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La festa della mamma

Società oggi

di Patrizia Rapposelli

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LA FESTA DELLA MAMMA ricordiamoci gli auguri

Cara mamma,

sei importante e la tua storia deve essere ricordata, come la storia di ogni Donna. Personaggi nella storia hanno parlato di questa figura. Allan Grice di sua madre diceva che quando doveva cucinare per otto, ne faceva sempre abbastanza per sedici e poi ne serviva la metà. Pinketts dichiarava che la missione delle madri fosse la preoccupazione. Rogers dichiarava che quella delle mamme è l’unica razza che parla la stessa lingua. Io mentre scrivo vedo granellini di polvere sul mio computer, quelli mi fanno pensare a mamma. “Metti ordine pulisci”. Quale madre non l’ha mai detto. Ridacchio, solo con il tempo penso che si apprezzino le rampogne di mamma. L’immaginazione corre: lei arriva piazzata sulle pattine, mentre volteggia come un pinguino. Assorbe lo sporco, strofina il parquet, mugugna un po’ e sorride poi. Le mamme sono uniche. Nella seconda domenica di maggio raccogliamo pensieri per dedicarle una frase piena di amore e ringraziarla per la sua presenza, il suo appoggio e il suo amore incondizionato. La Festa della Mamma è una ricorrenza laica molto sentita, onora una persona speciale: la mamma. La celebrazione di questa festività è una di quelle feste mobili, cambia data di anno in anno. Punto fermo è che cade sempre di domenica, senza alcuna eccezione. Le sue origini sono lontane; in epoca pagana, al tempo dei Greci e dei Romani, la figura femminile veniva celebrata in un rito legato al culto delle divinità femminili e della fertilità, e nell’insieme veniva segnato il passaggio dal gelido inverno alla bella stagione. Il tempo trascorso per arrivare nella nostra epoca è molto, ma in questo arco temporale lo spirito è rimasto sempre lo stesso, ricordare la donna nella più grande espressione di femminilità: la maternità. Questa festa così come la conosciamo noi viene proposta nel maggio del 1870 negli Stati Uniti da una pacifista americana di nome Julia Ward Howe; pochi anni dopo un’altra donna ha voluto dar voce e forza a quest’idea, Anna M. Jarvis. Anna, molto legata alla madre, dopo la sua morte ha tempestato di lettere i ministri e le alte cariche pubbliche affinché venisse istituita e celebrata una festa dedicata alle mamme di tutto il mondo. La sua insistenza e caparbietà viene ripagata il 10 maggio del 1909 con una cerimonia a Grafton. Questa donna scelse anche un fiore d’affiancare a questa giornata, il garofano bianco, quello preferito da chi l’ha cresciuta; da allora tale è rimasto il simbolo, rosso per le mamme in vita, bianco per coloro che non ci sono più. Soltanto nel 1914 il presidente americano Wilson ha deciso di renderla manifestazione pubblica in onore delle madri dei soldati e ha deliberato che il giorno di festeggiamento sarebbe stato la seconda domenica del mese di maggio. In Italia è stata celebrata soltanto nel 1956 da don Otello Migliosi, ad Assisi. “L’antenata” italiana però vede l’anno 1933, epoca fascista, con la giornata dedicata alla maternità, chiamata la giornata della madre e del fanciullo. Le mamme venivano festeggiate come espressione della politica “natalista” del regime fascista e in quest’occasione venivano premiate le più prolifiche. Soltanto nel dopoguerra anche in Italia la Festa della Mamma ha assunto un carattere meno propagandistico. Infatti, nella seconda metà degli anni ’50 del ‘900 iniziano a diffondersi due feste in suo onore. Una organizzata dal parroco di una frazione di Assisi per motivi religiosi, celebrazione della maternità nel suo valore cristiano; l’altra in Liguria, per motivi commerciali, promossa dai fiorai. Entrambe celebrate a maggio, mese dedicato alla Madonna per i primi e periodo ricco di fiori per i secondi. Dal 1959 la festa si è omaggiata per anni l’8 maggio per poi passare alla seconda domenica di maggio. Dalle sue origini ad oggi le parole di Anna Jarvis risuonano ancora: “Vivi questo giorno come tua madre vorrebbe che tu lo vivessi”.

Società e turismo

di Elisa Corni

L’ospitalità al tempo del Covid: ri-pensare il turismo nel 2021

L’estate 2021 lentamente si avvicina. Lentamente perché la neve fatica ancora a sciogliersi sulle montagne, ma, ammettiamolo, stiamo già pensando tutti a cosa faremo durante le vacanze. A quanto pare per, per svariati motivi, saranno delle vacanze diverse. Se non altro per una tendenza che si sta mostrando sempre più accentuata, ovvero quella di trasferirsi letteralmente in luoghi dove si sta bene per tempi medio lunghi, approfittando della possibilità di fare il lavoro in remoto. Ovviamente questa nuova tipologia di ferie è già stata battezzata: è la workation. Questa bislacca parola deriva dalla fusione di work = lavoro e vacation = vacanza, ed è la nuova moda del momento. Ma in cosa consiste? Già lo scorso anno, con il lockdown imposto nei primi mesi della pandemia, molti di noi si sono abituati a lavorare da casa. Tra postazioni improvvisate, rete ballerina e bambini in DAD sembra che ci siano pochi aspetti positivi in questa modalità di lavoro “in remoto”. Eppure alcune cose positive le abbiamo scoperte: il piacere di lavorare letteralmente a pochi passi dal divano ha ridotto i tempi morti e di spostamento, nonché i costi per andare al lavoro; si è potuta fare più attenzione all’alimentazione, evitando bar e ristoranti in pausa pranzo; si è riscoperto il piacere di avere più tempo da dedicare alla famiglia o al tempo libero; non da ultimo un’occhio all’ambiente: molti meno spostamenti si traducono in un minor inquinamento. In molti hanno inoltre sperimentato la “vacanza” lunga -anche più di un mese- collegata al lavoro in remoto, tanto bastava avere un computer con connessione internet per poter lavorare. Così, dopo le 8 ore di lavoro davanti allo schermo, già nell’estate del 2020 molti hanno sperimentato la bella sensazione di trovarsi in un posto diverso dalla città. Finita una riunione di lavoro perché non fare una passeggiata nei boschi, un’uscita in barca sul lago, o un tuffo in mare? Questo nuovo modo di pensare il lavoro, la vacanza e, sostanzialmente, anche il nostro stile di vita sta avendo un impatto importante sulle abitudini dei lavoratori. Per chi può fare lavoro agile, la fine del lock-

Società e turismo

down non ha significato necessariamente un ritorno alla vita di prima. È il caso di Ivan e Sara, una giovane coppia che abita in Valsugana e che ha due bambine. Loro hanno cercato per l’estate 2021 una soluzione di una casa-vacanze in Sardegna per quattro settimane. Nel loro bagaglio non ci saranno solo creme solari e libri, ma anche computer e tutto il necessario per lavorare anche da nomadi. “Certo” racconta Ivan “abbiamo scelto una sistemazione con internet, ma per sicurezza abbiamo le nostre risorse”. Ivan è un consulente informatico in smart-woking dallo scorso anno. “Lo smart-working vero” ci tiene a precisare “quello che dà obbiettivi più che ore di lavoro”. E ciò significa che lui e sua moglie possono approfittare di questa condizione per trasferirsi momentaneamente sulle bianche spiagge sarde. Il lavoro agile in luoghi di vacanza non è fantascienza, ma sempre più una realtà. Pensate che in rete è tutto un fiorire di agenzie che offrono il servizio di trovare la soluzione giusta per conciliare vacanza e lavoro fatta su misura per ogni tipo di cliente. Chi vuole andare in montagna, chi al mare, chi spostarsi di frequente, chi fare soggiorni di mesi, chi predilige le strutture organizzate, chi le capitali europee. Chi sceglie di trasferirsi per qualche settimana a esempio in Trentino. È a ciò che guarda anche la nostra realtà, che sta promuovendo questo tipo di soggiorni medio-lunghi in grado di conciliare luoghi dove si vive bene e una vita di lavoro di tipo “smart”. Anche il Consiglio Provinciale trentino si è accorto di questa possibilità lo scorso 17 aprile quando la consigliera Lucia Coppola di Europa Verde (Futura Trento) ha evidenziato, in un disegno di legge da lei proposto, come la domanda di questo tipo di soluzioni sia in costante crescita. Investendo sulla bellezza e naturalità del nostro territorio e dotandolo di quegli strumenti essenziali per l’era digitale che stiamo vivendo, anche in Trentino si potrebbero raccogliere i frutti di politiche turistiche in questa direzione. Certo che non è tutto oro ciò che luccica. Non tutti hanno la possibilità o l’abitudine di fare scelte di questo tipo. Inoltre “il rischio dell’isolamento sociale è molto alto” ammette Ivan “ma se vissuto al meglio e circondato da contesti stimolanti, anche il lavoro agile può essere una buona possibilità”. A quanto pare anche in vacanza!

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