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L’editoriale

di Armando Munao’

Ma quanto è bello l’ITALIANO

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Hanno innescato un vero, e mi auguro costruttivo dibattito, le parole di Mario Draghi, Presidente del Consiglio, quando, in un incontro con giornalisti, esponenti politici e personale sanitario, in occasione di una sua visita, a marzo, al centro vaccinazioni di Fiumicino e dopo che nel suo discorso aveva citato alcune parole tipo smartworking, babysitting, lockdown, se n’è uscito con una frase che ha fatto sorridere molti dei presenti. «Chissà perché devo e dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi?» Una battuta sugli anglismi, la sua, accompagnata da un sorriso, ma che forse tanto spiritosa non voleva essere perché, in fondo in fondo, il nostro Presidente ha messo il dito in una piccola piaga letteraria che sempre di più sta caratterizzando il nostro modo di esprimerci e di dialogare. Un particolare “fuori programma” che è subito diventato virale sui social, su Facebook, su Twitter e Instagram. Una precisazione, quella di Draghi, di certo non banale se ha ricevuto, oltre ai tanti pareri favorevoli, anche l’apprezzamento e il plauso del Prof. Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, una istituzione che da oltre 450 anni si batte con “strenuo” e continuo impegno per mantenere “intatta e pura” la lingua italiana. “Sono molto contento, ha detto infatti Marazzini, che il Presidente Draghi, in questo momento difficile per il Paese, abbia toccato questo argomento con leggerezza e con una battuta, ma si capiva bene la sua posizione. Normal-

Il Presidente Mario Draghi

mente, ha continuato, quando si critica l’uso eccessivo dei termini inglesi, molto spesso scatta l’accusa di provincialismo. Nel caso di Draghi, però, è difficile farla scattare, dato che lui per anni ha fatto discorsi in perfetto inglese, ma quando parla in italiano, si pone il problema di usare i termini appropriati nella nostra lingua”. “Dal Presidente Draghi, aggiunge Marazzini, arriva un segnale interessante di attenzione al problema dell’eccessivo uso delle parole inglesi nell’italiano, spesso adoperate a sproposito. In Italia ha preso piede, purtroppo, un insieme di vocaboli e citazioni anglofone senza precedenti”. Un particolare e originalissimo invito, quello di Draghi, a scegliere e a usare le parole italiane e quindi fare a meno di inutili forestierismi, specialmente inglesi. Per la cronaca la Crusca è la più antica accademia linguistica del mondo, nata a Firenze per merito di Leonardo Salviati, è stata costituita ufficialmente il 25 marzo 1585 e già nel 1612 pubblicò la prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca che, secondo documenti storici, servì da esempio lessigrafico anche per le lingue francese tedesca e inglese, tant’è che nel 1636 il Cardinale Richelieu creò l’Academie francaise sul modello dell’Accademia della Crusca. Che l’inglese sia un linguaggio mondiale usato da tutti i paesi è indiscutibile, ma è altrettanto vero che noi, e spesso, sostituiamo termini e nostri vocaboli con parole anglosassoni. E ciò avviene non solo nelle quotidiane discussioni, ma anche e principalmente nelle nostre tivvù, nei pubblici dibattiti e negli incontri di vario tipo e genere. Fateci caso ma le nostre istituzioni politiche e la stampa a tutti i livelli, sono tra le maggiori fonti in cui gli anglicismi sostituiscono il nostro italiano. Ne è d’esempio, fra tanti, la legge del 2014 - il famoso Jobs Act - che indicava una riforma del diritto del lavoro promossa e attuata in Italia dal governo Renzi, attraverso l’emanazione di diversi provvedimenti legislativi, completata poi nel 2016. La potevano benissimo chiamare “ Riforma del lavoro” e invece hanno preferito etichettarla con “Job act”, tanto per non perdere l’abitudine di utilizzare, anche nelle cose più semplici e facilmente comprensibili, la terminologia inglese.

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