CRICCA
IL CUORE IN MUSICA
ARTIGIANI DEL MARE
I MESTIERI DELLA TRADIZIONE
ESPLORAZIONE URBANA
FOTOGRAFIA URBEX
n.2 2023 www.inmagazine.it rimini
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Dedichiamo la copertina di questo numero estivo a un nuovo volto della scena cantautoriale: il riccionese Giovanni Cricca che, dopo il programma Amici 22, debutta con il suo primo album. Incontriamo tre artigiani che portano avanti la tradizione balneare e turistica della Riviera, e percorriamo i luoghi della Trafila di Garibaldi. L’associazione culturale Vele al Terzo ci parla del lavoro di recupero delle vecchie barche da pesca a vela, e Silvia Tombetti ci racconta del suo brand Mya More. Entriamo poi in un villino liberty dallo stile eclettico e vintage, e in luoghi abbandonati dal fascino decadente grazie alla fotografia urbex. Intervistiamo le due direttrici artistiche per la candidatura di Rimini a Capitale della cultura 2026, la craft maker Giorgia Piva, e gli autori del libro Amarcord dalla A alla Z. Buona lettura!
Edizioni IN Magazine s.r.l.
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Anno XXIII N. 2
luglio/agosto/settembre
Reg. di Tribunale di Forlì il 20/12/2000 n.34
Direttore Responsabile: Andrea Masotti
Redazione centrale: Clarissa Costa
Coordinamento di redazione: Lucia Lombardi
Artwork e impaginazione: Francesca Fantini
Ufficio commerciale: Gianluca Braga
Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN)
Chiuso per la stampa il 10/07/2023
Collaboratori: Stefano Bonini, Arianna Denicolò, Irene Gulminelli, Milena Massani, Emilio Salvatori, Flavio Semprini, Cristina Zoli.
Fotografi: Chico De Luigi, Riccardo Gallini, Francesco Pizzioli, Valentina Roncoletta, Emilio Salvatori, Cristina Zoli.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it
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EDITORIALE 28 08 PROFILI GIOVANNI CRICCA 08 48 26 14 IMPRESA ARTIGIANI DEL MARE 20 ITINERARI TRAFILA GARIBALDINA 26 STORIA VELE AL TERZO 28 MODA UNA STELLA DI STILE 32 CASA VINTAGE ECLETTICO 38 FOTOGRAFIA TRA INCANTO E ABBANDONO 44 PROGETTI LA DIREZIONE DEL FUTURO 48 ARTIGIANATO PASSIONE CREATIVA 50 LIBRI LE PAROLE DI FELLINI
DI ANDREA MASOTTI
“
GIOVANNI
DA ALLIEVO DI AMICI 22 AL DEBUTTO DISCOGRAFICO CON IL PRIMO EP CRICCA
Il tempo per amare, dilata il tempo per vivere,” scriveva Daniel Pennac in Come un romanzo. Una frase che ben si attaglia al mood, allo stato d’animo del giovane cantautore riccionese Giovanni Cricca, classe 2003, reduce dalla trasmissione Amici 22 dove ha ottenuto la maglia del Serale ed è arrivato alle porte della semifinale, raggiungendo la quarta posizione tra i cantanti. Un talento ora dimostrato anche con il suo primo Ep, appena uscito, dal titolo Cricca.
Il suo è un modo di stare al mondo appreso presto, proprio in famiglia, dagli insegnamenti dei suoi genitori, operatori umanitari giramondo che lo hanno portato ancora piccolo in Australia, dove è cresciuto in una casa molto open nella quale venivano portati in stallo bambini provenienti da situazioni di grave disagio familiare. “Per me è stato determinante crescere in una famiglia come la mia, è alla base di quello che sono oggi. Una cosa bella è che non ci hanno mai imposto nulla, hanno sempre condiviso con noi ogni
scelta,” racconta Giovanni. “Quando sono nato c’era già anche Precious, mia sorella dallo Zambia, con una disabilità molto grave: è stato un grande dono. A breve arriverà una nuova ragazza. Quando c’è da aiutare, i miei ci sono sempre.”
Durante i giorni più difficili della alluvione in Romagna, Cricca e Naomi, sua sorella maggiore, che lui definisce il suo “punto di riferimento in questa vita”, sono stati tra i primissimi Angeli del fango a sporcarsi le mani: “È stato un momento di grande condivisione, un enorme esempio di forza vedere i romagnoli con la luce negli occhi spalare insieme nel fango.” E osservare generazioni differenti aiutarsi a vicenda, non per volontà di presenzialismo ma per puro altruismo, è stata una bella risposta, anche per chi sostiene che i ventenni d’oggi siano compresi solo dalle loro cose e poco impegnati. “Spesso si sente dire ciò, ma ogni generazione ha visto passare chi ha voglia di fare e chi no, quindi mai fare di tutta un’erba un fascio. Personal-
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PROFILI
DI LUCIA LOMBARDI
FOTO CHICO DE LUIGI
mente sono circondato da persone attente al prossimo, da giovani che si impegnano – alcuni miei amici sono venuti con me a spalare – poi c’è anche il momento per divertirsi.” Il brano Australia, la canzone estratta che ha anticipato l’uscita dell’Ep, “parla della mia infanzia tra malinconia e libertà” e si conclude con la frase “sono quello che non si arrende!” Lo dimostra il fatto che sia arrivato alla ribalta in poco tempo: dal format Deejay On Stage 2022 a Riccione è giunto alla scuola di Amici in Tv. “È lo spirito romagnolo, la resa non fa per noi, lo abbiamo visto con l’alluvione. È un’opzione che non bisogna considerare, piuttosto provarci fino all’ultimo.”
CRICCA È STATO UNO DEI CONCORRENTI DI AMICI 22, ARRIVANDO FINO AL SERALE E RAGGIUNGENDO LA QUARTA POSIZIONE TRA I CANTANTI. “L’ESPERIENZA È STATA INCREDIBILE. HO CERCATO DI ESSERE VERO, ME STESSO.”
I fatti gli hanno dato ragione e l’esperienza di Amici di Maria De Filippi per lui “è stata incredibile, piena di alti e bassi, in cui ho cercato di essere vero, me stesso.” Nel mondo mediatico, talvolta un po’ falsato, chi rimane se stesso passa un bel messaggio: “Essere me stesso a prescindere è uno dei miei punti di forza, mi piace essere quello che sono. Nei momenti in cui ero felice e stavo bene si vedeva, così come il contrario, ma ci sta!” Altrimenti chi scriverebbe più canzoni? “Vero. Quello che sei può piacere o meno, l’importante è essere naturali, senza cercare di essere altro, altrimenti non ha senso. Non dobbiamo piacere a tutti.”
Se mi guardi così, con cui si apre l’Ep Cricca, vanta oltre 2.000.000 di streaming su Spotify e centinaia di migliaia di ascolti sulle altre piattaforme. La definisce la canzone più importante della sua vita fino ad oggi: “È il pezzo che mi ha cambiato la vita, il più ascoltato e amato dal mio pubblico. Ho fatto praticamente tutto con questa canzone, sono riuscito a prendere il banco e a entrare ufficialmente ad Amici, poi ho fatto il Capodanno in Musica di Canale 5. È una canzone importante e i dati sulle piattaforme parlano.”
Ciò che lo ha aiutato ad arrivare così rapidamente alla ribalta e ad avere così tanto seguito sono i temi. “Se non hai cose da dire né il modo giusto per dirle, non arrivi!” è perentorio Cricca. “Le canzoni devono essere buone, Se mi guardi così lo è, è un brano che arriva, le persone quando la sentono dicono ‘cavolo, anch’io mi sono sentito così’. Se tocchi il cuore delle persone hai fatto bingo!”
Amici è stata una buona scuola, “si entra in un modo e si esce in un altro, sia professionalmente che umanamente. Si fanno tante lezioni di canto, tecnica vocale, performance, produzione e scrittura testi. Molti incontri con professionisti, da cui ricevere spunti, stimoli.” Lui ne è uscito migliorato e innamorato di Isobel Kinnear, ballerina finalista della trasmissione: “Tra l’altro è venuta a sentirmi a Riccione in Albe in controluce. Le è piaciuto molto, è stato un momento intimo e
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molto emozionante.” Per lui l’amore significa tanto, ma quello di cui ha paura lo canta nel brano Supereroi Rework: “Sono un po’ in controtendenza, mi spaventa la filosofia dell’usa e getta, dello sposarsi e lasciarsi con facilità. Ritengo che, in alcuni casi, si può provare anche a stringere i denti, e contemplare la resa come ultimissima opzione, per scegliersi comunque e provare ad aggiustare le cose.”
Date e tanti eventi costellano la stagione calda di Cricca. “Non sto mai fermo, per chi fa questo mestiere è importante, e a settembre uscirà un nuovo singolo, che io e il mio team stiamo scrivendo in questi giorni. Speriamo in un bel brano per lanciare la stagione autunno-inverno. Poi sicuramente proverò ad accedere a Sanremo, il palco che tutti i cantanti italiani sognano… sarà difficilissi-
SE MI GUARDI COSÌ, CON CUI SI APRE CRICCA, IL SUO PRIMO
ALBUM DAL TITOLO
OMONIMO, VANTA OLTRE 2 MILIONI DI STREAMING. “È IL PEZZO CHE MI HA CAMBIATO LA VITA, IL PIÙ
ASCOLTATO E AMATO DAL MIO PUBBLICO.”
mo. Anche Amici lo era, poi però un giorno ce l’ho fatta!”
Tra i musicisti dell’Ep ci sono anche Federico Mecozzi e Tommy Graziani, due cavalli di razza del panorama musicale, perché anche le persone con cui collaborare è importante sceglierle bene: “Su questo sono molto fortunato, oltre ad avere un team molto affiatato e affidabile. Siamo riusciti a coinvolgerli da prima di Amici, sono grandi musicisti e hanno creduto fin da subito nel progetto.”
Per lui i Metallica e Cremonini sono sullo stesso piano, “passo dal rock, all’indie, alla trap della mia generazione, fino alla musica classica, e suono chitarra e pianoforte.” Cricca ha mosso i suoi primi passi nella musica nel coro giovanile di Sidney, Australia, “perché c’era una bambina che mi piaceva,” spiega. “All’inizio era un gioco e quindi non avevo questo grande interesse, ma tornato in Italia a 8 anni e senza amici sentivo il bisogno di sfogarmi in qualcosa e rifarmi delle amicizie, così mi sono iscritto a chitarra, e piano piano il mio insegnante, che tuttora lavora con me, mi ha riportato sulla via del canto dicendomi che avrei avuto successo anche con le ragazze! Poi ho iniziato a studiare anche pianoforte, e sono arrivato dove sono oggi.” Confida che una bella duettata se la farebbe “con Cremonini e Jovanotti.” Lo scorso settembre avrebbe dovuto iscriversi a psicologia ma ha provato Amici, “perché se non posso fare il cantante non posso fare altro.”
12 IN
QUESTE
PAGINE, IL CANTAUTORE RICCIONESE GIOVANNI CRICCA. NELLA PAGINA PRECEDENTE, LA COPERTINA DEL SUO EP DI DEBUTTO, CRICCA
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ARTIGIANI
DI STEFANO BONINI
I MESTIERI DELLA TRADIZIONE BALNEARE E TURISTICA ROMAGNOLA DEL
MARE
Sono passati 180 anni dalla nascita a Rimini del primo ‘stabilimento balneare’, la pietra miliare di un’evoluzione che oggi vanta un’organizzazione con pochi eguali, non solo in Italia: 250 stabilimenti balneari lungo 15 chilometri, 50.000 ombrelloni, 150.000 lettini, cabine e docce, bar e ristoranti, balneazione sorvegliata oltre ogni tipo di servizio. In questo grande sistema balneare e turistico un ruolo di primo piano lo rivestono alcuni artigiani di eccellenza
È il caso dei cantieri De Biagi di Cattolica che continuano a mantenere viva la tradizione dei mosconi, che in Romagna non sono solamente dei semplici e bellissimi natanti ma vere e proprie icone. In questo piccolo cantiere, scrigno dell’artigianalità, Bruno De Biagi porta avanti l’attività avviata negli anni Venti dal nonno prima e dal padre poi. “Ho cominciato lavorando al fianco di mio padre, poi quando lui andò in pensione,”
BRUNO DE BIAGI PORTA AVANTI L’ATTIVITÀ DI FAMIGLIA AVVIATA
NEGLI ANNI VENTI
DAL NONNO PRIMA
E DAL PADRE POI. “LA NOSTRA PRODUZIONE SI CONCENTRA SUI
MOSCONI, QUASI TUTTI
DESTINATI AL SERVIZIO DI SALVATAGGIO.”
ci racconta Bruno, “fummo io e un suo fidatissimo collaboratore, Elvino Magi, a mandare avanti il lavoro.” Oggi Bruno De Biagi prosegue la tradizione di famiglia insieme a tre dipendenti. “La nostra produzione si concentra sui mosconi, ne realizziamo 6070 l’anno contro gli oltre 100 degli anni d’oro,” continua Bruno, “quasi tutti destinati al ser-
vizio di salvataggio.” E se con il passare del tempo la produzione dei pedalò è stata via via abbandonata, quella dei mosconi si è allargata anche alla realizzazione in vetroresina per completezza di servizio: “Accanto ai mosconi in legno, in compensato marino per la precisione, perché garantisce leggerezza, resistenza e stabilità, produciamo anche 25-30 natanti in vetroresina,” afferma Bruno.
“Li vendiamo a clienti storici che li prediligono… anche per il prezzo più contenuto.” E quanto costano? “I mosconi in legno arrivano a costare sui 1.700-1.800 euro remi inclusi, gli altri un po’ meno.” Ai mosconi De Biagi ha affiancato anche la realizzazione delle torrette di avvistamento (in legno) per i bagnini di salvataggio, per cui è diventato un riferimento sulla Riviera.
Altra eccellenza legata a filo doppio al mare e alla spiaggia è la Ramberti, azienda famigliare con sede a Santarcangelo, diventata grande con il passare
15 IMPRESA
FOTO RICCARDO GALLINI
delle generazioni. Dalle selle per cavalli alle coperture per i ‘birocci’, fino ai teloni per i camion per arrivare, con il boom del turismo, alla produzione di lettini e ombrelloni. Giunta ormai alla quarta generazione e con oltre un secolo di vita, alla sua guida oggi c’è Riccardo Ramberti, in azienda dal 1979. “Ho comincia-
to facendo il garzone di bottega,” esordisce Riccardo, “impegnandomi poi nello sviluppo del mercato e nel 1992 abbiamo aperto il nostro primo Ramberti Point ad Albenga per vendere direttamente i nostri prodotti in Liguria e sulla Costa Azzurra.” Con la All Sun, azienda specializzata nella lavorazione dell’allumi-
LA RAMBERTI, OGGI GUIDATA DA RICCARDO, È STATA IN GRADO DI VALORIZZARE AL MASSIMO L’ESPERIENZA ARTIGIANALE DELLA MANODOPERA, IN PARTICOLARE NELLA PRODUZIONE DI LETTINI E OMBRELLONI.
nio, poi la Migani, leader nella realizzazione di lettini, e quindi la Ranfil che produce il filo per la tela dei lettini, o la 12th Living che crea le stecche per gli ombrelloni, la galassia Ramberti ha completato il ciclo produttivo. “In questo modo,” prosegue Riccardo, “abbiamo il controllo completo della produzione: dal filato al tessuto, dalle strutture in alluminio alle stecche, dagli articoli in legno ai complementi d’arredo.” La Ramberti è stata in grado di valorizzare al massimo l’esperienza artigianale della manodopera, attraverso un’attenzione sartoriale ai dettagli. “È il motivo per cui preferiamo vendere direttamente piuttosto che affidarci a terzi,” afferma Riccardo, “e quindi abbiamo
16 IMPRESA
IN APERTURA, BRUNO DE BIAGI, TITOLARE DEI CANTIERI DE BIAGI DI CATTOLICA CHE MANTENGONO VIVA LA TRADIZIONE DEI MOSCONI. IN ALTO, RICCARDO RAMBERTI, CHE NELLA SUA AZIENDA DI SANTARCANGELO PRODUCE LETTINI E OMBRELLONI.
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IL SUCCESSO DE LA BOMBA, IL
LEGGENDARIO GHIACCIOLO, NON È MAI DIMINUITO, ANCHE GRAZIE A YURI INVELENATO CHE HA RILEVATO L’AZIENDA. “IL PRODOTTO È ANCORA ARTIGIANALE.”
aperto dei nuovi Ramberti Point a Barletta e Cisterna di Latina, ma stiamo lavorando per aprirne altri.” Oggi l’azienda produce 20-22.000 lettini nuovi ogni anno a marchio Ramberti, altri 14-15.000 come Migani (con cui realizzano anche 10-12.000 sedie regista), a cui si aggiungono circa 20.000 ombrelloni e i 1015.000 cambi tela sui vecchi lettini fatti in giro per l’Italia grazie al campionario dei tessuti storici che sono stati conservati. Un’altra storia ancora è quella di Yuri Invelenato e della sua La Bomba. Nato in via Balilla nei lontani anni Cinquanta, il più leggendario dei ghiaccioli è famoso per un ritornello che in estate riecheggiava lungo tutta
la spiaggia riminese: “Ali Babà c’ha le bombe.” Con il passare degli anni il successo de La Bomba non è mai diminuito, anche grazie a Yuri che ha rilevato l’azienda nel 2008. È grazie a lui se oggi La Bomba, un po’ ghiacciolo e un po’ sorbetto, continua a spopolare sulle spiagge riminesi… e non solo. “Lavoravo in una grande realtà come Sammontana,” esordisce Yuri, “quando sono entrato in contatto con La Bomba. Avevamo in portafoglio questo prodotto che aveva un enorme successo e non bastava mai. A quel punto in poche settimane decisi di rilevare l’azienda diventandone il titolare (allora con un socio).” Dalla sua nascita non è cambiato praticamente nulla. “Il
prodotto,” continua Yuri, “è ancora completamente artigianale e interamente fatto a mano, con sole materie prime di qualità e totalmente gluten free.” Oggi l’azienda ha 18 dipendenti e anche se il prodotto rimane comunque fortemente estivo viene distribuito nei più importanti supermercati e consumato tutto l’anno. “Ai gusti originari e più classici come limone e arancia,” prosegue, “abbiamo nel tempo affiancato i gusti fragola, anice, menta e cola, cercando di rafforzare un brand che racconta Rimini. Tanto che La Bomba è entrata anche nel progetto Monopoly - Edizione Rimini e si trova nella storica sede di via Balilla, dove tutto è cominciato.”
18 IMPRESA
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TRAFILA
I LUOGHI DELLA STORIA LEGGENDARIA DI PATRIOTTICO EROISMO
GARIBALDINA
Vi sono a volte incontri casuali che raccontano storie straordinarie magari proprio dietro casa, magari proprio come quella che, sulla strada bianca che da Montegrimano porta alla Cegna, una stele seminascosta dalla vegetazione racconta. È una storia epica capace di segnare uno dei momenti più difficili della vita di Garibaldi che, in fuga dalla Repubblica romana capitolata con i suoi sogni di uguaglianza e libertà agli inizi di luglio, è braccato dagli eserciti di Francia, Austria, Spagna e Regno Borbonico. Una marcia forzata che attraverso Umbria, Toscana e le Marche lo porta, con un esercito ormai dimezzato dai ripetuti scontri, ai confini con San Marino. E chissà come gli devono essere apparsi i profili dei tre castelli della Repubblica più antica del mondo quando, come ricorda la stele commemorativa a ricordo di quel momento posta nelle vicinanze di Montegrimano, “Il 30 luglio 1849 Garibaldi si fermò
RACCOLTI NELLE BIOGRAFIE POSTUME DI QUESTA FUGA
ROCAMBOLESCA
RIMANGONO MOLTI RACCONTI D’AZIONE E DI AFFETTO MA
ANCHE TRACCE
COME I CIPPI O LE LAPIDI CHE RICORDANO LO STORICO PASSAGGIO, COME A SAN MARINO, VERUCCHIO, MUSANO.
sul Tassona per dirigersi il giorno dopo a S. Marino dove sciolse la legione.” L’accoglienza dei cittadini e delle istituzioni sanmarinesi fu infatti calda e affettuosa, ma purtroppo inversamente proporzionale alla rigidità delle autorità franco-austriache che
non lasciarono alcuno spazio ai tentativi di una resa onorevole e costrinsero il Generale, sciolta la legione, alla fuga attraverso la Romagna e la Toscana per arrivare in Liguria. Giunta fino a noi come la ‘Trafila di Garibaldi’, è una storia rocambolesca e d’eroismo patriottico che nei luoghi attraversati è ancora ricordata. Seguendo uno degli itinerari proposti da Romagna Motorcycle –il progetto di Visit Romagna per la promozione del mototurismo in quella che è universalmente conosciuta come La Terra dei Motori – lasciamo dunque la stele a qualche km da Montegrimano per iniziare il cammino fino a San Marino, in un territorio sicuramente profondamente mutato da quell’estate del ’49, ma forse poi non così tanto. A poca distanza da Porta San Francesco, che attraverso le sue mura dà accesso al cuore storico di San Marino, del suo passaggio resta più di una lapide a ricordo dei momenti più celebri che
20 ITINERARI
TESTO E FOTO DI CRISTINA ZOLI ED EMILIO SALVATORI
accompagnarono la permanenza del Generale. Furono giorni febbrili, ricchi di storie personali e umane, prima che l’impossibilità di una resa onorevole lo convinse a sciogliere dal giuramento gli uomini della legione e tentare, con un manipolo composto dai più fidati, la fuga verso Venezia e l’idea di libertà che la città lagunare, in quel momento storico, con la sua resistenza all’austriaco era ancora in grado di incarnare. È in gran segreto che prende così avvio la fuga, scendendo
verso Verucchio per poi guadare il Marecchia all’altezza di Madonna di Saiano. Le cronache narrano che per solo per un caso fortuito si accorsero durante la discesa di essere attesi dagli uomini del Generale Oudinot pronti all’imboscata, a cui sfuggirono costeggiando il torrente San Marino. Noi però siamo più attratti dalla via che ci porterà a superare il fiume passando da Verucchio, non foss’altro per il cippo che all’ingresso del borgo ricorda quel momento. Da Ponte
Verucchio potremo così risalire verso Torriana per poi ridiscendere verso l’Uso e raggiungere, seguendo la stradina che dal centro di Masrola sale verso l’alto, San Giovanni in Galilea, quel luogo unico con una posizione eccezionale da cui si domina la valle e l’occhio può spingersi fino al Carpegna Ed eccoci raggiungere Sogliano per poi, scendendo verso il corso del Rubicone lungo una serie di tornanti, risalire in direzione di Roncofreddo e proseguire,
21 IN ALTO, ALCUNE
A RICORDO DEI MOMENTI
LAPIDI
DELLA PERMANENZA DEL GENERALE A SAN MARINO.
toccando la chiesa di Musano, fino a Longiano che, raccolta tra le mura del suo castello, domina romantico il paesaggio circostante. Sono strade e stradine ancor oggi incontaminate che raccontano di un territorio lontano dagli eccessi di uno sviluppo selvaggio. Raccolti nelle biografie postume di questa fuga rocambolesca rimangono mol-
ti racconti d’azione e di affetto ma anche tracce come i cippi o le lapidi che ricordano lo storico passaggio, come a Musano, Gatteo e infine Cesenatico, dove all’alba del 2 agosto l’Eroe dei due Mondi, messi in fuga i soldati della sparuta guarnigione, si imbarcò su 13 bragozzi, sequestrati per tentare la via del mare alla volta di Venezia. Ed è qui sul
porto di Cesenatico – che con le imbarcazioni storiche del suo Museo della Marineria ancorate alla fonda dell’antico porto leonardesco ci permette di rivivere pieni d’emozione quei momenti – che si interrompe il nostro cammino sulle orme di Garibaldi che, sull’onda dei racconti raccolti, abbiamo finora fedelmente percorso.
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IN ALTO, SAN GIOVANNI IN GALILEA. SOTTO, DA SINISTRA, LA ROCCA DI VERUCCHIO E LONGIANO.
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STORIA
VELE
CULTURA, RECUPERO E RESTAURO DELLA NAVIGAZIONE A VELA
AL TERZO
A Rimini esiste da vent’anni un’associazione culturale e di volontariato che recupera e mette in acqua vecchie barche da pesca a vela della marineria riminese. In pratica, aiuta tutti quanti noi a riscoprire le radici della città che, prima che turistiche, sono marinaresche. Una realtà che
ad oggi non è molto conosciuta, nonostante abbia recuperato ormai diverse imbarcazioni a vela risalenti, quantomeno, agli anni Cinquanta. Si chiama Vele al Terzo Rimini Aps (Associazione di Promozione Sociale). A Gianmaria Mondaini e ad Andrea Ambrosani, che di quest’as-
sociazione fanno parte, abbiamo chiesto di saperne di più. Quando e perché nasce l’associazione Vele al Terzo?
“Nasce nel 2003 da un gruppo di amici desiderosi di ricordare la vecchia marineria del porto di Rimini. Come recita lo statuto, i nostri scopi sono il restauro e il
DI FLAVIO SEMPRINI FOTO RICCARDO GALLINI
recupero delle barche da lavoro dei nostri marinai, la riscoperta di vecchi modi di dire legati all’andar per mare che si sono persi con l’avvento del motore, e la preservazione dell’arte del navigare a vela. Circa un mese fa, il ministero dei Beni Culturali e le Soprintendenze hanno riconosciuto come un bene immateriale culturale l’arte del navigare con la vela al terzo: ciò significa che possiamo essere riconosciuti come operatori culturali e questi ci rende particolarmente orgogliosi del nostro lavoro di volontariato.”
Voi stessi restaurate le barche che decidete di salvare?
“Fin dove riusciamo, sì. Il lavoro relativo all’armo velico è tutto nelle nostre mani anche perché la maggior parte dei cantieri non lo sa più fare. Ma da un certo livello d’intervento in poi dobbiamo affidarci a cantieri velici di grande esperienza e tecnica come Gori e Carlini, che ringraziamo. Carlini ci vara una barca o due all’anno a titolo gratuito e Gori ha per noi sempre un occhio di riguardo. Una mano ce l’hanno data anche il cantiere La Darsena e il Club Nautico. I privati sono molto sensibili sul tema del ripristino delle barche
“I NOSTRI SCOPI SONO IL RESTAURO E IL RECUPERO DELLE BARCHE DA LAVORO DEI NOSTRI MARINAI, LA RISCOPERTA DI VECCHI MODI DI DIRE LEGATI ALL’ANDAR PER MARE CHE SONO ANDATI PERSI, E LA PRESERVAZIONE DELL’ARTE DEL NAVIGARE A VELA.”
da pesca a vela e sul recupero culturale di questa tradizione. Un piccolo aiuto ci arriva anche dall’amministrazione comunale ma basta solo per la manutenzione più spicciola. Pensiamo che il Comune dovrebbe fare uno sforzo in più, magari dedicandoci dei posti barca. Se poi si vuole promuovere Rimini come Capitale della cultura, noi pensiamo di poter essere un punto di attrazione.”
Quante barche avete salvato?
“Sette od otto. Di queste, quattro sono in uso alla nostra Asso-
ciazione. In pratica, stiamo parlando di un museo attivo perché sono imbarcazioni storiche ma naviganti.” Cosa fate con le barche che rimettete in acqua?
“Pratichiamo la velaterapia collaborando con associazioni quali RiminiAil o Riminiautismo. Organizziamo anche uscite con le scuole o con privati ma mai a scopo economico. Al massimo accettiamo qualche piccolo contributo liberale nonostante per uscire in mare occorra la presenza di almeno un paio di nostri soci. Naturalmente siamo tutti volontari e non percepiamo nessun tipo di stipendio. Anzi, ci mettiamo del nostro.”
La vostra ‘nave ammiraglia’ è l’Amarcord, un ‘lancione’ bialbero di 12 metri e 70 che state restaurando…
“Ci spenderemo circa 25.000 euro che, francamente, non abbiamo tutti a disposizione. Durante il restauro sono saltate fuori criticità inaspettate e per rimetterla in sesto avremmo davvero bisogno di una mano. Per questo abbiamo avviato un’attività di crowfounding e chiesto uno sforzo ai soci più attivi. La barca è davvero ammalorata, con tante parti strutturali da sostituire.”
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UNA STELLA
MYA MORE: IL BRAND RICCIONESE DEL TEAM TOMBETTI
DI STILE
Sotto il simbolo della stella si eleva una polifonia tutta al femminile, trasmessa da Mya More, il brand della stilista riccionese Silvia Tombetti che confeziona must have dal 2013, come gli iconici joggers con le frange in tulle o i leggins stellati. Le capsule estate-inverno le crea
in completa sinergia con la sua fidata equipe, composta dalla sorella Cristiana, la madre Claudia e, dal 2017, con la figlia Sofia, dedita al settore social e marketing, il cui apporto ha fatto notevolmente crescere la maison. “Ognuna di noi ha un ruolo preciso,” afferma Silvia. “Quando
creo le collezioni ‘disegno il mio armadio’: penso a cosa desidererei indossare in quel periodo, o cosa vedrei bene su Sofia e Caterina, le mie figlie. I prototipi li provo tutti su di me, e i materiali li scelgo in base alle sensazioni che essi mi restituiscono. Ecco perché risultano linee adatte
MODA
a
DI LUCIA LOMBARDI
FOTO RICCARDO GALLINI
SOTTO, DA SINISTRA, SILVIA E CRISTIANA TOMBETTI, SOFIA E CLAUDIA. A LATO, ALCUNI PERSONAGGI DELLO SPETTACOLO INDOSSANO I CAPI MYA MORE: GIULIA ELETTRA GORIETTI, LINDA PANI (MISS ITALIA SOCIAL), SABRINA SALERNO, BARBARA FUMAGALLI.
ogni fisicità, per donne dai venti anni in avanti, con una forbice molto ampia, dalla XS alla XL.”
Sono capi complessi ad alta vestibilità, realizzati artigianalmente da esperti laboratori locali, cui Mya More si appoggia. Una delle caratteristiche è la loro ampia duttilità, “nonché la preziosità di insoliti tessuti tagliati al laser, scelti con estrema cura, dotati di elementi distintivi,” spiega Cristiana, vocata al commerciale e ai rapporti coi fornitori, “come le stelle, i pizzi, i giochi di trasparenze e accostamenti inediti, gli intarsi, nonché l’inserimento di mostrine, pendagli gipsy e fibbie.”
Tutto ciò al fine di ottenere linee originali per capi H24, adatti, cioè ad ogni frangente, dalla mattina alla sera. Queste linee raffinate e al contempo di una eleganza casual, mai ostentata, sono l’esempio calzante della moda più attuale, attenta alle necessità della donna contemporanea, “tanto che i nostri modelli non necessitano la stiratura,” confermano in coro.
La passione e la versatilità che la stilista ripone nel dar luce alle sue capsule collection è palpabile, e i suoi oltre 44.000 follower su Instagram lo sanno, così come
LA PASSIONE E LA VERSATILITÀ CHE LA STILISTA RIPONE NEL DAR LUCE ALLE SUE CAPSULE COLLECTION È PALPABILE, TANTO CHE SI È GUADAGNATA ANCHE DIVERSE FAN TRA INFLUENCER E DONNE DELLO SPETTACOLO, COME MARTINA COLOMBARI E ILARY BLASI.
Rai, invece, l’hanno scelta in più occasioni, da ultimo per una famosa serie Tv in onda da gennaio 2024.
Sì, perché i suoi capi sono carezze per le donne che li indossano, permettendo ai corpi di fluire nel mondo con disinvoltura.
“Gli obiettivi dell’azienda,” spiega Sofia, “sono di aprire dei monomarca a Milano, Roma e in Spagna. Paese di cui siamo molto soddisfatte e dove, nel giro di breve tempo, abbiamo avuto una crescita esponenziale, così come in Svizzera.”
le sue affezionate fan tra cui spiccano molte influencer, donne del jet-set e dello spettacolo: da Martina Colombari, Ilary Blasi, Sabrina Salerno, a Delia Duran, Raffaella Fico, Giulia Elettra Goretti, per citarne alcune, o Patrizia Mirigliani, che ha chiesto a Silvia nel 2017 di vestire le candidate a Miss Italia. Mentre Francesca Sofia Novello, moglie di Valentino Rossi, ha richiesto alcuni capi uguali per lei e per la figlia Giulietta, occasione che la delicatezza avvolgente di Silvia ha abbracciato. Le stylist della
Claudia è il braccio destro: “Grazie a lei siamo cresciute nell’ambiente della moda. Negli anni Ottanta aveva una rinomata boutique di pronto moda francese, Mya. Ecco perché abbiamo deciso di partire da quel nome, per portarne avanti il testimone, aggiungendo un ‘More’ con la nostra attività!” spiega Silvia.
“Io e Cristiana abbiamo fatto il liceo artistico e poi l’accademia d’arte a Ravenna, la creatività ha sempre fatto parte delle nostre vite.”
La forza di Mya More è data dall’unione delle competenze di queste quattro donne, poste al servizio del loro progetto comune, sempre più nostro.
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ADVERTORIAL OROGEL UN MONDO FATTO DI SEMPLICI MERAVIGLIE
DAL 1978, L’IMPEGNO DI OROGEL È
UNA PROMESSA
MANTENUTA
OGNI GIORNO:
PORTARE SULLA
TAVOLA PRODOTTI
MERAVIGLIOSI, CON
UN GUSTO GENUINO, BUONO, CHE STUPISCE AL PRIMO ASSAGGIO.
È il 1967 quando undici appassionati produttori ortofrutticoli del cesenate, per valorizzare al massimo le produzioni del territorio, decidono di associarsi costituendo la prima cooperativa del gruppo. In poco tempo altri operatori locali seguono l’esempio, dando vita ad altre cooperative che nel 1969 si uniscono creando il Consorzio Fruttadoro di Romagna. Un consorzio di secondo livello che investe, da subito, nello studio dei processi di conservazione degli alimenti, e in particolare nella surgelazione, per risolvere il problema delle eccedenze di produzione dei soci e per innovare l’offerta orticola, fornendo sul mercato prodotti freschi anche fuori stagione. Dopo la posa della prima pietra dello stabilimento di sur-
gelati nel 1975, tre anni dopo, nel 1978 viene fondata Orogel Nel tempo, con passione e innovazione, Orogel è diventata il primo gruppo italiano nella produzione di vegetali freschi surgelati. Tutto senza mai perdere di vista l’attenzione verso la qualità, i valori, le tradizioni del territorio e il rispetto per la natura. Per fare un prodotto eccellente servono due elementi: materie prime di ottima qualità e un processo produttivo all’avanguardia. I soci agricoltori di Orogel coltivano a pieno campo, rispettando i cicli stagionali e raccogliendo gli ortaggi nel momento di maggiore concentrazione di vitamine e minerali. L’irrigazione avviene sfruttando per quanto possibile le precipitazioni e le risorse naturali. Per ridurre l’impatto dell’irri-
gazione vengono usati strumenti di precisione, anche con l’aiuto di riprese satellitari. La difesa fitosanitaria è importante: l’utilizzo di fitofarmaci può essere ridotto grazie all’utilizzo di modelli previsionali, all’applicazione di rigidi disciplinari di coltivazione e all’uso di mezzi di difesa alternativi. Questa visione di agricoltura sostenibile è alla base della qualità dei prodotti
Dopo essere stati selezionati, lavati, tagliati e scottati pochi secondi a vapore o in acqua bollente, gli ortaggi vengono surgelati. Grazie alla surgelazione il cuore del prodotto raggiunge velocemente una temperatura di -18°C. Durante il processo di raffreddamento, l’acqua contenuta nel prodotto si solidifica in micro-cristalli talmente piccoli
L’AMORE PER LA TRADIZIONE, LA CURA DI OGNI PRODOTTO, LA RICERCA E L’ATTENZIONE VERSO LA NATURA E LE PERSONE, SONO I PRINCIPI CHE FANNO DI OROGEL IL PRIMO GRUPPO ITALIANO DI ECCELLENZA NELLA
PRODUZIONE DI VEGETALI FRESCHI E SURGELATI.
da non danneggiare la struttura delle cellule. Pertanto, le caratteristiche nutrizionali e organolettiche degli alimenti si conservano intatte per lungo tempo, anche in fase di scongelamento. Da sempre, alla base c’è la ricerca dell’eccellenza: Orogel è riconosciuta, dal mondo della distribuzione e da un numero sempre maggiore di consumatori, come l’azienda specialista nel settore dei vegetali surgelati e di piatti e contorni a base di verdura. Lo spirito fortemente innovatore ha portato l’azienda ad ampliare il proprio orizzonte, arricchendo
la propria offerta di anno in anno, andando sempre a intercettare i bisogni e i gusti dei consumatori. La Cucina Salute e Benessere Orogel è il luogo d’elezione per lo studio, la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti.
Quella di Orogel è una storia nata oltre cinquant’anni fa e basata sui valori sanciti nella Dichiarazione d’identità cooperativa: democrazia, eguaglianza, equità, solidarietà, onestà, trasparenza, responsabilità sociale, attenzione verso gli altri, aiuto reciproco. Questi valori, propri della tradizione coope -
rativa , unitamente a un forte legame con la base sociale e il territorio, a una profonda conoscenza della filiera produttiva e a una costante attenzione al prodotto in termini di innovazione, sicurezza e qualità, hanno contribuito all’affermazione di Orogel. I principi della cooperazione e della mutualità sono alla base di ogni azione che Orogel porta avanti non solo all’interno del proprio sistema, ma anche verso il territorio in cui opera. Per questo Orogel ha contribuito alla nascita e fondazione del Consorzio Romagna Iniziative ,
per valorizzare l’attività sportiva e progetti artistico-culturali rivolti ai giovani, e la Fondazione Romagna Solidale, che riunisce 70 aziende del territorio cesenate impegnate a sostenere realtà del no-profit che operano in diversi settori: dalla tutela della salute alle disabilità, dall’assistenza agli anziani alla formazione dei giovani.
Nel 2017, a 50 anni dall’avvio della propria attività di surgelazione, Orogel ha dato vista alla propria fondazione F.OR, che opera negli ambiti dell’impegno sociale, della solidarietà e della cultura.
Via Dismano, 2830 Cesena (FC) | T. 0547 3771 | www.orogel.it
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VINTAGE
IL SOSTENIBILE FASCINO DEL RECUPERO DI UN VILLINO LIBERTY
ECLETTICO
Il buen retiro santarcangiolese dell’architetto Paolo Amati parla il linguaggio del saper fare, di una sapienza antica confluita nella tradizione artigiana e artistica, che si fonde con la progettualità contemporanea, in un dialogo senza tempo, senza confini. Sì, perché tra le pareti di questo villino liberty l’orologio si è fermato, cristallizzato in una dimensione sospesa, come in una eco eterna. Creando una assoluta oasi di buon gusto. Raffinato, elegante, composito ed eclettico: “Ho sempre amato lo stile modernista, ma quando mi sono trasferito a Firenze per studiare architettura mi si è svelato il mondo della fiorentissima tradizione toscana; ho iniziato a frequentare antiquari, artigiani, librerie e mercatini delle pulci, e a collezionare pezzi per la loro manifattura, estetica, o curiosità, come un mobile birmano, una poltrona egiziana, un pouf capitonné. Oggetti appartenenti a un mondo che non esiste più,
TRA LE PARETI DI QUESTO VILLINO LIBERTY L’OROLOGIO SI È FERMATO, CRISTALLIZZATO IN UNA DIMENSIONE SOSPESA. AMBIENTI RAFFINATI, COMPOSITI, CON INFLUENZE DALLA TRADIZIONE TOSCANA, CHE ACCOSTANO OGGETTI COMUNI VINTAGE A OGGETTI DI ANTIQUARIATO.
mondi ed epoche. Qui ogni stanza ha una sua spiccata identità e l’intento primario è stato proprio quello di ridare un’anima alla casa. Uno dei primi passi del restyling ha visto l’eliminazione del corridoio, al fine di ottenere un’infilata di stanze, con affaccio sul salotto d’ingresso, e l’aggiunta della scala a chiocciola che sale verso la suite privata dell’architetto. Una stanza in total white, moderna ed essenziale ma con tocchi vintage, quasi un’area di decompressione dall’importanza del resto della dimora di rappresentanza, e con l’affaccio sull’altana in stile mediterraneo.
raccolti senza un ordine precostituito,” fino ad arrivare a riempire un magazzino, con arredi in parte confluiti qui, in maniera del tutto eterogenea, collocati secondo l’armonia generale e in linea con uno stato d’animo eclettico e desideroso di unire
Paolo Amati nel suo progettare ha guardato “all’architetto e scenografo Renzo Mongiardino, che creava stanze diverse in base a una minuziosa progettazione valutando l’esposizione, la vista spaziale, le proporzioni, in un continuo passaggio da una stanza all’altra come nei palazzi antichi, ponendo attenzione ai dettagli e ai lavori eseguiti da valenti ar-
33 CASA
DI LUCIA LOMBARDI FOTO RICCARDO GALLINI
NEL SALOTTO IN STILE GRAND TOUR
TROVIAMO SOFÀ E POLTRONE IN STILE ANNI VENTI, VALIGIE ANTICHE, STAMPE GIAPPONESI
D’EPOCA SOTTO LE QUALI CAMPEGGIA UN VECCHIO BAULE. ANCHE IL PAVÉ
CHIESASTICO DI FINE OTTOCENTO È STATO SALVATO DALLO SMALTIMENTO.
tigiani di riferimento.” Lezione che il nostro architetto fa sua, creando ambienti scenografici che accostano oggetti comuni vintage a oggetti di antiquariato. A partire dal piccolo giardino rinascimentale in stile toscano con gradinate ‘alla Boboli’, costruito su linee prospettiche e punti di fuga.
Varcando l’ingresso si approda in una piccola anticamera stile anni Venti, da cui per facilitare la salita allo studio è stato posto un corrimano in stile. Giunti al piano nobile, ad accoglierci una console napoletana tardo settecento su carta da parati a righe di Christian Lacroix, fuori catalogo. L’occhio vira sul salotto in stile grand tour: “Sono amante del nomadismo, ecco perché al centro del sofà e delle poltrone, tutte in stile anni Venti e in differenti sfumature di azzurro, vi sono delle valigie antiche. Su un
lato del luminoso living, poi, troneggiano due stampe giapponesi d’epoca sotto le quali campeggia un vecchio baule abruzzese con imbottiture originali. Anche il
pavé chiesastico di fine ottocento è stato salvato dallo smaltimento.” Stipiti e porte antiche con visibili tracce del tempo regalano atmosfere uniche: “Sono
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lacerti di un sapere che l’industria ha spazzato via. Non c’è più nessuno che sappia replicare queste soluzioni, come le boiserie in legno con decori neogotici posizionate sulle scale.” Da qui si passa alla stanza dedicata alla mostra di materiali e oggetti da esibire ai clienti, posizionati su un antico mobile francese verde da boulangerie. Lo scenografico bagno per gli ospiti ricco di anticaglie è in stile marocchino, con quadri e lampade esotiche. Il salone neogotico, denso e ricco d’atmosfera, vanta un soffitto affrescato da abili decoratori locali con grifoni, pinakes, trafori, in un giocoso rimando agli stemmi e alle grottesche dei palazzi nobiliari. Esposta a nord ovest, questa stanza accoglie due poltrone Frau acquistate dal mobilio dismesso di un castello vallivo, collocate attorno a un camino con cornice in ghisa. Un
tavolino ospita corni e memorabilia vari. Due antiche scrivanie ministeriali si fronteggiano ospitando l’angolo lavoro.
Gli ambienti di Villa Amati rapiscono, divertono, avvolgono, restituiscono quel sostenibile fascino per il recupero, come in uno sliding doors, ci si sente catapultati in più epoche contemporaneamente, come in un sogno, rapiti da una sorta di sindrome di Stendhal.
Ristorante/cocktail bar Viale Gramsci, 33 Riccione T. 347 5869649 www.indacoriccione.it
IN APERTURA, IL SALOTTO IN STILE GRAND TOUR IN ALTO, DA SINISTRA, IL SALONE NEOGOTICO CON I SOFFITTI AFFRESCATI, E IL BAGNO DEGLI OSPITI IN STILE MAROCCHINO. A LATO, IL SALOTTINO ESTERNO SUL GIARDINO RINASCIMENTALE.
RADICI NEL PASSATO E SGUARDO SUL
FUTURO: DA 70
ANNI LA FAMIGLIA
MERLI PORTA AVANTI UNA VISIONE INTERDISCIPLINARE PER LA MIGLIORE SALUTE ED ESTETICA ORALE
ADVERTORIAL
CLINICA
MERLI
INNOVAZIONE AL SERVIZIO DEL SORRISO
L’Odontoiatria come tratto distintivo di una famiglia da 70 anni a questa parte. La storia di tre generazioni che, partendo dalle solide conoscenze del passato, viaggia verso il domani grazie al digitale e alle nuove tecnologie. È questo il modo migliore per iniziare a raccontare della famiglia Merli e della sua clinica odontoiatrica.
Tutto iniziò negli anni Cinquanta con il patriarca Mario Merli che, dopo la laurea in medicina e la specializzazione in odontostomatologia, aprì il suo primo studio a Morciano, suo paese natale e, in seguito, un altro a Rimini. Passione, serietà e attenzione alla ricerca ne fecero un nome di successo in quegli anni. Per lui fu importante anche l’incontro con il collega Augusto Biaggi, fondatore di una scuola per giovani
odontoiatri e di un’associazione a Brugg, in Svizzera, denominata ‘Amici di Brugg’. Fu Mario a organizzare e dirigere per diversi anni il congresso annuale degli ‘Amici di Brugg’ a Rimini che poi divenne sede stabile di questo importante momento di confronto scientifico.
I figli Mauro, Aldo e Monica hanno ereditato l’impegno, la dedizione e l’entusiasmo di papà Mario nella professione continuando a perseverare sulla strada dell’eccellenza nel lavoro e dell’innovazione tecnologica. Oggi la Clinica Merli conta su un’equipe medica di più di venti specialisti, nella convinzione che la miglior cura dipenda essenzialmente dalla visione integrata e interdisciplinare di uno staff professionale e qualificato. Inoltre, utilizza attrezzature all’avan-
guardia e tecnologie orientate a raggiungere standard operativi di qualità assoluta . Come la tomografia computerizzata per quanto riguarda gli approfondimenti diagnostici avanzati necessari a formulare il piano di trattamento più appropriato per i pazienti e la sua esecuzione nel rispetto dei giusti tempi di guarigione.
Non solo: la Clinica Merli conta anche sulla tecnologia CADCAM e sugli scanner intraorali, connessi a sistemi informatici di ultima generazione, che consentono di offrire ai pazienti riabilitazioni affidabili di qualità. Le immagini eseguite tramite scansioni ottiche all’interno della bocca vengono visualizzate immediatamente sul monitor del computer e possono essere elaborate dal medico in maniera di-
LA CLINICA
UTILIZZA
ATTREZZATURE ALL’AVANGUARDIA ORIENTATE A RAGGIUNGERE STANDARD OPERATIVI DI QUALITÀ ASSOLUTA. TRA QUESTE, LA TECNOLOGIA CADCAM, GLI SCANNER INTRAORALI E IL DIGITAL SMILE DESIGN.
retta e interattiva, coinvolgendo anche il paziente il quale, in questo modo, è ancor più al centro delle cure. Tra queste tecnologie digitali c’è il Digital Smile Design: una simulazione a video della riabilitazione estetica del sorriso. Dalla progettazione delle linee del sorriso, alla regolazione delle funzioni occlusali della protesi, tutto viene rielaborato e verificato fino alla trasmissione dei dati al laboratorio odontotecnico che, in una singola seduta (quando possibile), realizza le riabilitazio-
ni protesiche. Anche quest’approccio permette di comunicare in modo diretto con il paziente coinvolgendolo attivamente nel programma terapeutico. Questa visione interdisciplinare , propria della Clinica Merli, ha come obiettivo il raggiungimento di risultati di qualità e di eccellenza per la salute orale, nonché per l’estetica del sorriso e del volto
Oggi la famiglia Merli sta crescendo e vede già impegnata la terza generazione di dentisti:
Dott.ssa Francesca M., Dott.ssa
Ilaria M., Dott.ssa. Eugenia R., Dott. Pietro M., Dott. Marco M. e Dott. Federico M.: questo ha portato all’apertura di una terza struttura in quel di Forlì. Cosa che completa la presenza della clinica su tutto il territorio della Romagna, dando continuità al lavoro svolto per 30 anni dal Dott. Carlo Bazzoli, nel suo studio di via Ravegnana.
Clinica Merli significa anche impegno sociale. Collabora, infatti, con il Dottor Massimo Migani,
odontoiatra di alto livello che ha collaborato con la clinica per diversi anni e che da più di 10 anni vive e lavora in Zimbabwe. Oggi guida l’ospedale Luisa Guidotti che si trova all’interno di una missione a 10 chilometri dalla città di Mutoko. Grazie anche al contributo di Clinica Merli, il Dottor Migani può trattare patologie dentali molto diffuse in pazienti con malattie infettive e spesso con problemi nutrizionali utilizzando i più moderni materiali e tecniche innovative.
RIMINI | Viale Settembrini Luigi, 17/O | T. 0541 52025 MORCIANO DI ROMAGNA | Via Venezia, 2 | T. 0541 988255 FORLÌ | Via Ravegnana, 220 | T. 0543 723247 info@clinicamerli.it | www.clinicamerli.it
TRA INCANTO
I FOTOGRAFI URBEX
E LA BELLEZZA DECADENTE DELL’ESPLORAZIONE URBANA
E ABBANDONO
Visitare e fotografare case abbandonate, chiese diroccate, fabbriche in disuso, ambienti dimenticati, passaggi sotterranei.
Questo è l’Urbex, acronimo che viene dall’inglese urban exploration, esplorazione urbana. L’Urbex ha una storia che viene fatta iniziare il 3 novembre 1793, giorno della scomparsa di Philibert Aspairt, portinaio d’ospedale ed esploratore delle catacombe di Parigi, dove si perse e il cui corpo fu ritrovato solo undici anni dopo. L’Urbex da fenomeno (soprattutto fotografico) di nicchia, oggi sta diventando sempre più noto. E due interpreti di questo stile fotografico sono riminesi: Valentina Roncoletta e Francesco Pizzioli, coppia nell’arte e nella vita.
“La passione per la fotografia è nata da bambino,” racconta Francesco. “Mio papà David amava fotografare. Ricordo le passeggiate in montagna e lui con la macchina fotografica o la videocamera. Mi ha insegnato tutti i rudimenti dell’analogico: usare i diaframmi, gli Asa, le inquadrature. Tutte cose che mi
sono poi tornate utilissime.” Per Valentina, invece, questo interesse è nato per caso: “Francesco mi ha insegnato le basi. Era il 2010/2011 e già stavamo insieme. È il fascino del degrado che ci ha spinto a praticare l’Urbex,” continua. “Io ero iscritta a Flickr, un social di condivisione di foto e notavo spesso belle immagini di case abbandonate negli Stati Uniti. Mi piaceva quello stile e ho iniziato a chiedermi se ci fosse anche in Italia la possibilità di fotografare ambienti in completo disarmo. Francesco ed io abbiamo cercato su internet e ci siamo accorti che di posti ce n’erano tantissimi. Anzi, uno l’avevamo sotto casa, quello dell’antica corderia di Viserba. È stata questa la nostra prima esplorazione fotografica.” E così Francesco la segue a ruota. “Mi piace cercare di capire la storia di un determinato posto e la vita delle persone che l’hanno abitato. Ho uno sguardo un po’ da antropologo e mentre fotografo cerco anche di sperimentare. In Italia abbiamo un enorme patrimonio edilizio privato in
FOTOGRAFIA
DI FLAVIO SEMPRINI FOTO VALENTINA RONCOLETTA E FRANCESCO PIZZIOLI
decadimento. Credo sia impossibile riuscire a preservarlo tutto.”
Va sottolineato che esplorare questo tipo di edifici comporta varcare una proprietà e che per essere certi di essere tutelati, sotto tutti gli aspetti, occorre seguire rigidi comportamenti. “Innanzitutto, chi pratica correttamente questo stile di fotografia tiene ben presenti alcune regole: non si penetra in edifici o manufatti chiusi, anche se abbandonati. Si entra solo se non ci sono barriere o protezioni. Poi, ci s’impegna a lasciare il posto così come lo si è trovato. Siamo consapevoli
di non essere a casa nostra. Anche se non c’è più un proprietario, dobbiamo portare rispetto sia per il luogo che per i fotografi che verranno dopo. Va detto che, purtroppo, si stanno avvicinando all’Urbex anche personaggi i quali, con la scusa dell’esplorazione, ne approfittano per sottrarre beni dai posti visitati. Questo non è Urbex, è rubare in casa d’altri.” Grazie alla sua capacità di portare sotto i riflettori luoghi ricchi identità e di storia, in alcune occasioni questo fenomeno ha addirittura dato vita a iniziative di raccolta fondi per salvare il bene visitato. “A noi personalmente non è successo,” spiegano, “ma di esempi in questo senso ne esistono, come Villa Siotto Pintor, nel bergamasco, che era abbandonata. È stata fotografata da così tanti Urbex che la sua immagine ha iniziato a girare sui social e qualcuno si è interessato al suo destino. Oggi è un’oggetto di visite guidate, un’antica villa abbandonata diventata uno spazio d’esposizione di foto e di quadri. Un esempio locale è invece la discoteca Woodpecker di Milano Marittima: è stata fotografata nel suo stato d’abbandono così spesso che, pensiamo, questo l’abbia tenuta viva nella memoria delle persone. Da poche settimane è tornata in attività. A proposito di discoteche, poche settimane fa siamo entrati al Pascià, ambiente completamente aperto tanto che ci siamo entrati mentre passeggiavamo con nostro figlio Lucio di 11 mesi, sistemato sul suo passeggino. È stato il suo primo Urbex.”
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LA PASSIONE PER LA SPERIMENTAZIONE FOTOGRAFICA HA PORTATO VALENTINA E FRANCESCO IN LUOGHI ABBANDONATI PER IMMORTALARNE IL FASCINO E LA STORIA.
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DONNA E UOMO DI
RICCIONE HA APPENA
FESTEGGIATO I 35
ANNI DI ATTIVITÀ
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PASSIONE PER LA
CURA DEL CLIENTE.
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Una storia lunga 35 anni quella di Dolce Vita, l’attività avviata da Maria Cristina Cevoli e Franco De Luca nel 1988. In comune, un grande desiderio: vestire e coccolare i propri clienti offrendogli un’esperienza di shopping unica.
Dal piccolo negozio dei primi anni, dove prevalentemente si vendevano costumi, piano piano Dolce Vita Riccione si è trasformata in una realtà commerciale con due punti vendita – uno per l’abbigliamento femminile e l’altro per l’abbigliamento maschile – grazie allo sviluppo di un percorso fatto di amore, lavoro e
famiglia che ha apportato nuove idee e intuizioni all’attività.
Per festeggiare l’anniversario dei 35 anni, lo scorso 22 aprile si è tenuta una grande festa presso la sede in viale Gramsci 144/134: un’atmosfera carica di colori, bollicine, arte, fiori e profumi ha accolto le tantissime le persone che vi hanno partecipato, e che si sono strette in un caloroso abbraccio verso la proprietà di Dolce Vita e le loro collaboratrici. In un mondo dove le vendite online hanno preso il sopravvento, Dolce Vita è rimasta ferma sulla sua vocazione primaria, quella
della ‘ vendita assistita ’: affiancato da personale competente, il cliente viene dunque assistito, consigliato e, perché no, coccolato in base alle sue esigenze di stile e nella ricerca della sua identità, con una proposta di capi che meglio lo rappresentano per cercare di trovare sempre la versione migliore di sé. Ed è proprio così che sono nati profondi rapporti con i clienti, che poi sono diventati amici, in un negozio in cui poter respirare un’aria familiare e dove chi entra si sente accolto, perché la ‘missione’ di Dolce Vita è sem-
AFFIANCATO DA PERSONALE COMPETENTE, IL CLIENTE VIENE ASSISTITO, CONSIGLIATO E, PERCHÉ NO, COCCOLATO IN BASE ALLE SUE ESIGENZE DI STILE E NELLA SCELTA DELLA SUA IDENTITÀ, CON LA PROPOSTA DI CAPI CHE MEGLIO LO RAPPRESENTANO PER CERCARE DI TROVARE SEMPRE LA VERSIONE MIGLIORE DI SÉ.
pre stata, sin dalle origini, quella della soddisfazione totale della propria clientela. Dolce Vita non si limita infatti a ‘vendere’ un capo d’abbigliamento ma vuole regalare un’emozione a chi si approccia all’acquisto.
Fra famigliari e collaboratori vi lavorano nove persone e, da alcuni anni, è la figlia Valentina che porta avanti l’attività, affiancata dal marito Denis che si occupa della comunicazione sul web e social: così i profili Facebook e Instagram, quotidianamente aggiornati, diventano anche un luogo in cui scoprire le ultime novità di stagione, le anteprime sulle nuove collezioni, gli abbinamenti e i consigli per creare il proprio look con eleganza, stile e unicità, il tutto condito da gentilezza e sorrisi.
Accoglienza, professionalità e una grandissima passione nel seguire con cura ogni cliente sono i valori comuni e condivisi dalle collaboratrici che operano per Dolce Vita Riccione - Donna e Uomo, persone esperte e altamente competenti che si sono integrate con la proprietà formando un team che potremmo definire perfetto, fatto di cooperazione, rispetto e fiducia, un aspetto testimoniato anche dall’assenza di turn over lavorativo del personale.
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LA DIREZIONE
BERTOGLIO E CARLINI PER RIMINI
DEL FUTURO
Rimini è ufficialmente tra le 26 città candidate per diventare Capitale italiana della cultura nel 2026.
Sarà una bella sfida, che la vede contendere l’ambìto premio con avversarie come L’Aquila, ma la città in cui tutto si immagina è pronta per intraprendere questa ambiziosa avventura.
Le tappe del viaggio sono ben scandite: entro il 4 luglio scorso Rimini ha dovuto presentare la candidatura, il 27 settembre scadrà il termine per consegnare il dossier, il 15 dicembre verranno annunciate le 10 città finaliste e il 29 marzo 2024 ci sarà la proclamazione della vincitrice.
Per indicare la rotta sono state scelte, tramite chiamata pubblica, due direttrici artistiche: Francesca Bertoglio – ingegnera gestionale, project manager di Bergamo-Brescia Capitale 2023 e Mantova 2016 – e Cristina Carlini – progettista e curatrice di eventi culturali con particolare competenza per lo spettacolo
“RIMINI È UNA CITTÀ CHE È SEMPRE STATA AVANTI, CAPACE DI ANTICIPARE LE TENDENZE, LIBERA E APERTA,” SPIEGANO LE DUE DIRETTRICI DEL PROGETTO DI CANDIDATURA.
“L’OBIETTIVO È CREARE UNA CITTÀ MODELLO DI INNOVAZIONE SOCIALE, CHE POSSA FARE DA TRAINO PER TUTTE LE ALTRE.”
tri che hanno visto una grande partecipazione, con oltre 120 persone. Attorno all’humus culturale si sono unite anche altre figure come architetti, editori, ma anche il mondo del sociale e quello delle imprese. Si è rivelata una grande occasione di confronto cittadino che ci ha permesso di cogliere lo spirito della comunità. Da qui abbiamo potuto iniziare ad appuntarci le prime parole chiave e l’aggettivo maggiormente scelto per indicare la Rimini del futuro è stato: inclusiva. È una città che ha nel proprio DNA la cura e l’accoglienza, ma è pronta a fare ancora di più e verso tutti.”
Avete riflettuto anche sul motto della candidatura, Vieni oltre?
dal vivo, ha lavorato alla candidatura di Ascoli Piceno per il 2024.
Tra i primi passi avete coinvolto le realtà cittadine: com’è andata?
“Abbiamo organizzato tre incon-
“Sì, è stato molto interessante coglierne il significato più autentico: ‘non avere paura, supera il limite, abbi coraggio!’ Rimini deve affrontare questa sfida tenendo conto dei grandi temi del momento come il cambiamento climatico, la popolazione che
44 PROGETTI
CAPITALE
CULTURA
DELLA
DI IRENE GULMINELLI FOTO RICCARDO GALLINI
cambia. L’obiettivo di questi percorsi è proprio creare città modello di innovazione sociale, che possa fare da traino per tutte le altre.”
Com’era la vostra visione di Rimini?
“È una città che fa parte della memoria collettiva, ognuno di noi ha un bel ricordo delle estati passate qua in spiaggia. Abbiamo percepito che i riminesi hanno necessità di mostrare di essere
anche altro ed è giusto, ma questa visione positiva va preservata facendola convergere in nuovi progetti al passo con i tempi. Si potrebbe coniare un nuovo termine, ‘irriminescente’, per questa capacità magica di sognare che c’è. Qui è possibile far convivere tutte le diverse anime della cultura (da quella alta a quella pop), senza che venga relegata in un circuito elitario.”
Cosa rappresenterà questa
esperienza?
“Il percorso della candidatura è molto lungo e non si esaurisce con la proclamazione, perché il Ministero continua a seguire tutte e dieci le finaliste per realizzare qualche progetto presentato. Questa sarà un’importante occasione per creare un ponte tra tutte le realtà cittadine e dell’area vasta che gravitano attorno a Rimini, aumentandone la consapevolezza. È una città che è sempre stata avanti, capace di anticipare le tendenze, libera e aperta. Tra le prime si è dotata di un piano strategico e per questo il coinvolgimento di diversi mondi funziona. Ha inoltre già avviato una considerevole rigenerazione urbana. Protagoniste di questa operazione saranno senz’altro le giovani generazioni che mirano a rimanere, a vivere e a lavorare qui, luogo che sentono come un nido dove tornare sempre, e quindi è necessario permettere che si creino tutte le condizioni favorevoli.”
45 IN ALTO,
E
DA SINISTRA, LE DIRETTRICI ARTISTICHE FRANCESCA BERTOGLIO
CRISTINA CARLINI.
ADVERTORIAL
CONFARTIGIANATO IMPRESE RIMINI IL VALORE ARTIGIANO
DAVIDE CUPIOLI È IL NEO-RIELETTO PRESIDENTE
DELL’ASSOCIAZIONE RIMINESE.
L’OBIETTIVO:
Confartigianato è la più grande rete europea di rappresentanza degli interessi e dei servizi all’artigianato e alle piccole imprese.
Da oltre 70 anni investe nella genialità, passione, abilità lavorativa, intraprendenza, spirito di sacrificio e senso civico degli associati. Lo fa credendo nel valore dell’impresa, del lavoro, della libertà economica e della coesione sociale. Infatti, Confartigianato Imprese Rimini, come ogni territoriale, per l’intera Provincia è un importante presidio di legalità e di rappresentanza, il cui ruolo oggi risulta ancora più necessario per ricostruire una solida relazione e collaborazione tra le istituzioni, i cittadini e le imprese.
Il nuovo corso dell’associazione
riminese vede alla sua guida, per un rinnovato e propositivo mandato, il neo-rieletto presidente Davide Cupioli, supportato dal segretario provinciale Gianluca Capriotti
Uno dei focus che più segna la direzione che vogliono intraprendere per il nuovo quadriennio è il sostegno “dell’identità artigiana italiana,” afferma Cupioli, “spirito che costituisce la leva fondamentale per la crescita, per la competitività, per lo sviluppo sociale.”
Confartigianato Imprese Rimini
si pone in linea con i valori del sistema nazionale, fondamentali per mantenere il proprio posto nel mondo. Posto che si preserva “se tutti insieme saremo capaci di salvaguardare e promuovere
la ricchezza delle nostre produzioni, delle nostre competenze, dei territori, delle nostre filiere, unitamente alla diffusione delle differenze aziendali,” spiega ancora il presidente. “Nel corso degli anni, l’Europa ha cercato di omologare in una taglia unica il nostro modello produttivo, ma è stato un grosso errore, poiché in questo modo si va a sacrificare il nostro sapere, la nostra storia.” Andare dunque contro l’omologazione del comparto dell’imprenditoria artigiana rappresenta una sfida importante per gli anni a venire, soprattutto in un contesto socio-economico e tecnologico caratterizzato da grandi transizioni. Ecco dunque che l’impegno di Confartigianato Rimini “si rivolge a supportare
RENDERE SEMPRE PIÙ DIFFUSA L’IMPRESA E L’IDENTITÀ
IL
ARTIGIANA, PER
FUTURO DI UNA SOCIETÀ SOSTENIBILE.
L’ASSOCIAZIONE, OLTRE A TUTELARE GLI IMPRENDITORI ASSOCIATI SUL PIANO SINDACALE, “DÀ VALORE ALL’ARTIGIANATO, PROPONENDOSI COME PARTNER PER NASCERE, COMPETERE E CRESCERE IN UN MERCATO IN CONTINUA EVOLUZIONE, GRAZIE A SERVIZI INTEGRATI E PERSONALIZZATI.”
e accompagnare in toto gli imprenditori a valore artigiano, uniti in un’unica rete per lavorare alla costruzione di una società sostenibile, caratterizzata dalla qualità delle produzioni, dei servizi e delle relazioni tra persone.”
Le parole del presidente Cupioli non lasciano dubbi, l’intento è di “rendere sempre più diffusa l’impresa a valore artigiano, in qualità di costruttori di futuro.”
Confartigianato Imprese Rimini, con il presidio sul territorio provinciale, vanta oltre 2.500 associati e coinvolge nelle proprie attività e servizi oltre 10.000 tra imprenditori e lavoratori. Da anni investe nello sviluppo economico e sociale del territorio per dare competitività alle aziende e offrire ai propri associati assistenza, informazioni e soluzioni innovative. L’associazione, oltre a tutelare gli imprenditori associati sul piano sindacale, “dà valore all’artigianato, proponendosi come partner per nascere, competere e crescere in un mercato in continua evoluzione, grazie a servizi integrati e personalizzati,” spiega il segretario Gianluca Capriotti. “Come associazione integriamo ai servizi più tradizionali –come la tenuta della contabilità e la gestione aziendale, l’elaborazione delle paghe e l’ammini-
strazione del personale, dell’ambiente e della sicurezza – anche servizi innovativi, ad esempio sui bandi, sul credito agevolato, sulla formazione mirata, sull’energia e sulla transizione digitale.”
Ma oggi questo non basta più, ecco perché Confartigianato Imprese Rimini, in un processo di analisi continua, progetta iniziative e servizi capaci di rispondere ai trend economici e ai bisogni di ciascuna impresa: “Per farlo abbiamo messo in atto un processo riorganizzativo accompagnato da un cambio di passo nel modo di essere, oggi, un corpo intermedio e nel modo di dare supporto alle aziende artigiane e Pmi, con una particolare cura e attenzione ai giovani imprenditori e al passaggio generazionale Stiamo altresì accompagnando le
imprese nel rilancio, nel riposizionamento, nella cultura della formazione, dell’innovazione e nella visione della green economy. Confartigianato, oltre ad essere un soggetto sindacale e di rappresentanza, si pone quale agente di sviluppo socio-economico. Come promotore attivo, ad esempio: sul ruolo della scuola, sulle politiche abitative, sulla rigenerazione territoriale, sull’economia circolare, per le politiche di genere, politiche giovanili, sulla salute e il welfare territoriale, sulla sicurezza urbana, la cultura, per l’inclusione sociale, per la sicurezza sul lavoro e contro l’abusivismo e il caporalato. Anche tramite il rafforzamento di strumenti e modalità per ‘essere sistema’, ‘fare rete’ tra stakeholder, tra associazioni,
tra corpi intermedi, istituzioni, scuola e ricerca applicata,” spiega ancora Capriotti, “al fine di pensare per processi e lavorare sulle competenze, con l’obiettivo di offrire agli imprenditori gli strumenti adatti ad affrontare un mondo che, per essere competitivi, impone nuove strade. Tutto questo è il valore artigiano che Confartigianato Imprese Rimini, insieme alla sua rete confederale, vuole portare nel futuro, mettendo in campo la forza del proprio modello associativo che unisce prossimità, innovazione, territorio e sussidiarietà.”
Via Marecchiese 22, Rimini RN | T. 0541 760911 | www.confartigianato.rn.it
A SINISTRA, DAVIDE CUPIOLI, IL NEO-RIELETTO PRESIDENTE. IN ALTO, GIANLUCA CAPRIOTTI, SEGRETARIO PROVINCIALE.
ARTIGIANATO
PASSIONE L’ARTE CONDIVISA DEL CRAFT MAKING DI GIORGIA PIVA
CREATIVA
Fiori delicati che sbocciano dalla carta, bigliettini di ispirazione vintage, magliette personalizzate: non conosce limiti la fantasia di Giorgia Piva, crafter per passione, che su Instagram dispensa consigli su come utilizzare macchine e materiali per realizzare oggetti unici e originali. Nato negli USA, craft maker è il termine con il quale si indica-
no gli artigiani che rimescolano tecniche tradizionali e materiali per realizzare prodotti innovativi. Misanese trasferitasi a Bologna per amore, Giorgia si avvicina a questa arte quando nascono i suoi figli: “Ho sempre adorato organizzare feste di compleanno prendendo ispirazione da Pinterest per gli allestimenti, gli inviti e le decorazioni. In seguito ho iniziato a partecipare alle fiere creative come visitatrice, diventando a poco a poco io stessa una crafter a tutti gli effetti.”
Dall’acquisto della prima fustellatrice Big Shot alla realizzazione di allestimenti, bomboniere e ornamenti per eventi di ogni genere il passo è davvero breve: “All’epoca non era semplice reperire certi materiali in Italia, perciò commissionavo acquisti a chiunque andasse a New York o a Londra!”
Nel 2010 apre il blog ITommasini4U al quale segue l’omonimo profilo Instagram con il quale ottiene un riscontro immediato da parte dei follower: “Grazie a Instagram ho iniziato a fare i tutorial, a mostrare le cose che faccio, a offrire spunti e a spiegare come utilizzare al meglio ogni strumento. Non l’ho mai fatto con lo scopo di vendere,
ma solo per il gusto di poter condividere ciò che so con la mia community. Spero sempre che qualcuno mi faccia delle domande, ho anche creato l’hashtag #chiediloagiorgia!”
Il 2019 è un anno molto importante poiché le viene chiesto di gestire le attività dell’area ‘Craft your party’ a Il Mondo Creativo, il salone dell’hobbistica e del fai da te di Bologna. Grazie a questo incarico entra in contatto con le migliori aziende del settore, diventando Ambassador di Siser, brand che produce materiali termo trasferibili per applicazioni su tessuti, e di Cricut, azienda americana specializzata in plotter di qualità. Perfetta impiegata commerciale durante il giorno, è la notte e nel weekend che la sua creatività sprigiona le idee migliori. Il suo sogno è avere una craft room tutta per sé ma, al momento, si accontenta della cucina e di un armadio pieno di scatole catalogate in base al contenuto: “Lavorare con le mani libera la mia mente, è una valvola di sfogo e un potente antidepressivo. Mi piace essere libera e dedicarmi a questa mia passione quando ne ho voglia, per questo non credo che diventerà mai un lavoro.”
SOTTO, LA CRAFT MAKER GIORGIA PIVA.
DI ARIANNA DENICOLÒ
LE PAROLE
IL DIZIONARIO DEL FILM
AMARCORD SCRITTO DA GORI E BAGNARESI
DI FELLINI
Succede che un giorno il professor Davide Bagnaresi – autore di una recente ‘biografia dell’infanzia’ di Fellini – chiama Miro Gori – poeta dialettale, ex direttore della cineteca di Rimini, ed esperto felliniano – per proporgli di redigere insieme un dizionario su Amarcord, in virtù del cinquantesimo anniversario del film (1973-2023). Invito che
Miro accetta immediatamente, anche se “giunto a questo punto, ritenevo di non avere molto di più da dire,” chiosa Gori, che incontriamo per l’uscita di Amarcord dalla A alla Z. “Mi occupo di Fellini, con una certa continuità, a partire dalla metà degli anni Ottanta. Tra le altre cose, nel 1992 ho scritto un piccolo dizionario del cinema riminese intitolato A come Amarcord, e ‘spremuto’, almeno dal mio punto di vista, il film in un libro del 2016 sulle radici di Fellini. Non solo. Su Amarcord sono state scritte (e dette) tonnellate di parole.” Eppure un dizionario che elencasse le parole di Amarcord, che ne raccontasse la lingua, mancava. “Ed era opportuno – almeno per me, anzi per noi – farlo.” Così i due esperti felliniani hanno cominciato a incontrarsi per stabilire un metodo di lavoro ma “soprattutto per trovare parole, creare un catalogo, il più ampio possibile.”
Il libro intende rivolgersi al pubblico più ampio. Non si tratta di un lavoro teorico, ma intende raccontare ai lettori una storia attraverso tante storie.
“Ma parlando di lettori, colgo qui l’occasione per ringraziare l’editore Sabinae per la com-
petenza, la passione e il grande contributo offerto alla realizzazione del volume.”
Trattandosi di un dizionario ‘ragionato’, per così dire, può essere letto “dall’inizio alla fine, seguendo il suo ordine, che è quello alfabetico, oppure saltando da una voce all’altra a piacere.”
Dopo aver scelto le parole, “Davide e io ci siamo suddivisi la scrittura sulla base di due criteri: il piacere e la conoscenza sul tema. Eventuali controversie sono state risolte amichevolmente. Infine abbiamo deciso di firmare ogni lemma insieme, perché tutti sono stati discussi tra noi e condivisi.”
Non è facile per un autore dichiarare le proprie preferenze sulle parti del libro che scritto, ma Miro non si sottrae alla richiesta e ne indica due: “Una è fatale. Forse troppo facile: ‘Amarcord’. Una parola che racchiude il mondo interiore di Fellini, la sua poetica del ricordo, della nostalgia: la sua misteriosa capacità partendo da dati particolari, dialettali, indigeni, di diventare universale. L’altra è ‘Pataca’, dialettale, plurisemantica, popolarissima, che riconferma gli inestricabili legami del regista col dialetto.”
50
LIBRI
IN ALTO, DA SINISTRA, MIRO GORI E DAVIDE BAGNARESI, AUTORI DI AMARCORD DALLA A ALLA Z
DI MILENA MASSANI FOTO RICCARDO GALLINI
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