IL Giardiniere 022 Maggio - Giugno 2020

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PROGETTAZIONE COSTRUZIONE GESTIONE E MANUTENZIONE PROFESSIONALE DEGLI SPAZI VERDI

N° 022

IL

Maggio – Giugno 2020

+TECNICHE I nuovi CAM luci e ombre

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+L’INTERVISTA

In copertina uno scorcio del giardino Alzheimer “Il Faggio” progettato dall’architetto Monica Botta

La parola a Sara Pellegatta giardiniera filosofa

CORONAVIRUS LA NUOVA RIVISTA

SMART

1 Prato a bassa manutenzione

con Village Green 2 Pellenc lancia la nuova batteria dorsale Ulib750 3 Irrigare il verde verticale con Agabuana

IL SETTORE DURANTE PERL’EMERGENZA IL GIARDINIERE E DOPO COME SCEGLIERE GLI ALBERI IN CITTÀ Strumenti decisionali come i modelli permettono di selezionare le specie utili per una spiccata azione per l’ambiente e la salute dei cittadini



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Partiamo subito con la copertina carica di significato, di valore aggiunto, di speranza. E ce ne vuole tanta (tanta!) dopo gli ultimi mesi. Una copertina che ci piace, perché racconta quanto il verde può fare la differenza ed essere d’aiuto. Così, ci siamo fatti accompagnare dall’architetto Monica Botta tra i dettagli del giardino terapeutico “Il Faggio”, progettato per i malati di Alzheimer e realizzato dai professionisti dell’associazione TreeClimbing Ivrea: uno spazio verde in cui tutto è pensato per stimolare le memorie e i sensi. Un giardino dove il lavoro del manutentore si è rivelato prezioso per la buona riuscita del progetto. Insomma, un buon esempio di sinergia tra committenza, paesaggista e squadra di giardinieri, che migliora persone e ambiente. Ormai è un dato di fatto, il lavoro del giardiniere ha un determinante risvolto pratico sull’ambiente. Così, da questo numero, iniziamo una serie di approfondimenti su i nuovi CAM per il servizio di gestione del verde. Una lettura scrupolosa e attenta, grazie al nostro Valerio Pasi, attraverso una revisione critica, alla luce di una lunga esperienza sul campo. E continuiamo a parlare di ambiente a pagina 52, dove trovate un articolo realizzato in collaborazione con la rivista Arbor, nel quale si sottolinea l’importanza dell’utilizzo di strumenti decisionali come i modelli, che permettono di selezionare quali specie arboree in un determinato contesto urbano possono meglio svolgere una spiccata azione per l’ambiente e la salute dei cittadini. Ma di ambiente si parla ovunque in questo numero, proprio perché il giardiniere deve essere consapevole di quanto il suo lavoro abbia risvolti concreti su di esso. Infine, un ultimo appunto. Da questo numero inizia a collaborare con noi Anna Zottola, che certo non ha bisogno di presentazioni. Firmerà la nuova rubrica “L’opinione”, che trovate a pagina 66. E questa cosa, da ex studente appassionato di Fondazione Minoprio, mi riempie di gioia. Benvenuta!

di Francesco Tozzi

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IL CLIENTE HA SEMPRE R AGI O

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l famoso detto “Il cliente ha sempre ragione”, forse coniato da un capitano d’azienda inglese e giunto fino a noi dall’antico mercato dei tappeti di Mumbai, può avere ancora senso? Spesso sento dire che in fondo dobbiamo portare a casa “la pagnotta” e che le velleità creative e professionali dobbiamo metterle da parte, ma mi chiedo: la nostra formazione e la nostra etica possono essere messe da parte con leggerezza? Partiamo da un assunto, se il cliente mi chiama è perché ha bisogno della mia professionalità e la nostra professionalità ha un costo. Temere di perdere un contratto perché non assecondiamo pedissequamente le richieste del cliente, andando contro la nostra formazione, racconta qualcosa di noi. Cosa racconta? Per esempio, che non siamo in grado di comunicare correttamente con il nostro interlocutore la nostra formazione e la nostra professionalità. Abbiamo dubbi su quello che comunichiamo? Allora, facciamo un gioco, proviamo a raccontare a qualcuno che non ci conosce cosa vorremmo fare nel suo giardino o terrazzo, spieghiamogli il nostro lavoro e vediamo cosa capisce. Il cliente ha sempre ragione? Dipende. Diciamo che chiede un servizio che noi dobbiamo interpretare (non sempre lavoro facile) e trasformare un’idea in qualcosa di concreto, con il dialogo e l’esperienza. Il cliente che desidera il

nostro servizio ragionando solo sul prezzo, non solo non ha sempre ragione ma spesso non ha bisogno del professionista, ma di qualcuno che ci metta la “forza” e non la testa. Dovremmo ogni tanto dire di no, esaltare la nostra formazione, alimentarla costantemente e confrontarci, solo così avremo le armi per far capire a un potenziale cliente che la sua ragione, soprattutto in un lavoro creativo come il nostro, ricco di sfumature tecniche, è direttamente proporzionale alla sua esigenza nei nostri confronti. Il nostro impegno nei confronti dei clienti è quello di essere autentici e trasparenti, non farci sentire desiderati come se al mondo ci fossimo solo noi ma nemmeno correre al primo “capriccio”, dobbiamo essere congrui con il servizio che offriamo ed essere sempre pronti a comunicare e fare formazione sul campo. Un errore che ci può porre in difetto a volte è quello di criticare per partito preso il lavoro di un collega precedente, noi dobbiamo imparare a comunicare, a spiegare e soprattutto ad ascoltare. Dobbiamo dimostrare amore per il nostro mestiere, solo così saremo in grado di avere un vantaggio sul cliente che, recepito tutto questo, non potrà fare altro che dialogare con noi, comprendendo lo spirito con il quale affronteremo il lavoro richiesto, fidandosi e affidandosi. E se tutto questo non servirà, allora avrà avuto ragione lui, perché a quel punto avrà capito che non aveva bisogno di noi.

di Sandro Degni

Il cliente che desidera il nostro servizio ragionando solo sul prezzo, non solo non ha sempre ragione ma spesso non ha bisogno del professionista, ma di qualcuno che ci metta la “forza” e non la testa 6

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A I ONE?

Nella foto, l’esempio di un lavoro realizzato da Sandro Degni nel quale capire le esigenze del cliente, opporsi con professionalità e responsabilità ad alcune sue considerazioni e scelte, ha pagato. Non si è stravolto totalmente il desiderio del committente ma si è riusciti a guidarlo, anche scontrandosi a favore di scelte corrette per la futura cura del giardino. A distanza di tempo, il lavoro fatto in termini di comunicazione si è rivelato vincente, soprattutto per la fiducia accordatagli e il risultato voluto.

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Il cantiere

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La giardiniera filosofa

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I nuovi Cam, luci e ombre

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Il giardino che cura e accoglie

di Daniela Stasi

testo e foto di Valerio Pasi di Daniela Stasi

smart

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Per un prato dalle basse manutenzioni di Filippo Terragni

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Al passo coi tempi di Viola Delfino

Peso piuma ultrasottile di IIrene Nuvola

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Falegnameria sartoriale

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Per aumentare la biodiversità

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Pensato in grande

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Irrigazione sotto controllo anche per il verde verticale

di Daniela Stasi, foto di Luigi Fieni

di Jacopo Fromelli di Viola Delfino

di Filippo Terragni

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L’importanza dei dati

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Urban style

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L’arboricoltore, il medico degli alberi

di Jacopo Fromelli

di Nora Adamsberg

di Daniela Stasi

gestione

SOMMARIO N°022

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Da necessità a opportunità

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Nuovo orizzonte formativo

di Giovanni Rossoni, Paolo Codazzi, SSilvia Vasconi di G Giovanna Cutuli


N˚ 022 MAGGIO / GIUGNO 2020

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Dopo la tempesta? di Daniela Stasi

DIRETTORE RESPONSABILE Francesco Tozzi / f.tozzi@laboratorioverde.net

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Come scegliere gli alberi in città

IN REDAZIONE Daniela Stasi / d.stasi@laboratorioverde.net

di Rocco Pace, in collabor collaborazione con la rivista Arbor

sCOPERTE

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Una nuova varietà di giardiniere di SStefania Medetti

COLLABORATORI Nora Adamsberg, Giorgio Barassi, Jessica Bertoni, Lucio Brioschi, Jurg Burger, Paolo Codazzi, Giovanna Cutuli, Camillo De Beni, Sandro Degni, Viola Delfino, Jacopo Fromelli, Stefania Medetti, Marta Meggiolaro, Irene Nuvola, Rocco Pace, Valerio Pasi, Andrea Pellegatta, Matteo Ragni, Giovanni Rossoni, Filippo Terragni, Silvia Vasconi, Anna Zottola GRAFICA Testo&Immagine snc / testoeimmagine@fastwebnet.it PRODUZIONE E SEGRETERIA Katiuscia Morello / k.morello@laboratorioverde.net

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Gioielli del deserto di N Nora Adamsberg

COMUNICAZIONE DIGITALE Irene Accattino / promozione@laboratorioverde.net

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Per un giardino ronzante

PROMOZIONE E SVILUPPO Matteo Ragni / m.ragni@laboratorioverde.net Stefano Carlin / s.carlin@ laboratorioverde.net

di M Matteo Ragni

STAMPA Ciscra spa, Via San Michele 36, Villanova del Ghebbo (RO)

rubriche

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Editoriale/2

Flortecnica e vivaismo, periodico mensile registrato presso il Tribunale di Piacenza n. 275 del 8/03/1977 – n. R.O.C. 15/171. Spedizione Posta Target Magazine autorizzazione LOMBARDIA/00202/02.2014/CONV.

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News

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L’opinione

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di Francesco Tozzi di SSandro Degni

Prontuario

di Lucio Brioschi di Anna Zottola

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Editoriale/1

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Edizioni Laboratorio Verde srls, via Pasubio 16, 21020 Brebbia (VA) Tel. 0332 989211 - fax 0332 773850 www.laboratorioverde.net - info@laboratorioverde.net

Laboratorio

verde

Casa editrice specializzata nei settori florovivaismo, garden e interior AMMINISTRATORE UNICO Francesco Tozzi SEGRETERIA GENERALE Katiuscia Morello Edizioni Laboratorio Verde srls edita i seguenti prodotti: • GreenUp • Flortecnica e vivaismo • Bio Agenda • I Quaderni di greenup • Bio Calendario Rappresentante e collaborazioni: • floorewall.com Edizioni Laboratorio Verde srls, titolare del trattamento dei dati relativi ai destinatari della presente pubblicazione, informa che le finalità di tale trattamento sono rivolte a consentire l’invio della presente rivista, e/o altre di propria edizione, allo scopo di agevolare l’aggiornamento dell’informazione tecnica, nonché alle operazioni necessarie alla gestione amministrativa e contabile dell’abbonamento. Edizioni Laboratorio Verde srls riconosce e garantisce ai medesimi destinatari i diritti di cui all’art. 7 del D.Lgs. 196/03.

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CONTRIBUTI

JESSICA BERTONI Consulente e collaboratrice. Laureata in Economia e Commercio, abilitata alla professione di dottore commercialista, sulle nostre testate ci svela, in modo semplice e diretto, come si può stare sempre informati anche sui temi più ostici. Suoi gli argomenti economici, finanziari e amministrativi.

CAMILLO DE BENI Dottore agronomo e specialista nella gestione agronomica dei manti erbosi, con una ventennale esperienza nell’uso di prodotti naturali e biologici per la cura del verde ornamentale in ambito pubblico e privato. Ha contribuito, già dalla fine degli anni ’90, a introdurre e sviluppare protocolli per l’uso di biotecnologie e di metodologie finalizzate all’incremento di bio-fertilità nei terreni, con l’applicazione di micorrize, batteri benefici, antagonisti naturali per le patologie fungine e biostimolanti per l’incremento della vitalità nelle piante e nei manti erbosi.

Sandro Degni

VALERIO PASI

La sua formazione ha inizio con il corso di realizzazione e manutenzione per parchi e giardini della Scuola Agraria del Parco di Monza, al quale segue nel 1998 la fondazione dell’azienda 100giardini. Lavora con diversi studi di architettura e garden center di Milano e provincia. Nel 2013 con il gruppo di professionisti Giga-G realizza il progetto “Locus genii”, vincitore del Festival Internazionale dei Giardini nel parco del Domaine di Chaumont-sur-Loire, in Francia. Fonda poi lo studio di progettazione Verde Officina.

Dottore agronomo, da più di 20 anni si occupa principalmente di verde ornamentale e di pianificazione del territorio per gli aspetti legati all’agricoltura e alle foreste. Diversi gli ambiti: consulenza agronomica, di lotta integrata e biologica alle aziende di produzione nel settore florovivaistico, orticolo e dei piccoli frutti; valutazione dei rischi legati alla stabilità degli alberi pubblici e privati; attività inerenti le trasformazioni territoriali quali quelle di boschi, progetti del verde, sistemazioni idraulico-forestali; consulenza alle pubbliche amministrazioni.

MATTEO RAGNI

Anna Zottola

Si è diplomato presso la Scuola di Minoprio come agrotecnico, e dopo aver seguito due progetti di sviluppo agricolo prima in Kosovo e poi in Libano, è rientrato in Italia e si occupa di rappresentare alcune aziende israeliane e olandesi leader nella produzione di giovani piante. Lavora anche come consulente per imprese floricole e vivaistiche, soprattutto in materia di scelte assortimentali e piani colturali. Da oltre cinque anni è, prima collaboratore, poi consulente tecnico-editoriale per le riviste GreenUp e Flortecnica e vivaismo di Edizioni Laboratorio Verde.

La passione per le piante e per le tematiche socio-educative si conciliano dopo la laurea in Scienze Agrarie con una lunga esperienza di ricerca, docenza e poi gestione della Scuola di Minoprio. Creando la filiera formativa completa, ha tessuto reti nei settori a indirizzo vegetale. Tra i premi: il “Memorial Fabio Rizzi”, il riconoscimento alla carriera in occasione di Myplant & Garden e da Regione Lombardia per l’eccellenza dei risultati raggiunti. Ora collabora con enti e organizzazioni per progetti di formazione e sviluppo del verde.

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IL CANTIERE | l’intervista

Sara Pellegatta.

Da questo numero, il primo articolo della rivista sarà sempre un’intervista a un giardiniere, per conoscerlo da vicino, comprendere la sua visione. E diamo il via con Sara Pellegatta che, dopo la laurea in filosofia, ha deciso di dedicarsi al verde di Daniela Stasi TEMPO DI LETTU R A: 8 minuti

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e riflessioni di un giardiniere, il suo approccio, la sua visione, le sue opinioni sul giardinaggio professionale. Le priorità che orientano il suo sguardo e che guidano il suo agire. Obiettivo di questa nuova rubrica è ascoltare queste sensazioni e affidarle alla parola scritta, per depositarle e custodirle. D’ora in poi, infatti, su ogni numero faremo un’intervista a un giardiniere. A inaugurarla, è Sara Pellegatta, nata e cresciuta a Milano, ma che ha sempre trascorso le vacanze con i nonni nella casa di campagna sul lago di Como, per lei una sorta di “casa degli spiriti”, per dirlo con le parole di Isabel Allende. Passava le estati a rotolarsi in giardino, a fare pozioni di fiori ed erbe, a cercare animali e ad aiutare il nonno nell’orto. È lì che si stagliano nella sua mente le prime immagini di grandi prati selvaggi, di orti sapientemente curati, di boschi profumati e montagne che, oltre a tuffarsi in quel profondo specchio d’acqua, si impigliano nella sua anima, la abitano, fino a diventare le solide fondamenta della sua futura professione. Sara, voce attenta e gentile, con entusiasmo e

passione, si è raccontata, svelandoci tutte le capriole e i salti in avanti del suo percorso. Come e perché hai deciso di diventare giardiniera? Negli anni, ho vissuto sempre in città, sono cresciuta, mi sono laureata in filosofia, ma nonostante fossi una milanese doc non mi sono mai allontanata dalla mia casa degli spiriti. Topos per eccellenza nella mia vita, è stata fonte di grande divertimento con amici da giovane e adolescente, solido rifugio in periodi difficili, nido d’amore, porto quiete, a volte salvezza. Ed è stato lì che dopo essermi laureata, indecisa se restare in accademia o cercare lavoro, ho chiacchierato con il nonno: lui sapeva che avevo già scelto, mi vedeva da sempre per quello che ero, ma io, cittadina, poco più che ventenne, non avevo la capacità di guardarmi nuda davanti a me stessa e capire chi fossi davvero... Per fortuna c’era lui! Ho cominciato a frequentare la Scuola Agraria del Parco di Monza, ho fatto qualche corso per approcciarmi al mondo del giardinaggio e

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Giardinaggio è cura e rispetto dell’elemento vegetale, è conoscenza e attesa, è una sorta di senso in più, spesso in noi sommerso, un “sentire”, che permette al bravo giardiniere di dialogare con la natura parlando la sua lingua Per saperne di più e contattare Sara Pellegatta: Tel. 339 8132812 spellegattas@gmail.com www.ral6038.com

nel frattempo ho iniziato uno stage presso la floricoltura Lorenzini... Meraviglioso! Lì ho fatto il passaggio definitivo, quello che trasforma una passione, un luogo naturale dell’anima, in un mestiere, e ho intrapreso con decisione il mio cammino. Ho fatto altri corsi professionali, molti, a dirla tutta, sia a Monza che presso la Scuola di Minoprio e nel 2009 ho aperto la mia attività. Oggi progetto e realizzo terrazzi e giardini, prevalentemente a Milano, e sono felice, sono riuscita a coniugare la forma della città e la sostanza della campagna. Q Quanto incide nel tuo lavoro la tua formazione umanistica? La mia formazione è determinante, può sembrare strano ma è così. Fare giardinaggio, dal mio punto di vista, è prima di tutto osservazione e ascolto. Osservazione del contesto in cui andrò a intervenire che, nel mio caso, dato che lavoro prevalentemente in città, si traduce nell’inserire l’elemento vegetale più adatto (dal punto di vista botanico ed estetico) nel luogo artificiale in cui mi trovo. Esiste un’armonia, una sorta di ordine naturale che definisce proporzioni, forme e colori, dimensioni e consistenze di foglie e rami, texture e nuances, che se non rispettate, non solo nell’immediato non daranno un buon esito estetico, ma con ogni probabilità sul lungo periodo non funzioneranno.

Come definiresti il mestiere di giardiniere? Qual è la tua visione? Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente, non molto tempo fa, Fernando Caruncho, grande, immenso filosofo paesaggista, e alla domanda “come si fa, maestro, a progettare un giardino, lei come fa?”, ha risposto che dopo avere parlato un po’ con il committente, chiede sempre di poter restare un momento da solo nel luogo che dovrà progettare. Perché ha bisogno che quel luogo gli parli, gli si sveli, affinché lui possa interpretarne le volontà e possa lasciarlo esprimere davvero. Ecco, il vero giardiniere, a mio parere, è proprio colui che riesce a interpretare le volontà della Natura, ad assecondarle, anche forzandole, senza mai violentarle. Giardinaggio è cura e rispetto dell’elemento vegetale, è conoscenza e attesa, è una sorta di senso in più, spesso in noi sommerso, un “sentire”, che permette al bravo giardiniere di dialogare con la natura parlando la sua lingua. Chiaramente, questa poetica visione deve poi necessariamente fare i conti, oggi, con la realtà, il che rende tutto molto complicato. Tra gli ideali e la realtà trovi dissonanze? T In generale il paesaggismo e il giardinaggio in Italia al momento sono molto sofferenti, nonostante abbiamo alle spalle una grande storia dei giardini. Penso che il nostro mestiere, perché di questo si tratta, di un vero e proprio antico, nobile e delicato mestiere, abbia profondamente risentito in primis di una cosa: la lotta contro il tempo. La nostra società ci spinge, ci risucchia, ci mette fretta, perché il tempo è denaro e invece noi giardinieri abbiamo a che fare con un tempo che è imposto, non è liquido né dominabile, anzi, è padrone e ci costringe a sottostare al proprio volere. E questo noi non siamo disposti ad accettarlo. Più. E allora il vecchio giardiniere, che aveva un rapporto quasi

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IL CANTIERE | l’intervista

l’evoluzione della società sono andati di pari passo, e con essi anche il concetto di bello, la moda e il design sono cambiati. Il risultato è che spesso abbiamo a che fare con richieste assurde che non possono essere in alcun modo soddisfatte, perché si tende a trattare un terrazzo come una stanza di casa, da arredare con oggetti inerti, e ci si dimentica che noi abbiamo a che fare con elementi vivi, che non sono mai uguali a loro stessi, che cambiano, crescono muoiono sono sani o malati, insomma vivono, e per farlo necessitano di condizioni specifiche e cure. Ma devo dire che in genere si riesce sempre a raggiungere un buon compromesso dopo avere spiegato al cliente le basi. Da lì, è tutto in discesa, perché l’interlocutore diventa più accondiscendente e allora tu riesci a soddisfare anche i tuoi criteri di rispetto del verde, che spesso vanno d’accordo anche con l’aspetto estetico. Sei un giardiniere

e vuoi raccontarci la tua mistico con la natura cui Sei una donna in un mondo maschile: storia? Scrivi a si metteva a servizio, oggi è un limite o una forza? Nella d.stasi@laboratorioverde.net vorrebbe esserne il padrone, quotidianità lavorativa come vivi con i risultati che sono sotto questo aspetto? i nostri occhi quotidianamente, basti pensare alla Sì, sono donna in un mondo maschile, e mi piace condizione del nostro verde urbano, dal piccolo molto. Un po’ è buffo trovarsi talvolta al cospetto terrazzo metropolitano alle grandi coltivazioni. di omaccioni virili e nerboruti che vantano Penso invece che noi giardinieri di oggi siamo dimensioni di attrezzatura e muscoli e avere la chiamati più che mai a cercare di rimettere in consapevolezza che chi è fuori posto non sono certo contatto i nostri clienti con tutto quel mondo che io... Sono invece fortunatamente circondata da noi ancora vediamo e loro spesso non conoscono tanti colleghi giardinieri con la G maiuscola, che di affatto, o comunque di certo non bazzicano. certo non considerano il giardinaggio un mestiere Il problema è che troppo spesso, purtroppo, i per soli uomini, seppur fisicamente faticoso, con giardinieri non sono formati a dovere. Non siamo i quali c’è stima reciproca e affiatamento. Certo nemmeno una figura professionale ben definita. E non nego che spesso sia stato e sia tuttora molto d’altra parte, proprio perché c’è tanta confusione e faticoso, sostanzialmente su due fronti: prima di tantissima mancanza di conoscenza, spesso i bravi tutto l’essere riconosciuta come valida, ma sono professionisti, e ce ne sono tanti, si confondono tenace e non mi sono mai lasciata spaventare né da nella mischia degli infiniti giardinieri improvvisati commenti né dalla innegabile inferiorità in termini che con la figura originale del giardiniere non di pura forza fisica che, credimi, è decisamente hanno davvero nulla a che fare. sopravvalutata; l’aspetto più complicato è quello della gestione famigliare, ma si sa, qualunque donna Cosa è prioritario nel fare giardinaggio che abbia dei figli e lavori si scopre un’impeccabile professionale? Il rispetto della natura, equilibrista. Considero la mia condizione di donna l’estetica, le scelte dei clienti? assolutamente un punto di forza. Certo, c’è voluto La volontà del cliente spesso è lo zoccolo duro. tempo perché riuscissi a trovare la mia dimensione, Purtroppo, la perdita del contatto con la natura e ma ne è decisamente valsa la pena.

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IL CANTIERE | tecniche

i nuovi cam, Il primo di una serie di approfondimenti sui nuovi CAM per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde. Una lettura scrupolosa e attenta. Una revisione critica, alla luce di una lunga esperienza sul campo testo e foto di Valerio Pasi TEMPO DI LETTU R A: 13 minuti

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el bel mezzo della bufera Covid-19, il 4 aprile 2020 con Decreto 10 marzo 2020 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i nuovi Criteri Ambientali Minimi (di seguito CAM) per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde, che andranno in vigore dopo 120 giorni, ovvero il 2 agosto 2020. Tre sono gli ambiti di applicazione: il servizio di progettazione di nuova area verde o riqualificazione di area già esistente; il servizio di gestione e manutenzione del verde pubblico; la fornitura di prodotti per la gestione del verde. Ben rilevanti dunque le novità, che non si limitano a indicazioni circa gli ammendanti, gli impianti di irrigazione e le piante ornamentali, come nei CAM precedenti (DM 13 dicembre 2013). In questo primo articolo ci concentriamo sulla parte relativa alla progettazione del verde.

LE CAPACITÀ TECNICHE RICHIESTE

Per quanto riguarda la progettazione, anche se non obbligatorio, si individua il criterio di selezione in SPECIE AUTOCTONE: L’ESEMPIO DI MILANO Come detto, nelle grandi città è difficile dire quali siano le specie autoctone. A Milano, per esempio, dopo secoli e secoli di urbanizzazione, di antropizzazione della campagna e di eliminazione totale delle cenosi forestali, quali sono le specie autoctone? Ci si deve riferire al Bosco di Cusago (reliquati delle foreste planiziali del querco-carpineto) o all’Oasi di Lacchiarella (reliquati delle foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior excelsior)? È evidente che per la città di Milano non si può stabilire quali siano le specie autoctone.

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base all’interdisciplinarietà, all’interdisciplinarietà ovvero l’elaborazione da parte di un team di professionisti con diverse competenze professionali in grado di garantire una visione completa e organica. Curioso come tra le capacità tecniche non figurino quelle agronomiche, che sono quelle maggiormente rilevanti, ma vengano citate genericamente le competenze relative al campo ambientale, paesaggistico, naturalistico, forestale, ingegneristico, geologico e urbanistico. Nella documentazione di gara devono invece essere indicati i criteri di scelta delle specie vegetali, le eventuali soluzioni per la conservazione e la tutela della fauna selvatica, la gestione delle acque, eventuali sistemazioni

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luci e ombre

In questo articolo affrontiamo la parte dei CAM relativa alla progettazione del verde. Sui prossimi numeri focalizzeremo l’attenzione sul servizio di gestione e manutenzione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la gestione del verde.

con tecniche di ingegneria naturalistica, impianti di illuminazione, eventuali arredi, indicazioni per la gestione dei cantieri, piano di gestione e manutenzione delle aree verdi, eventuale predisposizione di un’area per il compostaggio all’interno del sito progettuale. Niente che non sia già incluso nel Codice Appalti, ma è stato opportuno puntualizzare nello specifico elencando i criteri. Tra gli elementi conoscitivi di base, è necessario disporre di analisi del terreno, possibilmente eseguite secondo i metodi e i parametri normalizzati di prelievo e di analisi

pubblicati dalla Società Italiana della Scienza del Suolo - SISS che stabiliscono le caratteristiche fisiche e chimiche e la qualità della sostanza organica presente nel suolo oggetto di progettazione. Buon punto di partenza, ma le analisi necessitano di una corretta interpretazione ai fini agronomici nel senso più ampio, e implicano quindi l’apporto di competenze specifiche, che possano orientare le scelte relative alle specie da impiegare a seconda delle caratteristiche del terreno o che possano stabilire quali accorgimenti occorrono per rendere possibile N°022

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IL CANTIERE | tecniche

LUCI • Criterio di selezione in base all’interdisciplinarietà • Tra gli elementi conoscitivi di base previste le analisi del terreno • Progettazione del verde urbano secondo il principio Nature-Based Solution

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il successo dell’impianto di una determinata specie scelta in base alle finalità progettuali. E se mancano le specifiche competenze, è difficile che le analisi siano utili.

LA SCELTA DELLE SPECIE VEGETALI

Se si entra nel dettaglio dei criteri riguardo la scelta degli elementi vegetali, si nota come l’approccio relativo alla progettazione del verde urbano sia incentrato soprattutto sulle grandi città, secondo il principio Nature-Based Solution, ovvero secondo il presupposto che il verde, per offrire servizi ecosistemici, debba necessariamente imitare criteri e regole della natura. In questa visione ideologica, si impone la scelta delle specie, selezionando quelle autoctone, “al fine di favorire la conservazione della natura e dei suoi equilibri”. Nelle grandi città è difficile però dire quali siano le specie autoctone (approfondimento nel box “Specie autoctone: l’esempio di Milano). Il principio dell’impiego di specie autoctone, che deve essere perseguito nella gestione di infrastrutture naturalistiche (piano strategico di gestione degli ambienti naturali, come foreste e zone umide, zone rurali e di altri spazi aperti, che conserva e migliora le funzioni dell’ecosistema e fornisce benefici alla società) non è propriamente adeguato nella progettazione delle infrastrutture verdi (rete di aree naturali e seminaturali pianificata a livello strategico con altri


elementi ambientali, progettata e gestita in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici), specialmente nel verde urbano. Basti pensare a realizzazioni con funzione prettamente ornamentale o con finalità ludicoricreative in campo sanitario (es. giardini terapeutici). È pur vero che nel decreto si specifica che “laddove si ravveda che tale caratteristica non sia adeguata all’area specifica, deve esserne data valida motivazione scientifica inserita nel progetto, basata su principi di riduzione degli impatti ambientali e di efficacia dell’operazione di piantagione, considerando i vincoli paesaggistici eventualmente esistenti, i limiti stazionali di spazio per la chioma e per le radici della futura pianta, i sostanziali vantaggi attesi dall’utilizzo della eventuale specie alloctona selezionata”. Una complicazione inutile se si impiegano specie appartenenti ad altre zone fitoclimatiche o specie ampiamente naturalizzate. Infatti, limitare la scelta alle specie autoctone, oltre che a essere una scelta arbitraria, significa che tutte le specie alloctone naturalizzate, come ad esempio il Platanus

x acerifolia, la Magnolia grandiflora, gli aceri orientali, gli ippocastani, le conifere nordamericane così come tutte le cultivar orticole coltivate nella totalità dei vivai di piante ornamentali in Italia, restano escluse in maniera aprioristica dall’impiego nel verde urbano. Inoltre, si prescrive che “le specie selezionate, a basso consumo idrico, a elevata resistenza agli stress ambientali e alle fitopatologie, presentino la migliore potenzialità per attivare capacità autonome di organizzazione LE RIPERCUSSIONI SUI VIVAI ITALIANI Continuiamo la riflessione col dire che non esistono solo grandi città: in Italia i comuni con più di 60.000 abitanti sono un centinaio, mentre quelli sotto i 20.000 abitanti sono 7.400 circa! Le esigenze sono chiaramente molto diverse, in quanto i servizi ecosistemici delle aree verdi nei piccoli centri sono finalizzati e quasi sempre legati alla mitigazione dei deflussi idrici. Sarebbe stato opportuno, invece, indicare come utilizzabili “le specie autoctone e comunque storicamente naturalizzate e tipiche dei luoghi” (crf. DPR 13 febbraio 2017, n. 31 “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”). Le ripercussioni di queste scelte a livello economico sui vivai italiani, già in crisi da parecchi anni saranno sicuramente pesanti, ora che vedono precluso un mercato sinora parte dello sbocco naturale della produzione. Si noti anche come pochi siano in Italia i vivai che producono piante forestali (=autoctone) in taglie idonee alle richieste: basti pensare che la maggior parte delle specie utilizzate per le riforestazioni o per l’impiego in contesti naturalistici e di infrastrutture verdi sono prodotti finiti in contenitore dell’altezza di 60-80 cm! N°022

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OMBRE • Tra le competenze tecniche non figurano quelle agronomiche • Nelle analisi del terreno mancano le specifiche competenze agronomiche, a discapito dell’effettiva utilità • Imposizione delle specie autoctone anche laddove è difficile individuarle, come nelle grandi città • Il criterio premiante scelto per l’affidamento del servizio di progettazione basato sul punteggio tecnico proporzionale al numero di anni di esperienza

verso forme più evolute di comunità vegetali”. Ciò contrasta parzialmente con il principio Nature-Based Solution, incentrato sul fatto che le infrastrutture verdi vengono utilizzate con sempre maggiore frequenza per mitigare i deflussi idrici e ridurre l’impatto ambientale causato dall’inquinamento dei deflussi urbani, come le zone umide che sono in grado di biodegradare o di trattenere una vasta gamma di inquinanti emergenti, spesso con migliori risultati rispetto alle soluzioni convenzionali. Le piante adatte alle zone umide chiaramente non sono da scegliere tra quelle a basso consumo idrico e potrebbero non essere tra quelle autoctone, così come le specie a elevata resistenza agli stress ambientali.

IL CRITERIO DEL PUNTEGGIO TECNICO

Niente di nuovo per quanto riguarda i principali elementi di cui tenere conto nella scelta delle specie per la

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realizzazione di nuovi impianti quali l’adattabilità alle condizioni e alle caratteristiche pedoclimatiche, l’efficace resistenza a fitopatologie di qualsiasi genere, la resistenza alle condizioni di stress urbano e all’isola di calore, l’assenza di caratteri specifici indesiderati per una specifica realizzazione, come essenze e frutti velenosi, frutti pesanti, maleodoranti e fortemente imbrattanti, spine, elevata capacità pollinifera, radici pollonifere o forte tendenza a sviluppare radici superficiali; e ancora, la presenza di limitazioni per il futuro sviluppo della pianta, a livello delle radici e delle dimensioni della chioma a maturità, quali ad esempio la presenza di linee aeree o d’impianti sotterranei, la vicinanza di edifici, etc., la presenza di specie vegetazionali autoctone o storicizzate riconosciute come valore identitario di un territorio. Davvero deludente invece il criterio premiante scelto per l’affidamento del servizio di progettazione relativamente al punteggio tecnico, che sarà proporzionale al numero di anni di esperienza in servizi di progettazione con caratteristiche analoghe a quelle richieste. Poteva essere fatto di meglio, introducendo quanto già previsto ma non obbligatorio, ovvero la multidisciplinarietà dei progettisti e l’approccio olistico con cui il progetto viene calato nel contesto.



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IL GIARDINO

CHE CURA E AC C

L’architetto Monica Botta ci ha accompagnato tra i dettagli del giardino terapeutico “Il Faggio”, progettato per i malati di Alzheimer. Realizzato dai professionisti dell’associazione TreeClimbing Ivrea, è un ospitale spazio verde in cui tutto è pensato per stimolare le memorie e i sensi di Daniela Stasi

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hi legge la nostra rivista, sa che su ogni numero presentiamo un progetto realizzato da un paesaggista, in cui il lavoro del giardiniere si è rivelato prezioso per la buona riuscita del progetto stesso. Progetti-mosaici, in cui i vari ruoli si incastrano

perfettamente tra loro, come fossero colorati tasselli, a comporre la figura voluta. E quando Monica Botta, architetto paesaggista specializzata in giardini terapeutici, ci ha raccontato un suo progetto, la sensazione è stata proprio quella di trovarsi davanti a un grande mosaico, pensato con la testa e con il cuore, in cui


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PRINCIPI ISPIRATORI Il giardino “Il Faggio” è stato progettato secondo i canoni e i principi ispiratori dei giardini terapeutici, in particolar modo dei giardini per l’Alzheimer. La progettazione è andata incontro alle esigenze dell’ente gestore della struttura e sono stati concordati interventi atti a destinare il giardino ad attività ludiche, ricreative, di stimolo ma anche di svago. La scelta della vegetazione è stata concordata per una tipologia di arbusti e tappezzanti a bassa manutenzione come graminacee, erbacee perenni. Arbusti sempreverdi, inoltre, sono stati inseriti per creare barriere visive e occultare la recinzione.

CONNESSIONI CON LA STORIA DEL LUOGO

L L’edifico di Villa Sclopis, a Salerano Canavese, in provincia di Torino, limitrofo alla città di Ivrea, è stato oggetto di intervento da parte dello studio aMDL dell’architetto Michele De Lucchi, che ne ha ampliato gli spazi per ottenere una struttura con posti di degenza. Il capanno a lato della villa, per anni utilizzato come ricovero attrezzi, come semplice baracca, Monica Botta e l’architetto Michele De Lucchi, è stato oggetto di che ha curato l’intervento di ampliamento di Villa Sclopis. intervento e a maggio 2018 è stato riconsegnato nella sua nuova configurazione, adibito a ospitare un nuovo centro diurno per l’Alzheimer, divenuto punto di riferimento per il canavese. L’area d’intervento del giardino Alzheimer è prospicente l’edificio del centro diurno; al momento di presa visione, si i vari pezzetti, oltre a incastrarsi armoniosamente presentava a prato, con la preesistenza tra loro, fanno da cassa risonanza gli uni agli altri, di alcuni alberi tra cui un imponente in un equilibrato gioco corale. Abete di Douglas. Lungo il Ci riferiamo al giardino Alzheimer “Il Faggio” perimetro dell’area diversi elementi del centro diurno “la Baracca”, realizzato architettonici rimandavano alla all’interno del plesso di Villa Sclopis, sede storia del paesaggio, alla tradizione di un hospice gestito dalla Cooperativa dei luoghi: una tipica pergola CasaInsieme Onlus, che vanta un parco dal in pietra scolpita a mano per grande pregio arboreo: a realizzare il progetto di la Vitis vinifera, vinifera alcuni alberi da Monica Botta, i professionisti dell’associazione frutto tra cui un noce e dei cachi. TreeClimbing Ivrea, che ha come scopo la E in lontananza, posta al di fuori del divulgazione dell’arboricoltura “etica” nel rispetto perimetro – ma all’interno del parco – dell’ambiente, del territorio e delle persone. un’antica torre, testimonianza storica appartenente Qui di seguito tutti i dettagli. al complesso architettonico.

C COGLIE

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«Il progetto del giardino si è basato sulle richieste della committenza, sulle finalità del giardino terapeutico e sulla connessione con il manufatto architettonico di particolare rilevanza stilistica – racconta Monica Botta – Dal porticato del centro diurno, proprio per finalità di apertura e visibilità verso lo spazio aperto, è possibile avere una visuale panoramica verso il giardino e avere la possibilità quindi di vedere dove sono tutti gli ospiti, cosa stanno facendo in un’ottica di fruibilità controllata e sicura. Per questo motivo, il giardino “Il Faggio”, nome scelto dall’associazione, è stato progettato con vegetazione bassa nelle parti centrali dell’area verde e più alta, colorata e sempreverde ai lati, lungo i confini».

OGNI DETTAGLIO, UNO SCOPO PRECISO

Centralmente al giardino, un grande abete preesistente ombreggia un ampio spazio ovale

in parte destinato a tappezzanti sempreverdi e a fioriture, in parte lascia libero svago agli ospiti su di un grande prato antistante l’edificio. Il giardino, con una serie di percorsi ad anello, realizzati con materiale naturale ecocompatibile e drenante (marchio Terra Solida di Promotec), trova punti di sosta e di ristoro. Una pergola studiata dallo studio aMDL completerà lo spazio di sosta, attualmente attrezzato con un tavolo e delle sedie lignee per permettere agli ospiti di sostare e di fare attività. La pergola è strettamente connessa all’edifico anche tramite una recinzione lignea che riprende il ritmo e il modello del rivestimento esterno delle pareti. È raggiungibile dal porticato attraverso un percorso Per saperne di più:

www.monicabotta.com www.casainsieme-onlus.it/villa-sclopis/ www.micheledelucchi.it Facebook/TreeClimbingIvrea

GIARDINO (REALMENTE) VISSUTO Il giardino “Il Faggio” è utilizzato sia dagli ospiti malati di Alzheimer del centro diurno, sia dal personale che vi lavora. Spesso, la sera, i famigliari che vanno a prendere gli ospiti del centro, si fermano a passeggiare e a sostare in giardino, godendone dei benefici. È fruibile liberamente dagli ospiti durante tutto l’arco della giornata, le porte verso l’esterno sono apribili e il personale può controllare la posizione degli ospiti. Le attività del giardino sono gestite dal personale, ma vi si svolgono perlopiù incontri di orticoltura, giardinaggio, momenti di canto, passeggiate, piccoli laboratori. E soprattutto per dare sfogo al wandering wandering, fenomeno molto comune negli anziani affetti da demenza senile che consiste in una pulsione verso il vagare, lo spostarsi in direzione di qualcosa, con la speranza di arrivare in un luogo amato. Rientra tra i comportamenti più preoccupanti che possono manifestarsi in un malato di Alzheimer; e un giardino come “Il Faggio” consente di contenerlo in modo non oppressivo.

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Per vedere dove sono tutti gli ospiti, cosa stanno facendo in un’ottica di fruibilità controllata e sicura, il giardino è stato progettato con vegetazione bassa nelle parti centrali e più alta, colorata e sempreverde ai lati, lungo i confini che costeggia un’area di aromatiche e di il rivestimento dell’edificio realizzato dallo studio piante eduli. Aromatiche come timo, aMDL è, insieme alla pietra, importante per la lavande, rosmarini e una piccola raccolta scelta degli arredi e degli elementi di decoro del di salvie colorate sono state collocate giardino. lungo il vialetto, poiché dal portico si RICORDARE GESTI, accede direttamente alla zona giorno STIMOLARE MEMORIE della cucina del centro e questo permette di avere a portata di mano spezie per l’uso quotidiano Per stimolare la memoria e il ricordo, nel giardino si trovano due punti d’acqua. Un’antica fontanella, ma anche per la manipolazione, stimolazione di quelle di paese, è stata collocata vicino alla sensoriale. zona della pergola; da questa partono una serie di Lungo ungo il percorso opposto alla pergola, si snodano arbusti sempreverdi a schermare il limite dell’area. dei pannelli blu per attività motorie e attività Un lavatoio in pietra valdostana, in una delle con giochi sonori, questo per dare l’opportunità aiuole centrali, offre l’opportunità di accedere di trovare spazi e modi diversi di fare terapia all’acqua ma anche di ricordare gesti che le donne con l’ausilio del personale ma anche in modo facevano nei lavatoi tipici montani. autonomo. A chiudere il giardino, Due aree verdi centrali, una storica pergola in ospitano delle grandi pietra lavorata a mano, panchine di legno, LA CURA NELLA CURA crea un percorso ombroso sovradimensionate ma Diversi alberi e arbusti sono stati con la vite che si arrampica. molto gradite dagli ospiti che regalati da donatori privati. Quest’area, con gli alberi amano anche stendersi per Il giardino è stato realizzato da frutto, il noce, il susino, fare una pennichella. totalmente grazie all’apporto di volontari dell’associazione l’uva, è destinata all’orto, Il legno, materiale usato per CasaInsieme Onlus, ai professionisti dell’associazione TreeClimbing Ivrea e a cittadini che hanno voluto dedicare il loro tempo per la buona riuscita della realizzazione.


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Tutta l’area verde ha

connotazioni terapeutiche nella misura in cui stimoli sensoriali, motori, evocativi, storici e del luogo, sono presenti per dare supporto e aiutare la cura

delle persone Monica Botta insieme ai professionisti dell’associazione TreeClimbing Ivrea, autori della realizzazione del giardino “Il Faggio”. Per la buona riuscita, prezioso l’apporto di volontari dell’associazione CasaInsieme Onlus e di cittadini di Salerano Canavese.

e il quadrato di verde prospiciente la pergola è abbellito con un semplice prato e con aiuole rialzate per la coltivazione degli ortaggi. «Questo giardino Alzheimer ha come obiettivo di stimolare il tatto, la vista e l’udito, attraverso l’inserimento di graminacee ed erbacee perenni – spiega l’architetto Botta – Masse di vegetazione, scomposte, ondeggiano e cambiano colorazione

e consistenza durante il trascorrere delle stagioni. Verbene bonariensis mescolate alla Stipa tenuissima, al Pennisetum dove fa capolino la fioritura delle Gaure e quella di Achillee dai colori sempre diversi. Il senso del gusto, dell’olfatto e del tatto, sono legati in particolar modo alla aiuola delle erbe eduli ed aromatiche. Questo spazio ha l’obiettivo di essere di riferimento per attività di raccolta e confezionamento delle erbe, pertanto è punto fruibile e di riferimento per gli ospiti». E ancora, una zona centrale, dove è inserito il lavatoio in pietra, richiama gli insetti, poiché sono state collocate diverse varietà di arbusti che, per colorazione e fioritura, mutano nelle stagioni. Una Buddleja davidii, attira le farfalle in estate e in autunno la Salvia nemorosa colora di blu l’aiuola fino a novembre inoltrato. Lungo il perimetro a definire l’area creando colorazioni sempre diverse, cespugli di Cornus stolonifera, Cornus sanguinea, Hamaelis mollis e Diane, dalle fioriture precoci, viburni e arbusti sempreverdi. Tutta l’area verde ha connotazioni terapeutiche T nella misura in cui stimoli sensoriali, motori, evocativi, storici e del luogo, sono presenti per dare supporto e aiutare la cura delle persone.

SGUARDO ECLETTICO Architetto che negli anni ha declinato la sua professione verso tematiche sociali, di comunicazione e di sperimentazione, Monica Botta, in particolare, si è specializzata in progetti in cui la natura è mezzo per ottenere benessere. Svolge attività didattica in diversi istituti e università italiane, collabora come docente presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, al master in “Pianificazione, programmazione e progettazione dei sistemi ospedalieri e socio-sanitari” per le tematiche inerenti gli Healing Gardens e, sempre al Politecnico, è condirettrice del corso di Therapeutic Landscape Design. È vicepresidente della Sezione Piemonte e Val d’Aosta dell’Aiapp - Associazione Italiana Architettura del Paesaggio. Infine, è anche autrice di articoli e libri, tra cui ricordiamo “Caro giardino, prenditi cura di me. Delicate storie di vita e di ben-essere nella natura”.

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