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Feltre: le lapidi cancellate
Storie di casa nostra di Beatrice Mariech
Feltre: le lapidi cancellate
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Passeggiando per il centro storico di Feltre, ai più curiosi sarà sicuramente capitato di domandarsi il motivo per cui alcune targhe incise sui palazzi non siano leggibili. In verità questo genere di lapidi è presente su gran parte del territorio feltrino, tanto che si potrebbe ricostruire quasi l’intera storia di Feltre attraverso le iscrizioni che riportano, considerando che la più antica, un frammento ritrovato in via Cornarotta, risalirebbe addirittura al I o al II secolo a.C. Ma le lapidi più interessanti e presenti in maggior numero sono senza alcun dubbio quelle risalenti ai secoli del dominio veneziano sul feltrino: la Serenissima governò infatti sulla città dal 1404, a seguito della sottomissione volontaria da parte di Feltre, sino al 1797, anno della caduta della Repubblica Veneta. È proprio durante questo arco di tempo che venne scolpita la maggior parte delle lapidi presenti su suolo feltrino: si tratta di iscrizioni onorarie scolpite su pietra, attraverso le quali era consuetudine da parte delle città che facevano parte dello Stato Veneziano onorare i Rettori di terraferma, funzionari della Serenissima appartenenti al patriziato che avevano poteri civili, militari e giudiziari e che, inviati nei territori di dominio della Repubblica, avevano il compito di controllarli e al termine del mandato, presentare al Senato una relazione sul proprio operato e sui luoghi in cui avevano governato. Possiamo ancor’oggi ammirare queste targhe perlopiù nei pressi della cittadella, a partire da Porta Castaldi, passando per Piazza Maggiore, fino a Porta Pusterla ed è interessante sapere che un tempo le vie cittadine erano costellate di lapidi e di stemmi, mentre numerose statue trovavano posto nel Salone del Consiglio e in quello del Palazzo Pretorio, che oggi coincidono rispettivamente con il teatro della Sena e la sala consigliare. Di queste, solo due sono sopravvissute e sono ancora oggi situate nella loggia del Palazzo della Ragione. Ma per quale motivo non siamo più in grado di leggere le parole incise sulle lapidi dei palazzi del centro storico? Due sono le risposte che ogni feltrino e ogni visitatore interessato alla questione si sarà sentito dare: è stata la Repubblica di Venezia. È stato Napoleone. Occorre dire che sono entrambe esatte. Perché se è vero che la Serenissima aveva iniziato l’opera di scalpellatura, è altrettanto vero che gran parte del danno compiuto avvenne per mano delle truppe dell’Impero francese. Partiamo dal principio. Perché Venezia
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avrebbe deciso di sfregiare le targhe sulle quali venivano tessute le lodi dei suoi funzionari? Gli omaggi da parte delle città ai Rettori e al loro operato avevano iniziato a sembrare eccessivi alla Serenissima e di conseguenza nel dicembre del 1691 il Doge decretò che venisse proibita la realizzazione di nuove statue, stabilendo inoltre che qualsiasi tributo già presente, fosse esso statua, mezzobusto o iscrizione avrebbe dovuto essere eliminato. Venne dunque abolito l’utilizzo delle lapidi in onore dei funzionari e furono ingaggiati operai per scalpellare le targhe già presenti: a testimonianza di ciò abbiamo vere e proprie ricevute relative al corrispettivo che spettava a chi era stato assunto per portare a termine l’opera di cancellazione delle targhe e di smantellamento delle statue. Se agli occhi di Venezia l’omaggio feltrino sembrava un mero strumento di adulazione, l’intento da parte dei cittadini era in realtà quello di ricordare delle figure che avevano ricoperto il loro ruolo di governatori in maniera illustre, assicurando sempre pace e giustizia e aiutando la popolazione, talvolta anche economicamente, in prima persona. Passiamo ora al 1797: la Serenissima Repubblica di Venezia è ufficialmente caduta in seguito all’avanzata dell’esercito di Napoleone Bonaparte e il feltrino è invaso dalle truppe francesi sotto il comando del generale André Masséna. In questo periodo la demolizione delle statue e la cancellazione delle lapidi erano divenute sistematiche, poiché l’Imperatore di Francia era intenzionato a far scomparire qualsiasi testimonianza legata a Venezia. I soldati francesi terminarono dunque l’opera iniziata dalla Serenissima, sebbene le motivazioni in questo caso fossero completamente differenti. Napoleone, infatti, aveva messo in atto una vera e propria damnatio memoriae nei confronti della Repubblica Veneta, che nel caso di Feltre culminò con la distruzione della statua del leone di San Marco che, ripristinata, spicca ancora oggi sopra Piazza Maggiore. Sebbene dunque molti dei testi riportati sulle lapidi siano oggi in parte o completamente indecifrabili, possiamo tuttavia continuare ad ammirare le loro cornici in perfetto stile veneziano a riprova del fatto che la storia, sebbene si tenti di cancellarla, vive.