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Viaggio nel tempo: le epidemie
Viaggio nel tempo di Francesco Scarano
Le epidemie:
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un nemico tanto temuto quanto connaturato nell’uomo.
Nell’ ultimo triennio termini quali ‘’pandemia’’, ‘’contagio’’, ‘’quarantena’’, sono diventati lemmi di uso quotidiano, adoperati in ogni contesto umano e da ogni individuo del ‘’Bel paese’’. Nonostante la loro repentina diffusione, spesso, gli italiani avvertono questi vocaboli come inusuali, tecnicistici e di ardua comprensione. In realtà, quelli che potrebbero apparire come termini alieni, dal significante inusuale, racchiudono un significato assai noto alla coscienza umana: le epidemie che hanno flagellato il genere umano sin dai suoi albori. Se è vero, infatti, che quella del Covid-19 è l’epidemia a noi più nota, per motivi cronologici, non è difficile riscontrare esperienze simili nella storia dell’umanità, al punto che i più illustri storici si stanno cimentando nel ricostruire diacronicamente una storia dei contagi del genere umano. Scavando nel passato più remoto possiamo infatti constatare che le epidemie ebbero origine quando l’uomo iniziò a stazionare in prossimità dei suoi simili. In una lastra marmorea dell’antico Egitto, databile intorno al XV secolo a.C., è possibile infatti riconoscere una figura umana anatomicamente provata dalla poliomielite, morbo che gli costò un grave handicap ad un arto inferiore. Sempre relativamente alla patria dei faraoni, celebre è il caso della mummia di Ramsete che presenta sul volto le tipiche ferite da vaiolo, macroscopica traccia del morbo che lo uccise. Storicamente celebre risulta anche la Peste di Atene la quale, con un effetto boomerang, flagellò la patria della cultura greca due volte consecutivamente: nella primavera del 429 a.C. e nell’ inverno del 426 a.C., come riportato dallo storico Tucidide. Neanche l’Urbe, all’ epoca già ‘’caput mundi’’, riuscì a scampare alle epidemie: basti annoverare l’ingente mole di referti medici minuziosamente stilati da Galeno sulla pandemia di vaiolo nota alla storia come ‘’peste antonina’’, diffusasi in seguito all’ espansione romana in oriente. Anche il Medioevo fu solcato da diverse ondate epidemiche e le più tristemente famose risultano essere quella della peste nera del XIV secolo e la peste bubbonica del ‘ 600. Tali morbi hanno indelebilmente segnato la memoria storica europea al punto che, anche se volessimo ignorare un numero esorbitante di fonti storiche, ci sarebbero decine di pagine di letteratura a
Viaggio nel tempo
scongiurare il rischio di una così grave ed eclatante amnesia: quelle di Boccaccio, che nel Decameron racconta le vicende di una brigata dieci narratori che tentano di fuggire alla peste, e quelle del Manzoni, che crudamente descrive con perizia i lazzaretti ed i monatti incaricati al pubblico trasporto degli infetti. Tra i fattori che hanno contribuito alla diffusione delle epidemie e alla loro metamorfosi in pandemie ricordiamo: le scarse condizioni igienico sanitarie ed il contatto con gli animali (fattore che ha agito da enzima facilitando il salto dei patogeni dalle altre specie animali all’ uomo), il commercio e le guerre. In merito a questi due ultimi fattori, non è difficile ricordare la ‘’quarantena’’ cioè l’isolamento (dell’estensione temporale di circa quaranta giorni) a cui erano obbligati i mercanti veneziani provenienti da zone ad alto rischio di contagio, prima di entrare nel porto della città di San Marco. Ben note risultano alla nostra memoria storica anche le epidemie che hanno sfruttato i militari come vettori del morbo: all’ inizio del XVI secolo i conquistadores spagnoli portarono nel Nuovo Continente infezioni come il vaiolo, morbillo e salmonella, che sterminarono le popolazioni indigene ( non dotate degli opportuni anticorpi), al punto che numerosi movimenti indigenisti americani fanno leva ancora oggi su queste catastrofi per perseguitare le minoranze europee e rifiutare commemorazioni come il Columbus Day. Ben più recente risulta l’epidemia influenzale ‘’Spagnola’’ che si abbatté sul Vecchio Continente durante la Grande Guerra. L’ attributo adoperato per designare tale
morbo deriva probabilmente da un’erronea teoria secondo la quale il male sarebbe scoppiato nella Penisola iberica, dato che le testate spagnole furono le uniche a parlare dell’argomento. Analizzando il dietro le quinte delle logiche totalitaristiche, però, possiamo facilmente dedurre come la Spagna, in qualità di Paese neutrale, fosse tra le poche realtà politiche a godere ancora di libertà di stampa e della possibilità di dare eco mediatico ad un tema tanto scottante quanto demotivante per i potenziali interventisti. E’ da sottolineare come le culture antiche (da quella Mesopotamica a quella cattolica medioevale) abbiano attribuito, senza alcun fondamento scientifico, la responsabilità di tali mali all’ uomo e ai suoi peccati, e probabilmente non è un caso che i termini di origine greca ‘’pandemia’’ ( dal greco ‘’pas’’ ‘’dèmos’’, cioè ‘’tutto il popolo’’) ed ‘’epidemia’’ ( da ‘’ epì’’ ‘’dèmos’’, cioè ‘’sul popolo’’) facciano leva in maniera antropocentrica sull’ uomo, il popolo e le sue responsabilità. Qualunque sia l’appellativo atto a designare il singolo morbo, ed in qualunque epoca storica esso si sia diffuso, resta il fatto che non bisogna cercare ‘’untori’’ e responsabili tra i propri simili, ma fraternamente unirsi agli altri ‘’guerrieri’’ nel tentare di sconfiggere un male tanto microscopico alla vista quanto macroscopico negli effetti. Un’ anamnesi del passato delle epidemie non può che giovare alle nostre coscienze in vista di un’ottimistica diagnosi delle presenti e future pandemie, prendendo atto che tali morbi non sono un nemico a noi ignoto, ma un male che abbiamo già incontrato e sul quale il genere umano (con l’ausilio delle giuste precauzioni) avrà sempre la meglio, così come ci insegna la storia!