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L’intervista impossibile: S. Paolina Amabile Visintainer
L’intervista impossibile
di Adelina Valcanover
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S. PAOLINA AMABILE VISINTAINER
Amabile Visintainer nata a Vigolo Vattaro (Tn) il 16 dicembre 1865 e morta a S. Paolo del Brasile 9 luglio del 1942. Di famiglia estremamente povera, a scuola non riusciva a imparare a leggere e scrivere, pur impegnandosi. I tempi erano sempre più difficili. Va a lavorare in filanda e poi decide di emigrare in Brasile. Partono in molti del paese e anche i Visintainer con tutta la famiglia. All’arrivo non trovano nulla che era stato promesso. Hanno costruito un paese, un nuovo Vigolo. Il padre apre un mulino insieme a un altro trentino e Amabile con la figlia del socio, Virginia diventano amiche.
Buongiorno, io sarei pronta per l’intervista. Sono suor Paolina. Riverisco, e tante grazie per avermi concesso questo onore. Dai, lo so che usi dare del tu a tutti i tuoi intervistati, quindi fa la prima domanda, ho tempo. Ma tu puoi fare altro di più utile. Grazie, ma questa intervista la ritengo utile per chi ne vuole trarre esempio. Mica tutti devono fare chissà che cosa, basta una cortesia, un piccolo aiuto, cose così, alla portata di ognuno. Ecco, brava, proprio così. Come dicevo, bando alle chiacchiere, ti dico subito Vigolo Vattaro 1865 S. Paolo del Brasile nel 1942. Come ti trovavi a Vigolo? Bene, eravamo una famiglia molto povera, ma ci volevamo bene e anche i compaesani erano gentili e davano un soprannome a tutti Adesso non più. Io
Santa Paolina Visintainer
ero la Mabilota dei Lisàndri, perché mi hanno battezzata Amabile. A sei anni sono andata a scuola, fino in seconda, ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a imparare, a leggere e scrivere e allora sono andata a lavorare in filanda per aiutare la famiglia. Come te la cavavi? Eri solo una bambina. Un tempo i bambini andavano spesso a lavorare e si imparava un mestiere che poteva tornare utile, per vivere. Vero, poi cosa successe? Ci fu la crisi, perché i confini con l’Italia si spostarono e così l’industria serica fu travolta e molte famiglie, tra cui la mia, non potevano più tirare avanti. Così in casa cominciarono a parlare di emigrare in Brasile e questo dispiaceva alla mia mamma, ma io mi rendevo conto che era necessario. Dopo la nascita del mio ultimo fratellino, partimmo con tutta la famiglia.
L’intervista impossibile
Ma non ti dispiaceva lasciare il tuo paese e le tue amicizie? Che domande! Certo che mi dispiaceva, ma ero fiduciosa che qualcosa di bello poteva accadere e invece… invece durante il viaggio morì il mio fratellino minore e fu sepolto in mare. Che tristezza! La mamma piangeva sempre e si dava la colpa. E quando arrivaste? Dopo un simile viaggio almeno il conforto di un posto pronti ad accogliervi come vi era stato promesso. Lo sbarco è stato ancora peggio. Infatti, tutto quello che ci era stato promesso dagli impresari dell’emigrazione non c’era perchè era stato dato ad altri immigrati europei e a noi, se volevamo restare, lasciavano solo terreni meno fertili. I vigolani si dettero da fare e risolsero fondando Nova Vigolo. A 12 anni feci la prima comunione e chiesi a Dio la grazia di riuscire a leggere e scrivere. E mi esaudì. Dopo cosa successe? Mio padre in società con Francesco Nicolodi, di Aldeno, ha aperto un mulino e con gioia, ho conosciuto Virginia, sua figlia e siamo diventate amiche. Lavoravamo insieme al mulino e ci siamo confidate. Così ho scoperto che aveva le mie stesse aspirazioni tra cui quella di aiutare i malati e costruire un piccolo ospedale come c’era al mio paese e avremmo potuta lasciare il lavoro al mulino. Avvenne però una terribile disgrazia: mia mamma è morta di parto. Quindi io dovevo subentrare ad aiutare la famiglia perchè ero la maggiore e non potevo certo sottrarmi a questo compito. Ma siete poi riuscite a realizzare il vostro sogno? Sì, a 25 anni assieme a Virginia abbiamo fondato l’ospedaletto di San. Vigilio, una baracca di legno accanto alla chiesa. Abbiamo lasciato il lavoro e in molti ci hanno aiutato a costruire la baracca. Subito è arrivata la prima ammalata, aveva un cancro e si chiamava Angela. Che cosa avevate in mente? Volevamo occuparci dei malati, dei bambini orfani, dei bisognosi. Ormai l’ospedale era avviato e molte ragazze di origine trentina stanno seguendo il nostro esempio. Quando nacque l’idea della fondazione di un nuovo ordine religioso? Quando abbiamo ricoverato la signora Angela e ci siamo dedicate alla catechesi e alla manutenzione della piccola chiesa di s. Giorgio. Poi successe che il vescovo Luigi Rossi approvò l’ordine delle Piccole Suore dell’Immacolata Concezione il 25 agosto 1895 e diede l’abito religioso alle prime tre suore e con la professione religiosa presi il nome di Suor. Paolina del Cuore Agonizzante di Gesù. Ma mantenere una comunità è costoso come hai risolto? Hai anche aperto un secondo ospedaletto
Paolina Visintainer - La prima Santa trenina (da Vita Trentina)
a Nova Trento che era il comune cui Nova Vigolo era una frazione se ricordo bene. Venisti anche eletta madre generale Tornando alla domanda ho risolto introducendo l’allevamento dei bachi da seta fondando una filanda, in questo modo lavoravano anche molte persone per sostenersi. E poi cosa successe? del Brasile dove, eletta superiora generale a vita, guidai la Congregazione con semplicità e saggezza, organizzando scuole, ospedali, laboratori, educandati e Nel 1903 divenni superiora generale delle prime due comunità e mi trasferii a San Paolo dedicandomi totalmente ai poveri. Fui obbediente e umile quando nel 1909 fu invitata dall’arcivescovo Duarte Leopoldo y Silva a lasciare la guida della Congregazione e a trasferirmi a Bragança Paulista. Tornasti a s. Paolo, ti ammalasti di diabete, fino a diventare cieca, poi, una ferita a un dito della mano destra andò in gangrena, e dovettero amputarti dapprima il dito e in seguito il braccio. Ma tu continuasti a lavorare e fondasti ospedali per i più poveri e scuole per i figli degli ex schiavi. Grazie, hai fatto davvero grandi cose, Vuoi lasciare un saluto per i lettori? Vi do la mia benedizione con tutto il cuore.
Esperienze di vita
GUARDARE INDIETRO PER GUARDARE AVANTI
Correndo si arriva certamente prima ma quante cose trascuriamo nella corsa, quanta bellezza perdiamo e forse non ritroveremo mai più. Che ricchezza oggi. Dopo aver “scaricato” Gloria, la nostra orsetto, ad Orio, per la via del ritorno io e Lory, prendiamo per la Val Sabbia e il lago Idro come destinazione. Passiamo dalle nebbie delle pianure lombarde ad un leggero pendio che ci porterà in Trentino. Il paesaggio si trasforma, compaiono le pannocchie di granoturco, che più avanti prenderanno le stigmate di Storo, e verdi prati arati. Stiamo risalendo verso la val di Ledro e Bezzecca è il traguardo da raggiungere, quella località dove nel 1866 Garibaldi fu costretto ad “obbedire” e fermarsi. Oggi si procede in ordine sparso, tipica avanzata italiana, fatta con l’automobile, ma sempre conquistando metro su metro. L’opera dell’uomo è laboriosa, quanto lavoro, quanti muri a secco, quanto lambiccare per strappare un pezzo di terra da coltivare. E quanti eserciti e lingue sono passate di qua! Si rimane abbacinati ed entusiasti dalla bellezza dei luoghi. Dietro l’incessante rumore di clacson e i fari mi invitano anzi mi obbligano a fermarmi e lasciare il passo. Ma oggi è una giornata particolare: dove andate di domenica così di fretta? Mi fermo, colpito da una luce rarefatta e aria di bosco, profumo di muschio e di selvatico. Si sente l’odore del lago. Arriva la riflessione, la capacità di riflettere sul mondo per poi agire nel mondo. I francesi hanno un bel modo di dire: “reculer pour mieux sauter”, i momenti di pausa sono quelli in cui si raccolgono le forze, si arretra, ci si arresta, per poi avanzare. I francesi da qui un tempo lontano ci sono passati. Quanto passato è nel nostro presente. Basterebbe recuperare quello che è in noi. E’ un privilegio fermarsi. La prospettiva è il privilegio di chi frequenta i classici. Io vivo l’antico e il contemporaneo nella misura in cui è ancora qui presente. Mi piace immaginare. E’ come ritornare bambini. La ginnastica della mente è fare confronti. Inventare e mettere a fuoco il consueto con l’immaginato. Essere italiani è anche un privilegio dal punto di vista dell’educazione estetica. Il gusto diffuso di risonanze orchestrali. Meraviglioso. Si può disporre di ricchezza, intelligenza, possibilità infinite, ma sentire che non è mai abbastanza. Il vero lusso è l’incompiutezza. La vita è impastata di mancanze. Per questo l’amore è tutto ed è piu’ importante del desiderio perché ci rende autentici. Per amare devi amarti e accettare la fragilità dei propri limiti. Lory mi riprende al presente, mi accompagna calorosamente in giro al lago. Le sue attenzioni smorzano il senso di inquietudine derivato dalla partenza di “Orsetto”. Sono anche un po’ disperato. In fondo al sentiero si vede il ristorante Al Pescatore a Ponte Caffaro, entriamo nella terrazza vista lago e da subito rimango colpito e incuriosito dalla presenza di tante persone da osservare e fonte di ispirazione. Un buon punto di appoggio per riprendermi, il giusto viatico per tornare al presente e ricominciare il viaggio: tornare a vivere!
di Enrico Coser