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In filigrana
In filigrana di Nicola Maccagnan
L'elezione del Presidente della Repubblica: se la politica diventa un gioco...
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C'è la Politica e la politica. E poi, di quest'ultima, ci sono declinazioni - o se preferite degenerazioni - che la trasformano in “politichetta”. Non vale nemmeno qui la pena di enumerare esempi, fatti o personaggi che ben si prestano - non solo in Italia, ma particolarmente nel nostro Paese - a rappresentare questa situazione. Vorrei però soffermarmi in queste righe su un aspetto specifico di quelle che vorrei definire le fondamenta, ovvero l'ABC della questione. Evitando cioè di addentrarci nell'annoso dibattito, spesso con degenerazioni qualunquiste, sulla perdita di valore e valori della politica nostrana, sul decadimento della moralità e dei principi, sullo spessore sempre più discutibile di alcuni tra i suoi interpreti, vorrei parlare dei “gesti” che rivelano molto più di quanto sembra anche i contenuti. Se infatti, come diceva un noto attore e regista “Le parole sono importanti”, i comportamenti lo sono forse ancora di più. E così uno straordinario spaccato di come venga vissuto e interpretato da qualcuno il ruolo di rappresentante, anche di alto livello, delle istituzioni è venuto, una volta di più, dall'elezione del nuovo presidente della Repubblica che lo scorso 29 gennaio ha riportato al Quirinale, senza nemmeno passare dal “via”, Sergio Mattarella. Quello che è apparso nei giorni precedenti in diretta a reti, giornali e social unificati è davvero poco edificante. E non mi riferisco qui alle tattiche attendistiche, ai vertici e contro-vertici farciti di proclami e smentite, che fanno da sempre parte del rituale (anche se oggi, stante la situazione particolarmente delicata che il Paese attraversa, forse si sarebbero potuti snellire...). Non mi soffermerò nemmeno sul fatto, già abbondantemente sottolineato da più parti, che i 1.009 grandi elettori - o meglio le segreterie di partito che li “guidano” - non siano riusciti a fare il loro “lavoro”, ovvero trovare la mediazione politica necessaria a individuare il nuovo Presidente della Repubblica, dovendo alla fine tornare con la cenere sul capo da un signore di 80 anni che da tempo aveva manifestato la propria volontà di ritirarsi a vita privata. Penso invece, nello specifico, all'uso superficiale, giocoso e scriteriato che più di qualche “grande elettore” ha fatto della scheda elettorale. Come in passato, e più che in passato, sono emersi dalle urne i nomi di cantanti, attori, sportivi e persino di ignoti (al pubblico nazionale) amici di partito o conoscenti. Il tutto con grande indignazione delle folle (soprattutto sui canali social) e sorrisini di sberleffo, che svaniscono però nel tempo di un tweet. Forse vale la pena di fare una breve riflessione un po' più circostanziata. Ora, sul piano concreto della votazione, si tratta di scelte del tutto ininfluenti e marginali, fatte quando si sa a priori che la partita non condurrà ad alcuni risultato. E più di qualcuno, infatti, anche tra i protagonisti, si è affrettato a liquidarle come tali. “Ma cosa vuoi che sia, è un gioco innocente!” E invece proprio per nulla! Davvero qualcuno pensa che usare la scheda elettorale come un bigliettino per lo scherzo ad un amico, per lo più in un momento tanto importante come quello della scelta del Presidente della Repubblica, sia un gesto così innocente e innocuo? Davvero qualcuno non si rende conto che, in un periodo storico che vede una costante e progressiva disaffezione dei cittadini dalla gestione della Cosa Pubblica, comportamenti di questo tipo siano giustificabili o ininfluenti? Qual è il messaggio che passa implicitamente, se non che “laggiù” giocano sulla nostra pelle? E che dire dei più giovani, che sembrano oramai quasi totalmente estranei e disinteressati al mondo delle istituzioni ad ogni livello? Salvo poi stracciarsi tutti le vesti (“noi” e “loro”) quando ad ogni tornata elettorale il numero dei votanti cala drasticamente e per racimolare il candidato sindaco o consigliere in qualche comune tocca fare i salti mortali, perché nessuno si fa più avanti per mettersi a disposizione. Che cosa dobbiamo chiedere ad un rappresentante del popolo se
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non, in primis, avere massimo rispetto delle istituzioni in cui è stato eletto e che si sono formate (qui basterebbe magari studiare un po' la storia) con guerre, forti contrapposizioni e grandi sacrifici dei nostri avi? Altro che scherzetto o goliardata. Le Istituzioni meritano un rispetto totale, quasi sacro. Perché rappresentano il baluardo della nostra democrazia che - per quanto fragile e perfettibile - è comunque il sistema che i nostri padri hanno scelto per proteggerci da rischi del passato. E il semplice cittadino, si chiederà qualcuno, che cosa può fare? Anzitutto tenere alta l'attenzione, non darsi per vinto, informarsi e fare la propria parte. E soprattutto non gettare la spugna, sopraffatto da quel senso di sconforto, talora qualunquistico e “comodo”, che inevitabilmente sorge davanti a certi spettacoli. La Politica e le Istituzioni (mi ostino a scrivere queste parole con la lettera maiuscola) meritano e reclamano oggi più che mai la nostra attenzione e il nostro impegno. Solo così potremo pensare di porre rimedio alle storture di uno specchio che, bene o male, rappresenta la società di cui è espressione. Con quel senso di responsabilità civica che è stato conquistato a caro prezzo e che, oltre che un sacrosanto diritto, è anche un dovere.
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