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Floral design
Il laboratorio floreale multitasking e fashion-addicted
Davide Salzano, owner di Florificio, foto di Beatrice Dallavalle
Dietro al “Florificio” c’è una mente creativa di eventi - rigorosamente in grande - che “ruba” dalla moda per dare ai fiori, ingredienti mai-più-senza in ogni contesto. Come le piante del resto
colloquio con DAVIDE SALZANO di ALICE NICOLE GINOSA
“Non oso immaginare come sia la sua agenda” è il primo pensiero che mi viene in mente quando inizio la chiacchierata con Davide Salzano, floral designer e molto altro, come vedremo tra poco. Mi immagino un calen-
dario fittissimo, ma mai uguale a se stesso. Un giorno un allestimento vetrine, un altro nei panni del buyer alla ricerca dei capi giusti da acquistare per le
prossime stagioni e infine me lo immagino il giorno stesso del matrimonio, che ha organizzato nei minimi dettagli, cambiare tutto all’ultimo minuto. Ebbene sì, Davide mette fin da subito le cose in chiaro, «mi genera ansia dovermi attenere a uno schema predefinito e dettagliato e mi toglie anche creatività, se posso dire». Il suo cliente tipo infatti «deve essere predisposto e aperto al cambiamento dell’ultimo minuto». La sua
è un’urgenza creativa da realizzare in eventi grandi dove può occuparsi dalla A alla Z di tutto lo stile e che può contaminare con le sollecitazioni e stimoli del mondo della moda, l’altra
metà che lo completa. Premetto: è normale domandarsi come faccia a fare tutto. Chiunque se lo chiederebbe, mentre lui si racconta, passa leggero da un argomento all’altro e quasi fa sembrare semplice il suo lavoro. E invece…
Partiamo dall’inizio? «Mi laureo all’Accademia delle Belle Arti di Brera, indirizzo decorazione, e nel frattempo muovo i primi passi tra gli showroom di moda e i negozi di fiori della mia zona.
Questi due mondi, ancora oggi, continuano a caratterizzare la mia quotidianità lavorativa e credo di essere l’unico con que-
sta contaminazione. In passato ho anche lavorato nel dettaglio, ho gestito un paio di negozi ma ho capito in breve tempo che non era la mia strada. Volevo pensare in grande e ho optato per concentrare le mie energie in questa direzione».
Poi è nato il tuo Florificio? «Dopo aver concluso la mia
duplice esperienza in negozio, ho cominciato a lavorare nella casa disabitata di mia nonna, adibita a laboratorio al primo
piano. Da lì sono passato in un piccolo magazzino di 40mq che ho ristrutturato ma che, con il tempo, era diventato troppo piccolo. Un giorno poi, camminando con il cane, mi sono imbattuto in una fabbrica degli anni 60, “Il cucciolo”, che produceva cappelli per bambini e dove, tra l’altro, lavorava anche mia zia. Dopo una settimana ho fatto una proposta e ho iniziato a restaurarlo. Da quest’anno, tra l’altro, il laboratorio diventa anche uno spazio per feste, eventi, servizi fotografici e corsi. Un luogo dove
fare tante cose e principalmen-
te dove creiamo le nostre idee
per gli eventi».
Qual è il tuo processo creativo? Come ti ispiri? «Nonostante non mi senta mai
all’altezza, credo di avere una dote spiccata nel prefigurarmi e visualizzare in anticipo il
progetto al completo. Mentre il cliente mi racconta di cosa gli piace, vedo già il matrimonio finito. Certo, il progetto è in completa evoluzione fino al giorno stesso dell’evento e non mi precludo la possibilità di cambiare idea all’ultimo. Chiedo a tutti i clienti di
avere un’apertura in questo senso, perché così sono in pa-
ce con me stesso. A dirla tutta, mi mette ansia dovermi attenere a uno schema predefinito e dettagliato. Invece, se mi lascio aperta la possibilità di poter scegliere all’ultimo - rispettando l’input di partenza - mi sento meglio. Nel tempo che
passa tra la mia visione iniziale e la sua realizzazione, quello che creo mi sembra già vecchio, rivisto, e per come funziona il mio cervello, dovrei creare e
portare il risultato al cliente, senza metterci più su le mani. E nella moda mi succede la stessa cosa. Essendo sia buyer sia visual all’interno dei negozi, vado a comprare sei mesi prima e posso vedere le tendenze con anticipo. La mia furbizia sta nel portare la tendenza di moda nel fiore».
Riesci a bilanciare i due mondi? «Dipende, in inverno è molto più facile perché il settore degli eventi è in calo ma in generale riesco a equilibrarli bene. Soprattutto durante il periodo della pandemia ho imparato che non si può fare tutto ma che quello che si fa deve essere fatto al massimo. Ho il timore
che, senza la componente della moda, io possa diventare come gli altri e omologarmi. Dico questo non perché gli altri non siano bravi, anzi, spesso lo sono più di me perché gli dedicano
il 100% del loro tempo. Quando il tuo tempo è spalmato su troppe attività, il rischio è quello di essere mediocre mentre se ti dedichi a una, chiaramente, è più facile eccellere. Questo è un rischio che ho deciso di correre». no da quel percorso. Questa mia caratteristica credo sia un plus».
Cosa, invece, non deve mai mancare? «Se fosse per me, metterei la rosa inglese ovunque: è morbida, non è altezzosa, si apre quando vuole lei e ha un profumo meraviglioso. Un must del mio marchio di fabbrica è invece il fiore piccolo, che non deve mai mancare. Non uso mai solo le varianti grandi e poi quelle piccolissime, mi piace l’intervallo delle forme. Un
Carlottaf equilibrio che non si può tradurre in una tipologia o un nome preciso; è il risultato armonioso l’obiettivo finale».
Qual è il tuo cliente ideale?
@davide_salzano @florificio Torniamo alla moda, quanto ti “condiziona” nel tuo stile floreale? «Mi lascio catturare principal-
mente dagli azzardi di colore. Quelli che danno una “spinta” e che si adattano a entrambi i
«Quella che si affida al 100%, ti lascia carta bianca e mi permette di fare quello che voglio fino all’ultimo minuto. Il 60% delle mie clienti è SE FOSSE PER ME, METTEREI LA ROSA così: convive, ha figli e non ha tempo di decidere. E io INGLESE OVUNQUE: sono la persona a cui affidare l’evento in ogni suo aspetto. Ho molta coscienza del È MORBIDA, NON È ALTEZZOSA, mio gusto, che si è affinato nel tempo, e riconosco SI APRE QUANDO la differenza tra bello e brutto. Ma anche quanto il confine tra le due sfere VUOLE LEI E HA UN PROFUMO sia labile, come se vedessi la linea di demarcazione MERAVIGLIOSO
tra soggettivo e oggettivo.
mondi. Il color blocking azzurro e marrone, fucsia e rosso, arancione e fucsia. Secondo me nella composizione ci vuole sempre la sfumatura che “rompe”, “disturba” e che ti fa chiedere se ci stia bene o se in realtà non c’entri nulla. In realtà, confermo, c’è sempre dietro un ragionamento». Prospettive future sulla figura del floral designer? «Dovrà saper fare tutto e occuparsi dello stile a tutto tondo».
Quanto è sottile».
E cosa non deve aspettarsi mai da te? «Non parto mai con un “no” categorico, cerco sempre di proporre alternative più vicine al mio stile. Quando però mi accorgo che non siamo sulla stessa lunghezza d’onda, sono il primo a riconoscere che forse non solo l’operatore giusto. Il mio stile lo definirei camaleontico perché si adegua alle richieste, quanto possibile; altri professionisti invece si concentrano su un filone e non devia-