Il Giornalismo a fumetti

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Carlo Gubitosa

Il Giornalismo a Fumetti raccontare il mondo col linguaggio della nona arte


INDICE L’autore Premessa La maturazione internazionale del graphic journalism e la rincorsa dell’Italia (Matteo Stefanelli) Joe Sacco sul sellino (Andrea Plazzi)

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1 – Un nuovo genere del giornalismo Non-fiction Novel e Non-fiction Comics Graphic Novel Non-fiction graphic novel Comics Journalism: il giornalismo a fumetti Audiovisual graphic journalism

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2 – Le tecniche del giornalismo applicate al fumetto L’editoriale come vignetta Corsivi e rubriche come strisce Features e reportage a fumetti Il “giornalismo intenzionale” di Sacco e Kapuściński La visione del giornalismo di Joe Sacco Inchieste, interviste, cronaca parlamentare, cronaca giudiziaria e altre sperimentazioni italiane

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3 – Le tecniche del fumetto applicate al giornalismo L’utilizzo intenzionale del fumetto in un piano editoriale giornalistico La sceneggiatura come “lingua franca” tra il giornalismo e il fumetto. Un esempio di sceneggiatura: dagli appunti sul taccuino all’intervista a fumetti

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4 – Il giornalismo a fumetti, tra editoria specializzata e grandi quotidiani “Symbolia” “La Revue Dessinée” Edizioni BeccoGiallo “Corriere della Sera”, “L’Unità”, “La Repubblica”, “Internazionale”, “L’Espresso”

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5 – “Mamma! Se ci leggi è giornalismo, se ci quereli è satira”

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6 – Il futuro dell’editoria passa per il fumetto

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7 – Dentro la rivista: fumetti, antipubblicità e infografiche

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Antipubblicità Coccodrillo Corsivo Data Journalism Editoriale War reporting Reportage Giornalismo sociale Rubrica Giornalismo scientifico e nuove tecnologie Whistleblowers e cronache di guerra Intervista Gossip Cronaca politica: quando i fumetti interrogano i ministri Inchieste conoscitive

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8 - Script di Giornalismo a fumetti

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Il Sogno a Colori La Cittadella degli Eroi Garibaldi Reloaded Salvate il Soldato Chelsea Corriere 2041 Grigliata Sociale Gesù ti Ama: Metti il Preservativo!

9 - Bibliografia essenziale

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Pagina precedente: illustrazione di Lucio Villani per “Mamma!” n.8.




Premessa Questo libro nasce dalla mia esperienza diretta come autore di giornalismo a fumetti e come fondatore della rivista “Mamma!”, che ho diretto dal 2009 al 2013 con un piano editoria­le centrato sul comics journalism, l’illustrazione d’autore e la comunicazione grafica. Ho voluto descrivere attraverso un concreto “caso di studio editoriale” (supportato da un solido riferimento teorico), un nuovo genere di comunicazione giornalistica che in questi anni sta cercando un punto di incontro tra un’arte espressiva sempre più diffusa e le tradizionali esigenze dell’informazione, proprio come a metà del secolo scorso l’avvento del fotoreportage ha ricercato una sintesi efficace tra l’arte fotografica e il giornalismo. Il percorso che ho cercato di tracciare è quello che porta dal fumetto “di evasione” al fumetto “d’inchiesta”, per rappresentare la maturità di un mezzo espressivo ormai non più associato esclusivamente allo svago infantile, ma assorbito e incorporato in molteplici forme e formati, che hanno portato il fumetto a sconfinare nei territori dell’arte, del cinema, della letteratura e anche del giornalismo inteso nella sua accezione più ampia e più nobile. Il settore di attività che ho cercato di descrivere è caratterizzato da un altissimo tasso di innovazione, che al momento colloca il giornalismo a fumetti sulla frontiera tra la sperimentazione di iniziative editoriali pionieristiche e l’utilizzo fatto in più occasioni del fumetto anche all’interno delle “istituzioni editoriali” più consolidate, come i grandi quotidiani e settimanali a diffusione nazionale. Trattandosi di un territorio ancora da esplorare, nel primo capitolo la descrizione dettagliata di questo nuovo genere del giornalismo è preceduta da un indispensabile processo di classificazione, una tassonomia sviluppata con l’intento di fare chiarezza tra varie definizioni diventate ormai di uso corrente, ma alle quali si è attribuito un campo di significati molto vario e spesso ambiguo, al punto che in più occasioni è capitato di veder definite come graphic novel delle cronache brevi, distanti dall’idea di “romanzo grafico”, che si prestano meglio ad essere classificate come comics journalism (letteralmente “giorna­lismo a fumetti”) con una azzeccata definizione anglofona che nel nostro paese ha trovato scarsa diffusione, forse per l’istintiva associazione del termine inglese comics a contenuti “comici” destinati all’intrattenimento. Oltre a soffermarmi con una serie di esempi sulle definizioni di non-fiction graphic novel (romanzo di realtà a fumetti), comics journalism (giornalismo a fumetti) e audiovisual graphic journalism (giornalismo grafico multimediale), a conclusione del capitolo sulla nomenclatura e tassonomia di questo nuovo genere del giornalismo ho ritenuto

Pagina precedente: “Mamma!” 9 - Primavera italiana. Copertina di MP5.

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necessaria una retrospettiva storica sull’incontro tra fumetto e informazione, che si è celebrato nel settore della manuali­stica e della divulgazione tecnica ben prima di quanto sia avvenuto nel settore editoriale, dove il potenziale del fumetto per l’approccio efficace a problemi complessi è stato scoperto vari decenni dopo il suo utilizzo in ambito militare e industriale. Nel secondo capitolo, a partire dalla definizione di fumetto così come è stata elaborata nell’analisi di Scott McCloud (1994), si è cercato di esplorare lo spazio circoscritto da questa definizione scoprendone i punti in comune con altre forme espressive, con particolare rife­rimento al giornalismo. La ricerca di questi punti di contatto ha evidenziato alcune tecniche, linguaggi e formati del giornalismo scritto “traducibili” nel racconto a fumetti, tracciando una corrispondenza tra vari generi di scrittura giornalistica e i relativi generi del fumetto, con un accenno agli aspetti deontologici per garantire il rispetto del lettore e della verità sostanziale dei fatti, anche quando i dati di realtà sono inca­stonati in una struttura narrativa di fantasia funzionale alla costruzione della notizia, e anche se in alcuni casi i confini del diritto di cronaca possono essere estesi con lo spazio più ampio di espressione che la legge e la giurisprudenza riconoscono al linguaggio satirico. Col terzo capitolo, dedicato alle tecniche del fumetto da utilizzare nel campo giornalistico, ho cercato di esplorare la zona di frontiera dove si incontrano la parola e il disegno, riscontrando una convergenza tra la pratica del giornalismo a fumetti e le tecniche narrative del new journalism statunitense descritte da Tom Wolfe (1973). Questo incontro tra la documentazione di uno scenario realistico e la sua rappresentazione nel linguaggio della sceneggiatura e dell’illu­strazione a fumetti viene illustrato con un esempio concreto tratto da una intervista a fumetti pubblicata sulla rivista “Mamma!”, di cui ho realizzato la sceneggiatura per le matite di Flaviano Armentaro (oggi affermato autore Marvel) con un flusso di lavoro che ben rappresenta il processo circolare di interazione tra chi scrive e chi disegna un fumetto, simile a quello che intercorre tra un giornalista televisivo e il cineoperatore con cui interagisce. L’esempio specifico preso in esame viene esteso con una analisi del rapporto tra ingombro del testo e delle immagini all’interno di una medesima pagina, osservando come ad una diversa proporzione tra testo e immagini corrispondano differenti formati e generi che vanno dall’articolo puramente testuale all’illustrazione muta, che porta ugualmente con sè un valore informativo e giornalistico che in alcuni casi può essere pari a quello espresso da un editoriale. Nel quarto capitolo, dopo aver definito questo nuovo genere del giornalismo con i suoi linguaggi, le sue modalità e i suoi processi produttivi, si passa ad una analisi dello stato dell’arte del giornalismo a fumetti, con una panoramica su esperienze editorali significative già realizzate nel settore, sugli spazi giornalistici che meglio si prestano al contributo del fumetto, su alcuni casi di utilizzo del fumetto all’interno di quotidiani nazionali e su iniziative editoriali di rilievo. 12


Il quinto capitolo è dedicato all’esperienza editoriale, redazionale e culturale della rivista “Mamma!”, fondata da un gruppo di autori di satira, fumetto e giornalismo decisi ad aprire nuovi spazi di espressione per generi ancora non presenti nell’editoria commerciale. La descrizione di questa esperienza è accompagnata nel sesto capitolo da una riflessione sul ruolo del giornalismo a fumetti nel settore editoriale, e nel settimo capitolo da una raccolta di tavole a fumetti, infografiche e antipubblicità con testi elaborati dal sottoscritto e disegni realizzati da alcuni tra i più validi collaboratori della rivista, tuttora attivi ad altissimo livello nel fumetto italiano ed internazionale. Questi materiali illustrati, a cui si aggiungono nell’ottavo capitolo anche le sceneggiature di alcuni tra i fumetti presenti nel libro, vogliono tracciare in modo ancora più chiaro ed espli­cito la linea di congiunzione tra il racconto a fumetti e alcuni tra i più diffusi generi e formati di scrittura giornalistica: l’intervista, il corsivo, il reportage fotografico, la rubrica, le notizie dall’estero, le cronache di guerra, l’inchiesta, la cronaca giudiziaria, il giornalismo economico, il “coccodrillo”, il gossip, il vaticanismo, il giornalismo sociale, il mediawatching, il giorna­lismo scientifico, la cronaca politica, la rettifica, l’editoriale, realizzati anche attraverso l’uso del linguaggio pubblicitario e di infografiche. In questo percorso di ricerca culturale, giornalistica, grafica e fumettistica non avrei mai potuto percorrere da solo la strada che mi ha portato fin qui. Per questo motivo i miei ringraziamenti più sinceri vanno a tutti gli autori che hanno contribuito a questo volume con le loro tavole, e a tutti i fumettisti, giornalisti, fotografi, grafici, artisti, vignettisti e illustratori che hanno condiviso con me l’esperienza della rivista “Mamma!” e dei suoi libri come l’avventura editoriale più avvincente a cui ho avuto il privilegio di partecipare. Bruxelles, primavera 2018 Carlo Gubitosa

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La maturazione internazionale del graphic journalism e la rincorsa dell’Italia Il graphic journalism, dagli anni del successo internazionale di Palestina di Joe Sacco ad oggi, è progredito pressoché ovunque nel mondo. E la tendenza sembra non arrestarsi, sulla stampa o sul web, in America o in Europa, su media tradizionali o su quelli più avanzati, in testate elitarie o popolari. In questo l’Italia è perfettamente allineata: anche dalle nostre parti non si tratta più di un linguaggio “speciale” per riviste di nicchia o per newsmagazine cosmopoliti. Si può invece trovare sui generalisti “Corriere”, “Repubblica”, “Stampa”, “Unità”, “Sole24Ore”, “Espresso” - perlopiù nei supplementi culturali, ma non solo - come sulla stampa di approfondimento (“Pagina99”, “EastWest”…) e persino, talvolta, sulle pagine di testate femminili o di lifestyle maschili, di periodici specializzati in intrattenimento o in viaggi, tempo libero e frivolezze varie. Penso non ci siano dubbi sul fatto che questa fioritura sia un fenomeno positivo. Lo è per il giornalismo ai tempi del visual turn, che sta modificando i linguaggi dell’informazione grazie alla forza del disegno, medium in grado sia di “scaldare” che di “relativizzare” la supposta oggettività dello sguardo giornalistico tradizionalmente offerto dai media. Lo è anche per il fumetto che, adottando punti di vista - e obiettivi - giornalistici, ne sta guadagnando in varietà delle intenzioni, degli approcci narrativi e, non ultimo, in credibilità culturale. Questo vero e proprio boom editoriale è dunque una risorsa sia per il fumetto che per il giornalismo. Ma sebbene l’Italia sia uno dei mercati leader anche in questo nuovo filone, tra di essa e gli Stati Uniti o la Francia, dove il graphic journalism si è affermato dopo la stagione pionieristica dei vari Joe Sacco o Marjane Satrapi, le differenze rimangono. In Italia, infatti, alla crescente diffusione del graphic journalism non corrisponde una vera e propria forza strutturale di questo approccio. Ciò che manca, limitandosi all’essenziale, sono due cose: qualche media verticale rivelante, ma anche una presenza “centrale” nelle testate giornalistiche mainstream. Questo volume presenta gran parte degli esempi internazionali più importanti su entrambi i fronti, oltre al caso dell’editore italiano di riferimento BeccoGiallo. Da un lato dunque esperienze periodiche come “Symbolia” o “La Revue Dessinée” (cui si potrebbero aggiungere “World War III Illustrated”, “The Nib” o “Revue Topo”), dall’altro le incursioni compiute da “Internazionale”, “Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “l’Unità” e “L’Espresso” in linea con quanto fatto altrove da “New York Times”, “ABC News”, “The Village Voice”, “The Guardian”, “Revue XXI”, “Courrier International”, “Le Monde”, “Libération” e molti altri media leader globali. Testate che hanno prodotto pagine o supplementi di giornalismo a fumetti su diversi temi, dalla cucina alla attualità geopolitica, ospitando persino diari disegnati per arricchire la copertura delle campagne elettorali presidenziali. 14


In Italia, sebbene non manchino gli autori e gli spazi, mancano però un po’ più di convinzione e di “sistema”, se non di coraggio. Tra i media specializzati in graphic journalism ci sono la rivista “Mamma!” e il sito Graphic-News.com, ma la loro influenza rimane limitata. Gli spazi giornalistici di rilievo nazionale, invece, mescolano giornalismo e non fiction - biografie, episodi storici, diari di viaggio - oppure vi dedicano un numero esiguo di pagine. Sebbene “ Repubblica” o “l’Espresso” abbiano dedicato persino delle prime pagine al fumetto–giornalismo, il limite comune è che si sono entrambi affidati al solo Zerocalcare. Occasioni felici, legate al percorso sempre più giornalistico dell’autore, ma ancora poco rispetto a quanto accade nel panorama internazionale. Il risultato è che il giornalismo a fumetti nostrano, mancando il respiro e l’ambizione di un mandato pieno a svolgere attività giornalistica, è costretto ad essere desk più che investigativo. Senza la volontà attiva dei protagonisti del giornalismo, il fumetto rischia dunque di mancare un salto: da opportunità innovativa ad autentica risorsa per l’informazione. Intorno a questa sfida, così come intorno alle sue titubanze, si giocherà il futuro nostrano del graphic journalism. Matteo Stefanelli Matteo Stefanelli (Milano, 1975) è uno studioso di media e consulente. Si occupa di fumetto come critico e saggista (Fumetto! 150 anni di storie italiane, Rizzoli). Insegna Linguaggi audiovisivi presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica, e Histoire de la bande dessinée italienne e Théories de la bande dessinée presso l’Ecole Européenne Supérieure de l’image di Angoulême. Ha fondato e dirige il magazine online Fumettologica.

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Joe Sacco sul sellino Ho incontrato Joe Sacco due volte e, se va bene, lui ne ricorda una sola. Con un po’ di fortuna, lo incontrerò nuovamente presto, ma divago. Due volte, dicevo. Una si trovava precariamente a cavallo di un sellino, come passeggero di un motociclo di piccola cilindrata. Era ospite di un festival, e in quella circostanza un qualche cinquantino non meglio identificato si era rivelato il modo più rapido per trasferirlo da un luogo all’altro (senza casco, quindi ometto luogo, data e persone presenti). Non lo dico per folklore o per dare di gomito con fare complice a chi legge: è che la situazione era proprio quella ed è così che è rimasta nella mia memoria per tutti questi anni (circa 20, direi). Ero fresco di Palestina, la prima edizione Phoenix che non solo introduceva il lavoro di Sacco in Italia ma lo faceva con un rispetto e una considerazione per quel fumetto cruciale di cui altri avrebbero raccolto i frutti. Il lettering, per esempio, cioè il modo in cui il testo di dialoghi e descrizioni era scritto nelle nuvolette o nelle didascalie. Un originale, idiosincratico rincorrersi di parole, cesellato con cura calligrafica e modellato per complementarietà rispetto agli ingombri di figure e sfondi. Con risultati trans-mediali (si può dire?) stupefacenti: dalle spire di quei serpenti di parole, che si arrampicavano su e giù per le vignette, contornando le alture di Gaza, incorniciando il viso raggrinzito di un vecchio palestinese o evidenziando un gruppo di persone raccolte in un’abitazione della Cisgiordania, emergeva il tono del discorso, il registro della narrazione. Un virtuosismo comunicativo che, pur avendo un riferimento ben preciso nella lezione e soprattutto nella consapevolezza fumettistica di Will Eisner (impossibile non citarlo e infatti anche questo libro lo fa senza avarizia), è cifra stilistica precisa di Joe Sacco. Scusate nuovamente per la digressione ma era un modo per andare al cuore di quello che ci interessa e che è almeno metà dell’opera di Joe Sacco e – nuovamente – di questo libro, a partire dal titolo: stiamo parlando di fumetti. Quello che abbiamo detto si può riferire unicamente a un fumetto: non c’è modo di fare quello che ha fatto Joe Sacco se non a fumetti e questa è sempre stata per lui una scelta consapevole (termine che guarda caso abbiamo già usato), deliberata e lucidissima. Una scelta di linguaggio che, a posteriori, è stata premiata dai risultati brillanti (grandi storie e libri che oggi dovrebbero trovarsi in tutte le biblioteche pubbliche di un paese civile) ma che resta non particolarmente saggia o semplice, perché foriera, in primo luogo, unicamente di problemi. Non pochi e non piccoli (vedi oltre). Believe it or not, era quello che, con una certa ammirazione, pensavo mentre Joe Sacco sfrecciava via sul sellino, in preda a una legittima e fondatissima preoccupazione sulla tenuta del mezzo e soprattutto sullo stile di guida del conducente. Sin qui ho parlato solo di Joe Sacco, e se da un lato questo ha un senso, dall’altro costituisce un grave torto. Ha senso perché naturalmente il suo è giornalismo a fumetti di rango, forse par excellence, almeno secondo i miei gusti, in parte formatisi per imprinting sui suoi libri (sono quindi di parte; ma oggi se non hai un conflitto d’interessi non sei nessuno): professio16


nalissimo, documentato, frutto di studio e ricerche sempre e comunque sul campo. Non generico giornalista, ma inviato: quando Joe Sacco si ritrae nelle proprie storie e fa fumetto in prima persona, non ricorre soltanto a un azzeccato espediente narrativo, anch’esso in parte mutuato da Eisner e ripreso praticamente da tutti i fumettisti che fanno giornalismo. È semplicemente vero. Il tutto al netto delle questioni di primogenitura: anche se – date alla mano – non è stato Joe Sacco il primo autore che oggi possiamo ascrivere al filone del “giornalismo a fumetti” (nel quale certamente ricade, qualsiasi ragionevole definizione si adotti), la sua importanza e la sua visibilità editoriale ne fanno il primo riferimento obbligato. Il grave torto viene fatto a tutti gli altri. Al numero già non trascurabile e sempre crescente di autori – ottimi, di grande interesse giornalistico e artistico – che hanno scelto di trovare le loro storie nel mondo e di raccontarle così. Non c’è bisogno che ne faccia un elenco, e naturalmente sapete il perché: a parlare di tutti gli altri, e di tutto il resto, ci pensa questo libro. A dirci di che cosa stiamo parlando, per cominciare. Certo, Giornalismo a Fumetti. Ma il GaF poteva anche restare un’Araba Fenice, peggio, un ossimoro: come si fa a fare “Giornalismo” (raccogliere informazioni, analizzarle, scartarle, trovarne di nuove, validarle oppure scartarle, passare ad altre fonti, arrendersi alla mancanza di dati attendibili oppure insistere con tenacia nella loro ricerca), entro i limiti e i vincoli di tempo e modalità della pratica giornalistica, scrivendo e disegnando fumetti? Quindi occorre intendersi. Partire dalle definizioni. Questo fa questo libro, per cominciare. Con la precisione di un saggio e l’accessibilità di chi informa e vuole parlare a chi è interessato, indipendentemente dalla sua formazione. Sembrerebbe il minimo sindacale di qualsiasi discussione, ma porsi il problema di identificare e delimitare l’oggetto del discorso, la nozione che ci si accinge ad analizzare e ad approfondire, è un grado di chiarezza e trasparenza che spesso brilla per l’assenza ed è stata la prima cosa che ho notato. Poi via, in discesa: analisi comparate tra giornalismo e fumetto, storia artistica ed editoriale del genere (il GaF, non il fumetto, che non è un genere ma – lo abbiamo già detto – un linguaggio), i rapporti con la grande stampa in Italia. Ci trovate tutto, con un’abbondanza imbarazzante di fonti, dati e tutto quanto: non avrete da me una sofisticata analisi dell’impianto concettuale dell’Opera. Vi toccherà leggerla, scorrendo centinaia di pagine ricchissime non solo di testi e analisi ma di fumetti, vignette e persino script e sceneggiature originali, un dietro-le-quinte cruciale per la comprensione del processo creativo ed editoriale. E poi (che in una redazione come si deve “e poi” sarebbe cassato all’istante)? E poi ci si diverte che, vi giuro, non avete idea. Ancora. Esatto, bravi. Leggete e fatevene una tutta vostra. Andrea Plazzi Andrea Plazzi (Bologna, 1962) è editor e traduttore. Ha tradotto e curato l’edizione italiana della maggior parte delle opere di Will Eisner. Dal 1997 cura per il gruppo Panini le edizioni di Leo Ortolani, il creatore di Rat-Man. Dal 2012 insieme al matematico Roberto Natalini cura il progetto di divulgazione scientifica Comics&Science e l’omonima collana di CNR Edizioni.

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Capitolo I – Un nuovo genere del giornalismo Graphic journalism, comics journalism, graphic novel, giornalismo a fumetti: queste espressioni che nel gergo comune sono percepite come sinonimi, in realtà si differenziano per una serie di sfumature che vale la pena di analizzare per capire che cosa è effettivamente giorna­lismo nel mondo del fumetto e cosa invece può essere considerato diario di viaggio, biografia, romanzo di realtà, saggio storico o altri generi di scrittura letteraria. Una prima definizione degna di rilievo può essere quella introdotta nel 2012 dall’Enciclopedia Treccani nel suo “Lessico del XXI Secolo”: graphic journalism locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. - Il g. j. si serve del linguaggio del fumetto per raccontare fatti di cronaca usando metodi giornalistici come l’inchiesta, l’osservazione partecipante, il confronto di documenti, l’intervista, la fotografia. Viene pubblicato sia in forma di brevi resoconti su quotidiani e settimanali sia, più spesso, in forma di volume e in quest’ultimo formato viene sovente confuso con il graphic novel, che è una forma di racconto a fumetti afferente alla fiction, laddove il g.j. è chiaramente non-fiction. Fra gli autori più influenti vanno menzionati: lo statunitense Joe Sacco, il canadese Guy Delisle e i francesi Emmanuel Guibert, Frédéric Lemercier, Étienne Davodeau. In Italia gli editori BeccoGiallo e RoundRobin sono particolarmente attivi in questo genere di pubblicazioni che oscillano fra reportage di cronaca recente, resoconti di cronaca nera del passato, biografie e pamphlet di denuncia.

Tuttavia, tra gli autori menzionati dall’enciclopedia ce ne sono alcuni che non hanno prodotto soltanto lavori “giornalistici” nel senso più stretto del termine, ma anche dei diari di viaggio: come Shenzen, Pyongyang (Delisle 2000/2003) e altre opere di Guy Delisle che ha trasformato in fumetti le sue esperienze lavorative all’estero, oppure indagini storiche come Footnotes in Gaza di Joe Sacco (2009), che racconta l’esperienza dell’autore per raccogliere testimonianze e documenti tra la popolazione palestinese con lo scopo di ricostruire i fatti avvenuti nel 1956, quando le forze militari israeliane, secondo i dati successivamente diffusi dall’Onu, hanno ucciso 275 palestinesi a Khan Younis il 3 novembre di quell’anno e 111 a Rafah il 12 dello stesso mese. L’elenco potrebbe continuare, per scoprire come al genere del graphic journalism siano stati associati anche lavori che in un medium puramente testuale non sarebbero stati associati al giornalismo, ma considerati più vicini al genere delle autobiografie – come Persepolis (Satrapi 2000), il romanzo a fumetti che racconta la vita dell’autrice Marjane Satrapi immersa nei cambiamenti sociali e politici dell’Iran – oppure descritti come saggi sull’Olocausto – come Maus (Spiegelman 1986) di Art Spiegelman, che raccoglie in un romanzo/intervista a fumetti l’esperienza del padre scampato alle persecuzioni naziste.

Pagina precedente: “Mamma!” 8 - Paura, eh? Copertina di Giuliano Cangiano.

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Per sgombrare il campo dagli equivoci e definire con esattezza le caratteristiche del giornalismo a fumetti può essere utile partire da una classificazione più ampia dei prodotti editoriali, con la tradizionale distinzione tra il settore della saggistica, quello della narrativa e quello dei libri a fumetti, per analizzare i testi “ibridi” che ricadono a cavallo tra due di queste categorie (Fig. 1).

Fig. 1 - I punti di incontro tra saggistica, narrativa e fumetto

Non–fiction Novel e Non–fiction Comics Seguendo la terminologia anglofona (che utilizza i termini novel, non-fiction e comics per indicare rispettivamente la narrativa, la saggistica e il fumetto) all’incrocio tra saggistica e narrativa troviamo le non-fiction novel, ovvero i romanzi di realtà, di cui un esempio classico tra i tanti possibili può essere il celebre Gone With the Wind (“Via col vento”), il romanzo storico di Margaret Mitchell immerso nelle vicende della guerra civile americana, o anche i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, dove fatti storici reali fanno da sfondo ad una storia di fantasia, oppure il romanzo-verità In Cold Blood (“A sangue freddo”) del giornalista Truman Capote, basato su interviste e indagini giornalistiche (1966). Come esempio di non-fiction comics dove si incontrano la saggistica e il fumetto possiamo citare il saggio a fumetti di Scott McCloud Understanding Comics, attualmente 20


il più esaustivo trattato di analisi mediatica sul fumetto (1994). Sempre nell’ambito del fumetto di realtà o non-fiction comics, il genere della “manualistica a fumetti” merita una particolare attenzione per essere stato uno tra i primi ad essere sperimentato fin dalla seconda metà del secolo scorso, anche se nell’ambito militare e non in ambito cultura­le. L’esempio più eclatante di utilizzo del fumetto a scopi tecnici e didattici è l’esperienza di P.S. Magazine (Fig. 2), il mensile militare di manutenzione preventiva realizzato per l’esercito statunitense da Will Eisner nel ventennio 1951/1971 come “Post Scriptum” ai manuali tecnici ufficiali per la manutenzione di armi, veicoli, velivoli e dispositivi elettronici. Fig. 2 - Copertina di “P.S. Magazine”, la rivista tecnica a fumetti realizzata da Will Eisner per l’esercito Usa.

Fig. 3 - Un estratto da “P.S. Magazine”: tavole a fumetti sulla manutenzione del fucile M16.

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Un esempio dei lavori a fumetti prodotti da Eisner per l’esercito statunitense è un efficace “manuale di manutenzione a fumetti” del fucile M-16 (Fig. 3), che dimostra la capacità del fumetto di raccogliere in un unico medium l’intrattenimento, la documentazione tecnica e la propaganda militare. Eisner ricorda così la sua esperienza di collaborazione con le strutture militari: Ero quasi ossessionato dall’idea che questo linguaggio avesse enormi potenzialità ed ero convinto, quasi romanticamente, che vi fossero ottime possibilità nel settore della manualistica. L’avevo dimostrato durante il servizio militare e per riuscire a usare il fumetto come strumento didattico ho dovuto affrontare l’establishment militare. Fu uno scontro duro, perché l’Aiutante Maggiore voleva chiudere P.S. Cercarono di sospenderlo commissionando un’indagine all’Università di Chicago, che mise a confronto i miei fumetti con un manuale tecnico. Gliele suonammo di santa ragione! Risultò che per leggibilità e diffusione non avrebbero mai potuto competere con noi. Così, quella volta riuscii a non cedere. Non volevo farlo: se mi fossi ritrovato sulla strada senza altro da fare, dubito comunque che sarei tornato al fumetto. (Eisner, 2005).

Graphic Novel Per l’incontro tra il fumetto e la narrativa bisogne­rà attendere il 1978, con l’utilizzo da parte dello stesso Eisner dell’espressione graphic novel per il romanzo a fumetti A Contract with God (1978, Fig. 4), una raccolta di storie brevi che ruotano attorno ad un condominio di New York, per le quali Eisner ha attinto a piene mani dai ricordi della sua infanzia trascorsa in un quartiere ebraico della “grande mela”. Il termine graphic novel era già stato coniato nel 1964 da Richard Kyle, edito­re, critico e storico del fumetto, in un articolo intitolato “Wonderworld” che venne pubblicato su una piccola fanzine che circolava tra gli appassionati di fumetto. Il sito web Fumettologica.it diretto da Matteo Stefanelli riporta che:

Fig. 4 - A contract with God, la scommessa editoriale di Will Eisner. Il termine graphic novel fa con forza il suo ingresso nel linguaggio letterario a partire da questa copertina.

In principio, Kyle usò l’aggettivo – affiancandolo anche a graphic story – per identificare parte del fumetto europeo del periodo e quei fumetti che venivano stampati su carta pregiata e in formati diversi dai classici comic book. Kyle riteneva che il termine servisse ad identificare quei prodotti che ambivano a raccontare storie più mature, sia dal punto di vista artistico che nelle tematiche.

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Panel 1.1

1.2

1.3

Description

Dialog

Titolo e crediti: "SALVATE IL SOLDATO CHELSEA. Storia di una disobbedienza civile. Di Kanjano e Gubitosa". Elaborazione grafica del Fotogramma tratto dal video https://goo.gl/AS0x4A disponibile su imagebin.ca/v/3M8RNJQ7AJm2 (evidenziare i teleobiettivi dei giornalisti scambiati per lanciarazzi dai militari)

Caption: Bagdad, 12 luglio 2007. Due elicotteri Apache dell’esercito USA fanno fuoco su un gruppo di civili con cannoni da 30 mm, scambiando per lanciarazzi dei teleobiettivi.

Altro fotogramma video con gli spari e la distruzione sui civili. Fotogrammi di riferimento: imagebin.ca/v/3M8TQNvkAzKK imagebin.ca/v/3M8UuUOlKuUU --- per avere un’idea della dinamica della sparatoria il riferimento è questo video: https://goo.gl/NARsmq al minuto 1:00

Caption: Nell’attacco perdono la vita Saeed Chmagh e Namir Noor-Eldeen, due giovani corrispondenti dell’agenzia Reuters.

VOCE FUORI CAMPO: 5 o sei uomini con lanciarazzi, chiedo permesso di ingaggio VOCE FUORI CAMPO: accordato, procedete

VOCE FUORI CAMPO: guarda quei bastardi...

Lo sguardo devastato di Caption: Iraq, 2009. Avamposto La storia,che la cronaca del graphic journalism Manning ha appenae le tecniche operativo Hammer osservato questodiretta video di un giornalista/sceneggiatore. nell’esperienza quando era ancora un segreto Caption: Il soldato Chelsea militare. Il viso è illuminato Manning, quando si chiamava Un volume a chi vuoleancora fare reportage a fumetti solo dalla dedicato luce del PC. Bradley, diventa testimone di un crimine o disegnare notizie, per trasformare buone idee di in guerra.

pagine che possano lasciare il segno del fumetto, della grafica e del giornalismo nella vita di chi legge. Esperienze, testimonianze e percorsi d’autore, arricchiti da un solido impianto di analisi teorica e 48 pagine di sceneggiature originali, 53 tavole di giornalismo a fumetti e 448 pagine di contenuti digitali extra.

edizioninpe.it Edizioni NPE

isbn: 978-88-94818-69-7

€ 25,00


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