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L’Italia in Cina: la colonia di Tientsin
L'Italia in Cina di Andrea Casna
La «colonia» di Tientsin
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Già nel bel mezzo del suo processo di unificazione l'Italia guardava già con interesse all'espansione coloniale in Africa. Somalia ed Eritrea, a partire dalla fine dell'Ottocento, andavano già a formare il primo e modesto nucleo di questa espansione oltre mare: un'espansione che conobbe una battuta d'arresto negli anni Novanta dell'Ottocento con la sconfitta ad Adua contro le truppe etiope. Non passò però molto tempo per vedere nuovamente il Regno d'Italia pronto a farsi strada verso nuove mete. Questa volta in Cina. Era il 1902 quando il governo di Pechino concesse al Bel Paese, in perpetua proprietà, il settore di Tientsin. Ma perché questa concessione? La risposta a tale domanda la si trova nella famosa rivolta dei Boxer, una società segreta cinese originariamente conosciuta come Yihequan («pugni di giustizia e concordia»). Il nome boxer, di origine inglese, deriva dalla boxe: rituale praticato dai membri di questa organizzazione. Si trattava di un movimento politico che nasceva come risposta, anche aggressiva, all'influenza straniera (occidentale) in Cina. Il movimento diede origine, nel 1898, ad una sanguinosa rivolta che portò all'uccisione di stranieri e cristiani cinesi. I ribelli, poi, si spostarono nelle grande città arrivando ad attaccate le legazioni straniere a Pechino. Il 16 agosto 1900 il vento della rivolta si spense grazie all'intervento armato di Giappone, Russia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Italia e Germania. In tal caso si trattò di una vera spedizione militare. L'Italia inviò solo un contingente di 2 mila uomini: in termini quantitativi l'Italia si piazzava al penultimo posto per numero di soldati. Germania e Regno Unito inviarono, per fare solo qualche esempio, un numero di soldati dieci volte superiore. Nel 1901, una volta sedata nel sangue la rivolta dei Boxer, fu firmato un protocollo, i cui punti salienti erano il pagamento da parte cinese di una cospicua indennità, la creazione di un quartiere delle legazioni a Pechino riservato agli
stranieri, il diritto delle potenze straniere a mantenervi delle guarnigioni. La concessione di Tientsin. Il 7 giugno 1902 la Cina riconobbe all’Italia l’indennizzo per le spese sostenute nella guerra contro i Boxer e la concessione di Tientsin (l’odierna Tianjin: oggi una importante città portuale della nord-est della Cina dove, in alcuni edifici, si legge ancora la presenza in passato dell'Italia): in poche parole la perpetua proprietà di un terreno di quasi un chilometro di lunghezza e mezzo chilometro di larghezza e con 17.000 abitanti, sulla sponda sinistra del fiume Hai. Si trattava di un territorio scarsamente popolato da stranieri, specie italiani e costituito da ampie porzioni di terreni paludosi e malarici. Tale concessione richiedeva ingenti interventi e finanziamenti. I principali introiti erano costituiti dalle tasse versate dai residenti locali e la sicurezza e l’ordine pubblico erano garantiti da un reparto di Carabinieri aiutato da milizie ausiliarie locali. A sostenere si dall'inizio l'importanza della "nuova colonia in estremo oriente", era il Ministro degli Esteri Antonino di San Giuliano il quale era convinto che l’espansione italiana in Cina avrebbe sicuramente incrementato il prestigio dell’Italia all'estero. Ed è in questo clima politico che iniziarono i primi interventi in campo edilizio con la costruzione dell’Ospedale, di una caserma e del palazzo della Municipalità Italiana. Iniziava anche, grazie a questo riassetto urbanistico, a prendere forma un quartiere residenziale che fondeva l’architettura italiana con gli stilemi dell’architettura cinese. FRA LE DUE GUERRE MONDIALI. Verso la fine della Prima Guerra Mondiale il settore di Tientsin ospitò i soldati trentini (arruolati nell'esercito austroungarico) reduci dalla prigionia in Russia: alcuni di questi, inoltre, furono arruolati nei Battaglioni Neri per andare a combattere al fianco dell'Armata Bianca Zarista contro l'Armata Rossa di Lienin. Entrando nel dettaglio, con l'inizio della guerra civile in Russia, (all'indomani della rivoluzione del 1917) fra bolscevichi e filo zaristi, le potenze occidentali, fra queste Regno Unito e Italia, intervennero militarmente in Russia per sostenere le forze liberali e democratiche filozariste. A tal fine, nell’estate del 1918, l'Italia istituì un corpo di spedizione in Estremo Oriente impegnato sui fronti eurasiatici contro le armate bolsceviche. Il corpo di spedizione in Estremo Oriente aveva la propria base a Tientsin e comprendeva anche soldati «irredenti italiani»: militari di etnia italiana provenienti dalle terre italiane d'Austria (Trentino e dalla Venezia Giulia). Nel 1932 fu fondata la Lega italo-cinese con il duplice scopo di favorire la conoscenza della cultura cinese in Italia e di monitorare l’adesione dei delegati dell’Estremo Oriente ai valori fascisti. Tra il 1934 e il 1935 venne inaugurata la prima ambasciata italiana in Cina. Nel 1936 vennero censiti 7.953 abitanti, dei quali 358 di nazionalità italiana. Il ruolo dell'Italia in Cina si indebolì nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1946 Roma rinunciò definitivamente ai benefici concessi dalla Cina nel 1901, restituendo quindi alla Cina il territorio posseduto a Tientsin. L’avventura coloniale italiana in Estremo Oriente poteva dirsi definitivamente conclusa. E oggi cosa rimane della presenza italiana a Tientsin? Navigando in rete si trovano immagini che mostrano ancora oggi la presenza di edifici costruiti, soprattutto, durante il Fascismo. Fra questi spicca la foto del palazzo della cultura italiana (con tanto di fasci littori), oggi restaurato e trasformato in Centro sportivo. Sempre in rete spiccano foto e cartoline d'epoca che mostrano “l'italianizzazione” di questo piccolo angolo di Cina come, per esempio, edifici del quartiere aristocratico e il monumento commemorativo della prima guerra mondiale in Piazza Regina Elena, oggi Piazza Marco Polo.