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Osservatorio IPLC È possibile un’alleanza tra i prodotti di marca industriale e i prodotti a marca del distributore?

È possibile un’alleanza tra i prodotti di marca industriale

e i prodotti a marca del distributore?

Innovazione, competizione e collaborazione, sono oggi tre parole chiave essenziali per relazioni profittevoli tra aziende di produzione, distribuzione e altre della supply chain. Le imprese della filiera in cui opera la mia azienda sono controparti a cui sottrarre quanto più valore possibile o sono potenziali partner per crearne di nuovo?

Tempi duri per i manager che non hanno le competenze per sviluppare relazioni di valore: capacità autentica di ascolto, empatia e confronto, sono tra le soft skill che possono generare risultati inaspettati e duraturi per le aziende (e le persone) coinvolte. Chi ha più potere contrattuale? Chi ha più bisogno di chi nella filiera? I retailer, tra l’altro, costruiscono l’offerta, tangibile e intangibile, allo scopo di eccellere nella “inter store competition”: l’offerta di categoria, di Mdd, di servizio - principali fattori per generare distintività e valore - è calibrata sul profilo dei clienti target.

Le marche dei produttori, nella dimensione tangibile e intangibile, cercano di essere preferite nella competizione a scaffale, per vincere nella “intra store competition”, infatti il punto vendita - dove i clienti assumono più del 70% delle decisioni d’acquisto - è il “media” a cui sono destinati i maggiori investimenti di comunicazione e promozione da parte dei produttori (in Italia circa 7 miliardi l’anno su dati Nielsen pre-pandemia). Queste due affermazioni didascaliche, per quanto vere, hanno diverse eccezioni: abbiamo visto situazioni in cui la complementarità tra formati di punto vendita ha generato durature alleanze di fatto, ad esempio, i discount che sorgevano a fianco dei supermercati, talvolta condividendo lo stesso parcheggio o punti di vendita specializzati che sorgevano in prossimità di superstore o ipermercati (category killer) avviando spesso delle “simbiosi” con vantaggi reciproci. Ma è la categoria, unità strategica di business del retailer e spesso del produttore, il terreno più fertile per la convergenza di interessi e collaborare, agendo in modo sinergico e complementare le leve di marketing e retail mix. Un esempio, non isolato, è brevemente descritto nel seguente “circolo virtuoso” di collaborazione tra produttore di marca e retailer in una importante categoria:

a. Il produttore sviluppa e innova i prodotti che commercializza con la propria marca, effettuando anche investimenti di comunicazione e ottenendo l’accesso a scaffale presso il retailer partner con i suoi prodotti di marca.

b. Quando l’effetto dell’innovazione si riduce e le vendite hanno generato il ritorno dell’investimento (del produttore per l’innovazione e del retailer per lo spazio occupato), lo stesso prodotto, eventualmente realizzato dallo stesso produttore di marca, entra nella gamma Mdd del retailer, sviluppandone le vendite (obiettivo del retailer che genra continuità di volumi di produzione per il produttore).

c. Nel frattempo, l’R&D e il Marketing del produttore hanno elaborato le innovazioni / novità, per rinnovare l’attenzione di shopper e consumatori verso il proprio brand, trainando così le vendite della categoria.

KPI (Key Performance Indicators) - come, ad esempio, per il retailer: rotazione, redditività dello spazio, margine di categoria e delle Mdd e, per il produttore: vendite e margini del prodotto di marca e margine dei prodotti Mdd realizzati dallo stesso produttore - possono dimostrare l’effetto winwin di tale pratica, determinando la ripetizione in più cicli delle fasi a+b+c. Non tutte le categorie hanno però profili di aziende (e di manager) in grado di organizzare cicli di collaborazione di questo tipo ed è proprio nelle categorie senza, o con poche e deboli marche industriali, che il ruolo del retailer diventa centrale e, per questo, talvolta va in crisi. Senza produttori leader o “capitani di categoria” o in categorie in cui è leader la Mdd, chi svolge il ruolo d’innovazione di prodotto? Il retailer? Il produttore in conto terzi? E se fosse quest’ultimo, il retailer sarebbe disponibile a investire nell’innovazione, garantendo un contratto fino almeno al ritorno dell’investimento del produttore? In questi casi, soprattutto per categorie ad alto coinvolgimento per il consumatore e con marche industriali deboli, le performance per tutti gli attori della categoria rischiano di deprimersi, a meno che, l’intensificarsi della competizione verticale non crei o coinvolga profili evoluti di produttori di Mdd che raccolgano la sfida posta dai retailer di innovare su aspetti rilevanti per il consumatore, per una Mdd che si smarchi definitivamente dal “ME TOO” per assumere il ruolo di “ME FIRST”. l

Paolo Palomba, Expertise on Field Managing Partner IPLC Partner

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