retail&food
ANNO 5 • NUMERO 10 • OTTOBRE 2010 • e 3,00
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n°46) art. 1. comma 1, DCB Milano
LUOGHI DI VIAGGIO • SPAZI COMMERCIALI
Stadi, musei, multiplex
Spazio al r&f Da luoghi privi di servizi a nuove frontiere del business: tutte le novità
Analisi Mercato • Dossier aeroporti • Studio KPMG Wine bar & Spirits Catania M&A nel retail
News primae noctis
L’ultimo treno passa in autostrada
V
oci sempre più ricorrenti danno per scontata la “fuga” degli enti locali dalle infrastrutture autostradali del Nord. La lista è lunga: dalla Serenissima vogliono uscire il comune di Milano e la provincia di Bergamo; sulla Brebemi manifestano perplessità le provincie di Brescia, di Bergamo e quella di Cremona, che vuole uscire anche dalla Cisa; dalla Pedemontana poi vorrebbero sganciarsi un po’ tutti... Se aggiungiamo che dalla Brescia Padova è recentemente uscito anche Gambari, il principale socio privato, dobbiamo concludere che sulle autostrade del nord si è aperto un vero e proprio fronte di crisi. Il motivo? Molti lo individuano nella scarsa redditività del business, originata a sua volta sia da una diminuita propensione dello Stato a finanziare le opere sia da un’aumentata avidità del sistema bancario che concede crediti a interessi oramai troppo alti. Se la diagnosi è giusta, siamo di fronte a un errore colossale: non adeguare le infrastrutture alle mutate esigenze dei territori significa perdere anche l’ultimo treno nella gara della competitività internazionale. E sapere che colpevoli di questo errore sarebbero governo, enti locali e banche (e cioè istituzioni che dovrebbero avere senso di responsabilità e lungimiranza anche in grado di supplire alle mancanze di altri attori e operatori) non fa che aumentare la nostra nostalgia per i bei tempi passati, quando disponevamo di una classe dirigente di ben altra qualità rispetto ad oggi.
EDITORIALE
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L’OPINIONE Sentiment 2010: fiducia al Franchising di Italo Bussoli* Il franchising è un antidoto alla crisi e non sono unicamente i numeri a dirlo. Le cifre parlano di una crescita dell’1,7% del giro d’affari delle imprese che fanno franchising in Italia, e confortante è anche il riscontro del numero di insegne operative (+2%) mentre resta impercettibile il calo dei franchisee (-0,2%). Ma sono soprattutto le imprese che in prospettiva guardano positivamente Italo Bussoli alla chiusura del 2010 a confortare il settore del franchising. Si mantengono infatti stabili nel complesso i livelli dei comparti dell’alimentare, del real estate, dell’intimo/calzetteria e dei prodotti e servizi specialistici sia per quanto riguarda la rete sia per il fatturato e il numero di punti vendita. Mentre dovrebbe risultare leggermente negativo il dato sul numero di addetti operativi, in linea con la rilevazione del 2009. In crescita invece sono le aspettative per altri tre comparti che trainano il franchising italiano. Difatti sia l’abbigliamento che la ristorazione che il turismo prevedono una chiusura del 2010 moderatamente in crescita. Si tratta naturalmente di sentiment, di valutazioni percettive che trovano però nelle ragioni che fanno del franchising un mercato forte e dinamico la loro credibilità: flessibilità e coerenza con i nuovi mercati e con le economie locali, raggiunte attraverso una cultura imprenditoriale in prima linea su tutto il territorio, adatta ai molteplici soggetti del mondo del lavoro e della distribuzione. * Segretario generale di Assofranchising
retail&food - ottobre 2010 1
Anno 5 numero 10 ottobre 2010 Direttore responsabile Andrea Aiello Hanno collaborato Tiziana Bardi, Alessandro Barzaghi, Giuseppe Bonomi, Italo Bussoli, Giulia Comparini, Gianfilippo Cuneo, Luigi De Montis, Luca Esposito, Simone Filippetti, Fulvio Fassone, Vito Gamberale, Stefano Gardini, Paolo Prota Giurleo, Massimo Guacci, Antonio Intiglietta, David Jarach, Paolo Lombardi, Filippo Maffioli, Pietro Malaspina, Adolfo Marino, Dante Marro, Marketing & Co., David Montorsi, Giorgio Moroni, Pierpaolo Palmieri, Alberto Pasquini, Fabrizio Patti, Enrico Pazzali, Andrea Penazzi, POLI.design, Mario Resca, Leopoldo Resta, Vito Riggio, Kevin Rozario, Paolo Simioni, Giacomo Terranova, Vittorio Valenza, Foto Archivio Gesto Editore, Flickr, Fotolia, Imagoeconomica, iStockphoto Segreteria Silvia Pizzi
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Lettori di Retail&Food
Diffusione regionale (aree Nielsen)
5% Enti e Ministeri 15% Servizi
20% Gestori aree
AREA 3
AREA 4 Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Toscana Marche Umbria Lazio
32% Retail
LOCALITà __________________________ PROVINCIA __________ TEL. UFFICIO ____________ TEL. CELLULARE __________________ FAX __________________ E-MAIL ___________________________ NOTE O RICHIESTE _________________________________________
48%
__________________________________________________________
25%
Trentino Friuli Ven. Giulia Veneto
28% Ristorazione
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Emilia Romagna
AREA 2
SOCIETà _________________ FUNZIONE _____________________ INDIRIZZO ______________________________ CAP ____________
8% 19%
NOME ___________________ COGNOME _____________________
Piemonte Liguria Valle d’Aosta Lombardia
AREA 1
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SOMMARIO > n° 10 2010
News primae noctis - L'ultimo treno passa in autostrada
1
l’Opinione - di Italo Bussoli
1
r&f News
4
Cosa occore sapere per - di Giulia Comparini
14
L’indice di retail&food
19
Osservatorio Prezzi - Prezzi da museo
20
Star Trek food - Destinazione Flunch
22
Prima pietra - Torino, lo sport motore del retail
26
Taglio nastro - Carosello, tutto un altro appeal
30
Focus stadi e musei - Il momento della svolta
32
Il nuovo studio di KPMG - La crescita del retail
38
Dossier aeroporti - Catania, il bello deve ancora venire
42
Parola di... - Giuseppe Corrado
46
Analisi Mercato - Finalmente arrivano i brindisi
48
Dossier aree di servizio - Finifast, a Serravalle un antipasto di futuro
53
International - Ucraina, parla estone il mall da primato
54
Stazionario
58
Retail Station
58
Ferry Porti
60
La pulce nell’orecchio - di Simone Filippetti
62
La foto
63
Last but not least - Tirrenia, un disastro annunciato
64
Mercati in fiera - Calendario ottobre - dicembre 2010
64
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3
r&f news Rapporto Coop allarme sui consumi
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da Confimprese i nuovi modelli di affiliazione
«
i ripresa non possiamo parlare». Con queste parole ha esordito Vincenzo Tassinari, presidente consiglio di gestione di Coop Italia, in occasione della Presentazione del Rapporto Coop 2010 “Consumi, distribuzione” avvenuta lo scorso settembre presso la suggestiva location di Terrazza Martini a Milano. A supporto di questa tesi sono stati mostrati i
omogeneo. Il settore “super” si ferma infine a un trend corrente del -0,4% e a un trend omogeneo del -1,5 per cento. Migliori, sostiene il rapporto, sono le performance specifiche di Coop in questi canali. Allargando lo spettro dell’analisi ai consumi delle altre merceologie, in crescita nell’ultimo biennio appaiono, tra le varie voci, le apparecchiature per la telefonia (+6,6%)
dati sulle performance delle superfici alimentari, iper e supermercati, in Italia. I numeri confermano le difficoltà del mercato, dominato dal segno meno nel periodo da gennaio-agosto 2010 rispetto allo scorso anno. In particolare il trend a rete corrente per il segmento “iper+super” registra un -0,3%, mentre il trend a rete omogenea arriva al -1,8%, il comparto solo “iper” registra un +0,2% nel trend corrente ma un -2,6% in quello
e i computer, audiovisivi, fotografia ecc (+3,1%), mentre calano le vendite di giornali, libri e cancelleria (-8,9%), di elettrodomestici (-8,7%), di mobili e arredamento (-7%), di calzature (-4,7%) e di bevande alcoliche (-4,6%). I consumi nel settore tecnologico, cresciuti nell’ultimo anno del 2,6% (periodo da giugno 2009-maggio 2010 rispetto a giugno 2008-maggio 2009, fonte GfK), vedono l’impennata del 16% dell’elettronica di consumo. •
Si avvicina l’appuntamento milanese dedicato al franchising e per l’occasione Confimprese annuncia il convegno “Il franchising in Italia. I nuovi modelli di affiliazione”. L’appuntamento si terrà il 15 ottobre presso il Salone Franchising & Trade a Fieramilanocity e vedrà la presentazione della ricerca “Franchising: strategie per contrastare la crisi economica e sviluppare la rete”, elaborata da Gea.
dieci anni di outlet mcarthur
Dieci anni e dimostrarli tutti: non è un’offesa ma, al contrario, un complimento per il primo outlet a essere costruito in Italia. Con il trascorrere del tempo, forte di un giro d’affari e di flussi in crescita costante, il Serravalle Designer Outlet ha accresciuto la propria offerta arrivando a 180 negozi. Durante la sua attività il foc in portafoglio a McArthurGlen ha registrato complessivamente 30 milioni di visitatori, per un fatturato di oltre 1,6 miliardi di euro.
A Roncade si prepara il nastro
Si avvicina l’inaugurazione del Roncade Outlet Gallery, prevista tra il dicembre 2010 e la primavera 2011. Il rush finale è iniziato con l’avvio del piano assunzioni che porterà a creare circa 500 posti di lavoro. Almeno cinque dipendenti per ognuno degli 80 negozi previsti nella nuova cittadella dello shopping veneta. Un ulteriore passo verso il completamento dell’opera è stato compiuto con la recente inaugurazione della pista ciclabile propedeutica, iniziata nel febbraio 2009 e costata oltre un milione di euro. L’operazione è in forza a Lefim, società immobiliare del Gruppo Basso.
4 retail&food - ottobre 2010
lo shopping Attracca al Molo 8.44
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ambia il nome ma non la sostanza: Molo 8.44, già Le terrazze di Vado, è stato inaugurato lo scorso settembre nel comune ligure in provincia di Savona. Il parco turistico commerciale, costato circa 50 milioni di euro, ospita attualmente una quarantina di negozi mentre altre 20 unità retail saranno commercializzate da CbreEspansione Commerciale, che ha preso il posto di Global Re Sol. L’offerta include inoltre sette medie superfici: Decathlon da 4.000 mq di gla, Coop da 3.000 mq, H&M da 2.500 mq, Biella Scarpe da 1.500 mq e Benetton da 600 metri quadrati. Sotto il profilo architettonico, la struttura si contraddistingue per lo sviluppo su due livelli terrazzati aperti, con una copertura da 600 mq su una piazza. •
La mucca di Roadhouse a spasso per Roma
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el gemellaggio con la “Cow parade” il marchio Roadhouse Grill ha fatto un punto di forza, portando una mucca disegnata da artisti in ogni locale della catena. Ecco, quindi, che la simpatica iniziativa potrebbe invadere la capitale grazie al piano di aperture previsto da Cremonini. La società modenese ha sottoscritto una joint venture con la famiglia Luciani, attiva nel campo della grande distribuzione ed esperta della realtà capitolina per aver gestito 36 supermarket a marchio Gs a Roma. Da poco ha ceduto alla Coop la catena Doc. L’accordo prevede la creazione di una newco dedicata alla gestione dei nuovi punti vendita che saranno aperti a partire dal prossimo anno nel Lazio e la conseguente inaugurazione di una ventina di steak house tra città e provincia nei successivi 5 anni, delle quali la prima sarà in via Salaria. Lo sviluppo di Roadhose Grill proseguirà anche nel resto del Paese: a partire da ottobre saranno avviati i locali di Bologna, Imola, Rovigo, Voghera e Saronno. •
Serravalle, a regime il Retail Park
C
on la firma per l’ultima della 7 unità previste va a completarsi la fase B del Serravalle Retail Park, di proprietà del Fondo Herald di Henderson. Il complesso adiacente al noto outlet (entrambe le strutture sono gestite da McArthurGlen) conta complessivamente 19 store, commercializzati in due momenti differenti. La prima parte, con 12 superfici retail e una gla di oltre 16mila mq, è stata ultimata nel settembre 2009 e annovera brand come Decathlon, Kiabi, Pittarello, Uniero, Toys Center, Thun e Sasch. La seconda tranche, da oltre 11mila mq di gla, include Mondo Convenienza, Jysk (arredamento casa), Self (fai-da-te) Maisons Du Monde e, ultima arrivata in ordine di tempo, la catena di ristorazione italiana Giò Mangia, che occupa uno spazio di 600 mq di gla. •
retail&food - ottobre 2010 5
r&f news Il franchising fa quadrato
Numeri importanti, in un periodo di crisi, erano stati registrati nell’edizione dello scorso anno di Franchising&Trade, dove la crescita dei visitatori qualificati si era attestata al 12 per cento rispetto al 2008. Partendo da questa base l’obiettivo di Fiera Milano per il 25esimo appuntamento annuale sul mondo dell’affiliazione è di consolidare i dati del 2009, con oltre 170 espositori e circa 7.000 mq di superficie netta. La tendenza a un ulteriore miglioramento è data dalla performance del settore, che negli scorsi 12 mesi ha visto un giro d’affari di circa 22 miliardi di euro, pari a un +1,7 per cento (dati Rapporto Franchising Italia 2009 di Assofranchising). La manifestazione si svolgerà dal 15 al 18 ottobre, nel padiglione 2 di Fieramilanocity, e ospiterà marchi italiani e internazionali, oltre a investitori esteri provenienti da Asia, Emirati, Brasile, Bulgaria, Croazia, Polonia e Slovenia.
Pisa, soffre il retail, volano le tariffe
Nel primo semestre del 2010 la Sat, la società di gestione dell’aeroporto di Pisa, ha registrato un aumento del
14% dei ricavi, arrivati a quota 31,1 milioni di euro. Grande differenza c’è stata però nella loro composizione: quelli “aviation” sono saliti del 7% (18,4 milioni), nonostante il calo “per nube” dei passeggeri del 2,9 per cento. La causa sono le nuove tariffe stabilite dal contratto di programma stipulato con l’Enac. I ricavi “non aviation” sono invece scesi del 3,1% rispetto al primo semestre 2009, sia per la nube vulcanica sia perché nel 2009 c’erano stati “eventi non ricorrenti”, sia, infine, per il crollo del 40% dei ricavi dei servizi di biglietteria.
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la CORSA ALLe APERTURe
I
l settore del retail si conferma dinamico, con numerose aperture registrate soprattutto nell’Italia centrosettentrionale. A livello di centri commerciali si rafforzano I Gigli a Campi Bisenzio (Fi) e i Bricchi a Isola d’Asti (vedi R&F di maggio, articolo Taglio Nastro). Il complesso toscano ha visto l’inaugurazione di 4 punti vendita: lo shop con i prodotti per gli animali Zooplanet, quello dedicato al make-up Kiko, quello per la “bellezza naturale” L’Occitane en Provence e la boutique dei cristalli Swarovsky. Lo shopping center piemontese, inaugurato da Igd a fine 2009 con molte unità retail vuote, amplia la propria offerta con le medie superfici Conbipel, da oltre 2.900 mq, e Maxi Word, 1.760 metri quadrati con articoli sportivi. La food court si arricchisce con l’attività a insegna Yo Yogurt da 85 metri quadrati. Sul fronte Outlet, nella cittadella dello shopping di Noventa di Piave in forza a McArthurGlen si annoverano gli opening di un negozio Brooks Brothers e di un Versace Company store. Dal versante delle catene si segnalano le due nuove aperture in Italia per il marchio Apple: la prima è avvenuta lo scorso 18 settembre presso lo Shopville Le Gru di Grugliasco
(To) e la seconda ha avuto luogo all'Oriocenter (Bg) il 25 settembre. Attualmente il colosso di Cupertino conta quattro bandierine nel Bel Paese. Si annoverano inoltre la politica di espansione di Deichmann Calzature e il possibile ingresso nei centri commerciali, ma non solo, del sito d’e-commerce Chl. Il brand di calzature tedesco, che prevede di arrivare a 40 monomarca in Italia entro la fine del 2010, ha annunciato l’inaugurazione tra settembre e ottobre di quattro shop: nel centro commerciale Meridiana a Lecco lo scorso 9 settembre, nel centro Gran Sasso a Teramo il 16 settembre, nel parco commerciale Voghera Est il 14 ottobre e nella prestigiosa location bergamasca dell’Oriocenter il 21 ottobre. Con un salto dalla realtà virtuale a quella tridimensionale, come riporta Milano Finanza, Chl avrebbe pronto un piano di aperture di parafarmacie. La strategia prevede di avviare cento punti vendita entro la fine del 2011 nel nostro Paese. Nel breve termine potrebbero aprire cinque negozi nel Lazio e altri 15 potrebbero partire entro il 2010. Le zone interessate sarebbero, oltre al Lazio, la Toscana, l’Emilia Romagna, la Liguria e la Lombardia. •
Stock option BUY
Alitalia Luglio da record per la compagnia aerea di Cai. Quasi 2,4 milioni di passeggeri, +8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Merito della congiuntura più favorevole, e di un generale miglioramento del settore. Ammette onestamente l’a.d. Rocco Sabelli.
NEUTRAL
Interim Mentre chiudiamo questo numero, il ministro dello Sviluppo economico manca da 135 giorni. Intanto eminenti opinionisti di centrodestra cominciano a sostenere che senza ministro si evitano i danni. Se ce lo dicevate prima...
McPuddu’s La multinazionale americana Mc Donald’s si arrabbia col giovane chef sardo per il nome dato al suo locale. Davide contro Golia? No, uno scontro tanto impari quanto inutile. E pensare che qualcuno ha dato il nome di una nazione a un panino, il McItaly... se lo scoprono son guai!
Delivery service Le grandi catene di ristoranti Usa non subiscono la crisi, almeno psicologicamente. Dopo menù speciali, offerte e sconti, e arrivato il momento delle consegne a domicilio. Il servizio, finora riservato alla pizza, è già stato testato positivamente per panini, frozen yogurt, hamburger.
Esodo intelligente La crisi c’è, e si vede. Ma le vecchie abitudini restano, e migliorano. Gli italiani continuano ad andare in vacanza, in auto ma senza ingorghi biblici. E il traffico autostradale nei mesi estivi aumenta. Contenti i vacanzieri e i gestori di autostrade e aree di servizio.
Mondadori-Benetton I Benetton e i Berlusconi vanno a braccetto su tanti fronti, ma sul punto vendita veneziano legato a Mondadori Franchising è guerra aperta. La famiglia di Ponzano vorrebbe farne uno store Benetton, Mondadori e l’opinione pubblica cittadina hanno alzato le barricate.
SELL
Chicco Testa Le vacanze fanno bene? Non sempre. Alla ripresa il poliedrico Testa gongola per il crollo dei prezzi di alcuni nobili italici vini. I vecchi contadini, come i moderni guru del lusso, sanno bene che la qualità costa e non è per tutti. Testa savia ha bocca chiusa... Galan-Zaia Eterni rivali... a prescindere, come direbbe Totò. I due esponenti politici veneti colgono ogni occasione per litigare, sgambettarsi e rendersi ridicoli. Ultimo pretesto i menù regionali di Alitalia, spinti da Zaia e ora cassati da Galan. Quando finisce la ricreazione? Ancora Expo Chi non muore si rivede. Né sì né no. Né grande né piccolo. Né regione né comune. Né affitto, né acquisto... e via discorrendo. L’Expo 2015 è sempre più in palla e intanto Sala, la nuova guida, trasferisce gli uffici da Palazzo Reale alla Bovisa. Né giusto, né sbagliato...
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r&f news Agosto d’oro per gli scali italiani
Tre record sono stati segnati in altrettanti aeroporti italiani nel mese di agosto. A Fiumicino il primo agosto scorso c’è stato il primato assoluto di traffico: 137mila 973 passeggeri tra arrivi e partenze. Il precedente record, di 135.417 passeggeri, risaliva al 17 agosto 2008. Per lo scalo intercontinentale si è aggiunta anche la soddisfazione di essere indicato da uno studio dell’inglese Centre for retail research come l’aeroporto più a buon mercato per lo shopping in Europa, davanti a Francoforte e Berlino. Intanto a Bologna in tutto il mese di agosto è stata superata per la prima volta quota 600mila passeggeri, grazie a un loro incremento dell’11% rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Dall’inizio dell’anno la crescita è stata del 14,2 per cento. Anche a Torino, con 323mila persone (+19%), agosto è stato un mese record. Il merito è soprattutto dei voli nazionali e internazionali di Alitalia e di quelli di Ryanair.
A New York il made in Eataly
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a galleria delle eccellenze italiane sbarca nella Grande Mela. Dallo scorso 31 agosto, all’angolo tra la 23esima e Fifth Avenue, di fronte al celebre Flatiron Building, è possibile acquistare e degustare molte della specialità culinarie del Belpaese. Dopo le aperture di
stimato tra i 40 e i 60 milioni di euro. L’offerta include 8 ristoranti tematici, per seicento posti di lavoro, tra cui spicca il nome della catena Rossopomodoro. Il brand legato alla pizza napoletana dispone di una location di 300 mq dotata di due “Fornodoro”. Tra i servizi si annoverano uno
Torino e Milano, il marchio Eataly è atterrato a Manhattan con una superficie di 5mila metri quadrati, grazie a un investimento di circa 25 milioni di dollari. L’operazione è stata possibile in seguito alla partnership tra il creatore di Eataly, Oscar Farinetti, e il gruppo italo-americano B&B, di Joe e Lidia Bastianich, e Mario Batali, chef di cucina italiana che negli States contano 22 ristoranti. L’obiettivo è di attrarre 6 milioni di persone all’anno, con un fatturato
spazio permanente di Alpitour, specializzato in soggiorni in Europa e nel bacino del Mediterraneo, e una libreria gestita da Rizzoli. Per l’insegna Eataly la prossima apertura sarà a Genova a marzo, poi sarà la volta dei punti a Roma e a Bari, sino ad arrivare all’inaugurazione del nuovo presidio a Milano nel 2012. Per la catena Rossopomodoro si prevede l’inaugurazione di altri 7 locali all’estero nel 2011. •
in format
Ing. Tiziana Bardi - studiobardi@cad38.com
Maison du Chocolat: quando il cioccolato è sinonimo di ricercatezza
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rande artigiano “chocolatier” parigino, La Maison du Chocolat è entrata di diritto nel panorama mondiale delle boutiques food di lusso. Un’anima creatrice accompagnata da un lavoro di ricerca e selezione delle migliori qualità di cacao fanno di questa griffe un punto di riferimento per gli intenditori e gli amanti del cioccolato. Fondata da Robert Linxe nel 1977, La Maison du Chocolat apre il primo negozio al 225, rue du Faubourg Saint-Honoré di Parigi, dando luogo alla prima boutique consacrata interamente al cioccolato. La forza di quest’idea porta in un primo momento a creare un secondo punto vendita nella capitale francese ed all’inizio degli anni ’90 ad attaccare il mercato mondiale: nel 1990 apre il primo negozio a New York, seguito negli anni successivi da quello di Tokyo, di Londra e da altre aperture in Francia e all’estero. Nel corso degli anni alle precedenti locations se ne aggiungono altre sempre più ricercate come quelle del 1018 Madison Avenue (78ema strada) a New York, del quartiere Marunouchi a Tokyo, dell’Espace Luxe et Gourmandises dei magazzini Printemps a Parigi, o le recenti aperture di Honk Kong. Nel 2000 La Maison du Chocolat entra a far parte del prestigioso
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Comité Colbert, gruppo dedicato alla diffusione dell’arte e della cultura francese, che ne riconosce sia il valore culturale che il posizionamento “haut de gamme”. Ma l’intelligenza di questo marchio risiede anche nell’aver saputo accompagnare ad una produzione d’eccellenza - guidata come direzione creativa dal 2007 dallo Chef patissier Gilles Marchal un ambiente raffinato e di grande impatto: il format adottato è di grande lusso e raffinatezza, con ambienti caldi, accoglienti e materiali di grande qualità, dove la luce gioca un ruolo fondamentale nella presentazione degli spazi.
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r&f news Il Catullo si fa centro commerciale
McDonald’s compra casa
Secondo un’anticipazione del Sole 24 Ore, McDonald’s ha deciso di finanziare la crescita immobiliare dei nuovi ristoranti in Italia con 150 milioni di euro all’anno a partire dal 2010. Fra quattro anni almeno la metà dei ristoranti della catena, quindi, saranno
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rande svolta all’aeroporto Catullo di Verona: lo scorso luglio è stata inaugurata la nuova Galleria commerciale, nel terminal partenze. Si tratta di un’area di 445 mq che ospita 13 esercizi nuovi, a cui si sommano tre aperture nel terminal arrivi. Nelle previsioni di Garda Aeroporti, la società che gestisce lo scalo, i ricavi non aviation a Verona potrebbero crescere di 10-12 milioni all’anno. Tra le nuove attività si segnala il punto vendita Vacche Rosse, al debutto in un aeroporto, gestito dal Consorzio valorizzazione prodotti antica razza reggiana. Nei sui 20 mq al terminal arrivi ospita i prodotti tipici della tradizione reggiana, dal parmigiano allo yogurt, dalla panna cotta al gelato. Le altre aperture al terminal partenze sono: nell’area non doganale Tramezzino.it, la Banca Popolare di Verona (prima c’era solo il bancomat), The Frozen Yogurt, Wood Village, Nau Ottica, Golden Point, Tesoro Mio e Jean Louis David. Sempre alle partenze, nell’area doganale Schengen, oltre i varchi, le novità sono Camicissima, Last Minute Pharma, un bancomat della Banca Popolare di Verona, Scaligera Gift e
Appendino-Cioccolato, aperto poco prima degli altri. Nel terminal arrivi le innovazioni riguardano invece, oltre a Vacche Rosse, gli esercizi Dimmidisì (frullateria) e l’agenzia di lavoro In job. Tra nuovi ed esistenti gli spazi commerciali sono giunti quindi a quota 38. •
Aviation outlook
Terminal low cost, un “banale” concetto di marketing Sulla base della costante e sempre più pervasiva penetrazione dei vettori a basso costo nei principali mercati mondiali di trasporto aereo, una delle risposte strategiche di maggior interesse da parte delle gestioni aeroportuali sembra risiedere nello sviluppo di terminal dedicati alla fruizione esclusiva del traffico low-cost. I cosiddetti “Terminal low-cost” si sono così nel tempo affermati sia presso importanti scali principali, quali Amsterdam, Copenhaghen, Singapore, Kuala Lumpur, la stessa Milano Malpensa; oppure presso gli aeroporti regionali, come Marsiglia, Lione, Bordeaux. Recentemente è stata quindi comunicata l’intenzione dell’aeroporto di Verona di adottare un modello di business del genere, progetto peraltro che ha visto il coinvolgimento diretto della struttura professionale da me presieduta. In effetti, una scelta di tal genere ha forti motivazioni sia operative, che commerciali alla sua base. Da un lato, i vettori low-cost palesano esigenze del tutto peculiari con riferimento al trattamento dei passeggeri, che, per ragioni di economicità, avviene in via preferenziale con un imbarco pedonalizzato degli stessi mediante parcheggio dei velivoli in posizione ravvicinata rispetto ai gate. E, ancora, tali aerolinee stanno sviluppando modelli semplificati nel trattamento del bagaglio da stiva, con una movimentazione dello stesso da parte del passeggero fino a sottobordo l’aereo: ciò produce una riduzione dei costi operativi per il vettore ma anche elementi di complessità per ciò che concerne la security. Secondariamente, la stessa tipologia del passeggero low-cost, da un punto di vista del retailing, valorizza elementi di differenziazione, con una spesa media inferiore rispetto al viaggiatore tradizionale (tendenza ancora più netta se ad essere comparato è il cliente d’affari) e con attenzione primaria alle categorie del
food&beverage. E ciò sia nelle aree airside, che landside, dove peraltro si annovera una maggiore presenza di “meeters e greeters” rispetto al traffico generato dai vettori tradizionali. Detto questo, è chiaro che il momento di progettazione della nuova infrastruttura “Terminal low-cost” debba palesare elementi di forte customizzazione dell’offerta rispetto alle esigenze peculiari sia dei vettori LCC, che dei loro passeggeri. Tutto ciò potrà essere realizzato sia adattando spazi già esistenti del sedime aeroportuale, come per esempio terminal sottoutilizzati, come a Malpensa; piuttosto che costruendo ex novo questi spazi, ricorrendo magari in questo caso e allo stesso tempo a soluzioni ad elevata economicità nel layout e nei materiali, come per il neonato terminal low-cost di Bordeaux. Un dato è tuttavia palese: la moltiplicazione dei terminal all’interno di uno stesso aeroporto, una volta frutto della sola differente località di destinazione del passeggero, è oggi invece funzionale al miglior servizio di tipologie di domanda diverse e, come tale, avrà sicuramente diffusione su scala internazionale mentre potrà subire ulteriori evoluzioni, come nel caso dei Terminal “Prima classe” degli scali arabi, per esempio. Si tratta, a ben vedere, di un banale concetto di marketing: servire la domanda con il miglior concetto di offerta atto a soddisfare le sue esigenze permette di migliorare la redditività e la posizione economico-finanziaria della struttura nel suo complesso. Salute a tutti! Prof. David Jarach www.diciottofebbraio.it
di proprietà della multinazionale. McDonald’s, intanto, lo scorso 7 settembre dopo un anno e mezzo di test ha lanciato il panino Mozzarillo, realizzato con la mozzarella fornita dalla società Latbri di Usmate Velate (Monza e Brianza). La particolarità della mozzarella, realizzata con latte italiano, è che non è tagliata a fette ma è un singolo disco, cosa che permette di mantenere intatte le proprietà organolettiche.
Mille shop per Il cane a sei zampe
Avanza il rebranding dell’Eni dopo l’acquisizione di Agip. Entro la fine dell’anno, secondo il direttore reti carburanti e lubrificanti del gigante dell’energia, Paolo Grossi, saranno presenti 500 stazioni di rifornimento Eni in Italia e 1.500 all’estero. L’altra grande novità riguarda il retail e la ristorazione: per Grossi la rete conterà 220 “Eni Shop”, ovvero spazi di 30-40 mq all’interno di “Eni Caffè”, dove sarà in vendita una serie di prodotti di consumo. L’obiettivo è che in quattro anni gli Eni Shop raggiungano quota mille. «Per quanto riguarda, invece, gli Eni Caffè – ha annunciato il manager – pensiamo di arrivare a 650. Diventerà la rete più grande di bar in Italia».
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r&f news In Svizzera via libera al tax free in arrivo
Alla fine di agosto la Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale svizzero ha dato luce verde all’estensione delle vendite tax free anche ai viaggiatori in arrivo negli aeroporti. La proposta è passata con 15 voti favorevoli e 6 contrari. Questa possibilità è già prevista in 58 Paesi nel mondo, tra cui cinque nel continente europeo: Gibilterra, Islanda, Norvegia, Serbia e Turchia. Tra i vantaggi previsti ci sono nuovi posti di lavoro, maggiori ricavi valutati nell’ordine di 50-60 milioni di franchi all’anno, di cui 20-23 a favore degli esercenti, il mantenimento della concorrenzialità degli aeroporti nazionali nel confronto europeo e mondiale e il rafforzamento della piazza turistica elvetica. Tra gli svantaggi, oltre al minor gettito fiscale per lo Stato, c’è l’allontanamento ulteriore dalle regole dell’Ue, che non riconosce il tax free agli arrivi.
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Con Abatantuono l’autogrill è un set
A
nche le aree di sosta hanno il loro momento di gloria: Diego Abatantuono sta infatti girando un film-tv ambientato in un autogrill sulle colline toscane. Il tema: la lotta per evitare la chiusura dell’area di sosta da parte del microcosmo di attori. Il lungometraggio, il primo girato da Abatantuono, che è anche attore, si chiama Area Paradiso, è prodotto da Colorado Film e andrà in onda prossimamente su Canale 5. Le riprese sono iniziate alla fine di agosto a Collesalvetti (Livorno). Nel cast figurano anche Ricky Memphis e Francesco Villa, meglio noto come Franz di Ale e Franz. •
ad Abu Dhabi parte il mega-parco Ferrari
C
onto alla rovescia per l’inaugurazione del Ferrari World Theme Park ad Abu Dhabi. L’apertura è prevista per il 28 ottobre ma qualche anticipazione comincia a emergere: il complesso sorge su Yas Island e sarà il più grande parco di divertimenti indoor, oltre che il primo dedicato alla Ferrari. Nell’area ci saranno anche un grande centro commerciale e un campo da golf. L’area “dining and shopping” sarà caratterizzata da bar e ristoranti a tema con cucina italiana e negozi. Nel complesso il parco si estende per 200mila metri quadrati, per un’altezza dai 30 ai 50 metri. Si contano più di 20 attrazioni, tra cui spicca la montagna russa più veloce del mondo, chiamata Formula Rossa, capace di raggiungere la velocità di 240 km/h. •
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r&f news Decolla l’alleanza delle fiere venete
La crisi rema contro i campanilismi. Questo è il caso delle fiere venete, pronte a creare un polo integrato tra le tre città della V: Verona, Vicenza e Venezia. L’iniziativa, in fase di definizione, è stata possibile grazie all’incrocio tra due soggetti industriali, Veronafiere e Fiere di Vicenza, con un sog-
Ettore Riello getto finanziario pubblico, Veneto Sviluppo. In questa prospettiva è già stata decisa la ricapitalizzazione di Optimist Spa, attualmente partecipata da Verona Fiere e Fiere di Vicenza con una quota procapite del 42,5%, che diventerà il nuovo soggetto unitario. Stando al piano industriale, il pacchetto azionario di Optimist Spa sarà equamente diviso tra Veronafiere e Fiere di Vicenza con un 35% ognuna, mentre il restante 30% sarà in forza alla finanziaria della Regione Veneto. Il nuovo ente avrà in portafoglio sette manifestazioni con un obiettivo di fatturato per il 2014 pari a 4,5 milioni di euro. La metà di questi dovrebbe arrivare dalla rassegna veronese Luxury&Yacht. Tra le varie prospettive, inoltre, vi è la creazione di una manifestazione all’estero, probabilmente in Medio Oriente, basata sul tema del luxury.
Le Cotoniere, posata la prima pietra
Dalla carta al cantiere. Sono iniziati i lavori per la costruzione di un nuovo centro commerciale, denominato Le Cotoniere, in zona Fratte a Salerno. L’operazione, dal valore di 85 milioni di euro finanziati da Unicredit, è portata avanti dalla società immobiliare Cds e dovrebbe essere completata entro la fine del 2011. Il futuro shopping center avrà un’estensione di 45mila mq, con un ipermercato da 10mila mq e una galleria di 135 unità, e sarà servito da un parcheggio di 2.500 posti auto.
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cosa occorre sapere per... A cura dello Studio Legale Cocuzza & Associati di Milano
Attenzione ai Regolamenti!
I
contratti di affitto di azienda/ di ramo di azienda o di locazione nei Centri Commerciali sono documenti abbastanza complessi che si compongono non soltanto del Contratto vero e proprio che regola gli aspetti economici e legali del rapporto fra concedente e singolo retailer ma anche di diversi allegati che regolano gli aspetti tecnico-costruttivi ed impiantistici del Centro e delle singole unità immobiliari (i cd. regolamenti tecnici), la gestione del Centro, delle sue parti comuni e non solo (i cd. regolamenti di gestione). Tali documenti generalmente vengono allegati ai contratti diventandone parte integrante e, in quanto tali, sono vincolanti per le parti che li sottoscrivono. Talvolta tuttavia tali documenti non sono allegati ma semplicemente richiamati nei singoli contratti. Ciononostante, essi sono comunque vincolanti per l’affittuario/conduttore al quale viene richiesto, nel contratto, di dichiarare di conoscerli ed accettarli espressamente confermandone così la validità ed efficacia nei propri confronti. Purtroppo non tutti i retailers analizzano con attenzione questi regolamenti prima di sottoscrivere il contratto. Al contrario, un’attenta lettura dei regolamenti dei Centri Commerciali prima di sottoscrivere il contratto è assolutamente consigliabile al fine di evitare sorprese, sia nella fase di approvazione dei progetti relativi alla realizzazione dei singoli esercizi commerciali, per l’eventuale presenza di opere difformi da quanto previsto nel regolamento tecnico del Centro, sia nella successiva fase di gestione dell’esercizio commerciale. A quest’ultimo proposito preme infatti sottolineare che molto spesso i regolamenti di gestione dei Centri Commerciali contengono sanzioni e talvolta anche penali di una certa entità a carico dei singoli retailer per la violazione delle disposizioni in essi contenute. Inoltre, è assai frequente che, durante la vita del Centro, i regolamenti vengano modificati. Poiché generalmente i contratti contengono l’impegno del singolo affittuario/conduttore ad accettare e riconoscere il regolamento e tutte le sue eventuali future modifiche che interverranno nella vigenza del contratto, è quanto mai opportuno inserire nel contratto una pattuizione con la quale la Concedente/Proprietà del Centro si impegna a rendere nota all’affittuario/condut-
tore ogni eventuale futura modifica dei regolamenti, mediante comunicazione scritta, pena l’inopponibilità ed inefficacia della medesima nei suoi confronti. Infine, è legittimo domandarsi:è possibile derogare nei confronti di un singolo retailer a certe pattuizioni contenute nei regolamenti dei Centri? A tal fine, talvolta i retailers cercano di inserire nei loro contratti una clausola generica che prevede espressamente la prevalenza del contratto sul regolamento nell’ipotesi di difformità fra i due documenti. Occorre rilevare che tale clausola rischia tuttavia di essere del tutto inefficace ove prima non siano stati analizzati attentamente i regolamenti e non siano state inserite nel contratto, nell’intereresse dell’operatore, deroghe esplicite a determinate disposizioni contenute nei regolamenti. I retailers più importanti talvolta, soprattutto con riferimento agli aspetti tecnico costruttivi di realizzazione del loro lay-out, elaborano, in fase di negoziato contrattuale, con la Concedente/ Proprietà un regolamento tecnico ad hoc da allegare al contratto. E’ certo, tuttavia, che il negoziato volto ad inserire nei contratti di singoli affittuari/conduttori deroghe ai regolamenti è alquanto difficile posto che le Concedenti /Proprietà dei Centri Commerciali sono molto restie, per ovvi motivi, ad ammettere deroghe all’efficacia generalizzata delle pattuizioni contenute nei regolamenti, in quanto essi rappresentano lo strumento per esercitare il controllo e garantire coerenza ed uniformità nella realizzazione degli esercizi e nella gestione del Centro. Avv. Giulia Comparini Per informazioni e quesiti gli Avvocati Giulia Comparini gcomparini@cocuzzaeassociati.it e Alessandro Barzaghi abarzaghi@cocuzzaeassociati.it saranno lieti di rispondervi.
Feltrinelli in franchising, il momento è arrivato Cade un tabù nel mondo dell’editoria: entro la fine dell’anno sarà aperta la prima libreria Feltrinelli in franchising. Nei piani della società sarà seguita da 8-10 aperture all’anno per il prossimo lustro. Per realizzare il progetto franchising è stata anche creata una struttura dedicata, con a capo Roberto Ghiringhelli Cavallo, per anni responsabile acquisti della catena. Trapela anche il nome: “Feltrinelli Point”, nuovo di zecca. Che caratteristiche avrà il nuovo formato? «Noi ci rivolgiamo prevalentemente come target a librai e librerie di esperienza – dice a retail & food Stefano Sardo, dg di Librerie Feltrinelli -. Quindi proporremo il formato libreria tipico che prevede già l’integrazione dei libri con merceologie home video, cartoleria e altre opzioni, come i videogiochi». Il canale prediletto non sarà quello dei centri commerciali ma dei centri cittadini in cui non è presente l’insegna Feltrinelli. Ma perché proprio ora è partito il franchising? «Riteniamo che sia arrivato il momento giusto – ci dice Sardo –, sia per lo stadio di sviluppo della rete, sia per i miglioramenti che abbiamo apportato in questi anni nei processi, nei sistemi informativi e nella fidelizzazione del cliente, sia per il momento del settore editoriale, che è in una fase sicuramente di cambiamento. Pensiamo che ora una serie di librerie possano essere ancor più interessate ad affiliarsi a un’insegna importante come quella di Feltrinelli».
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r&f news Orient Express a cura di Stra_branding - www.strabranding.com Pricing: il giusto bilanciamento delle politiche di marketing L’avvicinamento alla Cina, come importante e crescente mercato di sbocco commerciale, non va affrontato dal management dell’azienda in modo opportunistico e speculativo bensì come mercato strategico per il suo futuro sviluppo. La Cina, infatti, deve essere (affrontata) vissuta in modo strutturato all’interno dell’organizzazione aziendale, coinvolgendo i suoi vertici per una corretta pianificazione strategica ed, allo stesso tempo, le funzioni operative (marketing, logistica, produzione, controllo, etc.) per gli importanti coinvolgimenti (e ripercussioni) che esse avranno nell’implementazione del progetto. In tal senso, le tematiche che riguardano il pricing, e cioè il corretto posizionamento dei prezzi retail in Cina dei singoli prodotti dell’azienda rispetto ai propri competitor e, in senso relativo, rispetto al proprio mercato di origine, rappresentano un aspetto fondamentale per il successo del progetto Cina e coinvolgono strategicamente e operativamente diverse funzioni aziendali, dal marketing alla logistica. Un corretto posizionamento di prezzo sul mercato cinese non può, innanzitutto, prescindere dal confronto con i propri concorrenti di riferimento traslando sul nuovo mercato le posizioni relative ottenute e ricercate nel paese di origine, prendendo anche in considerazione possibili strategie nelle variabili rilevanti identificate per il posizionamento del marchio (fig. 1). Come conseguenza del fig. 1: retail pricing ragionamento appena esposto,
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viene definito il differenziale di prezzo tra aree, la Cina ed il mercato d’origine. Tale spread deve essere valutato molto attentamente considerando aspetti sia di marketing (percezione, fedeltà, ripetitività dell’atto di acquisto, internazionalità e propensione a viaggiare della propria clientela) che finanziari (previsione sui cambi per evitare eccessive fluttuazioni dei propri listini). I livelli di prezzo stabiliti dovranno poi confrontarsi con le caratteristiche del mercato locale (sconti alla distrifig. 2: posizionamento e marginalità buzione, investimenti in comunicazione, costi logistici, dazi, costi degli affitti), con le marginalità dei propri prodotti (made in Italy o sourcing Cinese) e la loro complessità (costi del personale e delle operations) e con le marginalità alla distribuzione. Se non viene ben monitorato, l’impatto di tali voci di costo sul conto economico rischia di vanificare gli sforzi fatti dalle azioni di marketing (fig. 2). La criticità delle singole voci di costo varia in funzione delle peculiarità di ciascuna azienda. In particolare, il costo degli affitti è condizionato dal posizionamento sul mercato ma anche dalle strategie di pianificazione commerciale messe in atto dalla azienda e dai suoi partners distributivi. Un’attenta analisi e valutazione dei benchmark di settore disponibili frutto di esperienze fatte in altri contesti è in grado di minimizzare i rischi sopra esposti. Da ultimo, va sottolineata l’importanza di prevedere le tematiche del pricing nelle strutture contrattuali atte a regolare possibili accordi di Joint Venture o distributivi con partners cinesi.
Luca Esposito
grinta pop, nasce il nuovo Upim
È
partito il progetto Upim Pop: a settembre sono stati aperti due punti vendita a Milano, in corso Buenos Aires e piazzale Corvetto, e due a Roma, in piazza S. M. Maggiore e via Tuscolana. Ne seguiranno altri, fino ad arrivare a 30/40. Non si tratta di semplici restyiling dei vecchi Upim: sono stati introdotti nuovi marchi ed è cambiata l’immagine, ora incentrata sul concetto di “pop” che, declinato nel 2010, strizza l’occhio alla grafica dell’iPhone. È fortissimo, negli arredi, il richiamo agli artisti della pop art, tanto che per la presentazione del progetto alla stampa, sono state
Comiso, intesa firmata Dopo un rinvio dell’ultimo minuto nelle settimane precedenti, il 15 settembre il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ha firmato il Protocollo di intesa per il passaggio dell’aeroporto di Comiso dal demanio della Difesa alla Regione. Anche se per i dettagli bisognerà aspettare un successivo decreto interministeriale di Difesa, Economia, Infrastrutture e Trasporti, si dovrebbe essere arrivati a un accordo per cui lo Stato per tre anni si impegnerà a pagare gli stipendi del personale Enav. La Regione dovrebbe, ma il condizionale è d’obbligo, farsi invece carico dei Vigili del Fuoco. La garanzia che lo scalo sia considerato di “interesse nazionale”, richiesta da Lombardo, non dovrebbe invece essere rientrata nel protocollo (che non è pubblico) e dovrà essere affrontata nel Piano nazionale aeroporti. I rumors sul piano dicono però che Comiso sarebbe classificato come aeroporto complementare, per quanto “correlabile” con Catania Fontanarossa. Questo significa che dovrebbe avere risorse solo per il collegamento con lo scalo catanese. Enac, Comune di Comiso e la società di gestione dello scalo hanno intanto iniziato a stilare un cronoprogramma per rendere operativo l’aeroporto in tempi rapidi.
Stefano Beraldo fatte arrivare nel negozio di MilanoBuenos Aires, sei opere originali di Andy Warhol. Oltre all’immagine, comunque, c’è della sostanza. Come ha spiegato ad di Coin, che da febbraio ha rilevato Upim, Stefano Beraldo, il gruppo si presenta forte dei risultati dei 44 Upim convertiti in Ovs (+70% da febbraio a oggi) e degli otto in Coin (+60%). Per gli Upim rimanenti la previsione è di passare da un Ebitda negativo per 10 milioni di euro nel 2009 a uno positivo per più di 10 milioni quest’anno. L’investimento per gli Upim Pop è di 80 milioni in due anni. Altro elemento di sostanza sono i marchi ospitati: nel food sono Culto (gruppo Airest), Goppion (caffetteria trevigiana) e soprattutto Mo’, un format di Fratelli La Bufala realizzato per gli Upim Pop. Al di fuori del food, spicca la presenza di Euronics, che svilupperà 15 punti vendita nel formato City. Tra i corner si segnalano le librerie (Arion, Feltrinelli e Mondadori alternativamente), la profumeria Shaka e gli spazi per gli hobby: Coats per la merceria e Oreca per l’utensileria. •
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indice retail&food 2010 Un altro “mese-bingo” A
nche i due mesi estivi sono trascorsi confermando il solito clichè: sia la borsa italiana sia quella mondiale hanno messo a segno un lieve progresso, non sufficiente a recuperare lo svantaggio accumulato da inizio anno, e tuttavia segnale di una lenta e graduale ripresa, soprattutto per quanto riguarda l’indice mondiale. I titoli dei nostri due settori, food e retail, si sono dimostrati più vivaci, acquisendo un progresso di sei punti percentuali: l’indice R&F infatti passa da 124,60 a 130,65, confermando non solo la bontà di un eventuale investimento nelle azioni sottostanti, ma anche il buono stato di salute delle Aziende e dei mercati di riferimento. Alimentazione e lusso accessibile si confermano ancora una volta mercati solidi ed anticiclici, in grado di dare ottime soddisfazioni sia agli operatori sia agli investitori.
PRINCIPALI SOCIETA’ MARCHI POSSEDUTI
HOLDING
31-12-09
AUTOGRILL Hms Host, Aldeasa, Alpha Group, World Duty Free Italia BURGER KING HLDGS Nyse DARDEN FESTAURANTS Red Lobster, Olive Garden Nyse DINEEQUITY Applebee’s, House of Pancakes Nyse FLO GROUPE Bistro romain, Hippopotamus, Maitre Kanter Francia MCDONALD’S Nyse PAPA JOHN’S Nyse STARBUCKS Nyse YUM BRANDS KFC, Pizza Hut, Taco Bell Nyse AEFFE Alberta Ferretti, Moschino, Pollini Italia ADIDAS Reebok Xetra BENETTON GROUP United Colors, Sisley Italia BULGARI Italia DAMIANI Italia DUFRY Svizzera GEOX Italia HUGO BOSS Valentino, Permira Xetra INDITEX Zara, Pull and Bear, Massimo Dutti Xetra LUXOTTICA Italia Louis Vuitton, Moet Chandon, Hennessy, Francia LVHM Fendi, Dior, Zenith, Guerlain NIKE Nyse PPR Puma, Fnac, Gucci, Redcats, Conforama Francia RALPH LAUREN Polo LR, RL Watches Nyse RICHEMONT Vacheron Constantin, Cartier, Dunhill Xetra SAFILO GROUP Italia STEFANEL Italia SWATCH GROUP Omega, Longines, Tissot Xetra TIFFANY & CO Valentina, Elsa Ferretti, Paloma Picasso Nyse TOD’S Hogan, Fay Italia INDICE FOOD INDICE RETAIL INDICE RETAIL&F00D FTSEMIB MSCI ALL COUNTRY
QUOTAZIONI AL
MERCATO
23-07-10
8,82 19,03 35,25 24,90 3,61 62,66 24,03 16,20 35,20
09-09-10
10,16 17,26 45,27 36,18 4,65 71,40 25,50 25,15 41,17
indice
9,63 23,68 44,00 37,64 4,43 73,70 25,24 24,65 43,91
109,18 124,44 124,82 151,16 122,71 117,62 105,04 152,16 124,74
0,52 37,77 6,24 5,75 1,06 70,10 4,82 20,22 43,01 18,05
0,39 43,03 5,53 6,44 0,88 85,95 4,01 29,34 51,22 20,29
0,33 42,45 5,48 6,07 0,79 91,25 3,96 30,86 57,01 19,27
63,46 112,39 87,82 105,57 74,53 130,17 82,16 152,62 132,55 106,76
79,69
94,54
98,14
123,15
46,14 82,76 56,89 23,37 11,60 17,50 175,73 43,72 30,01
71,56 105,60 76,47 29,14 8,18 0,71 243,30 40,71 58,96
74,55 109,25 81,68 32,99 8,80 0,60 266,65 42,44 54,85
161,57 132,01 143,58 141,16 75,86 3,43 151,74 97,07 182,77
100,00 100,00 100,00 23,24 286.959
120,48 125,98 124,60 20,65 271.969
124,89 132,58 130,65 20,84 276.498
124,89 132,58 130,65 89,67 96,35
L’indice Generale Retail&Food è ponderato nella misura di 1 (food) a 3 (retail) per tener conto della differente ampiezza dei rispettivi mercati. Tutte le quotazioni sono nella valuta della piazza relativa.
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osservatorio prezzi Sei spazi espositivi a confronto su un terreno prosaico ma sempre meno marginale: i servizi di bar e ristorazione. La Galleria di arte moderna a Roma conviene per la caffetteria, Capodimonte a Napoli per i drink. Ma se si preferisce sedersi, la Triennale di Milano è all’avanguardia. Mentre agli Uffizi per un cappuccino al tavolo servono 4 euro e mezzo
PREZZI DA MUSEO L
a differenza tra il tenore di vita nelle diverse regioni pesa, ovvio, così come la posizione in luoghi più o meno centrali delle città o la qualità dei prodotti offerti. Ma se nel bar di un museo un cappuccino o una birra costano il doppio che in un altro la ragione principale è probabilmente da ricercarsi nel posizionamento scelto: luogo “democratico” in cui attrarre persone (e magari anche giovani) o rifugio esclusivo per chi vuole rilassarsi godendosi il ricordo delle opere appena viste. Tra questi due estremi sembrano oscillare le realtà museali osservate per l’osservatorio prezzi di questo mese, per il quale sono stati raccolti i listini di sei musei in altrettante città d’arte. A Milano è stata selezionata la Triennale (design e arte moder-
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na), che può contare sulla gestione di due bar, di cui uno stagionale, da parte di Autogrill, la quale ha realizzato il DesigCafé con la collaborazione dello chef Carlo Cracco. La società di Milanofiori gestisce, tra gli spazi che sono stati selezionati, anche il Museo del Cinema all’interno della Mole Antonelliana di Torino, dove i piatti del Caffè Cabiria (come il kolossal del 1914 omaggiato con un’enorme statua all’interno dell’esposizione) traggono spunto dall’esperienza Ciao. Un altro operatore presente con offerta food in aeroporti e autostrade è Airest (gruppo Save-Aeroporto di Venezia), che gestisce il circuito dei musei civici veneziani, tra cui il Correr nei pressi di piazza San Marco. A Roma, la Gnam, Galleria nazionale di arte moderna, è stata una delle prime realtà a muoversi
dopo l’illuminata Legge Ronchey del 1993 che permise l’arrivo dei privati nella gestione dei servizi aggiuntivi. Sono poi stati presi in analisi il “principe” dei musei italiani (ma anche il più bisognoso di innovazione, Mario Resca docet), la Galleria degli Uffizi, e il museo di Capodimonte di Napoli (l’altro gioiello partenopeo, il museo Archeologico nazionale, non ha bar interno).
Caffetteria, risparmi alla Gnam e in Triennale
Per quanto riguarda il caffé, con la sua variante d’orzo, il cappuccino e il croissant, l’offerta del Caffè delle Arti della Gnam di Roma è risultata in tutti i casi la più conveniente (pur con degli ex aequo), con listini da bar cittadino. Al contrario, per caffè e sue varianti il più costoso bar museale è il Correr di Venezia, situato però, va ricordato, in uno degli ettari più prestigiosi-esosi d’Europa. Sul cornetto, però, è superato dal bar Bartolini degli Uffizi, venduto a 1,5 euro. Fin qui si parla di centesimi di differenza, ma quando il confronto passa dal banco al servizio al tavolo
la forbice si allarga. Dalla rilevazione sono stati esclusi Torino e Napoli, che hanno tavoli con libero servizio e nessuna maggiorazione. Tra le altre strutture culturali si distingue per economicità la Triennale di Milano, più conveniente per tutti i prodotti di caffetteria, con pari merito per
RILEVAZIONE PREZZI MUSEI Triennale Milano
Gnam Roma
Gestore
Autogrill
Caffè delle Arti
Articolo
Prezzo
Prezzo
Museo Correr Venezia
Museo Cinema Torino
Museo Capodimonte Napoli
Bartolini
Airest
Autogrill
Servizi Generali srl
Prezzo
Prezzo
Prezzo
Prezzo
Gall. Uffizi Firenze
banco
tavolo
banco
tavolo
banco
tavolo
banco
tavolo
banco/tavolo*
banco/tavolo*
Caffè espresso 1,00 Cappuccino 1,30 Caffè d’orzo 1,20 Croissant 1,20 Panino n.d. Toast (base) n.d. Pizza n.d. Acqua (50 cl) 1,00** Coca Cola (Pet 50 cl) 2,50** Birra in bottiglia (33 cl) 5,00 Aperitivo analcolico 3,50 Aperitivo alcolico 8,00
1,70 2,00 1,70 2,00 7,00 6,00 n.d. 1,50 4,00 6,00 3,50 8,00
0,90 1,10 1,00 1,10 3,50 3,00 n.d. 1,00 2,30 2,80 2,90 5,00
2,50 2,80 2,50 2,00 4,50 4,50 n.d. 1,00 4,30 4,50 5,50 8,50
1,00 1,80 1,00 1,50 3,80 3,80 3,80 1,80 3,00 3,50 2,50 3,50
3,50 4,50 3,50 3,00 4,50 4,50 4,50 3,00 5,00 6,00 4,50 7,50
1,20 2,20 1,30 1,30 2,90 3,90 n.d. 2,00 2,80 4,00 2,70 2,70
2,60 3,50 2,80 2,00 3,70 5,30 n.d. 3,00 4,00 4,90 4,00 4,00
1,00 1,40 1,00 1,20 3,00 3,50 3,50 1,20 3,00 3,50 3,50 5,00
0,90 1,50 1,20 1,20 4,00 3,50 2,50 1,00 2,00 2,50 2,50 2,60
13,00*** n.d. 8,00***
12,00 12,00 4,50
n.d. n.d. 6,50
n.d. n.d. 4,20
n.d. n.d. 5,90
5,50 11,50**** 3,50
n.d. n.d. n.d.
SNACK BAR
RISTORANTE Primo Secondo con contorno Dessert
10,00 n.d. n.d.
Prezzo più alto Prezzo più basso * al tavolo libero servizio; ** bottiglia in vetro da 25 cl; *** valore variabile giornalmente; **** secondo 8,50 / contorno 3,00 €
il croissant con Roma e Venezia. Ai ricarichi minimi meneghini fanno da contraltare quelli massimi agli Uffizi, tanto che l’accoppiata cappuccinocroissant lievita dai 4 euro milanesi ai 7,5 toscani. L’impressione è che mentre la struttura ai bordi del parco Sempione favorisca il consumo da
colazione, quella fiorentina privilegi l’occupazione dei tavoli per il pranzo, e viceversa.
A Milano panini d’oro
Se infatti si sposta lo sguardo sul prezzo dei panini e del toast, la Triennale, dove non è possibile ordi-
nare tali pietanze al banco, fa segnare i valori da Guinness dei primati: 6 euro (poco meno di 12mila delle vetuste lire) per un toast, per quanto maxi, e 7 euro per il sandwich. Agli Uffizi, invece, per tali vivande e per la pizzetta si spendono sempre, al tavolo, 4,5 euro. Estendendo l’analisi agli altri musei, risulta che per il panino di primo prezzo il tempio della cultura più conveniente è il museo Correr di Venezia (prezzi da 2,90 a 4,20 euro al banco e da 3,70 a 5,70 al tavolo); per il toast è la Gnam a distinguersi positivamente (3 euro al banco e 4,50 al tavolo); per la pizza, offerta in solo tre caffetterie, è invece conveniente, e non poteva essere diversamente, quella del museo di Capodimonte di Napoli, gestita da Servizi Generali srl.
Bevande, meglio con vista Golfo
Il bar della prestigiosa pinacoteca partenopea, inoltre, è di gran lunga il punto vendita dove le bevande costano meno, dall’acqua al prosecco. La differenza più eclatante è tra i 2,6 euro richiesti per l’aperitivo alcolico di base a Napoli e gli 8 a Milano. Anche in questo caso pesa il fatto che nella città un tempo capitale dell’Impero romano d’Occidente e oggi dell’happy hour, gli aperitivi alcolici raramente si trovano sotto i 6 euro nei bar. Ma nel DesignCafé costano più che negli altri cinque bar museali anche l’aperitivo analcolico e la birra in bottiglia (quest’ultima si vende al doppio che nella caffetteria di Capodimonte). L’acqua e la Coca-Cola non sono le più care ma in compenso il formato è di soli 25 cl ciascuna. Su questi prodotti il primato è rispettivamente delle caffetterie del Correr e degli Uffizi
(Coca-Cola alla pari con il Museo del Cinema). Quando i prodotti vengono serviti al tavolo, il giudizio cambia. Alla Triennale i prezzi rimangono sostanzialmente invariati, cosicché il DesignCafé risulta relativamente economico, mentre i più onerosi sono il Caffè delle Arti della Gnam di Roma, per gli aperitivi, e il bar Bartolini agli Uffizi, per bibite e birra.
Ristoranti, campionati diversi
Mentre tra le caffetterie può avere senso un confronto tra i prezzi, non altrettanto si può dire per i ristoranti. A parte la varietà di soluzioni tra le offerte pranzo in settimana, brunch domenicali o menu à la carte serali, è difficile mettere a paragone proposte oneste con menu predisposti con la collaborazione di chef di grido – Carlo Cracco a Milano, ma lo stesso discorso si potrebbe fare con il ristorante Open Colonna di Antonello Colonna all’interno del Palazzo delle Esposizioni a Roma. Ci si limita a osservare che il prezzo del primo a Milano, Roma e Firenze è compreso tra i 10 e 13 euro. A Torino è la metà ma non è un’offerta paragonabile.
Conclusioni
Tirando le somme (in senso letterale), addizionando i prezzi al banco di caffetteria, drink e panino più toast, il verdetto è questo: Capodimonte 22,90 euro, Gnam 24,60, Correr 27, Museo del Cinema 27,3, Uffizi 33,9, Milano non classificato perché non si vendono al banco panini e toast (ma nei parziali era comunque tra i meno economici). Se la Mole Antonelliana, dove è ospitato il Museo del Cinema, è raffigurata sulla moneta da 2 centesimi, verrebbe da dire che su quella da 1 cent Castel del Monte dovrebbe fare spazio al quasi omonimo museo napoletano. F. P.
retail&food - ottobre 2010 21
Star Trek food
Destinazione
FLUNCH GRUPPO FLUNCH in pillole
L
’anno prossimo Flunch, marchio francese di ristorazione commerciale, compie quarant’anni. Era il 1971 quando Gérard Mulliez, uno di pionieri della grande distribuzione d’Oltralpe, inaugurava nel centro commerciale di Englos (Lille) il primo negozio della catena e ne faceva derivare il nome dalla contrazione di ‘fast’ (veloce in inglese) e ‘lunch’ (pranzo). Un modo di scegliere i marchi decisamente fortunata. Infatti qualche anno prima a Mulliez era andata ottimamente con Auchan, che scaturisce dall’unione fonetica delle due parole dell’indirizzo del suo primo supermercato (inaugurato nel 1961), situato nel quartiere degli Hauts champs a Roubaix. Ora conosciamo Auchan come uno dei brand leader nel settore della distribuzione europea (in espansione anche in Asia) con circa 440 ipermercati (di cui 56 in
22 retail&food - ottobre 2010
Data di nascita Proprietà Fondatore Sede Management Settori di business Insegne del Gruppo Ricavi Risultato d’esercizio MOL/Ricavi Rapporto indebitamento
Tab. 1
Primo ristorante Flunch 1971 a Lille in Francia, in Italia 1989 a Torino: ambedue c/o Ipermercati Auchan Flunch Italia srl controllata da Flunch sas (Francia) del Gruppo Agapes Restauration, facente capo alla Associazione familiare Mulliez Gérard Mulliez, fondatore anche di Auchan Francia, Lille. Italia, Torino Jean Bentivegna è il presidente della Flunch Italia srl Ristorazione commerciale 15 in Italia; tutte c/o ipermercati. In Francia Flunch conta com- plessivamente più di 240 punti ristoro a gestione diretta e non € 27,28 milioni € - 81.396 5,10% 66,30%
Italia), più di 700 supermercati e quasi 300 gallerie commerciali. Senza dubbio per i francesi, molto gelosi della propria identità linguistica tanto da chiamare il comFonte aziendale su bilancio 2009 puter ‘ordinateur’, deve essere prevalentemente diretta, anche se stato ben strano nell’ultimo decennio il marchio ha pranzare sotto un’insegna di origine aperto al franchising, una formula straniera. Il nazionalismo culturale che ad oggi conta circa 50 tavole d’oltralpe, però, non sembra proprio calde in Francia. aver frenato lo sviluppo della catena Mulliez, comunque, una certa simdi tavola calda, che oggi conta più patia per il mondo anglofono l’ha di 200 punti ristoro nel suo paese sempre avuta: rampollo della faminatale (10mila collaboratori e 60 glia proprietaria dell’impresa tessile milioni di clienti l’anno) ed è presente Phildar, ha studiato in un college col suo marchio negli shopping mall inglese. Prima di lanciarsi nella grandi Portogallo, Spagna, Italia, Polonia de distribuzione, poi, ha soggiornato e Russia. La gestione dei locali è
negli States per assistere ai seminari di Bernardo Truijllo sulle nuove formule commerciali che stavano prendendo piede in Nord America. Inoltre, non va dimenticato che Auchan non sarebbe quello che è oggi, se il suo fondatore non avesse avuto l’intuito di credere nel whiskey (bevanda alcolica principe nei paesi anglosassoni e allora quasi sconosciuta in Francia) e il coraggio di venderlo a prezzo di costo. Un colpo
di marketing da maestro navigato, che permise un decollo commerciale immediato e che fece da trampolino di lancio all’apertura nel 1967 di un secondo supermercato alle porte di Lille, proprio dove quattro anni dopo vide la luce il primo Flunch.
Piccoli in Italia, colossi in Francia
Oggi la famiglia Mulliez, organizzata in associazione (una specie di cooperativa formata dagli eredi, in tutto quasi 500), è un colosso finanziario con un giro d’affari paragonabile a France Telecom e controlla, oltre ad Auchan, altri big della distribuzione, conosciuti bene anche nel Belpaese, come Decathlon e Leroy Merlin. Della galassia delle aziende che riferiscono ai Mulliez fa parte anche Agapes Restauration, terzo gruppo sul mercato della ristorazione commerciale in Francia, a cui fanno
capo le insegne tipicamente francesi di Amarine (trattorie di pesce), della catena dei brasserie Le 3 Brasseurs, Salad&Co e delle più ‘italiane’ per tipologia di prodotto Pizza Pai e il Ristorante. Ma è Flunch il primo e più importante gruppo (vedi tab. 1). E’ anche più trasversale rispetto agli altri format decisamente a tema, ed è quindi anche quello più esportato. Il fondatore di Auchan anche qui ha avuto l’ottima idea di importare un format americano, in un momento di espansione delle catene fast food, europeizzandolo: niente hamburger e sandwich, ma un pranzo con primo e secondo e contorno, con una buona diversificazione di ricette. Il tutto spendendo poco, fedele al motto che ha fatto la fortuna dei suoi ipermercati “mai più caro del meno caro”: in Italia la pubblicità di Flunch ci racconta di un pranzo completo
per meno di 10 euro. Il concept, poi, richiede l’ubicazione preferibilmente presso i centri commerciali, un settore con un mercato vergine e in espansione in quegli anni. Senza contare che la catena di ristoranti cresce in sinergia con rete di mall di proprietà familiare: insomma un bel risparmio. Nel Belpaese, Flunch (più di 100mila clienti alla settimana) è presente con 15 insegne (vedi tab. 2), tutte presso ipermercati, con, ovviamente, una netta prevalenza di Auchan, anche se in alcuni casi l’insegna è presente in centri commerciali della Coop (Modena, Savona o al Parco Dora di Torino ad esempio) o in due casi presso shopping mall di altri supermercati (Genova e Bergamo Due Torri). Il format prevede uno spazio diviso in tre parti: ristorante, bar e pizzeria, non tutti necessariamente presenti nello stesso negozio, anche se solitamente l’offerta è completa. In tutto 13 ristoranti/pizzerie e bar e solo 2 semplici chioschi pizza (Molinetto di Mazzano – BS e Pescara), nella maggior parte dei casi aperti 7 giorni su 7 a pranzo e a cena. I piatti caldi sono preparati davanti al cliente e il free flow, da una parte permette di comporre a proprio piacimento il proprio pasto, dall’altra garantisce all’azienda un notevole risparmio gestionale di personale in servizio e di tempi morti. Insomma, in Italia Flunch ha importato integralmente il progetto transalpino, dove al marchio è comunque riconosciuto un buon rapporto qualità/prezzo. Il legame con la casa madre d’Oltralpe infatti è molto stretto: la srl è controllata da Flunch sas di Villeneuve d’Ascq, la capofila della catena, di proprietà, a sua volta, dei Mulliez tramite Agapes sa. Ma il rapporto è anche di tipo organizzativo, come tiene a sottolineare nella sua relazione di gestione dello scorso anno Jean Bentivegna, presidente dell’azienda italiana: «La Casa Madre francese ha messo a disposizione della società il proprio personale e ha collaborato attivamente per la soluzione dei problemi che si sono via via manifestati nel corso dell’esercizio e il suo apporto si è rivelato come sempre decisivo per il loro superamento». Per comprendere il filo doppio che lega l’Italia alla stanza dei bottoni a Lille (dove nel 2007 Jean Luis Landrieux è il presidente fondatore) nel nord della Francia, basta controllare la carta d’identità dei due
amministratori (per altro appena rinnovati per altri tre anni): Bentivegna e Pierre Andrè Decornet, ambedue naturalmente di cittadinanza e residenza francese. Effettivamente con un peso massimo come il gruppo Mulliez alle spalle dev’essere meno difficile la penetrazione nel mercato italiano, decisamente complicato e non ancora sviluppato come quello europeo sia per il settore food, che per quello del retail e della grande distribuzione commerciale. Infatti da noi sembra decisamente dura per la concorrenza di pesi massimi come Autogrill con i suoi diversi format, o per altre presenze consolidate come Brek, Ristò, o a causa di nuovi player a tema come Da Giovanni Rana ad esempio, a cui vanno aggiunte tutte le catene di pizzerie/ristoranti napoletani (da Rossopomodoro a Fratelli La Bufala), ma anche i piccoli esercizi. Non va poi sottovalutata la particolarità dei consumatori italiani, sempre molto esigenti quando si tratta di
Tab. 2
mettersi a tavola. Infatti, il primo ristorante italiano della catena è stato aperto ventuno anni fa a Torino presso il centro commerciale Auchan di corso Romania, il primo ipermercato del marchio francese in Italia. E a Torino, oltre al primo punto ristoro, oggi c’è la sede centrale della società italiana, che quest’anno conta quasi 600 addetti in 8 regioni italiane e ha segnato ricavi per circa 27 milioni di euro.
Trend positivo ma ancora niente utili
Flunch, infatti, attraverso la sua controllata italiana, è ben radicata nel nostro paese e, nonostante qualche difficoltà, è in lenta, ma costante crescita da diversi anni. Insomma, un prudente diesel che nell’ultimo decennio è passato da un giro d’affari di quasi 20 milioni del 2000 ai 27 del 2009, anche se in lieve decremento
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Star Trek food FATTURATO (euro)
Tab. 3
30.000.000 25.000.000
20.000.000
15.000.000 10.000.000
5.000.000
0
2000
2001
2002
2003
(-3,16%) sul record del 2008. Anche gli indici finanziari ci raccontano un trend positivo dopo le vacche magre di qualche anno fa, quando nel 2004 l’azienda è scesa anche sotto il – 6% di Return on investement. Infatti, anche se questo indicatore del 2009 (+1,4%) è in contrazione rispetto al 3,7% dell’anno prima, conferma il trend positivo dopo sei anni di rosso. Segno che insieme a un miglioramento degli altri indici, la società ha intrapreso un buon programma di risanamento (vedi tab. 3). A testimonianza di ciò, il rapporto di indebitamento dell’anno scorso (66,3%, comunque non troppo elevato) è addirittura migliore di quello del 2008 (66,8%), anno comunque record, e 15 punti percentuali in meno di quello di tre esercizi precedenti. Senza contare un secco – 46% di oneri finanziari del 2009 sull’anno prima. Però, il problema vero è che Flunch Italia da un bel po’ non fa utili, anzi è sempre in rosso. Non cifre spaventose, sia chiaro, ma il segno più nella casella del risultati di bilancio è da troppo tempo uno sconosciuto. Però, a vedere il bicchiere mezzo pieno possiamo dire che le perdite negli ultimi tempi si sono decisamente ridimensionate: l’ultimo bilancio ha chiuso con un rosso di 81mila euro, che è quasi la metà della perdita dell’anno prima, ma addirittura un undicesimo di quella del 2005. Un buon risultato (ma ovviamente sempre negativo) in un anno di crisi, raggiunto anche grazie a un discreto – 2,4% sui costi di produzione, che dimostra una buona attenzione gestionale. Il motore dell’azienda, infatti, funziona e produce, nonostante la crescita del costo del lavoro sul fatturato (meno di 36mila euro nel 2000, 46,2mila l’anno scorso): l’EBITDA nell’ultimo decennio non ha mai segnato rosso (1,5 milioni nel 2009 con un +2,16% sull’anno prima) e il rapporto MOL/ricavi non è da caviale e champagne, ma comunque si attesta su una media del quasi
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2004
2005
2006
2007
2008
2009
5% negli ultimi cinque esercizi: 5,1% l’anno scorso, 6,4% due bilanci fa, in netta crescita dal 3% nel 2005. Oltre all’incidenza sugli esercizi commerciali della contrazione dei consumi familiari (-1,7%) causata dalla crisi globale, il volume d’affari del 2009 ha sofferto del calo significativo di fatturato (-18%) del ristorante di San Rocco al Porto dovuto al crollo del ponte sul fiume Po che collega il centro commerciale Auchan (dove si trova il punto ristoro) e Piacenza. Ma in generale il calo dei ricavi, seppur decisamente contenuto, è stato comune a quasi tutti gli altri punti vendita, soprattutto nella gestione serale (ora di cena), più rispondente alle variabili dei consumi rispetto a quella più costante pomeridiana, legata al mondo del lavoro. Le uscite serali infatti hanno nella maggior parte dei casi uno scopo ricreativo e sono considerate come spese voluttuarie, le prime ad essere tagliate quando c’è da tirare la cinghia. Buone notizie invece dagli ottimi risultati del Flunch di Roma Bufalotta e da un contributo di 300mila euro (fondo For.te) per la formazione del personale, che oltre a una attenzione alla politica di gestione delle spese (si è risparmiato i prodotti alimentari e si
è speso meno per il lavoro interinale, ad esempio) ha controbilanciato il calo di fatturato e aiutato a ridurre del 45% la perdita d’esercizio sul 2008.
Chi va piano va sano e lontano
In questo panorama l’anno scorso Flunch non ha aperto nuovi punti vendita nel nostro paese, mantenendo le 14 insegne dell’esercizio precedente mentre è della primavera di quest’anno l’inaugurazione del punto ristoro nel centro commerciale Le Due Torri di Stezzano (BG), uno dei pochi dove la catena è presente, non Auchan. I primi mesi dell’anno in corso non sembrano dare molti segnali di miglioramento (a parte il fiore all’occhiello romano): la crisi non rallenta e la ripresa dei consumi non riparte. Così diventa centrale, per capire gli sviluppi futuri, il DNA dell’azienda transalpina in fatto di strategie a lungo respiro: una crescita prudente e il più possibile equilibrata è il marchio di fabbrica del brand francese nel nostro paese, rafforzato ulteriormente dalla poco favorevole situazione congiunturale. Per intenderci, nel 2001 la catena in
Italia contava 8 ristoranti, 10 bar e 13 chioschi pizza con un giro d’affari intorno a i 21 milioni. Oggi ha qualche ristorante in più e magari qualche chiosco pizza in meno, ma le dimensioni della rete sono rimaste più o meno la stesse. Così la Flunch italiana, prosegue la sua strategia di non fare il passo più lungo della gamba, cercando di scegliere con massima cura la localizzazione dei nuovi punti vendita, nonostante le spalle coperte dalla casa madre francese, un vero proprio peso massimo nel settore. Inoltre l’Italia rimane un mercato particolare per quanto riguarda la ristorazione commerciale organizzata. Da una parte è fuori di dubbio che il settore sia in crescita: anche da noi le abitudini e gli stili di vita portano sempre di più le persone a consumare almeno un pasto al giorno fuori casa e gli ipermercati sono sempre più dei luoghi di incontro, anche non solo funzionale alla spesa settimanale delle famiglie. Dall’altra parte la concorrenza delle piccole aziende individuali e a conduzione familiare, caratteristica del mercato alimentare di casa nostra, rende difficile un’espansione evidente di questo concept. David Montorsi
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prima pietra
torino, lo sport motore del retail I protagonisti hanno definito il progetto un super-luogo, per la sua capacità di offrire servizi e di intercettare grandi flussi di persone. Ma il successo del centro commerciale adiacente al nuovo stadio juventino si giocherà sulla sua capacità di attrazione al di fuori degli eventi sportivi
A
ll’estero è già una realtà, in Italia lo sarà presto. Nel nostro Paese il concetto di stadio sta per evolversi, almeno nelle intenzioni degli addetti ai lavori, per cui da luogo inospitale e dequalificante dovrebbe diventare un “super-luogo”: un soggetto virtuoso in grado di attrarre flussi e generare consumi. Proprio i consumi rappresentano la chiave di volta per rendere economicamente sostenibili le operazioni legate ai nuovi impianti. Tra le società di Serie A, soprattutto tra le big del nostro campionato, l’iniziativa portata avanti dalla Juventus è sicuramente quella pilota. Protagonisti insieme alla società sportiva, in qualità di promotori, si annoverano Nordiconad, Cmb e Unieco, mentre la commercializzazione è affidata a Cbre-Espensione Commerciale. Attualmente il progetto di Torino, che comprende lo
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stadio e un’area con centro commerciale, uffici, spazi verdi e un parcheggio da 50mila mq (con 2.000 posti auto di cui 800 interrati) attraversa un’avanzata fase di cantiere. In particolare lo shopping center sarà adiacente al settore est dello stadio, inserito in una struttura indipendente rispetto agli accessi e ai servizi del campo sportivo. In sede di progetto l’omogeneità del complesso è stata assicurata mantenendo inalterata la morfologia e i materiali, infatti la curvatura del rivestimento metallico replica, su un perimetro più vasto, il profilo esterno del nuovo impianto. L’inaugurazione è prevista per la fine del 2011 e, sempre secondo le stime, il centro commerciale avrà un flusso di 10mila visitatori al giorno, creerà 800 posti di lavoro e svilupperà un giro d’affari pari a 150 milioni di euro all’anno. L’investimento complessivo si aggira intorno ai 90 milioni di euro.
Oltre alla sinergia con lo stadio, il valore aggiunto è rappresentato dalla location. Il centro è posizionato nella prima periferia di Torino, su un’ area compresa tra corso Grosseto, la strada comunale Altessano, via Druento e via Traves, al confine con il Comune di Venaria Reale. La zona scelta per l’intervento gode di un collegamento diretto con la tangenziale Nord e della vicinanza all’autostrada A4 (Torino-Venezia). Di contro, invece, sarà posizionato in un’area fortemente presidiata da altri centri commerciali (vedi cartina “Il Bacino d’Utenza potenziale Isocrona dei 15’ minuti”).
Dagli spalti alle vetrine
All’interno del complesso l’area riservata allo shopping avrà una funzione strategica. A pochi metri dagli ingressi per le tribune si estenderanno 30mila metri quadrati di
superficie lorda affittibile dedicati al retail e al food. La superficie di vendita, pari a 19.500 mq, si articolerà in tre corpi: quello centrale ospiterà un ipermercato a insegna E.Leclerc-Conad (il primo presidio di E.Leclerc in Italia) e una galleria con 54 esercizi, mentre ai lati sorgeranno due strutture commerciali non alimentari di media estensione. Complessivamente le unità retail superiori ai 400 mq di gla saranno otto mentre la food court sarà alimentata da quattro attività. La ristorazione andrà a comporsi in totale di sei esercizi. Attualmente la commercializzazione è in fase di start up, l’avvio è previsto per il mese di ottobre, per cui non è stato possibile avere informazioni relative ai costi spazio e ai marchi che presidieranno le principali ancore. Fa eccezione il Brico Centre Obi, che sarà posizionato sul corpo sinistro, guardan-
Il progetto in pillole Apertura prevista Investimento complessivo Promotore Commercializzazione Progettazione
fine 2011/inizio 2012 90 milioni di Euro Nordiconad, Cmb, Unieco CBRE Espansione Commerciale Studio Rolla (per la parte commerciale)
Localita’ Localizzazione Tipologia GLA Parcheggi Medie superfici Unità ristorazione Totale unità (piccole, medie e grandi superfici) Àncora alimentare
Torino (area ex stadio Delle Alpi) urbana Centro commerciale 30.000mq 2.000 (di cui 800 interrati) 8 4 nella food court, 6 in totale
Sotto la lente... Iter progetto Demolito il Delle Alpi nel giugno/luglio 2009, sono iniziati i lavori per il nuovo stadio Ad ottobre 2010 inizia la commercializzazione L’inaugurazione è prevista tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012
bacino d’utenza Grazie alla location urbana, il bacino d’utenza nei 15 minuti di isocrona supera i 720mila residenti
Offerte commerciale Circa 60 unità, con 8 medie superfici
Costo di locazione Dato non disponibile
Impatto ambientale Impianto generale di termoregolazione, centrale termica con caldaie a condensazione, impianto fotovoltaico, sistema a tetto verde
63 E.Leclerc-Conad
a gruppi centrifughi, con un risparmio di energia elettrica del 50%, e un impianto generale di termoregolazione, che permette di bilanciare le richieste energetiche sulla base delle condizioni ambientali esterne ed interne in modo da contenere gli sprechi. Inoltre sarà installata una centrale termica con caldaie a condensazione, che consuma il 20% di gas in meno, e sarà realizzata la predisposizione per l’impianto di teleriscaldamento. Per favorire l’ingresso di luce naturale saranno inseriti dei lucernai.
La concorrenza non manca
La sinergia con lo stadio e quindi con lo sport è un valore aggiunto,
La casa della Juventus
do lo stadio, rispetto alla galleria. Cbre-Espansione Commerciale ha comunicato comunque che la precommercializzazione è stata conclusa con risultati positivi. Nonostante quindi sia presto per formulare il mix dei negozi, è auspicabile che saranno presidiati tutti i comparti merceologici, con un focus significativo sul segmento sportivo, sull’abbigliamento bambino/ragazzo e sui giocattoli. Questo perché il target principale, su cui si gioca la scommessa retail, è rappresentato dalle famiglie, senza trascurare i giovani e gli anziani. Altrettanto probabile sarà la presenza di marchi di grido. La location adiacente allo stadio e l’originalità dell’iniziativa, legata a una squadra famosa come la Juventus, rende strategica in termini di brand awareness l’ingresso nel futuro shopping center. La sinergia con lo sport, dal punto di vista del marketing, porterà
probabilmente le insegne a creare concept espressamente dedicati, dal forte appeal. L’analisi sui costi, in particolare su quelli di locazione, lascia ipotizzare degli affitti compresi nella fascia “medio-alta”, se non addirittura in quella “alta” come per i centri commerciali “prime”. Più contenute potrebbero essere le spese per l’approvvigionamento energetico e la climatizzazione della galleria, dato che nel progetto sono stati inseriti degli accorgimenti specifici per abbattere i consumi, anche se potrebbero essere onerose le spese per il servizio d’ordine e per le iniziative di marketing.
Sopra la galleria, il prato
Minore surriscaldamento del tetto, minore effetto “isola di calore” della zona, minori picchi di portata delle fognature delle acque meteoriche:
Nato sul terreno dove sino a poco tempo fa sorgeva il Delle Alpi, il nuovo stadio potrà ospitare 41mila spettatori, quasi 30mila posti in meno della struttura precedente. Alle gradinate e alle tribune si accederà tramite 16 passerelle distribuite nei diversi settori. Il progetto prevede di recuperare tutta la parte interrata del Delle Alpi, compresa la zona del campo di gioco. Al di sotto delle gradinate verranno realizzate le aree di servizio allo stadio e alla squadra. La copertura degli spalti sarà costituita da una struttura “leggera”, realizzata in una membrana in parte trasparente e in parte opaca, per permettere una visione ottimale del campo e garantire il passaggio di luce necessaria alla crescita del mano erboso. Grande attenzione è stata riservata sul fronte della sicurezza: nell’anello potranno sostare i mezzi di servizio e di soccorso. Al termine degli eventi, in caso di emergenza, l’impianto si potrà svuotare in meno di quattro minuti.
la copertura in verde vegetale dello shopping center non darà solo l’impressione che il manto erboso prosegua al di fuori dell’anello, ma permetterà di abbattere le spese energetiche della galleria commerciale sottostante. Sul fattore green si gioca dunque l’aspetto strutturale del progetto, che ambisce a ottenere la classificazione energetica A+. Il complesso sarà dotato di sistemi come il fotovoltaico, per la produzione di elettricità, il solare termico, per la produzione di acqua calda sanitaria, l’impianto di produzione del freddo
da sfruttare in occasione degli eventi e da valorizzare soprattutto durante l’intero arco della settimana, altrimenti il centro non sarebbe economicamente sostenibile. Per riuscirci saranno fondamentali delle mirate iniziative di marketing volte a richiamare non solo i tifosi juventini e non solo un pubblico giovanile, ma anche le famiglie. L’analisi non può prescindere dal fatto che l’iniziativa in questione sia un centro commerciale, e perciò sia soggetta a fare i conti con la concorrenza. Lo Shopping center stadio di Torino si inserisce, infatti, in un’area
retail&food - ottobre 2010 27
prima pietra
ELEMENTI DI PRIMA VALUTAZIONE
circa 125.425 residenti (17,3%)
➜
Isocrona 15 minuti
➜
BACINO POTENZIALE
circa 725.000 residenti (100%)
Alta
Alta
Viabilità
Offerta
➜
➜
➜
Location
PROGETTO
➜
vari
“La Certosa” “Auchan-Venaria”
➜
CONCORRENZA ALTRI CENTRI COMMERCIALI
NEGATIVO
CRITICO
➜
➜
LEGENDA POSITIVO
L’ambiente competitivo - isocrona dei 15 minuti
Isocrona 10 minuti
Materiale fornito da Marketing & Co, www.marketing-co.it
Regione
Isocrona
Provincia
Comune
Denominazione
Piemonte 10 Torino Venaria Reale Auchan Piemonte 10 Torino Collegno La Certosa Piemonte 10 Torino Venaria Reale I Portici Piemonte 10 Torino Venaria Reale Le Alpi Piemonte 10 Torino Torino Vallette 10 Media Piemonte 15 Torino Torino Parco Dora Piemonte 15 Torino Torino Auchan Piemonte 15 Torino San Mauro Torinese Panorama Piemonte 15 Torino Torino Snos Gallery Center Piemonte 15 Torino Caselle Torinese Caselle Center Piemonte 15 Torino Torino Carrefour Montecucco Piemonte 15 Torino Settimo Torinese Coop Settimo Piemonte 15 Torino Torino Cevada Piemonte 15 Torino Settimo Torinese Monviso 15 media Media comp.
IL BACINO D’UTENZA POTENZIALE Isocrona dei 15 minuti
GLA
N° PV
23.100 22 AUCHAN 21.970 43 CARREFOUR 11.000 53 conad 2.105 7 NO 1.088 28 NO 11.853 37.390 45 IPERCOOP 31.570 40 AUCHAN 25.200 27 PANORAMA 13.146 40 IL GIGANTE 12.188 26 BENNET 10.501 12 CARREFOUR 7.500 5 COOP 1.172 13 DICO 1.139 6 LIDL 15.534 14.219
Comuni
10 Torino 10 Totale 15 Venaria Reale 15 Borgaro Torinese 15 Torino 15 Caselle Torinese 15 Druento 15 Pianezza 15 Collegno 15 Settimo Torinese 15 San Mauro Torinese 15 totale Totale complessivo
28 retail&food - ottobre 2010
MQ
10.000 7.500 540 3.608 7.450 9.500 8.500 4.970 5.850 6.200 1.200 460 550 4.964 4.480
Il bacino d’Utenza potenziale - isocrona dei 15 minuti Isocrona (minuti auto)
fortemente presidiata da strutture di media e piccola dimensione. In particolare entro i 10 minuti di isocrona si trovano due centri: il primo con iper-
Piattaforma alimentare
mercato Auchan, da 23mila di gla, e il secondo, denominato La Certosa, con ancora alimentare Carrefour e una gla da 21mila metri quadrati. Il
vantaggio rispetto a questi complessi è riposto in un maggior numero di unità commerciali all’interno della galleria: il progetto in forza alla Juventus ne conterrà circa 60 mentre i due esempi citati ne hanno rispettivamente 22 e 43. Un ulteriore plus è costituito dall’am-
Popolazione residente
%
125.340 125.340 34.563 13.553 445.049 17.597 8.434 13.000 50.175 11.842 4.758 598.970 724.310
17,3 17,3 4,8 1,9 61,4 2,4 1,2 1,8 6,9 1,6 0,7 82,7 100,0
% progress. 17,3 17,3 22,1 23,9 85,4 87,8 89,0 90,8 97,7 99,3 100,0
pio bacino di utenza, che abbraccia tutta la città di Torino, soprattutto la parte nord (125mila residenti nell’isocrona di 10 minuti e 725mila in quella dei 15 minuti). Meno densamente popolosa, invece, è la porzione di territorio al di fuori di Torino. A. P.
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taglio nastro
Carosello,
DOPPIO SALTO DI QUALITA'
S
ituato alle porte di Milano, a nord-est rispetto al capoluogo lombardo, lo shopping center Carosello gode di una location strategica. La posizione, collocata lungo la tangenziale Est e non distante dal casello di Agrate Brianza dell’A4 Milano-Brescia, ha contribuito a determinare la fortuna del polo commerciale nato nel 1972 e già ampliato nel 1997. Tuttavia, in una fase di forte concorrenza e di rapida evoluzione del settore, come quella odierna, per incrementare i consumi è stato necessario ammodernare la struttura e il parco negozi. Le difficoltà in cui versavano i retailer prima dei lavori sono state confermate in via diretta dagli stessi addetti alle vendite, intervistati durante la nostra visita al Carosello, e indirettamente dall’avvicendamento di alcuni negozi nelle diverse fasi di cambiamento. Questa è la premessa su cui, già prima della della crisi, è stato avviato il piano di ampliamento e di restyling della galleria in forza a Eurocommercial Properties e gestita da Larry Smith. Il progetto è stato realizzato dalla società One Works, attiva su diversi fronti
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tra cui quello aeroportuale, a da DunnettCraven Ltd. Grazie a questa iniziativa, costata complessivamente 82 milioni di euro (una cifra sufficiente a costruire uno shopping center ex novo), il polo commerciale ha visto ampliarsi la gla di 13.200 mq totali, arrivando a una superficie lorda affittabile di 52.430 metri quadrati distribuiti su un unico livello. L’arricchimento dell’offerta, accompagnato da opportune politiche di marketing, ha determinato performance positive in termini sia di fatturato che di flusso. A tal proposito il direttore del centro, Ilic Ravagnani, ha dichiarato che dai 6 milioni di visitatori del 2008 si è passati ai 7,1 del 2009, mentre la previsione per quest’anno si attesta sugli 8 milioni. «Nel solo mese di maggio - ha aggiunto Ravagnani - l’affluenza è cresciuta del 17 per cento».
Scacco in due mosse
Il 2008 e il 2009 sono stati gli anni della svolta. A dodici mesi di distanza l’una dall’altra, rispettivamente il 28 ottobre 2008 e il 29 ottobre dello scorso anno, sono state inaugurate l’ala ovest e la
food court, denominata “La corte del gusto”, collocata al centro tra la parte nuova e quella “vecchia”. Le virgolette sono d’obbligo perché, nonostante la struttura pre-esistente sia facilmente distinguibile osservando l’ampiezza e l’altezza degli spazi, sono stati rifatti e resi omogenei tra loro i pavimenti, i controsoffitti e i portali in alluminio dei negozi. L’elemento principale che ha determinato il salto di qualità del centro commerciale è stato l’inserimento di una quarantina di unità retail, per cui dai 70 negozi antelavori si è arrivati a quota 110 circa. L’iniziativa ha permesso non solo di aggiungere nuovi shop ma anche di rinnovare gli esercizi commerciali non performanti, in occasione delle naturali scadenze di contratto, e di modificare talvolta le location dei negozi pre-esistenti. Alcuni esempi sono costituiti da Zara, ubicato nella posizione presidiata in precedenza da Conte of Florence, e da Foot Locker e Sephora che erano nell’area in cui ora sorge la Corte del gusto. Il tutto non senza un generale incremento delle spese per i retailer. Proprio su questo fronte, come lo stesso direttore del complesso
ha spiegato, i costi di locazione del Carosello si attestano sulla media dei centri commerciali “prime”.
Fase Uno…
In particolare con il primo ampliamento, avvantaggiato dal leggero ridimensionamento dell’ancora alimentare Carrefour, estesa attualmente circa 27mila mq di gla, lo shopping center ha guadagnato spazio sul lato ovest. Dove prima c’era un ingresso, su cui si affacciava un punto di McDonald’s, ora si dipana un’ampia piazza attorno alla quale si collocano gli shop Quiyou (in cui risalta il marchio Hugo Boss che recentemente ha siglato una partnership con i negozi del Gruppo Gallisport), Il Pellicano, Tommy Hilfiger, Guess, Celio e la media superficie di Zara. Tra i servizi si annoverano l’Info Carosello e una farmacia. Proseguendo lungo la struttura nuova si incontrano i marchi Calvin Klein Jeans, Sephora, Tally Weijl e Nike, sino ad arrivare alla piazzetta sud (dotata di ingresso che conduce al parcheggio tramite scale mobili). Qui dominano la scena le medie superfici H&M e Apple Store (quest’ultimo shop è stato
Il progetto in pillole 28 Ottobre 2008 Ottobre 2009 Carugate (Mi) Extraurbana Centro Commerciale One Works Spa e DunnettCraven Ltd Eurocommercial Properties Larry Smith Eurocommercial Properties Larry Smith 52.430mq 12.000 mq 1.200mq 82 milioni di euro 1 Carrefour Saturn, Oviesse, H&M, Zara, Apple, Medie Superfici Autogrill, Benetton 112 Totale spazi retail (comprese le medie superfici) 42 Totale spazi retail (ampliamento) 3.700 Posti auto
Data di apertura ampliamento 1 Data di apertura ampliamento 2 (Food Court) Località localizzazione tipologia Società di progettazione (ampliamento) Promotore Commercializzazione Proprietà Gestione Gla totale Gla ampliamento 1 Gla ampliamento 2 Investimento ampliamento Livelli commerciali àncora alimentare
Il nuovo si riconosce
Gli interni sono stati uniformati ad hoc ma la differenza tra la struttura nuova e quella precedente si vede. Tuttavia se la volontà della proprietà era di rilanciare il centro anche sotto il profilo del design l’obiettivo è stato centrato. Sul fronte interno, soprattutto nella parte nuova, gli spazi ampi valorizzano sia la visibilità dei marchi che la merce in esposizione. Tutto ciò è stato possibile innalzando la galleria sino a circa 10 metri. Netta è la diversità tra i due ingressi principali: quello a ovest è di ampio respiro, con l’info point decentrato sulla destra, numerose sedute di design e i marmi lucidati in risalto. Quello a est è chiuso da un soffitto più basso e da spazi ridotti, ulteriormente schiacciati dalle attrazioni per i bambini poste subito sulla destra. Sul fronte esterno i parcheggi sono stati aumentati e sopra la parte nuova è stata realizzata una grande copertura in erba di oltre 16mila mq, estesa come due campi da calcio. Questo consente di rego-
CoMMENTO
aperto in pompa magna nel settembre 2009), e i negozi Carpisa, Freddy e Luca D’Altieri. In direzione est, verso la parte “vecchia”, spicca la medio/grande superficie di hi-tech Saturn.
…Fase Due
La Corte del Gusto è l’ultima novità, in termini di ampliamento, del Carosello. Il nuovo spazio gode di orari prolungati sia nei giorni feriali che in quelli festivi e di un ingresso indipendente (segnalato come porta di emergenza ma in realtà a servizio della food court quando le altre parti del centro sono chiuse). Nei 1.200 mq di area ristorazione si contano 10 attività: la Bottega del Caffè, posizionata all’ingresso e ubicata nella piazzetta eventi, Arabian Kebab, De Santis bar e paninoteca, Kikko Sushi, Lombardini piadina&pesce,McDonald’s, Old Wild West, Qualcosa di buono gelateria, Qui pizza e Rossopomodoro. Le sedute sono di design differenti ma di utilizzo comune, tranne quelle di fronte a Old Wild West e Rossopomodoro che sono gestite direttamente dai due ristoranti. Inoltre è presente un
VALUTAZIONE
Struttura e design
La qualità dell’intervento merita il massimo dei voti. Più che apprezzabili le migliorie nella parte vecchia
Accesso e parcheggio
Orari specifici e accesso diretto a La corte del gusto ne valorizzano la funzione, I parcheggi sono ampi e su più livelli
Oltre 110 negozi con marchi di grande appeal. Offerta commerciale Uno su tutti: l’Apple Store
La food court è un esempio qualificante per il settore. Spazi comuni Numerose le attrazioni per i bambini. e attrattive Manca il divertimemento per gli adulti indice valutazione a cura di r&f:
= migliorabile = sufficiente = apprezzabile = molto buono = ottimo dehors esterno. Ai lati de La corte del gusto, al livello 1, sono state inaugurate in un secondo momento le attività ricreative per i bambini, estese 600 metri quadrati. Per aumentare la leva dell’intrattenimento anche nelle ore serali e in occasione di determinati eventi sportivi è stato installato uno schermo di 5 metri di larghezza per 3 di altezza sulla parete a sud.
L’offerta si fa ricca
Lo shopping center di Carugate conta oltre 110 unità retail quasi tutte operative, a novembre sarà inaugurato uno shop Hollister da 600 mq, delle quali sette sono medie superfici: Oviesse si estende su circa 2mila mq di gla, Autogrill su circa 1.200, Benetton su 436, Saturn su 3.872, Zara su 1.200 e
l’Apple Store su 615. Non esistono aree merceologiche definite, come sostiene il direttore del centro commerciale, anche se la nuova ala annovera i marchi più fashion. La maggior parte dell’offerta è basata sui beni per la persona, ma non mancano gli shop per la casa e il tempo libero, che sono ben 11, i servizi, tra i quali uno sportello bancomat Bcc, un postamat e i negozi di telefonia Vodafone e Wind. La ristorazione, oltre a La corte del gusto, include la già citata media superficie Autogrill-Spizzico, situata all’ingresso est, la superficie esterna È arrivato Paolino e Qualcosa di buono caffetteria. Di grande rilevanza, inoltre, sono le iniziative temporary, alle quali sono riservati 12-13 spazi.
lare gli scambi di calore tra interno ed esterno riducendo i consumi del condizionamento meccanico. Nel prato sono inoltre posizionati 71 grandi coni, di dimensione variabile tra i 3 e i 7 metri di diametro, che illuminano naturalmente la galleria. Dentro La corte del gusto la luce naturale è garantita da una vetrata esterna e da tre lucernai ospitati nella copertura a 12 metri di altezza. L’attenzione ai consumi si è concentrata anche nella raccolta dell’acqua piovana, che viene incanalata e utilizzata per lo scarico dei bagni. Sotto il profilo dell’impatto visivo la facciata del centro non appare neutra, ma al contrario è composta da vari blocchi. In particolare la parte centrale è stata realizzata inserendo un grande volume in pietra naturale e vetro lungo circa 70 metri. A. P.
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focus stadi e musei CAlcio e cultura, due mondi del tempo libero lontani ma accomunati da un destino analogo: dopo anni di impasse i progetti e le cornici legislative si stanno avviando. Abbiamo fatto il punto delle novità e selezionato i casi più interessanti.
IL MOMENTO DELLA SVOLTA D i stadi nuovi forieri di grandi opportunità, parafrasando uno dei convegni più interessanti della scorsa edizione della fiera Eire sul real estate, se ne parla da molti anni. Ora però finalmente è arrivata un’accelerazione. È infatti in fase avanzata l’iter di approvazione parlamentare della legge Crimi, che incentiverà le
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nuove realizzazioni grazie a un rapporto tra posti a sedere/metri quadrati di commerciale di 1 a 4. Al contempo, a sveltire i tempi ci si è messa l’esigenza sempre più pressante da parte delle società sportive di aumentare i propri introiti. Ad oggi l’affitto delle strutture, spesso obsolete (il 33% degli stadi italiani risale agli anni ’50), comporta
costi ingenti e bassi ricavi, il 13% in media per le squadre italiane. In Europa le prime 10 società ricavano dagli impianti oltre 100 milioni di euro ciascuna, mentre le dieci compagini nostrane incassano una somma compresa tra i 12 e i 30 milioni. Un esempio estero su tutti: lo stadio di Monaco di Baviera che, grazie al contratto con
›La progettazione intervista
gioca in attacco
Attivo sul fronte dei nuovi stadi, lo studio Giugiaro Architettura ha in portafoglio diverse iniziative, tra cui quella dell’AlbinoLeffe a Bergamo (presentata in occasione di Eire). Per capire come si evolveranno le cittadelle dello sport e quali saranno le prossime realizzazioni abbiamo intervistato il direttore generale, Aldo Cingolani. Qual è il vostro approccio in questo settore? La nostra logica per lo sviluppo degli stadi tiene conto di una serie di elementi, tra cui l’analisi di geo-marketing e delle caratteristiche tecniche, legali e amministrative del territorio. Per questo motivo ci siamo strutturati in un consorzio, chiamato Hub Sport Consulting, che include una serie di società che si occupano della gestione degli impianti sportivi, della questione legata ai diritti televisivi, della parte commerciale e dello sviluppo. Inoltre, come società Giugiaro Architettura, ci poniamo nel ruolo di general contractor. Quali saranno le prospettive per il retail e il food? L’idea è di creare luoghi di relax e benessere, dove lo stadio sarà uno dei motori trainanti. Ci saranno dei parchi per le famiglie dotati di numerose attrattive, tra i quali degli spazi dedicati ai bambini, delle zone di intrattenimento sia outdoor che indoor, delle parti legate alla ristorazione e allo shopping. Su quest’ultimo fronte intendiamo presentare delle specificità: siccome le aree commerciali sono oramai diffuse, l’obiettivo è di identificare delle attività che vadano a soddisfare le esigenze dei singoli bacini. La stessa strategia potrebbe essere ripetuta anche in ambito ricettivo. Attualmente stiamo cercando, inoltre, di costituire un gruppo di società, operative nel settore del food e del beverage ma non solo, che diventino dei fornitori ufficiali all’interno dei nostri spazi. Avete già raggiunto degli accordi? Alcuni contatti sono già avviati, ma al momento sono in fase embrionale. Per esempio vorremmo coinvolgere Heineken, perché è un marchio attivo nel mondo del calcio e propenso a iniziative di questo genere. Nel settore del caffè una soluzione potrebbe essere Lavazza o Illy, nel beverage Coca
Cola. Inoltre vorremmo parlare con Barilla per una ristorazione che presenti sfumature educational. Lo scopo è di portare qualcosa di nuovo per non ripetere i modelli già esistenti. Quali saranno le caratteristiche degli impianti sportivi? Le soluzioni in via di progettazione saranno estremamente flessibili: gli stadi da 12mila posti per la serie B potranno diventare da 20mila posti, parametro minimo per la serie A. Inoltre il campo da gioco potrà fuoriuscire dall’involucro dell’impianto sportivo per consentire l’organizzazione di eventi senza rovinare il manto erboso. Ovviamente sarà possibile realizzare strutture più grandi, da 40-50mila spettatori. Chi pagherà queste strutture? A pagare l’opera saranno le società di sviluppo che, grazie agli introiti derivati dalla vendita degli spazi retail, potranno finanziare la costruzione degli impianti sportivi. In Italia a parte 4 o 5 club, le società di calcio non potrebbero permettersi tali investimenti. Ecco perché non ci sono alternative a questa soluzione. Al momento cosa bolle in pentola? Sono in fase di finalizzazione dei contratti con società del nord Italia sia di serie A che di serie B, tra questi si annoverano i progetti di Novara, Brescia, Pisa e Savona. Di quest’ultimo si sta occupando un nostro partner. Il piano per il nuovo stadio dell’Albinoleffe è già firmato e attualmente attraversa una fase di standby in attesa che venga approvata la legge Crimi. Si può ipotizzare che per la primavere del 2011 qualcuno di questi stadi possa partire. Aggiungo che ci stiamo occupando dell’unico stadio in costruzione, che è quello di Torino. Andrea Penazzi
Allianz, ha incassato 90 milioni di euro solo per la denominazione in Allianz Arena. A caratterizzare le nuove strutture, di cui il progetto pilota in fase di cantiere è quello della Juventus a Torino (vedi box a pagina 26-28), sarà il numero ridotto di posti a sedere rispetto ai “colossi” attuali e la realizzazione attorno agli stadi di cittadelle dello shopping e dell’intrattenimento, rivolte soprattutto alle famiglie. Saranno quindi villaggi multifunzionali dove la presenza di servizi garantirà la redditività durante l’intero arco della settimana. In totale, secondo le stime diramate all’Eire dall’ad di Sports Investment Group, Nicholas Gancikoff, i 27 progetti che riguardano gli stadi di calcio tra serie A e B dovrebbero generare nei prossimi vent’anni investimenti compresi tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro. Cifra che sale a 5 miliardi di euro se si includono gli interventi sui palazzetti dello sport. Secondo la Figc, inoltre, sarebbero almeno 90 le città italiane e 132 le società di calcio potenzialmente interessate a queste iniziative. Sul fronte museale, invece, lo stallo aveva due nomi: da una parte la Grande Brera, progetto
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focus stadi e musei finalmente sbloccato a Milano, insieme con quello del Teatro Lirico; e proroga dei servizi bookshop, accoglienza e ristorazione. In molti spazi espositivi le concessioni erano scadute anche dal 2007 o 2006. Ad agosto il ministero per i Beni e le attività
Tra opportunità e rischi Le cittadelle dello sport sono progetti ambiziosi, ma allo stesso tempo rappresentano delle sfide complesse su più fronti: reperire gli investimenti, trovare le location adatte e commercializzare gli spazi retail in aree fortemente competitive. Di tutto questo abbiamo parlato con Mario Taccini, amministratore delegato di Cbre-Espansione Commerciale, azienda incaricata di commercializzare l’iniziativa di Torino. «La sinergia tra gli stadi e i centri commerciali rappresenta un’opportunità affascinante ma non di semplice attuazione – ha spiegato Taccini –. Questo perché sono due strutture fisicamente separate. Ci sono prospettive specialmente sul versante della ristorazione, anche se il divieto di distribuire alcolici prima delle partite di cartello, come in occasione della Champions League, potrebbe paradossalmente alimentare problemi di sicurezza con i tifosi più facinorosi. Un esempio avviato e positivo è quello di Torino, del quale Cbre sta iniziando proprio ora la fase di commercializzazione, dopo che l’attività di pre-commercializzazione ha registrato riscontri significativi». All’orizzonte si pone poi la questione della speculazione edilizia: «Esiste il rischio che queste iniziative diventino pure operazioni immobiliari e non progetti retail in grado di restare sul mercato. Il centro commerciale, infatti, è lo strumento necessario per finanziare lo stadio, che rappresenta un investimento dal ritorno incerto. Ad esempio a Reggio Emilia è stato realizzato uno shopping center per salvare i conti dello stadio». Un altro scoglio è rappresentato dalla scelta del luogo: «La difficoltà nel portare in cantiere tali progetti l’ho riscontrata direttamente in due casi: le città interessate erano Napoli e Genova. Nonostante le location fossero fantastiche si sono frapposti problemi determinanti, tra cui la mancanza di terreni intorno, per cui i progetti si sono arenati».
culturali, Mibac, ha pubblicato gli attesi bandi di gara, per una trentina di servizi di ristorazione, servizi integrati e libreria. La grande novità è che per i poli museali più grandi, Roma, Napoli e Firenze, sono ora previste gare separate, oltre che per la ristorazione, anche per i servizi di biglietteria e per i bookshop. Questo eviterà, per tali poli, la formazione di associazioni temporanee di impresa poco concorrenziali. Ma tale “spezzatino”, giustificato
IPOTESI DI MASTERPLAN
Stadio AlbinoLeffe: obiettivo famiglie Presentato in occasione della scorsa edizione di Eire, il progetto Parco Sud vede protagonisti Lombardini Holding e Giugiaro Architettura. L’iniziativa si estenderà su un lotto di 110mila mq, situato nei pressi dell’aeroporto di Orio al Serio, e prevede la realizzazione di un complesso polifunzionale dedicato alle famiglie con all’interno il nuovo stadio dell’AlbinoLeffe da 12mila posti coperti. Oltre all’area sportiva, l’ipotesi di masterplan contempla la realizzazione di una piazza, di un playground con zona gioco bimbi outdoor e anfiteatro eventi, di un edificio dedicato agli eventi, al food, all’entertainment e ai servizi, di un’ulteriore struttura per lo shopping, lo sport e l’intrattenimento indoor per i bambini, e di un hotel da 90 stanze. Complessivamente la superficie edificata è stimata in 35mila metri quadrati. In particolare l’area shopping potrà includere un megastore sportivo, un outlet abbigliamento, un fai da te, un megastore calzature, un megastore giocattoli e articoli per l’infanzia, una superficie con articoli per la casa, lista nozze e complementi di arredo, un’ulteriore superficie di casalinghi, profumeria, beni per la persona, una piattaforma hi-tech e un retail food. La food court dovrebbe comporsi di varie aree: una con pietanze multietniche presidiata da 3-4 attività, una di pizza e piatti italiani con 2-3 unità, una di dolci e gelati con 2-3 unità, una di aperitivi e lounge bar gestita da 2 attività, un fast food, un Disney restaurant e una media superficie di sport/football café con schermi dove trasmettere i vari eventi. L’investimento complessivo si stima sui 60 milioni di euro.
dal Mibac, con il fatto che «in tutto il mondo funzionano gli affidamenti separati», non è andato giù a Confcultura, secondo la quale le gestioni saranno antieconomiche. Vanno ancora viste, come spiega Laura Baini di Electa nell’intervista a pagina 37, le condizioni economiche presenti nei capitolati per giudicare la sostenibilità. Il rischio è che a vedere tali condizioni rimangano davvero pochi operatori, perché la selezione sulla base dei requisiti economici si prospetta come particolarmente severa. Se si vuole andare verso la vera concorrenza, la fine dei monopoli locali e delle assegnazioni non razionali, è il momento di dimostrarlo. A. P. e F. P.
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Le gare del Mibac punto per punto C
omunicazione e marketing sono gli strumenti per far crescere i musei italiani e invertire la tendenza dei visitatori in calo. Punta decisamente sul rinnovo degli spazi di ristorazione il ministero dei Beni culturali, che gestisce direttamente 450 musei con la neonata Direzione per la valorizzazione del patrimonio culturale. A dirigerla Sandro Bondi ha chiamato Mario Resca, ex presidente di McDonald’s Italia e manager dalle molte cariche (in Mondadori, Italia Zuccheri Spa), ma anche presidente dal 2002 di Confimprese, l’associazione delle principali società nel campo del retail (con 96 imprese e 300 marchi associati). Il 15 settembre scorso è stato il termine ultimo di scadenza dei bandi ministeriali per l’affidamento di ristoranti, librerie e biglietterie, messi a gara perché già nel 2009 le più importanti concessioni erano scadute e le attività proseguono con proroghe di fatto. Numerose le criticità evidenziate dai Beni culturali. L’aggregazione attuale di tutti i servizi (biglietteria, negozi e bar-ristoranti) attualmente favorisce la concentrazione del mercato in regime di quasi-monopolio nelle mani di un numero ristretto di imprese. Perdurano situazioni annose di contenziosi tra Amministrazione e concessionari, con un’offerta di servizi nella maggior parte dei casi modesta e ridotta a mere funzioni strumentali. Il primo passo del rinnovamento, una volta elaborato un progetto efficace di gestione, è stato l’avviamento a fine giugno 2010 delle procedure di gara. La pubblicazione dei bandi in Gazzetta Ufficiale è stata anticipata agli operatori di settore, convocati dai Beni culturali a Roma il 25 giugno scorso in una seduta a porte chiuse per anticipare e discutere le novità delle gare. In realtà è solo l’inizio di un tortuoso meccanismo concessorio in tre fasi. I bandi pubblicati hanno una funzione di preselezione dei possibili concorrenti, che successivamente saranno invitati a presentare un’offerta vincolante, una volta valutata con esito positivo la domanda di partecipazione. La gara vera e propria è prevista nella seconda fase, con l’invio agli operatori ammessi di una lettera di richiesta di offerta vincolante e la valutazione delle offerte ricevute. Nella terza fase – detta di post procedura – avverrà l’aggiudicazione definitiva, la gestione dell’accesso agli atti e la stipula della convenzione di servizio. Visti i requisiti stringenti dei bandi è ipotizzabile che saranno davvero poche le imprese in grado di superare la fase di preselezione. A gara in questa fase, che ai Beni culturali definiscono di pre-qualifica, sono andati il fior fiore dei musei italiani. Tra gli altri il Polo museale di Firenze (Opificio delle pietre dure, Museo Nazionale e Museo Archeologico), le necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri, S. Apollinare in Classe e il Mausoleo di Teodorico a Ravenna, musei, aree archeologiche e polo museale a Roma, Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli, le aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Paestum, e in Puglia autentiche gemme del calibro del Castel del Monte o del Castello Svevo di Bari.
Il MIBAC vuole migliorare decisamente i servizi al pubblico nei musei statali, affidando entro marzo 2011 le nuove concessioni. Qualità e competitività dell’offerta i criteri guida per la scelta, in un’ottica di apertura del mercato facendo leva sulla trasparenza della documentazione di gara, la sostenibilità economica della concessione e la compatibilità dei requisiti con un’ampia partecipazione di operatori qualificati. La durata media delle nuove concessioni, seguendo i suggerimenti dell’Autorità dei contratti pubblici, è stata fissata in sei anni. Da ridurre a tre/quattro anni se sono previsti nel breve periodo ampliamenti degli spazi disponibili con un conseguente aumento della redditività. La durata della concessione potrà arrivare
Sandro Bondi
Mario Resca eccezionalmente a otto anni se il concessionario dovrà effettuare interventi strutturali a proprio carico o investimenti con un lungo ammortamento. Accogliendo le indicazioni del Garante della concorrenza, il MIBAC ha disaggregato le concessioni di servizi all’interno di un museo, nel caso in cui sia dimostrata la sostenibilità economica delle singole attività. L’obiettivo strategico è reperire sul mercato l’eccellenza tra gli operatori presenti nei singoli settori e instaurare con i nuovi concessionari un dialogo competitivo per migliorare la qualità dei servizi. Sono previsti due modelli di gara, “specialistico” e “semi-specialistico”. Il primo prevede la distinzione in tre gare sepa-
rate dei servizi di biglietteria, dei negozi museali e dei servizi di ristoro, che comprendono sia il barcaffetteria che il ristorante vero e proprio. E’ un modello di aggregazione selettiva, che nelle intenzioni del MIBAC prevede un’elevata specializzazione e qualità dei servizi ed è applicabile a siti con una buona redditività in termini di numero dei visitatori e dei fruitori. Nel modello “semi-specialistico” la gara per la biglietteria e i negozi museali viene accorpata, mentre i servizi di ristoro restano separati. Gli obiettivi di crescita del volume dei visitatori sono fissati al 3% per il 2010, al 5% per il 2011 e al 10% per il 2012. L’offerta dei musei italiani si rivolge a un visitatore sempre più simile a un cliente, oggi con scarsa propensione alla spesa: solo 3 euro contro una media europea di 18. Ma che complessivamente per la visita lascia in giro circa 200 euro, quindi con una grande fetta di potere d’acquisto da cortocircuitare nella rete della cultura. L’idea è quella di aprire i ristoranti dei musei, laddove i siti lo consentano, anche ai non-visitatori. Per l’apertura a un pubblico sempre più ampio sono previsti interventi su quelle sedi storiche senza spazi attrezzati per i servizi. E spunta fuori anche un progetto di ristrutturazione del Colosseo con un’area interamente dedicata al ristorante. Adolfo Marino
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focus stadi e musei
GRANDE BRERA partito il conto alla rovescia F
«
inalmente», è la parola che più si è sentita a Milano alla fine di luglio, quando dopo trent’anni di tira e molla è stato siglato il protocollo d’intesa sulla Grande Brera tra il commissario Mario Resca, il sindaco di Milano Letizia Moratti e i ministri Gelmini per l’Istruzione, Bondi del Mibac e La Russa della Difesa. Come noto il progetto è duplice: da una parte la Pinacoteca raddoppierà gli spazi attuali, occupando quelli sin qui utilizzati dall’Accademia delle Belle Arti e altre strutture (si ipotizza l’annessione anche dell’adiacente Palazzo Citterio); dall’altra gli studenti saranno trasferiti nell’ex caserma di via Mascheroni, salvo qualche ufficio che rimarrà nella sede storica. Questo spostamento, osteggiato a lungo da studenti e vertici dell’Accademia, si è sbloccato nel momento in cui all’istituzione sono stati promessi oltre 20mila metri quadrati di spazi, circa il triplo degli attuali. L’investimento complessivo per trasformare il brutto anatroccolo dei musei in un cigno sarà di circa 100 milioni, 55 per il museo e 40-50 per il nuovo campus. Dopo le parole e le trattative, è ora il momento di
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correre. La creatura a due teste dovrebbe infatti essere pronta per l’Expo del 2015: meno di cinque anni per preparare la nuova Accademia, risolvere i passaggi di proprietà (possibilmente senza impantanarsi come si è fatto per i terreni dell’Expo) e preparare la nuova Pinacoteca. Questa (si veda il rendering in pagina) si estenderà su due piani, per un totale di circa 20mila metri quadrati. Oltre a permettere una migliore esposizione delle meraviglie che oggi vi sono letteralmente stipate, sarà finalmente attrezzata dal punto di vista della ristorazione e del bookshop museale. Per saperne qualcosa di più, retail&food ha interpellato l’architetto Maurizio Di Lauro, professionista dello studio Mario Bellini Architects e responsabile del progetto (con Carlo Malnati e Giovanni Cappelletti) che si è aggiudicato il concorso per definire il “layout funzionale” della nuova Pinacoteca. Il bookshop, ci spiega, si estenderà per 150 metri quadrati e sarà localizzato alla sinistra del portone d’ingresso. Vi ci si potrà accedere anche senza aver visitato il museo. Ci saranno poi due punti di ristorazione al piano terra: un bar/ristorante da 130 mq localizzato alla
destra del portone d’ingresso e un secondo da 250 mq a ridosso tra il cortile della magnolia e l’orto botanico. Sul rendering inviato dallo studio figura poi un piccolo punto di ristoro al primo piano. Quanto ai tempi, dall’attivazione della procedura (prevista tra ottobre e novembre) per la stesura
Se le royalties sono basse, lo spezzatino si digerisce LAURA BAINI-ELECTA
I
bandi delle gare del Mibac a cui le società hanno partecipato nelle scorse settimane dicono ancora poco delle condizioni economiche reali delle gare, che si conosceranno solo con i capitolati. Retail & food ha cercato di capirne di più (poco prima del termine per partecipare) da Laura Baini, responsabile dei bookshop di Electa, gruppo Mondadori, la società leader in Italia nei bookshop museali.
del progetto definitivo passeranno 240 giorni; in seguito ci vorranno 210 giorni per il progetto esecutivo. Perché l’intera opera si realizzi bisogna però che tutto fili liscio, a partire dallo spostamento dell’Accademia. Milano incrocia le dita. F. P.
Teatro Lirico: la parola ai privati
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ochi giorni prima che si chiudesse il giallo di Brera, a Milano si è deciso anche il futuro del Teatro Lirico, dal 2003 intitolato a Giorgio Gaber. Costruito nel 1779, l’edificio è chiuso dagli anni Novanta. Dopo dodici anni di carte bollate (principale oppositore fu Vittorio Sgarbi), entro due anni si concluderà una ristrutturazione che renderà l’edificio il primo esempio di teatro polifunzionale in Italia. Protagonisti dell’intervento saranno il Gruppo Belloni e l’architetto Luciano Maria Colombo con l’impresa Cattaneo. L’edificio, si legge sul sito del teatro, conterrà una biblioteca virtuale, uno spazio retail e una caffetteria nei ridotti soprastanti il foyer. Sui diversi piani ci saranno salotti, vetrine espositive, nonché da un’imponente libreria passante tra i due piani. Il complesso sarà aperto anche durante le ore diurne. Nella sommità del teatro la struttura di copertura sarà sostituita da due ulteriori livelli praticabili: quello inferiore, esteso per tutta la superficie sovrastante la sala, ospiterà un’area polifunzionale, che con una superficie libera di 1.000 mq potrà ospitare conferenze, sfilate di moda, eventi commerciali o presentazioni di libri. Il livello superiore, meno esteso, ospiterà esclusivamente un ristorante panoramico. Attraverso la grande copertura vetrata a volta del 1894, ricostruita con una soluzione strutturale d’avanguardia, si potrà vedere lo skyline della città. •
La novità più importante delle gare sembra essere il passaggio dai servizi integrati, per biglietteria e bookshop, al cosiddetto spezzatino. Per voi è meglio o è peggio? È evidente che non lo possiamo dire con certezza finché non entreremo nelle gestioni con nuove regole. Spezzettare i servizi forse non aiuta il concessionario, perché è ancora più difficile di adesso realizzare delle economie di scala. È anche vero, da quello che si può capire dai bandi e da quello che si sente dire, che sembra ci sia una maggiore attenzione alla sostenibilità economica dei singoli servizi. Quindi che non si chiedano royalties così alte come in passato. Staremo a vedere. Sulla carta disgregare non aiuta, per quanto l'intenzione anti-lobby sia lodevole. Non si potranno raggiungere delle economie di scala agendo su diversi siti? No, se si guarda quanti siti ci sono nella gara per i bookshop nel polo fiorentino o il polo romano, si vede chiaramente che ci sono solo una o due realtà che hanno ricavi molto consistenti, il resto però no. A Perugia e dintorni è ancora peggio, perché non c’è nemmeno una realtà tipo Uffizi. Vediamo però i capitolati. Cosa cambia in concreto con lo “spezzatino”? C’è stata la separazione tra la biglietteria e i book– shop. La biglietteria va con le mostre, il marketing e le attività di promozione; i bookshop vanno con l’editoria e il merchandising. Questo modifica un po’ i rapporti di forza esistenti. Nella prima versione della Ronchey i protagonisti erano gli editori, che andavano a gestire i servizi, in primis quello editoria-
le e di gestione dei bookshop, e si portavano delle cooperative o società di servizi che si occupavano delle biglietterie, delle visite guidate eccetera. I rapporti di forza economica vengono completamente ribaltati nel momento in cui la capogruppo mandataria della gara della biglietteria è il bigliettaio. Gli esiti sono da valutare, perché una società di servizi non è un editore e quindi anche il modo di rapportarsi a una soprintendenza cambia, per patrimonio culturale e una serie di altri fattori. La maggior parte dei vostri servizi sono in stato di proroga. A quante gare parteciperete? Sicuramente ci candideremo per un buon numero di procedimenti. Il gioco lo andiamo a vedere, poi decideremo. Cosa succede dopo la prima fase? Le soprintendenze valutano i requisiti economici delle società, che peraltro sono piuttosto selettivi. Quindi il discorso di allargare il mercato al di fuori dei monopoli in realtà è poi accompagnato da una selezione piuttosto restrittiva dei candidati. Vengono poi valutati i requisiti delle aziende e si viene invitati alla gara. A quel punto si comunicano i capitolati e c’è un periodo di circa due mesi entro il quale ci sarà la scadenza della gara. Davanti a una situazione nuova come questa siamo però un po’ tutti disorientati, credo anche le soprintendenze. Un articolo dell’Espresso vi accusa di vincere molte gare perché siete di proprietà di Mondadori e quindi vicini a Berlusconi. Perché non avete risposto all’articolo? Come lei ha notato nessuno di Electa si è preoccupato di dare una risposta. Leggendo quell’articolo ho sorriso, è talmente pieno di cose inesatte che è l’unico commento che mi sento di fare è che non ci sentiamo parte in causa di queste considerazioni. Abbiamo lavorato tanto, e tuttora lavoriamo duramente, per gestire le concessioni che ci siamo aggiudicate in passato. Negli ultimi 12 anni noi abbiamo continuato a fare gare, a vincerne e a perderne. Siamo troppo piccoli, troppo lontani, ci sentiamo molto meno importanti di quanto ci si voglia Fabrizio Patti far apparire.
Al museo del ‘900 innovazione per cibo e libri
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er un’opera per cui si sbloccano i progetti, Brera, ce n’è un’altra che aprirà i battenti: il Museo del Novecento nel Palazzo dell’Arengario, che si affaccia sulla milanese piazza del Duomo. La data ufficiale per l’inaugurazione è il 18 novembre, quella reale sarà di un paio di settimane successive, ma sono dettagli. Importa più la sostanza, che nel caso dei servizi aggiuntivi è piuttosto interessante. Su una superficie totale di 8.500 mq, 1.800 saranno dedicati ai servizi (bar, ristorante, biglietteria, spazio didattico, servizi igienici). Nello specifico, ci spiegano dall’assessorato alla Cultura del Comune di Milano, ci sarà un bookshop di 170 mq su due piani, collegati da una scala elicoidale con ingresso indipendente anche dall’esterno del museo. Al piano ammezzato, nel bookshop ci saranno anche uno spazio per la lettura e un’area bambini di 18 mq che conterrà giochi e libri. La gara, tenutasi prima dell’estate, è stata vinta da Electa. Al secondo piano dell’Arengario, invece, ci sarà il ristorante: si estenderà su 50 mq all’interno e su 40 all’esterno, sulla terrazza, con un dehors che sarà aperto d’estate (circa 60 i coperti totali). Sarà gestito dallo staff del “da Giacomo”, locale storico di via Sottocorno a Milano. Gli arredi sono in stile deco, curati dagli architetti Laura Rimini e Roberto Peregalli, con qualche oggetto originale acquistato tra Parigi e New York. Ciononostante i prezzi, secondo i futuri gestori, saranno del 40% più bassi di quelli della zona. Menu tradizionale, soprattutto pesce, e orari lunghi: dalle 12 alle 24. •
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Il nuovo studio di KPMG
LA CRESCITA DEL RETAIL
passa (anche) per M&A Fusioni e acquisizioni negli ultimi 20 anni: dopo l'euro nella distribuzione l'Italia non è più solo terreno di caccia
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’andamento del mercato M&A tra il 2008 e il primo semestre 2010 riflette appieno lo scoppio della grande recessione. Crollano le operazioni cross border e le aziende entrano in una fase di ripiegamento, anche psicologico, concentrando l’attività entro i confini nazionali. Le turbolenze legate alla crisi dei crediti subprime e al conseguente credit crunch rallentano l’attività di M&A anche nel nostro Paese. La nuova finanza, più che a sostenere progetti di crescita tramite acquisizioni, serve a ristrutturare i debiti delle imprese. A riprova di quanto sia intensa questa crisi, nei primi sei mesi del 2010 si chiudono solo 101 operazioni per appena 8,5 miliardi di euro». Questa la descrizione del mercato italiano (transazioni nazionali e cross border in&out Italia) delle fusioni ed acquisizioni d’imprese che emerge dallo studio della divisione Corporate Finance di KPMG 20 anni di M&A pubblicato lo scorso luglio per i tipi dell’editrice EGEA di Milano. Lo afferma Simone Bassanini, manager Corporate Finance KPMG, classe 1972, curatore dell’interessante volume che - in 379 pagine di testi agili oltre
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che di tabelle e grafici di immediata interpretazione - scandaglia, mette a confronto e interpreta i principali risultati dell’indagine svolta dal 1988 annualmente da KPMG sugli accordi di Merger&Acquisition, riconosciuti come il più diffuso strumento per consentire all’impresa di crescere rapidamente nel breve e medio termine.
M&A a tutto tondo
Lo studio è organizzato attorno a tre nuclei d’informazione prioritari: l’analisi generale delle operazioni di crescita esterna delle imprese italiane dalla fine degli anni Ottanta a ieri, in cui sono vagliati in modo omogeneo aspetti macroecomici, finanziari, industriali, politici e sociali del nostro Paese; le interviste a dieci imprenditori e manager che in diversi contesti hanno utilizzato a fondo lo strumento dell’M&A; la sintesi della ricca banca dati – italiani e mondiali – che la ripetizione per oltre vent’anni della ricerca ha permesso di consolidare.
In 22 anni risultano censite 12.301 operazioni di M&A che coinvolgono imprese italiane; la grande maggioranza di loro è del tipo Italia su Italia: 60% a numero di contratti e 54% in termini di controvalore; i casi di cross border pesano nel tipo Italia su estero il 18% in quantità ed il 25% in valore; il tipo Estero su Italia pesa il 21% sia per numero di contratti sia per controvalore. KPMG distingue due fasi all’interno del periodo analizzato. La prima, dal 1988 al 1998, si caratterizza per la lunga stagione delle privatizzazioni, che vide lo scorporo e l’alienazione di consistenti parti del sistema delle Partecipazioni Pubbliche (le capogruppo più attive furono IRI, EFIM, ENI, ENEL, INA, IMI, oltre al Ministero del Tesoro), e per l’ingresso sul mercato dei primi fondi di private equity (sono aumentati dai 15 del 1988 ai 129 del 2009). La seconda, dal 1999 al 2009, si connota per l’affermazione Simone Bassanini della globalizzazione mondiale, l’introduzione dell’euro e la crescita in percentuale delle operazioni cross border. I comparti economici protagonisti per numero di operazioni sono: bancario, finanziario, informatico/ TLC, meccanico/elettromeccanico, manifatturiero. Comparti “pesanti” quali le utilities (elettricità, gas e acqua) e la chimica industriale (prodotti base, petrolifero, gomma) compaiono meno ma, quando lo fanno, movimentano controvalori nettamente sopramedia.
Un’altra caratteristica sottolineata da Bassanini riguarda i partner esteri più presenti: «In questi vent’anni commenta - il mercato M&A italiano ha avuto una forte connotazione europea. Infatti, circa il 65% delle operazioni Estero su Italia ha coinvolto aziende dell’Europa occidentale, con picchi del 75-80% nel biennio 1989-90. La Francia è il paese che ha registrato il maggior interscambio con l’Italia con oltre 900 transazioni perfezionate (in&out). Il fattore distintivo dell’attivismo francese è la presenza di grandi gruppi multinazionali: aziende che ragionevolmente si muovono secondo un preciso disegno di politica industriale per valorizzare patrimonio e competenze. Tra i settori più interessati da questa dinamica ci sono: bancario/parabancario, meccanico, alimentare, grande distribuzione organizzata, moda e accessori. Il risultato al momento vede Francia in vantaggio su Italia per 502 operazioni transalpine contro 407 italiane». Se si considera anche il settore fieristico il risultato francese arriva a 507 grazie agli investimenti della società GL Events nei quartieri fieristici di Bologna, Rimini, Torino, Padova e Parma.
Il perimetro Retail&Food
Alla cortesia di KPMG dobbiamo inoltre la disponibilità di dati e di analisi, non presenti nel libro, relative a M&A nel comparto Retail&Food. La serie storica delle transazioni evidenzia due fasi delineate da tendenze contrapposte. Negli anni ’90, caratterizzati dalla “stagione delle privatizzazioni”, prevalgono le acquisizioni Estero su Italia. Il fenomeno si evidenzia in particolare tra i marchi del food che organizzazioni estere o multinazionali apprezzano per la loro origine Made in Italy; anche nella GDO lo shopping estero in Italia è consistente ma il grosso dei contratti è tra imprese italiane e al contempo non
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Il nuovo studio di KPMG
149, quelle Estero su Italia sono 71 mentre le Italia su Estero ammontano a 60. I casi virtuosi analizzati sono: - Autogrill, marchio creato negli anni ’50 da Motta, Pavesi e Alemagna per gestire la ristorazione in autostrada e - attraverso una serie progressiva di acquisizioni (33 censite, 85% su mancano significative operazioni Italia su estero, saldamente basate su scelte strategiche di lungo periodo. Ricordiamo tutti le vendite all’estero di marchi storici come Galbani, Fiorucci, Negroni, Vismara, Olio Dante, Acqua Claudia, Ferrarelle, Motta, Alemagna, Agnesi, Buitoni, Fini, Eridania Zuccherifici acquisiti da gruppi multinazionali del calibro di Nestlé, Unilever, Heinz, Kraft, Beghin-Say mentre nel retail si registravano le operazioni di Carrefour su SSC-Soc. Sviluppo Commerciale (1994) e su GS supermercati (2000), l’ingresso di Auchan in Rinascente (1997) e in SMA-Soc.It.Distribuzione Moderna (2004). A partire dal 2002, anno d’introduzione dell’euro, con il diffondersi della globalizzazione economica il numero delle operazioni cross border si intensifica anno dopo anno e registra il riequilibrio del rapporto tra in&out a favore delle acquisizioni operate da imprese italiane. La mondializzazione dei mercati da un lato e la crisi del 2008 dall’altro impongono la razionalizzazione del portafoglio marchi con la conseguenza che numerosi brand alimentari italiani, di prestigio elevato ma essenzialmente locale vengono rimessi sul mercato, risvegliando l’interesse di imprese italiane attive nella UE e interessate innanzitutto a migliorare il proprio posizionamento competitivo in Italia. Qualche citazione è d’obbligo: Chiari&Forti Malgara rileva Negroni e Tortellini Fini da Kraft (1999); Nestlé cede nell’ordine: a Ferrarini Vismara (2000), a Mastrolia Pasta Buitoni (2008), a Bauli Motta e Alemagna da Nestlé (2009); Malatuni compra da SOS Cuétara Olio Dante (2009); nel retail: Eurofind (Ifil) acquista nel 2002 il 42% di Rinascente e il 50% di SMA; contemporaneamente PAM acquisisce il 42% della svizzera Nuance Group, attiva nel duty free aeroportuale. “In questa fase” dice Bassanini “ emergono le multinazionali tascabili (come le definì Giuseppe Turani nel 1996): imprese di medie dimensioni, con una forza lavoro anche di diverse migliaia di addetti, fatturati a volte superiori al miliardo
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di euro, caratterizzate da una linea di sviluppo aziendale che attenua il confine tra terziario e processi produttivi e si concentra su tutti i processi utili ad aumentare la competitività sia del prodotto sia del marchio: R&D, marketing, logistica, M&A, design, comunicazione, assistenza post-vendita”. Lo studio KPMG si concentra in particolare su una decina di loro distintesi nella crescita tramite M&A ; tra di esse sono ben presenti leader del settore Retail&Food che sviluppano piani a tutto campo di acquisizione di marchi e di reti di vendita al dettaglio. Le elaborazioni realizzate per appositamente per retail&food evidenziano come dal 1992 al 2009 le M&A nello specifico settore retail assommano, tutti settori compresi, a 280 per un controvalore di 18.828 milioni di euro; di loro quelle Italia su Italia sono
estero) in Europa, Stati Uniti, Sud America e Medio Oriente e di passaggi societari giunto oggi al vertice dei mercati della ristorazione da viaggio (autostrade, aeroporti, porti, stazioni), dei punti ristoro di GDO, fiere, mercati all’ingrosso e del retail duty free; ha realizzato nel 2009 un giro d’affari di 5,8 miliardi di euro ed è presente in 43
paesi; quotato in borsa a Milano - Luxottica, nato nel 1961 come produttore artigiano di componenti per occhiali è oggi il leader mondiale dell’occhialeria (21 M&A censite, 81% su estero) presente in 130 paesi dei 5 continenti con una rete di 6.250 negozi al dettaglio, 61.000 addetti e un fatturato consolidato di 5,2 miliardi di euro; quotato alle borse di New York e Milano. - Campari, marchio del beverage (spirit, wine e soft drinks) sorto nel 1864 con 20 operazioni M&A (16 su estero) è oggi leader in Italia, Brasile, tra i maggiori in USA, UK, Germania e Svizzera e distribuito in altri 190 paesi; nel 2009 ha fatturato 942 mio ed è quotato in borsa a Milano. - Amplifon, marchio leader mondiale nel retail di apparecchi acustici, presente in 14 paesi nel mondo, ha realizzato 16 acquisizioni in 9 anni e nel 2009 ha fatturato 650 milioni di euro; quotato in borsa a Milano. KPMG sottolinea la peculiarità anche di: - Valentino Fashion Group (VFG), comprende prioritariamente i marchi di moda/lusso Valentino, Hugo Boss, M Missoni, Marlboro
Classics ed è controllata dal fondo d’investimento Permira, che l’ha acquisito nel 2007 dal Gruppo Marzotto per la cifra record di 2,6 mld euro; 463 mio € fatturati nel 2009. - Coin, attivo nel 1960 nella GDO in Veneto, nel 2009 ha fatturato 1.257 mio € tramite 241 punti vendita diretti e 61 affiliati, con vari marchi
(OVS, PdV Oviesse, Outlet Coin, Coin Factory Store) presenti in Italia e in Nord Europa; sviluppa la sua rete di punti vendita acquisendo negli anni ‘90 la catena Melablu (62 punti vendita); dal 2001 al 2003 detiene la catena tedesca Kaufhalle; nel gennaio 2010 acquisisce la catena di grandi magazzini UPIM da Investitori Associati, che aggiunge alla rete 147 p.v. diretti e 200 franchisees; nel 2005 il controllo della società è passato dalla famiglia Coin al fondo private equity francese PAI partners. - Limoni profumerie, è nel suo settore la rete retail più diffusa con 500 punti vendita (di cui 40 nella ex Jugoslavia) raccolti attraverso l’acquisizione di catene local leader; nel 2009 ha fatturato 400 milioni di euro ed ha acquisito nel centro di Milano i 19 negozi del concorrente Garbo; nel
2005 la proprietà passa dalla bolognese famiglia Limoni al fondo britannico Bridgepoint. Il 2010 per M&A nel Retail&Food dà comunque segnale di ripresa o quantomeno di aggiustamento strategico per affrontare meglio i tempi di calo della domanda; già detta sopra la fusione UPIM/Coin, le cronache annotano che Barilla cede al private equity tedesco GepIII/Ecm la rete di panetterie Kamps (900 retail e 5 linee produttive); Lavazza acquisisce in USA il 7% di Green Mountain Coffee Roasters; Findus Italia passa da Unilever alla britannica Birds Eye-Iglo; sul piano delle razionalizzazioni, il marchio austro-tedesco BILLA sostituisce in numerosi punti vendita le insegne Standa e UNI, già di proprietà; altrettanto fa Carrefour rispetto al marchio DìperDì. Paolo Lombardi
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dossier aeroporti
CATANIA, IL BELLO DEVE ANCORA VENIRE
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’aeroporto di Catania è l’aeroporto della Sicilia. La rivalità con il capoluogo regionale passa anche per la pista del Fontanarossa, che ha sempre visto atterrare e decollare un numero sensibilmente maggiore di apparecchi rispetto al Falcone e Borsellino di Palermo. Nonostante l’incombente e affascinante vicinanza con l’Etna, il vulcano più alto d’Europa, lo scalo siciliano è sempre stato un riferimento tanto per la clientela leisure che per quella legata al mondo degli affari. Le infrastrutture hanno spesso scricchiolato sotto il peso dei milioni di passeggeri che puntavano sulla Sicilia orientale: una pista stretta tra il mare e la ferrovia, ma anche l’aerostazione, platealmente inadeguata e satura in diversi momenti dell’anno. Finalmente nel 2007 viene inaugurato il nuovo terminal, quello attualmente in funzione, ampio e bello ma con qualche limite per la gestione delle attività commerciali. Di questo e di altro, in un caldissimo pomeriggio di mezza estate, abbiamo discusso in compagnia di Giuseppe Interdonato, direttore commerciale di Sac, la società che gestisce lo scalo, e Daniele Casale membro della stessa direzione.
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Passeggeri e terminal
La premessa è d’obbligo: la crisi del biennio 2008-2009 ha frenato lo sviluppo dello scalo (Fig. 1), facendo registrare un calo nel traffico, dopo anni di costante aumento nel numero di passeggeri. E comunque il decremento è stato inferiore rispetto ad altri aeroporti. Ciò detto, il 2010 è partito bene, il primo semestre ha invertito con decisione la rotta, confermata dai primi dati dei mesi estivi. Una situazione di partenza molto positiva, quella su cui opera la squadra di Interdonato. Che però non può eludere qualche criticità. Alla domanda sul sogno nel cassetto per dare un impulso deciso al retail, nelle parole di Casale si materializza il concetto di walk through che però inaspettatamente non viene immaginato nel nuovo terminal, ma in quello chiuso nel 2007. «Scontiamo il fatto di avere un aeroporto nuovo, bello ma progettato vent’anni fa», quando certamente queste soluzioni non era contemplate. Realizzare modifiche strutturali al nuovo edificio risulterebbe davvero complicato e costoso. E per questo sono in corso verifiche strutturali nella vecchia aerostazione che potrebbe divenire «una lavagna su cui scrivere qualcosa di nuovo». Questo futuristico
ritorno al passato, secondo stime preliminari, potrebbe consentire di gestire circa un milione di passeggeri e idealmente sarebbe dedicata ai voli low cost. A questo proposito apprendiamo che sono stati avviati i primi contatti con Ryanair mentre attualmente a Catania circa il 35% dei passeggeri si serve di vettori low cost, una quota che potrebbe crescere considerevolmente grazie a queste ipotesi.
Retail e food
Un aeroporto da sei milioni di passeggeri, inaugurato da pochi anni dovrebbe presentare un‘offerta retail e food ampia e innovativa. A Catania è vero, ma solo in parte. Sicuramente i margini di crescita di questa voce rilevante per i bilanci di Sac sono ancora ampi. In vista dell’apertura del nuovo terminal, Sac si rivolse alla consulenza di A.T. Kearney per comporre l’offerta commerciale. Venne così elaborato un piano che riguardava il 100% degli spazi a disposizione. Le due gare principali svolte a cavallo tra il 2005 e il 2007 hanno visto assegnare tutti gli spazi destinati a food, distinti di fatto in due lotti: un lotto agli arrivi con una terrazza bar alle partenze e un grosso lotto alle partenze landside con una terrazzetta bar in airside. Se li
sono aggiudicati gli stessi operatori presenti oggi: Airest e Autogrill. Mentre per quanto riguarda il retail cinque spazi su ventidue non hanno avuto offerta o assegnazione per ragioni diverse. Di fronte ad un’oggettiva difficoltà nell’assegnarli a retailer non food, si è mutata la destinazione di questi cinque spazi consentendo così il completamento dell’offerta di ristorazione che nel frattempo si era dimostrata insufficiente. Ai colossi del nord si è affiancato con un’offerta più caratteristica il format Sicilia’s.
Gare, quando la procedura “ingessa”
Ma non è questo l’unico caso di mancata assegnazione. Interdonato ci racconta infatti che «entro settembre dovrebbe essere assegnato lo spazio per un’attività di abbigliamento uomo-donna lasciato libero dal precedente gestore», così come il ristorante panoramico, assegnato a maggio con apposita gara mai aperto per la rinuncia dell’aggiudicatario, un imprenditore della zona. In effetti camminando per le gallerie commerciali dello scalo, spicca la presenza superiore alla media di operatori locali. Una conseguenza diretta del processo di gestione
Fig. 1 Dati di traffico aeroporto di catania Passeggeri Variaz. % aviazione Anno commerc. anno precedente
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 (gen-lug)
3.969.807 3.922.619 4.077.216 4.805.226 5.104.295 5.189.138 5.392.602 6.079.699 6.050.520 5.931.592 3.492.913
11,3 -1,2 3,9 17,9 6,2 1,7 3,9 12,7 -0,5 -2,0 4,6
fonte: Assaeroporti
S.A.C. SOCIETA’ AEROPORTI CATANIA S.P.A. Elenco soci 12,5% 37,5% 12,5%
12,5%
12,5%
12,5%
RICAVI NON AVIATION 2009 (migliaia di euro) 1.210 11% 2.080 18%
3.100 27%
una relazione diretta con aziende e marchi. Facile capire quanto ciò penalizzi lo scouting di marchi e formati ritenuti interessanti. Oltre a ciò, non si può dimenticare che in tema di bandi, gare e appalti, in Sicilia vige un’attenzione particolare, tesa ad escludere infiltrazioFig. 2 ni mafiose. Per questo Sac ha sottoscritto con la Prefettura di Catania un protocollo di legalità Camera di Commercio I.A.A. di Catania e trasparenza destinato Camera di Commercio I.A.A. di Siracusa al monitoraggio degli appalti pubblici che preCamera di Commercio I.A.A. di Ragusa vede qualche ulteriore Provincia regionale di Siracusa vincolo. Consorzio per la zona nord dell’area di svilippo industriale della Sicilia orientale Un quadro che racconta Provincia regionale di Catania di una realtà dove è difficile operare se non si è dotati di una buona fonte: Sac Spa struttura aziendale, oltre che di formule e prodotti convincenti. Il gioco vale Fig. 3 certamente la candela, ma non per chi improvvisa.
Sviluppo futuro Retail Food Parcheggi Rent a car Pubblicità
2.410 21%
2.500 23% fonte: Sac Spa
delle gare. «A questo proposito abbiamo dei limiti» afferma con una punta di frustrazione il direttore commerciale «perché la nostra società è partecipata completamente da enti pubblici (fig. 2) quindi applichiamo la normativa prevista: in termini di trasparenza la procedura che seguiamo è impeccabile ma in termini operativi ci ingessa. Di fatto non possiamo fare come negli altri aeroporti». La procedura di gara, riassunta in sintesi, secondo quan-
to afferma lo staff della direzione commerciale, non consente inviti diretti ma prescrive la pubblicazione della notizia dei bandi sulla stampa e sul sito di Sac. A questo punto chi desidera partecipare manifesta il proprio interesse. Ovvio quindi che in questa fase la notizia di nuove opportunità si diffonda principalmente in ambito locale. Nel caso in cui non ci siano offerte per alcuni degli spazi messi a gara, si apre la possibilità della procedura negoziata, o cottimo, che consente
In questo contesto, considerata la fortuna di cui gode l’aeroporto catanese che prima del 2007 «ci ha costretto ad azioni di demarketing per deviare su altri scali traffico che in momenti di picco non potevamo assorbire», ricorda non senza soddisfazione Casale, perdersi d’animo è comunque fuori discussione. E così, nonostante i vincoli di legge, la direzione commerciale ha deciso di adeguarsi seguendo una logica diversa, facendo parlare il mercato. «Abbiamo fatto pubblicare su quotidiani nazionali una manifestazione di interesse aperta a chiunque intendesse svolgere attività commerciali in aeroporto, ricevendo circa 170 richieste. Le abbiamo suddivise per categorie merceologiche, abbiamo escluso quelle già esistenti e da questo è nato un nuovo piano commerciale». Come a dire che tenendo conto della domanda, si adegua l’offerta.
Qualche mese fa inoltre è stato presentato un piano all’Enac. L’Ente ha risposto muovendo alcuni rilievi e l’ufficio tecnico sta ora completando il progetto esecutivo che prevede la creazione di nuovi spazi e la razionalizzazione degli spazi liberi esistenti. Soprattutto in area airside. Si tratta di otto lotti da 25 mq ciascuno. «È nostra intenzione completare la gamma merceologica con nuove attività al più presto», spiega Interdonato. Pensando al futuro, un pensiero corre a meno di cento chilometri dal Fontanarossa, all’aeroporto di Comiso. Dopo qualche anno da un’inaugurazione di Massimo D’Alema, in perfetto stile primarepubblica, mentre chiudiamo questo numero di r&f giunge notizia della firma del protocollo d’intesa per il passaggio del sedime dalla Difesa alla Regione Sicilia. Un passo avanti verso l’apertura di uno scalo potenzialmente concorrente ma nel contempo compartecipato da Sac. Ci saranno strategie commerciali in comune? Sinergie? O bisognerà costruire trincee sul fronte meridionale? Troppo presto per dirlo, sicuramente una storia da seguire.
Ricavi e conclusioni
Per quanto riguarda i ricavi, i dati forniti dalla direzione commerciale sono stati inseriti nel grafico della figura 3. A questo va aggiunto che quando si concluderà la vertenza legale col gestore del più grande parcheggio presente sul sedime, «un parcheggio non collegato a noi», dovrebbero essere avviati i lavori per la realizzazione di un nuovo parcheggio multipiano che aumenterà notevolmente il numero di stalli disponibili. La circolazione e sosta di auto è notoriamente un problema annoso per l’aeroporto che a quanto pare l’incredibile presenza di forze dell’ordine – polizia municipale inclusa – non riesce a risolvere. Considerate le dimensioni del problema, una vera anomalia. Come i cani randagi che riescono inspiegabilmente ad introdursi nell’aerostazione «nonostante le continue segnalazioni che effettuiamo alle autorità competenti». Ma gran parte dello sviluppo dei ricavi è attesa dal decollo delle attività retail e food, che fino ad oggi hanno scaldato i motori ma che ancora non hanno dato il meglio di sé. La squadra di Interdonato appare motivata, a chi fosse interessato alle opportunità commerciali del Fontanarossa consigliamo di consultare regolarmente la pagina Bandi del sito web di Sac. A. M.
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Il futuro degli scali
Piano aeroporti, ecco le anticipazioni
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i sono delle sorprese nel documento che One Works, Kpmg e Nomisma hanno consegnato all’Enac sul piano nazionale degli aeroporti e visto in anteprima da retail & food. Intanto, un piano nazionale onnicomprensivo è stato sostituito da una serie di piani operativi mirati per i singoli scali. In secondo luogo non sussiste più la soglia dei 5 milioni di passeggeri all’anno per identificare gli aeroporti come strategici e quella di un milione per quelli primari. Si è invece preferita una soluzione caso per caso che tiene conto anche dell’evoluzione degli ultimi anni e delle prospettive di crescita. Ogni tre anni, inoltre, il modello sarà rivisto in base alle performance degli aerodromi. Non ci sono poi indicazioni dirette di chiusura di scali minori, essendo stata preferita la soluzione di non finanziare più attraverso soldi pubblici le aerostazioni in perdita cronica. Infine, la priorità dei finanziamenti non dipenderà solo dalla classificazione degli aeroporti ma da specifiche urgenze. Il criterio di intervento sarà quello di «concentrare le risorse pubbliche sugli scali che trovano una risposta del mercato». In breve, sono stati individuati tre gate intercontinentali: Fiumicino, Malpensa e Venezia. Per questi scali saranno previsti finanziamenti pubblici per la connessione ferroviaria e per le arterie stradali, a partire dall’alta velocità. Gli interventi nei sedimi aeroportuali dovranno, per la legge in vigore, essere a carico dei gestori degli scali. La stessa impostazione vale per gli altri 11 aeroporti strategici, oltre ai tre intercontinentali: Linate, Orio al Serio, Bologna, Pisa, Firenze, Napoli Capodichino, Bari, Lamezia Terme, Catania, Palermo, Cagliari. Per ciascuno di
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essi è stata inoltre individuata una soluzione schematica relativa alle connessioni e agli accorgimenti da adottare (come la creazione di una seconda pista). Per gli interventi nel sedime le indicazioni serviranno soprattutto alle società di gestione per giustificare i lavori nei confronti delle opinioni pubbliche locali. Seguono 10 aeroporti definiti primari: Torino, Genova, Verona, Treviso, Trieste, Viterbo, Olbia, Alghero, Trapani e Brindisi. Per questi scali andrà registrata la domanda di mercato. Se ci sarà domanda, il territorio (enti locali, non lo Stato) potrà finanziare un’azione di sostegno all’intermodalità e alla connettività. Gli aeroporti dell’ultima tranche, chiamati complementari, non dovranno invece avere più accesso alle finanze pubbliche: per loro si prevederà un passaggio ai privati, se ve ne saranno di interessati. Si tratta di Cuneo, Bolzano, Brescia, Parma, Forlì, Rimini, Ancona, Perugia, Siena, Isola d’Elba, Ciampino, Grazzanise, Taranto, Crotone, Reggio Calabria, Tortolì, Comiso, Pantelleria e Lampedura. Sull’Adriatico, quindi, da Venezia a Bari ci sono solo aeroporti complementari. Albenga, Aosta, Foggia, Grosseto sono a un livello ancora inferiore, dato che sono segnati come “complementari con traffico di linea irregolare”. Si intravede, però, un “ripescaggio”: alcune aerostazioni complementari fanno parte degli “scali con sviluppo correlabile”, ossia realtà territoriali in cui gli sviluppi delle strutture aeroportuali e di accessibilità devono essere tenuti sotto la regia di soggetti, se non unici, fortemente correlati. Qualche esempio? Brescia rientra nel cerchio che comprende Malpensa, Linate e Orio al Serio (è invece escluso Verona). Grazzanise sarà legato a Napoli Capodichino: la prospettiva è che apra nel momento in cui chiuderà lo scalo napoletano, tra un ventennio. Taranto è poi con Bari, Brindisi e Foggia. Comiso con Catania. Ci sono gli insiemi di Venezia-Treviso-Trieste, FiumicinoCiampino-Viterbo, Pisa-Firenze e Palermo-Trapani. Gli scali minori di questi “sistemi” vanno monitorati perché possono essere identificati come riserva di capacità in caso di saturazione o chiusura temporanea degli aeroporti strategici. Per questo potrebbero arrivare finanziamenti pubblici per i collegamenti tra i piccoli e grandi scali. Fabrizio Patti
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Parola di Giuseppe Corrado
GIUSEPPE CORRADO, piemontese, cinquantenne, laureato in economia e commercio, dopo brevi esperienze nelle aree di controllo di gestione e marketing di Olivetti, Itt e Fiat entra agli inizi degli anni Ottanta in Barilla dove resta 17 anni ricoprendo vari incarichi tra cui quello di amministatore delegato di Barilla diversificazione (Le tre Marie, Sanson, ecc). Alla fine del 1998 entra nel gruppo Fininvest con l’incarico di amministratore delegato della società Pagine Utili. All’inizio del 2008 diviene amministratore delegato delle società Medusa Cinema e Medusa Multicinema. Attualmente è amministratore delegato di The Space Cinema, circuito di multisala nato dalla fusione di Warner Village con Medusa Multicinema. 46 retail&food - ottobre 2010
The Space Cinema, tutto un altro film A
pochi mesi dal suo arrivo in Medusa Cinema, Giuseppe Corrado ha avviato il progetto di partnership strategica tra R.T.I. (Mediaset) e il Fondo 21 Investimenti (Benetton), portando a conclusione l’operazione di fusione del circuito Warner Village, acquisito dal Fondo 21, con Medusa Multicinema. Così il 1° luglio 2009 è nato il più importante circuito nazionale di sale cinematografiche (51% di 21 Investimenti – 49% di Mediaset) di cui Corrado è diventato presidente e amministratore delegato. Il nuovo circuito nell’ottobre del 2009 ha presentato il nuovo brand: The Space Cinema. A poco più di un anno dal debutto come procede il lavoro? Nell’ultimo anno il nostro comparto è cresciuto grazie ad alcuni kolossal, basti ricordare Avatar, che hanno performato a livello record. Più in particolare, negli ultimi nove mesi, quindi nel 2010, il cinema è cresciuto attorno all’8-9% in presenze e del 16% circa in fatturato. Noi performiamo meglio del mercato, come capita ai grandi circuiti, e quindi direi che in uno scenario di settore positivo, abbiamo sfruttato bene la nostra dimensione e la nostra qualità. Attualmente contiamo su venticinque sale, ma prevediamo di arrivare a trenta entro fine anno. Come vi posizionate sul mercato? La nuova società è oggi leader del mercato cinematografico in Italia. Abbiamo una quota del 16% circa in un contesto molto polverizzato in cui, di fatto, abbiamo attuato la prima significativa concentrazione. Dopo di noi c’è il circuito UCI con poco più del 10% e insieme facciamo circa il 26 per cento. I mercati europei invece sono molto più strutturati: i primi due competitor normalmente raggiungono il 50-60 per cento. È chiaro quindi che è in atto un processo che porterà a ulteriori aggregazioni perché la nostra volontà è di crescere ancora. Tornando alle sale, com’è la nuova immagine di The Space Cinema? È già stato fatto il rebranding, beneficiando della consulenza di Fabrica, l’agenzia di comunicazione di Benetton che ha lavorato su tutti gli aspetti di brand e immagine. Le sale sono già state aggiornate, mentre ora stiamo lavorando sul concetto della hall per dare una denominazione comune all’ambiente. Il riallineamento definitivo avverrà nei prossimi 2-3 mesi, fino ad arrivare a trasmettere un tratto somatico unico. Novità nel formato? Abbiamo lanciato i The Space Shop, negozi realizzati nei foyer per offrire prodotti di declinazione cinematografica, di tendenza o di attualità: materiale cinematografico, indumenti, merchandising di film in promozione, materiale
vario di cartoleria piuttosto che di gadgettistica. Negli ultimi quattro mesi ne abbiamo aperti sette, mentre di qui a Natale ne apriremo altri sei. Ci sono novità anche per l’offerta food? In questo contesto abbiamo avviato una serie di iniziative commerciali legate all’ampliamento dell’offerta con nuovi menù e prodotti. Ma stiamo lavorando anche su proposte più strutturate in termini di food all’interno delle nostre sale. In sinergia con Autogrill? Esattamente, ma non solo su questo. Con Autogrill siamo sinergici anche per la gestione del personale. Come noi Autogrill è abituata a operare secondo turni e con un’apertura che procede senza soste dal 1 gennaio al 31 dicembre. Altre sinergie con la galassia Benetton? Nel nostro circuito ci sono più di 1.200 operatori che da un mese indossano una divisa disegnata da Benetton. Parliamo di canali. Su quali puntate per lo sviluppo? Normalmente un multiplex è legato a un centro commerciale o comunque alla possibilità di avere parcheggio ampio e facilità di accesso. Di fatto il cinema è ormai l’ancora di tutti i nuovi progetti di sviluppo commerciale. Ieri è arrivata una richiesta da La Spezia... ma posso dire che quasi ogni settimana riceviamo proposte relative a centri commerciali. E comunque valutiamo tutte le nuove aperture, le fuoriuscite, le cessioni... adesso siamo in gara per la sala del porto antico di Genova. Entro fine mese (settembre, ndr) si conoscerà l’esito della gara, siamo molto fiduciosi. Ma non solo, a Bologna sta aprendo il nuovo palazzo dello sport della Virtus Bologna con annesso centro commerciale e ci hanno interpellato anche per questa realtà. Vi hanno contattato anche per i nuovi centri di Ikea? Stiamo trattando anche con loro, in particolare per il primo centro commerciale a gestione Ikea, quello di Gorizia (Villesse, ndr). Tra l’altro nel nostro consiglio di amministrazione siede il vice amministratore delegato di IKEA, Simona Scarpaleggia. Capitolo marketing. Avete già avviato iniziative e promozioni? Mi piace citare l’operazione che ha lanciato 3, la compagnia telefonica, un’iniziativa che sta andando davvero molto bene (Grande Cinema 3, ndr). Abbiamo lavorato molto sulle esclusive, abbiamo proiettato per la prima volta in 3D, addirittura in Europa, una partita di calcio. Successivamente siamo riusciti ad avere in esclusiva sedici partite
dei mondiali. Certo avremmo fatto di più se l’Italia avesse passato un turno, comunque le sale sono sempre state piene. Poi abbiamo offerto spettacoli di musica leggera in diretta, usando la tecnologia 2D, ma abbiamo in animo di proporre presto concerti di musica in 3D in diretta. La sera del concerto di Ligabue abbiamo registrato uno degli incassi più alti in assoluto. E infine, sempre con grande successo, abbiamo trasmesso anche le prime della Scala. Più eventi, più pubblico... Il cinema è un luogo di intrattenimento ma anche l’alter ego della televisione: le sale sono spazi di intrattenimento sociale. Peraltro, così facendo riusciamo a sopperire ad una delle criticità più tipiche: nel week-end le sale sono quasi sature ma dal lunedì al giovedì sono sotto utilizzate. Nel resto del mondo si va al cinema tutti i giorni dell’anno, in Italia nei week-end dei mesi più freschi. Basti pensare che negli Stati Uniti i film più importanti vengono lanciati a luglio... La peculiarità italiana va comunque seguita, e noi dobbiamo trasformare i possibili problemi in opportunità. Può anticipare qualche novità ai lettori di r&f? Come corollario alla nostra offerta vogliamo dare la possibilità ai nostri clienti di godere di un’offerta variegata e segmentata, fatto che per noi rappresenta una potenzialità. Per questo entro fine anno apriremo la prima sala vip al cinema Odeon di Milano. Il nostro progetto prevede che una sala di ogni location sia via via destinata a un’offerta premium con un confort particolare per le sedute, un’offerta food dedicata ma non solo. La sala vip sarà arredata con Poltrona Frau, con cui abbiamo chiuso un accordo proprio in questi giorni. La valutazione sullo sviluppo di questa formula passerà dall’avviamento della “sala pilota” all’Odeon, composta dalle 50 poltrone circa e da una vip lounge di attesa dedicata. Ed è solo l’inizio... retail&food - ottobre 2010 47
analisi mercato
Finalmente arrivano i brindisi Almeno i cin-cin di buone speranze non mancheranno nella prossima edizione della fiera Tfwa di Cannes. vino e liquori, infatti, dopo un 2009 che nella sua prima metà è stato disastroso, si godono ora il rimbalzo. Anche se l’Europa va ancora al piccolo trotto. Intanto negli scali italiani è wine-bar mania: tutti vogliono replicare il successo di Frescobaldi a Fiumicino
P
er capire il peso e lo stato di salute del mercato del vino e dei liquori nel canale travel retail, dal 17 al 22 ottobre fate un salto alla fiera Tfwa (Tax free word association) di Cannes. Noterete come una gran parte degli stand sia occupata da produttori e distributori di alcolici: 97 su 482 espositori totali. Forse qualche anno fa sarebbero stati ancora di più, dato che nel mercato europeo il wine&spirits non genera più il 24% del 2004 del fatturato del duty free ma un più modesto 18% (fonte Etrc). Ma quel che conta è che quest’anno gli operatori dovrebbero essere propensi ai brindisi, non solo metaforici, lasciando da parte le facce scure dello scorso anno. Se il 2009, infatti, ha avuto una discesa del fatturato del 6,9%, l’anno in corso è in pieno rimbalzo. Secondo
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Generation Research, infatti, da gennaio a luglio il comparto wine & spirits è cresciuto del 12,3 per cento, grazie soprattutto alla ripresa più generale del traffico aereo. Va pur detto, però, che la crescita è inferiore alla media della ripresa nel comparto duty free (+16,4%).
Europa col bicchiere mezzo vuoto
La festa è più contenuta se si guarda all’Europa, perché è il nostro continente che è stato investito dall’ineffabile Eyjafjöll, cosicché ad aprile il calo delle vendite duty free di vino è stato del 5,9% (-14,4% nel solo canale aeroportuale), mentre negli altri mesi la crescita è stata intorno al 15% nel primo trimestre e di circa il 6-7% da maggio a luglio. «È abbastanza evidente che le categorie tradizionali del tabacco
e dei liquori hanno progressivamente perso peso nel totale progressivo delle vendite nel canale Travel Retail/Duty Free» commenta Fulvio Fassone, presidente di Atri (Associazione italiana travel retail) e vicepresidente di Etrc, di cui l’Atri fa parte. «Ciò è dovuto – continua – a una crescita inferiore rispetto al traffico passeggeri e ad altre categorie merceologiche. Il fenomeno può essere stato influenzato da vari fattori: la modifica dei gusti dei consumatori europei, l’impatto delle restrizioni sui liquidi, un più generale spostamento delle vendite verso altre categorie che meglio sembrano cogliere la propensione all’acquisto di nuovi clusters di passeggeri, come ad esempio quello dei voli low cost. È da notare, tuttavia, una certa ripresa negli ultimi due anni dovuta sicuramente a una serie di interventi messi in atto dai brand per riavvicinare e recuperare parte del mercato».
In Italia vince il tipico
Se questa è l’Europa, come va invece l’Italia? In assenza di dati di dettaglio, vale la parola degli operatori. Come la Dufre, che distribuisce diversi marchi di fine food e wine&spirits (Alexander e Vigneti Fantinel). Per Christian Gaudio, titolare, insieme con il padre Eugenio, «l’Italia è in linea con l’Europa, forse va anche
meglio, perché il nostro Paese ha come punti di forza proprio il buon cibo e il buon bere». Non a caso, continua Gaudio, in Italia vengono richiesti e venduti soprattutto vini nazionali. «È poi importante – aggiunge – che gli operatori lavorino su politiche di prezzo, esclusività, formati richiesti dai clienti. Quelli che riescono a interpretare tali bisogni vincono, noi possiamo dire che quest’anno possiamo festeggiare». Per esempio, se le compagnie applicano la “one bag rule”, ecco che sale la domanda, per gli spumanti, dei formati da 20 cl, prima ignorati dai viaggiatori. Altra caratteristica del mercato aeroportuale è che il vitigno conta tanto e forse più dell’etichetta: il turista straniero, insomma, sceglierà un chianti anche poco noto piuttosto che un vino di un vitigno poco famoso di una casa blasonata. E a proposito di prodotti venduti, il nostro Paese sembra fare eccezione rispetto alle tendenze internazionali. Da noi al top delle vendite negli aeroporti nel wine&spirits, spiega Gaudio, c’è il limoncello, seguito dal chianti e in misura minore dal prosecco e dalle grappe. Prodotti tipici, insomma. A livello internazionale, invece, le
I giganti mondiali del wine&spirt nei duty free n. marchio 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Pernod Ricard World Trade Diageo Rémy Cointreau Bacardi International L.V.M.H. Brown-Forman Int’l Beam Global Spirits & Wine Inc. William Grant & Sons The Edrington Group Camus International Heineken Brouwerijen Campari International
andam. 2009 -7,8% -5.1% -10.4% -7.3% -5.8% -7.0% -6.5% -5.1% -8.5% -8.8% -0.1% -11.0%
Classifica basata sulle vendite in valore nel retail in dollari, non inclusi gli “other shops” (solo aeroporti, linee aeree, navi) Fonte: Generation Research
statistiche di Generation Research dicono che è il whisky a fare la parte del leone (33,3% di quota di mercato), seguito da champagne e vini frizzanti, fermi e da dessert (25,3%), cognac (12,3%) e liquori “bianchi” (11,7%). La birra è molto lontana, con il 4,6% di quota. La ricetta di un altro operatore molto presente negli aeroporti, Airest, che conta su cinque Botteghe dei Sapori, è leggermente diversa: «Bisogna avere un grande assortimento – dice Giovanni Bussi, head of global formats and operations della società -. Oltre ai vini italiani e regionali ci vuole anche una gamma di prodotti internazionali, come gli champa-
La presenza dei wine bar negli aeroporti italiani Bari Bergamo Orio al Serio Bologna Cagliari Elmas Firenze Genova Lamezia Terme Milano Linate Milano Malpensa Napoli Olbia Palermo Roma Fiumicino Torino Treviso Venezia
de Canto Wine bar Santa Cristina-Moka Free Fly Wine Bar; Bollicine Vino&Caffè Wine&Food MyChef Wine Bar Marco Polo Food Wine Bar Wine&Food MyChef, Wine&Food Restaurant MyChef Why not wine, Wine&Food MyChef, Wine&Food Restaurant MyChef (2) Oro di Napoli - Salza Wine bar Karawine Wine Bar Frescobaldi Wine Bar (3), Wine&Food MyChef, Wine&Food Restaurant MyChef Autogrill Wine Bar; MyChef Birreria Heineken; Wine&Food Restaurant MyChef de Canto de Canto, Birreria Pilsner
fonte: siti internet delle società di gestione aeroportuale
›L’import - Sempre più intervista
centri commerciali
Pietro Biscaldi, amministratore delegato Gruppo Biscaldi Quale canale distributivo è stato più vivace negli ultimi anni per vini e birra? Il canale moderno è quello che sta vivendo negli ultimi anni un trend più vivo e stimolante, perché è stato più pronto e aperto rispetto al canale tradizionale. Indubbiamente ha dimostrato una maggiore capacità di innovare creando nuovi format e aprendosi anche a prodotti di nicchia e particolari, come le nostre birre Viru e Asahi. Ancor più forte e deciso è l’ampliamento delle gamme di vini presenti in questo canale con la creazione di aree dedicate sempre più ricche e specializzate. I centri commerciali e gli outlet sono un canale nel quale è possibile uno sviluppo per wine & spirits? Assolutamente sì: i centri commerciali sono un canale molto interessante e il Gruppo Biscaldi ha da sempre dimostrato interesse verso questo tipo di location e, soprattutto, verso i pub, i bar e i locali particolari sempre più presenti all’interno dei migliori centri commerciali. Wine & Spirits trovano qui un posizionamento ideale che rappresenta una leva importante per il futuro dello sviluppo del mercato del beverage. Per quanto riguarda invece gli outlet abbiamo fino ad ora riscontrato una mentalità più chiusa: la loro specificità costituisce spesso un deterrente per l’introduzione di vini e spirits. Forse i tempi non sono ancora maturi. Detto questo continuiamo ad osservare da vicino la loro sempre più rapida evoluzione. Più in generale, per il mercato del vino e della birra il 2010 si chiuderà con un’espansione o una contrazione? Il mercato del vino nel 2010 verosimilmente si chiuderà con una decisa contrazione che appare motivata da una duplicità di fattori: un forte esubero della produzione e un parallelo abbassamento dei prezzi. Nel segmento birre, al contrario, la contrazione è meno forte e si registra una forte crescita delle vendite di birre di specialità, che rappresentano una fetta di mercato sempre più importante – tra l’8 e il 10 % – all’interno del compartodelle birre tradizionali.
gne. Bisogna inoltre avere un ampio range di prezzo, dai supertuscan alle bottiglie che costano meno di 10 euro. È inoltre un settore sensibile alle promozioni».
Wine bar avanti tutta
I negozi duty free negli scali non esauriscono certo il panorama dei luoghi in cui si vendono alcolici negli aeroporti. Sempre più diffusi sono i negozi di enogastrono-
mia. Qualche esempio, non esaustivo: Kokkos ad Alghero, Enoteca Assenzia ad Ancona, Bottega dei Sapori a Venezia, Treviso, Bergamo, Bari e Catania, Vecchia Malga a Bologna, Bonu-Cose buone dalla Sardegna a Cagliari, Colli Toscani e Duty Free Food and Wine a Firenze, Colline Toscane e Buoni e Belli a Pisa, Syrius a Lamezia Terme, Gourmet Shop a Napoli, Kara Sardegna a Olbia, Pingue a Pescara, Canestro
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›L’export - Con intervista
analisi mercato a Fiumicino, Wine&Food Corner a Torino e Conti Dagostino a Verona. Difficile però fare distinzioni troppo nette, perché ci sono numerosi duty free che, pur vendendo altri articoli, sono orientati al cibo e al vino, come i Free Fly Shop (Linea Aeropotuale Sole), l’ultimo dei quali è stato aperto a Ronchi dei Legionari (Gorizia). Ma un fenomeno ancora più evidente delle enoteche è quello dei wine bar negli aeroporti. Quando si tocca l’argomento, il primo nome che viene in mente è quello dei Marchesi de’ Frescobaldi (si veda anche retail&food di ottobre 2009). La casa vinicola fiorentina è stata pioniera in questo campo, approdando nel 1999 con un wine bar (ristrutturato nel 2009) con vini e cibi di alto livello a Fiumicino. Seguirono altri due punti vendita, rispettivamente nel 2002 (finito di ristrutturare lo scorso luglio) e nel 2008, in modo da coprire i terminal nazionali (ora molo Alitalia), Schengen ed extra-Schengen. «Ci
Nuance in 15 scali
to di Orio al Serio, abbinato a una caffetteria Mokà. Lo hanno sviluppato congiuntamente Cremonini e la casa vinicola Antinori, altro gioiello fiorentino. Il rapporto tra le due aziende, dice a r&f Alberto Colombo, direttore marketing di Cremonini, è iniziato molti anni fa, con una collaborazione che ha riguardato sia la ristorazione a bordo treno sia quella autostradale. Nessun problema per la natura low cost del terminal bergamasco: «Non è vero che a Orio al Serio non ci siano persone che spendono, perché c’è una buona componente di businessmen – commenta Colombo -. Inoltre, il fatto che a bordo delle compagnie a basso costo le consumazioni sono vendute a caro prezzo ha un effetto positivo sulle nostre vendite». Il fatturato atteso per il primo anno solare è di un milione di euro; senza il wine bar, spiega il manager, sarebbe probabilmente la metà. Ancora prima di Cremonini-Antinori si erano mossi altri operatori: Airest
Luigi Massetti, export area manager Molinari Quali sono i mercati esteri che stanno dando maggiore soddisfazione e sofferenza? Dopo il 2009, quando abbiamo relativamente sofferto il fenomeno generalizzato di riduzione dello stock da parte dei nostri importatori, il 2010 sta dando dei grandissimi risultati. I paesi che stanno dando maggiore soddisfazione sono Germania, Inghilterra, Russia, Ucraina e India, mentre quelli che stanno ancora soffrendo sono gli Usa, da poco inserito come nuovo importatore, Grecia e Spagna. Che tipo di prodotto va per la maggiore? In assoluto la Molinari Extra Sambuca, ma devo dire che il Limoncello di Capri sta crescendo con numeri molto interessanti. La Molinari Caffe è, e rimarrà sempre, un mercato di nicchia per “veri intenditori”. Che andamento sta avendo nel 2010 il canale aeroportuale? Il canale aeroportuale, italiano e non, dopo un anno particolarmente delicato come lo scorso, nel 2010 sta segnando una crescita in molti casi in doppia cifra. Negli scali principali Italiani abbiamo previsto un calendario di attività promozionali molto intenso. Da poco abbiamo chiuso un accordo commerciale con uno dei gruppi più grandi d’Europa, The Nuance Group, garantendo la presenza a scaffale del nostro prodotto in più di 15 scali europei. Quali canali distributivi vanno meglio e peggio? Il canale distributivo che negli ultimi anni ha fatto segnare una pesante flessione, più o meno in tutte le parti del mondo, è senza dubbio quello dell’On-Trade o consumo fuori casa. Questo fenomeno è purtroppo legato alla pesante crisi che tuttora non si è risolta a livello mondiale e che ha fatto si che i ristoranti, club, bar si svuotassero sempre più.
IL PESO DELLE CATEGORIE NEL TRAVEL RETAIL Profumi e cosmetici
0,41 0,52
Vino e liquiri Confectionary & Food Tabacco
0,18 0,11
0,1
0,24 2004
0,2
2009
0,2
tando un meeting point per viaggiatori di affari e di turismo». Soddisfazione sta dando anche il locale di Bari. MyChef gestisce in totale nove tra i locali denominati Wine&Food e quelli Wine&Food Restaurant, a Fiumicino (2), Firenze, Torino, Linate (2) e Malpensa (3). A Torino e Fiumicino (il locale
presso gli imbarchi G) le location sono state personalizzate grazie a un accordo con la cantina piemontese Batasiolo. A Torino MyChef gestisce anche una MyChef Birreria Heineken, mentre Autogrill ha il proprio Autogrill Wine Bar. Tra le ultime interessanti aperture c’è Bollicine nell’aeroporto di Bologna, dove già era presente il Free Fly Wine Bar.
fonte: Etrc
è andata bene - spiega a r&f Diana Frescobaldi, che cura il progetto dei Frescobaldi Retail & Restaurant -. Abbiamo trovato un target perfetto, di tipo business: sono persone che cercano un’offerta di qualità con servizio più personalizzato del normale». Anche se il 2010 non è stato entusiasmante, aggiunge, il progetto potrebbe estendersi oltre Fiumicino: «Abbiamo aperto il primo locale in franchising, presso Harrod’s a Londra. L’intenzione è di espanderci, anche se non pensiamo a una catena, perché vogliamo garantire la qualità. Abbiamo creato un modello architettonico e stiamo pensando ad altri aeroporti, soprattutto all’estero». Negli scali italiani, intanto, la rincorsa al mito dei Frescobaldi è iniziata. Un esempio è il Santa Cristina Wine Bar che dal Natale 2009 si trova nella food court dell’aeropor-
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ha per esempio aperto due de Canto nell’aeroporto di Venezia (dove c’è anche un’innovativa birreria da 45 mq sviluppata con Pilsner Urquell), Bari e Praga. Il punto vendita di Venezia, racconta Giovanni Bussi di Airest, è aperto da otto anni ed «è migliorato stagione dopo stagione: per i primi sei anni è cresciuto a livelli molto più alti rispetto all’aumento dei passeggeri, diven-
MyChef: a Linate bollicine e caviale Linate come Heatrow: nello scalo milanese dai primi di ottobre aprirà un locale “Caviar House MyChef”, primo format nel suo genere negli aeroporti italiani. L’offerta sarà composta da caviale e bollicine: «Saranno serviti champagne e un millesimato della cantina Batasiolo - commenta Leopoldo Resta, direttore commerciale di MyChef – e un caviale meraviglioso», di due qualità siberiane. Il locale sarà posto nella food court nei pressi degli imbarchi 17 e 18, dove già sono presenti punti vendita della catena del gruppo Elior. I prezzi? Si va dall’offerta “caviar shop” da 19 euro al “caviar solo” da 85 euro.
Altri ancora potrebbero seguire a presto. Franco Russo, direttore commerciale de Il Borro, una delle tre aziende vinicole della famiglia Ferragamo (con Castiglion del Bosco e Riparbella), si lascia sfuggire un progetto che la società ha in mente: aprire un wine bar nell’aeroporto di Firenze, dove la casa è già distribuita con una buona visibilità. Ovviamente, «in stile Frescobaldi». F. P.
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dossierareediservizio
A cura di Fabrizio Patti
FiniFast, a Serravalle un antipasto di futuro Dalle dimensioni ridotte, la nuova area di Serravalle Ovest permette di scoprire alcuni accorgimenti estetici che caratterizzeranno le prossime realizzazioni del marchio modenese
P
iccola, essenziale, ma interessante, perché dà un’idea del nuovo design messo in campo da FiniFast e anticipa l’assetto grafico delle strutture di notevoli dimensioni che saranno prossimamente ampliate e ristrutturate. Stiamo parlando dell’area di sosta di Serravalle Scrivia Ovest, sull’autostrada A7, inaugurata lo scorso 17 luglio. Precedentemente gestita da Chef Express, l’area di Serravalle ha dimensioni da autobar: in pochi metri quadrati si fronteggiano il bancone del bar e la parete con gli scaffali del market. Oltre al corpo centrale, si trovano sulla sinistra (guardando il bancone) i bagni e sulla destra un’area precedentemente esterna, dove c’era un gazebo, che ora ospita diversi frigoriferi per le bibite e tre tavolini tondi su cui consumare il pasto in piedi. Gli elementi grafici interessanti sono diversi. Innanzitutto spicca il richiamo al logo di Fini, una doppia linea curva arancione che ricorda una carreggiata a due corsie. Tale marchio, oltre a essere presente sopra il tetto e nella fascia sopra il bancone del bar, viene evocato attraverso le decorazioni presenti sia sulla facciata esterna sia all’interno. Sopra il bancone, infatti, è presente un controsoffitto arancione con una lunga fascia curva bianca che ha anche il pregio di conferire profondità a un ambiente altrimenti angusto. La vivacità del locale è data anche da altri accorgimenti: la parte rimanente del controsoffitto è di colore blu scuro, in forte contrasto con la tinta arancione e con il bianco del bancone. Le porte dei servizi igienici, inoltre, sono caratterizzate da gigantografie di fiori, diversi per uomini, donne e portatori di handicap, e da svariate facce stilizzate in stile caricaturale che rappresentano le “ladies”, i “gentlemen” e i servizi “reserved” per i diversamente abili. Il lato esterno della struttura che dà sul parcheggio, inoltre, è completamente occupato da un telone che attraverso un grande disegno di un cornetto pubblicizza una delle specialità del bar: la farcitura al momento dei croissant con ripieni diversi, servizio che ci è stato detto essere in prova anche ad Alba. Se nel complesso l’effetto visivo è informale, vivace e in sostanza gradevole, alcuni particolari lo sono meno. L’area a destra rispetto all’entrata, quella con i frigoriferi e i tavolini, è infatti slegata dal resto della struttura e piuttosto anonima, essendo caratterizzata da pareti completamente bianche. Anche il pavimento, leggermente diverso dalla zona con il bancone, contribuisce all’effetto di disomogeneità. Qualche elemento di comunicazione potrebbe forse dare maggiore continuità. Non è escluso che sia aggiunto in seguito. Al momento della visita, infatti, l’area era aperta da una decina di giorni e mancavano alcuni dettagli importanti: i segnalatori merceologici nel market, ad esempio, erano assenti. In generale la comunicazione, al momento della visita, è parsa essenzia-
le. Oltre al cornetto disegnato su un lato della struttura, all’interno erano pubblicizzati solo i panini “Tre tenori/Tre soprani” e un tipo di menu. Sopra il bancone erano poi apposte tre foto, rispettivamente di una brioche, di una tazzina di caffè e di un panino. All’esterno, accanto alla porta, era infine presente un pannello in cui erano specificati i beni e i servizi offerti, accompagnati ciascuno da un disegno. Altre caratteristiche del punto vendita sono condizionate dalla ristrettezza della struttura: il market, ad esempio, ha alimenti, prodotti per la cura della persona, giocattoli, libri e cd. Sono prodotti di marca ma necessariamente ridotti all’osso. Non c’è traccia, ad esempio, di tipicità regionali. Allo stesso modo l’illuminazione è necessariamente artificiale, con due file di faretti, perché la parete opposta al bancone è occupata dagli scaffali del market. L’unica zona con luce in parte naturale è quella con i tavolini e i frigoriferi. Insegna area di servizio: Nome area di servizio e località:
La pulizia dei servizi igienici è parsa abbastanza buona. Si segnala la presenza delle docce e l’assenza di un fasciatoio, giustificabile con la limitata estensione della struttura. •
Fini Serravalle Scrivia Ovest (Al)
STRUTTURA
Edificio su un piano, di piccole dimensioni (autobar). I materiali utlizzati sono semplici. I colori prevalenti sono il bianco, il blu e l’aran- cione, sia all’interno che all’esterno
MARKET
Dimensione della galleria ristretta, luminosità artificiale, tranne che per un’ala con tavolini e frigoriferi per le bibite. Segnalatori merceologici assenti al momento della visita. Comunicazione per il momento limi- tata
DESIGN
Impatto estetico positivo, si distingue per l’uso dei colori e la grafica da fumetto usata per la comunicazione. Sono presenti tre tavolini alti senza sedie, i cestini sono tondi in metallo o in plastica con apertura basculante. Il logo è presente sopra la facciata esterna e all’interno. E’ inoltre richiamato dalle decorazioni sulla facciata e all’interno
PARCHEGGIO
Ridotto, composto da circa 15 posti per le auto e 4 per i camion
OFFERTA SERVIZI
Necessariamente essenziale. Non sono presenti prodotti regionali. Sono venduti alimenti, oggetti per la cura della persona, giocattoli, libri e cd. I prodotti sono di marca. Non c’è un format per il market. Non è presente un vending interno (peraltro non necessario) Non si segnalano servizi particolari per i clienti
VARIE Bagni abbastanza grandi, con docce ma non il fasciatoio. Pulizia abbastanza buona, impianto di aerazione presente. Musica della radio (Rai Isoradio) filodiffusa. Accessibilità buona. Telecamere visibili ma non invadenti. Sull’area di sosta è presente anche un market oil della Erg
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international Da Simon Property due miliardi per 21 outlet
Grande acquisizione Oltreoceano: Simon Property Group Inc. ha comprato i 21 outlet di proprietà di Prime Outlets Acquisition Co. Il valore totale dell’operazione è di 2,3 miliardi di dollari (1,78 miliardi di euro). In particolare il gruppo Simon ha pagato 700 milioni di dollari e si è assunto il debito e le azioni privilegiate di Prime per 1,55 miliardi di dollari.
A Helsinki un’area giochi tira l’altra
È aperta 24 ore su 24 la nuova area giochi per bambini che è stata inaugurata all’aeroporto di Helsinki. Si trova al gate 38, nell’area dei voli a lunga percorrenza
ed è attrezzata con giocattoli di legno e altri balocchi. Gli interni sono stati curati da una società scandinava di vestiti per bambini, la Reima. Non è il primo “asilo” dell’aeroporto: ai gate 15, 20 e 31 ce ne sono altri tre con giocattoli, video, materiale per disegnare e attrezzatura per cambiare i panni e scaldare i cibi.
Blockbuster annegato dai torrent
Download dopo download, legali o abusivi, alla fine la più grande catena di videonoleggi al mondo, Blockbuster, si è avviata a entrare nella procedura fallimentare prevista dal Chapter 11. La bancarotta pilotata a cui la società va incontro permetterà di limitare i danni, realizzando una ristrutturazione prima del fallimento. Dal 2008, Blockbuster ha chiuso più di mille negozi negli Stati Uniti, dove ne restano aperti circa 3.500. L’azienda si ritrova un debito da 1 miliardo di dollari e il suo titolo in Borsa è sprofondato dai 15 dollari di quattro anni fa agli attuali 20 centesimi.
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duty free world
By Kevin Rozario - London
TFWA Talking Shop Quel negozio parlante del TFWA As conventions go, Tax Free World Association World Exhibition in Cannes is one of the best. It brings together top luxury goods brands like no other – not even the biggest beauty conventions can boast the array of prestige perfume and cosmetics houses that arrive on the Riviera for a full week of sun (sometimes), sea and, most importantly, seduction. While TFWA is a trade show, and deals are done and agreements signed, many of the larger supplier houses in the duty-free business use it more as a public relations vehicle to present their latest launches or new brand images and lavishly entertainment clients. They spare little expense to ensure that this process of seduction captivates and conquers the retail buyers who will be deciding, for example which lines of cosmetics, cognacs or confectionery to stock in 2011, and in which store positions. And also which new brands or product categories they should test in the market (this year there are 46 new exhibitors out of a total of 444). However, the 2010 show, may be a little different. After 2009, when sales in duty-free crashed by -5.6% to $34.5 billion (source: Generation Research) buyers became extremely cautious with their ordering and, even though growth is returning, they are still wary about overstocking. Therefore the showcases around the villages this year will be more decisive than usual: as well as selling a slick brand image, suppliers will be working much harder to prove that their products can also deliver on turnover and margin. Brands like Puig’s Paco Rabanne, Diageo’s Johnnie Walker and jewellery house Pandora have already been active in developing stronger promotions and events to deliver better sales results for retailers. Such results matter today as negotiations get tougher. So while TFWA World Exhibition is sometimes slated as a talking shop and PR window, this year the idea of a talking shop suddenly seems like a very good one. With economic uncertainty still persisting in Europe and the US – where in both cases growth in air travel remains far behind Asia Pacific, Latin America and the Middle East – in-depth discussions about changing passenger buying habits and the economic outlook will be vital. In the wake of 2009, the industry is in somewhat uncharted territory, and this year’s powwow might make charting it that little bit easier.
Per come vanno i convegni, la Tfwa World Exhibition di Cannes è uno dei migliori. Mette assieme i marchi di primo livello dei beni di lusso come nessun altro – neanche i maggiori congressi possono vantare la schiera di case prestigiose di profumi e cosmetici che arrivano sulla Riviera per un’intera settimana di sole (talvolta), mare e, cosa più importante, seduzione. Mentre il Tfwa è sì una mostra commerciale, con operazioni concluse e accordi siglati, ma molte delle più grandi aziende fornitrici nel business del duty free la usano di più come un veicolo per le pubbliche relazioni, per presentare i loro ultimi lanci o le nuove immagini dei marchi e testimonial sfarzosi. Badano poco alle spese per assicurarsi che questo processo di seduzione accattivi e conquisti i negozianti compratori che si troveranno a decidere, per esempio, quale linea di cosmetici, cognac o dolciumi tenere in magazzino nel 2011, e in quale posizione nel negozio. E anche quali nuovi marchi o categorie di prodotto dovrebbero provare sul mercato (quest’anno ci sono 46 nuovi espositori su un totale del 444). Comunque, la mostra del 2010 potrebbe essere un po’ diversa. Dopo il 2009, quando le vendite nel duty free sono crollate del 5,6% a 34,5 miliardi di dollari (fonte: Generation Research), i compratori sono diventati estremamente cauti con i loro ordini e, sebbene la crescita sta tornando, sono ancora attenti a non fare over-stock. Perciò le vetrine lungo i “villaggi” della fiera quest’anno saranno più decisive del solito: nello stesso momento in cui venderanno un’immagine patinata del marchio, i fornitori lavoreranno molto più duramente per dimostrare che i loro prodotti possono anche portare fatturato e utile. Marchi come Paco Rabanne di Puig, Johnnie Walker di Diageo e l’azienda di gioielleria Pandora sono già stati attivi nello sviluppare forti promozioni ed eventi che portino migliori risultati di vendite per i retailer. Tali risultati sono importanti oggi dato che le negoziazioni si fanno più dure. Quindi, mentre la Tfwa World Exhibition è talvolta attaccata come un negozio parlante e una vetrina di pr, quest’anno l’idea di un negozio parlante improvvisamente sembra molto buona. Con l’incertezza economica ancora persistente in Europa e negli Usa – dove in entrambi i casi la crescita nel commercio legato agli aerei rimane di gran lunga dietro l’AsiaPacifico, l’America Latina e il Medio Oriente – le discussioni in profondità sulle abitudini in cambiamento dei passeggeri-consumatori e le previsioni economiche saranno vitali. Sulla scia del 2009 il settore è in un territorio in qualche modo incerto e la riunione tribale di quest’anno potrebbe farlo tracciare su una mappa un poco più facilmente.
Ryanair dice addio a Belfast
Ucraina, parla estone il mall da primato I
l più grande centro commerciale dell’Ucraina è stato inaugurato a Kiev alla fine di agosto. A realizzarlo è stata la società di sviluppo immobiliare dell’uomo d’affari estone Hillar Teder. Il complesso, chiamato Dneprovskaja Pristan, è nel centro della capitale e si estende per 68mila metri quadrati. Si tratta però solo della prima fase: il costruttore ha infatti annunciato che per gli Europei di calcio del 2012 costruirà una seconda parte di volume simile. L’investimento per la prima parte è stato di 150 milioni di dollari, per la seconda la previsione è di 60 milioni di dollari. I piani prevedono anche la costruzione nei pressi
Anche Zara va in rete
di appartamenti e di un porto per yacht sul fiume Dnepr. I tenants previsti sono 170. Non tutto però va per il verso giusto: ci sarebbero difficoltà di cui ha parlato lo stesso Teder: il fatto che gli standard ucraini prevedano una percentuale di almeno il 20% degli spazi dedicati all’entertainment, ha dichiarato l’imprenditore a balticbusinessnews.com, «sta creando problemi perché i fondi immobiliari dei grandi fondi pensione stranieri che sono potenziali compratori di tali complessi generalmente sono d’accordo di pagare solo per la shopping area, ma non per la sezione di entertainment che considerano troppo rischiosa».
Dal 2 di settembre Zara ha iniziato a vendere tutti i prodotti offerti nei negozi anche online: per ora in Spagna, Germania, Francia, Italia, Portogallo e Regno Unito, dal 2011 anche in Usa, Giappone e Corea del Sud. Il marchio del gruppo Inditex è stato seguito a stretto giro da H&M, che dal 16 settembre ha dato il via al canale internet nel Regno Unito. È invece arrivato prima di tutti il rivale americano Gap, che oggi negli Usa vede arrivare il 7,7% delle vendite dalla rete. Il brand statunitense ha però dovuto subire da poco uno storico sorpasso: nel trimestre concluso il 30 aprile Inditex ha raggiunto il fatturato di 2,665 miliardi di euro contro i 2,632 miliardi ottenuti da Gap. A poco distanza si piazza H&M, che ha totalizzato nel primo trimestre dell’anno fiscale in corso 2,5 miliardi di euro di ricavi.
L’aeroporto George Best di Belfast rischia seriamente di perdere 800mila passeggeri all’anno, un terzo del totale, e circa un migliaio di lavoratori, compreso l’indotto. Il motivo? Ryanair, che da tre anni ha lì una sua base, ha deciso di sospendere i suoi voli a causa del rinvio della promessa estensione di 200 metri della pista. Il ceo del vettore irlandese, Micheal O’Leary, si è detto deluso per il ritardo e ha aggiunto che «non ha senso continuare a investire su Belfast City» finché la compagnia non potrà raggiungere in sicurezza l’aeroporto da rotte europee più lontane del Regno Unito. Il rinvio dell’allungamento della pista si deve all’avvio di un’inchiesta pubblica seguita
all’opposizione degli abitanti della zona est di Belfast. Per l’aeroporto l’uscita di Ryanair arriva solo pochi mesi dopo il restyling dell’area partenze, costato 6 milioni di sterline, con un nuovo duty free e diverse aperture dal concessionario f&b HMSHost. easyJet intanto non si è fatta sfuggire l’occasione per graffiare il rivale low cost e ha affermato, tramite il suo responsabile commerciale per l’Irlanda del Nord, che «ancora una volta Ryanair vuole il tappeto rosso srotolato per lei, mentre easyJet e molte altre compagnie sono felici di volare dal City Airport com’è oggi».
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international Traffico, a luglio Europa a +6%
Lo scorso luglio il traffico aereo in Europa, tra voli domestici e internazionali, è salito del 5,9% rispetto allo stesso mese del 2009. Dall’inizio dell’anno l’incremento è stato del 2,5% e negli ultimi mesi dello 0,7 per cento. Numeri (fonte Aci) finalmente positivi, anche se lontani da quelli delle “locomotive” del mondo in termini di traffico e non solo: a luglio, per esempio, i voli internazionali dell’America Latina sono saliti del 24%, quelli dell’Asia del 17% e dell’Africa e Medio Oriente del 10% circa ciascuno. Tra le aree mondiali la più piatta è il Nord America: +0,5% tra voli internazionali e domestici (questi in calo dello 0,9%) a luglio e variazione inesistente (0,0%) negli ultimi 12 mesi.
Duty free, il cuoio guida la risalita
Un sonoro +35% di crescita da gennaio a luglio: è il dato delle vendite del comparto pelletteria e accessori da viaggio a livello mondiale nei canali duty free. A dirlo è l’ultima rilevazione della società di “tax refunds” Global Blue. Le altre categorie in ripresa sono l’abbigliamento femminile (+27%), gli orologi e la gioielleria (+26%), le scarpe (+25%), i beni venduti nei department store (+23%) e le altre categorie di moda (+21%). In campo positivo ma meno brillanti, secondo la ricerca, sono invece i souvenir (+12%), l’elettronica di consumo e l’It (+9%) e i cosiddetti “fast moving consumer goods”, vale a dire i prodotti a basso costo non durevoli, come le bibite, cresciuti solo del 4 per cento. In ripresa ma ancora in difficoltà è invece il tabacco: per quanto a luglio la crescita sia stata dell’8,7% rispetto allo stesso mese dell’anno prima, secondo i dati Generation Research i valori rimangono inferiori a quelli del luglio 2008 e nei 12 mesi terminanti nel luglio 2010 le vendite sono ancora inferiori del 14,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima.
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Giù le vendite a bordo, su i ricavi ancillari
Nel 2009 le vendite di prodotti duty free e travel retail a bordo degli aerei sono scese del 10,8%, secondo una rilevazione di Generation Research. Si è passati da 2.674 milioni di dollari del 2008 ai 2.385 dell’anno successivo. Nello stesso periodo, tuttavia, come riporta il sito www.bestandmost.com, basandosi su dati di Idea Works, i ricavi ancillari per le compagnie sono però cresciuti, e di molto: +31%, balzando da 10.250 a 13.500 milioni di dollari (11 miliardi di euro). Questo risultato riflette la tendenza sempre più forte a generare ricavi dalle commissioni per i bagagli, dalla vendita dei pasti e servizi come le assicurazioni di viaggio, il noleggio auto e la prenotazione di alberghi operate direttamente dalle compagnie. Analizzando i dati delle singole compagnie si vede che il peso della vendita di prodotti sui ricavi ancillari è limitato e in calo: per easyJet, ad esempio, è sceso in un anno dal 12 al 7,5% (stessa percentuale di Ryanair). Il caso più estremo è quello della Qantas, dove pesano solo per lo 0,4 per cento.
A Barcellona il primo walk-through spagnolo
Anche in Spagna si diffondono gli spazi commerciali detti “walk-through”, ossia posti lungo un percorso che i passeggeri in un aeroporto devono compiere obbligatoriamente. La prima realizzazione in terra iberica è avvenuta nel Terminal 2 dell’aeroporto di Barcellona, con l’apertura di un negozio “The Shop” gestito da Aldeasa (gruppo Autogrill). Si trova nelle nuove aree di imbarco denominate “M” destinate ai viaggiatori di easyJet. Assieme a “The Shop” (376 mq), situato nella zona per passeggeri Schengen, è stato aperto contestualmente anche un punto vendita “The Express Shop”, da 120 mq, nell’area extra-Schengen. La società ha annunciato che svilupperà il format anche negli scali di Madrid-Barajas e Alicante.
Il profumo ti insegue all’imbarco
Un carrello motorizzato pieno di profumi, cosmetici, cioccolatini, tabacco e liquori che si muove per l’aeroporto per stimolare l’acquisto dell’ultimo minuto o d’impulso dei passeggeri. Si chiama “À La Gate Carte” ed è stato messo a punto da un’omonima società statunitense. Lo scopo è quello di permettere ai retailer aeroportuali di raggiungere anche ai gate i passeggeri che non hanno visitato i negozi, magari perché spaventati dalle lunghe code ai controlli di sicurezza. Il carrello punta sull’effetto curiosità e non a caso è realizzato anche in due versioni buffe, a forma di aereo e di valigia. Lo staff che lo manovra, secondo la società, può anche spiegare ai turisti diffidenti il funzionamento delle vendite tax free.
Brasile: 3G fa un boccone di Burger King…
È cambiata in tempi rapidi la proprietà del colosso della ristorazione veloce Burger King. Tra il primo e il 2 settembre le voci dell’interesse della società di private equity brasiliana 3G sono diventate realtà. I colloqui riservati tra le due società, invece, si è saputo che andavano avanti da mesi. È stato raggiunto un accordo per un acquisto dal valore di 3,26 miliardi di dollari (4 miliardi compreso il debito). Il valore offerto per azione è stato di 24 dollari, circa il 46% rispetto al prezzo al quale il titolo veniva scambiato il 31 agosto, prima che le quotazioni schizzassero in alto, a seguito dell’annuncio. Per il managing partner di 3G, Alexandre Behring, ora l’intenzione è di puntare soprattutto sull’espansione internazionale del marchio. La società con base a Miami era già passata di mano nel 2002, quando il gruppo inglese Diageo lo aveva venduto per 1,5 miliardi di dollari a Texas Pacific, Bain Capital Partners e Goldman Sachs Funds. Le tre società l’avevano poi quotata mantenendo il 30% delle azioni, vendute ora a 3G.
Carrefour vende in Asia per rifarsi il look
Mentre ha messo all’asta i supermercati nel sud-est asiatico, Carrefour ha inaugurato in Francia i primi ipermercati dinuova generazione. I due fatti sono a quanto pare collegati: dalla vendita degli asset sono attesi tra 800 milioni e 1 miliardo di dollari (625-780 milioni di euro), che andrebbero a finanziare in parte il progetto di restyling da 2 miliardi di euro avviato in Europa. La dismissione in Asia non riguarda tutti i paesi, dato che rimangono fuori la Cina (che conta il 70% dei negozi nella regione), Taiwan e l’Indonesia. Tra le dieci offerte raccolte il nome più noto è quello del retailer inglese Tesco, leader di mercato anche in Tailandia e Malaysia. Figurano poi i nomi di Dairy Farm (Singapore), Aeon (Giappone) e Casino (Francia), mentre non si è fatto avanti WalMart. Il progetto di restyling è partito invece nel vecchio continente e per la precisione a Ecully, presso Lione. Il nuovo format si chiama Carrefour Planet ed è stato messo a punto dal ceo svedese (dal 2009) di Carrefour, Lars Olofsson. Realizzato dopo una lunga indagine di mercato, come riporta Il Sole 24 Ore, il format ha portato a modifiche quali: la presenza di luci soffuse e fasce di carta bianca sospese per assorbire il rumore, l’organizzazione degli spazi per poli tematici, l’incremento dei prodotti bio e la riduzione di articoli sportivi, prodotti elettronici e mobili, che si trovano a migliori condizioni nelle catene specializzate. Sono seguite altre quattro inaugurazioni, ma da gennaio cambieranno formato oltre 200 dei 231 iper in Francia. Seguiranno le altre nazioni europee, tra cui l’Italia.
…e Starbucks si compra i “suoi” caffè
La catena di caffetterie Starbucks ha rilevato il 100% di Cafés Sereia do Brasil Participações, che gestisce più di venti negozi in Brasile. L’attuale gruppo dirigente rimarrà al suo posto. La mossa, secondo la compagnia, serve a ottenere l’accesso al più grande mercato del Sud America. Un’acquisizione simile era già stata effettuata in Francia lo scorso anno.
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L’AUTUNNO CALDO DI GRANDI STAZIONI
A
ccelerano le aperture di Grandi Stazioni, che prevede entro la fine dell’anno di completare o quasi la galleria commerciale di Milano Centrale e di Torino Porta Nuova. Appaiono più dilatati, invece, i tempi di Napoli Centrale. Dopo un periodo contraddistinto da una forte incertezza, per i retailer, sui tempi reali nei quali aprire i negozi, la situazione nei vari terminal appare sbloccata. Sembra proseguire con buona regolarità, infatti, il calendario stilato lo scorso luglio da Stefano Mereu, head of sales and advertising di Grandi Stazioni (vedi intervista su retail&food di settembre). Ad agosto hanno aperto, in anticipo rispetto alla precedente pianificazione, il punto vendita di abbigliamento Bershka e quello di ristorazione Vyta. Ha ritardato invece il negozio Triumph, la cui inaugurazione, ipotizzata per luglio, è stata posticipata a settembre. Sempre per lo scorso mese sono stati confermati i tre punti vendita food, Juice Bar, Bar Motta e Big Bar, mentre per ottobre è previsto, in anticipo rispetto alle ultime dichiarazioni, l’opening dello shop Zara. Per allora gli esercizi commerciali in attività presso Milano Centrale dovrebbero arrivare a quota 60. Sul fronte delle non-aperture, ma nel caso specifico la responsabilità non ricade direttamente su Grandi Stazioni, il negozio a marchio Sia resterà chiuso sino a data da destinarsi. Il brand di home fashion ha disposto la chiusura del punto vendita prima dell’estate, lamentando una location non adatta al proprio target, ed è in attesa di raggiungere un nuovo accordo per ricevere una collocazione più consona. Spostando il focus su Torino, il piano di Grandi Stazioni è di passare da 32 negozi in attività a fine agosto/inizio settembre a 41 in ottobre. In particolare a settembre sono previsti in apertura uno shop di abbigliamento intimo ad insegna Triumph, su una superficie di circa 100 mq, un presidio della Banca del Credito Piemontese e un’agenzia di cambiavalute. Ad ottobre l’offerta commerciale si arricchirà con l’apertura al pubblico della libreria La Feltrinelli, su una superficie di circa 1.500 mq distribuiti su due livelli, di un punto vendita sushi ad insegna So Sushi, di un negozio di oggettistica Pylones e di una cioccolateria. Inoltre per lo stesso periodo sono pianificate le inaugurazioni di un negozio di abbigliamento e di uno di telefonia con il gestore Tim.
La terza stazione, in ordine di avanzamento lavori, è Napoli Centrale. L’obiettivo per il terminal partenopeo è di arrivare a 33 negozi operativi entro ottobre. Tra agosto e settembre hanno aperto un’agenzia viaggi Grandi Biglietterie, tre edicole a insegna Hudson News, un abbigliamento uomo, una tabaccheria, un’oggettistica/regalo con partner locali. Ad ottobre sono previsti gli opening di due attività di ristorazione: una a marchio A-Cafè, di circa 200 mq, e l’altra con attività di pasticceria, di circa 30 mq con fronte binari. Inoltre sarà presente un negozio di make up ad insegna L’Occitane, di circa 70 metri quadrati. Sempre nello stesso periodo dovrebbero alzare le serrande un negozio di elettronica Medi Max, esteso circa 600 mq, una sala giochi e un negozio di telefonia. •
Retail Station
Librerie Feltrinelli Il conto alla rovescia è partito. Forse non ci saranno i totem che campeggiavano prima dell’arrivo dell’Alta Velocità, ma a Milano Centrale l’apertura della Feltrinelli segnerà un punto di svolta per l’immagine, un po’ opaca, del terminal meneghino. Prima di allora, però, tocca a Torino Porta Nuova. Ne parliamo con Stefano Sardo, dg di Librerie Feltrinelli. Grandi Stazioni assicura che entro ottobre aprirà a Torino una Feltrinelli da 1.500 mq su due livelli. Conferma? Sì, i tempi finalmente collimano, dopo parecchia attesa da parte nostra. Stiamo già lavorando all’interno dei locali e riteniamo di poter aprire entro fine ottobre a Torino ed entro fine novembre a Milano. Che obiettivi economici vi siete dati per Torino? Il livello di fatturato è nell’ordine dei 4-5 milioni di euro, da ottenere nel tempo in funzione della crescita della stazione. La location vi soddisfa? Sì, la libreria si trova proprio sui flussi di ingresso principali. È nell’atrio centrale, si sviluppa su due piani ed è in una posizione sicuramente molto visibile sia per chi entra in stazione sia per chi esce. A Milano per consentire l’apertura si è dovuto superare lo stop della Soprintendenza sulle scale mobili. Com’è stato risolto lo stallo, c’è stata una negoziazione? Non è un fatto di negoziazione. C’erano problemi tecnici di autorizzazione sulle scale mobili che insieme a Grandi Stazioni siamo riusciti a risolvere parlando e presentando un progetto adeguato alla Soprintendenza alle Belle Arti di Milano. Siamo riusciti a fare quello che riteniamo sia un ottimo intervento, funzionale dal punto di vista commerciale ma assolutamente tutelante la struttura, l’architettura e la parte di affreschi che sono presenti nella sala di attesa al piano ferro. E c’è stato un aggravio di costi?
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Sapevamo che era un tema da affrontare, l’abbiamo affrontato insieme a Grandi Stazioni e lo abbiamo risolto, questa è la cosa più importante. Conferma che con 2.600 mq sarà la vostra libreria più grande in Italia? Per noi è il locale unico più grande in Italia. E credo che sarà anche il locale maggiore all’interno di una stazione ferroviaria italiana tra quelle in progetto di ristrutturazione. L’altra grande apertura recente è stata nella stazione di Napoli Centrale (800 mq). Che performance state registrando? Sta andando decisamente bene, in questo periodo dell’anno (luglio, ndr) anche meglio delle aspettative. Che fatturato è atteso per la fine dell’anno? Napoli deve arrivare intorno ai 7 milioni. E la libreria di Milano? Deve andare ben oltre i 10. Quali sono i prossimi progetti in stazione? Le prossime tre librerie sono a Verona, Bologna e Firenze. Non sappiamo ancora l’ordine, dipende da Grandi Stazioni. Difficilmente apriranno nel 2011, dai tempi che ci hanno fornito, con più probabilità nel 2012. F. P.
Porta Garibaldi, l'offerta si espande
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ra i maggiori terminal in forza a Centostazioni, grazie ai 40 negozi che compongono la galleria commerciale, Milano Porta Garibaldi registra due aperture di shop tradizionali e l’ampliamento di un punto vendita pre-esistente. Sotto ai riflettori si inserisce il marchio Foot Locker. Il primo presidio del brand di sport fashion all’interno del circuito delle medie stazioni, e 145° flasgship store in Italia, è stato inaugurato lo scorso mese e si sviluppa su una superficie di 300 metri quadrati. È stata la prima apertura con Centostazioni anche per il marchio di occhiali da sole Solissimo. L’accordo tra la catena e la società di gestione prevede ulteriori iniziative prossimamente. Terza protagonista nella stazione meneghina è la catena Tezenis. Il brand di intimo ha deciso di ampliare di circa un terzo il punto vendita, che potrà avvantaggiarsi di ulteriori 80-90 metri quadrati di superficie commerciale. •
Il temporary prende quota
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inori costi rispetto ai negozi tradizionali ed effetto novità garantito: ecco i plus che trainano le aperture temporanee all’interno delle medie stazioni italiane. A Milano Porta Garibaldi, a partire dal 1° ottobre e per la durata di 3 mesi, è avviata un’attività di vendita di “Ccusi”: una piccola gioielleria artigianale peruviana, di successo in Spagna. Alla stazione di Monza, da settembre fino a dicembre, è operativo il corner “Impatto Zero”, che effettua esposizione e vendita di biciclette e motorini elettrici. Nei terminal di Vicenza e Trieste, nel periodo compreso tra settembre e febbraio, è allestito un punto di “Stock B2C”, che propone la vendita di prodotti in stock, particolarmente convenienti, delle merceologie arredi, accessori e abbigliamento. Allo scalo di Savona, da ottobre a febbraio, apre Zippo Fashion. •
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Il retail a bordo perde terreno
Mentre i dati globali sulle vendite nei settori duty free e travel retail si sono allineati sui valori del 2008, con il mese di luglio che ha registrato un complessivo +8,7% rispetto allo stesso mese di due anni fa, il canale specifico legato ai ferry continua a mostrare il segno meno. Guardando il bicchiere mezzo pieno, il trend sta lentamente tornando su valori più vicini allo zero, tanto che già per il mese di agosto potrebbe arrivare alla parità. In soli 3 mesi, da maggio a luglio, il dato si è portato da -14,1% a -12,6% sino al più roseo -4,8 per cento (rilevazione Generation Research). Appare netto, tuttavia, il divario con gli altri canali: gli shop aeroportuali hanno registrato nel mese di luglio una crescita del +11,1%, le vendite sugli aerei un aumento dell’1,6% e gli altri negozi nel comparto travel un miglioramento del 9 per cento.
L’estate scalda i bilanci
Nonostante le difficoltà del settore portuale italiano rimangano, la stagione estiva ha riportato il segno “+” sui flussi di passeggeri. Questo risulta, ad esempio, per lo scalo di Porto Torres. L’autorità portuale del terminal sardo ha comunicato che i dati di luglio hanno invertito il trend negativo registrato primi sei mesi dell’anno. In particolare nel periodo indicato il traffico passeggeri è aumentato del 7,7% rispetto al dato del 2009, portando nel nord-ovest dell’isola oltre 13.800 passeri in più, nonostante la contrazione del 6,37% delle corse per nave da e per il continente. Il segno “+” caratterizza i dati di Olbia e Golfo Aranci, che registrano rispettivamente una crescita del 1,52% e del 2,83 per cento. Andando sul “continente”, il mese di luglio è stato positivo anche per il Porto di Genova, che ha incrementato il numero di passeggeri del 5,2%, per un totale di 663mila unità. Di questi il settore traghetti segna un incremento contenuto, dell’1,3%, con 570mila unità, mentre quello crocieristico rappresenta il vero valore aggiunto totalizzando un +37%, con 93mila passeggeri complessivi.
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Crociere, Italia in crescita…
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aviga a gonfie vele il settore crocieristico italiano, trainando non solo lo sviluppo dei porti principali ma anche quello degli scali minori, con possibili riflessi positivi per i servizi commerciali. La parte del leone è ricoperta del terminal di Civitavecchia, che, come sostiene l’Osservatorio nazionale del turismo crocieristico nel Mediterraneo, dovrebbe superare nel 2010 quello di Barcellona. L’Osservatorio sostiene, infatti, che entro la fine dell’anno saranno sbarcati e imbarcati nel terminal laziale 2 milioni e 207mila crocieristi e avranno attraccato 864 navi: rispettivamente il 22,4% in più e l’8,2% in più rispetto al 2009. Di contro questa crescita porterà, sempre secondo i dati dell’Osservatorio, a una saturazione delle banchine già dall’anno prossimo. Per fronteggiare quest’emergenza l’Autorità Portuale ha dato il via a un progetto, finanziato dal Cipe, per allungare la diga forenea dell’antemurale. Ultimo in ordine di tempo a cavalcare questo settore, il porto di Ravenna ha recentemente inaugurato il nuovo terminal crociere. Questo ha permesso, alla fine di agosto, di fare attraccare il primo gigante dei mari, la Azamara Quest della compagnia Azamara Cruises, con una capacità di oltre 700 passeggeri. •
…all’estero il mare è mosso
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ra una rotta quasi obbligatoria quella intrapresa dal governo greco che a fronte della recessione che coinvolge il Paese, ha liberalizzato il mercato crocieristico uniformandosi alle normative degli altri paesi europei. Grazie a questa decisione i giganti dei mari non europei potranno iniziare e terminare le crociere dai porti greci. Ciò comporterà, sostiene il governo ellenico, un ingresso di maggiori introiti per 800 milioni di euro. Oltreoceano, invece, il mercato crocieristico finisce in una secca. In base ai dati forniti dalla Cruise Lines International Association (CLIA), nel 2009 il giro d’affari nel nord America non è andato oltre i 35,1 miliardi di dollari, segnando un drastico -12% rispetto all’esercizio precedente. Questa è la conseguenza della recessione
economica, che ha portato alla riduzione delle tariffe e a incentivi che hanno ridotto i ricavi. Di tutt’altro genere, invece, si presenta il comparto cinese. Lo Shanghai Port International Cruise Terminal, al quale sarà affiancato entro il 2012 lo Shanghai Wusongkou Terminal (che porterà la capacità complessiva dello scalo a otto navi al giorno), sarà toccato da 66 navi nel 2010, contro le 32 del 2009. Gli esperti prevedono che il mercato cresca del 5% quest’anno e che continui a espandersi nel prossimo decennio. Sulla stessa rotta sta puntando anche la Polinesia, che ha previsto un fondo di sviluppo per il turismo crocieristico del valore di circa 838mila euro, alimentato da una tassa portuale. L’arcipelago ha accolto 30mila crocieristi nel 2009. •
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La pulce nell’orecchio
di Simone Filippetti
Cremonini e Jbs, c’eravamo tanto amati
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embra il remake di Divorzio all’italiana, il tormentone dell’estate che corre lungo l’asse Italia-Brasile. Nei mesi scorsi la famiglia modenese e il re mondiale della carne si sono presi a sberle sui giornali (in vista dello scontro nelle aule di Tribunale). Sembrava il matrimonio bomba del secolo, quello tra il gruppo alimentare italiano (con la sua controllata Inalca) e il numero uno al mondo della carne, Jbs. L’idillio, invece, è durato nemmeno tre anni. E ora l’unica strada realisticamente percorribile è quella del divorzio della joint-venture InalcaJbs. Una doccia fredda, caduta sul mercato in piena estate: hanno cominciato i brasiliani accusando gli italiani di non rispettare i patti, di spadroneggiare nella joint-venture (con il patriarca Luigi Cremonini che di fatto gestisce l’azienda pur non avendone diritto) e di impedire loro di verificare l’andamento dell’azienda. Ai primi di luglio è partita una denuncia per violazione dei patti parasociali, quelli che regolano la governance della società e stabiliscono in sostanza chi comanda e come sono divisi i poteri (nel caso specifico l’accordo prevede che Cremonini nomini l’amministratore delegato, i brasiliani presidente e direttore finanziario). Ma soprattutto i soci di San Paolo hanno adombrato l’ipotesi che addirittura i conti della Inalca-Jbs siano stati gonfiati. Cremonini ha rispedito al mittente le accuse, anzi rilanciando: se c’è qualcuno in torto è proprio Jbs che ha violato i patti di non concorrenza, comprandosi in Italia aziende competitor di
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Cremonini in alcuni business (tipo la carne in scatola). Nel batti e ribatti di accuse, la sensazione che se ne ricava è che non si capisce dove stia la verità. L’unica cosa certa è che dietro le questioni di principio, come sempre nel mondo degli affari, i motivi veri sono i soldi. Allora l’attacco di Jbs più che una battaglia per il rispetto delle regole su chi comanda (aspetto comunque non marginale), è una lotta di potere e soprattutto di denaro. Tra le varie clausole, ce n’è una (tecnicamente chiamata earn out) che è la più controversa: Jbs dovrà pagare 65 milioni di euro a Cremonini se la joint venture raggiungerà certi risultati di bilancio. E a giudicare dai dati del primo trimestre, guarda caso quelli contestati da Jbs, la clausola è molto probabile che scatti. Allora tutta la bagarre sembra il tentativo dei brasiliani di mettere le mani avanti per non pagare agli italiani un assegno sostanzioso: se i conti sono falsi, allora la clausola non può essere valida. Alla fine solo una questione di soldi? Può essere, ma tutta la spinosa e intricata vicenda si presta a considerazioni molto più strategiche. Quando, a dicembre di tre anni fa, i Cremonini spiazzarono tutti annunciando l’accordo con il colosso mondiale Jbs il mercato rimase entusiasta (e anche l’estensore di questa rubrica plaudì all’operazione). Per meglio capire la portata dell’operazione occorre fare un piccolo passo indietro: la macellazione della carne, concentrata nella Inalca, è il business storico della famiglia, quello con cui i Cremonini
hanno costruito il loro impero. Ma allo stesso tempo la Inalca stava diventando il fardello del gruppo: la redditività e i margini sempre più in compressione, mentre altri business (vedi il catering e il foodservice con Marr o la ristorazione con Chef Express e Roadhouse Grill) davano molte più soddisfazioni e soprattutto regalavano promesse di ottimi affari (e utili) in futuro. Saggezza avrebbe consigliato di vendere l’affaticata Inalca per concentrarsi sulle attività più redditizie. Ma i Cremonini, per motivi affettivi, non avrebbero mai abbandonato lo storico core business di famiglia. Sembrava un’impasse senza uscita, invece i Cremonini chiusero l’accordo con Jbs, la classica soluzione win-win. O se preferite, la trovata che salvava capra e cavoli. Maritando Inalca in un’alleanza col più grosso produttore al mondo di carne, la famiglia modenese in un solo colpo incassava un sacco di soldi (circa 200 milioni), sistemava il settore meno brillante del gruppo, ma senza dover vendere. Non solo: una put option (opzione a vendere a partire da un certo anno, di fatto
una vendita differita) inserita tra gli accordi, garantiva loro anche un’eventuale via d’uscita. Insomma la soluzione migliore che si potesse immaginare, ma tutto ora è svanito. Sembra chiaro che la joint-venture sarà probabilmente sciolta e ognuno si riprenderà il proprio pezzo di attività. Solo che Cremonini si ritroverà, passati tre anni, al punto di partenza con lo stesso nodo strategico da risolvere: che fare del business della carne? Più in generale si ripropone un dilemma mai sciolto: il rapporto tra Cremonini e il mercato. Un rapporto sempre difficile e di reciproca incomprensione. Il mercato non ha mai capito bene il gruppo (quando era quotato), e Cremonini, dal canto suo, non ha mai fatto abbastanza per farsi apprezzare dagli investitori. E anche stavolta, in attesa che i giudici stabiliscano chi abbia effettivamente ragione, tutta la vicenda non fa che alimentare quella diffidenza che il mercato da sempre nutre verso Cremonini. Una grande azienda italiana, ma che non riesce a farsi amare e comprendere quanto meriterebbe. •
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La foto
Marina Bay Sands, Singapore Hotel, Congressi, Casinò, Shopping Mall, Ristoranti e non solo...
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r&f last but not least
Tirrenia,
un disastro annunciato T
irrenia è morta, così come è morta la prima fase della privatizzazione. Questo forse è il triste destino che spetta alle aziende di Stato. Poco più di due anni fa la stessa sorte era capitata a un’altra impresa di Stato, Alitalia. Non è un caso che le due compagnie di trasporto abbiano fatto la stessa fine, perché le condizioni di partenza erano molto simili. La gestione di Tirrenia è stata molto inefficiente, con una flotta troppo vecchia e con un costo del personale troppo elevato. La “barca di Stato” avrebbe potuto continuare a navigare, se il mercato marittimo non fosse stato aperto alla concorrenza. Solo la competizione permette di rendere evidenti le inefficienze delle aziende pubbliche. Alitalia ha visto lo stesso destino, così come identico è stato l’aiuto da parte dei diversi Governi che si sono succeduti nel nostro Paese. Tirrenia negli ultimi 5 anni prima del fallimento aveva beneficiato di oltre un miliardo di euro in sussidi e contributi, mentre Alitalia aveva ricevuto 4 miliardi di euro in ricapitalizzazioni tra il 1996 e il 2008, anno nel quale ha portato i libri in tribunale. Il gruppo Tirrenia aveva giá fatto uno scorporo nel 2009 delle filiali regionali, che mostravano dei conti economici molto problematici. I diversi Governi regionali avevano visto assegnarsi queste compagnie con un aggravio per le finanze pubbliche locali. Nonostante questa “ripulitura” dell’azienda, la compagnia senza
Conto Economico Tirrenia + Siremar (dati in milioni di euro) 2008 Valore Produzione MOL Utile Contributi Pubblici (CSP) Utile-CSP -162,1
491,4 106,2 14,9 177 -136
2009 408,4 82,9 11 147
aiuti pubblici non poteva navigare nel mare della concorrenza. Per competere e rimanere in vita, Tirrenia aveva bisogno di sussidi e questi venivano puntualmente concessi tramite una procedura che è utilizzata anche nel trasporto aereo. Gli oneri di pubblico servizio sono “aiuti” concessi dallo Stato per aiutare a sviluppare il traffico per le zone svantaggiate territorialmente. Questi aiuti erano invece concessi a Tirrenia anche per delle tratte che potevano stare sul mercato e che venivano effettuate in concorrenza con operatori privati. La stessa Autoritá Garante della Concorrenza e del Mercato aveva segnalato questa problematica il 13 Luglio del 2009 per le tratte nel Golfo di Napoli, effettuate da Caremar (società regionale di Tirrenia). Gli oneri pubblici si trasformavano
I contributi pubblici del Gruppo Tirrenia (dati in milioni di euro) Anno
Noli + CSP
CSp*
% CSP/Tot
2005 628 217 34,60% 2006 635 208 32,80% 2007 595 181 30,40% 2008 634 240 37,90% 2009 206 Tot. 5 Anni 1052 * Corrispettivi Servizio Pubblico
per magia in sussidi alla continuazione dell’operatività di Tirrenia, con grave danno per la concorrenza. I corrispettivi per il servizio pubblico che nel corso degli anni si erano trasformati in sussidi avevano raggiunto quasi il 38 per cento del totale del fatturato dovuto ai noli e ai sussidi stessi.
Ma quale sarà il futuro della compagnia?
È molto probabile che si arrivi ad uno spezzatino, mentre è certo che gran parte dei debiti dell’impresa saranno pagati (come al solito) dai contribuenti italiani. Se mai verrá fatta la good company di Tirrenia, questa dovrà essere messa all’asta e non dovranno essere commessi gli stessi errori del caso Alitalia, dove la procedura di vendita
Costo del personale (dati in milioni di euro)
Tirrenia Societá Regionali Totale
2008
2009
68,422 24,223 92,645
62,393 23,791 86,184
non ha brillato per trasparenza. Vi è un elemento positivo, forse: la privatizzazione Alitalia avvenne in un periodo di elezioni, mentre nel caso di Tirrenia, la vendita potrebbe procedere senza troppa intromissione politica. Sarebbe comunque molto meglio agire in tre fasi: a) Mettere in liquidazione l’azienda b) Le rotte profittevoli, che non hanno bisogno di sussidi, non dovrebbero essere piú sussidiate. c) Le tratte non profittevoli, che richiedono oneri si servizi pubblici, dovrebbero essere messe all’asta in modo da minimizzare l’esborso da parte dello Stato. Solo con una soluzione del genere è possibile concludere una privatizzazione necessaria e inevitabile. Andrea Giuricin professore Università di Milano – Bicocca, fellow dell’Istituto Bruno Leoni
Calendario OTTOBRE • DICEMBRE 2010
Mercati in fiera NOME
COSA
DOVE
QUANDO
WEB
RISTORAZIONE 2010 ICSC EUROPEAN OUTLET CONFERENCE FRANCHISING & TRADE TFWA TRIESTESPRESSO EXPO CONVEGNO RETAIL DESIGN MAPIC
Food service
Milano
07-08/10
www.edifis.it
Retail
Milano
13-14/10
www.icsc.org
Retail Travel retail Industria caffè Retail Retail
Milano Cannes Trieste Milano Cannes
15-18/10 17-22 /10 28-30/10 04/11 17-19/11
www.franchising.fieramilano.it www.tfwa.com www.triestespresso.it www.popai.it www.mipim.com/en/mapic
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