Petra Chérie

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petra chérie attilio micheluzzi


Petra Chérie

di Attilio Micheluzzi © 1977 Attilio Micheluzzi / eredi Micheluzzi © 2022 Solone srl per questa edizione Tutti i diritti riservati Collana Attilio Micheluzzi, 8 Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufficio Stampa: Gloria Grieco ufficiostampa@edizioninpe.it Coordinamento Editoriale: Valeria Morelli Correzione bozze: a cura della redazione Progetto, elaborazione grafica e colorazione cover: Sebastiano Barcaroli Il personaggio di Petra Chérie è apparso per la prima volta su «Il Giornalino» n. 8, febbraio 1977 Si ringrazia Agnese Micheluzzi per la gentile consulenza

Stampato tramite Tespi srl – Eboli (SA) nel mese di settembre 2022 Edizioni NPE è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe


Petra Chérie di Attilio Micheluzzi



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Una donna indipendente, perfino dal suo autore di Loris Cantarelli

Bella ed elegante, colta e raffinata ma tutt’altro che snob, intrepida eppur non avventata... Può esistere qualcuno capace di resistere al fascino prorompente di Petra Chérie? A quarant’anni dalla conclusione delle sue vicende, la creatura più dolce e carismatica del grande “architetto d’avventure” Attilio Micheluzzi non ha perso una goccia del suo carisma. Per chi si appresta a rileggerne la saga completa, ricordiamo brevemente la sua storia.

L’antefatto Quando nel febbraio 1977 comincia a raccontarne le gesta, il suo autore non è ancora noto e tradotto in tutta Europa come avverrà di lì a pochi anni, ottenendo riconoscimenti di assoluto rilievo quali lo Yellow Kid al Salone Internazionale dei Comics di Lucca nel 1980 e il Prix Alfred al Festival International de la BD d’Angoulême nel 1984, alternando romanzi a fumetti in libreria a serie personali per riviste da edicola, prestando il suo tratto dinamico anche a biografie non banali per i fiorenti settimanali di area cattolica «Messaggero dei Ragazzi» e «Il Giornalino». Eppure, quando Micheluzzi inizia a pubblicare – sul «Corriere dei Ragazzi», con sceneggiature del magistrale Mino Milani: ma nel giro di pochi mesi padroneggia agevolmente il mezzo e realizza tutto da solo – ha alle spalle tante e tali esperienze di vita, che sembrano già una sceneggiatura di un suo fumetto. Figlio di un comandante di squadriglia della Regia Aeronautica, debutta nell’editoria a quarantadue anni di ritorno dall’Africa, dove ha realizzato aeroporti e ospedali, studiato urbanistica, progettato strade e viaggiato dal Senegal alla Tunisia, dalla Nigeria al Marocco... Incontrando perfino due colpi di stato, 5


finché – un mese prima di diventare architetto ufficiale della Real Casa di Libia – la presa di potere del colonnello Gheddafi l’ha costretto a rimpatriare con tutti i concittadini. A questo punto, come ricorda lui stesso nel 1986, «per un architetto da quasi un decennio all’estero e slegato da qualunque partito politico, esercitare la professione in Italia, anche i bambini lo sanno, è la pratica più facile e piacevole del mondo». Per nostra fortuna, Micheluzzi decide quindi di mettere a frutto le sue innate abilità nel disegno, nel design e nella narrazione, fondendoli in quella che il critico francese Claude Beylie nel 1964 ha battezzato “Nona Arte” e di cui proprio l’Italia ha mostrato i primi esempi eccellenti: Una ballata del Mare Salato (1967) con l’esordio del Corto Maltese di Hugo Pratt, La rivolta dei gracchi (1967) di Guido Buzzelli e perfino Poema a fumetti (1969) di Dino Buzzati. Oggi li chiameremmo graphic novel, termine coniato dal critico statunitense Richard Kyle in quello stesso 1964... Ma quel che più conta è che si rivelano subito un abilissimo mélange di immagini e affabulazione, cultura visiva e respiro classico, voglia di evasione e avventura, personalizzabili a piacere da chi li realizza ma anche da chi li legge. Segno caratteristico di quella magia ancor oggi unica del fumetto rispetto a tutti gli altri mass media contemporanei, per cui storia e personaggi prendono vita con voci e tempistiche suggerite dagli autori ma decise soltanto dai lettori.

Un linguaggio antico e moderno Anche a distanza di anni, le storie scritte e disegnate da Micheluzzi colpiscono e avviluppano il lettore in un vortice ammaliante a cui è ben difficile sottrarsi (e quasi sempre controvoglia). In particolare, nella saga quinquennale di Petra, l’autore riversa tutte le sue passioni («l’Aviazione, l’aeroplano e gli uomini che ci volano sopra», i primi anni del Novecento e l’art déco, le emozioni e le atmosfere più care), creando una serie rimasta unica nel panorama del fumetto avventuroso non soltanto italiano e che ancor oggi dona emozioni sempre nuove. Risulta evidente in ogni sua pagina la fascinazione, anzi la nostalgia di Micheluzzi, secondo le sue stesse parole, «per quel mondo della Mitteleuropa, del trionfo della borghesia intellettuale e imprenditoriale, della cultura e dello stile di vita, aperto (e come!) all’avvenire, ma ancora legato per l’ombelico al glorioso Ottocento appena spento o sul punto di esserlo. Il mondo a misura del singolo, e non a misura di masse». 6


Gli appassionati giustamente riconoscono già nei brevi episodi seriali di Petra Chérie una maturità d’autore dalle caratteristiche più peculiari che il fumettista istriano – nato nel 1930 a Umag: città austro-ungarica per i suoi genitori, italiana alla sua nascita, a lungo jugoslava, oggi croata – svilupperà ancor di più in seguito. Tra queste si riconoscono immediatamente le inquadrature cinematografiche, i giochi di luce, l’uso dei caratteristi, l’attrazione per le figure femminili forti, la voce narrante onnisciente che dialoga con il lettore e perfino con i protagonisti («Se sei la mia coscienza o mio padre non lo so... Ma sono stanca della tua tutela, del tuo fiato sulla mia nuca...», gli dice alla fine Petra). Spesso e volentieri la narrazione e la messa in scena richiamano esplicitamente – ma sempre con ironia – il grande cinema americano anni Trenta («Per un ragazzo di oggi bombardato da immagini e messaggi non è possibile immaginare cosa voleva dire per noi vedere un film con Gary Cooper», racconta Micheluzzi alla rivista «Fumo di China» nel marzo 1989), mentre l’esotismo che si respira in ogni tavola rimanda alla scoperta di «un mondo completamente diverso da quello provinciale dell’Italia prima della guerra... Life, National Geographic, delle emozioni incredibili!».

Lo sviluppo e l’interruzione L’idea iniziale della saga di Petra Chérie prevede in realtà un protagonista maschile, Rupert de Karlowitz detto “il Vicario” per il vezzo di citare con nonchalance versetti della Bibbia. «Chi è il Vicario?», si legge in uno schizzo promozionale (pubblicato dieci anni dopo in un’affettuosa monografia dell’appassionato Vincenzo Mollica) accanto a un volto azzimato dallo sguardo deciso con lunga sigaretta alla bocca. «Un giovane uomo, che vola, combatte, vive, negli amici, grigi, cieli d’Europa degli amari, grigi, anni 1917-18. Un piccolo biplano di tela e una Bibbia tascabile sono le sue armi». Le caratteristiche fisiche e ambientali potrebbero però far troppo pensare all’avventuriero Corto Maltese, che da un decennio miete successo in tutta

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Europa, orgoglio del fumetto italiano al pari della disinibita Valentina di Guido Crepax (uniche star della Nona Arte nostrana assurte a icone, nel ristrettissimo gruppo di personaggi italiani le cui fisionomie sono note anche a chi non ne hanno mai letto le storie, accanto ai più seriali Tex e Diabolik). L’allora direttore del «Corriere dei Ragazzi» Alfredo Barberis suggerisce quindi una modifica di genere, che forse non casualmente unisce il fascino delle due icone del cosiddetto “fumetto d’autore”, anche se la pur sensualissima Petra non mostra mai le sue grazie quanto la fotografa con i tratti di Louise Brooks nelle ben note tavole dall’erotismo sfacciato di Crepax. Nel ridefinire la serie con protagonista una donna emancipata e di forte personalità, non soltanto Micheluzzi ha così modo di aumentare il tasso d’intrigante raffinatezza del suo «fumetto dannunziano e proustiano» (come arriva a definirlo Antonio Faeti), ma anche di elaborare la sua risposta personale «A un tipo femminile che andava allora di moda, sguaiato, violento, spesso poco pulito, innamorato dei collettivi... Insomma, una montagna di luoghi comuni codificati in modo talmente pesante da non poterla sopportare». Il risultato vede una Petra de Karlovitz che nell’Europa della Grande Guerra ha «Ventitré anni e una gran voglia di muovermi», figlia della donna più bella di Parigi e di un grande uomo d’affari che l’ha resa poliglotta («È al suo sangue

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slavo che devo il parlare il polacco e il russo, oltre al tedesco, il francese, l’inglese e... Il dialetto di Canton. Ho passato otto anni della mia infanzia in Cina», racconta lei stessa in una brillante tavola di autopresentazione): quindi convenientemente ricca e con attività in tutto il mondo. La gente mi giudica un’eccentrica per via del mio amore per l’aviazione, per il modo di tagliare i capelli, per l’indipendenza della mia vita, per l’amore dei viaggi... Riconosco che le donne con il brevetto di pilotaggio erano solo quattro nel 1913 in tutta Europa e che i capelli se li taglieranno così solo a guerra finita... Non ce l’ho personalmente né con Guglielmo II, né con quella gente adorabile che sono gli austriaci... Se sto dall’altra parte è per... come dire, per una questione di cuore. Ecco, sì! Di puro e irrazionale sentimento...

Come ha riassunto Micheluzzi in un’altra occasione, «Fa quel che vuole senza chiedere il permesso a nessuno e se combatte contro i tedeschi lo fa solo per inclinazione sentimentale, viste le sue origini polacche». Quando entra in scena, Petra incrocia con il suo biplano monoposto Sopwith Camel la rotta dell’aviatore Manfred von Richthofen detto “il Barone Rosso” (proprio come immagina di fare dal tetto della sua cuccia il celebre cane Snoopy dei Peanuts: e guarda caso, nell’avventura ci sono due comprimari i cui cognomi sono Brown e Schroeder...) e lungo la sua saga quinquennale arriva anche a incontrare Thomas Edward Lawrence detto “Lawrence d’Arabia”. Nel frattempo, delizia il lettore (che in questo volume può apprezzare tavole “di bianchi e di neri quasi solari, elegantissimi per forma e levigatezza. Un diluvio narrativo di avventure mai sazie, di curiosità continuamente rinnovate”, come ha scritto Fulvia Serra) in un vorticoso giro del mondo, passando dalle dolci nebbie al fronte delle Fiandre nell’agosto 1917 via via in Olanda, Francia, Italia (a Venezia, naturalmente), Svizzera, Montenegro, fino al Bosforo, giungendo nel Caucaso meridionale nel dicembre 1918, nel pieno della rivoluzione bolscevica che di fatto interrompe non soltanto la danza da commedia sofisticata nel tono della serie – e non è affatto improprio citare l’immigrato hollywoodiano mitteleuropeo Ernst Lubitsch – ma proprio l’intera saga, che nel giugno 1982 s’interrompe bruscamente. Come ha raccontato l’amico di famiglia Sergio Brancato:

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Più volte sollecitato sul perché non realizzasse più avventure della sua straordinaria femme fatale, Micheluzzi svicolava o si chiudeva in un cortese quanto ostinato mutismo. A volte accampava poco convincenti ragioni di mercato, ma agli interlocutori restava il dubbio. Se ne era forse stancato? Non riusciva più a gestirne la vita immaginaria? Oppure, per qualche segreto motivo, aveva diseredato quella che considerava come una figlia?

Un indizio ci viene forse da una lettera pubblicata nella rivista mensile «Alter Alter» dell’aprile 1982 per giustificare l’inconsueto ritardo nella consegna della nuova storia di Petra, trasmigrata dal settimanale «Il Giornalino», che ne parla così: «È una specie di rondone migratore, con il quale la storia del sale sulla coda non ha funzionato. Ho passato lunghi mesi della mia vita a correrle dietro, per cercare di parlarle e capire alcune cose, neanche facili. Sarei un vero padre, sennò?». Non sappiamo se, prima di lasciarci improvvisamente, nel settembre 1990, mentre faceva jogging nella sua amata Napoli, Micheluzzi sia riuscito ad approfondire il discorso per “chiudere i conti” con la creatura di carta. Di certo noi non l’abbiamo mai dimenticata e, grazie al volume che avete tra le mani, ora la possiamo finalmente rileggere in un colpo solo lungo tutte le sue ventiquattro avventure. Un omaggio inebriante al suo autore, l’unico modo per alleviare il dolore di non poter più rivedere né lei né lui, ma anche per ringraziare di averli incontrati. 10


La storia editoriale Apparsa a colori sul settimanale «Il Giornalino» per i primi 21 episodi, la saga di Petra trasmigra per i suoi ultimi 3 sul mensile «Alter Alter», per essere poi riproposta in bianco e nero in due volumi brossurati dalla Visualprint nel 1980 e in uno cartonato dalla Milano Libri nel 1982, ricominciando con due brossurati in formato quasi dimezzato nei Tascabili Lizard nel 2000 e tornando in edicola con un’antologia cartonata nella collana «I Maestri del Fumetto» di Mondadori nel 2009, essendo quindi riproposta integralmente in un unico volume cartonato da Comma 22 nel 2013 e ora in questa edizione. Buona lettura!

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Biografia


Pubblicato per la prima volta su «Alter Alter» n.1, febbraio 1982


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1.

Dolci nebbie di Fiandra


Pubblicato per la prima volta su «Il Giornalino» n.8, febbraio 1977


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2.

Uno schooner chiamato Syrius


Pubblicato per la prima volta su «Il Giornalino» n.11, marzo 1977


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«Mi ha chiesto di parlarvi di me... Dovrebbe saperlo che è una cosa che detesto.»

Elegante, colta e raffinata senza mai risultare altera, Petra Chérie è una delle figure più iconiche del fumetto italiano. Nata dalla matita di Attilio Micheluzzi, ha conquistato intere generazioni con il suo grande carisma. Una donna indipendente, impavida, dalla forte personalità, protagonista di molteplici

avventure sullo sfondo della Grande Guerra. A bordo del suo biplano, vola dall’Istria al Montenegro, passando per Costantinopoli e la Siria settentrionale, attraversando alcuni tra i più drammatici eventi della Storia. La serie completa dell’affascinante aviatrice polacca, raccolta in un unico volume.

Attilio Micheluzzi (Umago 1930 – Napoli 1990), è considerato uno dei principali maestri della “linea chiara” del fumetto mondiale. Noto anche con lo pseudonimo di Igor Arztbajeff, iniziò a dedicarsi all’attività di fumettista molto tardi – quando aveva già superato i quarant’anni – eppure la sua produzione è sconfinata e presenta un livello di perfezione tecnica costante. Forte la sua predilezione per le storie con ambientazione d’epoca, per l’aviazione e per i periodi di grandi conflitti in cui gli esseri umani si mostrano per quello che sono.

edizioninpe.it ISBN: 978-88-36270-88-0

euro 39,90


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