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Sostenibilità.

Le parole del retail

di Marco Usai

Esperti e stakeholder della filiera del largo consumo a confronto durante la 12° edizione del Green Retail Forum cercano di dare risposta a un mondo che cambia e azioni che richiedono termini nuovi.

Negli ultimi cinque anni l’interesse degli italiani per i temi legati alla sostenibilità è cresciuto in maniera esponenziale. Ricercando su Google Trends gli andamenti dell’interesse nel tempo per alcune delle “parole” della sostenibilità, come ad esempio Economia Circolare, Comunità energetiche, Sostenibilità alimentare, i risultati parlano chiaro: sempre più italiani s’informano, approfondiscono, investono tempo e risorse per aumentare le proprie conoscenze in materia e modificare i propri stili di vita e le proprie scelte di consumo. Sono molte le spinte storiche e socioculturali che hanno contribuito a questo risultato: la pandemia, gli eventi atmosferici estremi e la guerra in Europa “uber alles”, ma anche i movimenti ambientalisti e le politiche di supporto alla transizione ecologica e all’industria 4.0: nel Pnrr, dice Nomisma, il termine sostenibilità viene citato ben 465 volte. Dinanzi alla consapevolezza di un mondo che cambia a velocità mai sperimentate prima, c’è da interrogarsi sul ruolo che ognuno degli attori della società moderna, cittadini, istituzioni e imProduzione e servizi prese, devono avere nell’indirizzare que- puntano sui processi sto cambiamento sui binari giusti, facendo interni e sulle attiviscelte giuste. Che non è un fatto sconta- tà di riqualificazione to, soprattutto nell’universo del retail. La ambientale, con un differenza tra idea e azione, citando De boom di certificazioni Andrè, è infatti ancora molto accentuata e dichiarazioni legaquando si tratta di decisioni d’acquisto: te ai propri bilanci secondo il guru del “purpose marketing”, di sostenibilità e agli Thomas Kostler, a fronte di un 65% di per- impegni in tema di sone che dichiarano di voler comprare riforestazione e tutela green, solo il 26% lo fa davvero. Colmare questo gap del 39% è una delle sfide del delle specie protette. futuro sostenibile del retail. Di questo, ma non solo, si è parlato durante la dodicesima edizione del Green Retail Forum, l’evento dedicato alla soste-

nibilità nella filiera del largo consumo, promossa dalla fondazione Plef-Planet Life Economy Foundation, da Altavia Italia, da Ndb ed Edizioni DM. L’evento, ospitato negli spazi del Mind-Milano Innovation District, una vera e propria città nella città che sta prendendo forma nei 480mila metri quadrati dell’area Expo 2015 con un progetto di riqualificazione urbana sostenibile, ha visto la partecipazione di numerose realtà del mondo dell’industria, della distribuzione, dei servizi e del green tech. «Il terzo millennio – afferma

Paolo Mamo, presidente di Plef e ceo di

Altavia Italia – comincia davvero in questi anni: lo avevamo iniziato sotto auspici molto diversi, con una visione abbastanza tranquilla sullo sviluppo più sostenibile del nostro pianeta, ma ci troviamo di fronte alla consapevolezza che i grandi cambiamenti avvengono di fronte a grandi momenti di crisi. Questa è la nostra grande opportunità, che ci fa dire che adesso non stiamo più scherzando. E ce lo fa dire come umanità nel suo complesso, di fronte a una grande sfida che va affrontata non più con la competition, ma con la co-petition». In apertura dei lavori sono stati presentati i risultati dell’Osservatorio sulla Sostenibilità nel Largo Consumo realizzato da Plef ed Edizioni DM, che monitora da più di dieci anni la comunicazione di produttori, distributori e fornitori di servizi in tema di sostenibilità. «Negli Dinanzi alla consapevolezza di un mondo che cambia a velocità mai sperimentate prima, c’è da interrogarsi sul ruolo che ognuno degli attori della società moderna deve avere per indirizzare questo cambiamento nella direzione giusta.

ultimi tre anni – dice Ilaro Ghiselli, consigliere della fondazione Plef – le notizie pubblicate dagli attori della filiera sono più che raddoppiate, in particolar modo da parte dell’industria e dei fornitori di servizi. La Gdo, invece, cala e focalizza la sua comunicazione sui processi esterni e sull’impatto sociale della propria sostenibilità. Produzione e servizi puntano sui processi interni e sulle attività di riqualificazione ambientale, con un boom di certificazioni e dichiarazioni legate ai propri bilanci di sostenibilità e agli impegni in tema di riforestazione e tutela delle specie protette». Dalla giornata di dibattito sono emersi numerosi spunti di riflessione sul futuro del retail in chiave sostenibile, che vogliamo ricollegare a quattro parole chiave: scelte, misure, accessibilità, umanità.

Prima parola: SCELTE

“Il futuro è fatto di scelte” è lo slogan che ha connotato questa edizione del Green Retail Forum: da una parte dettate da logiche di business e di marketing, dall’altra quasi imposte dal mercato e dalle spinte socioculturali di questi anni. Come quelle che vengono dal Fridays For Future, movimento internazionale per la giustizia climatica ispirato da Greta Thunberg, che considera il retail come parte attiva del problema. «Produzione e consumo – afferma Martina Comparelli, portavoce di Fff Italia intervenuta durante i lavori del forum – per come li stiamo intendendo oggi sono insostenibili: il retail ha la possibilità e quindi il dovere di influenzare tutta la catena, da monte a valle, soprattutto nella scelta dei produttori, nelle politiche di prezzo al campo e sulla dimensione stessa della filiera, che va necessariamente accorciata. I distributori hanno il potere di scegliere di proporre ai propri clienti un’unica scelta, quella sostenibile, accelerando la transizione ecologica senza lasciarla in mano al consumatore: una linea sostenibile in mezzo a tante insostenibili – è la netta posizione di Comparelli – non è sostenibilità, è Green Washing». Sempre di scelte parla anche la direttrice commerciale di Cortilia, Emna Neifar, a proposito di un progetto di “digital nudging” realizzato in collaborazione con RetailLab, laboratorio di ricerca dell’Università di Parma. Su un assortimento piccolo e già selezionato a monte

dall’azienda, fresca di certificazione B-Corp, e che già rispecchia il suo naturale posizionamento su questi temi, l’intelligenza artificiale lavora per incentivare comportamenti d’acquisto virtuosi, proponendo di default le scelte più sostenibili tra le categorie preferite dall’utente. «Le scelte sono preselezionate per l’utente in base all’impatto, anche a livello di salute – commenta la manager della società, che ha tra le finalità di beneficio comune proprio quella nutrizionale – rendendo più difficile, per esempio, l’accesso a certi salumi per incitare a scegliere, in primis, altre cose. Far questo è sicuramente più facile sul nostro piccolo assortimento di 2.500 sku, rispetto ad assortimenti molto ampi, in cui è il consumatore a doversi informare, a fare calcoli, a scegliere» conclude Neifar. «Noi vogliamo trasmettere al nostro cliente un messaggio semplice: abbiamo già fatto questo lavoro per te, ti puoi fidare».

"Il futuro è fatto di scelte" è lo slogan che ha connotato questa edizione del Green Retail Forum.

Seconda parola: MISURE

L’approccio scientifico si basa su osservazione dei fenomeni e misurazione dei risultati. Parafrasando la celebre massima possiamo dire che “Se non è misurabile non è scienza, è opinione”. La misurazione dei risultati è, tutt’oggi, uno degli ambiti su cui il retail deve migliorare per guadagnare attendibilità e fiducia da parte del mondo scientifico e dei consumatori. Ragionare, dunque, sui numeri. L’undicesima edizione dell’Osservatorio Immagino, pubblicato da GS1 Italy lo scorso giugno, certifica che più del 32% del giro d’affari del Largo Consumo in Italia è realizzato da prodotti con etichette “green”: le referenze che riportano uno dei 35 claim di sostenibilità individuati da GS1, relativi ai quattro ambiti chiave del management delle risorse, agricoltura e allevamento, responsabilità sociale e rispetto degli animali, hanno realizzato nel 2021 oltre 12 miliardi di euro di fatturato, in crescita di quasi otto punti percentuali rispetto al 2019. «A fronte di questo – commenta Domenico Canzoniero, tra gli ideatori del Green Retail Forum e titolare di Ndb il Marketing Consapevole – non abbiamo una misura dell’impatto. È chiaro che poi la scienza, nei suoi report, tiene in considerazione il retail solo nominalmente ma, nei fatti, lo esclude». Misurare e rendicontare in modo scientifico e trasparente è una delle azioni chiave anche per Alfio Fontana, corporate partnership & Csr manager di Humana People, società impegnata nella cooperazione internazionale e in progetti di recupero e riuso di abiti usati a fini solidaristici. «Questo darà alle persone la possibilità di comprendere qual è il loro impatto quotidiano nell’acquistare e consumare; sicuramente potremmo ottenere grandi risultati. Il cambiamento spesso si concretizza attraverso piccoli gesti». In sintonia anche il pensiero di Conad che, attraverso le parole del direttore customer marketing e comunicazione Giuseppe Zuliani, sottolinea l’importanza di «legare la sostenibilità a dei Kpi, come la reputation: senza aver chiaro l’indicatore, i manager non riescono ad agire al meglio. La generazione di valore della sostenibilità non può essere misurata solo in un atto d’acquisto, ma deve essere ciò che ti proietta nel futuro, una pratica visionaria. Un’azienda – conclude Zuliani – deve rendicontare del suo impegno anche per coinvolgere le persone: la sostenibilità è quasi un abbraccio per il cliente, che deve sentirsi coinvolto negli obiettivi che l’azienda si pone».

Terza parola: ACCESSIBILITÀ

«Se non è accessibile non è sostenibile, ma su questo tema è ancora forte il vincolo culturale, difficile da scardinare». È questo, secondo Riccardo Taverna, avvocato e socio della società benefit Freebly, uno dei grandi milestone nel progetto di sostenibilità del retail. «Si stima che nei prossimi dieci anni saranno oltre quattro milioni gli italiani con problemi di disabilità, persone che hanno una forte necessità di accesso al territorio per poter dare un contributo fattivo a qualsiasi tipo di cambiamento. L’accessibilità è un qualcosa che fa comodo a tutti – afferma l’avvocato, tra gli autori del libro “Retail: il futuro è fatto di scelte”, edito da Edizioni DM – soprattutto alle aziende: se una cosa è resa semplice per un disabile, è ancor più semplice per una persona normodotata». Ma il binomio tra le parole accessibilità e sostenibilità si sostanzia anche sotto il profilo economico. Il posizionamento di prezzo spesso troppo alto delle linee green rappresenta, infatti, una vera e propria barriera all’accesso a determinate linee di prodotto, che lascia al consumatore l’onerosa scelta tra la convenienza del “good for me” e l’etica del “good for the world”. «I have a dream – è la provocazione di Luca Bottu-

ra, giornalista televisivo

ospite della giornata – che un prodotto decente e non inquinante sia disponibile anche per chi può pagarlo poco. Non è possibile che migliora-

Anche il digitale inquina

«Se il web fosse una nazione, sarebbe la quarta più inquinante al mondo, dopo Cina, Stati Uniti e India: parliamo di 51 miliardi di tonnellate di CO2 nel solo 2021. Se consideriamo, poi, la top five delle aziende mondiali a livello software, tra cui Amazon e Apple, registriamo emissioni pari a quelle di stati come il Portogallo o la Repubblica Ceca. A breve Facebook aprirà un data center, vicino a Madrid, grande quanto il Principato di Monaco». Con queste parole Stefano Branduardi, director of sales & marketing di Karma Metrix, mette in evidenza un tema forse ancora troppo sottovalutato quando si parla di ecological footprint: la sostenibilità digitale. Se pensiamo, in realtà, a una delle più semplici e ricorrenti attività quotidiane come l’invio di una mail o di un’emoticon su app di messagistica istantanea, difficilmente siamo consapevoli delle emissioni di CO2 legate a questo atto apparentemente innocuo. Eppur ci sono.

re il pianeta sia roba per fighetti». Come rendere più accessibili i prodotti sostenibili? Tra gli strumenti a disposizione del retail c’è sicuramente quello della marca privata che, nelle parole di Domenico Brisigotti, direttore commerciale food di Coop Italia intervenuto in uno dei talk che hanno preceduto l’evento del GRF «è uno degli ambiti dove l’insegna può agire direttamente con proprie policy e superare lo scetticismo sulla compatibilità tra sostenibilità ed economia. Ci vuole però una grandissima tensione d’impresa – afferma Brisigotti – non può essere considerato un progetto ad hoc e valutato per i costi che ha, ma deve coinvolgere il cuore del sistema. Solo così si riesce a garantire al consumatore un’adeguata relazione tra sostenibilità e prezzo».

“Se non è accessibile non è sostenibile, ma su questo tema è ancora forte il vincolo culturale, difficile da scardinare.

Le insegne retail dovranno cercare di non essere gli eroi della storia, piuttosto aiutare le persone a diventare eroi nella propria vita.

Quarta parola: UMANITÀ

Declinare il concetto di umanità nel retail del futuro è un esercizio quanto mai attuale, seppur appaia in aperta antitesi con l’evoluzione sempre più digitale del business. A forza di archiviare big data, costruire magazzini robotizzati e progettare intelligenze artificiali, molti retailer hanno sottovalutato l’importanza di lavorare sull’intelligenza emotiva delle proprie persone, allineando in maniera errata le tre P del futuro sostenibile del retail: People, Planet, Profit. C’è una seconda “list of three” che potrebbe descrivere, al meglio, quanto emerso nel corso del GRF in tema di umanità e sostenibilità: persone, comunità, gentilezza. Sono le persone e, in particolare, il personale di vendita a fare la grande differenza in Unes, secondo Rossella Brenna, amministratrice delegata dell’azienda che fa capo al gruppo Finiper. «La gentilezza e la vicinanza con i clienti non sono obiettivi che ci siamo posti, perché sono già parte del nostro Dna – afferma la manager, in carica dal 2019 – e dobbiamo comunicare il valore che sta dietro alla creazione di una relazione con i clienti. In altri contesti, come quello del discount che basa il suo business sull’efficienza, anche il personale è invece misurato sulla produttività. Bisognerebbe tramutare il concetto di Kpi in Keep People Involved, coinvolgendo i collaboratori in quello che diventa non un semplice lavoro ma una vera e propria missione». Per Alessandro Capelli, Csr manager di Altavia Italia «se il dramma della contemporaneità sono le solitudini, il grande tema è la costruzione di comunità. Se altri soggetti sociali non saranno in grado di farlo, questa spinta arriverà dai brand che dovranno considerare i propri clienti solo come una community d’acquisto ma una community che, su alcuni ambiti della propria vita, vuole essere coinvolta in percorsi che guardano altri aspetti». Citando ancora Kostler, le insegne retail dovranno cercare di «non essere gli eroi della storia, piuttosto aiutare le persone a diventare eroi nella propria vita», motivando le persone a ridurre quel gap tra intenzioni e azioni d’acquisto sostenibili.n

Coop, le plastiche dei Cedi diventano utensili di design

Della plastica non si butta via niente. La circolarità, in Coop, è una cosa seria e i numerosi progetti di sostenibilità messi in campo dall’insegna lo testimoniano: il progetto “Toh, chi si rivede!” dà una seconda vita alla plastica prodotta nelle piattaforme logistiche della cooperativa, in particolar modo partendo dai quintali di film che servono a imballare le pedane su cui viene consegnata la merce. La seconda vita di questi materiali è in cucina, trasformati in utensili e accessori per la tavola da Guzzini. Oggetti di design, belli e sostenibili, in vendita anche sul portale e-commerce della cooperativa. «Il consumatore ha interiorizzato la sostenibilità ambientale, temevamo che se la dimenticasse con il Covid – afferma Renata Pascarelli, direttrice qualità di Coop Italia, intervenuta nel talk del Green Retail Forum dedicato proprio alla circolarità – ed è tra le prime preoccupazioni degli italiani, insieme alla guerra e all’emergenza energetica». L’Italia vanta molti esempi positivi in termini di riciclo delle materie prime: acciaio inossidabile, vetro e carta: secondo il rapporto Comieco 2022, infatti, l’Italia è tra i best performer nella raccolta e riciclo di carta e cartone. In dettaglio il consorzio ha calcolato che nell’anno 2021 ogni italiano ha contribuito al circolo virtuoso dei materiali cellulosici per oltre 60kg, con una significativa crescita al sud e l’Emilia Romagna, regione più efficiente. «La materia più problematica è la plastica – continua la Pascarelli – su cui comunque abbiamo esempi virtuosi: al di là del Pet, che effettivamente abbiamo iniziato a riciclare e a utilizzare nelle bottiglie di acqua a marchio Coop, in percentuale variabile fino al 100%, anche nelle vaschette di frutta e verdura a marchio Coop c’è il pet riciclato dalle vaschette stesse. Abbiamo chiesto una mano ai fornitori delle vaschette e chiesto a Conai e Corepla di iniziare a riciclarle, perché prima non veniva fatto». Da sottolineare che Coop ha aderito, nel 2018, alla “Pledging Campaign” promossa dall’Ue per l’implementazione del mercato della plastica riciclata. Sul riciclo del vetro, infine, un altro progetto di grande rilevanza: Unicoop Firenze ha avviato la prima sperimentazione degli AcquaLocker, in collaborazione con la trentina Levico Acque, che da sempre imbottiglia esclusivamente in vetro. In tre punti vendita della cooperativa toscana sarà possibile acquistare acqua in bottiglie di vetro a rendere, una vecchia e buona abitudine che fa bene all’ambiente: ogni bottiglia di vetro a rendere è, infatti, utilizzabile per ben 30 volte. Tutto il processo sarà gestito da un’app dedicata. «La tutela dell’ambiente richiede, oggi più che mai, investimenti importanti in idee e buone pratiche, come quella che proponiamo attraverso gli AcquaLocker – afferma Claudio Vanni, responsabile relazioni esterne di Unicoop Firenze – con cui invitiamo i consumatori a un cambio di abitudini nel consumo e a una riflessione su come praticare la sostenibilità, con piccoli gesti quotidiani».

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