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Una radio per amica, fare il DJ

La finestra sulla comunicazione di Gabriele Biancardi

UNA RADIO PER AMICA, FARE IL DJ

Non è una radio per giovani: potrebbe sembrare un titolo di un programma, oppure una stazione che ha un palinsesto musicale fermo agli anni sessanta o settanta. Invece è una considerazione seria. Anni fa la radio raccontava tutto in anteprima, dai fatti agli avvenimenti e faceva ascoltare la musica da scegliere per la propria discoteca di casa. L'appuntamento imperdibile era il sabato pomeriggio con Lelio Luttazzi e la sua Hit Parade! Sembrano passati secoli, invece ci sono solo una cinquantina di anni in mezzo. La radio è diventata la referente di un pubblico adulto. I giovani hanno tantissimi mezzi per ascoltare le uscite del giorno. Ci sono piattaforme che ti permettono di scaricare, a prezzi bassissimi, qualunque cosa fatta di note. Questo rende loro ricchissimi in quantità, ma un pochino più poveri in qualità. “Questo chi è” ? non importa, intanto lo scarico, poi magari sento. Quando i 33 giri costavano sulle quindici mila lire, la scelta era frutto di una disamina molto attenta. Elucubrazioni, discussioni con gli amici. Ecco perché la radio ora ha principalmente un pubblico di capelli grigi. Nulla di male eh, nei confronti della televisione, la radio è rimasta fedele a se stessa. Non è precipitata negli anni nel becero, nelle urla (tranne qualche raro caso), anzi, dietro il microfono si sono avvicendati fior fiori di artisti e intellettuali che hanno voluto provare questa esperienza. Proprio per questo, il ricambio generazionale di coloro che vogliono fare questo mestiere è praticamente inesistente. La media dei conduttori nel nostro Paese, oscilla tranquillamente dai quaranta in su. Negli anni ottanta invece, coloro che bramavano sbavare dietro un microfono erano tanti. C'era il fascino della voce, la possibilità di ascoltare un sacco di musica gratis e in qualche caso di essere pure pagati. Le radio private fiorivano come ciliegi in primavera. Tanti giornalisti, si sono fatti le ossa e hanno imparato l'arte della concretezza descrittiva. Si può vivere di radio? Sì, certo, nelle realtà locali chiaramente non diventerai mai ricco, ma non lo fai per questo, per quanto mi riguarda fare radio mi rende talmente felice che se vincessi un milione di euro, continuerei a farlo anche gratis. Il mio primo stipendio a Radio Stella Alpina, fu di quaranta mila lire. Prendevo cinquecento lire all'ora, mi portavo i dischi di mio fratello da casa e quando entravo in studio, mi sembrava di essere in un luogo sacro. Quasi di culto.

Aggiungo che la stessa gioia di indossare le cuffie è rimasta intatta.

Non mi comprerò mai una Ferrari, ma in fondo per arrivare qui, nei nostri studi, posso farlo anche in tram. Oggi non possiamo nemmeno più dire che le radio regionali siano confinate nel proprio territorio. Internet ha aperto un mondo nuovo, o per meglio dire, lo ha rimpicciolito. Grazie alla rete, riceviamo mail, messaggi da tutto il mondo. Di solito sono trentini emigrati, magari di seconda o terza generazione, che scrivono dall'Argentina, dal Brasile e ammetto che quando capita ti si gonfia il petto di soddisfazione. D'altronde eravamo abituati negli anni ottanta a salutare quelli di fronte. Ci sono anche le radio internet, che in certo senso hanno ripetuto la stagione delle nascite di emittenti. I costi sono molto meno ovviamente, niente ponti, postazioni, elettricità, riparazioni in montagna, acquisto frequenze. Trovo che sia una buona cosa, forse in questo modo anche i giovani avranno la curiosità di ritrovare il gusto di farsi raccontare delle cose. Ammetto di essere un pochino contrario alla webcam. Far vedere una radio non ha molto senso perché crea un buco alla fantasia. Quante volte abbiamo immaginato un volto dietro una voce, nella nostra mente lo forgiamo grazie ai nostri desideri. Ma se a queste voci dai una faccia... ma queste sono considerazioni che escono a ridosso dell'uscita dei dati di ascolto. Radio Dolomiti è ancora al primo posto nelle preferenze, non è una buona ragione per sedersi sugli allori, ma uno sprone a fare sempre meglio.

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