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Tra Storia, Poesia e Letteratura: Giovanni Verga

Tra Storia, Poesie e Letteratura

di Salvana Poli

GIOVANNI VERGA portavoce delle plebi del Sud

Giovanni Verga è considerato il più importante esponente del Verismo, corrente letteraria che caratterizza la produzione degli autori italiani del Sud Italia a fine Ottocento. I veristi osservano la realtà, e la descrivono, applicando la tecnica dell’impersonalità per cui il narratore non partecipa emotivamente agli avvenimenti, ma ne resta distante. Con questo stile narrativo Verga racconta il difficile passaggio dell’uomo dal mondo antico, con le sue passioni primitive, al mondo moderno, segnato da razionalità e mutamenti sociali. Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840. La sua è una famiglia di antiche origini nobili e sembra addirittura che i suoi avi siano arrivati, dalla Spagna, in Sicilia, al seguito del re Pietro III d’Aragona nel XIII secolo. Per tornare ad epoche più recenti, suo nonno era deputato nel primo parlamento siciliano del 1812 e entrambi i genitori avevano vasti possedimenti. Dopo aver compiuto gli studi di base, Giovanni viene mandato a studiare alla scuola di Antonino Abate, uno scrittore di idee repubblicane e ideali patriottici, che lo avvicina anche alla cultura romantica. Verga inizia la sua produzione letteraria con romanzi che parlano di amore, di patria, di società segrete, di passioni e di avventure. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza a Catania ma non arriva a laurearsi perché è desideroso di percorrere i raffinati palazzi della letteratura. Le idee condivise dal suo maestro lo portano prima a sostenere Garibaldi e poi ad arruolarsi, tra il 1860 e il 1864,

Giovanni Verga

nella guardia nazionale del nuovo stato italiano. Lasciato l’esercito si dedica nuovamente alla letteratura e si trasferisce a Firenze che è diventata nuova capitale del Regno d’Italia. Qui incontra lo scrittore Luigi Capuana, considerato il teorico del Verismo. In quel periodo Verga è però insoddisfatto: i suoi romanzi hanno un certo successo ma lui non si sente in pace. Aveva abbracciato ideali repubblicani, aveva visto unirsi l’Italia, era testimone dei cambiamenti sociali che stavano avvenendo in Europa, ma aveva la sensazione che tutti gli ideali risorgimentali si fossero ridotti a pura retorica. Lui vede le plebi del sud schiacciate dalle leggi del nuovo stato, i giovani obbligati a lasciare le loro terre per entrare in un esercito di uno stato che non riuscivano a riconoscere come il loro paese mentre i funzionari piemontesi colonizzano gli uffici amministrativi del Sud. Intanto a Firenze gli intellettuali si confrontano anche con la corrente letteraria che sta dilagando in Europa: il naturalismo. Zola, Maupassant e altri scrittori cominciano a raccontare le vicende del sottoproletariato urbano e indagano nelle pieghe della vita di operai che vivono in periferie fumose e degradate. Quando nel 1872 Verga si trasferisce a Milano, centro culturale d’Italia, stringe amicizia con gli intellettuali della Scapigliatura e scrive ancora romanzi di sapore romantico; ma in quel periodo matura la sua adesione al Verismo. In Italia, e soprattutto al Sud, lo sviluppo industriale non è arrivato. Contadini, pescatori, braccianti, tutti sembrano schiacciati da questa modernità che riserva ai cittadini del nuovo stato unitario solo il suo lato peggiore. Questa consapevolezza accende un’intuizione nel Verga. Se lo sviluppo industriale non è arrivato al Sud, se le plebi soffrono per scelte politiche che non si occupano del loro sviluppo, allora gli intellettuali possono farsi portavoce degli effetti della modernità. Chi meglio di loro può utilizzare la letteratura per testimoniare la vita reale delle donne e degli uomini della periferia dell’Italia? E così Verga ritrova ispirazione e motivazione: sceglie di raccontare gli inutili sforzi che gli umili fanno per raggiungere l’irraggiungibile felicità promessa ai popolo. L’autore infatti è convinto che il progresso porti vantaggi solo ai potenti che possono continuare ad opprimere le masse e che nessuno possa cambiare la propria condizione: chiunque cerca di migliorare la propria situazione economica e sociale è destinato ad essere sconfitto. A testimonianza di questo suo pensiero progetta il “Ciclo dei vinti” una serie di cinque romanzi i cui protagonisti, che appartengono alle diverse classi sociali, cercano invano di evolvere: tutti i loro tentativi sono destinati al fallimento. Verga riesce a scrivere interamente solo i primi due “I Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo” lascia incompiuto “La duchessa di Leyra” e lascia solo la traccia degli ultimi due, “L’onorevole Scipioni” e “L’uomo di lusso”. Se questo progetto rimane incompiuto, Verga realizza invece, attraverso le sue novelle, l’obiettivo di raccontare la situazione delle plebi del Sud. La sua prima raccolta verista si intitola “Vita dei campi” e raccoglie novelle destinate a diventare famose. Nel 1876 il governo italiano commissiona un’indagine sulle condizioni della Sicilia. Tra i tanti aspetti mostrati dai due incaricati, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, emerge la terribile condizione in cui vivono i bambini occupati nelle miniere. Proprio da questa inchiesta, Verga trae spunto per scrivere “Rosso Malpelo”, novella che narra le vicende di un ragazzo dai capelli rossi. Il rosso era, secondo la superstizione popolare, segno distintivo di cattiveria e quindi Malpelo, di cui neppure la madre ricordava il nome, era maltrattato da tutti. Verga si focalizza quindi sia sulle credenze popolari che sulle drammatiche situazioni dei minatori, costretti a vivere, e morire, per un tozzo di pane scavando la rena rossa. Ma se nessuno ha letto quell’inchiesta, molti però sono venuti a conoscenza di quella realtà tramite questa novella. In quel periodo Verga, che era un grande seduttore, vive una burrascosa vicenda sentimentale che si conclude con un clamoroso scandalo. Di tradimento aveva parlato nella novella “Cavalleria rusticana” ma questa sua esperienza lo porta a trasformare la novella in un testo teatrale. Nel 1884 a Torino, anche grazie ad una protagonista d’eccezione, la meravigliosa Eleonora Duse, Cavalleria rusticana ottiene un successo strepitoso tanto che, qualche anno dopo, diventa anche opera lirica, musicata da Pietro Mascagni. Verga resta ancora un po’ al Nord, quindi ritorna nella sua terra dove vive come signorotto di campagna. Negli ultimi anni della sua vita, morirà nel 1922, lavora con un altro grande autore del Verismo italiano, Federico De Roberto, per realizzare la trasposizione cinematografica dei suoi bozzetti teatrali.

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di Erica Zanghellini

LA RELAZIONE DI COPPIA

Il mondo è fatto di relazioni e queste possono fare la differenza nella qualità di vita delle persone. Quanto una relazione soddisfacente con il partner può essere una risorsa nella vita di tutti giorni? Come capire se sono in una relazione che ha tutte le carte in regola per essere quella giusta? Rapporti positivi sono relazioni che si basano sulla fiducia e il rispetto, ma non sono solo queste le caratteristiche che si devono riscontrare in una storia d’amore, sono le basi. Premettendo che non ci possono essere delle regole in quest’ambito è vero che possiamo vedere alcune caratteristiche che possono facilitare o meno la durata e la soddisfazione della relazione. La prima su tutte è verificare se si condivide lo stesso sistema di valori. Vi faccio un esempio; può essere che tutti e due i partner della coppia siano attivi nell’aiutare i più deboli, ma magari per uno la motivazione è l’importanza di essere un sostegno a chi è in un momento di difficoltà, per l’altro invece, “è solo un modo” per far passare una precisa idea che le altre persone abbiamo di lui. Questo è un esempio pratico di una coppia che dall’esterno sembra molto affine, ma poi se andiamo a vedere cosa c’è sotto, troviamo un’estrema differenza. Adesso non è che una coppia è destinata al fallimento solo per questo elemento, ma sarebbe opportuno che in una relazione i partner condividessero almeno tre o quattro valori. Questo perché condividere la vita con dei ideali simili ci permette di essere uniti e di avere in comune progettualità e/o obiettivi. Un’altra caratteristica da mettere in conto è la rigidità mentale. Per rigidità mentale intendo quella capacità di considerare valido solo il proprio punto di vista nelle cose. Una persona o entrambe con questa peculiarità rendono difficile sia la comunicazione, ma anche la collaborazione. Se non riesco a mettermi nei panni degli altri, o comunque ritengo valida solo la mia posizione non prenderò mai in considerazione qualcosa di diverso, anzi potrei arrivare a svalutare o minimizzare la versione dell’altro e questo impedirebbe il trovare un punto d’incontro tra i due. Nelle relazioni funzionali e durature è importante cercare di stare in equilibrio, non rilevare una delle due persone magari completamente inibita nelle proprie emozioni o che fatica a soddisfare un suo bisogno e/o desiderio, mentre l’altra completamente interessata a sé stessa e ai suoi bisogni. È importante dire la propria opinione e metterla in discussione con l’idea dell’altro e decidere assieme cosa fa al caso della coppia. Altra cosa è l’affetto, ovvero nella relazione dobbiamo trovare manifestazioni di affetto o gratitudine tra i partner. Lo scambio emotivo ci deve essere e deve essere reciproco. Supportarsi nei momenti di difficoltà, condividere gioie creano uno spazio d’intimità, dove le persone si devono sentire libere di manifestare il proprio mondo emotivo. L’affetto è il risultato dei sentimenti di vicinanza e di calore che devono esserci in una relazione funzionale. Per mantenerlo attivo ha bisogno di energia e di lavorarci giorno per giorno. Due partner per

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stare assieme hanno bisogno di accettarsi, di complicità, di empatia e soprattutto di comprensione. Per riattivare il circuito di comprensione bisogna provare a sincronizzarsi e per fare questo bisogna fare delle cose assieme, magari anche nuove. Non è detto infatti, che quello che ci caratterizzava come coppia per esempio qualche anno fa, lo sia anche adesso. La progettualità: la coppia deve crescere. Parlare del futuro non deve essere un tabù, certo ci possono essere passaggi faticosi ma altra cosa invece è una vera e propria decisione definita. Per il proprio bene bisogna chiedersi non solo se nel momento attuale posso accettare la volontà del partner di non evolvere ma anche nel futuro. Sto pensando a scelte importanti, come sposarsi o decidere di cercare di diventare genitori, magari nel qui ed ora possiamo anche gestirlo, ma provate a chiedervi se fra cinque o dieci anni sarete sempre della stessa opinione. La soddisfazione sessuale. Se è vero che in questo ambito non ci sono regole, è anche vero che i due partner devono essere sulla stessa lunghezza d’onda. Ci sono coppie bianche ovvero che non hanno rapporti che sono molto in sintonia, e coppie per cui è un ingrediente imprescindibile. Il problema viene fuori quando uno dei due componenti della coppia non ha desiderio sessuale mentre l’altro si. Alcune volte la mancanza d’intimità può nascondere un problema comunicativo o di non sentirsi accettati, ma, di certo va risolto se la coppia vuole andare avanti. La comunicazione ci permette di condividere, metterci in discussione, trovare compromessi e crescere sia individualmente che in coppia. La capacità di esprime in modo chiaro ed efficace i propri bisogni, le proprie opinioni o emozioni, senza offendere o aggredire l’altro non è cosa semplice. C’è chi non riesce proprio c’è chi invece lo fa appunto in modo aggressivo, l’equilibrio non è così scontato da trovare. Come vedete sono tante le cose che possono contribuire alla buona riuscita di una relazione e non sono sempre caratteristiche stabili, possono subire variazioni che dipendono anche della fase della coppia, ma di certo devono essere curate per permettere di superare eventuali crisi che tutte le coppie affrontano nel corso della relazione per uscirne più forti di prima.

Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel: 388 4828675

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