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Letto per Voi: Neve nera sotto il cielo di Trento

Letto per voi

di Waimer Perinelli

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NEVE NERA

SOTTO IL CIELO DI TRENTO

Si chiamava Carmelo e veniva dal sud. Trento era una città fredda e inospitale, ma essere nominato commissario di polizia, un paio di anni prima, aveva i suoi vantaggi. Era un uomo minuto, partenopeo...

Questo è l’incipit del romanzo

“Sotto il cielo di Trento”

opera prima di Maurizio Manini. Da queste quattro righe si sviluppa una intricatissima storia, un giallo o noir, ambientato negli anni ‘50 del Novecento quando nella città capoluogo vivevano poco più di sessantamila abitanti, trentini doc, con qualche migliaio di infiltrati dalle valli e altri dal Sud Italia. Erano chiamati “Napoli” termine apparentemente più dolce di terroni, ci dice l’autore, che, è bene chiarirlo subito, è nato a Cles, 57 anni fa e quindi non sospettabile di sentimenti anti trentini di cui è pervaso il suo commissario. Carmelo è un razzista al contrario. “A forza di essere comandati dai preti, asseriva, erano diventati come i romani. Falsi, omertosi e con poca voglia di fare”. Il commissario sì è portato a Trento due figlie, a scuola chiamate le terrone, e la moglie Gelsomina, bassa, grassoccia e butterata...profondamente devota, impegnata tutti i giorni nella pulizia del Duomo. E proprio nella cattedrale di Trento avviene il primo delitto. Ne seguiranno altri avviluppati in una intricata matassa dove s’avviluppano relazioni morbose, affari sporchi, azioni malvagie, che Carmelo dipanerà rifiutando tentativi di corruzione e falsità di ogni genere. A Manini, vissuto parte della vita in Lombardia, piace paragonare Carmelo a Maigret di George Simenon al quale Gino Cervi, in televisione, ha dato un corpo massiccio, ma il suo Carmelo, minuto e bruttino, ricorda piuttosto il tenente Colombo con il toscanello puzzolente, ributtante. L’intreccio fotografa la vecchia Trento che io amo dove dominano dio, patria e famiglia presenti nella società di Agrigento dove Leonardo Sciascia ambienta «A ciascuno il suo» . Questo non vuole dire che l’autore abbia copiato qualcosa, anzi la sua storia è originale e dice lo scrittore “assolutamente inventata” e poiché a molti può far pensare a gente conosciuta, aggiunge, con “personaggi” inesistenti. Attraverso loro riviviamo la realtà del dopoguerra quando bisognava scegliere fra il comperare la televisione, dove era di scena Mike Buongiorno con Lascia o Raddoppia, e il frigidaire. La lavatrice poi un bene assoluto, irraggiungibile. Carmelo prima accontenta la moglie e poi si concede una Fiat 1100-103, che, all’epoca non era poca cosa, ma egli si nega ogni altro lusso, specialmente se donato per “corrompere”, come una Lancia Appia con le portiere che fanno stlack. Ama il proprio lavoro e vi sacrifica tempo e denaro, indaga nei luoghi della povera gente, fra le prostitute, nei salotti buoni della borghesia industriale, nelle sacrestie e, fra molto marcio, troverà gocce di bontà. “Sotto il cielo di Trento per me è come un figlio nato per caso, dice Manini... Certo non sarà perfetto ma era mia intenzione creare soprattutto per me stesso, un qualcosa di nuovo”. Al giallo-noir l’autore aggiunge, dosandola sapientemente, ironia e comicità. Scritto di getto e privato di un editing adeguato, si legge tuttavia tutto d’un fiato perché si ha voglia di conoscere meglio Carmelo, il suo e nostro mondo, quello del boom economico alle porte, quella Trento della quale l’autore dice di avere “nostalgia”. Si legge rapidamente perché come ormai accade di rado, si ha voglia di conoscere la soluzione, quel finale che vi sorprenderà, con una doppia soluzione che speriamo sarà un nuovo inizio. Se siete convenzionali e sensibili, leggete Biancaneve, pur essendo un giallo con tanto di strega, alla fine vince la bontà. Una qualità che non manca nell’intreccio di Manini ma siete voi che vi ci dovete specchiare.

Maurizio Manini - “Sotto il cielo di Trento” Aletti editore aprile 2022

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