GRAN SASSO - Vie classiche, moderne e d’avventura

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ALBERTO BAZZUCCHI – IGOR BRUTTI

GRAN SASSO

Vie classiche, moderne e d’avventura. Corno Grande - Corno Piccolo - Pizzo d’Intermésoli

EDIZIONI VERSANTE SUD | COLLANA LUOGHI VERTICALI | CLIMBING


Seconda edizione Luglio 2020 ISBN 978 88 85475 717 Copyright © 2020 VERSANTE SUD – Milano (I), via Longhi, 10. Tel. +39 02 7490163 www.versantesud.it I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Copertina

affaele Adiutori assicura Igor Brutti sull’ultimo tiro di Immaginazione R al potere (© Fulvio Angelini)

Testi

Alberto Bazzucchi e Igor Brutti

Disegni

Igor Brutti

Fotografie

Degli autori dove non diversamente specificato

Cartine

Tommaso Bacciocchi. © Mapbox, © Open Street Map

Simbologia

Tommaso Bacciocchi

Layout

Davide Vagheggi

Stampa

Press Grafica s.r.l. – Gravellona Toce (VB), Italia

Km ZERO

da autori Guida fattae sviluppano che vivonmo picata sul l’arra torio terri

È una guida a KM ZERO!

Cosa significa? Che è più sana e ha più sapore, perché fatta da arrampicatori locali. Come i pomodori a Km 0? Certo! E la genuinità non è un’opinione. Gli autori locali fanno bene a chi scala: – hanno le notizie più fresche e più aggiornate; – non rifilano solo gli spot più commerciali; – reinvestono il ricavato in nuove falesie. Gli autori locali fanno bene al territorio: – pubblicano col buonsenso di chi ama il proprio territorio; – sono attenti a promuovere tutte le località; – sono in rete con la realtà locale. E infine la cosa più importante:

sulle loro rocce, c’è un pezzetto del loro cuore

Nota

L’arrampicata è uno sport potenzialmente pericoloso, chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo. Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi scalata.


Km ZERO Guida fatta da autori che vivono e sviluppano l’arrampicata sul territorio

Il 2% del ricavato di questa guida viene reinvestito in materiale per attrezzare vie e falesie

ALBERTO BAZZUCCHI IGOR BRUTTI

GRAN SASSO

Vie classiche, moderne e d’avventura Corno Grande Corno Piccolo Pizzo d’Intermésoli

EDIZIONI VERSANTE SUD


Prefazione “Sandro portava all’occorrenza trenta chili di sacco, ma di solito andava senza: gli bastavano le tasche, con dentro verdura, come ho detto, un pezzo di pane, un coltellino, qualche volta la guida …., tutta sbertucciata, e sempre una matassa di filo di ferro per le operazioni di emergenza. La guida, poi, non la portava perché ci credesse: anzi, per la ragione opposta. La rifiutava perché la sentiva come un vincolo; non solo, ma come una creatura bastarda, un ibrido detestabile di neve e roccia con carta. La portava in montagna per vilipenderla, felice se poteva coglierla in difetto, magari a spese sue e dei compagni di salita.” Primo Levi, Ferro, in Il sistema periodico, Einaudi, Torino, 1975 Ad otto anni circa dalla prima edizione, il Gran Sasso resta lì, con le sue molte facce, le sue forme, i suoi colori, i suoi mutevoli paesaggi. È il nostro sguardo che è in parte cambiato e questa nuova edizione ne è il risultato. In primo luogo, abbiamo pensato di ribadire in esergo la citazione di Primo Levi, per togliere sacralità alla guida stessa come strumento di conoscenza ed accettando che la si possa portare in montagna anche al solo scopo - come talvolta faceva Sandro - di “vilipenderla”, perché anche questo fa parte del gioco. La guida non sarà un “vincolo” ma una finestra sulla libertà di andare dove e come si vuole. Il menù offerto è molto variegato. Ce n’è per tutti i diversi appetiti arrampicatori, che vanno moltiplicandosi e differenziandosi col passare del tempo e delle generazioni: placche appoggiate di inaudita compattezza, verticalità dolomitiche, strutture aggettanti, pareti assolate e muraglie selvagge e solitarie, roccia da urlo e sfasciumi inenarrabili. Restiamo dell’idea che è fondamentalmente per queste ragioni che si scrive una guida alpinistica: per rappresentare e provare a dare senso a una forma di ricchezza che si svolge e si accumula in una dimensione verticale. La guida copre le principali pareti del Gran Sasso. Non sono censiti tutti gli itinerari esistenti ma una significativa rappresentanza di passato e presente. Grande è il debito di riconoscenza sia verso un’opera imprescindibile - quale la Guida del Gran Sasso d’Italia del Cai/ Tci realizzata nel 1992 da Paolo Abbate e Luca Grazzini - sia verso la costante opera di aggiornamento curata da quest’ultimo sia, ancora, verso la vasta produzione di tracciati e relazioni disponibili on line o messi a disposizione da amici frequentatori del Gran Sasso di cui abbiamo accolto segnalazioni di errori ed omissioni, integrazioni e correzioni. Abbiamo cercato di accrescere il valore di “servizio” della guida soprattutto con riferimento ai frequentatori non locali, con l’obiettivo di fornire loro un ausilio nell’accostarsi ed entrare in relazione con questo magnifico massiccio montuoso, coi suoi versanti più scoperti o i suoi angoli più remoti, esperto o novizio che sia. Imprecisioni ed omissioni restano, naturalmente, nostra responsabilità. Massimo Mila descriveva l’alpinismo come “una delle forme di conoscenza dove più inestricabilmente si uniscono il conoscere e il fare” sottolineando come tale singolare alchimia si fosse trasmessa nel gergo degli arrampicatori quando dicono fare una via e non salire una via. In questo stesso senso potrebbe essere più appropriata l’espressione fare una guida e non scrivere una guida. Oltre all’insostituibile attività in ambiente si è cercato, anche attraverso un migliore uso degli strumenti informatici, di ripercorrere e reinterpretare gli itinerari storici con una visione rinnovata e di comporli con quelli più recenti immaginando tra di essi una sorta di ideale linea di continuità.

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Rispetto alla prima edizione, alcuni itinerari sono stati eliminati altri sono stati inseriti cercando sempre di privilegiare il loro valore estetico e storico, l’eleganza della linea, il fascino ambientale, il piacere della scalata. Si è dato peso, in particolare, alla capacità di un itinerario di essere “rappresentativo” dell’insieme di questi caratteri piuttosto che inseguire la sua reputazione o popolarità, indipendentemente dalla difficoltà. Anzi, proprio sotto questo profilo, rinnoviamo l’esortazione al lettore a valutare i “+” e i “-“ posti accanto al grado con equilibrio e buon senso, come informazioni utili ma tutto sommato accessorie, non certo essenziali. I disegni dei tracciati sono rinnovati e migliorati. Il testo è stato in molte parti modificato, non solo per correggere errori ed inesattezze ma soprattutto per rendere più fluida ed organica la lettura e favorire l’orientamento tra i diversi ambienti e settori. Particolare cura è stata dedicata all’apparato fotografico: diverse nuove foto sono state inserite, da nuove angolature, per rendere al meglio l’insieme ed i singoli attacchi, molte nuove immagini sono state inserite sia d’ambiente sia d’azione. Abbiamo ritenuto ancora valida la scelta di sintetizzare in quattro idealtipi le diverse forme di alpinismo oggi prevalenti, anche a prezzo di qualche semplificazione (plaisir, moderno, classico e avventura) e di classificare i singoli itinerari sulla base delle stesse caratteristiche (tali aspetti sono approfonditi nell’Introduzione tecnica).

Ringraziamenti Una guida alpinistica non è mai frutto del lavoro di uno solo o di pochi. Un importante debito di riconoscenza è riservato a coloro che hanno messo a nostra disposizione una parte significativa del loro tempo e della loro esperienza: Antonio Caporale e Paolo De Laurentis (per i quali il Corno Piccolo sembra non finire mai e compagni di tante scalate), Roberto Iannilli (oltre che per il merito anche per la sua disponibilità e serietà), Marco Iovenitti, Roberto Mancini, Paride Gallese, Agostino Cittadini, Marzo Zaffiri, Leandro Giannageli, Mauro Scipioni, Simone Bianchi, Francesco Catonica, Antonio Palermi (per le diverse e belle fotografie), Emanuele Pontecorvo, Cristiano Iurisci, Bruno Moretti, Raffaele Adiutori, Daniele Urbani, Marco Moreschini, Pasquale Iannetti, Riccardo Quaranta. Un ringraziamento particolare va rivolto a Samuele Mazzolini e Domenico Totani (soprattutto per alcuni degli itinerari più impegnativi), Bruno Vitale (per l’enorme cortesia e puntualità nell’aver fornito numerosissime informazioni sulle sue vie ma non solo), Luca Grazzini (per la disponibilità e lo scrupoloso, infaticabile, lavoro di aggiornamento sulle vicende di questa montagna), Adriano Olivieri e Daniele Moretti (per i dettagli relativi ai diversi itinerari da loro ripetuti), Tommaso Castorina e Omar Scarpellini (per averci raccontato ed illustrato la salita del Diedro di Mefisto), Antonio di Cecco e Andrea Corsi per aver messo a disposizione alcune bellissime immagini del loro archivio fotografico . Siamo inoltre riconoscenti verso tutti coloro che hanno manifestato interesse e condiviso questo lavoro, anche quelli incontrati casualmente su sentiero o per via che, seppur inconsapevolmente, hanno fornito elementi utili per arricchirla e migliorarla.

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Indice Introduzione tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . Storia alpinistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Punti di appoggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Accessi generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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CORNO GRANDE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

01. Vetta Occidentale . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

La Pera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 Versante Sud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 Parete Est . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 02. Torrione Cambi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 03. Vetta Centrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 04. Vetta Orientale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 Versante Sud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 Il Paretone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 Anticima Nord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

CORNO PICCOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134

05. Parete Nord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138

Le Spalle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166

170 188 196 210 214 222 229

06. Prima Spalla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168 Parete Nord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Parete Ovest . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Parete Sud-ovest . . . . . . . . . . . . . . . . 07. Seconda Spalla . . . . . . . . . . . . . . . . . . Parete Nord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Parete Ovest . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Parete Sud-ovest . . . . . . . . . . . . . . . .

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08. Parete Est . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252

Pancione Crepa . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Monolito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Torre Cichetti e Torre Aquila . . . . . . . Torrione Aquila . . . . . . . . . . . . . . . . . . 09. Le Fiamme di Pietra . . . . . . . . . . . . . Punta dei Due . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Campanile Livia . . . . . . . . . . . . . . . . .

258 282 306 310 316 318 325

MASSICCIO D’INTERMESOLI . . . . . . . . . . . 334

10. Le Strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 340 Lo Scudo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pilastro Giallo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Anfiteatro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11. Secondo Pilastro . . . . . . . . . . . . . . . . Parete Est . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Parete Sud . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12. Terzo Pilastro . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

340 348 358 362 362 378 390


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CORNO GRANDE

Vetta Orientale Paretone

Farfalla

8

Pilastri

Anticima Nord

Cengia dei fiori


CORNO PICCOLO Torr. Aquila Torre Cichetti Rifugio Franchetti

Fiamme di pietra

Parete est Monolito

Parete nord Passo delle scalette

Le Spalle

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Introduzione tecnica INFORMAZIONI GENERALI E IMPOSTAZIONE DELLA GUIDA La catena del Gran Sasso è un massiccio calcareo esteso su una linea piuttosto regolare di circa 30 chilometri che da Est (Passo delle Capannelle, 1300 m) si dirige verso Ovest (Vado di Sole, 1621 m). Si snoda su un territorio montano piuttosto variegato: zone scoscese e quasi inaccessibili con rocce frastagliate, guglie e creste, vallate ampie e solitarie, aree fittamente boscose altre più rade. La cima più alta non supera i 3000 metri. Dislivelli, grandiosità degli spazi, condizioni climatiche rese particolari dalla vicinanza del mare, possibili temperature polari nella stagione invernale, rendono il Gran Sasso una sorta di via di mezzo tra ambiente Corno Grande dopo una spolverata di neve (© Andrea Corsi)

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dolomitico e alta montagna. In una conca a Nord del Corno Grande è situato il ghiacciaio del Calderone, di dimensioni ormai modeste; l’unico ghiacciaio dell’Appennino, il più meridionale d’Europa. Non bisogna dimenticare che l’insieme di questi ambienti, compresi tutti i siti di arrampicata descritti nella guida, si trovano all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. La parte più interessante e frequentata del massiccio, sotto il profilo alpinistico, è quella centrale, su cui si eleva la vetta più alta dell’Appennino, il Corno Grande, e il Corno Piccolo. Il massiccio d’Intermesoli domina invece il settore occidentale e resta parzialmente laterale rispetto alle due cime


principali. La guida tiene conto di questa articolazione ed è divisa in tre capitoli che si riferiscono ai tre principali gruppi rocciosi ed ai relativi settori di arrampicata. Ciascun settore è introdotto da una breve descrizione seguita dall’indicazione dei percorsi generali di “accesso” e di “discesa” con i relativi tempi di percorrenza da e verso i principali punti di partenza. Il testo è corredato da una serie di fotografie su cui sono tracciati gli itinerari e dai corrispondenti disegni. All’interno delle foto il tracciato di ciascuna via è contraddistinto da un numero; nel caso di incrocio fra due o più itinerari vengono utilizzati tratteggi diversi; la linea punteggiata indica il percorso di avvicinamento all’attacco. La numerazione delle vie è progressiva e ricomincia da capo al cambiare del gruppo considerato. I disegni contengono le informazioni tecniche: la simbologia è quella convenzionalmente utilizzata a livello UIAA. La scheda individuale della via è composta dalle seguenti voci: nome dell’itinerario con indicazione del grado di “bellezza” e della tipologia, apritori, difficoltà, sviluppo, tempi di salita, nota descrittiva ed accesso (con i dettagli dell’attacco). Segue la descrizione analitica delle singole lunghezze e la discesa. CLASSIFICAZIONE DEGLI ITINERARI Ogni itinerario è accompagnato da due valutazioni. Le stelle (da 1 a 3) rappresentano un indicatore del “gradimento” complessivo di ciascun itinerario, sintesi di caratteristiche ambientali, bellezza della linea, qualità della roccia, gradevolezza della scalata: ÙÙÙ via discreta ÙÙÙ via bella ÙÙÙ via da non perdere, un must del settore

Le vie sono inoltre classificate in 4 tipologie in cui ci è sembrato di cogliere quattro forme stilizzate di alpinismo che compendiano le modalità oggi prevalenti: Plaisir: indica una via completamente a spit o quasi e con soste ben confezionate per la calata in doppia,

con facile avvicinamento, possibilità di affrontarla quando è baciata dal sole ma anche in condizioni di tempo è incerto, senza alzatacce. Le difficoltà sono di norma medio-alte. Richiede solo rinvii e poco più, quasi una via da falesia in quota. Moderna: indica vie che implicano un certo grado di esperienza alpinistica, gli spit sono calibrati nei punti di maggiore difficoltà, l’accesso non è difficile ma può richiedere attenzione, è bene partire a un orario accettabile perché se il tempo cambia uscirne potrebbe essere non banale. Sono un ibrido tra passato e presente, una ricerca dei punti deboli della parete senza restare indifferenti alla tentazione della placca. L’attrezzatura necessaria è composta dalla dotazione di base (cordini, dadi, friend) salvo materiale complementare di volta in volta specificato. Classica: indica vie che esigono una buona esperienza alpinistica; impone l’uso di protezioni tradizionali e il saper allestire o rinforzare una sosta, l’avvicinamento può comprendere tratti attrezzati o esposti, le previsioni meteo vanno valutate attentamente. Spesso vie moderne e classiche convivono felicemente nello stesso settore. Oltre alla normale dotazione alpinistica non tralasciare martello e una scelta di chiodi. Avventura: indica vie che si svolgono in ambiente severo e isolato; l’avvicinamento è lungo e articolato, la ritirata è complessa. Questi itinerari permettono di entrare in contatto con il “cuore” del Gran Sasso ed offrono grandi soddisfazioni ma richiedono una comprovata pratica alpinistica, senso dell’orientamento, condizioni meteo buone e stabili, propensione a cavarsela da soli. Alla dotazione di base aggiungere senz’altro martello e un certo assortimento di chiodi. Non è disdicevole mettere nello zaino qualche capo più pesante.

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VALUTAZIONE DELLE DIFFICOLTÀ In linea con la prassi della casa editrice Versante Sud è stata adottata una scala di valutazione ideata da Maurizio Oviglia, Erik Svab, Rolando Larcher, Nicola Tondini ed altri. La caratteristica principale di questo sistema di valutazione è considerare separatamente l’impegno generale di una via e le caratteristiche delle protezioni. La difficoltà tecnica è espressa con la scala francese, anche con riferimento agli itinerari di tipo classico. Nell’indicazione delle difficoltà si è tenuto conto dell’evoluzione dell’arrampicata moderna, considerando la salita in libera delle varie lunghezze. Per fare questo si è cercato di perseguire per quanto possibile una certa omogeneità, condividendo con altri la valutazione effettuata e cercando di limitare al massimo le “trappole” della soggettività. Tre sono i parametri rilevanti da leggersi sempre congiuntamente: a) difficoltà tecnica massima in libera: è

espressa con la scala francese; l’eventuale difficoltà massima obbligatoria è inserita fra parentesi. b) proteggibilità: è espressa con le lettere “R” ed “S” a seconda delle caratteristiche di chiodatura. “R” indica il ricorso a protezioni tradizionali (chiodi, dadi, friend) mentre il numero che l’accompagna si riferisce non solo alla distanza degli ancoraggi ma anche alla facilità di posizionamento ed alla loro affidabilità. La lettera “S” viene utilizzata per le vie spittate e in questo caso il numero si riferisce soltanto alla distanza tra uno spit e l’altro. “RS” insieme indicano la presenza di una chiodatura mista. La proteggibilità si riferisce di norma alle lunghezze più impegnative. c) impegno complessivo: è espresso in numeri romani da I a VII analogamente alla scala americana applicata alle big wall; descrive l’impegno globale di una via, l’ambiente in cui si svolge, la lontananza dal fondovalle, la difficoltà di ritirata, lo sviluppo e l’impegno psicologico.

PROTEGGIBILITÀ

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S1

Spittatura normale, come quella utilizzata in falesia. Distanza mai superiore ai 3-4 m tra uno spit e l’altro. Lunghezza potenziale caduta qualche metro al massimo e volo senza conseguenze.

S2

Spittatura distanziata e tratti obbligatori tra le protezioni. Lunghezza potenziale caduta una decina di metri al massimo e volo senza conseguenze.

S3

Spittatura distanziata, passaggi quasi sempre obbligatori.Distanza tra gli spit anche superiore ai 5 metri, voli lunghi ma non eccessivamente pericolosi.

S4

Spittatura molto distanziata (oltre i 7 metri), passaggi obbligatori. Una caduta può potenzialmente provocare un infortunio.

S5

Spittatura oltre i 10 m, passaggi obbligatori e tratti dove una caduta può sicuramente provocare un infortunio (caduta su terrazzi e cengie o al suolo).

S6

Spittatura solo parziale e posizionata lontano dai passaggi chiave, tratti molto lunghi, anche superiori ai 20 m, in cui una caduta può avere conseguenze anche letali.

R1

Facilmente proteggibile con protezioni sempre solide, sicure e numerose. Limitati tratti obbligatori. Lunghezza potenziale caduta qualche metro e volo senza conseguenze.

R2

Mediamente proteggibile con protezioni sempre solide e sicure ma più rade. Tratti obbligatori tra le protezioni. Lunghezza potenziale caduta qualche metro al massimo e volo senza conseguenze.

R3

Difficilmente proteggibile con protezioni non sempre buone e distanti. Lunghi tratti obbligatori. Lunghezza potenziale caduta fino a 7-8 metri al massimo e volo con possibile infortunio.

R4

Difficilmente proteggibile con protezioni scarse o inaffidabili e/o distanti che terrebbero solo una piccola caduta. Lunghi tratti obbligatori. Lunghezza potenziale caduta fino a 15 metri con possibilità di fuoriuscita di ancoraggi e volo con probabile infortunio.

R5

Difficilmente proteggibile con protezioni scarse, inaffidabili e distanti che terrebbero solo una piccola caduta. Lunghi tratti obbligatori. Possibilità di lunghe cadute e di fuoriuscita di ancoraggi che può determinare un volo fino a terra con infortunio sicuro.

R6

Improteggibile se non per brevi e insignificanti tratti lontani dai passaggi chiave del tiro. Una eventuale caduta può avere conseguenze anche letali.


SVILUPPO Sono indicate la distanza realmente percorsa, come sviluppo longitudinale, dall’itinerario e il numero di lunghezze di corda. TEMPI Viene indicato il tempo necessario per la salita estiva e in condizioni favorevoli considerando una cordata di due persone con una buona preparazione fisica ed alpinistica; è calcolato dall’attacco della via ed è compreso generalmente all’interno di una forchetta indicativa. IMPEGNO GLOBALE I

Una via corta richiedente poche ore, nei pressi della strada e con comodo avvicinamento, ambiente solare e ritirata comoda.

II

Via di diverse lunghezze su una parete superiore ai 200 m, avvicinamento facile anche se può richiedere una discreta marcia, comodaritirata.

III

Via lunga oltre i 300 m, ambiente severo, richiede quasi tutta la giornata per essere superata. Può richiedere un lungo avvicinamento e la ritirata può non essere veloce.

IV

Via molto lunga, superiore ai 500 m, su parete severa e distante dal fondovalle. Richiede un’intera giornata per essere superata. La ritirata può essere complicata e non svolgersi sulla linea di salita.

V

Via molto lunga stile big wall, richiede normalmente un bivacco in parete. Ritirata difficile, ambiente severo.

VI

Big wall che richiede più giorni di permanenza in parete, ambiente di alta montagna, ritirata difficile.

VII

Tutte le caratteristiche proprie del grado VI esasperate, come nel caso di big-wall himalayane che necessitano di una spedizione per essere superate.

NOTA DESCRITTIVA E MATERIALE Vi si descrivono le caratteristiche principali dell’ascensione e le indicazioni relative all’attrezzatura utile per la ripetizione. Lo stato di chiodatura delle vie è mutevole per gli effetti del tempo, delle intemperie e dell’azione umana: quello riportato si riferisce alle condizioni più recenti riscontrate e potrebbero dunque esserci sfasature rispetto a quanto indicato nella relazione.

ACCESSO La descrizione dell’accesso comprende una parte generale di avvicinamento alla parete per la quale, di norma, si rinvia alla nota introduttiva del singolo settore; seguono poi gli aspetti specifici del percorso che conduce all’attacco dell’itinerario prescelto. RELAZIONE Contiene una descrizione analitica ma sintetica delle singole lunghezze di corda che corrisponde, per quanto possibile, ed integra le informazioni presenti nel disegno. DISCESA Sono illustrate le diverse possibilità di discesa fino al punto di partenza e relativi tempi di percorrenza. TERMINI “DESTRA“ E “SINISTRA“ Sono intesi, sia in salita sia in discesa, secondo il senso di marcia (quando non diversamente specificato). PERIODO Il fatto di ergersi sostanzialmente come un’isola tra due mari - Tirreno ed Adriatico - senza altra barriera a protezione rende il Gran Sasso vittima naturale di tutte le perturbazioni che interessano il territorio adiacente. Questo implica un certo grado di instabilità climatica, pari a quello delle Alpi. In aggiunta a ciò va tenuto conto di un elemento, il vento, che può diventare piuttosto fastidioso o addirittura creare problemi anche in giornate assolate e inizialmente prive di fenomeni. Probabilmente agosto e settembre restano i mesi migliori per arrampicare sul Gran Sasso, anche alla luce delle volubili condizioni meteorologiche degli ultimi anni. In questo periodo le giornate sono lunghe e la neve completamente sciolta, a Sud il caldo può farsi sentire ma in generale l’aria è secca e si possono sempre scegliere altri versanti. Per i più agguerriti la stagione inizia a maggio e non disdegna le buone giornate di ottobre, con qualche prudenza nell’abbigliamento. A inizio stagione gli attacchi si possono raggiungere con gli sci, in qualche canale e nelle zone in ombra si può trovare neve anche piuttosto dura richiedendo l’aggiunta di qualche attrezzo nello zaino.

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Storia alpinistica L’estate del 1573, alla non consueta età di 69 anni, Francesco De Marchi, ingegnere bolognese celebre come progettista di fortezze, si reca verso L’Aquila, in direzione di Assergi, la piccola località ai piedi del Gran Sasso nel suo versante aquilano. Con un gruppo di locali, tra i quali Francesco di Domenico, un cacciatore di camosci che probabilmentye già consoceva l’itinerario, ed altri locali convinti “a preghi e premi” raggiungono faticosamente la vetta del “Corno Monte” (De Marchi: “Quand’io fui sopra la sommità, mirand’all’intorno, pareva che io fussi in aria, perché tutti gli altissimi Monti che gli sono appresso erano molto più bassi di questo”). Il 30 luglio del 1794, in compagnia dell’architetto/ingegnere Eugenio Michitelli e di un piccolo gruppo di montanari, il venticinquenne Orazio Delfico, appartenente a una delle più antiche famiglie teramane, inaugurò la strada fino alla sommità partendo dal versante teramano. Le vette del Gran Sasso iniziano a essere frequentate più spesso nella seconda metà dell’800 quando anche nelle regioni centrali nascono alcune sezioni del Club Alpino Ita-

Gli Aquilotti di Pietracamela

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liano. In questa fase nascono anche i primi rifugi: il Garibaldi nel 1886, in una conca del versante meridionale del Corno Grande, poi il Duca degli Abruzzi nel 1908. Alla fine del primo conflitto mondiale una nuova generazione di alpinisti abruzzesi e romani affronta con spirito più strettamente alpinistico le pareti del Gran Sasso. Tra questi si distingue Enrico Jannetta, che guarda con curiosità al “Paretone” del Corno Grande, alla parete Est ed alle evidenti creste del Corno Piccolo. Nell’estate del 1934 Aldo Bonacossa, che era già stato sul massiccio del Gran Sasso, scende in Abruzzo in compagnia di Giusto Gervasutti con il quale traccia un itinerario sullo spigolo della Punta dei Due che, forse per la prima volta, affronta passaggi di sesto grado. Gli “Aquilotti” di Pietracamela, nato prima degli Scoiattoli di Cortina e dei Ragni di Lecco, hanno rappresentato un gruppo storico: agli inizi degli anni trenta tracciano numerosi itinerari - per lo più denominati “Aquilotti“ seguite dall’anno di apertura. I mezzi sono artigianali, le tecniche approssimative, ma il desiderio di affrontare le pareti di casa è grande: grande quanto la parete

Ernesto Sivitilli


1959 - Gigi Mario in vetta al Corno Piccolo

Nord del Monte Camicia, imponente ma fragilissima e complessa muraglia che Bruno Marsilii ed Antonio Panza superano una prima volta nel 1934 e ripetono l’anno successivo in risposta alla diffidenza degli abitanti di Castelli che avevano messo in discussione la veridicità della prima salita. Durante gli anni della seconda guerra mondiale l’aquilano Andrea Bafile realizza diversi itinerari sulle Fiamme di Pietra, compatti ed aguzzi torrioni che si innalzano lungo il versante meridionale del Corno Piccolo, affrontando difficoltà di quinto e sesto grado. A partire dagli anni cinquanta si avvia la saga dell’alpinismo romano che porta sul Gran Sasso l’esperienza maturata sulle Dolomiti: è tutto il gruppo della SUCAI, con Paolo Consiglio, Franco Cravino, Bruno “Dado” Morandi, Carlo Alberto Pinelli, Franco Alletto. Si impegnano su alcuni versanti “irrisolti” fino a quel momento per le difficoltà che opponevano: la Diretta sulla parete Est della Vetta occidentale, la Gran Placca del Torrione Cambi e il Monolito del Corno Piccolo sono alcuni degli itinerari aperti in questa fase. Silvio Jovane si dedica con dedizione e costanza all’esplorazione del Paretone. Luigi Mario - guida al-

Silvio Jovane sul Paretone

pina, monaco Zen, direttore tecnico dei corsi-guida nazionali - si muove su tutti i tipi di terreno, apre un importante via al Monolito del Corno Piccolo, la Rosy, e la lunga ed articolata via Classica al Secondo pilastro del Paretone. Negli stessi anni, oltre ai romani si dedicano al Gran Sasso anche forti alpinisti marchigiani ed aquilani: gli ascolani Maurizio Calibani e Marco Florio nel 1963 compiono la prima salita invernale della lunga ed articolata cresta Nord della Vetta orientale del Corno Grande. Un altro ascolano, Francesco Bachetti, in soli 3 anni apre moltissimi itenerari (Corno Piccolo, Intermesoli e Camicia) con pochissimi mezzi e sottovalutando il tutto. L’aquilano Domenico “Mimì” Alessandri realizza vie divenute classiche sulla parete Est della Vetta occidentale del Corno Grande e al Terzo Pilastro del Paretone. È inoltre protagonista con Carlo Leone ed il giovanissimo Piergiorgio De Paulis della prima salita invernale della parete Nord del Camicia, nel dicembre del 1974, In questi stessi anni la guida alpina Lino D’Angelo riprende e dà nuovo lustro alla tradizione degli Aquilotti di Pietracamela.

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Rys Zaremba, in doppia dal primo tiro della Via dei tetti - Via del cinquantenario (Fabrizio Antonioli e Stefano Ardito - Zanichelli)

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Franco Cravino e Lino D’Angelo

La seconda metà degli anni settanta assiste ad una vera e propria svolta che si deve sostanzialmente a due figure: Pierluigi Bini, cresciuto nella periferia romana, e Giampiero Di Federico, di Chieti, con approcci alla montagna piuttosto diversi tra loro. Bini è tutta velocità, tecnica, eleganza, ripete in solitaria, non di rado sciolto (sia in salita che in discesa) un numero enorme di vie sul Gran Sasso e sulle Dolomiti. Sul Gran Sasso ripete tutto il possibile anche concatenando più itinerari nella stessa giornata e inventa alcune delle più belle linee di tutto il massiccio (la Via del Vecchiaccio, le Placche di Manitù e le Placche del Totem sulle Spalle del Corno Piccolo, il Diedro di Mefisto in una delle porzioni più selvagge del Paretone). Giampiero Di Federico è un abruzzese solido, si impegna su vie dure come la Rossana al Corno Piccolo e la Di Federico-De Luca al Pizzo d’Intermèsoli. Non disdegna gli ambienti invernali severi, disagevoli (la prima invernale solitaria del Terzo Pilastro del Paretone rimarrà a lungo impressa nella memoria) ma è anche capace di veri e propri capolavori: la Di Federico-De Luca al Monolito è una delle vie più eleganti e ripetute del massiccio. Sulla scia di Di Federico compare presto un ascolano, Tiziano Cantalamessa, operaio, allevatore, guida al-

Marsilii e Panza

pina, che si muove spesso sul Paretone, sia in estate che d’inverno, aprendo numerose vie nuove e compiendo varie prime invernali. Nel gennaio del 1989, in compagnia di Franchino Franceschi, Cantalamessa risale in tre giornate i quattro Pilastri del Paretone compiendo un formidabile e storico concatenamento. Un importante contributo verso la ricerca della difficoltà e l’esplorazione arriva nella seconda metà degli anni ottanta da un altro romano, Paolo Caruso, che traccia sul Corno Piccolo Cavalcare la Tigre, una delle più difficili vie della parete Est, e nel 1987, insieme a Giulia Baciocco, è l’autore di una difficilissima via sulla Farfalla, un enorme parete strapiombante che domina il lato sinistro del Paretone a forma, appunto, di farfalla. Insieme con Cantalamessa e Caruso compare spesso Massimo Marcheggiani, alpinista di Frascati, che compie numerose prime invernali e apre dei magnifici itinerari sulla parte destra del Paretone. Gli anni ottanta sono anche quelli della nascita dell’arrampicata sportiva che spesso porta in parete nuove tecniche contribuendo all’aumento del livello delle difficoltà. A Roma, insieme con Bini, si muove un folto gruppo di forti arrampicatori di cui fanno parte Luca Grazzini, Roberto Ciato, Sebastiano Laboz-

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Alcuni degli inconsapevoli protagonisti del Gran Sasso nella falesia di Ciampino. Da sin. a des. G. Gianni, B. Vitale, A. Di Bari, L. Bucciarelli, G. Barberi, S. Finocchi, F. Pennisi, R.Barberi (© G. Battimelli)

zetta - sono loro alcune bellissime vie al II Pilastro dell’Intermesoli; il duo Paolo Abbate e Maurizio Tacchi, Alessandro Lamberti Bocconi; Germana Maiolatesi - senza dubbio una delle più forti alpiniste del XX secolo che pratica la montagna a 360° - Cristiano e Fabio Delisi, fratelli ed entrambi guide alpine. Donatello Amore apre numerosi itinerari al Corno Piccolo, all’Intermesoli e al Corno Grande. Un altro duo composto da Luciano Mastracci e Marco Marziale, si dedica alle ripetizioni delle vie più dure del G.S., sia in estate che in inverno. Ultima ma non ultima si registra in questi anni una incredibile attività che vede protagonisti i terribili fratelli Roberto e Giuseppe Barberi che aprono numerosissimi itinerari difficili e con scarse protezioni, spesso in “complicità” con Paolo Abbate. I “Vermi” li chiamano, ma non in modo dispregiativo. Come racconta Roberto Iannilli – in un appassionato resoconto della prima solitaria di King’s Kong Crack alle strutture del Pizzo d’Intermesoli pubblicato su Planetmontain. com nell’estate 2012 – “l’origine di tale soprannome è un mistero, ma per tutti ormai sono i Vermi. Medio Verme, ovvero Roberto, e Gaston, alias Giuseppe, perfino la moglie di

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Roberto chiama il marito Medio, con il verme sottinteso. In ogni caso, soprannome o meno, quei tre lo facevano apposta a tenere strette le valutazioni. Quando li incontro gliene dico quattro. Limortacciloro!”. Roberto Iannilli, proveniente da Ladispoli provincia di Roma, è relitavamente esterno a questi circuiti. Traccia decine di vie nuove sulle grandi pareti del Gran Sasso, dalla Est della Vetta occidentale del Corno Grande alla Est del Corno Piccolo. Rivolge un grande e costante impegno alla parete Nord del Camicia su cui nel 1999 traccia, con Ezio Bartolomei, Vacanze romane, un lungo ed articolato itinerario che risale l’intera parete con passaggi di quinto e quinto superiore spesso su erba verticale e roccia instabile. Dalla fine degli anni ottanta un giovanissimo Claudio Arbore avvia una personale e remunerativa ricerca alpinistica soprattutto legata al ghiaccio esplorando in particolare le possibilità offerte dalla valle del Vomano che si incunea tra i Monti della Laga ed il Gran Sasso. A cavallo tra gli anni novanta ed i duemila Paolo Bongianni, Bruno Moretti e Bruno Vitale svolgono un’intensissima attività esplorativa concentrandosi su una serie di settori del


Roberto Iannilli

Gran Sasso come la parete Nord del Corno Piccolo, le Strutture ed i Pilastri dell’Intermesoli su cui ancora possono essere tracciati interessanti e vari itinerari, soprattutto in stile moderno. Merita di essere riferita anche l’attività di Fabio Lattavo anche questa incessantemente rivolta alla ricerca di linee rocciose ancora disponibili praticamente su tutti i versanti del Gran Sasso. Nei primi anni duemila si affaccia sul Gran Sasso il ternano Stefano Zavka che fra le altre cose, realizza la prima solitaria della Farfalla (Zavka scomparirà poi tragicamente nel 2007 durante una spedizione sul K2). Altro protagonista del primo decennio del millennio è Andrea Di Donato, guida alpina teramana, che nel gennaio 2008 realizza la prima salita invernale in solitaria della parete Nord del Camicia e, tra il 14 ed il 16 marzo del 2012 in compagnia di Bertrand Lemaire, francese ma residente a Roma, effettua la prima libera della via Il Nagual e la Farfalla sul Paretone, tra l’altro ancora dentro la stagione invernale. Sempre nel 2008, quest’ultimo, al termine di una serie di tentativi, insieme con la guida alpina abruzzese Roberto Rosica apre dal basso L’erba del Diavolo, una via sul Secondo Pilastro dell’Intermèsoli che si presenta tra

Tiziano Cantalamessa

le più impegnative del Gran Sasso. Rosica è anche l’apritore di Odetamò, un bellissimo intinerario tra i più impegnativi della prima spalla. Nel luglio del 2016 Roberto Iannilli trova la morte sulla parete Nord del Camicia con il sulmontino Luca D’Andrea durante un tentativo di salita per un nuovo itinerario. Poco più di dieci anni dopo l’apertura, nel luglio 2019 Lorenzo Angelozzi, Daniele De Patre ed Emanuele Pontecorvo effettuano la prima ripetizione de L’erba del Diavolo anche se è mancata la libera integrale (ragione per la quale anche i ripetitori, al pari degli apritori decidono di non pronunciarsi sulla difficoltà dell’itinerario). Emanuele Pontecorvo è anche l’apritore, con Marco Cristell, di Generazione P all’anticima Est del Corno Grande mentre Lorenzo Angelozzi, Daniele De Patre ed Andrea Di Pascasio riportano in auge la Terza Spalla del Corno Piccolo con l’apertura di un difficilissimo itinerario moderno: La Sparatoria. Questi sono gli ultimi e più giovani protagonisti del Gran Sasso d’italia.

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Punti di appoggio RIFUGIO CARLO FRANCHETTI (2.433 M) Prati di Tivo Vallone delle Cornacchie Pietracamela – Teramo Proprietà del C.A.I. di Roma Gestore: Luca Mazzoleni Via Aquilotti 5 - 64047 Pietracamela (TE) Tel. 0861-959634 / 333-2324474 W: rifugiofranchetti.it FB: RifugioFranchetti E: lucamazzoleni@rifugiofranchetti.it Il rifugio Carlo Franchetti è situato in bellissima posizione nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso. Edificato sul finire degli anni ‘50 dalla sezione romana del CAI, è stato inaugurato nel 1960. Costruito interamente in pietra calcarea e rivestito in legno sorge a m 2433 di quota su uno sperone roccioso, al centro del Vallone delle Cornacchie. Stretto tra le pareti del Corno Grande e del Corno Rifugio Franchetti

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Piccolo offre un magnifico panorama sulle dolci colline dell’Abruzzo teramano fino al vicino mare Adriatico. Con le sue ridotte dimensioni mantiene lo spirito originario del rifugio di una volta, con un contatto diretto tra i frequentatori e chi ci vive e lavora. Importante punto di appoggio per le vie normali e le ferrate che salgono ai “Due Corni”. Costituisce anche una ottima base per le vie di roccia del Corno Piccolo (in particolare sulla parete est e sulle Fiamme di Pietra) e del Corno Grande con le impegnative vie sul severo “Paretone” della Vetta Orientale o per bellissime classiche di media difficoltà, come la Traversata delle Tre Vette. Dal rifugio si raggiunge in 40 minuti di sentiero il piccolo Ghiacciaio del Calderone, ultimo residuo di antiche ere glaciali.


Apertura: Estiva da inizio giugno a fine settembre Da ottobre a maggio solo su richiesta con prenotazione (nei fine settimana e giorni festivi) Dotazioni del rifugio: Servizio di ristoro e cucina Acqua corrente proveniente dal ghiacciaio del Calderone Telefono con ponte radio Telecom, energia elettrica fornita da impianto fotovoltaico Enel Riscaldamento a termoconvettori a gas Radio vhf per emergenze e soccorso Telefono di emergenza attivo anche nel periodo di chiusura 23 posti su letti a castello in due camerate comuni Bagno all’interno del rifugio con acqua corrente fredda (non sono disponibili né acqua calda né docce) RIFUGIO GARIBALDI (2.230 M) CAMPO PERICOLI Proprietà del C.A.I. Sezione dell’Aquila tel. 0862 24342 E: info@cailaquila.it Costruito dalla sezione di Roma, il Rifugio Garibaldi fu inaugurato il 16 settembre 1886.

Prima costruzione del genere sugli Appennini, ad essa si lega il ricordo del periodo eroico della conquista alpinistica, condotta sistematicamente dalla Sezione Romana, del massiccio del Gran Sasso. La sua fortuna incominciò a declinare con la costruzione nel 1908 del Rifugio Duca degli Abruzzi. Ma quando ormai stava per rendersi inabitabile, la Sezione Aquilana lo prese in gestione. Il rifugio è situato nella conca di Campo Pericoli, nel cuore del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti Della Laga. Anche oggi, pur non avendo la stessa importanza e l’”appeal” del passato, il Rifugio Garibaldi costituisce una importante tappa verso i 2.910 metri del Corno Grande in circa due ore e mezza, oltre che per numerosissime possibilità alpinistiche, scialpinistiche ed escursionistiche nei dintorni. Il rifugio ha un eccezionale valore storico, essendo stato costruito nel 1886. Lo si può raggiungere sia partendo da Campo Imperatore (qui si giunge, invece, direttamente con la Funivia del Gran Sasso) e sia passando per Prati di Tivo.

Rifugio Garibaldi

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RIFUGIO DUCA DEGLI ABRUZZI (2.338 M) CRESTA DI MONTE PORTELLA Proprietà del C.A.I. Sezione di Roma Gestori Luigi D’Ignazio e Carlotta Bonci 347 5255250 - 0862 1956147 W: rifugioducadegliabruzzi.it E: info@rifugioducadegliabruzzi.it Il Rifugio, di proprietà del C.A.I. di Roma, è situato a 2.388 metri sulla Cresta del Monte Portella, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, al ridosso del Corno Grande e delle principali vette del massiccio. Il Duca degli Abruzzi è un rifugio di montagna raggiungibile solo a piedi con 40 minuti di facile cammino da Campo Imperatore (AQ), o da Prati di Tivo (TE) con una splendida traversata di 4 ore. Non offre grandi comodità ma è un luogo dove escursionisti, alpinisti e amanti della montagna potranno trovare ristoro e pernottare immersi nello splendido ambiente naturale che lo circonda. L’Apertura estiva è dal 1 giugno al 30 settembre (tutti i giorni). Nei mesi di maggio e ottobre il rifugio è aperto nei weekend se il meteo lo consente. Il Rifugio, costruito nel 1908 dalla Sezione del Club Alpino Italiano di Roma, nel corso degli anni è stato più volte ammodernato e nell’estate 2007 è stato completamente ristrutturato. È dotato di riscaldamento, energia eletRifugio Duca degli Abruzzi

foto duca degli abruzzi

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trica da rete e di acqua non potabile utilizzata per gli usi di cucina ed i servizi. A disposizione dei clienti l’utilizzo gratuito del Wi-Fi. Le Stanze Al piano superiore trovano posto le accoglienti camere, una con 15 posti su letti a castello, l’altra da 9 posti su tavolato in legno, oltre all’alloggio del gestore. Tutti i posti sono dotati di comodi materassi, trapunte e coperte. Per motivi igienici è obbligatorio il sacco lenzuolo o sacco a pelo personali. La Cucina La cucina del rifugio è casereccia ed offre piatti tipici abruzzesi e di montagna: come polenta, zuppe, lo spezzatino di cinghiale con polenta, lo spezzatino di pecora, piatti tipici con affettati e formaggi locali. Per integrare le calorie perse durante la salita inoltre non manca una fetta di strudel o qualcun altro dei nostri dolci fatti in casa. Bar e Ristorante Nell’ingresso una parte è riservata al bar dove gli ospiti potranno consumare al loro arrivo un the caldo oppure una birra fresca. Possono inoltre gustare i dessert o assaggiare alcune grappe o liquori aromatizzati alle erbe o alla frutta. Nella sala da pranzo comodi tavoli possono ospitare circa 30 persone per gustare i nostri piatti in un ambiente famigliare.


BIVACCO ANDREA BAFILE Si trova sulla cresta sud-est della Vetta Centrale del Corno Grande. Costruito nel 1966 dalla Sezione del CAI dell’Aquila è sempre aperto e dispone di 9 posti letto.

Di facile accesso, ben tenuto, è un’ottima base per le ascensioni invernali o estive sul versante meridionale del Massiccio del Corno Grande.

Bivacco Bafile (© Aristeidis Apostolopoulos)

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Bibliografia GUIDE Paolo Abbate, Luca Grazzini Gran Sasso d’Italia (CAI-TCI, 1992) Fabrizio Antonioli, Stefano Ardito Gran Sasso-proposte per quattro stagioni (Zanichelli, 1982) Fabrizio Antonioli, Fabio Lattavo Gran Sasso-105 itinerari scelti (Vivalda, 2000) Roberto Ciato, Furio Pennisi, Bruno Vitale Gran Sasso-arrampicate scelte (Mediterranee, 1986) Carlo Landi Vittorj, Stanislao Pietrostefani Gran Sasso d’Italia (CAI-TCI, 1943, 1962 e 1972) Piero Ledda, Il chiodo fisso (Edizioni Il Lupo) Cristiano Iurisci, Passi di V° (Edizioni Il Lupo)

SITI INTERNET www.auaa.it www.planetmountain.com www.samuelemazzolini.it www.dmpmontagna.blogspot.com www.up-climbing.com www.riccardoclimbing. com

CARTOGRAFIA C.A.I. - Sez. dell’Aquila, Gran Sasso d’Italia - Carta dei Sentieri - 1:25.000, ultima edizione

GranSasso (©M Anselmi)

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Samuele Mazzolini sul tiro Chiave di Di Notte la luna

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Accessi generali I principali punti di partenza sono: Prati di Tivo (per tutte le ascensioni sul Corno Piccolo, il Paretone e Intermesoli) e Campo Imperatore (per l’accesso a tutto il versante meridionale del Gran Sasso). Accesso per Prati di Tivo Da Roma: 1) oltrepassando L’Aquila, proseguire l’Autostrada A24 in direzione Teramo; dopo il traforo del Gran Sasso continuare l’autostrada A24 per alcuni chilometri fino all’uscita Basciano-Villa Vomano, da qui prendere la S.S. 150 in direzione di Montorio al Vomano, proseguire verso sinistra lungo la S.S. 80. Al bivio di Ponte Rio Arno svoltare a sinistra sulla S.P. 43A per Pietracamela e Prati di Tivo. 2) dopo il traforo del Gran Sasso uscire a San Gabriele-Colledara, girare a sinistra per la S.P. 40 per un brevissimo tratto e prendere sulla destra la S.P. 491 per Tossicia fino a Montorio al Vomano (un po’ disagevole per la presenza di numerose curve e tornanti). Attraversare Montorio al Vomano e proseguire verso sinistra lungo la S.S. 80. Al bivio di Ponte Rio Arno svoltare a sinistra sulla S.P. 43A per Pietracamela e Prati di Tivo; 3) Autostrada A24 fino all’uscita L’Aquila Ovest, poi prendere la S.S. 80 in direzione Teramo e Passo delle Capannelle. Dopo circa 50 km, in corrispondenza del bivio Ponte di Rio Arno, svoltare a destra sulla S.P. 43A per Pietracamela e Prati di Tivo.

Camosci nel vallone dei Ginepri (© Igor Brutti)

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La Piana di Campo Imperatrore all’alba (© Andrea Corsi)

Da Teramo: si prende direttamente la S.S. 80, si attraversa Montorio al Vomano fino al bivio di Ponte Rio Arno dove si svolta a sinistra sulla S.P. 43A per Pietracamela e Prati di Tivo. Accesso per Campo Imperatore Si può raggiungere con la funivia del Gran Sasso d’Italia oppure per via stradale. Percorrendo l’Autostrada dei Parchi in provenienza da Roma o da Teramo (traforo del Gran Sasso d’Italia) si esce ad Assergi, si prende verso destra la S.S. 17bis per Campo Imperatore e, dopo circa due chilometri, si giunge in località Fonte Cerreto dove si trova la stazione inferiore della funivia. Si può parcheggiare nei pressi della stazione di partenza oppure, appena prima Fonte Cerreto, si seguono le indicazioni per l’ampio parcheggio sottostante il camping. Si consiglia di organizzarsi prima in base agli orari della funivia non sempre compatibili con i tempi di percorrenza di itinerari alpinistici. Il percorso stradale è più lungo ma in compenso non comporta vincoli orari. Da Fonte Cerreto si prosegue lungo la S.S. 17bis incontrando numerose curve e tornanti e, giunti in corrispondenza del bivio per Vado di Sole e Castel del Monte, si svolta a sinistra (in prossimità dei ruderi di Sant’Egidio) risalendo ancora qualche chilometro fino al piazzale di Campo Imperatore su cui sorgono l’albergo e l’ostello omonimi (35’-40’ da Fonte Cerreto). Nella stagione invernale la strada che percorre l’altipiano di Campo Imperatore è generalmente chiusa per neve.

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Corno Grande È il cuore del gruppo del Gran Sasso. Dal punto di vista geografico ne separa quasi esattamente la catena occidentale da quella orientale. Ad esso appartengono le maggiori elevazioni dell’intero Appennino e in particolare le tre vette del Corno Grande: Occidentale (2912 m), Centrale (2893 m) ed Orientale (2903 m). Queste tre sommità, insieme con il Torrione Cambi (2875 m), formano una cresta a forma di ferro di cavallo che accoglie, nel suo versante settentrionale, l’unico ghiacciaio appenninico: il Calderone. Il massiccio del Corno Grande ha una configurazione molto articolata: si incontrano creste talora frastagliate e irte di torrioni e pinnacoli, tal’altra maestose e di considerevole sviluppo come le creste Nord e Sud Est della Vetta Orientale, veri e propri contrafforti del massiccio a osservarlo dal mare. I suoi vari versanti offrono all’alpinista terreni di gioco assai diversi. L’assolato versante meridionale racchiude i camini e le fessure della Parete Est della Vetta Occidentale e la compatta placconata del Torrione Cambi offrendo una godibile combinazione di arrampicata classica e moderna. A oriente il Corno Grande assume la forma di una imperiosa bastionata, il Paretone, che incombe sul minuto abitato di Casale San Nicola (TE), con accessi lunghi ed impegnativi, vero e proprio tempio dell’alpinismo d’avventura.

Vetta Occidentale

Torrione Cambi Vetta Anticima Centrale

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1

Corno Grande

Vetta Occidentale 2912 m. Si tratta della vetta più alta del Gran Sasso e dell’intera catena appenninica. È ben visibile dalla città dell’Aquila e ne costituisce, storicamente, uno dei principali simboli. Dalla sua cima si dipartono quattro lunghe creste che delimitano il versante meridionale da quello settentrionale. Fino alla Sella del Brecciaio corre la panoramica cresta Ovest, utilizzata spesso come via di discesa in alternativa alla via Normale o alla Direttissima. La cresta Nord Nord Ovest raggiunge, sul versante teramano, la Sella dei Due Corni; dalla cresta Nord Est, che corre aerea con continui saliscendi verso la Forchetta del Calderone, si può godere una magnifica prospettiva su tutte le montagne circostanti; infine, lungo la compatta dorsale della cresta Sud Sud Est, nota come “lo spigolo”, nel lontano 1933 è stato tracciato un piccolo capolavoro di intuito alpinistico, ancor oggi e meritatamente tra i più frequentati del gruppo. Da Campo Imperatore si intravede l’aperto e assolato fianco meridionale solcato da alcuni ben visibili canali come la Direttissima, principale via di accesso (e di discesa) alla vetta, o il Bissolati, ripido canalone percorribile, con qualche attenzione, anche con gli sci. Il versante sud orientale è dominato dal verticale muraglione della parete Est, probabilmente il più dolomitico dei settori d’arrampicata. Di fronte è il Bivacco Bafile: il sentiero attrezzato che vi conduce procede quasi orizzontalmente e con tratti a volte esposti in ambiente severo e maestoso con ampia vista sulla Valle dell’Inferno e sul suggestivo altopiano di Campo Imperatore, fin sugli ultimi risalti orientali della catena con i monti Camicia e Tremoggia. Il versante settentrionale che accoglie, fra le altre cose, il ghiacciaio del Calderone, è irregolare, frastagliato, di scarso interesse alpinistico. Nella sua propaggine più occidentale si incontra la Pera, un piccolo scrigno di compatta roccia raggiungibile su comodo sentiero con solo un’ora di cammino da Campo Imperatore. Le vie di arrampicata si svolgono oltre i 2500 metri di quota e questo implica la necessità di prestare la dovuta attenzione alle condizioni meteo. ACCESSO Dal piazzale/parcheggio di Campo Imperatore (2130 m) si costeggia a sinistra l’Osservatorio e, dopo alcune svolte, si arriva ad un bivio. Se ne prende il ramo di destra (101) che prosegue lungamente a mezzacosta (il ramo principale conduce, a sinistra, verso il visibile rifugio Duca degli Abruzzi, 100D). Dopo circa 20’ si attraversa un piccolo brecciaio e si rimonta con alcune ripide svolte fino in cresta, appena sopra la Sella di Monte Aquila (2335 m; 40’ circa dal piazzale). Si scende verso la sella e, giunti presso un bivio con targa, si prosegue diritti verso la sella di Corno Grande in vista del caratteristico “sassone” che si nota in alto sulla sinistra (104). Dalla sella di Corno Grande (2421 m), che si affaccia sull’ampio e suggestivo Vallone dell’Inferno, si risale un ripido pendio ghiaioso, si costeggia il Sassone,un caratteristico grande masso conficcato nel ripido pendio e, dopo un breve tratto di cresta pianeggiante, si giunge ad un bivio ove è apposta una targa. Sulla sinistra, con segnali verdi, sale la Direttissima alla vetta Occidentale (154) mentre a destra si diparte il sentiero (104) recentemente attrezzato che porta sino al bivacco Andrea Bafile. DISCESA Dalla vetta Occidentale la discesa per Campo Imperatore avviene normalmente per la via Direttissima (dislivello 300 m, sentiero n.154, passi di 2 e 3, segni verdi). Dalla vetta si scende per alcuni metri verso la cresta Ovest. Non proseguire per il sentiero della Normale a Corno

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Grande ma deviare a sinistra per un canale detritico. Scendere nel canale per una cinquantina di metri poi traversare a sinistra fino a una crestina che si affaccia sul canale Moriggia-Acitelli. Seguire in discesa la crestina poi riportarsi sulla destra scavalcando una caratteristica costola (schiena d’asino, passo di 3), seguire il canale su traccia, a uno slargo abbassarsi in obliquo verso sinistra fin sotto la parete, imboccare un canalino (passi di 2) e seguirlo fino alla fine, traversare un poco a destra entrando in un altro canale, seguirlo tenendosi sulla sinistra (segni verdi) fino ad arrivare al bivio con targa; da qui si riscende verso la sella di Monte Aquila e si riprende sulla sinistra il sentiero che in breve conduce a Campo Imperatore (ore 1.45). Itinerari alternativi, più lunghi ma più remunerativi sotto il profilo panoramico, sono la cresta Ovest (154A) e la via Normale alla vetta Occidentale (154) che percorrono quasi parallelamente il versante Ovest del Corno Grande ricongiungendosi in corrispondenza della Conca degli Invalidi (103), spesso innevata anche fino a tarda stagione. Dalla vicina Sella del Brecciaio si prosegue in discesa con alcuni ripidi tornanti portandosi sul versante meridionale; tagliando diagonalmente il pendio proprio al di sotto della cresta Ovest si giunge in prossimità delle strutture rocciose della Pera. Da qui si prosegue sul comodo e pressoché pianeggiante sentiero che, guardando a destra Campo Pericoli e la Val Maone, conduce fino alla sella di Monte Aquila e poi a Campo Imperatore (ore 2-2.30 dalla vetta); per maggiori dettagli su questo percorso vedi discesa dalla Vetta Orientale. Lungo la Via Normale Vetta Occidentale

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1.1

Corno Grande

Vetta Occidentale, La Pera Quasi al centro dell’accidentato versante sud occidentale del Corno Grande si erge uno sperone roccioso che delimita a destra il ghiaione che si risale da Campo Pericoli per raggiungere la Sella del Brecciaio. Il caratteristico profilo a forma di “pera” fa capolino in lontananza sin dalla Sella di monte Aquila e diventa via via più definito durante l’avvicinamento. Il comodo accesso, la favorevole esposizione e la qualità della roccia ne fanno una meta interessante già agli inizi della primavera come preludio alla stagione estiva. Vi corrono diversi itinerari attrezzati a spit. Ne segnaliamo quattro di tipo sportivo che sfruttano le porzioni più compatte dello sperone in cui si alternano tecniche placche e tratti di arrampicata atletica. ACCESSO Dal piazzale/parcheggio di Campo Imperatore si costeggia a sinistra l’Osservatorio e, dopo alcune svolte, si arriva ad un bivio. Se ne prende il ramo di destra (101) che prosegue lungamente a mezzacosta (il ramo principale conduce, a sinistra, verso il visibile rifugio Duca degli Abruzzi). Dopo circa 20 min. si attraversa un piccolo brecciaio e si rimonta con alcune ripide svolte fino in cresta, appena sopra la Sella di Monte Aquila (2335 m; 40 min. circa dal piazzale). Si scende verso la sella e, giunti presso un bivio con targa, si prende a sinistra il sentiero 103 che conduce verso l’ampio versante Sud del Corno Grande. Superare il bivio da cui si scende al rifugio Garibaldi e procedere dritti lungo il sentiero ora quasi pianeggiante; dove quest’ultimo piega con evidenza a sinistra per la Sella del Brecciaio si incontra la struttura rocciosa denominata la Pera (1 ora da Campo Imperatore). DISCESA La discesa avviene in doppia lungo gli intenerari di salita. Andrea Iovenitti sul terzo tiro di La poire (© Marco Iovenitti)

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02

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2 Corno Grande  Torrione Cambi

20m 2/3 40m

3/4 40m

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25. VIA CLASSICA (SPIGOLO SE) ÙÙÙ Domenico D’Armi e Federico Federici, 8 agosto 1939. Difficoltà: 5c/R3/III Lunghezza: 240 m (7L) Tempo di salita: ore 2-3 Un itinerario di stampo classico nel senso più profondo del termine, oggi forse immeritatamente poco frequentato. Una via dal sapore antico che si addentra in uno degli angoli più remoti del Corno Grande, tra quinte rocciose suggestive e un ambiente isolato ma non repulsivo. Ha tutti i pregi per essere riscoperta. Il secondo tiro affronta una caratteristica fessura-camino, piuttosto faticosa e sostenuta, difficilmente proteggibile, alla fine della quale solitamente si prosegue per una variante, individuata da Domenico Alessandri e Uberto De Paulis nel 1965, che si porta sullo spigolo percorrendo placche di roccia ottima. Le soste sono attrezzate tranne nell’ultimo tratto; necessari dadi e friend, chiodi e martello. Accesso: una volta giunti sulla comba detritica sottostante la parete Est del Corno Grande non salire alla Forchetta del Calderone ma proseguire per qualche metro in direzione del Bivacco Bafile; in corrispondenza del masso con la scritta in rosso “al bivacco Bafile” prendere un canalino sulla sinistra, risalirlo per un tratto e poi abbandonarlo per puntare a sinistra all’evidente fessura-camino che solca lo spigolo Sud Est. Relazione: L1: per facili roccette fino alla base della evidente fessura-camino (3/4, 40m) L2: risalire la fessura-camino (chiodo) difficilmente proteggibile, dapprima larga poi stretta e faticosa, al termine della quale si sosta (5c, 35m) L3: una breve rampa di circa 5 metri conduce sotto un’altra fessura sulla parete di sinistra, risalirla e uscire sullo spigolo (5a, 25m) L4: proseguire lungo lo spigolo arrotondato per placche di roccia ottima fin dove esso perde pendenza (4, 40m) L5: ancora per placche compatte ora con minore pendenza fino a una sosta (4, 40m) L6: proseguire lungo lo spigolo per placche appoggiate (3/4, 40m) L7: seguire una crestina fino alla sommità dl Torrione Cambi (2/3, 20m) Discesa: vedi discesa dal Torrione Cambi.

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Lungo la cengia alle spalle del Bivacco Bafile che conduce all’attacco della Pinelli -Ramorino (ŠAristeidis Apostolopoulos)

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5 Corno Piccolo  Parete Nord

19. BACHETTI-CALIBANI ÙÙÙ Francesco Bachetti e Maurizio Calibani, 27 settembre 1968 Difficoltà: 5a/R2-3/II Lunghezza: 160 m (4L) Tempo di salita: ore 1.30-2.30 E’ la classica della parete nord che si snoda tra il pilastro percorso da Pilier Ferrante e l’evidente diedrone della Iskra vi è una placca caratterizzata da una fessura ad arco. La Bachetti-Calibani affronta una linea continua di fessure che delimitano sulla sinistra la placconata in questione con arrampicata logica e piacevole. La roccia è buona, le difficoltà non sono elevate la via è abbastanza attrezzata soste comprese. Portare cordini, nut, friend medio-piccoli Accesso: dalla Madonnina si raggiunge quasi l’estrema destra della parete (vedi accesso alla parete Nord) puntando alla placca sopra indicata; una breve rampa che obliqua a sinistra conduce alla base di due fessure parallele. L’attacco è sulla fessura di sinistra.

Relazione: L1: si sale tutta la fessura (chiodo all’inizio) che si fa più verticale e difficile da proteggere sostare dove diventa più facile (5b, 45m) L2: continuare per il diedro-camino e superata una strettoia proseguire per una rampa-fessura a sinistra fino a una sosta su due spit (5a, 40m) L3: rimontare il masso sopra la sosta e proseguire in placca fin sotto una fascia di strapiombi (3, 40m) L4: superare la fascia strapiombante e uscire su rocce facili nella comba ghiaiosa (5a, 50m) Discesa: vedi discesa dal Camino di mezzo, pg.136.

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Parete Nord, sulla via Fog (Šarch. C. Iurisci)

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Corno Piccolo

Parete Est Poco oltre la Madonnina, appena girato l’angolo che apre sul Vallone delle Cornacchie, la parete Est di Corno Piccolo appare in tutta la sua estensione e grandiosità. Questo enorme muraglione, alto fino a 350 metri, è caratterizzato da lunghe fessure, camini, strutture aggettanti, tetti, che culminano sulla cresta Nord Est di Corno Piccolo. Impone subito allo sguardo la sua verticalità dolomitica, talvolta quasi ostile nei suoi strapiombi e nelle sue irregolarità. Mentre ai due estremi la parete si assottiglia e gli itinerari si fanno più brevi, nella sezione centrale si riescono ad accumulare, con concatenamenti di vario genere, anche fino a quasi 500 metri di sviluppo. Percorrendola con lo sguardo da destra a sinistra possiamo distinguere almeno quattro sezioni. La prima, che costeggia la parte bassa del vallone delle Cornacchie, la si riconosce per il tipico colore giallastro. È la sezione meno elevata, la qualità della sua roccia non è all’altezza delle altre e ciò la rende meno interessante sotto il profilo alpinistico fatta eccezione per il compattissimo “pancione” che la caratterizza e dà il nome al settore. La Grotta delle Cornacchie, un evidente incavo che fa anche da punto di riferimento, indica l’inizio della seconda porzione di parete denominata la Crepa. Appare come un vero e proprio bastione roccioso attraversato da un reticolo di fessure, diedri, camini ed è delimitato a sinistra da una profonda e regolare fenditura, la Crepa appunto. In questa sezione gli itinerari sono numerosi e le difficoltà piuttosto elevate, non di rado superate con passaggi in artificiale. La terza sezione è dominata da un evidente e massiccio scudo roccioso, il Monolito, sul quale si trova la vetta del Corno Piccolo (2655 m). Qui la forma perfetta della struttura fa sì che la parete sembri opera deliberata e non un risultato casuale dell’erosione e del tempo. Placche ruvide e piene di buchetti, permettono di salire quasi dappertutto, con arrampicata tecnica difficile ma di grande soddisfazione. L’attrazione fatale suscitata dal Monolito ha fatto sì che la parete rocciosa che lo sostiene dal basso e che ne costituisce l’accesso (Monolito Inferiore), rimanesse a lungo trascurata e marginalizzata ma el corso degli anni diversi ed interessanti itinerari di stampo moderno sono stati tracciati sfruttando le porzioni migliori della parete. Quarto e quinto segmento sono costituiti dalla Torre Cichetti e dal Torrione Aquila che dal Monolito degradano verso la Sella dei due Corni con una serie irregolare di torri, pinnacoli e piccoli campanili monolitici. La loro conformazione è irregolare ma gli itinerari presenti risultano particolarmente interessanti sia per le difficoltà più contenute rispetto a quelle prevalenti negli altri settori sia per l’estrema comodità del vicino Rifugio Franchetti.

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Daniele Moretti e Tommaso Castorina su Il sonno della Ragione (ŠOmar Scarpellini)

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Canale Herron-Franchetti

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Pizzo d’Intermésoli  Secondo Pilastro - Parete Sud

11.2


obbliga a un’arrampicata libera molto sostenuta e poco protetta con una difficoltosa partenza su staffa dallo spit. La via è abbastanza attrezzata sia alle soste che nei passaggi più impegnativi. Portare cordini, nut, friend almeno fino al numero 2, martello e qualche chiodo. Accesso: attraverso il buco tra i massi si entra nel canale Herron-Franchetti (vedi accesso al Secondo Pilastro parete Sud); lo si risale superando un primo salto poi un piccolo ghiaione e roccette erbose fino alla base di un secondo salto in corrispondenza di una clessidra con cordino. Relazione: L1: dalla clessidra salire per circa due metri e prendere a destra una fessurina, dopo pochi metri traversare a destra superando uno spigolo e risalire un diedro, seguire sulla sinistra una cengietta sotto uno strapiombo che porta a una sosta al di sotto di una fessurina (5c, 25m) L2: salire la fessura (chiodi), traversare a sinistra e salire in prossimità dello spigolo, montare su un blocco a sinistra poi salire sulla destra a una sosta (7a, 20m) L3: traversare con difficoltà a sinistra (passo A0), prendere una fessurina poi in obliquo a sinistra a un’altra fessurina, salire dritti poi a destra di un pilastrino staccato, ancora dritti per una piccola

fessura, con ultimo difficile passo in placca si arriva a una sosta sulla destra (6c, 25m) L4: salire su placca fessurata e appoggiata più o meno dritti, dove termina uscire sulla destra e sostare su una comoda cengia (5b, 25m; da qui traversando a sinistra è possibile raggiungere la sosta di Forza 17) L5: traversare sulla terrazza qualche metro a destra e superare una placchetta uscendo su una piccola rampa inclinata su cui si sosta (5a, 10m) L6: a destra a una scaglia, dopo un diedrino spostarsi a sinistra e continuare obliquando a sinistra superando un muretto giallo (chiodi), proseguire ancora verso sinistra poi per una fessurina orizzontale (chiodi) dopo la quale si sosta (7b, 20m) L7: traversare a sinistra a uno spit, da questo (difficile la partenza dallo spit, utile una staffa) dritti per una placca compatta con piccoli buchi fin sotto un tettino, superarlo e proseguire per un tratto sprotetto, a un chiodo mezzo fuori traversare leggermente a sinistra a una clessidra, ora in verticale e poi in obliquo a sinistra su placca compatta fino alla sosta in comune con Terminesoli con la quale condivide le ultime tre lunghezze (7a/b, 25m) Discesa: vedi discesa dal Secondo Pilastro.

Bertrand Lemaire su L’erba del Diavolo

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