BARtù maggio 2020

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€ 5,00

EDITORIALE Il dovere di non mollare

Patischie

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

Bar | Alberghi | Ristoranti

Maggio 2020

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LE INTERVISTE Chef e aziende: come ne usciremo

DAL PESCATORE Antonio Santini Resistere con stile

WEB TASTING Krug Grande Cuvée e Biondi Santi

OSPITALITÀ Il guru di Soneva: sostenibilità anti-virus



Editoriale BARtù

Decreto Rilancio, ma la rabbia non si placa A marzo, in piena pandemia, lo aspettavamo per aprile, ma è arrivato a maggio. “Non ci sono sfuggiti ritardi e cercheremo di rimediare”, ha detto laconicamente Conte. Facciamo finta che... tutto va ben..., cantava qualcuno. Peccato che bar, alberghi, ristoranti siano ormai agonizzanti, detto senza perifrasi. Il decretone tanto atteso, che avrebbe dovuto dare liquidità immediate per la ripartenza, è stato finalmente approvato, il 13 maggio. Una manovra rilevante, senza dubbio, da 55 miliardi (di deficit) che, negli obiettivi, dovrebbe mettere l ‘economia italiana in condizione di ripartire. Subito. Anzi, quasi, visto che il decreto Rilancio ha bisogno di essere discusso in Parlamento e i tempi tecnici per l’attuazione li conosciamo. “Essere ingenerosi verso quanto è stato deciso dal Governo, però, sarebbe sbagliato”, ci ha detto Lino Stoppani, presidente di Fipe, e aggiunge: “È senza dubbio una manovra imponente, che rappresenta un’importante boccata di ossigeno per il settore”. E sottolinea: “Si può comunque fare di più, anche in virtù dell’entità del danno subito dal settore. Per esempio, i contributi a fondo perduto, di 7 miliardi, riguardano solo il mese di aprile...”. Ma, nonostante la rilevanza delle decisioni prese (a cominciare dal rafforzamento del sistema delle garanzie, per favorire l’immissione di liquidità, fino alle misure di sostegno per la messa in sicurezza delle attività), l’impressione è che il “decreto sia ricco, ma poco efficace nel breve periodo, soprattutto per i piccoli” - sostiene Alfre-

do Zini, ristoratore milanese fortemente impegnato nelle proteste della sua categoria. “Non c’ê nulla che aiuti nell’immediato il settore”, dice. Il decreto avrà ancora bisogno di tempo per essere attuato. E nel frattempo? Decine di migliaia di attività sono a rischio chiusura. Anzi, molte hanno già cessato l’attività, non riapriranno più le loro porte. Posso testimoniare di persona della sofferenza di grandi professionisti, di talenti frustrati e messi fuori gioco dal Covid e da chi ha malgestito l’emergenza. Senza parlare della confusione in cui versa l’attività della cosiddetta task force governativa che non ha ancora espresso protocolli chiari (e credibili) per la riapertura delle attività. Lo spazio di 4 metri quadrati per perso-

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na, la distanza di due metri fra un tavolo e l’altro, 1,20 tra un commensale e l’altro, per non parlare delle altre proposte che si sentono ipotizzare (ma ancor nulla di certo e codificato), confermano che gli “esperti” non conoscono minimamente le problematiche dell’horeca. E, presuntuosamente, non hanno voluto coinvolgere chi ha il polso della situazione. Nel frattempo, monta la certezza che la ristorazione, quella del fine dining, debba completamente abdicare dalla sua missione, che è (era?) quella di far vivere al cliente un’esperienza indimenticabile. C’è chi prova a ovviare al disastro attivando delivery e take away: un modo per tenere viva l’attività, in attesa della ripartenza. Abbiamo parlato di questo ed altro, nelle innumerevoli interviste o dirette web di questi giorni, ma il risultato è sempre lo stesso: nulla sarà come prima. Solo una cosa è certa: comunque vadano le cose, chi potrà resistere avrà un dovere, un imperativo morale. Dare al servizio al cliente la priorità che merita: questo fattore tornerà ad essere fondamentale, superiore addirittura alla qualità delle preparazioni, alla perfezione dei piatti, alla loro estetica. Nonostante questi tempi tragici, il sorriso tornerà ad essere fondamentale: quel sorriso al cliente che spesso mancava nei tempi buoni e che ora deve prendere il sopravvento. Per tornare a vivere, a lavorare, a guadagnare. • Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it


Sommario € 5,00

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EDITORIALE Il dovere di non mollare

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Patischie

Editoriale 1 Decreto Rilancio, ma la rabbia non si placa 4-23 #ragiovevolezzacontroilvirus Bar 26 Bergamo si scopre patria di miscelazione al Barrier 30 Quando l’alta miscelazione si sposta in provincia 32 Luca e Michele Hu, pensare ai nuovi clienti 36 Osteria senz’oste, il conto non conta Ristoranti 38 La Table d’Adrien regina del Vallese 40 Da terrazza letteraria a stella Michelin 42 Lo chef Pietro D’Agostino e la perfezione dell’anima Vino 46 Krug, una Grande Cuvée che non si dimentica 48 Un Brunello leggendario, Biondi-Santi Riserva 2012 50 Generala Nizza Docg. Riserva 2016 vince tutto Alberghi 52 Vacanze italiane, destinazione Lecce 56 La bellezza secolare del Castello di Petroia 58 Lo splendore di Roma in un gioiello del Borromini 60 Marco Del Sorbo, presto nelle vette gourmet 64 Luka Juki, chef del sultano, torna finalmente a casa La ricetta di BARtù 68 Un grande piatto di Monosilio La foto di BARtù 69 Le grandi famiglie dell’ospitalità 70 Pillole 72 Tech News

BR In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

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In copertina: Fase due: c’è qualcuno che ha sempre pensato alle distanze fra un tavolo e l’altro, potendo contare su spazi adeguati. È il caso del ristorante Da Claudio, a Bergeggi in provincia di Savona, di cui abbiamo fotografato la splendida terrazza sul mare. La famiglia Pasquarelli, in tempi non sospetti, ha sempre ritenuto la privacy degli ospiti elemento prioritario nell’offerta di ospitalità, quando ancora non si sapeva cosa fosse il covid 19 (foto Patischie).

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DAL PESCATORE Antonio Santini Resistere con stile

WEB TASTING Krug Grande Cuvée e Biondi Santi

OSPITALITÀ Il guru di Soneva: sostenibilità anti-virus

direttore editoriale Alberto P. Schieppati alberto.schieppati@edifis.it

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#ragionevolezzacontroilvirus

Fase due: quali idee per la ripartenza Pubblici esercenti alle corde, bar e ristoranti in ginocchio, albergatori piegati da una crisi mondiale. Come se non bastasse, i finanziamenti governativi ed europei sono farraginosi, tardivi e per nulla certi: e la necessità di riprendere le attività è doverosa. Il settore non può più permettersi di brancolare nel buio e deve poter contare sulle forze necessarie per risollevarsi. La nostra Camilla Rocca ha intervistato decine di professionisti, chef, baristi, albergatori, ma anche aziende produttive del food e del Beverage. Ne emerge un quadro di forte motivazione e di volontà di ripartenza, senza se e senza ma. Pubblichiamo alcune delle interviste effettuate nelle ultime settimane e ricordiamo ai lettori di collegarsi on line al nostro sito e di consultare le newsletter dì Bartù, oltre alle nostre pagine social, per avere un quadro ampio della situazione.

NUOVI PROGETTI, NUOVE STRATEGIE

ELISABETTA MILANI Responsabile marketing e comunicazione di Caffè Milani

Hai pensato a fare qualche attività di formazione in questo periodo con i tuoi dipendenti? Hai dovuto prendere delle misure in tal senso? Dal momento in cui l’attività di Altascuola Coffee Training, il nostro centro di formazione, è stata sospesa e i corsi sono stati temporaneamente annullati a causa dell’emergenza Covid-19, abbiamo deciso di continuare ugualmente l’attività di istruzione del barista e del consumatore finale, attraverso iniziative online. Abbiamo infatti messo a punto alcuni format sui nostri social media che hanno lo scopo di diffondere la cultura del caffè, incuriosendo i nostri follower e dando consigli utili a tutti. Sulla pagina Facebook di Caffè Milani è possibile prendere parte a “Caffè in diretta”, un’iniziativa live in compagnia del nostro brand ambassador per affrontare tematiche e argomenti sempre differenti. Per chi vuole approfittare di questo periodo di calma per dedicarsi e approfondire il rito della degustazione del caffè abbiamo preparato “Gocce di caffè”: brevi video in cui accompagniamo le persone nell’assaggio di alcune miscele e singole origini della nostra torrefazione. Cosa puoi pianificare in questo momento come azienda e quali progetti hai dovuto lasciare in stand by? In questo momento ci stiamo attivando per prepararci al meglio alla riapertura. Sicuramente dopo questa emergenza sanitaria le nostre vite saranno cambiate; anche la nostra socialità e le nostre abitudini di consumo subiranno delle mutazioni. Per questo stiamo definendo progetti e valutando nuovi strumenti per andare incontro alla nostra clientela e al consumatore finale. Le attività didattiche che prevedono corsi con dimostrazioni pratiche sono state messe in stand by, così come le visite e i tour alla nostra Esposizione Caffè Milani. Tuttavia non vogliamo rinunciare alla nostra mission di diffondere la cultura del buon caffè, quindi ci stiamo attivando per creare nuovi moduli di formazione.

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*Fonte: GlobalData Plc 2018


#ragionevolezzacontroilvirus

LA STARTUP PER GESTIRE GLI ORDINI Cosa significa essere una start up in un periodo come questo? È un pro o un contro? Essere una startup significa, in qualsiasi momento, lavorare nell’incertezza e nella dinamicità. In momenti come quello attuale, avere una struttura agile e pronta al cambiamento ci ha permesso di lanciare iniziative e vederle prendere forma nell’arco di pochi giorni. Possiamo e dobbiamo sperimentare, testare, e a differenza di grandi aziende siamo in grado di farlo in tempi record.

EDOARDO TARRICONE General Manager dell’app Katoo

Qual è l’arma vincente di Katoo in questo periodo difficile per la ristorazione? Come Katoo, abbiamo sempre avuto a cuore gli interessi della community che serviamo, e questa emergenza non ha fatto altro che rafforzare ancora di più questo approccio. Per massimizzare gli sforzi dei ristoratori che hanno coraggiosamente deciso di rimanere aperti, abbiamo sviluppato report ad-hoc per monitorare giornalmente il food cost, così da supportarli nel calcolo delle marginalità dei prodotti venduti. Inoltre, il nostro tool è perfetto per gestire le relazioni con i propri fornitori da remoto: grazie a Katoo, il ristoratore può dialogare con tutti i suoi fornitori tramite app, evitando visite dei rappresentanti che in questo periodo possono risultare sconvenienti. Per i fornitori, invece, abbiamo realizzato in pochi giorni un mercato virtuale per i consumatori finali, il Katoo Market. Attraverso il sito tutti possiamo acquistare le materie prime che compongono i piatti dei migliori ristoranti italiani. In questo modo, i fornitori riescono a compensare le mancate entrate dal canale Horeca che in questo periodo è meno operativo del solito. Cerchiamo, nel nostro piccolo, di venire incontro alle esigenze di tutti i membri della nostra community.

PUNTEREMO SULL'ESCLUSIVITÀ Come pensi andrà il settore del turismo e quali sono le azioni che il governo dovrebbe fare per aiutare il comparto? Io credo che il turismo in Italia avrà una fortissima fase di rinascimento dopo ciò che è successo prima di tutti gli altri Paesi. Chiaramente il settore turistico ha subito un durissimo colpo in questi mesi, quindi la ripresa sarà monitorata e lunga. Ci sarà una graduale ma potente riscoperta delle destinazioni marine e naturalistiche. Il mio appello va all’Europa stessa che dovrebbe affrontare l’incentivazione turistica verso la comunità, considerando quanto il turismo influisca sul PIL dei vari Paesi. Hai pensato a fare qualche attività di formazione in questo periodo con i tuoi dipendenti? In questo periodo in cui siamo costretti a stare lontani, abbiamo provveduto a creare attività di online learning, da corsi di inglese, a lezioni di vino, fino a webinar specifici sul turismo. In Belmond, abbiamo intrapreso un duplice approccio, pensato per dare supporto non solo lavorativo ma anche mirato alla vita personale dei nostri dipendenti, con training settimanali informativi su come affrontare e proteggersi dal coronavirus e fornendo, laddove richiesto, un servizio di supporto psicologico online. È importante per noi aiutare il team nel bilanciamento tra la vita lavorativa con quella personale e per questo abbiamo anche dedicato degli spazi mirati alla socializzazione con aperitivi virtuali online, spazi per la condivisione musicale, letteraria e culinaria fino ad arrivare agli esercizi fisici per migliorare il proprio corpo.

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ROBERT KOREN Senior Vice President EMEA Belmond


METTERE IN CAMPO RISORSE

SEMPRE PIÙ E-COMMERCE

Cosa puoi pianificare in questo momento come azienda e quali progetti hai dovuto lasciare in stand by? Anche se in queste settimane abbiamo dovuto dare priorità al mettere in sicurezza tutta l’operatività di cantiere, stiamo sfruttando questo periodo per implementare nuovi processi e per pianificare l’introduzione di nuovi standard operativi. Questo permetterà all’azienda di fornire un servizio più efficace ai cliente. Inoltre ci stiamo dedicando alla pianificazione di attività nei nuovi modelli di business legati al delivery della ristorazione, come le dark kitchen.

Hai pensato di istituire un servizio di e-commerce aggiuntivo o di potenziarlo per l’azienda vinicola? Per la prima volta nella nostra storia aziendale avremo un portale e-commerce. È stata soprattutto una risposta alle richieste di chi continuava a chiederci dove trovare il nostro vino. Abbiamo pensato che sarebbe stato bello offrire ai nostri consumatori la possibilità di non rinunciare alla condivisione di un momento di gioia come quello di un calice di primitivo. La nostra azienda lavora nell’horeca e con le enoteche, pertanto la scelta di attivare un servizio di vendita online è stata una strada quasi obbligata per rinsaldare l’amicizia che ci lega a ogni consumatore in ogni angolo d’Italia.

Come pensi andrà il settore del franchising e del design e quali sono le azioni che il governo dovrebbe fare per aiutare il comparto? Essendo il settore della ristorazione molto frammentato e poco capitalizzato, avrà certamente bisogno di molto sostegno e misure specifiche da parte del Governo. Stiamo notando che gli interventi si sono subito concentrati sullo sgravio dei costi, cosa sicuramente necessaria, ma è ancora più urgente iniziare a mettere in campo risorse necessarie per far ripartire le imprese appena possibile.

MARZIA VARVAGLIONE Cantina Varvaglione dal 1921

GIACOMO RACUGNO AD Augusto Contract

Cosa vorresti dire all’estero sull’ospitalità italiana? Oggi più che mai serve una grande strategia di marketing nazionale. A chi vive all’estero mi sento di dire che noi Italiani, come sempre e come la storia ci insegna, riusciremo a trovare il lato positivo di ogni cosa; riusciremo a stupire i nostri ospiti, lavorando sempre sulla qualità e che questo tempo lo stiamo utilizzando per fare il pieno di idee ed energie. Vorrei dire a tutti loro che l’Italia li farà innamorare sempre, come sempre.

TORNEREMO A COMUNICARE Come pensi andrà il settore del turismo e quali sono le azioni che il governo dovrebbe fare per aiutare il comparto? Per il lavoro che faccio, sono ovviamente molto sensibile alla comunicazione. Al di là dei decreti in aiuto e supporto alle aziende che per fortuna il governo ha fatto, penso che serva un piano di comunicazione per il rilancio della destinazione, della promozione, per far passare il messaggio che l’Italia è ripartita e che rimane sempre e comunque il Paese più bello da visitare.

ANGELO LA RICCIA Direttore sales&marketing di VOIHotels

Come si è modificato il tuo modo di lavorare? In realtà è cambiato in queste settimane il tipo di lavoro, se in una prima fase ci siamo concentrati sulla gestione della emergenza e delle cancellazioni e delle cosiddette riprotezioni, ora sto lavorando sul piano del rilancio, per il post crisi, sia dal punto di vista commerciale (posizionamento hotels, nuovi mercati e servizi per questi mercati, nuovi canali) sia su quello comunicativo (nuovo piano editoriale, strumenti da utilizzare etc.).

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#ragionevolezzacontroilvirus PUNTIAMO SUL DIGITALE Hai pensato di istituire un servizio di delivery? Pensi di rivoluzionare la tua azienda alla ripartenza o pensi di mantenere tutto come prima? Come Longino & Cardenal abbiamo sempre avuto un servizio di delivery organizzato, sviluppando una logistica per la consegna delle merci. Per l’apertura del canale B2C, che abbiamo chiamato #iorestoacasa con Longino ed è una novità assoluta che ci consente di mettere a disposizione dei privati i nostri cibi rari e preziosi, stiamo sfruttando al massimo questa rete, controllando così che la merce rispetti i nostri standard dall’inizio alla fine. Così, con il passaparola tra la rete di amici e clienti, abbiamo creato un primo gruppo di circa 200 privati che, per la prima volta, sono diventati acquirenti dei nostri prodotti. Hai pensato a fare qualche attività di formazione in questo periodo con i tuoi dipendenti? Hai dovuto prendere delle misure in tal senso? Ci stiamo organizzando per fare un’attività di formazione alla rete vendita interna e stiamo pensando di farla anche alla rete vendita che si muove sul territorio. Lo scopo è potenziare la preparazione del nostro personale sui prodotti, il loro utilizzo, le preparazioni, in modo che siano in grado di dare un ulteriore supporto attivo alla vendita e un’assistenza ancora più personalizzata a clienti.

RICCARDO ULERI Presidente e Amministratore Delegato di Longino & Cardenal

TUTELARE IL MADE IN ITALY Hai pensato di istituire un servizio di delivery? Pensi di rivoluzionare la tua azienda alla ripartenza o pensi di mantenere tutto come prima? Abbiamo un paio di siti on-line che garantiscono la consegna dei nostri prodotti su tutta Italia e all’estero. Siamo una piccola azienda artigianale che terra sempre gli occhi puntati sulla qualità non cambieremo o abbassammo i nostri standard produttivi ma anzi ricercheremo sempre il meglio per l’ambiente.

CRISTINA BRIZZOLARI Azienda agricola Riso Buono

Che messaggio vuoi inviare al mondo, considerata anche l’importanza dei prodotti italiani? Pensi si applicherà una politica di protezionismo nel futuro? Il 40% della nostra produzione viene venduto all’estero e per la maggioranza negli States, un Paese che adora i prodotti Italiani: se si fa qualità con i giusti standard di produzione si riesce sicuramente a conquistare il cuore degli americani.

PRONTI PER RIPARTIRE! Avete attuato delle iniziative particolari? Ad oggi stiamo pensando a dei pacchetti emozionali per far vivere un’esperienza durante la visita e la degustazione e perché no un weekend fuori dalla città da trascorrere nella vicina Locanda di Calvignano la nostra struttura dedicata all’accoglienza per chi decide di passare più di un giorno alla scoperta del nostro bellissimo territorio. Come siete organizzati per dare continuità all’attività? Travaglino è aperta in misura molto limitata. Svolgiamo solo le attività essenziali strettamente legate alla produzione del vino che non si può fermare. Tutto il resto l’abbiamo posticipato anche per capire come sarà l’evoluzione del mercato dopo questo blocco. A Travaglino vivono all’interno della Tenuta alcune famiglie che collaborano con noi, quindi c’è sempre qualcuno. In particolare abbiamo un’impiegata che si occupa di ordini e spedizioni, che ogni mattina attraversa la corte davanti a casa per entrare in ufficio e controllare le comunicazioni più importanti. Così anche il nostro cantiniere, suo vicino di casa.

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CRISTINA CERRI COMI Cantina Travaglino


Caffè Milani una romantica storia d’aroma TRA TANTI CAFFÈ, UN GIORNO, INCONTRI QUELLO GIUSTO, TE NE ACCORGI SUBITO PERCHÉ È AMORE AL PRIMO SORSO. IL SUO AROMA AVVOLGENTE, IL GUSTO INTENSO ED EQUILIBRATO DIVENTERANNO UN’ATTRAENTE CONSUETUDINE QUOTIDIANA, DI CUI NON VORRAI PIÙ FARE A MENO.

Caffè Milani, immancabilmente tuo. www.caffemilani.it


#ragionevolezzacontroilvirus STUDIEREMO NUOVE FORMULE Avete pensato di istituire un servizio di e-commerce aggiuntivo o di potenziarlo per l’azienda vinicola? Avevamo già implementato il sito aziendale dotandolo di un servizio di e-commerce circa un anno fa, questa scelta si è rivelata fondamentale per affrontare questa situazione complessa ed inaspettata: lo shop online ci permette di rimanere vicini ai nostri clienti, garantendo loro la possibilità di acquisto dei nostri vini comodamente dalle loro case. Abbiamo poi deciso di offrire le spese di spedizione gratuite per tutti gli ordini che arriveranno in questo periodo: un piccolo gesto per ringraziare tutti coloro che sceglieranno di trascorrere al sicuro nelle loro case questo periodo difficile aspettando di poterli accogliere tutti in azienda quando l’emergenza sarà passata. RACHELE MICHELI E SHIZUKO MYAKAWA Export Manager e Amministratrice Cantina Bulichella

Che messaggio vuoi inviare al mondo, considerata anche l’importanza che la clientela internazionale ha sempre avuto per voi? Il fatto che il settore agroalimentare italiano sia uno dei pochi settori sempre operativi la dice lunga su quanto l’agricoltura e le produzioni tipiche rappresentino un volano importante dell’economia nazionale, il messaggio che dobbiamo far arrivare al mondo è che noi ci siamo, continuiamo con grande sforzo e dedizione a portare avanti il nostro lavoro quotidiano perché quando la tempesta sarà passata noi saremo pronti a ripartire portando nel mondo le tipicità e i prodotti che hanno fatto grande il nostro Paese.

RIPARTIRE CON DINAMISMO IL CAMBIAMENTO SARÀ EPOCALE Cosa vorresti dire all’estero sull’ospitalità italiana? Credo che ci saranno dei cambiamenti rispetto al passato, probabilmente dovremo ripensare radicalmente il nostro concetto di ospitalità. Ciò che sta succedendo ci deve far riflettere: abbiamo un patrimonio di inestimabile valore da rilanciare. Forse non c’è neppure bisogno di comunicare all’estero, se prima non parliamo internamente, non potenziamo l’offerta e non utilizziamo un valore che, ad oggi, non viene sfruttato appieno. Tra i settore del turismo, della ristorazione e del vino, quale pensi sia quello che supererà con maggiore facilità la crisi e quale meno? Il vino, perché è il settore in cui ci sono più chance di ripresa. Quello del vino, infatti, per molti imprenditori è un investimento residuale. Purtroppo il turismo e la ristorazione probabilmente soffriranno di più e ci vorrà più tempo perché tutto torni a regime.

DARIO LOISON maestro pasticcere di Loison 1938

ANDREA DI FABIO Sales and Marketing Director di Cantina Tollo

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Come pensi andrà il settore dell’alimentare nel breve e quali sono le azioni che il governo dovrebbe fare per aiutare il comparto? Sicuramente puntare al protezionismo: è già in atto nel settore alimentare, in modo velato e indiretto, attraverso norme restringenti di documentazione tecnica ed etichettature sempre più specifiche e trasparenti che bloccano l’ attività dei nostri importatori. Il settore alimentare è solitamente anti-ciclico, se va male l’ economia il cibo è rifugio, quindi penso che possa essere il comparto che si rinnova per primo. Sicuramente il governo dovrà aiutare le piccole e medio aziende con sanatorie fiscali e trovando dei fondi. Cosa vorresti dire all’estero sui prodotti italiani? Bisogna evidenziare la nostra forte peculiarità gastronomica, unica al mondo. Nel nostro piccolo cercheremo di sviluppare una gamma di nuovi prodotti che abbiano un forte senso di italianità e cercheremo di venderle tutto l’ anno e non solo per le feste, in modo da destagionalizzare il consumo.


CI ASPETTANO TEMPI DURISSIMI Tutti dicono che “niente sarà come prima”. In sintesi, come vedi il futuro della ristorazione, nella prevedibile confusione che si andrà prefigurando nel settore? Purtroppo, come ho già avuto occasione di fare un’analisi semplice, matematica e logica: resisteranno solo quelli che hanno la possibilità economica di superare indenni sia questi mesi di chiusura, sia i 6/12 mesi successivi, che saranno durissimi. La cosa più triste è che non importa che sia un ristorante famoso o la trattoria sotto casa o il locale da pranzi di lavoro, in ogni caso è una perdita.

LEANDRO LUPPI Patron di Vecchia Malcesine e Locanda Moscal

Come si potrà sopperire alla mancanza del turismo internazionale? È prevedibile una ripresa di interesse verso il mercato interno? Per capire cosa vuol dire la perdita di turismo internazionale, analizzando i dati che riguardano il solo Lago di Garda per ogni stagione (quindi per il periodo da aprile a ottobre) conta circa 26 milioni di pernottamenti, di questi circa il 90% sono provenienti dall’estero. Questo significa che quest’anno perderemo circa 20-23 milioni di pernottamenti. Visto che non sappiamo quando gli altri stati permetteranno alle persone di muoversi è chiaro che tutti sperino in un turismo interno, destinato almeno nel fine settimana, ma numeri alla mano, non ce ne sarà per tutti.

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Mammoliti: “Siamo pronti a ospitare di nuovo”

nuovi stimoli ogni giorno, rifletto sui punti da migliorare al ristorante, leggo e faccio esercizi a corpo libero. Vado in bicicletta, ma in casa, sui rulli, aspettando di poter andare quanto prima a fare un giro sulle mie montagne. Cuciniamo insieme, cerchiamo di mangiare in modo sano e di tenerci in forma, praticando attività fisica.

di Alberto P. Schieppati

Lo chef due stelle Michelin racconta a Bartù le proprie riflessioni sul lockdown e la imminente ripartenza Ritieni credibile che il Governo attui delle misure concrete a salvaguardia della ristorazione? Credo, o meglio, mi auguro, che il Governo stia facendo gli sforzi necessari per poter aiutare gran parte di noi. Sicuramente non è semplice gestire questa emergenza e spero che tutti potremo ricevere, alla fine, un aiuto concreto. Il primo grande passo è quello di mettere a punto i test necessari per verificare la positività al Covid-19 e distribuirli. Mi aspetto che ciò venga fatto prima di tutto per assicurare la salute delle persone e poi per riuscire a ripartire con più sicurezza. In attesa di riaprire, stai organizzando qualche attività di formazione con i tuoi collaboratori? Con la mia brigata mi sento costantemente, ogni settimana. Mi preoccupo di sapere come stanno i ragazzi e le rispettive famiglie. Facciamo delle videochiamate e chiacchieriamo del nostro orto e delle piante che potremmo piantarci, anche in quello casalingo. Chiedo ai miei ragazzi di fare anche delle video-ricette che poi posto sui social, in modo da motivarli a distanza. Cerchiamo di tenerci impegnati, per non far fermare la nostra creatività. In pasticceria stiamo approfondendo il mondo vegetale, il nostro sommelier sta studiando nuovi abbinamenti e stiamo cercando nuove idee per il servizio, in

linea con quelle che saranno le misure di distanziamento sociale. In queste settimane, hai pensato di istituire un servizio di delivery? Abbiamo valutato questa soluzione, ma per il momento abbiamo deciso di non adottarla: non è così automatico avere un bacino di utenza, a livello locale, che avrebbe potuto esprimere una domanda in tal senso... Come hai occupato e occupi il tuo tempo durante il lockdown? A casa passo il tempo con Simona, la mia compagna. Chiacchieriamo sul futuro, sul nostro futuro, a settembre ci sposiamo e siamo positivi. Dobbiamo esserlo. Cerco

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Cosa vorresti dire all’estero sulla cucina italiana? Nel mondo la cucina italiana è considerata una delle migliori al mondo e siamo un popolo che riesce a trovare sempre una soluzione nelle grandi emergenze. La nostra è una cucina conviviale che ha bisogno di un pubblico italiano e internazionale e credo che dovremo affrontare la paura del virus imparando a conviverci. Bisognerà ritrovare quella normale tranquillità di sempre, che ci potrà però essere garantita solo seguendo tutte le precauzioni del caso, questo l’unico modo per poter tornare a viaggiare e vivere come abbiamo sempre fatto. Che messaggio vuoi inviare alla clientela internazionale, considerata anche l’importanza che gli stranieri hanno sempre avuto per il business della Madernassa? In questo momento voglio dare un grande messaggio di positività. Dobbiamo rimanere, per quanto possibile, sereni e aspettare di avere il via libera per tornare a godere dei nostri spazi, vivere delle nostre passioni e coltivare i nostri sogni. A Guarene, nel nostro ristorante abbiamo tutto lo spazio necessario per ospitarvi e per regalarvi nuove e straordinarie esperienze, rispettando le norme di sicurezza e le distanze “sociali”. Non vediamo l’ora di poter tornare ad accogliervi. •


Il mitico carciofo di Michelangelo Mammoliti

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#ragionevolezzacontroilvirus

La risposta di Soneva all’emergenza mondiale

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di Alberto P. Schieppati

Come reagisce il prestigioso brand dell’ospitalità orientale al post Covid? Ce lo racconta Sonu Shivdasani, fondatore, in un’intervista esclusiva Il fascino, l’esclusività, le bellezze naturali e la magia dei luoghi,combinati alla cultura della sostenibilità. Ma vissuta in chiave di gratificazione, senza indulgere ad alcuna ansia “punitiva”. Insieme a un’offerta di ristorazione improntata a un fine dining di elevatissima qualità, con un repertorio incredibile di offerta di cucine internazionali, asiatiche, occidentali, nazionali e persino microterritoriali. Questo è Soneva Fushi, adagiato nell’atollo di Baa, il più incantevole delle Maldive. Ma lo sono anche Soneva Kiri, sempre nell’arcipelago maldiviano, e Soneva Jani, in Thailandia, dove il format del “lusso sostenibile”, nato dalla genialità di Sonu Shivdasani, indiano con background da perfetto “Londoner”, ha esteso la propria orbita. Un format improntato totalmente alla sostenibilità, diventata negli ultimi anni l’unica frontiera possibile per la sopravvivenza dell’ambiente, oltre che per la “rinascita interiore” dell’essere umano, vessato da stress, inquinamento ed egoismi sociali. Soneva significa innanzitutto rispetto estremo per l’ambiente, cultura dell’altro e della ecosostenibilità, a partire dal recupero dei materiali e dalla cultura dell’antispreco, accompagnata ai piaceri della vita, ovvero: un’offerta di ristorazione incomparabile, ville esclusive in una immensa foresta naturale, mobilità ciclabile all’interno dell’isola o, ancora meglio, pedonale, all’insegna del motto “No news, no shoes “...ovvero completamente scalzi. Uno staff di professionisti unico al mondo per empatia, cultura e formazione professionale, al servizio totale del cliente, chiude il cerchio e fa di Soneva Fushi un’icona assoluta di ospitalità luxury a

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livello mondiale. Per questo, in piena post emergenza Covid-19, abbiamo voluto chiedere a Sonu Shivdasani in che modo, insieme alla moglie Eva Malstrøm, sta affrontando l’emergenza mondiale generata dalla pandemia. L’emergenza Covid-19 ha letteralmente messo in ginocchio il settore dell’ospitalità, a livello globale. Qual è il vostro punto di vista? Cosa cambierà? La crisi che il mondo sta attraversando ha paradossalmente consentito a molte persone di fare una pausa seppur forzata e di ripensare ai valori veri dell’esistenza e all’importanza delle loro priorità. Ho la sensazione che la gran parte di chi viaggia con destinazioni intercontinentali diventerà molto più avveduta e più attenta alla propria salute, più rispettosa della natura e dell’ambiente e persino più sensibile nel capire le grandi sfide del pianeta. La nostra proposta, come è noto, è di proporre vacanze all’insegna del concetto di Slowlife, un concetto in cui noi di Soneva crediamo molto. La nostra brand proposition è “ Ispirare ritmi di vita in cui prevalgano esperienze uniche”. Credo che i nostri ospiti troveranno sempre più intrigante questa nostra idea, che poi ė il nostro stile di vita e modello di ospitalità. Già dalle prossime settimane di questa primavera 2020, entreremo in un periodo sempre più difficile, di grande declino economico mondiale. Ma, nonostante questo dato di fatto, credo che


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molti consumatori saranno disponibili a spendere anche qualcosa in più pur di vivere esperienze uniche, capitalizzando le proprie scelte, selezionando sulla base di priorità, all’insegna della valorizzazione dell’esperienza fatta. Che dovrà essere speciale e unica. Quando tutto tornerà normale, che cosa farete per sottolineare la vostra diversità dalle altre proposte di ospitalità e vacanza? Bella domanda. Non sarà certo semplice... Noi sappiamo già da tempo di proporre forme di ospitalità completamente differenti dal resto dell’offerta, anche di fascia alta. Ma non basta, perché la crisi globale, e la recessione che ne seguirà, renderà ancora più difficile potersi permettere questa diversità. Ma abbiamo qualche vantaggio in più rispetto agli altri, a cominciare da un vantaggio strategico e competitivo, ovvero che noi di Soneva siamo contemporaneamente proprietari e operatori nelle nostre strutture alberghiere. Il che equivale a : flessibilità, rapidità delle decisioni, velocità degli interventi strategici, strutturali e logistici. Noi siamo direttamente coinvolti nella conduzione delle strutture e la nostra agilità è fondamentale. Da nessun altra parte al mondo i nostri ospiti trovano una realtà simile, in cui la centralità degli obiettivi è condivisa. Qual è il vostro pensiero sul rapporto fra salute e wellness? L’umanità dovrebbe essere senza dubbio più preparata oggi a combattere i virus rispetto cent’anni fa. Oggi beneficiamo del progresso della scienza, dello sviluppo della ricerca medica e tecnologica, che ha registrato negli anni scoperte importanti in materia farmacologica. Sfortunatamente però, se da un lato l’umanità ha goduto dei progressi della scienza, al tempo stesso abbiamo indebolito le nostre capacità immunitarie. Stili di vita con alimentazioni spesso eccessive quanto a contenuto di grassi e di com-

ponenti chimiche hanno reso più fragile l’uomo. L’inquinamento ambientale ha fatto il resto. Ed è bastato un virus tanto sconosciuto quanto cattivo a mettere in ginocchio il mondo.

disinserito, per esempio, durante la notte. Questo è fondamentale per garantire a se stessi un riposo notturno adeguato.

La difesa della salute e dell’ambiente sembra essere uno dei punti fondamentali della “Soneva culture”... A Soneva la nostra cura principale è verso l’ospite. I nostri pensieri sono sempre rivolti all’ambiente e alla necessità di offrire spazi sicuri e godibili, esteticamente e spiritualmente. Le nostre ville sono luminose, asciutte e ben areate. Abbiamo concepito e progettato le nostre ville perché possano godere di una ventilazione naturale, che non comporta

Cosa offrirete agli ospiti durante il periodo di post emergenza legata al Covid-19, quando tutto tornerà normale? Proponiamo modalità diverse di “assistenza” all’ospite segnato interiormente da mesi di lockdown....Dalle meditazioni quotidiane con Pavan, il nostro esperto di Yoga, fino all’assistenza del nostro psicologo, il dottor Martin Lloyd Elliott, un luminare nel suo campo, operativo in Inghilterra ma sempre presente a Soneva Fushi in questo periodo, fino ancora a trattamenti quotidiani di medicina Ayurvedica, destinati a rafforzare

necessariamente l’utilizzo dell’aria condizionata, che pure è presente in tutti gli appartamenti. Ogni Villa offre la possibilità di godere totalmente della natura, grazie a una progettazione degli spazi che prevede la possibilità di ammirare da ogni stanza il paesaggio esterno, spiaggia antistante, oceano, cielo. Natura assoluta. Panorami mozzafiato. Serenità dell’anima. Cibo naturale. Alta qualità dell’offerta food. Varietà di proposte. Niente altro. Noi di Soneva abbiamo fatto una scelta di vita ben definita e la proponiamo ai nostri ospiti, a cominciare dalla proposta di utilizzare meno possibile Wi Fi, che grazie a un semplice bottone può essere

le difese immunitarie e a rasserenare lo spirito, piegato da mesi difficili e prospettive complesse... A queste “coccole” rigeneranti va aggiunta l’intensa attività della nostra Spa, che aggiunge serenità al corpo e allo spirito, nel rispetto delle normative di legge. Il resto dell’offerta di Soneva è patrimonio tradizionale della nostra cultura dell’ospitalità, che prevede oltre dieci diversi ristoranti con spazi adeguati al bisogno di libertà e distanziamento, oltre che dotati di un’offerta food diversificata, regionale, sia asiatica che internazionale. Plus che fanno di Soneva una delle mete gourmet più ambite al mondo. •

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#ragionevolezzacontroilvirus

Franco Costa, Costa Group “soluzioni per guardare oltre” Ma certo, sarebbe ora -data la gravità dell’emergenza-che anche gli enti locali, Comuni in primis, pensassero a concedere spazi esterni a titolo gratuito da dedicare al consumo. Così da creare delle “food court” intelligenti, dove consumare un aperitivo o bere un cocktail, che riescano a dare un rinnovato valore al concetto di socialità, pur nel rispetto delle normative vigenti. Le piazze senza tavolini sono sempre state tristi, basta pensare a Piazza Navona....

Un’intervista al presidente dell’azienda spezzina, leader nella progettazione e arredamento di locali

Il settore è in ginocchio, le aziende sono al limite della resistenza, le risposte che arrivano dalle istituzioni sono ancora vaghe e confuse: per non parlare di sostegno e finanziamenti dall’Europa, che sembrano non tenere minimamente conto della catastrofe economica e sociale nella quale siamo sprofondati. Alla luce di questo stallo e in vista della ripartenza, abbiamo voluto sentire il parere di Franco Costa, presidente di Costa Group, leader internazionale nella progettazione di locali nel settore Food & Beverage. Dagli anni Ottanta sviluppate idee e progetti che diventano poi esempi concreti del fare italiano nel mondo. Come vedete la attuale situazione di emergenza e come pensate di dare un vostro contributo al settore? In questi giorni di stop forzato, abbiamo pensato a come muoverci domani, lavorando su ipotesi innovative sui tre segmenti del nostro mercato, ovvero Bar, Ristoranti, Hotel. Abbiamo messo in piedi una squadra di amici imprenditori, riflettendo insieme su quali scelte adottare per ripartire in modo intelligente... Un confronto aperto e intenso, da cui emergessero proposte reali per affrontare il post emergenza, cercando soluzioni possibili, frutto di esperienze di persone che si misurano quotidianamente con questioni concrete... Qualche esempio? Dal problema della sanificazione degli ambienti, fino alla riorganizzazione degli

spazi, fino a quello della conservazione a caldo e a freddo, tramite tecnologie innovative, per ridurre i tempi di attesa e garantendo quelli di conservazione corretta dei prodotti... Stiamo pensando anche alla necessità oggettiva di offrire maggiori e più agevoli spazi di lavoro, insieme alla necessità di accelerare ogni passaggio: da come evitare le code al momento dell’ordinazione, fino all’introduzione di postazioni touch screen che consentano di ordinare senza bisogno di entrare nel locale... Pensate dunque alla possibilità di ordinare da remoto? Certo, nei locali da trenta a ottanta metri quadri diventerà una necessità...anche il caffè potrà essere ordinato dalla postazione touch screen, così come, tramite tecnologia innovativa, si potranno ridurre i tempi di attesa, mantenendo intatta la qualità organolettica e il sapore dei prodotti. Dunque, il problema dello spazio acquisterà un’importanza strategica?

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E per la ristorazione, a cosa pensate? È il settore più colpito, per questo pensiamo a soluzioni radicali, dal Sanitunnel che, oltre a sanificare le persone, prevedano la misurazione della temperatura corporea e verifichino l’osservanza delle regola ( mascherine e guanti). La parte esterna del tunnel potrà essere personalizzata con soluzioni estetiche di particolare appeal. E la cosiddetta distanza sociale? Pensiamo a soluzioni semplici ma non “ingabbianti”: di certo non crediamo che le barriere in plexiglas, come prospettato dai cosiddetti “esperti”, possano essere la soluzione... Semmai penso a una riorganizzazione degli spazi di sala, aumentando la distanza tra commensali, rispettando le normative, ma aumentando anche il comfort. Come? Con separé mobili, da posizionare fra i tavoli, personalizzati e integrati allo stile del locale, con funzioni fonoassorbenti, interattive ma anche decorative, con opere d’arte e quant’altro possa rendere gradevole l’esperienza. Non dimentichiamo la voglia di essere felici e sereni anche nei momenti difficili... A.P.S.


Una realizzazione di Costa Group

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#ragionevolezzacontroilvirus

Santini, Dal Pescatore: “Continuare a lavorare bene”

di Maurizio Bertera

Il grande “saggio” della ristorazione italiana, il tristellato Antonio Santini, offre il suo punto di vista sulla ripresa del settore

Parlare con Antonio Santini, il patron del tristellato Dal Pescatore, è una ventata di aria fresca in un momento dannatamente complicato. Perché emana quel mix di esperienza e saggezza che dovrà guidare la ripresa della ristorazione italiana (e non solo). Esperienza da vendere e saggezza a dosi massicce: Santini ha capito prima di altri cosa stava succedendo. “Abbiamo chiuso il locale due giorni prima dell’obbligo della Regione. Già respiravamo una grande preoccupazione, perché eravamo nell’occhio del ciclone, vicino alle province di Bergamo e Brescia. E la percepivano quando ancora

negli altri Paesi non si rendevano conto. L’8 marzo, per esempio, c’era una video conferenza, preludio a un incontro de Le Grandes Tables du Monde a Parigi. Dissi che, per come si stavano mettendo le cose, io non sarei potuto andare, e aggiunsi che probabilmente nessuno avrebbe potuto: non capivano, erano stupiti. Purtroppo avevo ragione. Ieri ragionavo sul fatto che persino durante i peggiori momenti della Seconda Guerra Mondiale, i ristoranti e le trattorie facevano servizio. Questa volta, tutto chiuso: un incubo, Santini, partiamo da qualche numero? I dati sono tremendi. Considero quelli della FIPE dove Le Soste (di cui lui è vice presidente, ndr) hanno un posto nel Consiglio dal maggio 2019. Su circa 300mila imprese, per un totale di 1 milione 200 mila addetti, si sono persi ben 8 miliardi

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al mese di volume. A grandi linee bisogna calcolare circa 21 miliardi a fine anno. Inoltre, si calcola che sono 240mila i lavoratori stagionali nel periodo giugno-agosto, questi sono tutti posti di lavoro a rischio. Poi ci sono molte imprese che non riusciranno a riaprire. Inutile girarci intorno: è un dramma. Anche riaprendo, molti patron avranno grandi difficoltà economiche: come e in quanto sarà possibile tornare a buoni livelli? Un imprenditore che ha un ristorante ha il dovere morale di non mollare anche per i collaboratori che hanno permesso di realizzare fin qui i progetti. Bisogna fare appello a tutta la forza di volontà. Ci vuole spirito di sacrificio. Se mancano le basi, la chiusura è inevitabile. Quando ho aperto con Nadia eravamo ragazzi forse incoscienti, ma avevamo fede nel lavoro


duro. Nei momenti più difficili abbiamo sempre pensato di non darci lo stipendio pur di portare avanti il sogno e mantenere i dipendenti. Oggi che i miei figli sono anche i miei soci, mi piace vedere che Giovanni e Alberto la pensano come me. Cosa attendersi dallo Stato? Al di là della cassa integrazione, è necessario un contributo a fondo perduto da concedere alle aziende, sulla base dell’ultimo fatturato. Ci vuole una boccata di ossigeno per ripartire, la liquidità per il nostro settore è più importante che in altri. Ci sono ristoranti e alberghi, in particolare in zone turistiche, con la quasi certezza di saltare un’intera stagione. Qualche suo collega insiste sul concetto della necessità di ridurre i prezzi... Durante la crisi del 2009, il Pil era calato del 4,9%, ora calerà al 6,9% secondo gli esperti: tutti avremo meno disponibilità, meno potere d’acquisto. Ognuno dovrà fare valutazioni personali sul tema prezzi, non ha senso fare un discorso unico. In tutti i locali ci saranno cambiamenti e forse nuove formule. Chi avrebbe mai immaginato che il delivery sarebbe diventato per due mesi il solo sistema per procurarsi piatti d’autore o cibo giapponese? Invece, è successo e lo trovo un fatto positivo. Chi sarà in grado di farlo bene, continuerà su questa strada. Leggo spesso che ci sarà il ritorno definitivo alla cucina tradizionale, semplice. Non lo escludo, ma vado oltre: penso che i grandi cuochi - in qualsiasi locale operino - riusciranno sempre a emozionarci, gli asini a fare fregnacce. E il piacere della convivialità? Dovremo abbandonarlo, almeno per un po’. Finché non ‘sminano il campo’, non ci si può camminare sopra. D’altro canto si potrà far tesoro di quello che stiamo imparando, per esempio che si può lavorare in videoconferenza. Dobbiamo far tesoro usando in modo efficiente la migliore tecnologia. Con i colleghi de Le

Soste, in collaborazione con esperti e virologi, stiamo studiando meccanismi di sicurezza, dalle sanificazioni - magari periodiche - a altre norme da attuare nei locali. E’ evidente che il concetto fondamentale è creare un senso di sicurezza, attraverso le misure previste e un’ospitalità ancora maggiore. Però è evidente che le situazioni sono molto diverse. Un locale arioso e con pochi coperti come Dal Pescatore non è come uno da 120 coperti, dove i tavoli sono praticamente attaccati. Vero, la ripresa sarà più problematica per le pizzerie o i bistrot dove ci si sedeva in quattro su un tavolo 80x80 cm. Prima del lockdown, noi avevamo già tolto due tavoli, in modo da distanziare ulteriormente le persone e dare una maggiore serenità. Ma sono sicuro su un aspetto: stabilite delle regole precise, qualunque imprenditore saprà allestire il locale nel modo migliore per le sue esigenze e quelle della clientela. Tutti troveranno l’equilibrio per stare in piedi, pensando anche al personale che facilmente non potrà essere ridotto per via dei protocolli. La clientela cambierà di sicuro. Quest’anno vedremo un minor numero di turisti stranieri ma d’altro canto anche noi andremo meno all’estero. Quando vado per il mondo, gli italiani sono i più apprezzati per il loro gusto e la loro esperienza: gireranno per i nostri ristoranti. Siamo in grado anche noi di fare come la generazione che ci ha preceduto, ricostruendo un sistema al meglio. Qualche prova l’abbiamo già fatta: durante

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la Prima Guerra del Golfo nei locali non c’era nessuno. Anche il dramma delle Torri Gemelle ha bloccato il turismo per qualche mese. Insomma possiamo uscirne, soprattutto se la scienza riuscirà a trovare la cura: nei primi tempi, il problema principale non saranno i soldi in meno che costringono a fare scelte diverse. Ma la paura di viaggiare, di fermarsi in posti dove ci sono altre persone. Vede una strada particolare per il rilancio? Da tanto tempo sentiamo parlare di eco sostenibilità, di bio diversità. Credo sia il momento di essere ancora più attenti

alla vera qualità, agli allevamenti etici, alle produzioni più coerenti alla nostra alimentazione. Alla ricerca della qualità vera e del piacere di raccontare quello che si trova. Dovremo aiutare ancora di più allevatori e coltivatori, sostenerli e portarli a conoscere altri ristoratori, creare rete. Se il mercato non sarà in grado di pagare i fornitori in modo civile, questo sì sarebbe grave Consiglio finale del saggio Santini? Dobbiamo dimenticare che tutto sia dovuto. E bisogna ricordarsi il sogno, quello che con passione ti ha spinto ad aprire.•


#ragionevolezzacontroilvirus

Roberta Garibaldi, come uscire dal disastro

di Maurizio Bertera

Questa intervista con una tra i massimi esperti di turismo e ospitalità mette in guardia contro facili entusuasmi. E invita alla riflessione

Roberta Garibaldi, lei è uno dei maggiori esperti sulle dinamiche del turismo mondiale: anche quest’anno, ha pubblicato – a fine gennaio – il suo annuale rapporto sul turismo enogastronomico in Italia. Quale idea si è fatta del momento attuale e soprattutto dei mesi ? La prima è che sicuramente solo a fine maggio, si potrà avere un quadro minimo per ragionare sull’estate. Quella del Co-

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ronovirus è una crisi diversa – parlo dal mio punto di vista – rispetto a quella della Sars o al periodo del terrorismo di Bin Laden. Erano problemi gravi, ma circoscritti nel tempo e in aree geografiche. Questo è un problema globale, con diverse velocità tra una regione e l’altra. Limitiamoci a noi. Si leggono previsioni catastrofiche, ne cito una recente di Demoskopika: potrebbero andare in fumo circa 18 miliardi


partire dall’evoluzione della pandemia: non sappiamo a che punto saremo in maggio, si figuri da luglio a settembre. Poi, c’è l’aspetto economico che porrà notevoli problemi ad ampie fasce di popolazione che bene o male hanno sempre fatto una-due settimane di vacanze. E non è scontato che le strutture di ospitalità siano pronte al regime del post-Coronavirus: ho già visto che alcuni hotel hanno deciso di saltare l’intera stagione estiva, per mancanza di prenotazioni e il costo altissimo di una gestione senza clienti. E poi come ci comporteremo? Parla dei consumatori? Esatto. Mi sto confrontando con sociologi e antropologi per capire l’impatto del fenomeno e i nuovi comportamenti. Per esempio, alcuni dicono che i consumi torneranno rapidamente a buoni livelli, ma bisogna vedere se sarà possibile sia per le tasche della gente sia per le scelte dei titolari. Ed è evidente che non ci ritroveremo – a meno di un poderoso intervento dello Stato – con lo stesso numero di attività commerciali che frequentavamo prima del disastro.Facile anche pensare a delle modalità diverse nel consumo.Ovvio che i ristoranti e i bar non potranno riaprire esattamente come erano in febbraio: meno posti, orari contenuti, menu più economici forse.

di spesa turistica: 9,2 per la contrazione dovuta alle mancate presenze straniere e 8,8 per la rinuncia alla vacanze in patria degli italiani. Il 70 per cento della perdita, sarebbe concentrata in sei sistemi regionali: Veneto, Lombardia, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. Per me è difficilissimo stabilire ora quanto si perderà. I fattori sono parecchi, a

E come saranno gli hotel? Al di là di un numero inferiore di potenziali ospiti, magari verrà chiesto ai gestori di tenerne solo un certo numero. Credo non sia mai successo di avere così tanti dubbi sull’offerta e sulla domanda. Per ora, l’unico punto di analisi – esattamente come hanno fatto i virologi – resta la Cina dove per la cronaca, metà degli hotel ha già riaperto. Ma dopo accurate sanificazioni.Entriamo nei territori. il primo pensiero è che vista la sicura assenza degli stranieri, possono salvarli solo gli italiani, ma non basterà.Non è scontato. Torniamo al ragionamento sui consumatori: dubito sarà l’estate degli spostamenti in

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aereo, non fosse per ragioni psicologiche. Credo molto di più nei viaggi brevi in famiglia, in coppia, con pochi amici. In automobile come è classico di chi frequenta certe zone come il Garda o le Langhe: tra questi ci sono tanti stranieri che non prendono voli. Si tratta di vedere a che punto saremo noi e i paesi più vicini in giugno. Quanto agli italiani, non escludo una riscoperta delle nostre bellezze, note e sconosciute. E’ difficile, ma cerchiamo di essere un minimo ottimisti. Tra l’altro, negli ultimi anni, il clima ha favorito il movimento da settembre sino a Natale. Provochiamo: in Italia, questa drammatica crisi non conferma l’eccessiva dipendenza del settore turistico dalle presenze straniere? Da anni c’è la sensazione di un Paese troppo caro per gli italiani che hanno redditi tra i più bassi in Europa.Il secondo aspetto è corretto, ci sono difficoltà nelle fasce medio-basse a potersi concedere vacanze di buon livello. D’altra parte, la crescita del nostro turismo si deve al miglioramento dell’offerta elevata, per i viaggiatori di fascia luxury che considerano l’Italia un luogo straordinario per l’arte, la storia, il cibo, il vino…E’ l’ottica giusta, sarà necessario mantenerla per riprendere quota sul mercato. Nel suo rapporto 2020, abbiamo letto che “i competitor diretti dell’Italia presentano un valore aggiunto nella valorizzazione dei loro prodotti. Ma il nostro primato ha margini di miglioramento”. Esatto. L’analisi condotta sui tour operator stranieri giudica buona o eccellente la qualità dell’offerta e delle esperienze a tema enogastronomico nel nostro Paese mentre minore risulta la facilità di reperimento delle informazioni e di prenotazione delle medesime. Su questi ultimi aspetti migliorare non è difficile, sul valore ‘naturale’ della nostra enogastronomia, quasi impossibile. Ecco perché riusciremo a consolidare il nostro primato, a patto di lavorare bene. •


COMITATO PROMOTORE Rosario Ambrosino • A.D. Gruppo Elior Italia

Lucio Rossetto • Ceo Italia Lagardère Travel Retail

Enzo Andreis • Presidente AIGRIM

Massimiliano Santoro • Director Publ. Affairs

Stefano Biaggi • Presidente e A.D. Sodexo Italia

& Europe business dvlp Autogrill

Cristian Biasoni • A.D. Chef Express

Antonio Savoia • Presidente Edifis

Corrado Cagnola • A.D. KFC Italy

Carlo Scarsciotti • Presidente Angem Portavoce Oricon

Sergio Castelli • A.D. Areas Italia

Fabio Spaccasassi • A.D. Compass Group Italia

Mario Federico • A.D. McDonald’s Italia

Renato Spotti • A.D. Dussmann Service

Franco Manna • Presidente Sebeto

Lino Stoppani • Presidente Fipe

Chiara Nasi • Presidente CIRFOOD

Andrea Valota • General Manager Italy Burger King

Ernesto Pellegrini • Presidente Gruppo Pellegrini

Danilo Villa • Direttore Generale CAMST

Tommaso Putin • Resp. Pianificazione e controllo

Lino Volpe • Presidente Gruppo Elior Italia

Serenissima Ristorazione

Progetto1_Layout 1 23/04/19 15:41 Pagina 1

Ristorando Eventi Per informazioni sul Convegno e sponsorizzazioni: convegni@edifis.it - pubblicita@edifis.it - Tel. 02 3451230


i Convegni di

Ristorando in collaborazione con:

Media partners:

Ristorando

11a EDIZIONE MOSTRA CONVEGNO 1-2 OTTOBRE 2020 Centro Convegni “Le Stelline“ Milano - Corso Magenta, 61

PLATINUM SPONSOR

GOLD SPONSOR

SILVER SPONSOR

ASSOCIAZIONI PARTNER

AIGRIM Associazione Imprese Grande Ristorazione Multilocalizzate


Bar / Cocktail

Bergamo si scopre patria di miscelazione al Barrier di Gualtiero Spotti

Mauro Colombo, il bartender di quella Bergamo innovativa che utilizza gli ultrasuoni nei suoi cocktail e idea la cocktail week firmata Seven Spirits Il mondo della miscelazione professionale cresce e si espande. Non solo nelle grandi piazze di tradizione, come Milano, ma anche nelle province, dove nello spazio di pochi anni sono nati speakeasy e cocktail bar intorno ai quali si è creato un movimento sempre più ricco, quello di appassionati che ricercano qualità e amano sperimentare al banco. Ne è un esempio illuminante la città di Bergamo, che nello spazio di poche stagioni ha raccolto sul suo territorio, e non solo quello urMauro Colombo bano, una manciata di indirizzi capaci di cambiare la scena della cocktaileria locale. Capofila di questa nouvelle vague tuttora in corso è il Barrier Bar del trentottenne Mauro Colombo: origini milanesi di Cernusco sul Naviglio ma da cinque anni a questa parte bergamasco d’adozione e instancabile organizzatore di eventi dove il bere miscelato è

assoluto protagonista. Il suo percorso professionale lo ha iniziato con i genitori lavorando nel bar di famiglia e con la maggiore età ha poi iniziato a conoscere il mondo della notte e delle discoteche. Solo in seguito ha avviato il proprio percorso di apprendimento con corsi di formazioni e viaggi che lo hanno portato a costruirsi una reputazione e una storia arrivata sino ai giorni nostri. Il Barrier è nato nell’agosto del 2015 con l’idea di creare un luogo ideale per sviluppare la convivialità tra i clienti, anche di diversa estrazione sociale ed economica. «Mi piaceva questa

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idea» racconta oggi il titolare -«perché era un aspetto affascinante dei locali che avevo già visto in giro per il mondo, a Londra o a Berlino. In sostanza con la finalità di stare insieme e bere bene. Così ho raccolto una serie di collaboratori appassionati, perché se non si ha passione viene meno il nostro obiettivo, e oggi sono loro a rappresentare le colonne del Barrier. Si tratta di Nicolò Rossi e Alessandro Bono che stanno dietro il banco e le ragazze che si occupano di sala e cucina, cioè Lisa Colombo e Sara Mostachetti. Un team giovane e affiatato con il quale sono in grande sintonia». Come tutti i cocktail bar che si rispettino,


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Bar / Cocktail

il Barrier ha delle caratteristiche peculiari che lo contraddistinguono. A partire dalle scelte nella miscelazione. Qui, come rivela senza mezzi termini Mauro

Colombo «Vendiamo quello che beviamo noi, quello che ci piace». Così nelle pieghe del menu che cambia i suoi drink con regolarità (tranne il classico della casa, chiamato Vecchio Stile, sempre presente e che mette in fila rye whiskey, vermouth red Carpano Antica Formula, cioccolato amaro e oak smoke), esce con forza un’anima latina dove a farla da padrone sono il rum, la tequila, il mezcal, il pisco e l’agave, come si nota senza possibilità di errore osservando buona parte delle 400 etichette che arricchiscono il retro del banco bar. Questo non toglie che, come accade per molti locali di grido, anche al Barrier abbiano creato negli ultimi tempi il proprio brand in casa, con un London dry gin chiamato Nove e realizzato utilizzando sei diversi tipi di botaniche. Un gin diretto ma anche versatile, con spiccata e piacevolissima sensazione di ginepro senza troppi compromessi. Di questi tempi lo si ritrova nel Duca Bianco, uno dei nuovi cocktail in carta che ben rappresentano il momento attuale della miscelazione moderna. Un

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cocktail ispirato a David Bowie, come si evince dal nome, dall’aspetto cristallino e puro, completamente trasparente e dove si gioca molto con le chiarificazioni. Ma al suo interno troviamo anche del miele fermentato, uno sciroppo di bergamotto, l’acqua di cedro firmata Tassoni , il mapo e il gin della casa. Non meno intrigante è il Peso Hero, che invece parte dal Mezcal verde Momento, passa attraverso un cordiale con rosa e barbabietola e giunge alle espressioni citriche del limone e del pompelmo. E in questo caso la sperimentazione è rappresentata dall’utilizzo degli ultrasuoni. Il Barrier negli ultimi due anni ha avuto anche il merito di “svegliare” la scena locale organizzando insieme ad altri bar (ed è una associazione che si chiama Seven Spirits) una cocktail week divertente e di grande successo nel mese di gennaio. Un percorso itinerante e al tempo stesso un laboratorio di idee attraverso ventuno indirizzi tra Bergamo e dintorni, che ha messo in evidenza la qualità di molti giovani barman, (la competizione è stata vinta dai ragazzi del Concrete con il Pincelada, un cocktail dove il protagonista era il rum millionario Cinquenta), ma ha saputo anche coinvolgere gli indirizzi ormai storici della città come Le Iris e il Bobino o quelli un po’ più nascosti come lo speakeasy Sottovoce. • Foto di Benedetta Bassanelli


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Bar / Sfide

Quando l’alta miscelazione si sposta in provincia

di Alberto Del Giudice

Luigi Barberis ha portato la mixology più contemporanea nelle aree vergini di Alessandria, Voghera, Pavia La prima grande sfida (vinta) di Luigi Barberis è stata quella di portare l’alta miscelazione in provincia, tra Alessandria, Voghera, Pavia. Persino in tempi non sospetti, ma anche con un forte legame con il territorio e la clientela locale. «Comunque, Acqui Terme e Alessandria erano due realtà molto vergini, pertanto c’era solo la possibilità di crescere» ci spiega Barberis. «E io stesso ero molto giovane, il Caffè degli Artisti ad Alessandria l’ho aperto che avevo 25 anni, e dieci anni dopo abbiamo inaugurato il Caffè dei Mercanti ad Acqui Terme». Collabori con ristoranti, hotel, resort della zona? «Abbiamo fatto qualcosa, ma la realtà ristorativa della Provincia di Alessandria sta precipitando, perché non ha saputo sfruttare la vicinanza con Genova, Milano, Torino. Ma la qualità negli ultimi anni è calata parecchio. Mentre tu sai che a me piace lavorare a braccetto con gli chef, mi viene spontaneo. E il mondo della cucina ha una notevole visibilità oggi, pertanto collaborare con l’alta ristorazione è un vantaggio e offre non pochi stimoli». Infatti il food pairing ha preso molto piede… «Funzionare, funziona. Fino a poco tem-

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po fa cenare con un drink era insolito, mentre oggi è accettato. Nel mondo anglosassone si è sempre fatto. Vuoi per emulazione, vuoi per voglia di cambiare, il cliente oggi sposa questa proposta. La grande problematica è che i barman capaci e preparati per abbinare un drink a un piatto sono ancora pochi».

e come comportarsi. Per esempio nel rapporto con il cliente che è, come ben sai, decisivo. La differenza la fanno l’atteggiamento in sala e dietro il bancone, il rapporto umano». Qual è la tua motivazione spinta nella creazione di un nuovo cocktail? Perché ovviamente c’è anche il lavoro creativo. «Il mio punto di vista primo è la fruibilità.

L’Hub di Identità Golose a Milano, dove tu collabori, crede molto nel “dialogo” tra bancone del bar e COTTON CLUB ai fornelli grandi chef italiani e internazionali e nel “gioco” con 4 cl Brandy 12 anni Mazzetti, le materie prime. 2 cl china Clementi, «Anche a Tortona col1 cl oleo saccharum laboro in questa direzione con due gemelli, agli agrumi, lo chef Alessandro e il 1 cl spremuta di bergamotto maïtre Filippo Billi, dell’ Osteria Billis di Tortona. Con loro proponiamo piccole portate a tema “favola”, con abbinamenti di vini e cocktail molto apprezShakerare gli ingredienti zati dalla clientela». per qualche secondo

con ghiaccio cristallino,

Hai cominciato prafiltrare con un colino ticamente da autodidatta, ma avrai avuto in coppa vintage un maestro? e infine affumicare «Lorenzo Repetto, che in una apposita campana. aveva un bar a Voghera, mi ha insegnato molto a gestire una squadra. Un drink deve essere facilmente fruibile, Oggi con me lavorano 25 persone. La condivisibile e comprensibile. Non deve parte tecnica è venuta forse dopo». essere solo un mio esercizio di stile. Certi cocktail buoni, ma troppo complessi, riCon la crisi del Coronavirus abbiamo schiano di essere sì apprezzati, ma non riscoperto l’importanza del lavoratore ordinati di nuovo. Penso sempre quel subordinato e del collaboratore… drink a chi è diretto, che cosa il cliente «Speriamo, perché per me è sempre è in grado di capire o meno, a seconda stato fondamentale. Ci sono persone della sua cultura di bevitore. Bere come che lavorano con me da sempre ed è mangiare è un percorso. Per questo merito oltre che mio apprezzare quel spesso uso prodotti ben riconoscibili, che facciamo. Quando io non sono preche sono parte del nostro DNA, quali sente loro sanno esattamente cosa fare

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la spuma, la cedrata, il rabarbaro. Non credo nella auto celebrazione né nella esclusività di una ricetta. Un drink deve essere riproducibile. Una volta un cliente si è fatto rifare un mio drink dal barman del Papeete». I cocktail classici sono anche tra i più semplici, almeno apparentemente. «Infatti, il segreto è proprio nella semplicità della ricetta, poi ci sono le sfumature. A volte capita anche a me di non capire cosa sto bevendo». Come recuperare prodotti classici quali il brandy, il cognac e l’armagnac nella miscelazione? «Secondo me si recupereranno fisiologicamente, perché si sta andando verso un genere di miscelazione tradizionale, quasi ante proibizionismo. Secondo me è possibile recuperare distillati caduti in disgrazia perché sono state immesse nel mercato per anni pessime etichette. Invece, in termine di brandy, cognac, armagnac possiamo riscoprire prodotti eccellenti e che hanno una storia affascinante. Nel brandy credo molto. Certo, c’è da fare molta strada, ma come il vermouth ha molto prestigio. Sono eccellenze artigianali». Caffè degli Artisti e Caffè dei Mercanti, due nomi che richiamano vecchi concept. «Il richiamo al vecchio concetto di bar è evidente. E l’italianità è un po’ un mio chiodo fisso. E fondamentale è la convivialità. Per me gli sgabelli davanti al bancone sono un mantra. Il cliente seduto al tavolo con lo smartphone in mano è una sconfitta». •


Bar / Managerialità

Luca e Michele Hu, pensare ai nuovi clienti di Alberto Del Giudice

“Cambieranno i modelli di consumo, dovremo essere pronti”, così i bartender si organizzano Luca e Michele Hu, tutto ha inizio a 13 anni con una paga di 100 mila lire al mese. Nella ristorazione cinese, in bar, discoteche e alberghi. Poi il baretto diurno in Corso Garibaldi nel 2000. Erano ancora gli anni del bianchino spruzzato con l’Aperol, Campari Gin, il Milano-Torino. Poi le cose sono cambiate. “Con mio fratello abbiamo risparmiato quasi tutto quel che guadagnavamo”, racconta Luca. “Il nostro obiettivo era aprire un locale nostro entro i vent’anni, lavoravamo e spendevamo solo quello che ci permetteva di vivere. Avevamo quindi messo da parte molti soldi. E a un certo punto ci è capitata questa occasione di un piccolo bar di fronte al Radestky e abbiamo deciso di prenderlo. Lo abbiamo ristrutturato noi, con l’aiuto di qualche amico”. Quanto tempo avete impiegato prima di sfondare? “Non è stato facile, perché c’erano molti pregiudizi. Abbiamo faticato a conquistare la clientela, ma alla fine la gente ha cominciato ad avere fiducia in noi. Avevamo prezzi bassi, da noi si pranzava con cinque euro. Le cose, tuttavia, non andavano ancora nel verso giusto, tanto che mio fratello andò a lavorare altrove. Al Siddharta Cafè di Milano con un bar manager, Lino, che gli ha insegnato molto del mestiere. Quindi andò a lavorare al Bar Martini. Dopo un anno tornò e deci-

demmo di aprire il locale anche dall’ora dell’aperitivo in poi. Con prezzi convenienti, Negroni sbagliato a 3,5 euro, birre a 2,50 euro e dopo un paio d’anni siamo esplosi. Non venivano solo i diciottenni, ma anche persone più adulte, come i loro stessi genitori”. E la coda fuori dal baretto… “Sì, ma non ci siamo mai fermati, piano piano ci formavamo, studiavamo e miglioravamo l’offerta. Quando, nel dicembre del 2014, abbiamo chiuso, ho pianto una notte intera. Anche se ci saremmo allargati proprio accanto al vecchio e piccolo Chinese Box, facevo fatica a livello emotivo ad abbandonare quella esperienza, avevo paura che scomparisse lo spirito originario del locale, quel mood. Ma anche quando ci siamo ingranditi abbiamo tenuto i prezzi bassi anche se

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molto più bravi ed esperti di prima. La nostra filosofia di fondo alla fine non è cambiata e continuavamo a lavorare sui numeri”. Ma c’era anche un altro aspetto, che ha fatto la differenza. “Il cliente. Di ogni cliente abituale o meno conoscevamo i gusti. Non aveva, anzi non ha tutt’ora, neppure bisogno di ordinare per ricevere il suo drink preferito sul bancone. A Tizio piace il Cuba Libre, a Caio il Negroni? Pronto e fatto. Ci ricordiamo anche del volto e del gusto di un cliente che non passa da cinque anni dal locale. Pertanto è anche stato fondamentale creare una squadra di fiducia. Dal 2004/2005 abbiamo tanti collaboratori che ancora lavorano con noi e conoscono i nostri clienti e i loro gusti.


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Bar / Managerialità

GARIBALDINO 2 parti di Bitter Campari (6 cl); 3 parti di Spremuta d’arancia (9 cl.); 3/4 foglie di basilico. Riempire lo shaker con cubetti di ghiaccio e agitare per 10 secondi. Con un clino versiamo il tutto in una coppetta preraffreddata. Quindi con una scorza di limone spruzziamo sul bicchiere i suoi oli essenziali e aggiungiamo un rametto di rosmarino.

andare in una ulteriore direzione. Offrire qualcosa di abbinabile con lo street food. Tacos e tequila e mezcal premium. E signature cocktail”.

Ma con l’apertura di due nuovi locali, il Bob e Agua Sancta, mi sembra che abbiate introdotto ancora nuovi concetti. “L’apertura del Bob el quartiere Isola è voluta non solo per ragioni imprenditoriali, ma perché volevamo dimostrare di fare qualcosa di ancora più alto e sofisticato. Con una ricerca sul food. Abbiamo

addirittura chiamato da Hong Kong un ragazzo esperto per preparare i Bao. Mica facile da fare. Ora facciamo panini fantastici e altri piatti abbinati ai cocktail. Agua Sancta in c.so Garibaldi è nato da un concetto diverso. Trascorro le notti sveglio, studio e leggo, anche dopo 12 ore di lavoro, e ho capito che avremmo dovuto

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Come ne usciamo dalla crisi del Coronavirus? “In questo settore perderemo molto. Dovremmo pensare a come cambiare il modello di business, ma nessuno ha la bacchetta magica. Pertanto dobbiamo arginare il danno. E dobbiamo pensare a ragionare su una diversa richiesta di consumo. Ci saranno due fasce distinte. Una bassa e una alta. Quest’ultima in grado di sfruttare ogni spazio di libertà per consumare prodotti anche eccellenti in compagnia, magari a casa propria. Ma in sicurezza, perché è quello a cui teniamo di più tutti quanti. Sicurezza, qualità e sostenere il lavoro sono gli imperativi del prossimo futuro”. •


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Bar / Controcorrente

Osteria senz’oste, il conto non conta La prima forma di servizio senza cameriere tra le colline di Valdobbiadene, Patrimonio Unesco

La verità è che prima di essere stati a Valdobbiadene ci si chiede cosa ci sia di così particolare in qualche collina vitata, tanto da essere dichiarata lo scorso anno Patrimonio Unesco. Nel momento in cui dal paese vi affacciate alla vallata, o vi incamminate tra i filari nella giusta stagione, appena prima della vendemmia, quando i grappoli delle uve risultano carichi della promessa di un vino il cui nome è conosciuto in tutto il globo e le foglie risultano traslucide alla luce del tramonto, allora nel serpeggiare, all’occhio, di questa natura così precisamente incasellata in file ordinate dall’uomo, in un connubio difficile da trovare altrove, sarà tutto chiaro. Nella provincia di Treviso, a pochi chilometri dalla prima Scuola Enologica d’Italia, in quel di Conegliano, si estende tra creste strette e ripidi pendii la zona di produzione del Prosecco di Conegliano- Valdobbiadene Docg. Una delicata scacchiera dove ancor oggi la raccolta è fatta rigorosamente

Vista sulle colline di Valdobbiadene Patrimonio Unesco

a mano, fin dal Medioevo, disseminata di cantine, di pievi, di piccole strutture in pietra che servivano a dar rifugio agli agricoltori. E nella zona maggiormente vocata alla produzione del Prosecco, Cartizze, sulla strada delle Treziese, sorge tra le vigne l’Osteria Senz’Oste, rifugio per chi si è perso nella bellezza della natura e voglia assaggiare il classico pasto di qui: un buon calice di prosecco, del salame, del pane, il formaggio delle malghe vicine, come il Monte Cesen o il Montasio Dop. Il primo esempio di “bar

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e trattoria a prova di covid19” perché a questa osteria si cibano solo gli onesti. Da un casolare quasi abbandonato dell’Ottocento, usato come riposo per chi lavorava nei campi, Cesare De Stefani ha la brillante idea di metterlo a uso della comunità: «Non ho fatto alcun piano marketing o riflessione, è stato un puro gesto di generosità, volevo fosse un punto di ristoro e aggregazione per noi del posto. Oltre alle vigne ho un salumificio, mi è sembrato ovvio dare la possibilità di mangiare una soppressa locale, accompagnata dal meglio delle nostre uve a chi passasse, in cambio un’offerta libera, secondo coscienza». Complice il panorama mozzafiato sulle colline e la strana impostazione del servizio, l’Osteria è diventata nel giro di poco, con il passaparola tipico dei veneti, un luogo di ritrovo, tanto che i ragazzi, abituati a non trovare posto sui pochi tavoli nei weekend, organizzano picnic tra le vigne,


gustando il meglio dei prodotti locali, “migliori che portarli da casa”. «Avevo fatto appendere un campanello da tirare in caso di emergenza, non essendoci nessuno, era stato costruito per aiutare le persone in difficoltà, per esempio in caso di malore. Mi sono reso conto che veniva suonato in continuazione perché le persone si sentivano in imbarazzo, non

avendo un metodo di confronto con un prezzo stabilito. Così su ogni pezzo di formaggio, pane o salume ho apposto un valore, non un prezzo. La dispensa è sempre aperta, si può lasciare quello che si vuole, ma almeno si ha riferimento, come un’offerta». Per non avere problemi con il fisco ha aggiunto anche un registratore di cassa self- service, al posto del salvadanaio iniziale. «La fiducia paga, sarebbe troppo facile e imbarazzante rubare a qualcuno che non si può difendere, quindi in linea di massima trovo ogni sera un giusto obolo». Ma l’ultima esperienza che De Stefano ha voluto regalare è un distributore auto-

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matico in mezzo alle vigne, costruito specificamente per lui - le bottiglie non possono cadere, come negli altri meccanismi per altre tipologie, ndr - per gustare un calice delle uve tra cui si sta a chiacchierare, alla giusta temperatura di servizio. L’oste non c’è, ma pensa a tutto. C.R. Foto di Francisco Marquez


Ristoranti / Svizzera

La Table d’Adrien regina del Vallese

di Claudio Zeni

Conquista il macaron la cucina italiana di Sebastiano Lombardi a Verbier, una delle più belle stazioni sciistiche elvetiche Nella nuova guida Michelin Svizzera splende il macaron su La Table d’Adrien, all’interno dello Chalet d’Adrien, hotel di lusso e ristorante gourmet a Verbier, nel circuito Relais & Château, cantone Vallese, con lo chef pugliese Sebastiano Lombardi. Originario di Andria e padre di tre bambini, Sebastiano Lombardi si è preso una bella rivincita in questa suggestiva location svizzera dove lavora dal giugno 2018, dopo tre anni al timone della cucina dell’Hotel Il Pellicano, una stella Michelin a Porto Ercole, dopo excursus a Madonna di Campiglio e la conquista del

suo primo Macaron nel 2011 al ristorante Cielo, presso La Sommità di Ostuni. «In Toscana non ero in sintonia con la proprietà e non condividendo le loro linee di sviluppo, ci separammo – racconta lo chef – afferrai subito l’opportunità di trasferirmi in Svizzera a Verbier allo Chalet d’Adrien con i suoi due ristoranti: uno gastronomico da 30 coperti, aperto solo alla sera, e uno di tradizione, dove facciamo anche 200 clienti al giorno. Proponiamo una cucina italiana-mediterranea, molto apprezzata, adattata al territorio, con la

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proprietà che mi da una completa carta bianca» . In un paesaggio da cartolina con una vista incredibile sulle vette innevate, abbarbicato sulla montagna, lo Chalet d’Adrien sovrasta Verbier, una delle più belle stazioni svizzere ad alta quota. Meta per gli sciatori senza pari d’inverno, alpeggio per escursioni nel cuore della natura d’estate. Boiserie e tessuti coordinati, mobili antichi, libri e oggetti sparsi qua e là, come a casa vostra, creano un ambiente genuino che fa ammirare la bellezza incontaminata del paesaggio. La piscina, di fronte alla montagna, e la spa by Nuxe sono un perenne invito al benessere, mentre i due ristoranti rendono omaggio ai sapori della vicina Italia, ai prodotti e ai vini del cantone Vallese. «Cerco sempre di inserire della tenerezza nella mia cucina – conclude Sebastiano - un amore per la qualità dei prodotti caratterizzato dalla particolare relazione intrecciata con gli artigiani locali. Trota di Vionnaz, agnello di Cotterg nella valle, lumache di Vallorbe, formaggi di Champsec dell’amico Baillifard. La religione del gusto, del sapore giusto». Alla Table d’Adrien lo chef Sebastiano Lombardi, insieme alla sua brigata, ha portato le sue esperienze e i suoi ricordi rivisitati in deliziosi piatti che conducono i commensali in un indimenticabile percorso del gusto. •


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Ristoranti / Grand Tour

Da terrazza letteraria a stella Michelin

giato molto, ma il suo stile rimane legato alle radici della cucina territoriale, la sua sfida è stata proprio quella di trasporre le ricette della tradizione a un livello più alto, da clientela internazionale, senza appunto «snaturare gli ingredienti» né la fiera bellezza dei prodotti della Trinacria. Una cucina che si basa sull’equilibrio e l’armonia tra sapori semplici ed ingredienti genuini, influenzata dalle memorie di bambino e dai giorni trascorsi in cucina con la sua famiglia. «Dalle arance rosse coltivate da mio padre al profumo fragrante del pane fresco fatto in casa da mamma, fino alla salsa di pomodoro preparata da nonna».

di Camilla Rocca

L’eleganza siciliana dello chef Roberto Toro del gourmet Otto Geleng all’interno del Belmond Grand Hotel Timeo Da quella “terrazza letteraria” del Belmond Timeo si può ammirare contemporaneamente la baia di Taormina e le pendici dell’Etna, che appare spesso fumante al tramonto, quasi raccontasse la storia di una candela che si sta spegnendo, per riprendere vigorow sa a brillare l’indomani. Questa sera godetevi i colori del tramonto da quella Taormina che ha eletto questo hotel come base per questa prestigiosa meta del Grand Tour di attori, letterati e poeti. Il contrasto tra l’acqua purissima del golfo con la bellezza insolente dell’Isola

Bella e la terra scura, rigogliosa di macchia mediterranea delle colline. «Quando si ha a disposizione un’ottima materia prima non serve snaturare gli ingredienti: basta saperli accompagnare bene esaltandoli nel giusto modo» e in questa espressione lo chef Roberto Toro, recente stella Michelin, condensa tutto il gusto di una generosa Sicilia, che con il suo sole e la brezza marina regala sapori pieni, unici, ai prodotti locali. E con un’eredità tanto importante, come il nome altisonante del ristorante Otto Geleng all’interno dello storico Belmond Grand Hotel Timeo, Roberto Toro invita con il suo primo libro, Piacìri, alla scoperta delle località meno note della Sicilia attraverso i profumi, i colori e i sapori degli ingredienti autoctoni. Classe 1975, ha viag-

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Sei portate per un menu degustazione a 130 euro con la possibilità di abbinamento dei grandi vini siciliani dalla sommelier Simona Di Goro. Semplici, pochi ingredienti e tutto il sapore sferzante di una Sicilia vera, autentica, ecco il Tonno rosso con lattuga, olive, mandorle o gli Spaghetti arricchiti dalle ostriche Belon, con prezzemolo e briciole di mare e ancora il divertente Otto di Mare, con una selezione di pesce crudo e cotto, a seconda del pescato del giorno. Meritano una menzione particolare i Carciofi con


calamari e menta, i Tubetti di pasta con le verdure dell’orto, il tipico formaggio ragusano e i lamponi o l’ardita Triglia con coniuga in un piatto foie gras, topinambur e frutto della passione. «Sono tornato in Sicilia dopo diverse esperienze all’estero perché era forte la voglia di costruire qualcosa di importante nella mia terra» racconta lo chef Toro. E da allora non si pente mai della scelta: nel 2017 Toro si è occupato della cena di gala per i Capi di Stato partecipanti al G7 di Taormina e ha inaugurato la Settimana della Cucina Italiana negli Stati Uniti presso l’Ambasciata Italiana a Washington. Lo stile decòr del ristorante traduce l’eleganza tipica delle ville siciliane di un tempo, dove la tavola era l’epicentro per accogliere gli ospiti più importanti. Otto come il numero dei tavoli per questa intima terrazza che si apre su un panorama sbalorditivo sulla baia di Naxos e come il pittore Otto Friederich Von Geleng che nei suoi dipinti ha ritratto quella Taormina primitiva, a tratti ancestrale , con paesaggi che sono stati giudicati dalla critica contemporanea “di sfrenata fantasia”, motivo per cui Von Geleng invitò il mondo a venire nel paese, per appurarsene. Ospite di casa La Floresta, Otto Geleng convinse la famiglia ad aprire il Timeo nel 1873, il primo hotel della città, dando vita a quel turismo d’alto rango e di alto valore culturale che ha da allora avvolto Taormina. L’interno è un concentrato di arte e decori siciliani, con grandi vetrate per continuare ad ammirare il panorama, ma è all’esterno, respirando la brezza marina che si può gustare pienamente la cena. •

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Ristoranti / Taormina

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Lo chef Pietro D’Agostino e la perfezione dell’anima di Camilla Rocca

Un gusto per la bellezza estetica di piatti che raccontano il fuoco della Sicilia più vera, in una Capinera che veleggia sull’acqua Se c’è un ristorante e una persona che può rappresentare al meglio Taormina, è lo chef Pietro D’Agostino. Taorminese di nascita, ci ricorda come questo paesello arroccato tra le scogliere e la riserva naturale dell’Isola Bella sia stato meta di scrittori e poeti nei loro Grand Tour, tra le grandi destinazioni più ambite del XIX secolo, uno stato a parte rispetto al resto della Sicilia. Colonia di intellettuali come Albert Stopford, D.H. Lawrence, Truman Capote, Tennesse Williams, Jean Cocteau e Jean Marais, fino al vincitore del premio Nobel Halldor Laxness. La prima colonia greca in Sicilia, fondata nell’odierna e contigua Giardini di Naxos, alle foci dell’Alcantara, ci ha lasciato uno splendi-

do teatro romano in dote; rappresentare la cucina un luogo tanto singolare quanto unico non è da tutti ma Pietro D’Agostino ha colto la sfida per quello che lui chiama “il suo luogo dell’anima” e che vanta una stella Michelin dal 2009. «C’è un viaggio a cui l’uomo non dovrebbe mai rinunciare nella vita: quello dell’anima, mettendo in valigia solo gli effetti personali davvero indispensabili: passione, curiosità, incoscienza, immaginazione, stupore, coraggio, fiducia, condivisione» ci racconta. E solo a Taormina poteva fondare, a 31 anni, il suo ristorante, La Capinera, che guarda alla costa di Spisone, levigata dai venti che vengono dall’Africa, proprio all’entrata della cittadina. «Avevo visto una povera capinera chiusa

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in gabbia: era timida, triste, malaticcia; ci guardava con occhio spaventato; si rifugiava in un angolo della sua gabbia», scriveva Verga, lo scrittore catanese da cui D’Agostino ha preso spunto per il suo locale sospeso tra cielo e mare, come una capinera intimorita dal mare in tempesta. Una decisione che aveva ben chiara da subito, quando a 21 anni era partito per Londra all’ Hyde Park, poi il Grand Hotel Costa Esmeralda in Costa Rica, banchetti per il sultano del Brunei al Dorchester a Londra, quindi il Torpedo dell’Hotel Le Meridien Lingotto di Torino per poi riavvicinarsi a casa con il Gattopardo del Grand Hotel Mazzarò Sea Palace a Taormina. Il paradigma, rimasto inalterato nel tempo , che rappresenta la sua cifra stilistica, è una cucina salubre quanto ricca di sapori con una precisione millimetrica per il dettaglio: è infatti proprio la sua geometrica estetica che rende i


Ristoranti / Taormina Sin da bambino, mi lasciavo incantare per ore dalle operose mani di mia madre e di mia nonna, che in cucina si dedicavano alla preparazione di cibi sani e genuini, legati alla vecchia tradizione siciliana. Un ricordo visivo e olfattivo, ancora oggi è l’odore del pane e la pasta fatti in casa, la raccolta delle primizie dell’orto, la salsa che cuoceva per ore nei pentoloni, il pesce fresco acquistato all’alba», tutto si ritrova nella sua carta. Ecco i Tagliolini di pasta fresca alla curcuma con calamaretti, scamorza e pane o lo Spaghettone artigianale con scorfano, uva passa, pinoli e pesto di basilico. Tra i secondi il Bianco di dentice dei nostri fondali pescato all’amo con seppioline al cous-cous racconta dell’intenso passato isolano, senza dimenticare la sanguigna

suoi piatti riconoscibili , indice di un rigore di animo e di tecniche culinarie che ha appreso durante la sua lunga carriera. E la vibrante polifonia di sapori siciliani è evidente, una ricerca che non giunge mai a compimento con tanti prodotti e produttori di nicchia, autoctoni, naturali e biologici, D’Agostino scova i migliori formaggi dei Monti Nebrodi, il salame di Brolo, le lenticchie di Ustica, i capperi di Salina, le mandorle di Noto, il cioccolato di Modica, ha una vasta selezione di oli e vini di questa generosa “terra degli dei”. «Fatti di fuoco e acqua, noi siciliani siamo vulcanici, generosi e intraprendenti, anche in cucina: amiamo il buon mangiare e difficilmente cediamo alle lusinghe dell’estetica, ricercando sempre la qualità e ora la materia prima ha riconquistato una sua identità e un suo protagonismo nelle pietanze che risultano ora più semplici nella elaborazione, più ricercate nella interpretazione di ingredienti e accostamenti» si racconta D’Agostino. Una cucina che è totalmente mediterranea ma con le contaminazioni che guardano ad oriente, tipiche della polifonica cultura dell’isola in due menu il “Profumo di ma-

re” da 6 portate al “Terra di Sapori” da almeno 9, già, perché non dimentichiamo che qui l’ospitalità è ancora più di casa che in altre regioni d’Italia e quindi il numero è indicativo, l’importante è aver scelto questa casa tra gli scogli. Geometrico nella disposizione come nel sapore il Crudo di mare con agrumi della nostra terra, sale di Mozia e olio di oliva extravergine, mentre si gioca con i gusti più veraci della tradizione, trasfigurati in haute cuisine con lo Sgombro scottato con melanzana leggermente affumicata e gelato ai ricci di mare. Leggeri quanto incisivi i primi, la portata preferita dello chef: «Un piatto di pasta. Semplice, tradizionale, intramontabile direi. Il mio punto di riferimento resta la nonna Vincenzina.

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entroterra con il Filetto di agnello in salsa al marsala di Marco De Bartoli con senape e pane. Una bella menzione per il carrello dei formaggi locali, accompagnato da composte di frutta a chilometro zero. E recentemente D’Agostino ha voluto dedicare un menu dal martedì al venerdì sera da tre portate a 25 euro per avvicinare gli under 25 al piacere delle grandi tavole. •



Vino / / Web tasting

Krug, una Grande Cuvée che non si dimentica di Alberto P. Schieppati

Con Olivier Krug e Julie Cavil, un evento digitale mette in luce i pregi della 168ème Édition, presentata alla stampa nella Zoom Krug Room Questa volta non abbiamo degustato Krug nelle sale suggestive della Maison di Reims, e neppure nel corso di un evento cittadino, a Milano, Roma o Parigi, organizzato con i sacri crismi e magari accompagnando le preziose bollicine ai grandi piatti di uno chef stellato. Nulla di tutto questo: la 168ème Édition di KRUG Grande Cuvée è stata presentata a un gruppo di giornalisti e wine writer attraverso una videochat, in cui lo champagne è stato degustato in tempi di quarantena Covid-19. Inutile dire che l’evento rimarrà impresso nella memoria

Julie Cavil

di ognuno. “Questa ancora ci mancava” ha simpaticamente detto, tra l’altro, Francesca Terragni, direttore marketing e comunicazione di Moët Hennessy Italia, in apertura di incontro... Un web tasting che ha reso onore a un prodotto che è parso eccezionale già al primo sguardo e al primo sorso. Alla presenza carismatica di Olivier Krug, questa 168ème Édition si è svelata in tutta la sua energia e, diciamolo, gradevolezza. Una gradevolezza che, come emerso da alcuni commenti durante il tasting, ha spostato più avanti nel tempo la percezione di complessità alla quale precedenti “edizioni” ci hanno abituato. Nel caso di questa 168ème Édition, la Grande Cuvée Krug è il risultato di un assemblaggio di 198 vini, selezionati da 11 annate diverse. Il più giovane risale al 2012, un anno splendido ma con un raccolto limitato, mentre il più vecchio è del 1996. La composizione finale, in percentuali, è la seguente: 52% Pinot Noir, 35% Chardonnay, 13% Meunier. Aggiungiamo che il riposo di oltre sette anni nelle cantine Krug conferisce a questa 168ème Édition di Grande Cuvée una caratterizzazione e un’eleganza notevoli; i vini di riserva dell’ampia collezione della Maison, costituiscono il 42% dell’assemblaggio definitivo, un contributo che apporta la

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ampiezza e la rotondità irrinunciabili per ogni Edizione di Grande Cuvée. In degustazione, ha rivelato da subito, alla vista, un perlage vivo e scoppiettante, garanzia e promessa di piacere. Al naso, sentori agrumati e di fiori appena sbocciati, frutta matura e secca, aromi di mela e marzapane. In bocca, sentori di nocciola, noce, zucchero di canna, miele, mandorle. Un prodotto che si presta a una grande varietà di abbinamenti gastronomici, dai

Oliver Krug

più semplici ai più sofisticati, dai piatti della tradizione Rino a elaborazioni più complesse. Versatilità, elasticità, gradevolezza: elementi che accrescono e perfezionano l’eleganza del prodotto, destinato ad ulteriore complessità nel tempo. Hanno preso parte all’incontro, oltre ad Olivier Krug, Julie Cavil, da ben tredici anni in Maison, che ora ha il ruolo di Chef de Caves, il cuore della produzione e della creazione di prodotti straordinari. Nella nuova organizzazione della Maison, il carismatico Éric Lebel, dopo una lunga e intensa carriera, mette la sua ineguagliabile, unica esperienza al servizio di un prestigioso ruolo aziendale che, al fianco della presidenza di Krug, sosterrà nuovi progetti strategici. •


LA CARTA AMA GLI ALBERI 1.500 campi da calcio al giorno. Così tanto crescono le foreste europee. Quelle da cui si ottiene il legno per fare la carta. Questa è una notizia, vera.

Scopri le notizie vere sulla carta www.naturalmenteioamolacarta.it Fonte: FAO, 2005 - 2015 Foreste europee: 28 Paesi dell’Unione europea + Norvegia e Svizzera


Vino / Eccellenze

Un Brunello leggendario, Biondi-Santi Riserva 2012

di Alberto P. Schieppati

Una degustazione sul web di un prodotto icona, destinato a grande evoluzione nel tempo Davvero straordinaria, questa “edizione speciale” dedicata al suo creatore Franco Biondi Santi: e altrettanto notevole la possibilità di degustarlo, in diretta, nei tempi bui di questo Coronavirus: una degustazione memorabile, effettuata in digitale con un gruppo selezionato di giornalisti e wine writer. Proprio in questa primavera 2020, l’azienda vinicola Biondi Santi ha annunciato la “prima” di questo Brunello di Montalcino, l’ultima riserva prodotta da Franco Biondi Santi, icona della grande imprenditorialità vitivinicola italiana. Quinta generazione di famiglia, a capo dell’azienda dal 1970 al 2013, Franco è stato custode dell’eccellenza di Tenuta Greppo e dello stile Biondi-Santi per oltre quattro decenni. Il Brunello di Montalcino Riserva 2012 è caratterizzato da una vibrante freschezza, ben superiore all’annata precedente, con una struttura elegante e raffinata, che con il passare degli anni è destinata ad avere una gran-

de evoluzione. Insomma, un vino destinato a una lunghissima vita in bottiglia. Da sempre è un evento eccezionale quando nasce una Riserva alla Tenuta Greppo. Nella storia di Biondi-Santi, dal 1888 fino ad oggi, è successo soltanto 39 volte. Ben 24 di queste 39 Riserve sono state prodotte da Franco e portano la sua firma inconfondibile. “Avevamo previsto il rilascio sul mercato della Riserva 2012 nel 2019, ma abbiamo preferito attendere ancora un anno” dichiara Giampiero Bertolini, CEO di Biondi-Santi. “La Riserva Biondi-Santi è tra i vini più longevi al mondo, tuttavia è per noi fondamentale che già ora al momento del suo rilascio sia pronta da degustare in tutta la sua eleganza”. Come diceva spesso Franco Biondi Santi, “la natura riesce a creare cose belle, basta sapere aspettare”. Già, non avere fretta: un imperativo fondamentale che ci ha consentito di degustare un vino straordinario, che nel millesimo 2012 esprime la perfetta chiusura di un capitolo importante della storia di Biondi-Santi. “ Un capitolo, continua Bertolini, che parla della voglia di raggiungere l’eccellenza e dell’importanza di credere nella forza delle proprie

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idee. Per questo siamo immensamente orgogliosi di dedicare a Franco, al suo impegno e ai successi della sua vita, la Riserva 2012 con una menzione speciale in etichetta. E’ il nostro ringraziamento a lui.” Una nota di cronaca: recentemente, Wine Spectator ha valutato il Brunello di Montalcino Riserva 2012 Biondi-Santi con un punteggio stratosferico: 100/100, un numero tondo, riservato a pochissimi nella storia. •



Vino / Premi

Generala Nizza Docg Riserva 2016 vince tutto Dalla passione di Casa Bersano per il Nizza, un grande trionfo per la cantina storica di Monferrato e Langhe

Trionfo di premi per Nizza Docg Riserva 2016 delle Cantine Bersano che ha appena conseguito i preziosi Tre Bicchieri Gambero Rosso, la massima onorificenza della guida, oltre alla corona e a quella votata dal pubblico per la guida 2020 di Vinibuoni d’Italia. Un vino elegante ed equilibrato, complesso e avvolgente, frutto di un sapiente affinamento e di un terroir dalle qualità uniche e fortemente caratterizzanti. Ad Agliano Terme, nel glorioso territorio un tempo chiamato “Asteggiana” dove le Langhe incontrano il Monferrato, terra di incantevoli paesaggi collinari e straordinari vini, dichiarato Patrimonio Unesco. E proprio qui, dove regnano il re Barolo e la regina Barbera, si trova Cascina Generala. L’area, particolarmente vocata alla viticultura di qualità, risponde pienamente ai dettami previsti dalla prestigiosa DOCG “Nizza”, e al suo ferreo disciplinare che regola la produzione vinicola di soli 18 comuni situati in zone considerate di eccellenza. E se in Bersano gli acini sono selezionati con passione e maestria per preservarne l’essenza sin dal 1907, a dare origine a vini eleganti, con forte personalità e potere espressivo, è stato

Arturo Bersano, avvocato per orgoglio di famiglia ma vignaiolo nell’animo dal 1935. E oggi il fiore all’occhiello di Bersano è proprio il Nizza Riserva Generala: 100% Barbera dai vigneti meglio esposti della tenuta, con un affinamento che vede il passaggio di 24 mesi tra tonneaux, la classica botte in rovere da 500 litri; botte grande di rovere, e in bottiglia. Tanto tempo per stappare la poesia è necessario. È l’unico modo per regalare al vino struttura ed equilibrio, profumi avvolgenti di spezie come vaniglia e cacao, su note di sottobosco e ciliegia, per produrre un colore intenso, con gusto ricco e vellutato. L’avventura nel mondo del vino di Arturo Bersano è iniziata con l’acquisto della Cascina Cremosina e dei vigneti intorno alla cantina di Nizza Monferrato dove protagonista è la Barbera d’Asti. A questi sono seguiti i vigneti di Langa, per il Nebbiolo da Barolo, l’espansione della prediletta Barbera e le prestigiose tenute dedicate a Moscato, Brachetto, Ruchè e Grignolino. Ed è proprio la Barbera l’amore segreto di Bersano, che ha creduto da subito in questo nobile vitigno, intuendo le grandi potenzialità, acquisendo i vigneti migliori e investendo energie e risorse nella sua rinascita. Oggi a seguire la strada tracciata da Arturo, le famiglie Massimelli e Soave, attuali proprietari, che in oltre trent’anni di impegno e passione hanno saputo consolidare una imponente realtà vitivinicola. Dalla pigiatura soffice delle uve alla fermentazione,

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sino alla maturazione, ogni operazione è eseguita nel pieno rispetto della tradizione con particolare attenzione ai legni per l’affinamento, vero e proprio patrimonio aziendale. Le grandi botti di rovere di Slavonia, essenza rara e pregiata, e i tonneaux di rovere francese di Allier, grazie alla temperatura e all’umidità costanti, garantiscono al vino le condizioni ottimali per l’affinamento costituendo il vero segno distintivo delle capacità espressive della cantina. Il desiderio di ricerca, approfondimento e collezione di tutto quanto aveva fatto grande il vino, accompagnò Arturo Bersano, uomo raro per intelligenza e cultura, per tutta la vita. Da questa passione nascono i Musei Bersano delle contadinerie e delle Stampe antiche sul vino che conservano oggetti, attrezzi e documenti ritrovati nelle cascine nel corso degli anni. «L’idea di raccogliere gli attrezzi che i contadini usavano per i lavori nel vigneto, in cantina, nel campo e in genere per la vita di cascina, mi venne attorno al 1950. Da tempo mi andavo persuadendo, per esperienza personale, che tutto quanto i contadini avevano creato per lavorare la terra, per vivere, per sperare, stava scomparendo…» raccontava così Arturo Bersano. Ogni cosa qui ha l’odore buono della terra piemontese e la ruvida armonia di tanti secoli d’amore per la campagna. Non esiste un criterio di visita: è bello aggirarsi liberamente e soffermarsi davanti a quegli attrezzi che, riportando alla mente l’antica umiltà dei nostri progenitori, ci fanno riscoprire il significato profondo della terra. Ci fanno intuire cosa significa oggi Bersano: una realtà produttiva, etica e culturale, fatta di terre, uomini e tradizioni. C.R.


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Alberghi / Puglia

Vacanze italiane, destinazione Lecce

di Arianna Augustoni

Alla soperta della città barocca ricca di cultura e tradizioni enogastronomiche C’è già sapore d’estate, voglia di mare, di temperature miti, di profumi e di vita, ma soprattutto di cultura, di storia, di esperienze. Ancora qualche sacrificio e poi torneremo a viaggiare e lo faremo ancora più consapevolmente, con l’intenzione di provare emozioni e vivere esperienze uniche. Torneremo a visitare le città, in spiaggia, a pranzare nei ristoranti arroccati nei borghi e nascosti nei palazzi, in quei locali con i tavolini sulla spiaggia, ascoltando lo sciabordio delle onde. Torneremo e torneremo più forti di prima, magari anche più consapevoli, con la certezza che la vita è meravigliosa e da assaporare in ogni suo attimo e luogo. Il nostro racconto parte da Lecce, la suggestiva e ancora oggi incontaminata città barocca con i suoi splendidi palazzi in pietra che incorniciano il centro storico, simbolo di stile e di eleganza, poco distante dal mare, ma davvero ineguagliabile, da visitare in bicicletta e nascondersi negli anfratti dei palazzi per cercare un po’ di refrigerio nelle calde estati. Ma poi ci si potrà allontanare e raggiungere la campagna con gli uliveti e i trulli e lo splendido mare. Lecce è sicuramente una tappa da segnare nel taccuino di viaggio per il post quarantena perché è una città dinamica che commuove per la bellezza, con la sua storia, la sua cucina e le sue tradizioni. Tra le location il Patria Palace Hotel Lec-

ce, la dimora di charme con vista sulla facciata della Basilica di Santa Croce, pronta a riaprire per allontanare timori e paure e, anzi, per accogliere i turisti con mille attenzioni. L’hotel è un ex palazzo patrizio del Settecento, nel 1850, che divenne dimora per viandanti e, ancora oggi, dopo 170 anni, conserva la vocazione di ospitalità. Tutt’intorno un mondo da scoprire perché è una chicca con il suo patrimonio di chiese e di negozi di antiquariato, è un unicum di fregi, capitelli, pinnacoli e rosoni messi in bella mostra sugli edifici.

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La filosofia del bien vivre passa anche dalla tavola e, così, le esperienze sensoriali fanno parte del viaggio, ne è certo Ivan Bruno, chef del ristorante Atenze, uno degli indirizzi più amati dai leccesi e suggerito ai turisti che arrivano in Puglia per una vacanza perché è il luogo perfetto dove assaporare la tradizione di una cucina, semplice e innovativa proponendo uno dei più autentici menù locali. Ivan Bruno è un mattatore dei fornelli, appassionato di buona cucina, fin da bambino, a soli 13 anni ha iniziato a lavorare in uno dei ristoranti storici della sua


Risotto allo zafferano con tartare di ombrina perle di zenzero e germogli

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Spaghetto alla chitarra su zatterina di asparagi burrata e tartare di gamberi

città, Lecce, imparando i segreti della cucina di casa e delle materie prime del suo territorio. Il resto è solo un viaggio di approfondimento nelle brigate dei ristoranti stellati, prima in Toscana e poi

a Parigi, un passaggio che gli ha permesso di rafforzare la sua idea di creatività e di sperimentazione. L’utilizzo di materie prime semplici e di qualità di un territorio ricco di tesori sapientemente combinate tra le origini salentine e le ispirazioni internazionali, si esprimono nei piatti del ristorante Atenze, creando un connubio perfetto fra tradizione e innovazione. “La mia creatività – spiega Ivan Bruno - è un sentimento innato legato alle

Bocconcini di agnello su zucchine alla scapece e cavolfiore in due consistenze

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Lo chef Ivan Bruno

tradizioni della terra salentina. Ogni proposta è semplice, originale, mai troppo elaborata. Gli ingredienti che preferisco sono i prodotti stagionali, cucinati a bassa temperatura, per esaltare i sapori senza distruggere le caratteristiche. Non potrei mai abbandonare le mie radici e, così, adoro abbinare sapori di terra e mare, elementi unici e rappresentativi della nostra terra: il Salento. Seguo direttamente i fornitori e con loro ho un ottimo rapporto, prediligo le aziende locali, per il pescato invece non ho limiti, mi piace sbizzarrirmi in cucina, il Salento è una terra che offre molti prodotti del mare. Adoro lavorare le cozze, che sono molto versatili e possono essere cucinate in molti modi, le utilizzo per la nostra versione della Tiella barese, reinterpretata sotto forma di risotto. Adoro però anche la Curiscia, un pesce straordinario e poco utilizzato, perfetto per fritture e zuppe”. L’occasione è quindi ghiotta per ripartire con fiducia e tornare a scoprire il Bel Paese, con le destinazioni più attraenti e i memorabili tramonti. •


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Alberghi / Umbria

La bellezza secolare del Castello di Petroia

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di Claudio Zeni

Una residenza di charme che ha visto i nobili natali di Federico da Montefeltro Il Castello di Petroia, che si erge su una collina tra Perugia e Gubbio, è già di per sé un’opera d’arte, sia per la sua storia millenaria, sia per l’autenticità dei suoi ambienti che permettono di vivere un viaggio nel Medioevo. L’origine del castello va collocata tra il IX° e X° secolo, allorché i grandi comuni, come Gubbio, costituiscono a difesa del territorio e protezione della città centri fortificati e castelli, simbolo di potere e di controllo territoriale in un’era ove l’autorità centrale era debole e assente. Qui, il 7 giugno 1422 nasce dalla giovanissima Elisabetta degli Accomanducci, dama di compagnia della contessa Rengarda, frutto di una relazione adulterina con il marito di lei, Guidantonio, Federico da Montefeltro, l’uomo che trasformerà il ducato di Urbino in un importantissimo centro artistico e culturale, secondo solo a quello di Lorenzo il Magnifico a Firenze. Dopo varie vicissitudini e cambi di proprietà il Venerdì Santo del 1925 il castello e le sue terre vengono acquistate dalla famiglia di David Sagrini diventando la base della loro azienda agricola ed uno dei primi centri di allevamento di vitelli di razza chianina. Solo tra il 1982 e il 1990, grazie alla lungimirante idea di Carlo Claudio Sagrini, nipote di David, si collocano i grandi lavori di recupero del castello al fine di renderlo una struttura ricettiva di charme, anni prima dell’avvento del cosiddetto “turismo rurale”. Il lavoro è lungo e complesso ma l’obiettivo viene raggiunto: mantenere intatti e visibili tutti i segni della millenaria storia del castello, uniti ai comfort di una moderna location. Tre sono gli edifici all’interno delle mura del castello: la torre medievale con i suoi quindici metri d’altezza, antico baluardo che il comune di Gubbio innalzò

nel XII secolo a difesa della sua indipendenza, ospita al suo interno una particolarissima camera, con terrazza con vista a 360 gradi sulle valli di Petroia; il Castellare Maggiore, dove a partire dal XIV secolo hanno soggiornato tutti i Signori di Petroia e molto probabilmente nacque Federico da Montefeltro, futuro Duca di Urbino, qui si trovano oggi il ristorante, la sala colazione, il ricevimento, la libreria e nove suite; il Castellare Minore, con le scuderie e le stalle, dove era solito risiedere il guardiano del castello e la sua famiglia, ospita oggi camere e suite. Tra le mura secolari del maniero, inoltre, si trovano le particolari statue in bronzo dell’artista Armando Riva, che lasciò alcune delle sue creazioni al castello di Petroia dopo aver allestito qui una sua mostra personale nel 2009 ed essere rimasto affascinato dal luogo. Una di queste apre le braccia verso il paesaggio della vallata umbra: è un Cristo, chiamato “l’ingordo”, una critica all’uomo moderno che come un “povero cristo” fagocita tutto quello che i mass media propongono. Un’altra rappresenta una gallina appoggiata su delle scatole di uova, critica all’industrializzazione di questi animali che vivono la propria esistenza come “macchine da produzione”, mentre al secondo piano del Castellare maggiore si può visitare una galleria con altre interessanti opere. La sala Accomandugi è, invece, il sancta sanctorum

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dello chef Walter Passeri e del maitre Paolo Belardi, dove viene proposta una cucina perfetto connubio di tradizione umbra e innovazione. D’obbligo l’assaggio dei Penchi della Valnerina. «Un piatto del Trecento – ci ricorda lo Chef Passeri – questa ricetta dei Penchi o Strascinati l’ho ricostruita leggendo la storia di una signora di Cascia, dove la pasta era fatta da una sfoglia all’uovo, arrotolata con aghi di ferro da calza e poi tagliata, condita con guanciale e ricotta». Altre proposte da non perdere la Fracosta delle valli di Petroia ai cristalli di sale e olio del Castello e il Bianco mangiare. «Un dessert rinascimentale, che all’epoca non era necessariamente un dolce – conclude lo chef – lo riproduco fedelmente con latte di mandorle, zucchero, mandorle, miele, anche se ho la mia ricetta per le proporzioni degli ingredienti ». Numerosi gli eventi che la proprietà organizza al Castello di Petroia nel corso dell’anno, da Un Castello di coccole fino alla Caccia al tartufo, dove Cesare, fattore del castello, individua le tartufaie ed insieme all’inseparabile Stella, splendida femmina di Kurzhaar, trovano in compagnia degli ospiti il diamante della cucina, subito portato allo chef Walter Passeri, che con grande maestria ne esalta le sue straordinarie qualità a tavola. Un soggiorno al Castello di Petroia è vivere un’esperienza nobiliare indelebile da veri signori del maniero, in una cornice romantica e confortevole. •


Alberghi / Storia

Lo splendore di Roma in un gioiello del Borromini

di Camilla Rocca

Donna Camilla Savelli, da antico monastero barocco a hotel di prestigio, dove gustare un’autentica cena rinascimentale Roma, la grande, Eterna Roma, che cela ad ogni suo angolo strati di storia che si mischia a leggenda, tra un sacra e profana bellezza, dall’impareggiabile fascino. Per gli amanti della storia il Donna Camilla Savelli è uno scrigno di periodi storici, perfettamente coesistenti e rimasti intoccati gli uni dagli altri, nella loro aurea di rispettoso mistero, nel cuore di una Trastevere ora elitaria e che nel passato è stata uno dei luoghi più popolari e poveri, “oltre il Tevere” appunto, appena fuori dalla cinta muraria di Roma. Si parte, in ordine cronologico, dalla grotta romana del I secolo aC, prima tiepidarium degli antichi bagni, poi cantina di un ricco mercante, è un luogo suggestivo dove fare una degustazione guidata con i vini del territorio, riscoprendo il Falernum,

ripreso da produttori dei castelli romani, i cui cocci di anfore sono stati trovati proprio sulla collina di Trastevere. E qui, facendo un salto nel tempo, si rifugiarono numerosi ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, nutriti dalle suore del convento. Era il 1642 quando Camilla Virginia Savelli, duchessa di Latera e moglie di Pietro Farnese, commissionò a Francesco Borromini il progetto del convento di Santa Maria dei Sette Dolori e della chiesa adiacente, da gioiello del barocco a hotel a 4 stelle oggi. Inizialmente un luogo in uno dei quartieri più poveri della città, era dedicato all’aiuto delle suore sul campo e oggi dalle celle sono state ricavate 99

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stanze e una centesima, adibita alla quarantena per le novizie che entravano in convento, è l’ufficio della direttrice Elena Prandelli. Nel giardino dove si trova anche l’agrumeto, oggi ci si gode la colazione o uno spuntino con il bel tempo. Ogni aiuola era coltivata da una suora e la fontana centrale, del XVII secolo, era alimentata dall’acqua Paola. Tra le esperienze più mistiche che si possono provare al Donna Camilla Savelli è la cena rinascimentale all’interno della sfarzosa Sala Borromini: al preludio una fontana spettacolarmente decorata, attribuita a Francesco Borromini, la sala è stata ricavata all’interno dell’ antico refettorio ed è impreziosita da dipinti risalenti al Rinascimento e al Barocco. Su prenotazione si può vivere il fasto di quel periodo di effervescenza culturale e di idee, tra un Pasticcio alla moda rinascimentale con carni bianche


erborista dei monti Ernici, a Collepardo, in provincia di Frosinone. Era considerata una bevanda medicamentosa, “vino ippocratico” perché le erbe venivano filtrate attraverso un pezzo di stoffa conosciuto come manica di Ippocrate e spesso conteneva addirittura gli organi genitali dei cervi. Mobili antichi e complementi d’arredo originali - alcuni risalenti al

e salsa al tartufo (non dimentichiamoci infatti che il pomodoro fu scoperto solo con le Americhe) o gli Gnocchi di formaggio fresco, burro e salvia. Si può gustare il piatto preferito di Lorenzo Il Magnifico, ovvero il Galletto alle arance amare con acqua di rose, spinaci e schiacciatina di sedano rapa per concludere con un

Biancomangiare con melograno, nella simbologia del tempo, frutto principe dell’energia vitale da gustare con quello che nell’antichità era considerato un elisir di lunga vita: l’Hypoclas di Isabella De’ Medici. Un liquore a base di vino, infusione di cortecce, fiori e semi, oggi riportato al suo splendore da Marco Sarandrea,

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XVIII secolo – ci conducono al ristorante Il Ferro e Il Fuoco dove lo chef Emidio Gennaro Ferro offre un percorso di piatti d’epoca e storici rivisitati in chiave contemporanea, passando dai golosi Panciotti di gamberi e capesante con guazzetto di molluschi e pomodorini al Dolce Roma con mele renetta. E qui, all’interno della parte più intima della storia del convento, il contrasto con un arredo moderno, raffinato ed elegante, esaltano ancor di più la storia secolare del luogo. L’aperitivo Box è un’esperienza scenografica da gustare nei lunghi corridoi decorati o nel giardino fiorito: un piccolo spazio un viaggio sensoriale alla scoperta del gusto con speciali finger food che appaiono da un elegante box al momento, servito con calici di vino. E per le occasioni speciali la vista dalla terrazza più alta della struttura spazia sulle cupole delle chiese di Roma e dei più importanti monumenti capitolini, abbracciando in uno sguardo la fontana dell’Acqua Paola, l ’Altare della Patria e la vicina San Pietro, gustando in un sorso la bellezza della Città Eterna. •


Ristoranti / Emergenti

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Marco Del Sorbo, presto nelle vette gourmet di Camilla Rocca

Il Villa Fiorella Art Hotel tra arte, gastronomia e paesaggi da favola con tutto il calore della Penisola Sorrentina Due golfi che si contendono il primato di costiera più bella del sud Italia: due giganti buoni che si stringono in un abbraccio a Massa Lubrense. E proprio con “in fronte” Capri, in un misto tra sacro e profano, “O’Revece”, l’isolotto di Vervece, santuario naturale con una statua in

bronzo della Madonna a circa 12 metri di profondità, che si trova Villa Fiorella a Massa Lubrense. Una posizione mozzafiato nella punta più a sud della Penisola Sorrentina, con la sprezzante bellezza dell’isola di Capri: un connubio di squisito gusto per l’arte e di calda accoglienza che la famiglia Colonna porta avanti da tre generazioni con il figlio Alberto, studi alla prestigiosa Ecole hotelerie di Losanna e direttore di Villa Fiorella Art Hotel. Le opere di Mario Sironi, Davide Rivalta e Maria Lai, alcuni tra gli artisti preferiti dal nonno Mario Colonna, appassionato d’arte contemporanea, accolgono e arre-

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dano con grande atmosfera le 23 camere dell’hotel che domina Massa Lubrense. Dalle piastrelle in ceramica di Vietri delle toilette ai bicchieri colorati in vetro Italesse, l’azienda di Trieste che usa una tecnica cinese di lavorazione, ottenendo una melange di paste, nessun dettaglio lasciato al caso. L’albero di bronzo di Alik Cavaliere, Acqua uno, e un bassorilievo in gesso dipinto di Sironi, dove profili di figure sono inserite in un tempio rarefatto e schematizzato, ci accompagnano e accolgono nella reception mentre un’installazione di Sasà Giusto, Lime Raspe Grattugia, si snoda dalla hall per


Ristoranti / Emergenti il corridoio che porta alle prime stanze. Secondo l’autore, rappresenta il primo lavoro a diventare una sintesi di sapori, colori, quantità: «Le mie opere erano ricolme, abbondanti come cornucopie; questo invece è il primo lavoro in cui riesco a limare, lisciare alcune asperità. Sono figlio della Transavanguardia ma Torino, patria dell’Arte Povera, mi ha ispirato questa astrazione minimale, un’eliminazione delle scorie». In cucina un giovane e promettente chef che presto verrà scoperto dalla Rossa: Marco Del Sorbo. Grande esperienza negli stellati della Campania, si destreggia tra le moderne tecniche di cucina e un senso del gusto e dell’equilibrio, anche estetico, che lo proietta subito tra i nostri ristoranti del cuore. Dal San Pietro di Positano all’ombra del belga Alois Vanlangenaeker, dall’Angiolieri di Vico nell’epoca di Vincenzo Guarino, al fianco di Alberto Annarumma a Villa Cimbrone. Dall’orto di proprietà dell’hotel attinge a gran mani con la proposta vegetale, dal generoso golfo trae la sapidità dei suoi

piatti con pesci locali, aggiunge poi quella piacevole acidità a ogni piatto, tanto da farli diventare man mano dei signature da non poter togliere dalla carta. Il “femminello”, il limone locale che cresce proprio in questa striscia di terra che ammira

Ischia e Capri, regala da solo l’emozione di gustarlo a spicchi o spremuto in granite, ma qui viene esaltato al massimo grado in ogni tipologia di preparazione, come il prezioso olio della tenuta. Marco Del Sorbo sa che nello stesso comune deve combattere con dei mostri sacri della ristorazione come la Taverna del Capitano, Quattro Passi, Don Alfonso, Relais Blu, ma «pensa sia importante fare squadra e l’obiettivo finale è proprio diventare una destinazione turistica gourmet». Tre le proposte per gli ospiti del Fiorella Art Hotel: Terrazza Fiorella il gourmet; Scirocco Pool Restaurant dove gustare piatti della tradizione cenando accanto all’infinity pool dell’hotel; Cielo, lo sky lounge dove spizzicare e gustare cocktail con lo sfondo di tramonti mozzafiato. Terrazza Fiorella è una struttura a vetri sospesa tra cielo e mare e dove provare (in 20 coperti) la cucina creativa dello chef Del Sorbo in un menu da 4 portate (tradizionale) o 8 portate (a

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mano libera dello chef). Tra gli antipasti imperdibile il Tortino di alici, che racchiude in una conchiglia d’arte un piatto verace, dai sapori decisi come amano i campani. I primi sono decisamente l’asso nella manica dello chef con il suo iconico spaghetto di Gragnano con crema di datterino giallo del Vesuvio o il Fusillo tirato a mano in acqua di melanzane al fumo e gambero rosso crudo con la sua bisque, frutto dell’esperienza di generazioni che hanno lavorato per esprimere il meglio dei grani locali, baciati dal sole come chi osserva il panorama dalla terrazza. Pesce e sale tra i secondi più prelibati, che lasciano esprimere la materia prima stessa. Menzione speciale per il dolce: la Saint Honoré al limone, omaggio ai limoneti che avvolgono con un profumo, qui “di casa”, il resort. In cantina una selezione di oltre 300 etichette con un particolare focus sulla Campania, merita un piccolo giro in cantina con il sommelier Tiziano Imperato, dove scopriamo anche qualche peculiarità, come i vini dell’Abbazia di Crapolla, tra i primi produttori di Pinot Nero della Penisola. Ma anche per il dopo cena vi è anche una bella varietà tra scotch, whisky e altri spirits, da accompagnare a sigari nicaraguensi e cubani, per rilassarsi alla vista della bellezza che da questa punta guarda alle isole. •



Alberghi / Croazia

Luka Juki, chef del sultano, torna finalmente a casa 64

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Dal lusso del 5 stelle Golf&Spa Resort Kempiski Adriatic alla caccia al tartufo per riscoprire un’Istria che punta in alto La Croazia è da sempre considerata la Cenerentola d’Europa. Meta di chi non sa mangiare (qui non è arrivata neanche la guida Michelin) ma vuole spendere poco. Anche perché l’Istria era parte d’Italia fino a dopo la guerra, quindi ci si sente come a casa, pagando meno e ritrovandosi in un’atmosfera simile al dopoguerra. Spazziamo via tutti questi preconcetti. Perché l’Istria, con le sue bellezze troppo a lungo nascoste, sta mettendosi alla pari con le mete che puntano a un turismo di alto livello; uno tra tutti, un hotel che vale il viaggio: il 5 stelle Golf&Spa Resort Kempiski Adriatic a Umago. 186 camere e suite con ampi balconi che guardano alla spiaggia privata e una delle più grandi spa d’Europa con oltre 3000 mq oltre a una 18 buche che guarda all’Adriatico, la prima costruita in Istria. Un viaggio all’insegna del relax contornati da oliveti e vigneti secolari tra vecchi villaggi di pescatori e contadini locali che oggi sono meta turistica per escursioni di un pomeriggio, come Umago, Parenzo e Orsera. L’hotel si colloca a Savudrija, l’italiana Salvore, suggestivo paese di pescatori che vanta il faro più antico dell’Adriatico, primo al mondo a impiegare l’illuminazione a gas,

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Alberghi / Croazia to il tartufo, principe dei boschi dell’Istria, che arricchisce pressoché ogni piatto del menu. Proprio in questa terra è cresciuto uno fra i più grossi tartufi mai raccolti al mondo, dal peso di 1,31 kg. Lo trovarono un ristoratore del posto e la sua cagnetta, il 2 novembre 1999, poco lontano da Buie, a poca distanza dal Kempinski Hotel Adriatic, ed è stato annoverato nel famoso Guinness dei primati come il tartufo più grande mai trovato al mondo. E’ stato preparato e mangiato proprio in Istria, nel luogo del suo ritrovo, mentre gli eventi e le celebrazioni del record mondiale hanno fatto di questa piccola località il centro mondiale dei tartufi. L’Istria sta alzando il capo dopo anni di turismo low cost per puntare ad ampliare la propria rete di 5 stelle, incrementando anche l’offerta: costruito nel 1818 ed alto 36 metri. Gode di una spettacolare vista che si spinge fino alle cittadine di Piran e Portoroz, sull’attigua costa Slovena, fino all’Italia, tanto che con il bel tempo è possibile persino scorgere le cime bianche delle Alpi. A capo della cucina del Kempiski Adriatic lo chef Luka Jukić che, dopo una lunga esperienza in ristoranti stellati e alberghi 5 stelle e presso la corte reale del Bahrain, torna dopo 10 anni nell’hotel che gli ha dato il volo, dove era partito come sous chef. Due le proposte dello chef istriano: il più casual Kanova,

dalla cucina più schiettamente locale, dove l’attenzione si alterna tra la vasta scelta di zuppe e del pescato locale con la vista dalla terrazza panoramica che abbraccia la frastagliata costa slovena e il ristorante Dijana, dove concentra il suo esodo culinario, ma dove è la rapsodia istriana a prevalente: Spuma di spinaci e patate con tartufo fresco, tuorlo di uovo di quaglia, caviale e tartufo oppure Carré di agnello “The King Shepherd”, cucinato confit nel burro, con cracker di pistacchio, pastinaca e tartufo o ancora il Filetto alla griglia, accompagnato da risotto al tartufo e salsa di Teran. Sono proprio le materie prime di questa penisola i protagonisti di una cucina che si avvicina a quelli che potrebbero essere gli standard internazionali della Rossa: i prosciutti e formaggi locali di capra, il pescato della zona, il vino rosso Teran e la Malvasia e soprattut-

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stanno costruendo piste ciclabili che attraversano la penisola o, come avviene nel periodo della fiera del tartufo, si può partecipare all’ancestrale caccia con i cani alla scoperta dei tuberi più pregiati. Dal 5 stelle del Kempiski Adriatic alla terra e al sottobosco accompagnati da Zigante, l’uomo che ha raccolto tartufo bianchi e neri da record e che ora sulla sua fortuna ha costruito un impero: il consiglio è quello di prenotare un weekend da novembre a febbraio per partecipare alla pittoresca sagra del tartufo, approfittare delle frequenti belle giornate istriane e per rilassarsi in una delle spa più grandi d’Europa, a fine di un’eccitante giornata, al Kempiski Adriatic. C.R.


Essere costantemente aggiornati su quanto avviene nel proprio mercato di riferimento è indispensabile anche nei momenti più difficili perché aiuta a ripartire più rapidamente una volta superate le difficoltà. Informare ed aggiornare professionalmente è il compito che EDIFIS intende proseguire anche in queste drammatiche circostanze. Molti dei nostri lettori sono in smart working dalla propria abitazione, per questo Edifis ha deciso di offrire gratuitamente lo sfoglio online completo di tutte le sue riviste, il giorno stesso della chiusura in redazione. Noi ci siamo, al vostro fianco. Buona lettura

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La ricetta di BARtù

Un grande piatto di Monosilio

di Giorgio Ascorti

Pasta vuol dire semplicità: e questa creazione ben lo dimostra Luciano Monosilio, classe 1984, è amatissimo a Roma. Perché al di là di esperienze importanti (con Pierangelini, Uliassi, Crippa…), ha lavorato in locali importanti della Capitale quali Roscioli, Tordo Matto e soprattutto Pipero al Rex (poi diventato Pipero Roma). Da settembre 2018 si è messo in proprio, aprendo Luciano Cucina Italiana, una trattoria dove uno dei pilastri è rappresentato dalla pasta, sia fresca che secca, che il cuoco di origine abruzzese celebra non soltanto con la sua mitica Carbonara, ma anche con gli altri classici capitolini e con ricette contemporanee. «Pasta vuole dire semplicità: la planetaria per impastare è un aiuto, le macchine per tagliarla anche, ma bastano un mattarello e un coltello per prepararla»

Tortelli di agnello con panna e menta Ingredienti per quattro persone PER LA PASTA ALL’UOVO 300 g cipollotto 300 g di farina 00 200 g di semola 8 uova intere Per il ripieno di agnello 400 g di spalla di agnello 1 carota 1 costa di sedano 1 cipolla 1 spicchio di aglio​​​​​​​​​​ 300 g di menta sale e pepe Per il condimento 300 g di menta fresca sfogliata sale pepe PER LA CREMA DI PECORINO 500 g di pecorino 250 g di albume 100 g di panna fresca DECORAZIONE 6 foglie di menta

Procedimento

spiega. E aggiunge sulle farine: « Per quelle del mio ristorante, che voglia realizzare pasta fresca, secca o all’uovo utilizzo solo quelle di semola di grano duro. Si possono usare anche a casa, ma ci vogliono più tempo e maggiore energia fisica per impastare, in assenza di planetaria. Vanno benissimo quelle 00 di grano tenero. Mi raccomando: non dimenticate di bagnare la farina con acqua tiepida in modo da sviluppare maggiormente la maglia glutinica». Messaggio ricevuto: ora divertitevi con una ricetta golosissima di Luciano.•

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Impastare a mano gli ingredienti per la pasta all’uovo, lasciare riposare in frigo per due ore, stendere molto finemente. Chiudere poi i tortelli a forma di mezza luna con il ripieno di agnello. Per il ripieno: pulire e disossare la spalla. Cuocerla con sedano, carota, cipolla, aglio, menta, sale e pepe sino a renderla morbida. Sfilacciare a mano la carne e condire con la menta a foglie, tagliata a listarelle. Una volta chiusi i tortelli e cotti in acqua, vanno saltati in padella con un po’ di panna per creare un fondo cremoso al piatto, Per la spuma di pecorino: mettere il pecorino in un termo mix – come il Bimby – a 60 gradi. Aggiunti gli albumi e filtrati, si mette il composto in un sifone e si tiene a bagnomaria a 62 gradi per 20 minuti. Poi si spruzza sul ortello e si decora con le foglioline di menta.


La Foto di BARtù LE GRANDI FAMIGLIE DELL’OSPITALITÀ Cristian, Lara e Claudio Pasquarelli: una famiglia che rappresenta un punto fermo dell’ospitalità italiana. Nel ristorante-albergo Da Claudio, a picco sul mar Ligure, si viene per la qualità dell’accoglienza, per la splendida cucina di mare e la vista mozzafiato sul golfo di Bergeggi, in provincia di Savona. Una stella Michelin più che meritata, con Lara in cucina e Cristian in sala, con papà Claudio grande e appassionato supervisore.

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Pillole Creatività per Bombay Sapphire Far sì che tutti liberino il proprio potenziale creativo, ecco la mission della campagna Stir Creativity di Bombay Sapphire: per otto anni si è organizzato The Artisan Series, un concorso di arte per offrire ad artisti emergenti una visibilità internazionale, e ha collaborato con noti artisti come Tracey Emin, Thomas Heatherwick e Tom Dixon per la Designer Glassware Competition. E oggi, il gin che sta crescendo più velocemente al mondo e numero uno in termini di valore, lancia una sfida ai bartender per non mollare e dare una voce alla propria creatività. Basato su una ricetta segreta del 1761, il gin viene creato bilanciando perfettamente una combinazione unica di 10 botanical.

22 volte Franciacorta Castello Bonomi presenta la nuova Cuvée 22 dedicata a tutti gli amanti del vino che raffigura in modo stilizzato e originale i terrazzamenti e la morfologia del Monte Orfano, con il castello al centro, simbolo dell’azienda. Una bottiglia dal blend unico, composto da sole uve Chardonnay raccolte da 22 porzioni dei cru aziendali. La vinificazione dei 22 cru è effettuata singolarmente, al fine di creare condizioni ottimali per ogni singola partita.

Pastry bag per il delivery Cuori di Sfogliatella, quando il delivery diventa esperienziale. La storica pasticceria di Napoli fa viaggiare un vero e proprio kit per preparare a casa due dolci iconici: i cannoli siciliani e la Borbonica, l’esclusiva sfogliatella ripiena di ricotta e babà brevettata dalla pasticceria partenopea nel 2016. «Questi sono i nostri kit da fare a casa di facile pasticceria da fare a casa per offrire un servizio, un buon prodotto e un’esperienza», spiega Antonio Ferrieri, fondatore di Cuori di Sfogliatella.

Caldiff 80 di Roner per la festa di Andreas Roner lancia sul mercato un prodotto unico, per un’occasione speciale: l’ottantesimo compleanno di Andreas Roner, figlio del fondatore della distilleria e padre della figlia Karin, attuale amministratore.
 Per coronare i festeggiamenti si è scelto di imbottigliare, in edizione limitata, Caldiff 80 un distillato di mele Gravensteiner che da oltre 17 anni invecchiava nelle barrique gelosamente custodite nelle cantine di famiglia.
Il nome prende ispirazione dalle rovine del castello Caldiff, non lontano dalla sede della distilleria, in un luogo che fin dall’infanzia ha affascinato Andreas.
Il distillato è stato rifinito, per due inverni, nelle botti dell’Alpine Rum R74 per completarne il suo aroma unico.

Femmes, il sentire Mediterraneo

Sobieski Vodka a quattro distillazioni

Il “sentire Mediterraneo” è un’idea, un’emozione, una grande passione che ha ispirato tre giovani imprenditori siciliani nel creare Giardini d’Amore®, un brand di liquori che nasce nel 2011 quando si presenta la possibilità di rilevare un vecchio opificio di un anziano artigiano locale, imparando da lui tecniche e ricette. L’ultimo nato è Femmes, dedicato al più dolce e femminile degli agrumi, il madarino. Un tributo alle donne, alla loro unicità e ineguagliabile bellezza. Il vivace colore arancione incanta. Il suo aroma riporta alla memoria un giardino di agrumi, il profumo di zagara inebria, si è circondati da un azzurro imperante, del mare e del cielo, avvolti dal calore del sole di Sicilia.

Tradizione polacca per la mixology d’autore: Sobiesk è una vodka distillata ben quattro volte, con oltre 500 anni di storia; il nome deriva da quello di Jan III Sobieski, re di Polonia del XVII secolo. Estate è la versione premium della popolare gamma, 40° di puro piacere, che si distingue da tutte le altre perché è prodotta unicamente con la pregiata qualità di segale Golden Dankovsky, usata fin dal XIX secolo per produrre un’acquavite dal carattere distintivo e dalla spiccata personalità.

Kikkoman diventa bio Il brand giapponese Kikkoman ha completato le sue referenze con la specialità bio, prodotta solo con soia di qualità premium senza OGM, grano OGM-free biologico e sale. Senza conservanti, è ideale per chi segue una dieta vegetariana e per tutti quelli che vogliono arricchire di un nuovo sapore i piatti della tradizione orientale e occidentale. La salsa di soia bio Kikkoman, come tutta la gamma di prodotti è importata e distribuita da Eurofood S.p.A., il gruppo che porta sulla nostra tavola le specialità alimentari più pregiate da tutto il mondo.

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Se l’olio è di design Nel Salento, diamante della Puglia, Cosimo e Maria Teresa Varvaglione hanno dato nuova vita ad un’azienda vitivinicola forte della tradizione di quattro generazioni, che in concomitanza con la pandemia ha attivato uno shop di prodotti pugliesi. Sono sette ettari di campagna entrati nel patrimonio della famiglia con l’acquisizione di Masseria Pizzariello, circa mille alberi di ulivo di diverse cultivar. Coratina, Ogliarola, Frantoio e Leccino, che danno vita a un blend prezioso, fruttato, equilibrato con una nota amara e piccante. L’elegante bottiglia dal design moderno ritrae il viaggio dell’oliva dall’albero alla bottiglia, da tenere anche una volta finito il suo contenuto come oggetto di design.



Tech News

LG e Round Cassette LG lancia Round Cassette, la novità per gli spazi con soffitti alti o particolarmente esposti senza controsoffittatura, come ad esempio caffè, ristoranti, grandi magazzini di lusso e hotel di design. Secondo un'analisi dei termini di design più frequentemente utilizzati nel 2018 dagli host Airbnb Plus, un livello superiore di Airbnb, "soffitti alti" è uno dei concetti maggiormente presente quando si parla di design di interni. La nuova LG Round Cassette ha vinto il premio Red Dot Design Award 2019, soddisfa le esigenze estetiche e diventa il tocco finale per completare il design degli interni. Con un’altezza ridotta, LG Round Cassette massimizza lo spazio disponibile durante l’installazione. La sua altezza è di 330 cm, il 15% in meno rispetto ai modelli convenzionali a vista. Inoltre, le tubazioni di scarico condensa e del refrigerante sono posizionate in un unico punto per ridurre al minimo l'esposizione. I sistemi di ancoraggio a soffitto sono coperti per conferire maggiore ordine all’installazione e un aspetto più pulito. Il design premium è perfettamente adatto a location trendy e di lusso come alberghi, ristoranti, caffè, musei e negozi di arredamento e abbigliamento di fascia alta.

La nuova app di Délifrance Délifrance lancia la nuova app durante la pandemia: un catalogo digitale sempre aggiornato su AppleStore e PlayStore. Un mondo di servizi in una pratica app: Délifrance produce e distribuisce prodotti da forno surgelati dove l'artigianalità, gli alti standard qualitativ, l'esperienza e il rispetto per la materia prima sono i punti cardine della produzione. L'app contiene migliaia di prodotti con le schede tecniche, immagini e materiali di comunicazione per veicolare al meglio la versatile proposta di Délifrance. E registrandosi all'innovativa app si può vincere una cena stellata e un viaggio a Parigi per due persone.

Colophon BARtù N° 107 Maggio 2020 Direttore editoriale Alberto P. Schieppati Direttore responsabile Andrea Aiello Redazione Camilla Rocca Collaboratori Nadia Afragola, Giorgio Ascorti, Arianna Augustoni, Fiorenza Auriemma, Guido Bernardi, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Oscar Cavallera, Alberto Del Giudice, Angelo Gaja, Rocco Lettieri, Aldo Nenzi, Giovanna Moldenhauer, Sonia Ricci, Vincenzo Russo, Theo Smith, Gualtiero Spotti, Alice Trainotti, Elisa Tricarico, Claudio Zeni Grafica e impaginazione Daniele Scozzari Contatti bartu@edifis.it - www.bartumagazine.it Pubblicità dircom@edifis.it Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it Amministrazione amministrazione@edifis.it Foto Callo Albanese, Archivio BARtù, Benedetta Bassanelli, Marcello Bocchieri, Stefano Borghesi, Nicolò Brunelli, Claudia Calegari, Ferdinando Cioffi, Pierpaolo De Angelis, Gaetano Del Mauro, Davide Dutto, Giovanni Latorella, Matteo Mancini, Francisco Marquez, Mauro Montana, Patischie, Marco Poderi, Barbara Santoro, Roberto Savio, Raimondo Santucci, Brambilla Serrani, Cris Thellung, Tiberio Sorvillo, Paolo Terzi, Lido Vannucchi, Renato Vettorato Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (Mi) Prezzo per una copia E 5,00 - Arretrati E 10,00 Abbonamento Italia: E 40,00 - Europa: E 80,00 - Resto del mondo: E 100,00 abbonamenti@edifis.it Registrazione del Tribunale di Milano n. 222 del 24/03/2000 Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 06090

I nuovi ventilatori da soffitto Con l'arrivo del caldo Vortice lancia i nuovi ventilatori da soffitto Nordik International Plus, interamente progettati e costruiti in Italia, hanno un elevato livello di protezione dall’acqua e sono quindi particolarmente adatti per installazioni in ambienti esterni quali verande, balconi, gazebo o in ambienti di lavoro caratterizzati dalla presenza di elevate concentrazioni di umidità o spruzzi d’acqua come serre e officine. Le linee Made in Italy dei designer Trabucco e Vecchi abbinano una veste estetica gradevole a caratteristiche strutturali come la solidità, la resistenza e l'elevato rendimento, anche a velocità ridotta. La funzione di reversibilità di cui sono dotati, permette anche l’inversione del senso di rotazione, modificando la direzione del flusso d’aria dal pavimento al soffitto. Il flusso indiretto che ne deriva risulta pertanto più ampio ed avvolgente. Viene al contempo favorita la destratificazione del calore riducendo così, in inverno, la differenza di temperatura tra il pavimento (dove è più bassa) e il soffitto (dove invece è più alta).

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