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SHOPPING | Sostenibilità

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Vetrina

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COMPRA, AMA, RIVENDI…

Benvenuti nell’era della moda pre-loved, dove un vecchio guardaroba può diventare un capitale. E tra start up, nuove alleanze e progetti “phygital”, l’usato da fenomeno green di tendenza si trasforma in un grande business globale diPaola Oriunno

C’è chi lo chiama “second hand”, chi “pre-owned”, ma in molti preferiscono metterci il cuore. È così che l’abbigliamento “pre-loved”, con una storia, i colori un po’ sbiaditi e qualche rammendo invisibile, riprende vita negli armadi di perfetti sconosciuti, uomini, donne, bambini. E la moda torna a circolare. Se qualche anno fa era considerato un fenomeno e un business di nicchia, oggi il trend dell’usato vive un grande boom: ci si disfa di cose non più utili e si compra quello che serve a prezzi ridotti. La ri-circolazione di un capo, in un’ottica di sharing economy, è una esigenza sempre più sentita, soprattutto dalle nuove generazioni conquistati dall’idea di rinnovare il guardaroba con poco e di indossare (o rivendere) qualcosa di vissuto. Il fenomeno ha contribuito alla nascita di piattaforme internazionali di compravendita tra privati come Wallapop (dal 2021 anche in Italia), Depop (di recente acquisita da Etsy) e Vinted (app lituana valutata 3 miliardi e mezzo di euro). Ma tra chi ha fiutato il grande business non ci sono solo start up. Decathlon ha lanciato gli eventi Trocathlon nei negozi e la piattaforma 2Hand che propone attrezzatura sportiva e abbigliamento da sci multimarca, mentre il colosso tedesco Zalando, un anno dopo il lancio in 13 Paesi della sezione dedicata all’usato, ha visto rescere la categoria dell’usato di 20 volte, passando da 20.000 articoli a oltre 400.000 proposte. E tra le novità c’è Sellpy, l’e-commerce svedese di moda usata acquisito nel 2015 da H&M e che ha da poco annunciato che aprirà in 20 nuovi mercati. Ci sarà anche l’Italia?

Kiabi scommette su Nuova Vita

Risparmio, ri-circolo, ri-uso, zero sprechi. E l’ambiente ringrazia. Secondo i dati dell’UE, la produzione di abbigliamento e scarpe è responsabile del 10% delle emissioni globali di anidride carbonica e il70% delle emissioni di gas serra dell’industria della moda proviene dal processo di produzione. Anche per queste ragioni, la scelta di riciclare moda è sempre più sentita, dai consumatori e anche dai brand. Tra questi c’è Kiabi (insegna di abbigliamento per la famiglia del gruppo Afm-Associazione familiare Mulliez, proprietario tra gli altri anche di Decathlon, Auchan e Leroy Merlin) che nel 2021 ha aperto i primi due corner italiani dedicati al second hand all’interno dei suoi punti vendita, battezzati Nuova vita by Kiabi. Qui è possibile acquistare capi usati e rigenerati, anche di altri brand, a prezzi contenuti. Oggi i corner sono 6 e ne sono previsti altri 4 entro il 2023. “Con questo progetto, oltre ad andare incontro alle famiglie da un punto di vista economico,

Kiabi vuole portare avanti il suo impegno per ridurre l’impatto dell’industria dell’abbigliamento sull’ambiente”, spiega Andrea Rollino, responsabile del progetto Nuova Vita Kiabi Italia. La sostenibilità è sempre più nel mirino del retailer, che punta entro il 2025 a realizzare tutte le collezioni uomo, donna e bambino con materiali più green. “Il progetto è partito nel 2020 in Francia, dove oggi si contano 71 corner Nuova Vita, e nel 2021 è arrivato anche in Italia”, spiega Andrea Rollino. “In totale, tra Francia, Spagna, Belgio e Italia, esistono al momento circa 90 spazi Kiabi dedicati all’usato. In Italia e in Europa in generale siamo in ritardo su questo trend. I consumatori stanno scoprendo adesso i nostri spazi dedicati all’usato”, continua Rollino. E l’idea piace. “Il dato interessante dei corner italiani è che nei negozi dove abbiamo anche il second hand lo scontrino arriva a 32 euro, mentre precedentemente era a 27. Inoltre, la percentuale di scontrini ibridi, che contengono sia articoli di prima che di seconda mano, in Italia è del 2,7% contro una media di 2,4%. Questo tasso di 2,7% supera di 23 pt l’obbiettivo che era stato fissato dal marchio”. L’azienda è tornata ai livelli pre-Covid con un fatturato globale di 1,99 miliardi di euro. Oggi il network europeo del brand conta più di 500 negozi diretti, con una presenza in 19 Paesi. A questi si aggiungono 172 vetrine in affiliazione, modalità proposta fin dal 2005 e su cui l’insegna francese continua a scommettere, con una strategia di sviluppo che prevede anche l’apertura di shop-in-shop. In Italia, terzo Paese per volume di business dopo Francia e Spagna, i punti vendita Kiabi sono 33, più uno in affiliazione commerciale, inaugurato nel 2020 a Catania. Numeri destinati ad aumentare, con la previsione di 15 nuovi store nei prossimi tre anni. “Per il nostro Paese, in linea con la Francia dove è già presente il sito “Seconde Main” di Kiabi, abbiamo previsto anche un potenziamento dell’e-Commerce Nuova Vita nei prossimi anni”, continua Rollino che aggiunge anche: “ma prima è importante diffonderlo in tutti i negozi fisici”.

“Reselfridges”: il mall inglese mette al centro il riuso

Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Guardian, il mall londinese Selfridges (Central Group) avrebbe deciso di accelerare la sua transizione green dopo il boom delle vendite di articoli di seconda mano, aumentato del 240% nel 2021. A questi si affiancano oltre 28mila interventi di riparazione, di cui più di un terzo rappresentati da scarpe da ginnastica, mentre sono stati noleggiati più di 2mila articoli. L’iniziativa, chiamata Reselfridges, diventerà sempre più centrale nel business dello shopping mall. “È importante incoraggiare le persone a riflettere su come prolungare la vita di un prodotto. Stiamo dando la possibilità ai clienti di rinnovare il loro guardaroba, al di là dell’acquisto di capi nuovi”, ha dichiarato Andrew Keith, managing director di Selfridges.

Uno dei corner Nuova Vita di Kiabi, il brand francese di abbigliamento per tutta la famiglia

Anche l’alta moda ricicla e rivende

Il futuro del segmento “luxury” è sempre più intrecciato con il vintage e con i prodotti second hand, all’insegna della circolarità e della sostenibilità. E fioriscono nuovi progetti ibridi, tra online e offline, che coinvolgono start up digitali, negozi fisici, famose boutique, grandi piattaforme di vendite online. Secondo un report di McKinsey, nel decennio 2020-30 il mercato crescerà dai 25-30 miliardi di euro di partenza al ritmo del 10% su base annuale. Secondo un report di Barclays il settore della moda second hand aumenterà il suo indotto da 36 miliardi di dollari (dato del 2021) a 77 miliardi di dollari nel

Con Vatogo l’usato diventa phygital

L’idea di Kiabi è semplice ed efficace. Trovare un punto di connessione tra online e offline arricchisce l’esperienza del cliente, conquistare la fiducia di un segmento di mercato più ampio e, al tempo stesso, riconosce il valore dei negozi fisici, presìdi territoriali che rendono vive e attrattive le nostre città. È l’intuizione anche di Vatogo, startup londinese pronta al debutto in Italia. I prodotti saranno visibili e ricercabili nel marketplace, ma il venditore affiderà l’oggetto al negoziante. Quest’ultimo potrà mettere a disposizione la sua esperienza occupandosi dell’autenticazione del bene, accogliendo il cliente e aiutandolo nella scelta. Potrà inoltre fornire servizi aggiuntivi, tanto al venditore (ricondizionamento, pulizia professionale ecc.) quanto all’acquirente (adattamenti, pezzi di ricambio, confezioni regalo, vendita di accessori ecc.), senza alcun impatto sui costi operativi della piattaforma che, quindi, può continuare a mantenere commissioni molto più basse rispetto alla media di mercato. “Il nostro modello operativo coniuga la comodità della vendita online con l’insostituibile esperienza di acquisto dei negozi”, spiega Diego Esposito, amministratore delegato di Vatogo Italia. “Sappiamo bene che il second hand è una scelta sostenibile a livello ambientale, perché allunga la vita utile dei prodotti: se coinvolge i negozi fisici lo diventa anche a livello sociale ed economico, perché salvaguarda questi presìdi sul territorio e i relativi posti di lavoro”, aggiunge Marilena Neri, Marketing & PR Manager di Vatogo Italia.

2025, con una crescita maggiore di undici volte rispetto a quella del settore del nuovo. Tra i player da tenere d’occhio c’è Lampoo, piattaforma fondata nel 2020 da Enrico Trombini (ex Vente Privee), che da poco è approdata nel mercato britannico, aprendo un nuovo headquarter a Londra e un flagship store fisico, il secondo in Europa, dopo quello di Milano, a Brera. Intanto, Vestiaire Collective - piattaforma tra le più note con una grande community globale e uffici a Parigi, New York, Los Angeles, Hong Kong, Seoul e Singapore, oltre a un hub tecnologico a Berlino - acquista e incorpora Tradesy creando, così, un maxi polo del second hand con focus sugli Stati Uniti.

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