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La crisi energetica in controluce
di Patrizia Rapposelli
STANGATA SULLE BOLLETTE E RAZIONAMENTI IN ARRIVO?
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Lo spettro della crisi energetica fa paura. Inizia la corsa per trovare alternative al gas russo. Una corsa che è invero cominciata da un bel po’. Gli italiani sono preoccupati per la stangata sulle bollette e i razionamenti di elettricità in arrivo. Le quantità disponibili di gas sono appena sufficienti per la stagione invernale e l’Italia deve seguire con attenzione le mosse della grande economia europea. Quando la domanda aumenta, a fronte di un’offerta che diminuisce, i prezzi aumentano. L’Italia potrebbe rimanere, romanticamente, al lume di candela. Una situazione che richiede rapidità d’intervento, ma al momento non si è vista. Insomma, Draghi o non Draghi, elezioni o non elezioni, crisi di governo o non crisi di governo, perché non stiamo facendo sul serio? Burocrazia, avidità o semplice interesse? Di fatto il problema è assai complesso e potrebbe mettere in ginocchio il Paese. Il tema dell’energia si traduce in Pil. Nel momento in cui la produzione va in difficoltà, si manda in crisi un intero sistema. Il tessuto produttivo, le imprese e le famiglie saranno quelle effettivamente colpite. Lo scoppio della guerra e le sanzioni imposte dagli Stati Europei, alla Russia, hanno spinto il Presidente russo ad attuare un uso politico del gas, mettendo in difficoltà le maggiori economie europee. Questa è una delle cause della crisi, ma in fondo ha, forse, costretto i Paesi a mettere in luce le fragilità strutturali. L’energia che manca è un mistero che neppure la guerra in Ucraina e le azioni di Putin bastano a spiegare. L’Italia è ghiacciata. La politica deve chiedersi realmente cosa può fare per affrontare la crisi energetica in vista dell’inverno. Esplodono i fronti opposti sul tema rigassificatori, trivellazioni, possibili piani per esplorare la strada del nucleare pulito. Troppo ambientalismo, fa male all’ambiente? La “politica del No”, a prescindere, non porta a riflessioni utili al Paese. A tutti è caro l’ambiente, ma le sfide dell’Italia devono essere gestite. Realisticamente, a crisi eccezionali si dovrebbe rispondere con provvedimenti altrettanto straordinari, altro che manfrine. Hanno detto di tagliare un po’ i consumi energetici. Serve si qualcosa nell’immediato, ma anche qualcosa che garantisca il futuro. La strada verso una maggiore autonomia energetica non è stata imboccata. Abbassare di due gradi la temperatura nelle case degli italiani non garantisce il futuro. La storia del Novecento è storia di lotta per la conquista delle fonti energetiche. All’inizio del secolo scorso, le trivelle dell’americana Standard Oil in America e della Anglo-Persian Company in Iran hanno sostituito il carbone e sovvertito gli equilibri politici globali. Presto, la Germania e la Gran Bretagna hanno capito che i loro giacimenti di carbone non avrebbero più garantito l’indipendenza energetica. Il petrolio era diventata la maggior fonte di risorsa. Il risultato è stata una corsa e una competizione in Medio Oriente. Oggi le cose non sono molto diverse. L’estrazione dello shale gas americano ha sfidato le esportazioni russe. Buone azioni a stelle strisce e strategia. I Paesi europei sono in bilico tra Stati Uniti e potenze dell’Est, Russia, Cina e India. Da una parte ci sono navi di gas liquefatto proveniente dagli Stati Uniti, che promettono sollievo, dall’altra l’allontanamento dal gas russo, da anni scelto come partner privilegiato. Nuovi equilibri in un quadro di instabilità globale. Nel futuro, la strada segnata sembra quella di rendersi il più indipendenti possibile. Il sistema energetico italiano deve investire massicciamente in fonti di energia pulita e a portata di mano. Per quanto si acceleri il passo, tutto richiede tempo. E cosa succederà ai prezzi in bolletta nei prossimi mesi?
Religione e Storia
di Renzo Francescotti
I SANTUARI TRENTINI
Rivisitati da Waimer Perinelli
Dopo che nella vita si è dedicato a tante altre cose, a scrivere saggi storici di taglio divulgativo l’amico Waimer Perinelli ci ha preso gusto. Ed ecco, dopo il libro sui duecento anni del Teatro Sociale di Trento questo A furor di popolo dedicato ai santuari e alla religiosità del Trentino. L’elegante volume di 150 pagine è pubblicato con il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, per i timbri di Grafiche Futura, e ospita il saggio L’offerta del cuore per la sezione del Museo dedicata agli ex voto, scritto dal conservatore del Museo di San Michele Luca Faoro. Di santuari ne sono esistiti e ne esistono presso tutti i popoli, in tutte le religioni, in tutte le epoche. Oggi i santuari cristiani nel mondo sono 1.870,di cui ben1.309, il 70 %, dedicati a Maria. Il libro ha come antefatto una ricerca svolta dall’autore già nel 1974: ” Dei 47 santuari individuati nel Trentino Alto- Adige in una ricerca da me svolta, dal 1974 al 1978, avviata e coordinata dal professor Tullio Tentori, docente di antropologia culturale all’università di Trento, molti importanti centri di culto sono nel tempo quasi scomparsi dalla tradizione del cristianesimo popolare e si celebra solo una funzione religiosa nel giorno della dedicazione. Ma la parte più interessante del libro di Perinelli, la più ricca di informazioni e riflessioni, che occupa un terzo dell’opera, è quella che ci parla dei tre santuari : di Sanzeno, Montagnaga di Piné e Pietralba. Siamo verso la fine del IV secolo quando il famoso vescovo di Milano Ambrogio ( il futuro Sant ‘Ambrogio), d’accordo con i l vescovo di Trento Vigilio ( il futuro San Vigilio) invia nell’Anaunia ancora pagana il diacono Sisinio con i due fratelli Martirio e Alessandro. Vengono tutti e tre dalla Cappadocia, e hanno il compito di evangelizzare i nonesi pagani. I tre “missionari” agiscono probabilmente con scarsa prudenza, a Sanzeno, si insediano dove c’era un tempio dedicato a Saturno, rifiutano di partecipare con una pecora alla processione in suo onore, sembra che abbiano buttato nel Noce la statua del dio pagano. Alla fine, rifugiati in una cappellina che avevano costruito, vengono letteralmente linciati dagli abitanti del paese. La lettera con cui il vescovo di Trento informa dell’eccidio San Simpliciano succeduto ad Ambrogio nel
Religione e Storia
Papa Giovanni Paolo II a Pietralba (1988 - foto Luca Pedrotti)
797 e Giovanni Crisostomo, vescovo di Costantinopoli, a saperla leggere è illuminante. Scrive Vigilio: “ I nostri martiri esercitarono grande pazienza in modi sempre frequenti…” aggiungendo però “ e con frequenti lotte”…). Insomma, pazienza e lotte! I cadaveri dei tre cappadoci furono bruciati e le loro reliquie raccolte (evidentemente dai primi convertiti) , conservate in quello c he diventerà il santuario di Sanzeno. Un santuario che è l’unico nel Trentino assolutamente libero da leggende, storico nelle sue fondamenta , ma che nonostante gli sforzi della Chiesa, non diventò mai popolare. Le pagine dedicate al santuario di Sanzeno sono arricchite dalla testimonianza di monsignor Sergio Nicolli, per molti anni segretario del vescovo Alessandro Maria Gottardi che promosse il restauro e la diffusione del culto dei tre martiri. L’amico Waimer mi consentirà un appunto. Egli parla costantemente di San Vigilio citandolo come martire, aggiungendo che fu ucciso a zoccolate (vedi nota). Ma è molto improbabile che Vigilio sia stato martirizzato: lo stesso storico molto preciso monsignor Rogger è molto scettico sul fatto che San Vigilio, al centro di innumerevoli leggende, sia stato martirizzato. Se la notizia dell’uccisione dei martiri Anauniesi, tre personaggi sino ad allora completamente oscuri fu diffusa addirittura in tutta Europa, quale onda pubblicitaria si sarebbe dovuta innescare per informare del martirio del vescovo di Trento, un personaggio famoso, al centro di una rete di conoscenze importanti? Invece ,niente. Quanto all’uccisione che sarebbe avvenuta a colpi di zoccolo c’è da dire che per secoli questa calzatura non appare nelle tavole o nelle tele che raffigurano il vescovo di Trento. Vi compare ad un certo punto e da allora diventa addirittura un logo che contraddistingue il santo romano- trentino. E dire che fu ucciso a zoccolate significa affermare in pratica e che fu linciato da donne! “Volendo cercare un modello della religiosità popolare trentina lo troviamo unico , forse irripetibile, a Montagnaga di Piné” scrive l’autore, nel capitolo “Un popolo un santuario”. Tutto iniziò quando a Domenica Targa, una pastorella che la leggenda vuole avesse quattordici anni (ma che in effetti ne aveva trenta) a Montagnaga di Piné in località Palustèl, un luogo tra pascoli e boschi poi chiamato la Comparsa, mentre stava pascolando le sue bestie, apparve una bella signora. La popolazione e il clero si divisero nella valutazione delle apparizioni mariane. Scrive Perinelli non si arrivò tuttavia a una dichiarazione ufficiale della Chiesa, che, se da un lato non volle confermare, almeno formalmente, i fatti, dall’altro lasciò che il culto si sviluppasse. E il culto a Montagnaga di Piné si sviluppò in modo imponente,
con l’accumulo di un ricchezza di ex voto affermatori di miracoli, col pellegrinaggio di migliaia di pellegrini organizzati da membri del clero ( io stesso da ragazzo, ho partecipato ad alcuni di questi pellegrinaggi a piedi organizzato dalla parrocchia di San Pietro di Trento ,che partivano dal fondovalle della Valsugana). E il libro si conclude con la storia del santuario di Pietralba, in tedesco Weissenstein, sorto in un sito alla confluenza della valle di Fiemme, con la Val d’Ega e la valle dell’Adige, costruito nel luogo dove a Leonardo Waissensteiner, un contadino pastore proprietario di un luogo detto “Pietra Bianca” , comparve la Madonna, nel 1547 o nel ‘53, negli anni del Concilio di Trento. Questa volta la Chiesa, sin dall’inizio, sostenne il santuario. Il santuario, sino al 1964 appartenente alla diocesi di Trento, è di gran lunga il più vasto e visitato della regione, con oltre duecentomila presenze l’anno, fino al 1978 è stato visitato più volte dal futuro papa Albino Luciani , che arrivava a piedi dalla sua casa a Canale d’Agordo, attraverso le valli di Fiemme, Fassa e d’Ega. Si conclude con queste aggiornate informazioni il libro di Waimer Perinelli, scritto con accattivante linguaggio giornalistico, ricco di informazioni e illustrazioni, un libro appassionato e appassionate.
Sanzeno uccisione di Sisinio Martirio e AlessandroIntagliatore Svevo I santi trascinati al rogo (1515 circa)
Personaggi della nostra letteratura
di Waimer Perinelli
50 ANNI FA MORIVA DINO BUZZATI: IL DESERTO CH’E’ IN NOI
Buzzati è morto, viva Buzzati. Parafrasare il celebre motto ci introduce alla vita di un grande protagonista della cultura italiana del 900. In questo 2022 a Dino Buzzati vengono dedicati incontri, conferenze, commemorazioni non solo nella sua Belluno ma in tante parti d’Italia e d’Europa. Era nato casualmente a San Pellegrino dI Belluno il 16 ottobre del 1906 ma, se la nascita è stata come per tutti una non scelta, la località ha giocato un ruolo importante nella sua vita artistica ispirandogli il più famoso romanzo “Il deserto dei Tartari” pubblicato nel 1940, conosciuto in tutto il mondo, per il quale il suo nome è stato accostato a quello di Franz Kafka e a questo innegabile scrittore affianco volentieri Samuel Becket autore del dramma “Aspettando Godot”. Con il primo, il nostro bellunese per caso, condivide la percezione del divenire del nulla e l’angoscia della trasformazione; con il secondo il dramma dell’attesa di qualcosa che non sta per accadere e che sicuramente non accadrà mai. Non si offendano i puristi dell’etnia letteraria ma Dino Buzzati deve l’ispirazione a Milano e al mondo internazionale che ha frequentato come giornalista e inviato del Corriere della sera. Dobbiamo riconoscere a Belluno, come lui stesso ha dichiarato, il senso del nulla che gli ha ispirato con le montagne che pur amava e violava arrampicandosi. Aveva 66 anni quando, nel 1972, è stato sorpreso, ma non troppo, dalla morte, causata come per il padre da un tumore al pancreas. La morte, come per tutti, appostata ai confini della vita, del deserto, sorvegliata speciale ma capace di sfuggire ad ogni sentinella. Allo stesso modo la vita reale sfugge al sottotenente Giovanni Drogo di servizio nella fortezza al limite del deserto da cui si temeva arrivassero i tartari, popolo guerriero riportato alla ribalta della cronaca dalla guerra in Ucraina perché dal popolo asiatico che si oppone oggi ai russi, discende parte della popolazione del granaio del mondo. Anche Dino Buzzati aveva antiche origini orientali provenendo dall’Ungheria, da cui deriva il nome Buda, in veneto Buzat, poi italianizzato. Dalla famiglia, il padre Giulio Cesare, celebre giurista docente universitario a Milano; la madre Alba Mantovani figlia della nobile veneziana Badoer, lo scrittore riceve educazione e stimoli per sviluppare la vocazione letteraria manifestata nell’attività giornalistica, poiché dalla cronaca traeva fantastici racconti. La narrazione del quotidiano si concretizza in un elzeviro del 1933 dal surreale titolo del “ Vita e amori del Cavalier rospo. Il Falstaff della fauna” anticipatore di racconti ispirati alla vita di corrispondente da Addis Abeba dov’era inviato di guerra del Corriere della Sera. Segue una ricca produzione giornalistica e letteraria che raggiunge l’apice nel 1940 con
il celebre “Deserto dei Tartari”. Tutti leggendolo possiamo sentirci come il sottotenente Drogo davanti all’avvenire incerto, alla noia del quotidiano, alla banalità del futuro con la delusione che ne consegue. Tanto maggiore quando la fine pur certa sembra non arrivare mai. Ma che vita sarebbe se non finisse mai? Totò, principe De Curtis, comico drammatico, ce ne da una visione ironica con la poesia La livella dove la morte tutti accomuna, nobili e spazzini. Per un curioso destino degli scritti di Buzzati il mondo letterario e cinematografico italiano, e non solo, se n’è occupato in modo approfondito dopo la morte. Tratti dai suoi racconti sono stati realizzati negli anni 90 film importanti e sono ora disponibili raccolte e recensioni. Di questo si occupano anche il Centro studi Buzzati e le biblioteche bellunesi che hanno unito le loro energie per celebrare la sua figura e per promuovere la lettura delle sue opere, organizzando una serie di eventi gratuiti e aperti a tutta la cittadinanza. In questo progetto, la Provincia di Belluno (Servizio provinciale Biblioteche) ha assunto il ruolo di coordinamento della rassegna. In particolare, ha affidato l’incarico di consulenza scientifica a beneficio di tutte le biblioteche aderenti a Patrizia Dalla Rosa, responsabile della ricerca e membro del Comitato scientifico del Centro Studi Buzzati, che dal 1992 si occupa dello scrittore bellunese. Patrizia Dalla Rosa è una persona colta e paziente che parla volentieri del concittadino la cui opera frequenta dagli anni 1986-87. “ E’ un grande scrittore, giornalista, alpinista, artista, intellettuale a tutto tondo, dice, è tale per cui il nostro territorio deve sentirsi orgogliosamente buzzatiano. E la celebrazione del 50° anniversario dalla scomparsa merita una rassegna in grado di far conoscere e apprezzare non solo le opere di Buzzati, ma anche la terra che è stata spesso teatro delle sue estati oltre che della sua prosa». La biblioteca di Sospirolo ha fatto da capofila e ha proposto il primo della serie di eventi dedicati a Buzzati: la presentazione a cura proprio di Patrizia Dalla Rosa del concorso letterario “Sospirolo tra leggende e misteri”. Il concorso è dedicato al tema del paesaggio, protagonista di tanta parte dell’opera di Buzzati. Accanto sono nate lungo tutto il 2022, iniziative di vario tipo (conferenze, escursioni letterarie, laboratori, presentazioni di libri, letture e spettacoli ispirati dalla drammaturgia dell’autore bellunese, a cura delle biblioteche della rete. Dalla Rosa è responsabile della ricerca e membro del Comitato scientifico del Centro Studi Buzzati, che dal 1992 si occupa dello scrittore bellunese attraverso pubblicazioni di articoli, conferenze e partecipazione a convegni in varie parti del mondo. Inoltre, è stata studiata una grafica condivisa mediante la quale promuovere tutte le iniziative proposte dalle singole biblioteche e per la gestione di un “cartellone virtuale” che è consultabile (alla pagina web https://www. suipassidibuzzati.it/) dove troverete certamente la serata di lettura di testi buzzatiani (Le K, Le Désert des Tartares, Le Panettone n’a pas suffi. Letture fatte dagli attori Gregori Baquet e Guillaume Gallienne della Comédie Française,organizzata per inizio ottobre dall’Istituto Italiano di Cultura, in rue de la Varenne a Parigi e per la metà dello stesso mese la Tavola rotonda intorno all’edizione di Le Panettone n’a pas suffi (traduzione di D. Gachet),organizzata dall’ Association des amis de Dino Buzzati di Bordeaux, con letture musicali di testi del grande bellunese.