10 minute read
La testimoninza Ucraina - Russia
La testimonianza Ucraina-Russia
di Franco Zadra
Advertisement
C’è chi crede ancora in una “Nuova Europa”
«In guerra tutti perdono!», forse anche la capacità di averla e tenerla presente sopportando di convivere con la minaccia di un utilizzo di armi nucleari. Augurandoci che nel tempo che si è frapposto tra la scrittura di questo articolo e la sua pubblicazione, un evento simile non si sia verificato, ricordiamo che per la maggior parte dei russi, la guerra è iniziata il 21 settembre scorso con l’annuncio della mobilitazione e la chiamata alle armi alla quale 700mila coscritti, nei primi dieci giorni, hanno risposto con la fuga dal Paese. L’invasione, iniziata il 24 febbraio, era rimasta fino ad allora una cosa lontana che, anche per effetto della propaganda, non incideva nel vivo del quotidiano di sempre. Dopo la chiamata generale alle armi, lo scenario consueto si è trasformato a tal punto e immediatamente, in qualche cosa con il quale è necessario confrontarsi, ma con le solite tre drammatiche alternative, adeguarsi, lottare, o fuggire. Senza nulla togliere al doloroso coraggio che occorre anche a chi si è visto costretto ad andarsene, riportiamo di seguito la testimonianza preziosa che ci arriva dal portale di informazione indipendente “La Nuova Europa” (www. lanuovaeuropa.org), una rivista nata nel 1960 col titolo “Russia cristiana ieri e oggi”, primo e fondamentale strumento per diffondere la conoscenza delle ricchezze della tradizione russa, e ora luogo di dibattito e di confronto sulle problematiche sociali, culturali e religiose di quel continente. In particolare riprendiamo uno scritto di Lida Moniava, dal 2014 vice direttrice dell’hospice pediatrico Dom s majakom (La casa col faro) e dal 2018 direttrice dell’omonima fondazione di beneficenza, che dalle pagine de “La Nuova Europa” lancia il suo appello per guardare in faccia la situazione e fare una scelta responsabile. Lei ha deciso di non abbandonare il suo hospice pediatrico a Mosca.
Lida Moniava ha studiato presso la facoltà di giornalismo dell’Università statale Lomonosov di Mosca. In una sorta di bilancio personale, il giorno del suo trentesimo compleanno, scriveva: «Quando ero alle superiori facevo volontariato al reparto di oncologia e ho visto bambini morire di cancro. Mi piaceva soprattutto (e mi piace tutt’ora) giocare e disegnare coi bambini. Disegnavo con Žora, poi Žora è stato dimesso, ed è morto a casa tra dolori lancinanti, da due settimane la clinica non gli prescriveva più la morfina. Disegnavo con Anja, poi Anja è finita in rianimazione e per
diversi mesi non ci hanno permesso di vederla, io stavo fuori sotto la sua finestra, al freddo. Disegnavo con Vova, una volta sono entrata nella sua stanza, e ho visto Vova correre su e giù come un pazzo, saltare da un letto all’altro ripetendo senza tregua: «Fa male, fa male, fa male». Disegnavo con Lisa, e poi Lisa, di 9 anni, mi ha detto attraverso la finestra di vetro dell’unità di trapianto del midollo osseo: «Oggi ho provato a soffocarmi col catetere». «Quando in Russia si sono inasprite le repressioni – scrive in un recente articolo de “La Nuova Europa”, Lida Moniava –, la gente ha cercato di continuare a vivere come niente fosse, dicendo che le persecuzioni sono solo per quelli che si immischiano in politica. Se uno si fa gli affari suoi, non scende in piazza, non fa politica, le repressioni non lo toccano. Se lo toccano è colpa sua, se l’è cercata. Quando le truppe russe si sono concentrate al confine con l’Ucraina, la gente ha cercato di continuare a vivere come niente fosse, dicendo che non sarebbe iniziata una guerra, che facevano così solo per spaventare. Quando è iniziata l’operazione militare speciale, la gente ha detto che quella non era ancora una guerra, e che non ci sarebbe stata la mobilitazione. Quando è stata annunciata la mobilitazione parziale, la gente ha detto che non era ancora la mobilitazione generale, che non avrebbero chiamato alle armi noi e i nostri cari. Anche quando gli arriverà la cartolina precetto troveranno il modo di consolarsi, dicendo che non ci manderanno al fronte ma nelle retrovie, oppure ci manderanno al fronte, ma non nei «punti caldi», oppure ci manderanno nei punti caldi ma io non sparerò, ecc. Riusciremo a giustificare anche l’arrivo delle bare. Come, non lo so: forse con qualche idea sublime, oppure, come hanno detto i genitori di quel ragazzo caduto in guerra, «Grazie, figliolo per la macchina» (comprata coi soldi dell’indennizzo statale. All’hospice, quando diciamo ai genitori di un bambino con una malattia incurabile di provare a capire dove e come pensano sia meglio morire per il figlio, loro all’inizio rispondono che non vogliono parlarne, non vogliono pensarci, che questo non accadrà, che se saremo ottimisti andrà tutto bene. Ma sappiamo per esperienza che quando si comincia così, va tutto male. Il bambino muore nel posto sbagliato, nel modo sbagliato, con grandi sofferenze. Se i genitori hanno il coraggio di guardare in faccia la realtà e di prepararsi al peggio, è più facile per tutti che non chiudere gli occhi mentre si va a fondo, continuando a ripetere – come in una canzonetta dei cartoni animati russi - che «non siamo ancora fottuti». Penso che è molto pericoloso quando la gente spera per il meglio senza prepararsi al peggio. Non riesco ancora a capire cosa mai potrà costringere la nostra società a risvegliarsi dal sonno e ad aprire gli occhi chiusi dall’atarassia della stabilità quotidiana e di un ipotetico benessere. È molto importante farlo. «Prepariamoci al peggio, sperando per il meglio», è lo slogan dei centri di cure palliative. Anche nella situazione peggiore devi avere un piano in cui a decidere sei tu, e nessun altro. Trovandomi nella situazione attuale, penso che sono io a scegliere di non andarmene, di restare qui, dentro a questo problema. Capisco cosa potrà succedere, ma vedo che essere qui e ora ha un senso. È molto complicato prendere delle decisioni oggi in Russia. Tutto il mio lavoro si è costruito attorno al valore di ogni vita umana e al fatto che tutte le persone sono uguali e hanno uguali diritti. Attorno al valore della vita non solo di chi è bello, forte e ricco, ma anche di chi è debole, fragile e malato. All’uguale valore dei loro diritti. La vita di un bambino malato, immobile, che respira grazie a un ventilatore meccanico, ha lo stesso valore e lo stesso senso di quella di un funzionario o di un uomo d’affari ricco e influente. Qui invece mi sono ritrovata all’improvviso in una situazione in cui nessuna vita ha più valore. Né quella degli intelligenti, né quella degli sciocchi, né quella dei singoli, né quella delle migliaia: tutti al macello! Il lavoro all’hospice con i bambini incurabili mi ha insegnato un’altra cosa importante: i miracoli. I miracoli accadono non dove c’è forza, benessere e dove «volere è potere». Accadono piuttosto fra i deboli e gli indifesi. La persona più indifesa, che non riesce a muoversi, a deglutire, a star seduta, a parlare, in preda alle convulsioni, spesso può cambiare (in meglio) il mondo attorno a sé molto più di un uomo potente che ha i soldi, un ruolo importante, conoscenze e risorse. Le vittorie sono miracoli che raramente si riescono a guadagnare o a conquistare, che non si possono gestire con la forza o col denaro».
La testimonianza Ucraina-Russia
Lida Moniava
Principe monarca
di Guido Tommasini
CARLO III D’INGHILTERRA un Re dagli interessi multipolari
Parafrasando Marcuse si può dire che il nuovo re d’Inghilterra Carlo III non è di sicuro un uomo ad una dimensione. Quel bambino al quale la madre Elisabetta, tornando dai suoi impegni, salutava non con un abbraccio materno, ma con una stretta di mano, si è in seguito sempre caratterizzato nella sua condotta di vita, nonostante l’aspetto un po’ annoiato, non solo come perfetto modello di una maestà nobiliare ma anche come esempio di impegno nei vari campi del sapere e successivamente simbolo di una continua applicazione ed apprendimento in molteplici competenze civili e militari.
Re Carlo III d'Inghilterra
Il suo curriculum del resto parla da solo: educato nella scuola pubblica londinese di Hill House e ricevuta l’istruzione secondaria nella scuola di Gordonstoun è approdato infine al Trinity College specializzandosi in storia, archeologia ed antropologia, ma oltre a questo ha trovato anche il tempo di apprendere la lingua gallese presso l’ Università di Aberystwyth( a riprova della sua consapevolezza delle differenti componenti del Regno Unito). Come compimento dei suoi studi ha ricevuto infine il titolo di Master of Arts diventando il primo principe reale ad ottenere un titolo universitario. Particolare importanza nella sua formazione ha rivestito la sua iscrizione, su iniziativa del padre principe Filippo, appena diciannovenne ai seminari di Kurt Hahn, un pedagogo che promuoveva la concezione di Platone in un mondo ideale dove i filosofi si convertivano in re, ma anche coloro che oggi chiamiamo governanti si convertivano in filosofi con la conseguenza che in tale modo il potere politico e la filosofia si compenetravano mantenendosi allo stesso livello. Questa educazione stimolava i partecipanti ai seminari a identificare il potere con la filosofia in un mondo egualitario dove i figli dei potenti( e tali erano coloro che frequentavano questi corsi) si potevano emancipare dalla pressione del privilegio. Un altro corso preparatorio particolarmente importante fu quello da lui compiuto presso il Timbertop Campus della Geelong Granmar School a Victoria in Australia.Carlo aveva di diritto il suo scranno alla camera dei Lord ( la più antica istituzione parlamentare inglese) dove sviluppava il suo approccio alla politica reale e
Re Carlo d'Inghilterra (da Biografie online)
questo anche mentre allo stesso tempo percorreva la sua carriera militare nell’esercito britannico, dove ultimò un corso presso il Royal Naval College facendo successivamente carriera presso le forze aeree, come pilota della Royal Air Force sia di aerei, sia di elicotteri fra il 1971 ed il 1976, meritandosi anche diverse medaglie(occasionalmente pilotò poi ancora). Nel settore navale servì su due fregate dal 1972 al 1974 : la HMS Minerva e la HMS Jupiter e successivamente fu messo al comando del coastal minehunter(cacciamine) HMS Bronington, ma questo non è tutto in quanto si dice che Carlo sia anche in grado di guidare un sottomarino. In seguito il principe diversificò i suoi interessi in un’ampia gamma di attività, ma in particolare nella difesa dell’ambiente e del patrimonio storico nazionale, nonché partecipando incessantemente a manifestazioni culturali e letterarie. Come concretizzazione dei suoi diffusi interessi intellettuali assunse a poco a poco la presidenza di circa duecento organizzazioni di carattere artistico, scientifico e sociale. Dopo questa carrellata su un curriculum eccezionale, si può citare infine un breve aneddoto che nella figura di Carlo contrassegna il suo saper
Principe monarca
stare anche fuori dagli schemi e la sua ironia . Mi riferisco ad un film del 1975 - Hennessy – dove Carlo svolge la parte di comparsa interpretando sé stesso seduto su un trono mentre un attentatore suicida carico di esplosivo si avvicina in mezzo alla folla per compiere un definitivo gesto di ribellione verso quel principe rappresentante della monarchia inglese. Non si può dire se la partecipazione di Carlo al film sia stata volontaria o sia frutto di un abile montaggio( lui comunque non si è mai lamentato) ma certo è che le scene a campo lungo sulla folla, sui primi piani su Carlo con l’espressione impassibile e sui movimenti dell’attentatore impersonato da Rod Steiger che si muove circospetto fra gli invitati, sono di un realismo efficace, tanto più che quelli erano i tempi dell’insurrezione nell’Irlanda del Nord dove scontri ed attentati fra IRA e militari inglesi erano all’ordine del giorno. Questo per dire che Carlo è probabilmente dotato di un forte sense of humor tipicamente britannico. La vita privata di Carlo è sempre apparsa su tutti i giornali del pianeta per cui vorrei solo far notare che egli ha soprattutto due impeccabili figli: William ed Harry, il primo che s’intravede già come preparato per accedere ai massimi livelli ed il secondo, molto simpatico e dallo spirito indipendente.