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Una natura sfaccettata
Alcuni progetti di giardini privati.
Stefano Pagano durante le riprese televisive.
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Stefano, 35 anni di Reggio Emilia, nutre la sua esigenza di contatto con la terra e i suoi frutti nelle sue ore da giardiniere specializzato nella progettazione di giardini privati, e quella di conoscenza e divulgazione con le sue rubriche televisive e i suoi articoli. Il suo volto più conosciuto è certamente spensierato, ma la sua visione del settore è ben definita: già dai primi minuti della nostra chiacchierata è stato lampante il bisogno di condividere il suo rapporto con la natura e il suo lavoro, e in queste pagine trovate quello che ci ha raccontato.
Quali sono le motivazioni e quale il tuo percorso per diventare un giardiniere?
La natura mi attrae da quando ero bambino: amavo stare all’aperto, bacche e rami erano i miei compagni di giochi. Quando poi ho ricevuto il mio primo libro di giardinaggio la mia strada era come se fosse già decisa. Quel volume l’ho conservato anche durante i miei studi di agraria, e dopo la laurea ho continuato a conservarlo fino ad oggi che sono riuscito a far diventare una propensione naturale il mio mestiere. Non è sempre stato tutto rose e fiori però, letteralmente: nel 2008 era esplosa la crisi, erano anni in cui un progettista di giardini non era una figura sempre richiesta. Nell’incertezza ho deciso di continuare a formarmi, ampliando il più possibile le mie competenze e conoscenze, oltre alla mia rete di contatti. Il lavoro poi per fortuna è arrivato, in un’azienda di giardinaggio della mia città, ma dopo
UNA NATURA
Come quella che ci circonda e come quella di Stefano Pagano come professionista: giardiniere a tempo pieno, ma anche volto televisivo, che ci ha raccontato la sua visione di questa professione
di Rachele Pozzato
pochi mesi ho deciso di aprire la mia attività. Sono il titolare di Giardineria, una piccola realtà dove collaboro con altri lavoratori indipendenti.
Quando, invece, hai deciso di diventare un volto televisivo?
Parallelamente al voler continuare a lavorare con la terra sporcandomi le mani, non ho trascurato l’aspetto formativo, che è diventato parte del mio lavoro: tenevo qualche supplenza all’istituto che io stesso avevo frequentato, oltre a collaborare con qualche associazione. Il discorso televisivo è nato poi nel 2016, ma è esploso da un paio di anni: ho iniziato con una rubrica sporadica su una rete locale romagnola, non parlavo di progettazione ma mi piaceva raccontarmi e raccontare il mio lavoro, poi sono arrivati i contratti con le emittenti nazionali. La mia carriera televisiva e quella di giardiniere in qualche modo si completano a vicenda: le nozioni che fornisco al pubblico sono reperibili ovunque e facilmente, ma quello che porto in
più è la mia esperienza sul campo, quello Mazzini Garden è una che faccio tutti i giorni. La natura, le delle realtà con cui piante, sono in continua evoluzione, a Stefano maggiormente volte sfuggendo al nostro controllo, ma si collabora, soprattutto può sempre trovare una soluzione anche per le specie e gli quando non è scritta sui manuali. La parte esemplari mostrati nelle pratica è determinante, ed è questo l’input sue rubriche e dirette. che do in TV.
Come riesci a conciliare gli impegni della tua attività e quelli per le trasmissioni e la scrittura?
Il giardinaggio segue le stagioni e non i nostri impegni. Le dirette ovviamente mi vincolano, quindi cerco di organizzarmi grazie all’aiuto dei miei collaboratori o conciliando gli impegni televisivi in giornate di pioggia, durante le pause. La sera invece scrivo gli articoli. Il giardinaggio avrà sempre la precedenza, ma cerco di portare a termine anche tutti gli altri compiti con grande serietà.
Avendo anche uno sguardo sul grande pubblico, quale ti pare essere la percezione di una figura professionale come quella del giardiniere?
Credo fortemente che manchi tante volte una cultura del verde, una concezione di quello che è il giardinaggio.
I giardini sono in divenire, consegniamo qualcosa di vivo che però cambierà sempre di vivo che però cambierà sempre ed è uno degli
Spesso e volentieri il giardiniere non viene tenuto in rilievo: il proprietario ha le sue idee e convinzioni. Prima di realizzare un qualsiasi progetto bisogna capire qual è il contesto in cui si caleranno queste piante e questi fiori, e capire quali sono il tempo e le cure che potranno essere loro destinati. Qui in Italia il giardiniere è spesso visto come un operaio, diversamente da quanto accade in Francia, in Germania o in Inghilterra, ma c’è tanto altro dietro. La mia figura televisiva però è molto dinamica e se vogliamo giocosa, spero di trasmettere ottimismo. Facendo corsi di giardinaggio in televisione, portando al grande pubblico qualcosa di bello Sei un giardiniere e vuoi raccontarci la tua storia? Scrivi a
d.stasi@laboratorioverde.net
come la natura, penso sia giusto che ne consegua qualcosa di altrettanto bello.
Secondo te qual è il futuro del mestiere del giardiniere?
È un lavoro che non sarà mai sostituito. La tecnologia è entrata a supporto, e spesso ha sorpassato molte mansioni. Ma la formazione per la gestione del verde è sempre richiesta, con maggiori conoscenze ma con lo stesso approccio con la terra. Anche il Covid in qualche modo ci ha ricordato questa esigenza, e il giardiniere è il mestiere a cui sempre ambirà chi ha voglia di sporcarsi le mani per ottenere qualcosa di positivo. La speranza è che si riesca a guardare a questa figura con occhi diversi, e capire un pochino più a fondo cosa sta dietro alle difficoltà di tutti i giorni. Manca ancora chiarezza sul nostro panorama di competenze, che è molto vario.
Tra i progetti che hai portato a termine recentemente nelle vesti di giardiniere, ce n’è uno che ti è rimasto più impresso?
Negli ultimi mesi mi sono appassionato al progetto per una giovane famiglia: durante il periodo del lockdown mi hanno chiesto di sfruttare il piccolo fazzoletto di terra a loro disposizione per uno spazio colorato, dal quale imparare e da poter vivere insieme. Mi sono lasciato andare: mi sono ricordato dei fiori a casa di mia nonna, e mi sono ricordato di come i fiori di una volta fossero diversi. Le varietà non erano spettacolari come quelle che abbiamo a disposizione oggi, ma crescevano bene, si ammalavano poco e fiorivano per molto tempo. Quindi abbiamo messo delle bulbose, degli arbusti perenni che attirassero farfalle e coccinelle. Ho sconsigliato il prato all’inglese, per preferire semine come le margherite o i papaveri, riservando un angolo per un orticello: qualche aroma, qualche frutto o verdura, specialmente per stimolare i più piccoli che da questi spazi traggono enormi benefici. Il giardinaggio poi è anche riciclo, basta non ostacolare la creatività e la fantasia nel loro processo. I giardini sono in divenire, consegniamo qualcosa di vivo che però cambierà sempre ed è uno degli aspetti del mio lavoro che mi affascina di più.