di ricezione, mentre a destra l’occhio è atArtù n°71

67


protagonisti

tratto dalle forme e dai colori del bancone-vetrina con praline e torte monoporzione; e a sinistra - come un magico e birichino gioco di specchi -un altro bancone simile mette in mostra i dolci più classici del “Re del Cioccolato”. Tedesco di nascita e milanese d'adozione, Ernst Knam a inizio carriera ha girato diversi grandi ristoranti stellati del mondo, per poi approdare nelle cucine di Gualtiero Marchesi, ultimo fondamentale momento di formazione prima di passare all'attività imprenditoriale, e appunto al negozio di via Anfossi. “Conosco Ernst per la sua professionalità e per la sua gentilezza d'animo che ne fanno una persona a suo modo rara. Il suo negozio milanese potrebbe sembrare uno come tanti, ma in realtà è un laboratorio del dolce dove spesso vedono la luce veri capolavori” racconta il Maestro dalle pagine del sito di Knam. “Ernst è forse un po' matto, come solo gli artisti sanno esserlo, ma sempre riconoscente e pieno di attenzioni”. Che sia davvero un artista, lo conferma la sua nuova collezione di torte presentata insieme alla riapertura del negozio, ispirata al mondo della moda, nonché omaggio

68

Artù n°71

del pasticcere a Milano. È stata battezzata “Knam Extreme”, e mai nome fu più azzeccato: si tratta infatti di dieci torte declinate in altrettanti colori, ovvero Bianco, Giallo, Arancione, Rosa, Rosso, Viola, Blu, Verde Smeraldo, Marrone e Nero. Colori che costituiscono sia nomi sia le tonalità delle glasse che distinguono ognuna delle dieci nuove specialità e che hanno come comun denominatore il cioccolato, e soprattutto una ricerca maniacale per far sì che accostamenti, abbinamenti e unioni a prima vista “impossibili” possano invece dar vita a un sorprendente viaggio tra gusto, olfatto ed emozioni visive. Il colpo d’occhio è notevole, quasi eccessivo. Il perché, lo spiega con poche parole lo stesso Chef: “Con le mie nuove proposte voglio stupire, incuriosire, appassionare e… invogliare”. Invogliati, abbiamo assaggiato: un dieci e lode alla torta Arancione, base di sablè all’arancia con un marquise al cacao, mousse di cioccolato fondente Equador 74%, arancia e cumino nero selvatico; voto simile per Bianco, con sablè e pan di spagna al cocco, mousse di cioccolato bianco con capperi e cocco, gelatina di limone e glassa bianca sempre al cocco (tutto questo, senza che il cocco risulti invadente); Rosso è un atto di fede, dato che la descrizione annuncia “Cioccolato fondente 72% Sao Tomè, pomodoro, lamponi, Parmigiano Reggiano di vacche rosse” (fede del tutto ripagata: molto equilibrato il mix tra dolce e salato); uno stimolante salto nel vuoto lo richiedono anche Blu (cioccolato fondente Perù 70%, colatura di alici, cioccolato al latte, crue di cacao e zucchero di canna) e Verde Smeraldo (cioccolato Uganda 78%, patè di mele al limone e assenzio, mousse di cioccolato bianco con gorgonzola forte). E così via, anche per le altre cinque varianti. Un unico appunto: proprio perché molto particolari, è un peccato non avere la possibilità di acquistarle in monoporzioni.



protagonisti

Milano, anche il gusto cerca la sua

“Anima”

70

Artù n°71


di Alberto P. Schieppati

impronta lombarda che richiamava una clientela solida e affezionata. Ma lavori Un nuovo ristorante, nella zona sud di viabilità della zona, negli ultimi tempi, della città, prende il posto di una avevano forzatamente creato difficoltà vecchia trattoria. La linea di cucina di accesso al locale, contribuendo a è ispirata a materie prime e ingredienti scelte diverse da parte del titolare. decisamente definibili “mediterranei”, Oggi, fortunatamente, la viabilità è stata legati all’origine campana dello chef ripristinata, e al posto dell’antica trattoria Alfonso Trezza, che ha al suo attivo c’è questa “Locanda Anima del gusto” una lunga militanza professionale in che, in effetti, locanda proprio non è, locali italiani e internazionali. visto che di camere non c’è neppure l’ombra… In ogni caso, locanda sì o loI titolari chiamano “locanda” questa canda no, l’accoglienza in questa bom“Anima del gusto”, decisamente orientata boniera di piacere è assicurata – all’inalla proposta di cucina partenopea e gresso nel locale – da una gentile e sorcampana, che ricorda gusti e sapori ori- ridente presenza femminile, Venere Miginari di quella terra campana da cui cieli, che riceve gli ospiti e li fa dolcelo chef Alfonso Trezza trae spunti forti e mente accomodare ai tavoli. La sala, connotati. Qui c’era la vecchia trattoria intima e avvolgente, ha pochi coperti, Morivione, caratterizzata da una forte ma i tavoli riescono ad essere ben di-

Qui sotto: Venere Micieli con lo chef Alfonso Trezza.

Artù n°71

71


protagonisti

stanti e – eventualmente – gli unici rumori provengono dalla cucina, a cui (forse) le comande vengono trasmesse con una decisione acustica talvolta eccessiva. Peraltro, il piccolo problema (in contrasto con la raffinatezza del luogo) viene subito azzerato una volta che i piatti arrivano al tavolo, in successione rapida ed efficiente: la cucina di Trezza è di quelle, come si dice, vicine al formidabile. Notevoli i polipetti con lenticchie al cartoccio, ottimo e non scontato il baccalà con cipolle di Tropea, così come il carpaccio su letto di sedano e finocchio. La mano di Alfonso Trezza è calibrata e sicura, in grado di preparare piatti vicini alla perfezione: il calamaro ripieno di funghi porcini è l’espressione equilibrata di una armonia gustativa che sa rientrare in tempo dalla tentazione degli eccessi e si sviluppa in un piatto di decisa coerenza. Arrivati al capitolo dei primi piatti, il menù (semplice e non faraonico) assicura proposte semplici, di chiara leggibilità, invoglianti e succulente: tagliolini neri con pomodorini e alici di Cetara,

72

Artù n°71

paccheri con baccalà alla genovese, raviolo di pezzogna con gamberi e rucola, orecchiette con seppie e funghi porcini. Ancora: paccheri alla scarpariello, paccheri alla Don Alfonso (lui, lo chef), orecchiette broccoli e caciocavallo. Fra i secondi, non poteva mancare la zuppa di pesce, la asciutta e croccante frittura calamari e gamberi, le mazzancolle alla costiera, il “misto mare” (ma meriterebbe una definizione più suggestiva) secondo pescato. Ovviamente Alfonso Trezza ha pensato, nella concezione del suo format, anche a chi ama la carne o la preferisce al pesce. E allora: carpaccio di vera chianina, “Culatello Vinappeso” (un prosciutto “tipo culatello”, notate il virgolettato, proveniente dalla Valpolicella, conosciuto per essere lì prodotto e stagionato con la complicità del vino rosso che tende ad ammorbidirlo), bistecca alla fiorentina (meno di 50 € al kg), tartare di filetto tagliata al coltello, tagliata di manzo alla catalana. I dolci escono dalla bravura della brigata di cucina, giovane e appassionata, che affianca Trezza nel suo lavoro. Una carta dei vini in cui i ricarichi sono ben proporzionati, mai esagerati, chiude il cerchio di questa Anima del Gusto, locanda senza camere ma con una cucina che, come direbbe Michelin, merita il viaggio. I prezzi non superano mediamente, vino compreso, i 50 euro che, per la Milano della ristorazione, ci sembrano un buon traguardo di ragionevolezza.



accueil

Aman Le Mélézin Quando il lusso è nascosto 74

Artù n°71


di Gualtiero Spotti La francese Courchevel è fra le stazioni turistiche invernali più esclusive, seppur memo appariscente di altre. Qui la catena Aman sviluppa il suo business grazie a una struttura dagli standard qualitativi elevatissimi, simbolo di superlusso indiscusso. Inizia la stagione invernale e, come sempre, si ripresentano alcune delle località di montagna più gettonate, italiane e non, con i loro alberghi e le piste da sci a portata di mano pronte ad accogliere i vacanzieri delle settimane bianche. Se è facile ricordare tra le destinazioni italiane Cortina, Madonna di Campiglio, Cervinia o Courmayeur, per l’estero i luoghi di maggior pregio e storia sono distribuiti tra Austria (Lech o Kitzbuhel), Svizzera (Gstaad, Zermatt e St Moritz) e Francia, dove oltre alle sempreverdi Chamonix e Megeve spicca soprattutto Courchevel come destinazione da veri aristocratici e Vip. Più appartata e nascosta in una valle che da Albertville sbuca ai piedi del massiccio della Vanoise (qui

vicino ci sono anche Meribel e Val Thorens in un comprensorio a dir poco incantevole), Courchevel si è contraddistinta negli anni come luogo esclusivo e ricercato, come dicono bene i nomi degli alberghi e le cucine stellate che si possono incontrare nei piccoli paesi di montagna della valle e nel cuore del paese. Uno degli hotel che riscuote maggior successo ormai da diversi anni è, visto anche il nome della catena cui appartiene (Aman), il Mélézin che si affaccia direttamente sulle piste di Bellecôte. Certo, l’albergo è un po’ meno sfavillante rispetto ad alcune delle strutture che in giro per il mondo portano il nome di Aman (in Europa sono solo quattro e le altre si trovano a Venezia, in Grecia e nel Montenegro), ma gli standard qualitativi, i servizi e la posizione sono anche qui ineccepibili. La storia del Mélézin d’altro canto parte da molto lontano, nel 1956, quando venne inaugurato come Le Savoy in un tempo in

Artù n°71

75


accueil

cui Courchevel era poco più di un villaggio alpino. Solo negli anni più recenti, con l’acquisizione da parte di Aman nel 1992, l’albergo ha visto una completa ristrutturazione sugli standard di un 5 stelle lusso. Qui si può trovare una Spa di ottimo livello (con piscina, hammam, sauna e centro fitness), ci si concede la comodità di una passeggiata in paese tra i negozi e le vie dello shopping che sono davvero a portata di mano, si sosta nel dopo sci in una area bar vivace e dalle frequentazioni internazionali e la cucina è distribuita equamente tra classicità francese, rappresentata nel ristorante principale, ed esotismi thai con qualche influenza spagnola in un tapas corner meno impegnativo ma molto divertente. Le stanze poi, poco più di trenta in tutto, sono arredate con un delizioso gusto vintage e in buona parte presentano un ampio terrazzo o un balcone che si affaccia sulle montagne circostanti, a stretto contatto con la neve. E poi c’è lo ski-in service, ovvero la possibilità di scendere al piano terra dell’albergo, entrare in una stanza per cambiarsi e uscire direttamente sulle piste con gli sci ai piedi

76

Artù n°71

senza doversi muovere con altri mezzi di trasporto. Ogni tanto rispunta l’”asian touch” che contraddistingue la catena, ma qui viene tutto stemperato dal rigore dell’ambiente alpino e da textures concepiti dal designer e architetto Ed Tuttle, oltre che dalla struttura dell’edificio stesso, più simile a una fortezza della Savoia che a un resort esotico. Anche per questa ragione Le Mélézin rivela una notevole versatilità perfino nella sua clientela, visto che qui non è difficile incontrare coppie alla ricerca di una fuga romantica, sportivi che amano restare a stretto contatto con la natura e con la neve, qualche famiglia (le camere e in particolar modo le suite sono estremamente spaziose e perfette per la sosta prolungata di ben più di qualche giorno) e chi invece, semplicemente, ama vivere la tranquillità del resort mettendo il naso fuori dalla porta d’ingresso solo per osservare le vetrine di Courchevel e trascorrendo forse più tempo in piscina, dove ci si lascia cullare pigramente dall’acqua. Un altro valore aggiunto della struttura, che apre i suoi battenti nella stagione fredda da dicembre ad aprile, è la discrezione e la cura nel servizio


da parte del personale, con quel genere di attenzioni nel far sentire l’ospite a casa propria e la positiva predisposizione nella soluzione a qualsiasi richiesta da parte dell’ospite. Richieste che, con tutta probabilità sono all’ordine del giorno visto che Courchevel negli ultimi anni si è segnalata come meta iperlusso per la stagione invernale e non solo, sempre frequentatissima dal jet set che conta e da una schiera di nuovi ricchi provenienti da mezzo mondo. Al punto

che, tra tanti hotel e ristoranti di prestigio, la vera esclusività e il lusso più sfrenato forse rimane nascosto e solo ogni tanto lo si percepisce (o lo si vede) nei molti chalet che punteggiano la valle. Vere e proprie opere d’arte alpine da non confondersi certo con i masi e con le dimore classiche di chi vive la montagna 365 giorni all’anno. www.aman.com/resorts/aman-lemelezin

Artù n°71

77


equipment

Con Italesse il design diventa funzionale

78

Art첫 n째71


di Elisa Facchetti Da più di 30 anni la professionalità di Italesse è scelta da brand affermati che vogliono valorizzare al meglio i propri prodotti attraverso una gamma completa dedicata alla cultura del glassware e tableware, arricchita dal know how professionale che contraddistingue l’azienda triestina del 1979. La cultura del design, sempre a servizio della forma e della funzionalità, impreziosisce l’offerta di articoli contemporanei dall’aspetto estetico e dal concept tecnico di grande livello.

Condivisione, ricerca del bello, attenzione ai dettagli, ricerca della qualità, affidabilità, attenzione alle tendenze, rispetto dei clienti e dei fornitori. Sono questi i valori che identificano la via percorsa da Italesse, attiva da più di 30 anni in un mercato complesso come quello delle bevande alimentari, ma certa dei propri obiettivi che l’hanno portata a identificare, fin dagli esordi, un target medio-alto a cui proporre accessori per il vino e bevande di fascia premium. Una scelta che ha permesso all’azienda triestina di posizionarsi e consolidarsi sui mercati mondiali grazie anche all’apertura, nel 2007, verso il segmento retail e all’acquisizione nel 2012 della Velvet Glass International, realtà molto importante nella produzione di bottiglie realizzate con vetro extra white definite “luxury design glass bottle” e che ha permesso a Italesse di implementare l’offerta rivolta alle aziende produttrici di distillati, vini, oli e aceti, alla ricerca di un packaging raffinato e di tendenza. Accanto al mercato definito “industriale”, si delinea un universo dinamico che abbraccia quello che viene definito mercato “finale”: bicchieri, caraffe, decanters, secchielli e spumantiere, accessori di vario genere finalizzati per un consumo privato e per un nuovo modo di intendere la tavola grazie a oggetti di valore e professionali resi più fruibili da materiali, colori e forme per il consumo domestico. Ma non solo. Questo universo di prodotti si rivolge anche al ristoratore, all’hotel, al catering, al consorzio o alla cantina di vino, che richiede tali articoli perché funzionali allo svolgimento della propria attività, nei migliori dei modi e con il miglior servizio possibile. Ed è qui che si inserisce la novità nel mondo dei calici da degustazione. Con Sparkle, questo il nome del nuovo calice, Italesse rivela la perfezione nelle proporzioni, nello studio dei dettagli tecnici, nella capacità intrinseca di valorizzare al meglio le note olfattive e degustative degli spumanti prodotti seguendo il metodo classico Champenois. L’unicità del progetto Artù n°71

79


equipment

vede l’importante collaborazione nonché progettazione di Luca Bini, sommelier e gestore del ristorante enoteca Casa del Vino della Vallagarina, che ha sfidato l’innovazione proponendo per Italesse Sparkle: la paraison richiama la larghezza della coppa tradizionale di Champagne, l’altezza del corpo del calice si ispira alla linearità della flute, ˇ l’ampiezza della bocca con nuove proporzioni esalta il perlage grazie a sette incisioni – una centrale e sei posizionate su una corona circolare – realizzate a laser. In vetro cristallino con tecnologia pull-stem, Sparkle si presenta al mercato dopo ben due anni di progettazione, uno studio minuzioso che ha visto il contributo prezioso di Luca Bini quale consulente esterno al servizio della tecnologia Italesse. L’azienda triestina non è infatti nuova alla realizzazione di progetti a quattro mani, avvalendosi più volte di validi e professionali consulenti esterni che in collaborazione con le forze aziendali progettano strumenti dalle elevate caratteristiche funzionali ed estetiche. E la collezione Wormwood non fa eccezione. Anche in questo caso Italesse ha chiamato due figure professionali di spessore: il bartender di fama internazionale Giancarlo Mancino e il designer Luca Trazzi. Ne è nato un progetto dichiaratamente retrò nell’estetica ma all’avanguardia dal punto di vista tecnico e funzionale. Il risultato è una linea di sei tra calici e bicchieri dall’aspetto vintage realizzati in cristalli di alta qualità e dalle forme specifiche per la degustazione. La collezione Wormwood, che in inglese significa assenzio, rispecchia nel decoro l’essenza del suo stesso no-

80

Artù n°71

me, con fate, rami e fiori a impreziosire il cristallo, volute ipnotiche per un progetto di stile e modernità. I singoli elementi si prestano a utilizzi diversi: Alto-Ball è ideale per servire Gin and Tonic, ma anche birra artigianale o acqua; Galante e Fizz, calice per vini bianchi e rossi il primo e flute ˇ da Champagne il secondo, completano la collezione di bicchieri da cocktail. Il target, di alta qualità, è garantito dall’azienda triestina anche grazie alla sempre maggior volontà di affidarsi a un team di progettisti composto da professionisti provenienti da diversi ambiti, al fine di garantire dinamicità e creatività in perfetta simbiosi con la tecnologia d’avanguardia che caratterizza da sempre Italesse.



news

Appius, ecco la nuova annata Carni rosse, parla Jeff Martin Appius 2011 Vince il Sauvignon

Per la seconda edizione di Appius (lo scorso anno venne presentata l’annata 2010), Hans Terzer ha scelto di privilegiare il Sauvignon Blanc come vitigno principale, assieme a Chardonnay e Pinot Grigio: la scelta delle uve pregiate provenienti dai vigneti migliori conferma il progetto che il grande enologo, winemaker della Cantina San Michele Appiano, aveva in mente di realizzare da 30 anni: creare un “vino da sogno” dalla qualità eccellente. In uno scorso numero di Artù (novembre-dicembre 2014) abbiamo dedicato la cover story a Appius 2010, ovvero alla prima uscita di questo vino straordinario, destinato a ricoprire un ruolo da protagonista nell’offerta di vini bianchi nell’alta ristorazione. Appius, il cui nome è di evidente origine romana, aveva appunto celebrato lo scorso anno il suo esordio, attirando l’attenzione di enoappassionati e wine writer di tutto il mondo. Il progetto era ed è quello di concepire e realizzare, anno dopo anno, un grande vino, capace di rappresentare fedelmente l’annata della vendemmia,

82

Artù n°71

ma anche di esprimere la creatività, il talento e la lungimiranza del suo autore, Hans Terzer. L’annata presentata a novembre durante la scorsa edizione di Wine Festival, in una serata memorabile sotto il profilo gourmet (grande cena curata da Herbert Hintner, Zur Rose) e sotto l’aspetto musicale (grande concerto per arpa e violino) è quella del 2011: un millesimo caratterizzato da una primavera calda che ha dato origine a germogliazioni precoci. È seguita una estate ben ventilata, inizialmente fresca e piovosa, poi terminata con un settembre soleggiato e caldo che ha portato le uve a maturazioni perfette. A quattro anni dalla vendemmia Appius 2011 presenta all’olfatto una intensa gamma di profumi fruttati (pera, pesca, banana) che rimandano a Chardonnay e Pinot grigio, ma sono evidenti anche sentori di frutta tropicale, come il mango. Grande la freschezza al palato, combinata a una morbidezza non così frequente nei vini a vitigno dominante Sauvignon. Ogni anno anche il design elegante e caratterizzato della bottiglia aggiunge importanza al prodotto, destinato, come si diceva, agli enoappassionati di tutto il mondo e alla ristorazione alta e altissima. È prodotto in 5.000 esemplari. A.P.S.

Carne rossa e cancro? “Tanto rumore per nulla” Secondo Jeff Martin “sono tutte sciocchezze” Milano, novembre 2015. Intervistato dal nostro direttore Alberto P. Schieppati, l’inglese Jeff Martin, responsabile Italia per AHDB, non esita a definire le recenti polemiche sulle carni lavorate

Jeff Martin

“un vero e proprio regalo al sistema mediatico che vive solo di giornalismo scandalistico”. “I media - dice Jeff hanno distorto le indicazioni dell’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro, che fa capo all’OMS (che, lo ricordiamo, ha inserito le cosiddette carni lavorate nel novero delle produzioni ad alto rischio cancerogeno)”. Secondo l’autorevole esponente dell’organismo britannico che valorizza e tutela la provenienza delle carni (manzo e agnello) dal Regno Unito, “la carne proveniente da UK è uno degli alimenti più sani del pianeta: pascoli liberi e controllati, alimentazione naturale, capi garantiti da inquinamento”. Il problema, secondo Martin, è un altro: “La vera causa del cancro va cercata negli eccessi e negli abusi, oltre che nell’utilizzo di additici chimici e di conservanti molto presenti nelle carni lavorate. Tutto può essere cancerogeno - sottolinea Jeff - particolarmente se consumato in quantità eccessive: se poi aggiungiamo ai prodotti sale, nitriti, nitrati, conservanti, il gioco è fatto”. Dunque, secondo AHDB (che pure nei giorni scorsi aveva sottolineato che nessun tipo di alimento in sé causa il cancro), mettere la carne sullo stesso piano del fumo è assurdo. Inoltre, l’espressione “processed food” si riferisce proprio a quegli alimenti che vengono processati ovvero lavorati in modo errato, privilegiando additici e conservanti di tipo chimico. Dunque, pur nella inevitabile e corretta indicazione dell’OMS, Jeff Martin punta il dito contro la cattiva informazione

che, in mancanza di verifica attenta delle fonti, ha “gonfiato” il caso, allo scopo di richiamare l’attenzione su una querelle parzialmente inventata. “Fra l’altro - aggiunge Jeff Martin - la notizia ha avuto eco negativa soprattutto in Italia: nel resto d’Europa ha avuto da subito un netto e deciso ridimensionamento, nel rispetto delle indicazioni scientifiche dell’OMS stesso”. Insomma, le notizie gonfiate (come la carne) hanno le gambe corte e, come prevedibile, dopo il danno creato si smorzano in breve tempo.

Baldassare Agnelli non toccatemi la padella L’azienda bergamasca Baldassare Agnelli ha lanciato il suo hashtag: #NONTACCATEMILAPADELLA, campagna nata per la tutela e la promozione della vera cucina italiana. Il progetto, presentato durante Host, il Salone dell’ospitalità professionale, ha fatto subito breccia nei cuori di alcuni tra i più famosi chef, i quali hanno aderito all’iniziativa come impegno per difendere l’arte culinaria italiana firmandone il manifesto: tra questi Massimo Bottura, Federico Quaranta, Marco Valletta, Niko Romito, Marco Sadler, Cristina Bowerman, Francesco Gotti, Alessandro Circiello, oltre all’adesione di Fic – Federazione Italiana Cuochi, Nic – Nazionale Italiana Cuochi e Fip – Federazione Italiana Pasticceri. Baldassare Agnelli, da parte sua, sostiene il pro-



news

Niko Romito getto inteso come movimento poliedrico attivo su diversi fronti e con numerose iniziative, rappresentante del primo presidio non food dedicato a garantire il rispetto del cucinare italiano. Un cucinare che parte dalla padella, simbolo dell’azienda bergamasca con oltre un secolo di storia alle spalle, luogo dove gli ingredienti e le materie prime si fondono per dare vita a nuove creazioni e piatti unici. La scelta del corretto strumento per cucinare significa infatti anche rispettare le stesse materie prime poiché tutto passa dalla padella, strumento valorizzato e declinato secondo le esigenze della tradizione regionale, assumendo così il ruolo dell’oggetto del bisogno, necessario e indispensabile in cucina e di cui Baldassare Agnelli si fa portavoce valorizzando l’utilizzo della padella come un antico rituale, luogo di incontro per tutelare l’eccellenza e la tradizione italiana. La sottoscrizione al manifesto è stata protagonista di tre serate, le Cene del Piacere, realizzate in Saps Agnelli Cooking Lab. Ad alternarsi gli chef Stefano Cerveni, Cristina Bowerman e Niko Romito (nella foto) che ha inaugurato la prima delle tre Cene del Piacere a cui hanno partecipato oltre 60 giornalisti.

Krupps, wi-fi e design Innovazione, design e tecnologia wifi. Sono questi gli elementi che caratterizzano le nuove lavastoviglie Krupps, azienda padovana che ha presentato alla fiera Host, salone dedicato all’ospitalità, una nuova versione della classica lavastoviglie. A sorprendere il

84

Artù n°71

sistema di modalità wireless che consente a terminali di utenza di collegarsi tra loro attraverso una rete locale. I vantaggi sono ben chiari sia per il rivenditore, sia per l’utilizzatore finale. Il primo potrà effettuare il settaggio dei vari parametri da remoto, programmare una uscita solo per intervenire conoscendo già il problema, monitorare

le macchine installate, visionare le manutenzioni programmate e avere accesso diretto alla documentazione della macchina in esame; il secondo, grazie alla facilità di utilizzo, potrà monitorare vari dati quali il controllo dei consumi, dei parametri, autodiagnosi costante, avviso di manutenzione, possibilità di programmare accensione e spegnimento da remoto, elementi che permettono un’assistenza più efficiente e quindi meno imprevisti. Alta tecnologia ma anche design: le nuove lavastoviglie wi-fi di Krupps presentano elementi estetici ricercati e studiati, per valorizzare al meglio un concept capace di unire tecnica ed estetica, grazie anche alla collaborazione con il SID, Scuola Italiana Design.

Antonio Capaldo, Presidente di Feudi di San Gregorio -. Incontrando la famiglia e visitando la cantina ho potuto riscontrare gli stessi valori che emergono dagli Champagne stessi: una semplicità non banale, sincera nonché una grande cultura del lavoro svolto con dedizione. Valori in cui crede fermamente Feudi e che cerca di trasmettere in modo continuativo in tutti i suoi progetti”. Valori che distinguono da sempre anche la Maison Boizel:

Boizel, in Italia con Feudi di San Gregorio Importante partnership quella che vede protagoniste due grandi realtà nel panorama enologico italiano ed europeo. L’azienda campana Feudi di San Gregorio ha infatti siglato un accordo pluriennale come unico distributore della Maison Boizel, storica azienda di produzione di Champagne fondata nel 1834 da Auguste Boizel a Épernay, nella Regione della Champagne-Ardenne. “La collaborazione con Boizel nasce in primo luogo dal mio apprezzamento per la qualità e lo stile dei suoi Champagne - conferma

“Sono particolarmente orgogliosa della nuova partnership con Feudi di San Gregorio, rinomata cantina di produzione vitivinicola italiana - spiega Evelyne Roques-Boizel, Presidente della Maison Boizel -. Abbiamo in comune l’importanza dei valori familiari, la passione per le eccellenze e la ricerca costante di innovazione, aspetti che guidano la famiglia Boizel sin dalla prima generazione nel 1834”. L’accordo prevede una partnership commerciale di tutte le etichette di Champagne Boizel sul territorio italiano nei canali idonei all’alto posizionamento del prodotto. A sottolineare l’importante accordo la presenza della Maison Boizel con lo staff di Feudi di San Gregorio alla Giornata Italiana dello Champagne 2015, organizzata ogni anno dal Bureau du Champagne in Italia (emanazione del Comitè Champagne – CIVC), andata in scena a Milano all’hotel Principe di Savoia. In degustazione tre delle cuvée più nobili di Boizel: Brut Réserve, Grand Vintage 2004 e Blanc de Noirs.



news

Marzadro: dalla terracotta la nuova grappa L’azienda trentina ha festeggiato i primi 10 anni nella nuova sede di Nogaredo con un regalo speciale. Tra cene di gala e degustazioni, l’occasione si è rivelata un momento importante per sottolineare l’andamento positivo della Distilleria Marzadro che dal 1949 rappresenta un’antica tradizione, parte autentica del territorio trentino distinta per la qualità dei suoi distillati, una realtà solida nonostante la variazioni di mercato e i mutati consumi grazie anche a una spiccata volontà di proporre sempre nuovi progetti legati al mondo dei distillati. L’anniversario per i 10 anni delle nuova sede ha coinciso infatti con la presentazione di una nuova grappa: Anfora 43°, nome evocativo per ricordare l’affinamento nelle anfore di terracotta, novità assoluta nel mondo della distillazione che conferisce morbidezza, gusto rotondo e aroma avvolgente. “Un successo per tutti – ha dichiarato Stefano Marzadro, proprietario e responsabile dell’azienda -. Io e i miei fratelli abbiamo avuto il coraggio di affrontare tutte le sfide, abbiamo acquisito professionalità, siamo migliorati nella produzione lanciando nuovi progetti sul mercato, proprio come Anfora. Tutto ciò seguendo sempre l’evoluzione delle nostre eccellenze come Le Diciotto Lune. In questo percorso si unisce anche la realizzazione dell’imponente struttura architettonica dove ha sede la distilleria, di sicuro un grande impegno di risorse ed energie ma abbiamo avuto ragione, ed è con immensa soddisfazione che oggi siamo considerati come la distilleria più bella d’Italia”. Questa nuova grappa bianca, come sottolinea Alessandro Marzadro, ideatore del progetto, presenta caratteristiche uniche: “Abbiamo utilizzato le anfore, grandi contenitori in terracotta, per lasciare riposare il distillato 10 mesi. Ne nasce una grappa ecce-

86

Artù n°71

zionale, capace di conservare la limpidezza della grappa bianca unita agli aromi e al gusto di una grappa invecchiata, senza però i sentori del legno. Il mercato e i consumatori stanno rivalutando molto la grappa bianca e vogliamo che Anfora si collochi come un importante prodotto sempre nel rispetto delle tradizioni del territorio”. Le anfore utilizzate per l’invecchiamento, ottenute con materiali provenienti da Impruneta e Montelupo, distretto noto fin dall’antichità per la lavorazione e l’artigianato di ceramiche e terracotta, conferma eccellenti risultati: la micro ossigenazione, doppia rispetto a quella che avviene con l’uso della botte in legno, preserva la limpidezza di una grappa giovane, aggiunge eleganza e morbidezza regalando le caratteristiche dell’affinamento senza il classico sapore del legno.

La Cucina di Berto’s, soluzioni tailor made Berto’s, azienda padovana attiva dal 1973 nel settore dedito alla produzione di cucine per la ristorazione professionale, presenta La Cucina, divisione nata al fine di produrre cucine professionali su misura, personalizzabili e per soluzioni tailor made. “La produzione di cucine professionali è la base del nostro lavoro quotidiano, e ora ci apriamo al ‘su misura’ – ha dichiarato Enrico Berto, presidente della Berto’s -. La profonda conoscenza del nostro lavoro e la lunga esperienza nel campo della cucina professionale di alto

livello sono stati gli strumenti grazie ai quali l’idea ha preso forma e si è concretizzata. È nata così la divisione La Cucina, che offrirà ai nostri clienti una strumento unico, disegnato e realizzato in esclusiva tenendo conto delle loro richieste, del loro gusto e, mi piace pensare, anche dei loro sogni”. Il progetto La Cucina è stato presentato alla fiera Host, occasione che ha visto come ospite d’eccezione lo chef Nicola Dinato, 1 stella Michelin, del ristorante "Il Feva" di Castelfranco Veneto.

fino alle festività natalizie e vedrà come madrina dell’evento Barbara Chiappini.

Valdicembra limited edition

Viticoltori Ponte “Bollicine Solidale” per Adhor Conciliare solidarietà e mercato è possibile. A dimostrarlo l’iniziativa benefica sposata da Viticoltori Ponte e promossa da Adhor, l’associazione delle donne dell’Horeca, nata con lo scopo di raccogliere fondi da destinare alla ricerca sulle malattie rare, oltre a promuovere il consumo del Prosecco Treviso Doc. Il progetto Bollicine Solidali permetterà infatti, con il solo acquisto di una bottiglia, di fare una donazione a favore di A.R.M.R (Aiuto Ricerca Malattie Rare), la fondazione che fa capo al Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano. 30.000 le bottiglie di Prosecco Extra Dry Treviso Doc messe a disposizione dall’azienda trevigiana, riconoscibili grazie agli speciali collarini preparati per l’occasione e in vendita in tutti i locali aderenti all’iniziativa. “Bollicine Solidali è un’iniziativa utile e innovativa che sa conciliare esigenze del mercato e solidarietà: da un lato la promozione del nostro amato Prosecco Treviso Doc, dall’altro la bella possibilità di implementare un percorso solidale importante come quello della ricerca sulle malattie rare” ha affermato Massimo Benetello, direttore generale di Viticoltori Ponte. L’iniziativa Bollicine Solidali sarà attiva

Tiratura limitata per la prima riserva dell’azienda Opera Vitivinicola in Valdicembra. Brut Riserva 2008, Trentodoc, ha già conquistato il bollino del Merano Wine Award e ha trionfato anche alla selezione del Gambero Rosso, aggiudicandosi i Tre Bicchieri 2016. Metodo classico ottenuto da uve Chardonnay, questa edizione limitata è stata presentata per la prima volta al Merano Wine Festival, conquistando i presenti con il suo profumo fine e persistente e per la sua mineralità. La zona del Trentino, infatti, è nota per la sua vocazione spumantistica secondo il Metodo Classico e in particolare la Val di Cembra vanta una tradizione vitivinicola millenaria. Opera Vitivinicola in Valdicembra nasce per interpretare in maniera innovativa le potenzialità vinicole della zona e del Metodo Classico, grazie alla selezione delle migliori uve e a lunghe maturazioni sui lieviti e al lavoro attento dell’enologo trentino Paolo Tiefenthaler, Direttore Tecnico, dal 1988, dell’Azienda vitivinicola Casale del Giglio, con il quale Opera Vitivinicola in Valdicembra ha sviluppato una partnership per ampliare il proprio corollario di vini di alta qualità.



libri

Il burro di Léveillé e il diario dei Tamani

Titolo: La mia vita al burro Autore: Philippe Léveillé Editore: Giunti Editore Pagine: 192 Prezzo: 16,00 €

Titolo: La ricetta dei veri maccheroni alla napoletana da “Causerie culinaire” Autore: Alexandre Dumas Editore: Chimera Editore Pagine: 21 Prezzo: 20,00 €

Titolo: Global® Cookbook Autore: Schönuber Editore: Schönuber Pagine: 60 Prezzo: 19,90 €

Titolo: Diario di un lavapiatti di campagna Autore: Romano Tamani Editore: Bompiani Pagine: 228 Prezzo: 17,00 €

Il burro in frigo? Jamais! Dalla Bretagna a Hong Kong passando per Brescia. Con il burro. Si perché questo ingrediente viene considerato dallo chef-autore come elemento simbolico, insostituibile alleato nella sua cucina. In Bretagna è sempre posto al centro di ogni tavolo, in tutte le stagioni e in tutte le ore e non deve mai essere messo in frigorifero. Dai ricordi dell’infanzia, l’avventura biografica di Philippe Léveillé è da leggersi come un romanzo d’avventura, di storie ed eventi che hanno segnato il suo percorso da Nantes a Concesio fino a Hong Kong. Protagonista di ogni tappa della sua vita il burro, difeso sul piano culinario ma anche scientifico dal suo amico medico e nutrizionista Mauro Defendente Febbrari, di cui il libro riporta un breve saggio a chiusura. Poche, pochissime le ricette selezionate, una all’inizio di ogni capitolo. Mentre è sempre il burro ad accompagnare il lettore in un’esperienza di vita premiata con la stella Michelin.

“Il grado di cottura è una questione di sentimento” Il libello rientra nella collana di “rari testi eno-gastronomici” diretta da Maria Paleari Henssler, piccole e interessantissime nozioni sulla percezione del cibo nei secoli scorsi. Si dice che ogni ricetta presenta mille varianti. Ma qui si celebra la vera ricetta dei maccheroni alla napoletana. A svelarla a Dumas, incalzato da un amico con cui si era vantato di essere bravo in cucina, è Adelaide Ristori, moglie di Giuliano Capranica Marchese del Grillo, fratello minore del più famoso Luigi Marchese del Grillo. Dopo aver chiesto a Rossini e ricevuto un rifiuto secco a causa della sua “impudenza” di non gradire i maccheroni, tanto più quelli cucinati dallo stesso compositore, è la signora Ristori, celebre attrice tragica, a invitare Dumas a cena, svelando così il segreto della ricetta, dalla preparazione del ragù alla cottura della pasta, il cui grado “è una questione di sentimento”.

A scuola di taglio Realizzato da Schönuber per celebrare i 30 anni dei coltelli made in Japan Global®, di cui è distributore esclusivo, e il proprio 175° anniversario, il libro vuole essere un pratico manualetto dedicato alle principali tecniche di taglio. Moreno Cedroni, Pietro Leemann, Giancarlo Morelli e Norbert Niederkofler i quattro grandi chef-tutor d’eccezione interpellati sull’utilizzo corretto dei coltelli in cucina e sulla scelta dei modelli per ogni “operazione”: dalla frutta alla verdura, dai pesci alle carni, ma anche piccoli “segreti dello chef” per scoprire come abbinare alle tecniche di base il giusto coltello. Capitolo indispensabile è quello dedicato alla corretta manutenzione della lama, a cui sono abbinati quattro video interviste agli chef visibili grazie QR code. Il libro è corredato anche da otto ricette gourmet e immagini passo a passo per non perdersi alcun passaggio delle varie tecniche di taglio.

“Sono nato servitore…” “…e ho sempre sentito la gioia di servire”. Queste le primissime parole del “diario” di Romano Tamani, chef del ristorante Ambasciata di Quistello, vicino a Mantova, che dal 1978 gestisce con il fratello sommelier Francesco. Cinquant’anni di lavoro raccontati nero su bianco - con la prefazione di Vittorio Sgarbi a cui insieme alla sorella Elisabetta deve l’incoraggiamento per averlo spronato a intraprendere l’avventura di aprire il suo Ambasciata - a ricordare attraverso le sue ricette il mondo contadino, patriarcale e matriarcale insieme, da cui proviene. Origini legate alla terra, in un clima volto alla religione e al rispetto del destino, destino che l’ha voluto lavapiatti al Quo Vadis di Londra. Per un personaggio di questo calibro non servirebbe nemmeno citare il commento della Guida Michelin che definisce il suo ristorante “un luogo unico al mondo”, basterebbe avventurarsi tra queste pagine e scoprirne un personaggio che insieme al fratello Francesco ha conquistato i palati di tutto il mondo e ovviamente toccare con mano l’universo Tamani.

88

Artù n°71



Alberto’s Choice

La Fratellanza che resiste... e Ombre Rosse, l’enoteca LA FRATELLANZA, TRATTORIA VERA Trattoria della Fratellanza Piazza Vittorio Veneto 5 Fraz. San Vito 20083 Gaggiano (Mi) Tel 02 9085287

Vi chiederete: ma perché mai diamo il massimo del nostro punteggio a questo ristorante, ubicato in un comune come Gaggiano (fra Milano e Abbiategrasso) che se fossimo in Francia sarebbe segnalato come centre gastronomique? Per svariati motivi, derivanti dalla caratterizzazione della cucina (bene evidenziata dalla qualità dei piatti) ma anche e soprattutto dalla autenticità del locale e della sua storica, immutata conduzione. Una trattoria, quella della Fratellanza, che non ha mai cambiato nulla della sua offerta, al punto tale da risultare “fuori tempo” o addirittura demodé. È vero, il mondo cambia alla velocità della luce ma non si capisce perché chi resta caparbiamente fedele alla propria impostazione debba essere il capro espiatorio della peggiore critica distruttiva. Anzi, dovrebbero dargli una medaglia, ai cugini De Lazzari. E noi di Artù gliela diamo…La Trattoria della Fratellanza, uguale da oltre mezzo secolo, è gestita dagli anni Settanta dai cugini Luigi (in cucina) e Ferdinando (in sala) De Lazzari: due personaggi che non hanno mai voluto esibire alcunché, se non la propria fedeltà alle tradizioni gastronomiche di questo lembo della Milano ovest, che vede riso, minestre, bolliti, pollo e salumi in pole position. I tempi sono cambiati, ma Luigi e Ferdinando non si sono mai asserviti alle mode o alle “rivisitazioni”: sono trattori, non chef e, in quanto tali, hanno giurato fedeltà alle origini. Abbastanza ignorati da quella critica gastronomica assai conformista che teme l’autonomia di giudizio in nome di una accettazione

90

Artù n°71

omologante da parte del sistema mediatico, non sufficientemente valorizzati da Tripadvisor e da altri motori di ricerca che spesso preferiscono fermarsi alle apparenze e fare audience in virtù dei decibel, Luigi e Ferdinando sono da ammirare per la loro essenziale semplicità. Un piatto come il “riso al salto con salsiccia” è di una bontà leggendaria, frutto di mezzo secolo di esperienza ai fornelli e di utilizzo di ingredienti dagli standard qualitativi elevati. Un piatto magistrale. Alla Fratellanza nulla è lasciato al caso, dal cotechino che non evoca nomi di produttori altisonanti ma che è uno dei migliori mai mangiati, alla zuppa di cipolle alla pavese fino alle semplicissime patate prezzemolate (un classico della mensa lombarda di un passato recente ormai dimenticato) che urlano la loro freschezza con un “erborin” verdissimo e quel filo di olio extravergine che le inumidisce al punto giusto. E che dire del cicorino, tagliato a mano dalle donne in cucina? Potente, fresco, croccante.

La cotoletta è classica, non a orecchio di elefante (che non c’entra nulla con la tradizione lombarda), ma corretta, con compatta panatura che non si rompe al taglio e con vitello tenero e

cotto al giusto rosa. L’ambiente retrò, di affascinante rusticità (come lo aveva definito il grande Veronelli nella sua Guida ai ristoranti d’Italia negli anni Ottanta), con sedie in legno antico e tavoli di spartana solidità, ispira la sosta prolungata, magari davanti a un calice di schietto vino rosso dell’Oltrepò, o a un bicchiere di Moscato che vada ad abbinarsi al salame di cioccolata (mitico) prodotto dalle mani antiche delle donne, in cucina. Nell’ultima visita, dopo anni di mia colpevole latitanza, ho ricordato con nostalgia esperienze del passato, con volti e voci che oggi non ci sono più, e ho pensato che – a parte il tempo che cancella e non perdona – qui nulla è cambiato, se non l’età dei presenti. Ho solo intravvisto una certa stanchezza, in Luigi e in Ferdinando: la stanchezza di due cugini che, dopo decenni di impegno continuativo e senza pause, forse sono un po’ delusi dai cambiamenti repentini del mondo, delle ipocrisie e della necessità imperante di essere “di moda”. Spero che questa stanchezza non preluda a imminenti abbandoni e, nel timore che ciò accada, mi permetto di dire: Luigi, Ferdinando, tenete duro! La Fratellanza deve continuare a vivere!

LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza Due corone = Linea di cucina corretta Una corona = Cucina dignitosa e affidabile Corona nera = C’è ancora molto da fare Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza Due cervelli = Ragionevole Un cervello = Abbastanza ragionevole Cervello nero = Scarsamente ragionevole


Artù gusto - tendenze - mercati

Artù aumenta la propria diffusione e la visibilità! Artù è presente nelle sale lounge degli aeroporti di Linate e Malpensa e sarà distribuita negli hotel più lussuosi della città. Una straordinaria occasione per entrare in contatto con il mondo del Food&Beverage. Artù è inoltre sempre presente nelle principali edicole aeroportuali.


Numero 71 novembre/dicembre 2015

Alberto’s Choice

Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Elisa Facchetti - elisa.facchetti@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it _______________________________________________________________________________________________________

co lo ph o

Hanno collaborato Rebecca Andreola, Giuseppe Arena, Arianna Augustoni, Fiorenza Auriemma, Denise Battistin, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Stefano Bonini, Luisa Contri, Davide Deponti, Antonio Ezio, Maurizio Forte, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Gigliola Gigli, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Emilio Magni, Rosa Marchetti, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Calogero Moscato, Aldo Nenzi, Riccardo Oldani, Cristina Panigada, Anna Pesenti, Gio Pirovano, Alessandra Piubello, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Olivia Vachon, Claudio Zeni, Stefania Zolotti.

NEL NOME DEL “BELLO E BUONO”

_______________________________________________________________________________________________________

Ombre Rosse

Art director Claudio Rossi Oldrati

Via Plinio 29, 2019 Milano Tel 02 29524734 www.enotecaombrerosse.com

_______________________________________________________________________________________________________

Foto Florian Andergassen (vini Alto Adige), Matteo Barro (Peck), Valerio Paterni (La chianina ai Navigli), Paolo Picciotto (Ceresio 7), Ezio Prandini (Cristian Mometti), Alfonso Santolero (Cristian Mometti), Barbara Santoro (Ceresio 7) _______________________________________________________________________________________________________

Pubblicità dircom@edifis.it

_______________________________________________________________________________________________________

Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it

_______________________________________________________________________________________________________

Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI)

_______________________________________________________________________________________________________

Prezzo per una copia € 5,00 - Arretrati € 10,00

_______________________________________________________________________________________________________

Abbonamento Italia: € 30,00 - Europa: € 70,00 - Resto del mondo: € 90,00 abbonamenti@edifis.it

_______________________________________________________________________________________________________

Amministrazione amministrazione@edifis.it

_______________________________________________________________________________________________________

Registrazione del Tribunale di Milano n. 222 del 24/03/2000 Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 06090

_______________________________________________________________________________________________________

Tutti i diritti di riproduzione degli articoli e/o foto sono riservati. Manoscritti, disegni, fotografie e supporti audio e video anche se non pubblicati non saranno restituiti. Per le fotografie e le immagini per cui, nonostante le ricerche eseguite, non sia stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara disponibile ad adempiere ai propri doveri. Ai sensi della legge 196/2003 l'Editore garantisce la massima riservatezza nell'utilizzo della propria banca dati con finalità redazionali e/o di invio del presente periodico. Ai sensi degli artt. 7 e 10 i destinatari hanno facoltà di esercitare il diritto di cancellazione o rettifica dei dati, mediante comunicazione scritta al responsabile del trattamento presso EDIFIS S.p.A. - Viale Coni Zugna 71 - 20144 Milano, luogo della custodia della banca dati medesima. _______________________________________________________________________________________________________

una rivista edita da: Edifis S.p.A. Viale Coni Zugna, 71 20144 Milano - Italy Tel. +39 02 3451230 Fax +39 02 3451231 www.edifis.it

92

Artù n°71

Il massimo della ragionevolezza per questa enoteca o, meglio, bottiglieria storica con annesso wine bar. Condotta da una straordinaria coppia di professionisti, la milanese Ombre Rosse è un punto di riferimento per gli appassionati del vino, credo per svariati motivi: il primo, non trascurabile, riguarda la possibilità di scegliere il vino in modo “normale”, rapido ed equilibrato, senza dover necessariamente far dipendere la scelta dal possesso di profonde conoscenze enoiche del tipo “vorrei un vino che fosse ugualmente acido, profumato e minerale” (sic!). La selezione di Ombre Rosse è ampia ma non elefantiaca, il che consente di “muoversi” all’interno di un pianeta ben delimitato di etichette, circa 350, tutte di ottimo livello e - in molti casi - di conseguente blasone. L’assistenza del personale è garantita e passa, quasi sempre, attraverso il concetto di “gradevolezza” di un vino, oltre che di un intelligente rapporto fra qualità e prezzo. Questo evita inutili perdite di tempo ma anche indecisioni sul da farsi o dubbi assillanti su quanti mesi di barrique abbia fatto questo o quel vino… Importante saperlo, ma altrettanto importante non farne una malattia: il vino buono, in fondo, è quello che piace (e talvolta mi verrebbe da dire “purtroppo”,

pensando a come bevono molti milanesi: ma qui quel rischio non si corre, considerato il livello delle etichette). Tutto sommato, qui si trova esattamente quello che molti cercano, senza liturgie estreme né isterismi da “esperti improvvisati”. Ma anche senza quella tendenza diffusa a proporre vini tutti uguali (le famose “carte fotocopia”). Il secondo motivo: la simpatia dei patron, Pepe e Raffaella, che accolgono gli ospiti come se fossimo in una cantina vera, dentro a un mood privo di orpelli fastidiosi e di ampollosità ansiogene da pseudoesperti (del tipo “lei-non-sa-chi-sono-io”). Terzo, i ricarichi: sono estremamente onesti (anche sulle annate storiche di grandi rossi e su certi millesimi non trascurabili di Champagne) e invogliano il consumo in loco, oltre che l’acquisto da asporto. Quarto: alla degustazione si abbinano piatti semplici ma dal gusto pieno: penso ad esempio al bloc de foie gras (rigidamente d’oca), al patè di cinghiale all’Armagnac, al guancialino di manzo brasato al vino rosso, al cous cous con verdure o a certe strabilianti proposte di formaggi di mucca, capra e pecora, a latte crudo, ma anche erborinati. Recentemente, Pepe ha creato un evento-degustazione di formaggi francesi, con la collaborazione di Giuseppe Fritz Frigerio (un mago nella selezione e affinamento di formaggi d’Oltralpe): pur senza il mitico carrello che contraddistingue l’alta ristorazione, Fritz e Pepe hanno proposto un assiette di assaggi formidabili, da un fleuri de brie a uno chevrotin, abbinati a un Gros Manseng della Guascogna, che hanno mandato in visibilio i clienti. Ciliegina sulla torta di Ombre Rosse: una galleria d’arte curata da Raffaella che, come in una permanente, raccoglie opere di design contemporaneo e espressioni artistiche di protagonisti del nostro tempo, da Ugo La Pietra a Roberto Cambi a Luce Delhove. Una serie di “chicche” da abbinare ai grandi vini dell’enoteca, nel nome del bello e del buono.




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.