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Il personaggio: Carlo Budel
Carlo Budel e l’ascesa alla Marmolada:
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Il cambiamento è un’esigenza che proviene dal più profondo di sé stessi, è una chiamata urgente che non può essere ignorata e posticipata. Ci sono cose che si possono rimandare, la gioia di vivere non è tra queste. La storia di Carlo Budel vuol essere un invito a vivere la vita qui ed ora e ad abbracciare i cambiamenti che arrivano per aprire noi stessi alla bellezza che ci circonda e alla felicità autentica fatta di piccole e semplici cose.
“..Le cose più belle non costano niente. Basta saperle vedere. Ma quando sei dipendente non riesci ad apprezzare nulla, sei sempre alla ricerca di un miraggio che non otterrai mai, sei condannato all’infelicità. La montagna è stata la mia via di fuga…”da “Le montagne che vivo. Racconto per immagini delle uscite con Paris sulle Dolomiti e della vita sulla Marmolada”.
Sei cresciuto tra Lavis (trentino) e San Gregorio nelle Alpi (bellunese). La tua infanzia è trascorsa soprattutto nella casa dei nonni paterni a San Gregorio nelle Alpi. Dopodiché la vita di porta lontano, con tante esperienze, anche forti e travolgenti. Quale significato ha avuto ritornare nel bellunese? Quando sono ritornato a Belluno avevo 22 anni e mia mamma aveva bisogno di un aiuto per assistere mia nonna che era gravemente malata. Ero contento di trasferirmi nei luoghi che mi avevano dato tanti momenti di gioia di cui avevo sempre avuto nostalgia. Penso alle estati a raccogliere fieno, le avventure nei boschi con i miei cugini, i pomeriggi nella natura e con gli animali. I miei nonni, come quasi tutte le altre famiglie di questi paesi, non avevano tanto, ma avevano un cuore grande e ci riempivano di ogni golosità, quasi per dare a noi il benessere che loro non avevano vissuto. Bisogna pensare che in zone rurali come San Gregorio nelle Alpi solo da poco si cominciava a stare meglio economicamente. Passando dall’infanzia all’adolescenza cresceva in te il bisogno urgente di fare, quell’irrequietezza che per molto tempo non ti ha dato pace. Quando e come pensi abbia avuto origine questa ricerca di continue emozioni di andare oltre il limite? Così si nasce. Sono sempre stato irrequieto. La mia idea è sempre vivere la vita, guardare il mondo. Due anni fa sono stato bloccato in Birmania per colpa del covid. Aspetterò ancora un po' e poi mi partirò per altre destinazioni. Un po' l’energia vitale che premeva dentro un po' l’insofferenza per la vita in fabbrica ti spingono alla ricerca di modi per “sfogare la frustrazione cre-
Personaggi del nostro tempo
scente”. Arrivi al punto in cui senti che la vita non ti appartiene più perché la dipendenza dall’alcol giorno dopo giorno ti stava consumando… Ero sull’orlo di un abisso quando una carissima persona mi ha aiutato a rialzarmi e ad interrompere questo circolo vizioso. È stata il mio “angelo custode”. E poi è arrivata anche Paris, la mia cagnolina che è stata una vera e propria benedizione. Con Paris hai riscoperto e rinsaldato il tuo legame con la montagna. Quanto la montagna ti ha forgiato come persona? Guardando le montagne ho ritrovato me stesso. Era il 15 febbraio 2016 e come ogni lunedì mattina sarei dovuto andare allo stabilimento. Dopo 18 anni di lavoro in fabbrica la monotonia e il grigiore che mi circondavano avevano soffocato il mio carattere energico e dinamico e la vita era diventa insostenibile. Quel giorno avevo smesso di rimuginare sui discorsi della sicurezza economica e del posto fisso che mi avevano sempre frenato dal prendere il coraggio di fare una scelta e avevo deciso che quello doveva essere il giorno della mia ripartenza Quel lunedì per me non era l’inizio della nuova settimana, era l’inizio di una nuova vita. Cambiai direzione e con la macchina raggiunsi Roncoi di San Gregorio Nelle Alpi: la meta era il Pizzocco, la prima montagna che avevo conosciuto quando avevo solo 3 anni. Avevo spento il cellulare per qualche giorno, puoi immaginare una volta riacceso quante chiamate e messaggi per convincermi a tornare in fabbrica, ma ormai avevo deciso: la mia strada doveva cambiare. I successivi venti mesi ero tutti giorni in montagna con Paris. Dopo questi mesi di stacco avevo scelto di tornare a lavorare nei rifugi come quando ero giovane. Il mio sogno era avere un rifugio tutto mio e il proprietario di Capanna Punta Penìa, Aurelio, cercava qualcuno che fosse disponibile a gestirla. Così mi sono fatto avanti e ad oggi ho trascorso 400 giorni a 3343 mt esattamente quattro stagioni: un’esperienza incredibile che mi ha dato e mi sta dando tanta soddisfazione e gioia. La Marmolada l’avevi conosciuta già da giovane, però allora non era scattata la scintilla solo dopo sei riuscito a conquistarla ed arrivare dove sei: Punta Penìa La montagna che più di tutte mi ha forgiato è la Marmolada. Lassù la vita non è facile e si fanno tanti sacrifici. A luglio e agosto possono esserci tormente di neve se penso al 1° giugno 2021, quando si è aperta la stagione, Capanna Punta Penìa era immersa in 8 metri di neve. Lassù c’è l’essenziale come stile di vita: il bagno è di fuori e sotto ci sono 100 mt di volo; oppure se voglio lavarmi prendo il pentolone sciolgo la neve e con l’acqua tiepida calda mi faccio la doccia fuori. Diciamo che è come vivere sessanta/settanta anni fa. Nell’era in cui siamo che è l’immagine superficiale che punta tutto all’apparenza, la tua collezione di fotografie dalla Marmolada, le istantanee della tua vita con Paris sono immagini autentiche, sincere, senza filtri, forse è proprio questo che piace tanto alle persone. Quando posto delle immagini non condivido solo fotografie, ma condivido emozioni. Penso sia proprio il fatto di vedere rappresentate la gioia delle cose semplici e la bellezza della natura che colpisce le persone. Per tutti noi la vita è un continuo aprirsi e chiudersi di parentesi, di capitoli, c’è un prima e un dopo. Tu hai racchiuso la tua storia in due libri
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(e hai messo in ordine tutti questi frammenti della tua vita). Come ti ha aiutato questa esperienza? L’idea del libro è stata di una casa editrice che aveva intercettato la mia storia su tanti giornali e programmi televisivi. Mi sono cimentato in questa impresa affiancato da una scrittrice, Elisa Cozzarini e insieme è venuto alla luce il primo libro “La sentinella delle Dolomiti” (2019) che è la storia della mia vita. L’anno scorso ho pubblicato “Le montagne che vivo” che è un racconto per immagini di questi ultimi anni. La cosa bella è che un libro rimarrà per sempre, tra cento anni magari qualcuno lo prenderà in mano e troverà parole di aiuto, parole giuste al momento giusto. I libri resistono al tempo? Esatto proprio così e questo mi fa tanto piacere. L’esperienza del libro mi ha dato tanta soddisfazione, alcune persone mi hanno scritto ringraziandomi per aver dato loro la spinta a cambiare. La mia biografia ha toccato tante persone, in particolare chi nella mia storia si è rivisto e sono contento che abbiano ritrovato la speranza e la forza di un cambiamento positivo. È possibile seguire Carlo nelle sue avventure in montagna su Facebook e su Instagram
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