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Storia di casa nostra: Siccone Polentone e la Catinia

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RICERCA PERSONALE

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Storia di casa nostra

di Waimer Perinelli

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SICCONE POLENTON e la CATINIA

Siccone è figlio di un capitano di Ventura appartenente alla famiglia dei Rizzi che alla fine del 1200 si trasferì da Padova a Levico in Valsugana. Il padre, Bartolomeo, detto Polenton, figlio di Mancadente, aveva davanti una vita tranquilla, oggi diremmo borghese, con la carriera di notaio da più generazioni appartenente alla famiglia, quando decise di dedicarsi alle armi. Fu condottiero al servizio dei i Visconti, Veneziani, gli Scaligeri, gli imperiali e con tutti si distinse per coraggio e intelligenza tattica, tanto da acquisire il grado di capitano. Due documenti del 1363 e del 1368, appartenenti all’archivio storico di Borgo Valsugana, testimoniano che Bartolomeo fu in quegli anni al servizio di Siccone, signore di Castelnovo e di Caldonazzo, in onore del quale battezzò con lo stesso nome il diciannovesimo figlio avuto nel 1376 dalla moglie Iacopa. Fatto questo, decise di tornare in Veneto dove aveva combattuto, tra Feltre, Vicenza, Verona e Padova. Siccone, figlio di Bartolomeo, crebbe nella città del Santo affidato per gli studi a Conversino da Ravenna e dedicandosi alla filosofia e ai classici romani, affermandosi con molti studiosi e fra questi Vittorino da Feltre. A lui si deve anche un’ampia digressione sulle presunte ossa ritrovate dello storico padovano Tito Livio ( Patavium 59a.c-17 d.c.) autore fra l’altro dell’opera Ab Urbe Condita nella quale si racconta di Roma, dalla fondazione alla morte di Druso, figliastro di Ottaviano Augusto ucciso in uno scontro con i germani nel 9 d.c. In Veneto, come in Trentino, si distinse ricoprendo importanti incarichi oltre che per alcune opere retoriche quali “Argumenta super aliquot orationibus et invectivis Ciceronis” e altre di carattere religioso come De Confessione. Morì tra i il 1446 e il 1448 e fu sepolto nella chiesa di san Leonardo dove gli venne eretto un monumento dello scultore Pietro Danieletti recante l’iscrizione “ Xiconi Riccio Polentono Tridentino... Philologo erudito qui primus post renatas litteras latinam comoediam restituit”. Ebbe anche la fortuna di essere fra i primi studiosi le cui opere furono pubblicate con i caratteri della nascente stampa. Fra queste la sua commedia in sette quadri “ Catinia” scritta in latino nel 1419 ed edita nel 1482. Catinia non è come subito pensate il nome di una donna, bensì il titolo dell’opera ispirata da un venditore di catini, non per caso chiamato Catinio, frequentatore ambulante delle fiere stagionali dove arrivava carico di merce. Sicco Polenton la dedicò al nobile Giacomo Peragino della famiglia veneziana Badoer erede da Pietro da Peraga, con il raffinato proposito di criticare quanti, poveri di spirito, pensano solo a mangiare, bere e divertirsi. Nobile intento spiritosamente raccolto dalla compagnia teatrale Club Armonia di Trento che rappresentò la commedia sia in Trentino che nel Veneto. La commedia ebbe una prima trasposizione dal latino al volgare nel 1482 e in dialetto trentino nel 1980 a cura di Silvio Castelli, drammaturgo e regista del Club Armonia, che la pubblicò in una sua collana e la portò in scena. Io ebbi la fortuna

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