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La crisi energetica mondiale

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Sport e società

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Europa, Russia e Italia in controluce di Nicola Maccagnan

L’ aumento vertiginoso dei costi per famiglie e imprese: quali sono le cause e quando ne usciremo?

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Siamo nel bel mezzo di una vera e propria tempesta economica e soprattutto energetica. Ce ne siamo accorti noi tutti, bollette alla mano, già da qualche mese. Inutile dire quali sono le reazioni che ci accompagnano ogni qualvolta dobbiamo avvicinarci a una pompa di benzina. Una crisi acuitasi con lo scoppio della guerra in Ucraina, anche se – a dire il vero – avvisaglie concrete e preoccupanti si erano avute già da alcuni mesi. Per orientarci nel dare una lettura il più razionale possibile a questa situazione, tanto complicata quanto pesante per i nostri bilanci familiari, abbiamo chiesto aiuto al dottor Simone Tagliapietra, studioso esperto di dinamiche del settore energetico in ambito internazionale, attualmente ricercatore ed associato del Gruppo di studio politico-economico internazionale Bruegel di Bruxelles.

L’intervista esclusiva

Dottor Tagliapietra, quali fattori influiscono, in estrema sintesi, sulla gravissima crisi energetica in atto? Il problema principale è dato dal fatto che l'Europa importa il 40% del gas e il 25% del petrolio che consuma dalla Russia; questo dato ci fa capire quale sia l'esposizione dei paesi europei nei confronti delle fonti russe e come la Russia possa usare questo strumento come un'arma geopolitica di ritorsione nei confronti dell'Europa. Noi siamo peraltro gli unici in questa posizione: gli Stati Uniti - ad esempio - non importano gas dalla Russia e da lì proviene solo il 5% del petrolio di cui hanno bisogno, mentre il Canada ha smesso di importare petrolio russo da parecchi anni; è proprio per questo che USA e Canada hanno posto l'embargo sul petrolio proveniente da Mosca. L'allarme principale per i governi è dunque legato ad una eventuale interruzione dei flussi di energia dalla Russia verso l'Europa: questo preoccupa sia i Paesi Europei perché richiede strategie alternative, sia a livello planetario, perché nel caso si verificasse un blocco i prezzi di gas e petrolio schizzerebbero ulteriormente con ripercussioni per tutto il sistema economico mondiale. Il problema principale è peraltro legato proprio al gas, anche perché questa commodity si sposta attraverso gasdotti e quindi su infrastrutture rigide e non

Europa, Russia e Italia in controluce

facilmente modificabili, mentre il mercato del petrolio, che si muove essenzialmente su navi, è molto più fluido, con possibili alternative di approvvigionamento. L'aumento dei prezzi era partito però alcuni mesi fa, ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina... L'impennata dei prezzi è partita in effetti già l'estate scorsa, ma ancora una volta per iniziativa della Russia, che ha tagliato l'invio di gas in Europa di circa il 40%. All'epoca ci si interrogava sul perché di questa drastica riduzione, provando a dare spiegazioni di varia natura; oggi - alla luce di quanto è successo - forse abbiamo la spiegazione: Mosca ha messo l'Europa in una posizione di grande vulnerabilità già da tempo e su questo si è poi inserito il conflitto. La cosa a prima vista assurda, ma che in realtà ha una sua logica, è che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, Mosca è tornata ad alzare di molto le quantità di gas inviato ai paesi europei, addirittura ai livelli storici più alti; questo significa che le riserve c'erano ed ora hanno bisogno di incassare gli introiti in grado di finanziare la guerra, anche a seguito delle sanzioni applicate alle banche e alla banca centrale russa. Questi fattori giustificano il fortissimo aumento dei prezzi registrato su quasi tutte le fonti energetiche o c’è di mezzo anche la speculazione? E se sì, da parte di chi? Questo è quello che ci si chiede soprattutto in relazione al petrolio: il prezzo della benzina, ad esempio, non è indicizzato al prezzo quotidiano della materia prima, ma si basa su contratti stipulati anche con largo anticipo e quindi l'aumento dovrebbe essere molto più lento. Al riguardo il presidente di Assopetroli ha fatto notare alcuni giorni fa come alcuni operatori della distribuzione, da cui i rivenditori finali comprano la benzina, hanno aumentato di molto i propri costi di gestione. Alcune procure hanno avviato al riguardo delle indagini per verificare se vi siano comportamenti illeciti; resta il fatto che il vero grande motore degli aumenti per i consumatori è dato dalle dinamiche geopolitiche. Quali reali timori dobbiamo avere come cittadini italiani sull’andamento dei prezzi dell’energia e soprattutto dell’approvvigionamento futuro? Per quanto riguarda la sicurezza energetica, ovvero il pericolo di andare incontro ad un vero e proprio blackout dovuto alla mancanza di gas, io penso che l'Italia sia messa meglio di altri Paesi europei. Questo perché abbiamo diversificato nel tempo e oltre alla Russia, che copre circa il 40% del fabbisogno, abbiamo canali aperti di approvvigionamento con l'Algeria, la Libia, l'Azerbaigian, la Norvegia; abbiamo inoltre diversi rigassificatori che ci consentono di essere dipendenti dalla Russia in maniera minore rispetto ad altri Paesi, come la Polonia e la stessa Germania.

Europa, Russia e Italia in controluce

Il governo ha inoltre in atto una strategia che mira ad avviare forniture da altri paesi, come il Qatar, e ad acquistare dei piccoli rigassificatori mobili, fluttuanti nel mare, dove stoccare forniture di gas liquefatto in arrivo dall'estero. Vi è inoltre un piano di emergenza che, in caso si arrivasse a una situazione limite, porterebbe alla riattivazione di 7 centrali a carbone per sopperire alle necessità nel breve termine. Cosa può fare ogni singolo cittadino, ovvero ognuno di noi, per dare il proprio contributo a questa battaglia epocale? Su questo abbiamo tutti un ruolo importante, anzitutto nell'utilizzare l'energia nel modo più responsabile possibile. Studi qualificati hanno dimostrato che se tutti noi abbassassimo nelle nostre abitazioni il termostato del riscaldamento domestico anche solo di 1 grado, riusciremmo a tagliare la domanda di gas del 7% e non è davvero poco. Questa è l'azione più semplice e diretta che tutti possiamo mettere in atto. Poi c'è la questione legata alle imprese e qui trovare una soluzione è oggettivamente più difficile. Molte aziende hanno già rivisto il proprio ciclo produttivo rimodulandolo su orari diversi, in cui il costo energetico è minore. In questo caso il problema centrale è rappresentato dall'energia elettrica, che in Italia è prodotta ancora in gran parte con il gas. Viviamo, in ultima analisi, una grande crisi legata ai combustibili fossili. Soprattutto per l'Europa, come ha ricordato il ministro tedesco all'energia, le rinnovabili rappresentano veramente l'”energia della libertà”; la crisi in atto dimostra ancora una volta come sia necessario accelerare sul percorso della transizione ecologica verso le fonti rinnovabili. Come fare? Il problema non è quello tanto quello del denaro (sono molte le imprese disposte a investire nel settore), bensì, spesso, quello della burocrazia e dei processi decisionali e amministrativi troppo lenti, soprattutto nel nostro paese. La buona notizia è però che nel Recovery Plan l'Italia, anche su input dell'Europa, ci sta mettendo finalmente mano: ci attendiamo cambiamenti importanti, con procedure più snelle e veloci, a breve termine.

CHI E' Simone Tagliapietra, 34 anni, Feltrino di Arten di Fonzaso dove risiede la sua famiglia, è un senior fellow presso il think-tank economico europeo Bruegel di Bruxelles. È anche professore a contratto di Politica energetica, climatica e ambientale all'Università Cattolica del Sacro Cuore e alla Johns Hopkins University - School of Advanced International Studies (SAIS) Europe. La sua ricerca si concentra sulla politica climatica ed energetica dell'Unione Europea e sull'economia politica della decarbonizzazione globale. Con numerose pubblicazioni politiche e scientifiche all’attivo, è autore di Global Energy Fundamentals (Cambridge University Press, 2020) e L'Energia del Mondo (Il Mulino, 2020). Le sue rubriche e i suoi lavori sono pubblicati e citati dai principali media internazionali come il Financial Times, The New York Times, The Guardian, The Wall Street Journal, Le Monde, Die Zeit, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e altri. Simone Tagliapietra ha conseguito inoltre un dottorato di ricerca in Istituzioni e Politiche presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore.

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