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Marzia Bortolameotti e le “Donne di montagna”

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RICERCA PERSONALE

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Pianeta donna

di Chiara Paoli

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Intervista a Marzia Bortolameotti, fondatrice di “Donne di montagna”

Come e quando nasce “Don-

ne di montagna”?

Donne di montagna nasce dal congresso Sat 2016 dal titolo “Montagna al femminile”, io ero stata contattata per stendere il programma, in cui si sono alternate diverse storie; ero rimasta colpita soprattutto da questa donna capocordata. Ho quindi pensato che sarebbe stato interessante dare un seguito a questo materiale a questa tematica della montagna al femminile. Ho chiamato la presidente della Sat di Zambana Adriana Moser e quella di Ravina, Caterina Mazzalai che mi avevano aiutato nell’organizzazione del congresso e insieme ad altre figure femminili che vi avevano preso parte, abbiamo aperto nel 2018 questo blog al femminile, per raccontare storie di donne e montagna.

Il blog è cresciuto inizialmente su Facebook e poi su Instagram, dove ha avuto maggior successo; ho iniziato a crederci usando l’hashtag #Donnedimontagna per condividere contenuti. Questo hashtag ha permesso di trovare un racconto di montagna al femminile che in breve tempo è divenuto molto popolare; viene usato per riconoscersi e identificarsi e ad oggi possiamo contare 47.000 tra post e foto.

In seguito, avete cominciato a proporre anche esperienze di vario tipo, quali?

Le esperienze hanno avuto molto successo; nonostante ci sia stato di mezzo il Covid; l’intento è quello di rendere indipendenti le donne, affinché non stiano ad aspettare il marito, ma magari partano con un gruppo di amiche per essere autonoma e sicura di sé anche in montagna. Tra le varie attività organizzate anche “Mum & mountains” per avvicinare mamme e bambini al mondo della montagna e dei rifugi dove passare la notte per godere di un fine settimana in quota. Quest’anno abbiamo proposto molte attività legate al ghiaccio e all’ice-climbing dando avvio al primo meeting di arrampicata su ghiaccio in Piemonte a Cogne, ma è andato molto bene anche il corso di scialpinismo. Nel 2021 abbiamo organizzato

Pianeta donna

anche il terzo raduno delle donne guide alpine, una sorta di accademia per migliorare e approfondire le proprie conoscenze sulla montagna. Diciamo che siamo partite dal mondo virtuale ma ora proponiamo anche attività d’incontro e di scambio che rafforzano l’autostima e la propria indipendenza.

Di cosa si occupa inoltre questo staff tutto al femminile?

Questa rete al femminile si sta allargando per proporre varie attività, al suo interno abbiamo diverse figure professionali, dalla videomaker alla mediatrice scientifica, la guida alpina e quella di media montagna, chi si dedica alla grafica e chi ai contenuti. Ci occupiamo di video e contenuti promozionali legati al tema dell’outdoor, consulenze per la comunicazione digitale, progetti per narrare la montagna sui canali social, testi per il web e programmi TV.

zione in questo progetto?

Quello che mi ha dato maggior soddisfazione è stato veder crescere il progetto e riscontrare molto interesse anche a livello nazionale come avvenuto ad esempio per l’articolo comparso su Vanity Fair. Vi è poi l’appagamenti di avere il supporto di un’azienda come Montura e soprattutto la soddisfazione delle donne che partecipano alle nostre proposte. Lo vedo nel gruppo WhatsApp che creo una settimana prima dell’evento, dove vengono caricate le foto a fine attività e dove si moltiplicano i ringraziamenti e la soddisfazione delle persone che hanno preso parte al camp.

Qualcosa che invece non riconosci o non vuoi all’interno di “Donne di montagna”?

Partecipo solo agli eventi che mi piacciono come Superski Atomic, perché prova test tutta al femminile. In realtà ci sono molti eventi a cui mi chiamano, ma io non faccio la vita da influencer, non vado in alberghi o spa dove sono invitata; voglio che il canale sia libero da sponsor eccessivi. Sul nostro blog non si vende nulla e non si vuole lucrare sul prodotto, per me si tratta di un impegno civile, voglio essere un esempio, sono mamma di una bambina di 3 anni e mi sono licenziata per inseguire le mie aspirazioni e fare l’accompagnatrice di media montagna. Sto iniziando inoltre un percorso importante sul tema della leadership al femminile, sulla sicurezza in sé stesse e sulla costruzione di una donna forte, autonoma.

Progetti per il futuro?

Sicuramente per l’estate si punterà molto sui trekking, in giornata o di più giorni e anche al di fuori dei confini provinciali, alpinismo e ghiacciaio rimangono temi portanti; è prevista inoltre una collaborazione con Viaggi Giovani, un nuovo format per i canali web e una nuova trasmissione TV.

Per rimanere aggiornati su tutte le attività visitate il sito: https://donnedimontagna.com/

Tra Storia, Poesia e Letteratura

di Silavana Poli

Luigi Pirandello l’autore che viaggia tra maschere e follia

Luigi Pirandello nasce ad Agrigento nel 1867 da famiglia benestante che vive di estrazione e commercio dello zolfo. In casa si respirano ideali risorgimentali: il nonno aveva partecipato alla rivoluzione siciliana del 1848 e il padre alla spedizione dei Mille. Si iscrive alla Facoltà di Lettere prima a Palermo, poi a Roma e si laurea a Bonn con una tesi sul dialetto agrigentino. Nel 1894 Pirandello sposa Antonietta Portulano. Il matrimonio, com’è consuetudine per l’epoca, è combinato dalle famiglie: i due padri sono soci e anche la ricca dote di Antonietta confluisce nella zolfara. A Roma, dove si stabiliscono, Pirandello insegna e Antonietta si prende cura della famiglia. Lei è una donna molto emotiva e spesso inquieta, tanto che Luigi vive, talvolta con fatica, le fragilità di lei; comunque la relazione tra i due funziona, dal matrimonio nascono tre figli, e la famiglia vive grazie ai proventi della cava di zolfo. Ma, nel 1903, un crollo nella zolfara provoca un allagamento rendendola inutilizzabile. È la tragedia: le entrate che garantivano a tutti una vita agiata, si interrompono e il capitale investito, tra cui la dote di Antonietta, è perso per sempre. La famiglia si trova quindi sul lastrico. Ma anche un altro dramma colpisce Pirandello. Sua moglie, infatti, rimane tanto scossa dall’incidente che il suo delicato equilibrio emotivo frana assieme alle strutture della miniera: Antonietta perde la lucidità, inizia a dare progressivi segni di instabilità mentale e mostra di avere una percezione alterata della realtà. Inizia così per Pirandello un periodo difficile, che si rivelerà però molto fecondo dal punto di vista professionale. Lo sguardo smarrito e disorientato della moglie mostra a Pirandello un modo diverso di guardare il mondo: attraverso gli occhi di Antonietta la realtà si frantuma in mille prospettive diverse, in mille caleidoscopiche sfumature e, cambiando il punto di vista,

Luigi Pirandello (1934)

Tra Storia, Poesia e Letteratura

si accorge che una stessa circostanza può essere raccontata in molti modi diversi, talmente lontani da risultare inconciliabili. Pirandello inizia così a raccontare, nei suoi scritti, situazioni in cui si perdono le certezze, contesti che mostrano verità contrapposte, vite che si nascondono abilmente dietro infinite maschere. Spinto dalla necessità, Pirandello lavora senza sosta e continua a pubblicare romanzi e novelle e testi teatrali. Già nel 1904 pubblica, a puntate, “Il fu Mattia Pascal” il suo capolavoro. Il romanzo racconta la vicenda di Mattia Pascal, che viene erroneamente dichiarato morto. In quel momento il protagonista decide che la vita gli sta offrendo un’altra opportunità: cambia pettinatura e taglio di barba, indossa nuovi abiti e nuovo nome e diventa Adriano Meis. Mattia sceglie quindi di togliersi la “maschera” di fallito, misero e infelice e, grazie alla congrua somma di denaro vinta al casinò, veste i panni del ricco Adriano che vive di rendita. Ma questo cambiamento si rivela, ben presto, più complicato del previsto. La sua nuova identità non gli permette di vivere pienamente perché, per lo stato italiano, Adriano Meis non esiste. Gli tocca vivere nell’ombra, senza poter andare in albergo, dove gli chiederebbero i documenti, senza rivolgersi alla polizia quando viene derubato, e soprattutto senza poter sposare la fanciulla di cui è innamorato e che lo corrisponde. I protagonisti delle 246 novelle di Pirandello provengono quasi sempre dalla piccola o media borghesia cittadina; appartengono alla sua stessa classe sociale e ne portano i valori, le incongruenze e i paradossi. Ci sono personaggi che vivono schiacciati dalle maschere, dalle regole sociali che calpestano gli individui, che li stritolano, che li opprimono. Alcuni di loro scelgono di fuggire dalla società, per sottrarsi ai vincoli troppo stretti, ma poi si perdono nel mondo. Nelle sue opere Pirandello mostra le incongruenze dell’uomo di tutti i tempi. Tutti indossano maschere, che sono essenziali per stare nel mondo. Ma le maschere schiacciano il flusso vitale dell’individuo e lo opprimono al punto che, a volte, gli tolgono il fiato. E allora è utile guardare al di sotto di esse per riprendere contatto con la propria essenza vitale. Qualche volta, ma solo qualche volta, come insegnano i protagonisti de “La carriola” e “Il treno ha fischiato” si può provare a togliersi la maschera, per respirare un po’, per divertirsi e fare magari anche qualche gesto che, al mondo, potrebbe apparire folle. Poi, dopo aver preso aria, è necessario indossarla di nuovo, perché, senza di essa, l’uomo si perde e rischia addirittura di impazzire. E, si sa, la follia è un privilegio da usare con moderazione. Qualche personaggio decide di indossare il berretto a sonagli della pazzia per poter “gridare in faccia a tutti la verità”. Già perché, spiega lo scrivano Ciampa nel testo teatrale “Il berretto a sonagli” “la verità non si può mai dire e solo chi è pazzo può permettersi di dire tutta la verità al mondo”. Molte sono le novelle in cui Pirandello ci presenta personaggi che sembrano impazziti. L’autore allora ci porta “dietro le quinte” di tante esistenze per scoprire il senso di quello che la società definisce semplicemente follia. Nella famosa novella “La patente”, si narrano le vicende di Rosario Chiàrchiaro considerato, dalla superstizione popolare, uno jettatore. Il pover’uomo non solo viene segnato a dito per strada e seguito da segni scaramantici, ma perde anche il lavoro. Come fare a mantenere la famiglia e a sopravvivere a questa sventura? Chiàrchiaro, decide di cavalcare l’onda: si lascia crescere la barba, indossa occhiali grossi e scuri, un abito lustro che gli conferisce l’aspetto di un barbagianni, e esce di casa per fare “la professione dello jettatore!” Impazzito? No, assolutamente lucido. Semplicemente decide che, da quel momento, la gente pagherà per far allontanare lo jettatore; e così almeno la sua famiglia avrà di che vivere. Incredibile è la mole di opere che Pirandello ha realizzato, tante novelle diventano drammi teatrali, molti dei quali troneggiano ancora oggi nei cartelloni delle stagioni teatrali; è così che la sua geniale produzione gli vale nel 1934 il premio Nobel per la letteratura.

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