EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 11 • Novembre 2020
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo
Segreteria di redazione Gaia Borghi
Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata
Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi
Euro Annuario Carne EURO ANNUARIO CARNE 2021
Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone
La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2021 Copia cartacea: € 95,00
Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
Ufficio stampa e Media Partner
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero:
Manrico Murzi
Memento
Si è spento il sorriso del nostro Enzo Fiorentin
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La carne nel mondo
Kazakistan – Europa
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Agenda
E-PACK TECH 2020
16
Diamo i numeri
69,5 kg
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Immagini
Questo non è un hamburger
20
Naturalmente carnivoro
Cara Nicoletti
22
Tendenze
Confezionato, gli Italiani amano il pronto. E non solo
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Meat Pack
Barbecue Burgers Jubatti BBQ
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Carne stellata
Tartare a tre stelle
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Carni & Co.
Cibo e quotidianità – Ossessione hamburger
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A pagina 52.
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Attualità
Indicazione obbligatoria del luogo di provenienza sull’etichetta…
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Origin Green: come la carne irlandese risponde alla sfida della sostenibilità
36
L’export di carne dal Regno Unito dopo la Brexit
Roberto Villa
40
Slalom
Manovra e fondi UE
Cosimo Sorrentino
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La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
46
Aziende
Pure Pork by Danish Crown Rapid Trasporti, dalla provincia di Messina il giusto partner…
Comunicare la carne
Mercati
52 Gaia Borghi
58
Ceci n’est pas un steak
62
Accademia Rizzieri
66
Il mercato mondiale della carne bovina nell’era del Covid
Roberto Villa
68
Il mercato italiano premia il Welsh Lamb Igp
Elena Benedetti
70
Il vento della peste suina soffia sulle vele dei prezzi
Roberto Villa
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Indagini
Il futuro della carne passa dal fare del nostro meglio
80
Trend digitali
La spesa alimentare on-line si consolida come abitudine…
82
Allevamenti
AllevaBio, lontano dal marketing, vicino alla terra
Federica Cornia
84
Tutto il biologico, oggi
La razza Romagnola di Mezza Ca’
Elena Benedetti
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Macellerie d’Italia
Marmellata di maiale, giusto premio alla tradizione
La carne in tavola
90
Crosetti, macelleria e salumi selvatici della Val Formazza
Riccardo Lagorio
Se l’allevamento si allea con la macelleria
Massimiliano Rella 94
Versatile ma difficile: il rognone in cucina
Giorgia Fieni
Una Genovese a Napoli
Nunzia Manicardi 100
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EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 11 • Novembre 2020
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A pagina 84. In copertina: illustrazione di Alessia Serafini.
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Sapori dal mondo
Slovenia, la carne in primo piano
Riccardo Lagorio
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Ristoranti carnivori
Il Castrato di Romagna
Gaia Borghi
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Fiere
Appuntamento con Fiere Zootecniche Internazionali
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#anugafoodtec
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Le eccellenze della filiera avicola in vetrina a Fieravicola edizione 2021
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Digitalizzare e automatizzare è facile grazie alle tecnologie di CSB-System
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Tecnologie
Misura del valore di pH: con Testo è facile ed efficiente
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Affettatrice Formax® SX330: versatilità, flessibilità e alte prestazioni…
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Sicurezza alimentare
Animali infestanti e domestici negli stabilimenti alimentari
Marco Cappelli
Sono 180 grammi, lascio?
Ma tu lo mangi il cavallo?
Giovanni Papalato 140
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A pagina 70.
A pagina 66.
A pagina 88.
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RAPPRESENTANTE ESCLUSIVO PER Lâ&#x20AC;&#x2122;ITALIA
MEMENTO
Si è spento il sorriso del nostro Enzo Fiorentin di Manrico Murzi
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el cuore della notte, ai primi minuti del 15 settembre di questo strano 2020, Lorenzo Fiorentin, da molti conosciuti come Enzo, dopo lunga malattia ci ha lasciati all’età di 73 anni. Per tanti anni riferimento commerciale per le nostre riviste, infaticabile nella presenza agli eventi di settore su e giù per l’Italia e nelle più importanti fiere all’estero, Enzo ha dato voce e supportato il comparto della carne, dei prodotti di salumeria e della filiera della trasformazione con, professionalità, dedizione e passione. SHAKESPEARE fa dire a Macbeth: La vita è un’ombra che cammina, un povero attore che incede superbo o si dimena afflitto sulla scena per il tempo che gli è concesso. Il suo tempo, appunto, era scaduto. Egli non ha mai ceduto al pensiero della morte, giacché non gli intorbidava la serenità interiore, non gli amareggiava la vita. Fino all’ultimo ha mostrato coraggio e ha nutrito speranza. Sapeva che nessun essere umano può sottrarsi al fatale appuntamento, ma continuava, lottando, ad immaginarsi un futuro. Ciò non rende tuttavia meno triste il sentimento che spadroneggia nell’animo di chi l’amava, di chi lo stimava, di chi avrebbe voluto ch’egli durasse più a lungo a dispensare il suo affabile sorriso. Abbiamo perso la sua parte visibile, e ne sentiremo la mancanza. Resta a nostra consolazione la sua parte invisibile, quella più preziosa, durevole, e resta il ricordo delle sue qualità. A tal proposito occorre affermare che la virtù di cui egli è stato campione è la modestia, quella qualità che più d’ogni altra rende cari ed amabili agli altri. La modestia, sappiamo, sviluppa tale e tanta attrazione e si presenta sotto forme
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così amabili e accattivanti, che colui il quale ne va adorno rapisce gli animi, attirandoli a sé e facendoli affezionati e amici. Ecco, i suoi tanti gesti, le sue poche parole erano immagine di compostezza interiore. Uomo di cuore, andava verso gli altri e agli altri si interessava. Insegnava a non elevarsi al di sopra di quel che si è, stimolava ad evitare di diventare arroganti o scortesi. Da tutto ciò ha origine l’ampio compianto che sta riscuotendo la sua scomparsa. Lo piangono la moglie ROSSANA, la figlia VALERIA e suo marito DARIO con i figli BIANCA, FRANCESCO e PIETRO, i cari nipotini, e il figlio ENRICO con la sua ELISABETTA e la piccola MATILDA. Lo piange la sorella FIORETTA FIORENTIN BENEDETTI e la nipote ELENA, con le quali ha trascorso gomito a gomito tanti anni di lavoro, dal 1995 in Edizioni Pubblicità Italia, società editrice di riviste agroalimentari a Modena, fondata nel 1981 da ONELIO BENEDETTI. E ne restano addolorati il nipote ARRIGO che, con la moglie ANGELA e i figli NICCOLÒ e ANTONIA, vive negli USA, il marito di Elena, ROD LOADER, e tutti i colleghi della Redazione di Edizioni Pubblicità Italia. Lo piangono infine i tanti che lo conoscevano e ne avevano amicizia e fiducia. La sua esistenza è stata di lavoro a partire dai suoi 26 anni, quando, dopo essersi diplomato in scienza dell’alimentazione in Abano Terme all’Istituto Professionale Pietro d’Abano, con lo studio anche del francese e dell’inglese, fu assunto dalla Ligabue di Venezia, dal 1919 ditta di forniture marittime. Assimilando sempre più competenza per svolgere l’attività aziendale di cambusa nelle cambuse, mentre sbrigava il suo
lavoro di operatore nel campo della nutrizione e della fornitura di cibi e bevande, era laborioso, accurato ma leggero, e si muoveva nel mondo degli affari con agilità. Per 15 anni tenne rapporti con i servizi alberghieri delle più prestigiose compagnie di navigazione. Spesso faceva viaggi di mare per meglio seguire il lavoro delle cucine di bordo, giacché la ditta della laguna veneta forniva anche cuochi, spesso di alta qualità, e ne seguiva preparazione e istruzione. Uscito dalla ditta Ligabue, prima di passare a Edizioni Pubblicità Italia, per cinque anni lavorò per il Gruppo Cremonini e tenne rapporti di lavoro anche con ditte di pesce a Livorno e a La Spezia. Spesso però, già a partire dai 14 anni, ha coltivato a livello nazionale il proprio passatempo preferito, quello di prendere in mano una boccia, infilare nei tre buchi il pollice e le ultime falangi dell’indice e del medio, per lanciarla contro un gruppo di dieci birilli! Più che uno svago, questo era diventato un serio impegno. Preso da impegni lavorativi, per un certo periodo aveva rallentato un poco, per riprendere poi a tempo pieno nel 1990 giocando a Reggio Emilia, Castelfranco o Formigine, e gareggiando poi in tornei nazionali e internazionali, tanto da partecipare, nel 2013, sempre indossando la divisa italiana, al campionato internazionale di Las Vegas. Aveva conquistato così tante coppe da non saper più dove metterle! Mi sembra melanconico, e però lieve per l’animo, chiudere quest’affettuoso commiato e tenero ricordo con la visione di Enzo che sorridente lancia la boccia contro i dieci birilli della vita.
Eurocarni, 11/20
CHI DESIDERA RICORDARE LORENZO CON UN’AZIONE CONCRETA ED EFFICACE PUÒ FARE UNA DONAZIONE A SOSTEGNO DELL’UNITÀ DI CHIRURGIA PANCREATICA DI PADOVA PRESSO LO IOV – ISTITUTO ONCOLOGICO VENETO (WWW. IOVENETO.IT). AD ESSA AGGIUNGIAMO ANCHE L’AVAPO MESTRE ASSOCIAZIONE VOLONTARI PAZIENTI ONCOLOGICI (WWW.AVAPOMESTRE.IT), CHE OPERA PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DI VITA DEL MALATO ONCOLOGICO E DEI SUOI FAMILIARI.
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LA CARNE NEL MONDO
Kazakistan Sono in corso investimenti esteri in Kazakistan, ex repubblica sovietica dell’Asia centrale, in allevamenti di suini, macelli e stabilimenti di lavorazione della carne. Un impianto di lavorazione della carne, di proprietà russa, è in costruzione nella regione, e andrà a creare 180 posti di lavoro. Anche nella regione di Almaty, antico snodo commerciale, è in corso la realizzazione di un altro sito produttivo che dovrebbe entrare in funzione nel 2021 creando 250 posti di lavoro. Nella regione di Almaty, BAUMANN GMBH & CO. KG. sta progettando un impianto simile. Il progetto, promosso dall’azienda tedesca, richiede un investimento pari a 40 milioni di dollari. Nella regione di Akmola è in costruzione un complesso con attività allevatoriale di suini. L’impianto di lavorazione delle carni e l’allevamento avranno una capacità di 32.000 capi. Anche nella regione del Kazakistan orientale potrebbe nascere un impianto di lavorazione della carne che richiederà investimenti per 26 milioni di dollari. I lavori di costruzione e installazione dovrebbero iniziare il prossimo anno e la società australiana proprietaria prevede di avere il lancio nel 2022 (fonte: ICE, www.ice.it).
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Europa Su invito della ministra federale per l’Alimentazione e l’Agricoltura JULIA KLÖCKNER, i ministri dell’Agricoltura dell’UE si sono incontrati a Coblenza per una riunione informale. Al centro del dibattito, che ha interessato vari argomenti, anche il benessere degli animali. L’iniziativa per promuovere un’unica etichetta concernente l’Animal Welfare valida in tutta l’Unione Europea ha ricevuto ampio sostegno. «La consultazione odierna ha compiuto importanti progressi sulla questione del benessere degli animali in Europa» ha dichiarato Julia Klöckner. «All’interno dell’Unione Europea, devono esserci le stesse condizioni in cui è consentito il trasporto degli animali e le stesse regole per la durata dei viaggi autorizzati. È necessario assicurarsi che gli animali non soffrano durante il trasporto. Se non è così, deve essere chiaro che caricare gli animali sarà impossibile. Il benessere degli animali deve rimanere una priorità». Durante la riunione, i ministri hanno anche discusso delle lezioni da trarre dalla pandemia Covid-19 al fine di rafforzare a lungo termine le catene di approvvigionamento in Europa e le modalità per far sì che il settore agroalimentare possa far fronte ancora meglio alle crisi. La Commissione europea è stata incaricata di svolgere un’analisi strutturata sul tema: quali sono le vulnerabilità, i principali deficit del settore? Quali soluzioni ci sono? In questo contesto, si dovrebbe tener conto del ruolo particolare svolto dalla ricerca e dall’innovazione, in particolare quella riguardante le tecniche di allevamento (fonte: Commissione europea/ Unione Europea, www.eu2020.de).
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Carne bovina irlandese Grass Fed, da allevamenti al pascolo Irlanda, il nuovo Standard Bord Bia certifica la carne bovina Grass Fed Per una carne genuina e gustosa, i consumatori di tutto il mondo sono oggi alla ricerca di un prodotto naturale, sostenibile e di prima qualità. Grazie ai nostri pascoli rigogliosi, il clima mite e la lunga tradizione di allevamento all’aperto, l’Irlanda è perfettamente in grado di soddisfare la crescente richiesta di carne bovina Grass Fed. E da oggi possiamo dimostrarlo. Il nuovo Grass Fed Standard per la carne bovina irlandese, sviluppato da Bord Bia – Irish Food Board, ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti ìŎĶŕĖŖƓìƃĶɑ ĈĖƳìŖďĖ Ė ƀƃŠďŠƓƓĶ ŠƃƓŠīƃƙƓƓĶĉŠŎĶ ĶƃŎìŖďĖƊĶɑ Ĥ ĶŎ ƀƃĶ੠ƀƃŠƓŠĉŠŎŎŠ ìŎ ŕŠŖďŠ ĉIJĖ ĉĖƃƓĶǟ ĉì in modo indipendente la carne bovina Grass Fed, garantendo una carne proveniente da bovini nutriti per almeno il 90% ad erba o foraggio a base d’erba, che pascolano all’aperto per buona parte dell’anno per tutta la vita. E’ la garanzia di quanto abbiamo da sempre saputo: l’erba è l’ingrediente fondamentale che rende il manzo irlandese una carne di prima qualità. O ďìƓĶ ƙƓĶŎĶǃǃìƓĶ ƀĖƃ ĉĖƃƓĶǟ ĉìƃĖ Ŏì ďĶĖƓì ì ĈìƊĖ ďĶ ĖƃĈì ďĶ ĉĶìƊĉƙŖ ìŖĶŕìŎĖ ƊŠŖŠ ƃìĉĉŠŎƓĶ ŖĖŎ ĉŠƃƊŠ ďĶ ĉŠŖƓƃŠŎŎĶ ĖǛ ĖƓƓƙìƓĶ nell’ambito del Programma Nazionale di Qualità e Sostenibilità Assicurata per la carne bovina e ovina (Sustainable Beef and Lamb Assurance Scheme), sviluppato da Bord Bia. ¡ŠŎŠ Ŏì ĉìƃŖĖ ĈŠƳĶŖì ĉIJĖ ƃĶƊƀĖƓƓì ƂƙĖƊƓĶ ƊƓìŖďìƃďɑ ŠƓƓĶĖŖĖ Ŏì ĉĖƃƓĶǟ ĉìǃĶŠŖĖ EƃìƊƊ DĖďɐ L’Irlanda, quindi, grazie ai suoi allevamenti al pascolo, produce carni bovine di prima qualità, naturalmente gustose e nutrienti. !ìƃŖĖ ĈŠƳĶŖì ĶƃŎìŖďĖƊĖ ĉĖƃƓĶǟ ĉìƓì EƃìƊƊ DĖďɑ ƀƃŠďŠƓƓì ĶŖ ìƃŕŠŖĶì ĉŠŖ Ŏì ŖìƓƙƃìɐ Per saperne di più, visitate la pagina: irishfoodanddrink.com/manzo-irlandese/
irishfoodanddrink.com
AGENDA
Shanghai, Cina Torna il salone internazionale dedicato a tecnologie e soluzioni di confezionamento progettate per il mercato dell’e-commerce. E-PACK TECH by Ipack Ima, che al suo debutto nel 2019 si è conclusa con successo grazie ad una formula di convegni e approfondimenti sul futuro dell’e-commerce, ritorna per una nuova edizione dal 3 al 6 novembre al New Int’l Expo Centre (SNIEC) di Shanghai con focus sul proprio mercato cinese. Grazie alla contemporaneità con CeMAT ASIA, E-PACK-TECH attrarrà visitatori altamente specializzati provenienti dal mondo della logistica, magazzino e fine linea, tra i settori più influenzati dai nuovi standard dell’e-commerce. Focalizzarsi sull’e-commerce come settore di destinazione dedicato alle proprie tecnologie è ormai un’esigenza di mercato e E-PACK TECH è il luogo ideale in cui scoprire soluzioni di confezionamento, etichettatura e tracciabilità nonché sistemi di movimentazione e stoccaggio appositamente progettati per l’e-commerce (photo © Chiew Ropram). www.epacktech.com
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Opperaa dei foornittorri di carrne bellga Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio?
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DIAMO I NUMERI
69,5 kg
In termini di consumo, le proteine di origine animale coprono oltre il 50% del contenuto proteico totale della dieta europea. Nel 2020, ogni europeo dovrebbe consumare 69,5 kg di carne e 236 l di latte. Il maiale è al primo posto, con 31,3 kg, seguito dal pollame, con 25,6 kg, e dalla carne di ruminanti, 10,8 kg per la carne bovina e 1,8 kg per la carne ovina (fonte: Future of EU livestock report, Commissione europea / DG AGRI; photo © dream79 – stock.adobe.com).
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IMMAGINI
“Questo non è un hamburger”. Diciamo basta alla carne finta! Con lo slogan “Ceci n’est pas un steak” (declinato poi nei manifesti anche per altre preparazioni carnee come la polpetta, la salsiccia, la cotoletta, l’hamburger…) le organizzazioni europee che rappresentano le filiere delle carni e dei salumi insorgono contro la proposta di utilizzare nei prodotti iperprocessati a base vegetale le definizioni che richiamano la carne. Prendiamo ad esempio la salsiccia: “insicia”, come la chiamavano i latini, incrocio di “insicium”, “insicia”, carne tritata, con “salsicius”, salato. È evidente nel suo nome la coesistenza di due ingredienti, sale e carne. Stessa cosa per hamburger, che pur avendo meno storia alle spalle si dichiara esattamente per quello che è: carne tritata. Altri esempi si potrebbero fare, tutti con protagonista la carne. Ma ora per tutti c’è meno certezza e il rischio di fare confusione aumenta. Accade quando si parla di salsiccia vegana, di hamburger vegano, di carne “vegetale”, ecc… Contraddizioni in termini che però fanno gola al marketing, che senza sforzo alcuno si richiama alla carne per evocare sapori, aromi e nutrienti che non appartengono alle preparazioni vegetali, ma che al massimo possono tentare un’imitazione, mai del tutto riuscita. A pagina 62 il testo integrale dell’articolo pubblicato da CarniSostenibili.it e disponibile al link: www.carnisostenibili.it/carne-finta-questa-non-e-una-bistecca
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NATURALMENTE CARNIVORO
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Cara Nicoletti, 35 anni, è una butcher statunitense, quarta generazione di una famiglia di macellai di Boston. Blogger, autrice di libri, da sempre appassionata del mestiere, Cara ha lavorato a Brooklyn, NY, presso The Meat Hook e in proprio per poi decollare, nel 2019, con un progetto che l’ha vista socia fondatrice. Si tratta di Seemore Meats & Veggies, un’azienda che produce salsicce di carne con verdure fresche (fino al 35% per ogni porzione), distribuite anche presso il retailer Whole Foods. Al network Today Food, Cara ha dichiarato che per il futuro spera che i macellai non abbiano paura del fatto oggettivo che la gente consumerà meno carne. «Non credo necessariamente che questo voglia significare la perdita del loro lavoro. Penso solo che dobbiamo fare questo mestiere con un po’ più di creatività». Vi abbiamo segnalato il sito di Seemore Meats & Veggies e il suo profilo Instagram nella rubrica Social Meat a pagina 46 (photo © Vogue).
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TENDENZE Confezionato, gli Italiani amano il pronto. E non solo
Una conferma del sentiment condiviso dalla maggior parte degli analisti: che nel primo semestre 2020 i consumatori si siano concentrati sulle spese di necessità, in particolare quelle alimentari. È quanto emerge dai dati elaborati per Tuttofood da IRI riguardo alle vendite di alimentare confezionato nella Distribuzione Organizzata che, nel complesso, vede una crescita del 7,7%, avvicinandosi a quota 30 miliardi (nel dettaglio, 29.326 milioni di euro). E dai numeri di IRI arriva anche una conferma “sociologica”: come già avevano suggerito i report precedenti, se è vero che gli Italiani si sono riscoperti chef casalinghi durante il lockdown (e la successiva riapertura), è anche vero che spesso hanno preferito farlo affidandosi ai prodotti delle loro marche o catene di fiducia. Le due merceologie che fanno registrare gli incrementi più alti tra gennaio e luglio sono, infatti, i condimenti freschi (+21,8%, per 234 milioni di euro), i precotti (+21,1% per 143 milioni) e i surgelati, che sfiorano il miliardo e mezzo (+16,7%, per 1.427 milioni). Sempre in territorio a doppia cifra troviamo anche la carne confezionata (546 milioni, con un +15,6%; fonte: Fiera Milano per Tuttofood; appuntamento dal 17 al 20 maggio 2021; photo © Coprid – stock.adobe.com). >> Link: www.tuttofood.it
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MEAT PACK Barbecue Burgers Jubatti BBQ
Ecco il pack di un Barbecue Burger della Jubatti BBQ, la prima linea italiana di carni da barbecue di Jubatti Carni. Quella dei Barbecue Burgers è una selezione di carni pregiate pensata per gli appassionati e i professionisti del barbecue. Il burger in foto è realizzato con carne di alta qualità ottenuta dalla Hereford, antica razza da carne di origine irlandese che conferisce al prodotto una texture dal gusto ricco e deciso (photo © jubattibbq.it).
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GENERALFRIGO dal 1969
L’eccellenza su misura
L’eccellenza su misura struttura all’avanguardia per la lavorazione delle carni suine attività di stoccaggio a bassa temperatura, congelazione e scongelazione alto livello logistico in grado di soddisfare ogni esigenza con competenza e tempestività sostenibilità ambientale grazie ad impianti innovativi ad energia alternativa
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CARNE STELLATA
Tartare a tre stelle
Beef “Tatar” my Style. Questo piccolo grande capolavoro di beef tartare del ristorante Überfahrt, 3 stelle Michelin, a Rottach-Egern in Baviera (Germania), è opera dello chef stellato Christian Jürgens (photo © instagram.com/restaurantbarworld.officialy). >> Link: www.christianjuergens.de
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LA NOSTRA STORIA NASCE DA MANI ESPERTE Dal 1936 lavoriamo la carne con la volontà costante di offrire prodotti sani e di qualità, cercando di cogliere i processi di cambiamento del mercato e soddisfare le esigenze dei nostri clienti. Tutto ciò ha contribuito a rendere la nostra azienda una realtà capace, fondata su basi solide e sull’impegno quotidiano nella crescita e nello sviluppo dei reparti produttivi, nella cura delle spedizioni, nelle rigide applicazioni delle norme sanitarie.
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CARNI & CO.
Cibo e quotidianità MATIJA ERCEG, aka @seriousdesign, è un artista che combina cibo con oggetti di tutti i giorni e magari anche vintage. Le sue creazioni sono caratterizzate da sfondi fluo e l’oggetto “modificato” al centro. Se per caso avete finito le mascherine, potete farne una con le fette di bacon (photo © instagram.com/ freelmilano).
Ossessione hamburger Su ART TRIBUNE, CARLO e ALDO SPINELLI analizzano il fenomeno che negli anni ha portato tanti artisti, da DUCHAMP a WARHOL, da OLDENBURG a TOM FRIEDMAN, a scegliere l’hamburger come soggetto delle loro opere, con un occhio al passato e l’altro rivolto al futuro. «In sostanza non è altro che una polpetta di carne trita. Anche se si potrebbe sottilizzare, sostenendo che la polpetta ha un aspetto che tende allo sferico mentre l’hamburger è appiattito, decisamente schiacciato ai poli, quasi a voler assomigliare a una più sottile e compatta bistecca, caratterizzata per di più da un’artificiosa forma circolare. Allo stesso tempo, a dimostrazione dell’estrema importanza del rapporto tra forma e funzione, l’hamburger si adegua morfologicamente alle due fette di pane che lo contengono, per prestarsi più comodamente a essere addentato». Ecco il link: www.artribune.com/arti-visive/ arte-contemporanea/2017/12/ artisti-hamburger-cibo (in foto, un’opera di TOM FRIEDMAN che si intitola Big Big Mac, 2013; photo © artribune.com).
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B L O N D E D ’A Q U I T A I N E
CARNE EUROPEA.
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Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare (Chafea) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include.
CAMPAGNA FINANZIATA CON L’AIUTO DELL’UNIONE EUROPEA
ATTUALITÀ
Indicazione obbligatoria del luogo di provenienza sull’etichetta delle carni suine trasformate
I
n data 15 novembre 2020, trascorsi 60 giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, entra in vigore il Decreto Interministeriale del 6 agosto 2020 che introduce l’obbligo di indicazione in etichetta della provenienza delle materie prime impiegate nella produzione di prodotti derivati da carne suina. I prodotti inclusi nel campo di applicazione comprendono prodotti a base di carne (trasformata), preparazioni di carne, carni macinate nonché carni separate meccanicamente (carni suine). Le informazioni, che devono essere apposte nel campo visivo principale dell’etichetta, devono includere: • “Paese di nascita:…”; • “Paese di allevamento:…”; • “Paese di macellazione:…”. Di seguito una sintesi delle indicazioni da inserire in etichetta: • se le tre fasi avvengono nello stesso
Paese è possibile indicare la dicitura: “Origine:…”; • se le tre fasi avvengono in Italia è possibile indicare la dicitura: “100% italiano”; • se le tre fasi avvengono in uno o più Paesi Membri dell’UE è possibile indicare la dicitura: “Origine: UE”; • se le tre fasi avvengono in uno o più paesi non membri dell’UE è possibile indicare la dicitura: “Origine: extra UE”; • se le tre fasi avvengono in più paesi è possibile, a seconda dei casi, indicare la dicitura: “Origine: UE” oppure “Origine: extra UE” oppure “Origine: UE e extra UE”. Le disposizioni si applicano esclusivamente ai prodotti legalmente fabbricati in Italia per la commercializzazione sul territorio italiano. I prodotti etichettati prima del 15 novembre 2020, con etichette non conformi al presente decreto,
Si applicherà “in via sperimentale” e fino al 31 dicembre 2021 il decreto interministeriale sull’indicazione obbligatoria di provenienza nell’etichettatura delle carni suine trasformate. Il decreto si applica alle carni di ungulati domestici, carni macinate, carni separate meccanicamente, prodotti a base di carne e preparazioni di carni. 32
potranno essere commercializzati fino ad esaurimento scorte. Riportiamo di seguito il testo delle disposizioni del Decreto del 6 agosto 2020 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Disposizioni per l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate (20A04874) (GU n. 230 del 16.09.2020). Art. 1 – Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni seguenti: a) “carni di ungulati domestici” di cui al Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale; b) “carni macinate”, “carni separate meccanicamente”, “prodotti a base di carne” e “preparazioni di carni” di cui al Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Art. 2 – Ambito di applicazione 1. Il presente decreto, in attuazione dell’art. 4 della Legge 3 febbraio 2011, n. 4, come modificato dall’art. 3-bis del Decreto Legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 febbraio 2019, n. 12, definisce le modalità di indicazione obbligatoria del luogo di provenienza di cui all’art. 2, paragrafo 2, lettera g) del Regolamento (UE) n. 1169/2011 per i seguenti alimenti: Eurocarni, 11/20
a) carni di ungulati domestici della specie suine macinate, separate meccanicamente, preparazioni di carni suine e prodotti a base di carne suina. 2. Il presente decreto non si applica alle Indicazioni Geografiche Protette a norma dei Regolamenti 1151/2012/UE e 1308/2013/UE o protette in virtù di accordi internazionali. Art. 3 – Modalità di indicazione del luogo di provenienza nell’etichettatura 1. Al fine di assicurare una corretta e completa informazione ai consumatori, rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari e della concorrenza sleale, nonché la tutela dei diritti di proprietà industriale e commerciale anche delle Indicazioni Geografiche semplici, è obbligatorio riportare nelle etichette dei prodotti di cui all’art. 2 l’indicazione del luogo di provenienza della carne suina con le modalità di cui all’art. 4. 2. L’indicazione del luogo di provenienza della carne suina è apposta in etichetta nel campo visivo principale ed è stampata in modo da risultare facilmente visibile e chiaramente leggibile. Essa non deve essere in nessun modo nascosta, oscurata, limitata o separata da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire. Le medesime indicazioni sono stampate in caratteri la cui parte mediana (altezza della x), definita nell’allegato IV del Regolamento (UE) n. 1169/2011, non è inferiore a 1,2 millimetri. 3. Nel caso di imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 80 cm2, l’altezza della x della dimensione dei caratteri di cui al comma 2 è pari o superiore a 0,9 mm. Art. 4 – Disposizioni in materia di etichettatura obbligatoria della carne di specie suina trasformata 1. L’indicazione del luogo di provenienza delle carni di cui all’art. 2 include le seguenti informazioni: “Paese di nascita: (nome del Paese di nascita degli animali)”; “Paese di allevamento: (nome del Paese di allevamento degli animali)”; “Paese di macellazione: (nome del Paese in cui sono stati macellati gli animali)”. 2. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso Paese, l’indicazione dell’oriEurocarni, 11/20
gine può apparire nella forma: “Origine: (nome del Paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile solo quando ricorrano le condizioni del presente comma e la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. 3. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”. 4. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati non Membri dell’Unione Europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: extra UE”. 5. Qualora l’indicazione dell’origine di cui al comma 1 si riferisca a più di uno Stato, il riferimento al nome del Paese può essere sostituito dai termini “UE”, “extra UE” o “UE o extra UE”, a seconda dei casi. Art. 5 – Controlli e sanzioni 1. Salvo che il fatto costituisca reato, per le violazioni delle disposizioni relative all’indicazione obbligatoria della provenienza previste dal presente decreto e
dai decreti attuativi, si applicano le sanzioni previste dal Decreto Legislativo 15 dicembre 2017, n. 231. 2. Restano ferme le competenze spettanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi del Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 145, e del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e quelle spettanti, ai sensi della normativa vigente, agli organi preposti all’accertamento delle violazioni. 3. I soggetti che svolgono attività di controllo sono tenuti agli obblighi di riservatezza sulle informazioni acquisite in conformità alla vigente legislazione.
sperimentale. 2. I prodotti di cui all’art. 2, che non soddisfano i requisiti di cui al presente decreto, immessi sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore dello stesso, possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte o, comunque, entro il termine di conservazione previsto in etichetta. 3. Il presente decreto è trasmesso al competente organo di controllo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entra in vigore dopo sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione. ROMA, 6 AGOSTO 2020
Art. 6 – Clausola di mutuo riconoscimento 1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai prodotti di cui all’art. 2 legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato Membro dell’Unione Europea o in Turchia o in uno Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo.
Il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Teresa Bellanova Il Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli Il Ministro della Salute Roberto Speranza
Art. 7 – Disposizioni transitorie 1. Il presente decreto si applica fino al 31 dicembre 2021, in via
• Registrato alla Corte dei conti il 3 settembre 2020. • Ufficio di controllo sugli atti del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Reg. n. 827.
Nuova squadra di presidenza di ASSOCARNI per il triennio 2020-2023: Luigi Scordamaglia è presidente Si è tenuta lo scorso 30 settembre l’assemblea di ASSOCARNI, l’associazione delle carni aderente a CONFINDUSTRIA, che ha eletto la nuova squadra di presidenza per il periodo 2020-2023. LUIGI SCORDAMAGLIA, AD di Inalca del Gruppo Cremonini, è stato eletto presidente; PIERO CAMILLI, GIAMPIERO CAROZZA, ANTONIO FIORANI, FABIO MARTINI, ELENA ANGIOLINI MASSIRONI e GIAN LUCA VERCELLI sono stati eletti vicepresidenti. Rinnovato anche il Consiglio generale dell’associazione. LUIGI CREMONINI, fondatore ed ispiratore dell’associazione, rimane di diritto nel Comitato di presidenza. «È un momento di grande cambiamento con grandi sfide che bisogna saper cogliere e le associazioni di rappresentanza devono far evolvere la propria funzione superando meccanismi e ruoli non più attuali. Come ASSOCARNI abbiamo sempre anticipato i cambiamenti e vogliamo continuare a farlo con tutte le sinergie possibili, puntando sempre più su un modello di filiera integrata e di produzione sostenibile e distintiva» ha dichiarato al momento dell’insediamento il neopresidente, ricordando che l’intera filiera delle carni vale in Italia 32 miliardi di euro con oltre 180.000 addetti complessivi. >> Link: www.assocarni.it
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Origin Green: come la carne irlandese risponde alla sfida della sostenibilità Andrea Segrè, economista e professore universitario, ci spiega perché Origin Green, il programma irlandese per promuovere la sostenibilità, è un modello da seguire
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a sfida maggiore che il mondo sta affrontando oggi è quella di garantire la sostenibilità economica, ambientale e sociale delle nostre azioni sul pianeta; una sfida resa ancor più grande dall’emergenza Covid-19, visto l’impatto che
il virus sta avendo a livello globale. Negli ultimi anni, progressivamente, lo sviluppo sostenibile è entrato tanto nelle conferenze internazionali, quanto nel lessico comune, ed oggi sono tanti ad avere un’idea, più o meno precisa, di cosa significhi
il termine sostenibilità. E questa è già una conquista, perché, come afferma ANDREA SEGRÈ, economista e professore di politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna, «la conoscenza è il motore di ogni cambiamento».
Origin Green è l’unico programma al mondo che, su scala nazionale, promuove il miglioramento della sostenibilità lungo l’intera catena di approvvigionamento, dagli agricoltori ai produttori, fino ai rivenditori e alle aziende di servizi alimentari.
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Prendere ispirazione dalla natura La soluzione a questa sfida, che ci sembra così impossibile da vincere, forse è più vicina di quanto crediamo, come ci spiega il professor Segrè: basta prendere ispirazione dalla natura. Un modo per avvicinarsi ad uno sviluppo sempre più sostenibile è l’applicazione dell’economia circolare secondo la quale i prodotti possono essere riparati, riusati e riciclati per ridurre il ricorso a nuove risorse, in antitesi con l’attuale modello lineare di produzione e consumo basato sull’impiego di materie prime per la realizzazione di beni che dopo l’utilizzo diventano rifiuto. L’economia circolare porta con sé un nuovo modello di business che
anche le imprese stanno cogliendo come una grande opportunità, a dimostrazione che si può coniugare positivamente crescita economica, tutela ambientale e inclusione sociale. Si potrebbe anzi dire che la sostenibilità aiuta il business: crea valore per il territorio e la società. «In questo contesto, così dinamico e oggi particolarmente sfidante vista l’emergenza pandemica in corso, si inquadra perfettamente il “caso” di Origin Green che mira a promuovere la sostenibilità nel settore alimentare e delle bevande in modo coerente rispetto agli obiettivi generali sopra richiamati» afferma il prof. Segrè. «Si tratta di un’iniziativa unica nel suo genere anche perché, coinvolgendo i principali attori della filiera agroalimentare — aziende agricole, industria di trasformazione, distribuzione e consumo alimentare — mette in stretta relazione il settore privato con quello pubblico. La governance della sostenibilità non può prescindere da questa partnership strategica: il successo di Origin Green passa anche da qui». Origin Green è l’unico programma al mondo che, su scala nazionale, promuove il miglioramento della sostenibilità lungo l’intera catena di approvvigionamento, dagli agricoltori ai produttori, fino ai rivenditori e alle aziende di servizi alimentari.
Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro. Ulteriori informazioni sono disponibili al sito sotto segnalato. >> Link: www.bordbia.ie
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Questo programma collabora con oltre 53.000 aziende agricole e 320 aziende irlandesi di cibo e bevande per certificare e migliorare la sostenibilità del cibo che producono al fine di soddisfare le esigenze in continua evoluzione dei clienti e dei consumatori globali. «Del resto l’alleanza strategica fra i diversi stakeholder permette non solo di fissare degli obiettivi condivisi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica ma anche di misurare con degli strumenti appropriati i progressi fatti. Questo è un altro elemento di successo del programma Origin Green. In questo modo biodiversità, riduzione della CO2, sicurezza alimentare e benessere animale rientrano a pieno titolo in un modello di business sostenibile, perché di questo si tratta, che non solo fa crescere il sistema agroalimentare ma aumenta anche una cultura diffusa della sostenibilità a beneficio di tutte le componenti dell’opinione pubblica, a partire dai più giovani». In Irlanda l’agricoltura genera un terzo delle emissioni totali di gas serra: secondo il piano d’azione per il clima, la sfida a lungo termine per il settore è soddisfare l’obiettivo della politica nazionale di una diminuzione delle emissioni di carbonio che però non comprometta la capacità di produzione di cibo e bevande sostenibile. Da Origin Green Progress Report si evince che le aziende agricole che hanno aderito a SBLAS nel 2014 hanno visto una riduzione media del 5% di CO2 per unità di carne bovina prodotta; mentre le aziende agricole hanno ridotto del 9% le emissioni di CO2 (per unità di latte prodotto). La carne di manzo irlandese, infatti, può vantare una filiera caratterizzata da un approccio sostenibile che rispetta i ritmi della natura. L’Irlanda vanta quasi 5 milioni di ettari di superficie agricola, di cui più dell’80% è dedicato al pascolo; gli animali sono lasciati liberi per buona parte dell’anno, cibandosi principalmente di erba fresca e sempre verdeggiante grazie alle frequenti piogge. Queste metodologie
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Andrea Segrè dal 2000 è professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata all’Università di Bologna, dove è stato preside della Facoltà di Agraria (2005-2012) e direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie agroalimentari (2012-2015). Ha insegnato Economia circolare all’Università di Trento (20152018). Studia e applica i fondamenti dell’ecologia economica, circolare e sostenibile. Fondatore di Last Minute Market-impresa sociale, spin off accreditato dell’Università di Bologna, ideatore della campagna Spreco Zero e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher per l’economia circolare e lo sviluppo sostenibile. Attualmente è presidente della Fondazione FICO e del Centro Agroalimentare di Bologna. Dal 2015 al 2020 è stato presidente della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti fra i quali il Premio internazionale Pellegrino Artusi nel 2012. Autore di articoli su riviste internazionali e nazionali, l’ultimo saggio è uscito per Rizzoli nel 2019: “Il metodo spreco zero”. >> Link: www.andreasegre.it
ripagano sia in termini di gusto che di proprietà nutrizionali: la carne irlandese è infatti caratterizzata da alti livelli di vitamine e sostanze nutritive come ferro e acidi grassi Omega-3, oltre ad avere un sapore eccezionale. Sono stati compiuti grandi progressi nel campo della sostenibilità agroalimentare, ma l’ambizione è di accelerare il ritmo di questo cambiamento e per questo Origin Green si impegna a lavorare con partner nazionali e internazionali nel tentativo di migliorare le prestazioni del settore nel suo complesso e guidarli verso un miglioramento continuo. Il programma consente ai produttori di stabilire e raggiungere obiettivi di sostenibilità misurabili che li aiutino a ridurre l’impatto ambientale e ottenere efficienza nella gestione quotidiana delle loro attività. «Per noi studiosi della sostenibilità agroalimentare, Origin Green — il programma di Bord Bia, Irish
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Food Board — è un caso molto importante e innovativo. Importante perché riguarda un settore, quello agroalimentare, particolarmente esposto alla sostenibilità ambientale: come noto c’è una stretta correlazione fra le modalità di produzione agricola e di consumo alimentare da una parte e i fattori che maggiormente impattano sul riscaldamento globale dall’altra», afferma Segrè. «È innovativo perché offre a tutti i principali portatori di interesse del sistema agroalimentare irlandese — dal produttore al consumatore — una metodologia scientifica condivisa, partecipata e misurabile per la realizzazione di una filiera realmente sostenibile. Non da ultimo il programma si inserisce pienamente nella sfida globale che le Nazioni Unite stanno portando avanti con l’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile del 2015, sfida resa ancora più complessa dall’emergenza della pandemia Covid-19».
L’export di carne dal Regno Unito dopo la Brexit L’Associazione dei produttori di carne britannici (BMPA) è sul piede di guerra contro il Governo Johnson perché attivi politiche e procedure a favore dell’export di Roberto Villa
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uvole nere si addensano sul settore della produzione di carni del Regno Unito se non verranno messe in campo entro la fine del 2020 opportune azioni di supporto, secondo l’Associazione dei produttori di carne britannici (British Meat Processors Association, BMPA). Le esportazioni di carne dal Regno Unito valgono 2,1 miliardi di sterline e danno occupazione a migliaia di persone,
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secondo i calcoli dell’Associazione, numeri che sono a rischio a partire dall’entrata in vigore effettiva della Brexit l’1 gennaio 2021. Ciò è particolarmente vero nel caso in cui la rottura delle trattative di uscita con l’Unione Europea dovesse essere confermata, senza un accordo specifico sugli scambi commerciali e doganali. Per sventare il rallentamento delle spedizioni Oltremanica, se
non un vero e proprio tracollo delle esportazioni, la BMPA suggerisce al Governo di attuare alcune azioni. La prima consiste nella digitalizzazione dei certificati veterinari per l’export: attualmente è necessario l’utilizzo di certificati su carta filigranata dorata, stampati da una sola tipografia autorizzata, mentre il Governo ha promesso un nuovo sistema, che tuttavia non è ancora
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stato testato per verificare se regge al carico di domande che verranno inoltrate. Mentre in precedenza il certificato veterinario non era necessario in caso di destinazione verso un Paese Membro dell’Unione Europea, ora lo diverrà e, considerando che la maggior parte delle carni sono spedite verso l’UE, è comprensibile la preoccupazione dei produttori. Come conseguenza, anche il sistema veterinario nazionale dovrà essere all’altezza per gestire un numero decisamente più elevato di certificati veterinari, aspetto che è del tutto fuorché trascurabile se si considera che la forza lavoro potrebbe essere precettata anche per le vaccinazioni anti-Covid non appena disponibili. Altro punto dirimente affinché il sistema britannico non perda quote di mercato è rappresentato dai bolli sanitari o marchi di identificazione, atti a certificare lo standard qualitativo delle carni per l’export, che il Governo ha proposto di modificare ma che devono inderogabilmente essere approvati dai rispettivi partner commerciali, tanto dall’UE nel suo complesso quanto dai singoli Paesi al di fuori del mercato unico europeo. Poiché gli ordini vengono fatti con un anticipo di tre o quattro mesi sulla consegna, i produttori di Sua Maestà temono che ci saranno già delle inevitabili ripercussioni all’inizio dell’anno.
Infine, l’ultimo punto della petizione rivolta al Governo di BORIS JOHNSON riguarda la possibilità di continuare ad usufruire della spedizione cumulativa (groupage), vale a dire il carico di piccole unità di merce sullo stesso veicolo (autotreno, container), situazione che potrebbe radicalmente cambiare quando il Regno Unito uscirà dall’Unione a 27 dal momento che diventerà un paese esportatore e non più un Paese Membro. Il groupage è infatti consentito sempre per gli alimenti pre-imballati mentre non lo è al momento attuale per gli alimenti sfusi, che nel caso delle carni costituiscono la gran parte del flusso commerciale verso l’UE; è perciò quanto mai urgente una revisione delle normative in questione per non gravare sui costi di trasporto e rendere la materia prima britannica meno competitiva. E se le prospettive per le esportazioni stanno vivendo le loro criticità anche il mercato interno si sta restringendo: un sondaggio condotto nella primavera del 2020 dalla Vegan Society, ha rivelato che durante il periodo del lockdown il 20% dei consumatori britannici ha ridotto il consumo di carne e derivati; atteggiamento che potrebbe essere reversibile ma che, in parte, potrebbe consolidarsi come una nuova abitudine alimentare: la metà di coloro che hanno assaggiato le
alternative vegetali alla carne (hamburger, salsicce, ecc…) ha dichiarato che continuerà ad acquistarli. Ma la BMPA non demorde e spinge perché i consumatori britannici preferiscano la carne nazionale rispetto a quella importata. È stata realizzata una campagna per l’acquisto di carne locale, con un sito web dedicato1 e con lo slogan “British meat: origin matter”, incentrato sugli standard elevati di produzione, sulla sostenibilità del sistema di allevamento e sulla sicurezza dell’autoapprovvigionamento inscindibilmente legata alla presenza di una base produttiva solida ed efficiente. Nel frattempo, alcuni esportatori si stanno adoperando per trovare valide alternative al commercio verso l’UE: ad esempio, nel continente asiatico vi è stata una presenza di operatori britannici al China International Meat Industry Exhibition (CMIE 2020) e al SIAL China in settembre. Ad entrambi gli eventi ha partecipato con uno stand anche l’Agriculture and Horticulture Development Board (AHDB) in funzione di promozione. Le prospettive sono di incrementare le esportazioni di carni suine e bovine; per le prime la Cina rappresenta già uno sbocco commerciale di tutto rilievo. Roberto Villa Nota 1. sustainablebritishmeat.org
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Manovra e fondi UE di Cosimo Sorrentino
È
tempo di concentrarsi su due prossimi e fondamentali appuntamenti che il nostro Paese ha di fronte: il primo concerne la preparazione, da parte del Governo, della legge di bilancio, che viene preceduta dalla Nota di aggiornamento al DEF (documento di economia e finanza); il secondo riguarda la presentazione alla Commissione dell’Unione Europea dei progetti necessari per ottenere, nei prossimi anni, a decorrere dal 2021, le risorse nel quadro del Next Generation EU. Le due citate questioni sono da ritenersi collegate tra loro poiché le indicazioni e la realizzazione delle proposte, inserite nella manovra di bilancio, sono certamente influenzate dall’esito delle trattative che devono essere esperite in sede europea. Se si considera preminente riferirsi, tra i diversi aggregati, alla
misura relativa alla crescita, e cioè il PIL, si ricava, secondo il nostro Governo, che esso si dovrebbe attestare quest’anno a –9% (con un deficit intorno al 12,5%), mentre l’OCSE prevede una contrazione del –10,5%, il FMI del 12,8% e l’Unione Europea indica, invece, l’11,2%; ciò stante appare chiaro che, se scelto detto parametro, deriva che l’economia non potrebbe rimbalzare nel prossimo anno in misura maggiore del 5,5% previsto dall’Italia, ma di una quantità certamente inferiore, ciò che potrebbe dar luogo ad inconvenienti sia per quanto riguarda l’azione di risanamento del nostro Paese sia per le linee esecutive degli aiuti comunitari. Si deve anche considerare che, se si dovesse avere una maggiore contrazione del PIL, ne risentirebbe anche il peso del deficit, condizionando così in negativo la preparazione di una legge
di bilancio senza deficit; eventualità che potrebbe determinare scarsa credibilità nei confronti del nostro Paese da parte dei nostri partners europei, alcuni dei quali sono sempre esitanti nella concessione di fondi nei nostri confronti, considerati sempre propensi a “finanza allegra”. Per una maggiore chiarezza della situazione è bene ricordare che i numeri sul PIL, resi noti dall’ISTAT, confermano la necessità di accelerare il passaggio dalla fase degli interventi di emergenza a quella della spinta alla crescita e quindi degli investimenti pubblici e privati e, su altro versante, della riforma fiscale. Per quanto riguarda in particolare la posizione delineata dall’OCSE, già innanzi citata, relativamente alla crescita per quest’anno, è bene rilevare che, a giugno scorso, la stessa OCSE era stata molto più pessimista, poiché aveva stimato una caduta del
Entro gennaio il Governo dovrà presentare a Bruxelles il Recovery Plan nazionale con un dettagliato cronoprogramma di investimenti, programmi e riforme da realizzare per ottenere la prima tranche da 20 miliardi del Recovery Fund. L’opera di scrematura delle proposte è assolutamente prioritaria.
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Eurocarni, 11/20
PIL italiano dell’11,3% e del 14% in caso di secondo tempo. Ora, secondo le prospettive diffuse a fine settembre, sempre secondo l’ente con sede a Parigi, il PIL dell’Eurozona dovrebbe diminuire del 7,9% quest’anno per poi rimbalzare, nel prossimo, del +5,1%; inoltre, il PIL mondiale dovrebbe diminuire del 4,5% quest’anno ed aumentare del 5% nel 2021; la Germania andrà incontro invece ad un calo del 5,4% mentre la Francia vedrà la caduta del 9,5%. Alla luce di dette considerazioni, che anche se formulate sul piano statistico e previsionale dai citati organismi nazionali e internazionali, riteniamo che occorra massima prudenza nello stendere i provvedimenti di fine anno, anche perché i fondi dell’UE sono ancora da regolamentare in sede europea e saranno erogati non prima della primavera del prossimo anno. Sorge preoccupazione sul piano della finanza pubblica, che è già in affanno, per una spesa di emergen-
za in deficit senza precedenti e su cosa potrebbe accadere al nostro debito pubblico gravato di tanti interessi, se approvata la manovra, si verificasse un certo scostamento tra le stime e la realtà, ed infine si determinasse l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati in progetti che debbono essere approvati dell’UE. Probabilmente potrebbero sorgere difficoltà sul piano della distribuzione dei fondi e la situazione economica finanziaria potrebbe complicarsi non poco, tenendo tra l’altro conto che potrebbe essere ridotto o addirittura bloccato, nel prossimo futuro, anche l’acquisto dei titoli di Stato dei Paesi europei, da parte della Banca Centrale Europea. Riteniamo perciò necessario operare scelte di prospettiva semplici ed operative, ma svincolate da esigenze parziali, e porre le basi, già nella manovra economica, di un fattivo percorso, teso ad individuare progetti idonei, al fine di imprimere un sostanzioso scatto
per un sostenibile rilancio dell’economia italiana, ricordando che gli stessi progetti verranno valutati con molto rigore, anche perché si tratta di finanziamenti forniti dai cittadini europei, inclusi quelli del nostro Paese. Purtroppo da qualche tempo si sente insistentemente parlare di “assalto alla diligenza delle risorse” in arrivo dall’Europa. Centinaia di progetti si contendono l’accesso ai predetti fondi europei: digitalizzazione, innovazione, transizione ecologica, rivoluzione verde, infrastrutture, istruzione, formazione, equità, inclusione sociale. Secondo noi si tratta solo di formulazioni vuote e fumose, mentre il problema non è quello di spendere in cose ritenute utili da chicchessia ma è quello di far sì che ogni euro speso possa creare nuovo PIL. Solo così infatti potremo rimborsare domani i prestiti — che di prestiti di tratta —, che ci vengono erogati oggi. Cosimo Sorrentino
LA CARNE IN RETE
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1. Fabrizio Mazzantini, carne e altre passioni 2. Pascol, dal pascolo al piatto FABRIZIO MAZZANTINI proviene da una famiglia di macellai, allevatori e norcini. Prima maître specializzato in cucina di sala, poi chef, ha frequentato l’Istituto alberghiero di Montecatini Terme e si è formato nella ristorazione europea al fianco del suo professore e maestro GIAMPIERO CHIAPPINI. Alla sua passione per il mondo della carne, si affianca anche quella per l’aceto, le conserve e le sue mitiche giardiniere. Noi lo seguiamo su instagram. com/fabrizio_mazzantini (photo © instagram.com/ fabrizio_mazzantini).
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Pascol è una startup fondata nel 2019 da FEDERICO ROMERI e NICOLÒ LENOCI (in foto), allora laureandi in Management per l’impresa alla Cattolica di Milano. L’obiettivo? Promuovere la vendita on-line di carne sana, genuina e allevata in modo sostenibile nel rispetto del territorio e del benessere dell’animale tramite l’allevamento semiestensivo. Pascol controlla ogni fase, dalla selezione degli allevatori all’acquisto dei capi di bestiame, dalla lavorazione della carne alla loro macellazione effettuata nel rispetto di tutte le norme, con la vendita attraverso pascol.it e la spedizione in box ecologici. Bravissimi (photo © ilgiorno.it).
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3. Le ragazze dei sausages newyorchesi CARA NICOLETTI è macellaia di quarta generazione mentre ERIN PATINKIN e ARIEL HAUPTMAN lavorano da sempre nell’industria del food. Dalla loro partnership è nato il progetto imprenditoriale Seemore Meats & Veggies (eatseemore.com), che è produzione e vendita on-line di salsicce realizzate con carni super selezionate e verdure. Un’idea che fa dell’equilibrio tra carne e verdure, del benessere animale e della sostenibilità i loro punti di forza. Da seguire anche su instagram.com/eatseemore (photo © eatseemore.com).
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4. Carne a Dubai Conoscete Butcher Shop & Grill Arabia? È una steakhouse e butchery a Dubai. Solo carne super selezionata, soprattutto dall’Australia e dal Sud Africa, fuochi a vista, locale di tendenza e cura maniacale dei dettagli. Noi li seguiamo su instagram.com/butchershopar (photo © instagram.com/butchershopar).
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“Il futuro è guardare oltre”: Inalca protagonista a Milano della mostra fotografica sull’impegno ambientale e sociale dell’industria di marca Si è svolta nel mese di ottobre nella centralissima via Mercanti, a pochi passi da piazza Duomo a Milano, la mostra fotografica open air “Il Futuro è guardare oltre – Industria di Marca e Sostenibilità”. L’esposizione, promossa da Centromarca, patrocinata dal Comune di Milano, inserita nel calendario di manifestazioni del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2020, organizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), ha documentato l’ampio e articolato impegno della moderna Industria di Marca in campo ambientale e sociale. La mostra ha toccato tematiche ambientali di particolare rilevanza, strettamente collegate all’obiettivo di limitare l’impatto dell’attività d’impresa sul pianeta: dall’uso consapevole delle risorse naturali alla riduzione delle emissioni; dallo smaltimento dei rifiuti alla riprogettazione dei processi produttivi. Immagini, corredate da didascalie esplicative in italiano ed inglese, che richiamano l’attenzione ed evocano riflessioni su aspetti poco conosciuti o non immediatamente percepibili dell’attività d’impresa. Inalca, società leader in Italia nella produzione di carni bovine, ha aderito all’iniziativa con l’obiettivo di illustrare come la filiera integrata del bovino possa rappresentare un modello virtuoso di economia circolare. L’azienda, grazie ad una struttura industriale all’avanguardia, da oltre 20 anni ha sviluppato all’interno della propria attività agricola e industriale un piano strategico volto al contrasto del cambiamento climatico, che ha portato alla realizzazione di 5 impianti di produzione biogas, 8 cogeneratori industriali alimentati a biomasse e metano e 6 impianti fotovoltaici. Oggi il 100% dell’energia utilizzata dall’azienda è autoprodotta. Un ulteriore passo in avanti verrà sostenuto da accordi di partnership con grandi aziende del settore energetico per l’adozione delle migliori tecnologie nel campo delle energie pulite e da un ulteriore potenziamento della rete di impianti del Gruppo alimentati a fonti rinnovabili. Un progetto che permetterà ad Inalca di raggiungere entro il 2022 oltre il 50% del proprio fabbisogno energetico ottenuto da energia rinnovabile. Si tratta di un piano che si basa sulla produzione di biometano liquido per autotrazione ottenuto da scarti agro-industriali provenienti dai propri cicli produttivi: biomasse di recupero provenienti da attività agricole ed industriali del Gruppo verranno trasformate in biometano e fertilizzanti organici. Il carburante ottenuto verrà impiegato dalle stesse flotte aziendali di distribuzione dei prodotti e i fertilizzanti verranno reimpiegati in agricoltura, ottenendo così una piena circolarità della filiera. Una scelta che contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi di emissione fissati dalla direttiva europea 2018/2001/UE, tra cui quello di ottenere almeno il 14% di carburanti per trasporto da fonti rinnovabili (fonte: Gruppo Cremonini, www.cremonini.com). Una versione on-line dell’esposizione è visibile fino al 31 dicembre sul sito: centromarca.it
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#Alleviamorispetto: al via su carnisostenibili.it la campagna video che racconta l’allevamento italiano di oggi Più piccoli di quanto si pensi, molto più sostenibili di quanto si sappia, spesso gestiti da giovani allevatori portatori di una cultura attenta all’ambiente e al benessere animale e di competenze mai viste prima nel settore zootecnico italiano. È questo l’identikit degli allevamenti del nostro paese. Un settore vitale dal punto di vista economico, la cui evoluzione non sempre trova spazio nella narrazione mediatica. Per questo Carni Sostenibili, l’associazione no profit che promuove il consumo consapevole e la produzione sostenibile di carni e salumi, ha lanciato la campagna video #Alleviamorispetto. E per rispetto si intende quello dovuto agli animali — ricordiamo che l’Italia è il paese con standard di sicurezza e benessere animale tra i più alti al mondo — e quello dovuto agli allevatori che compiono una scelta d’impegno rendendo disponibile a tutti cibo dall’alto valore qualitativo e nutrizionale. Ogni settimana fino a dicembre su carnisostenibili.it un video racconterà la storia di un allevatore italiano, la vita quotidiana di uomini e donne che con consapevolezza, orgoglio e lavoro quotidiano portano avanti la propria attività, migliorando le proprie competenze ed affinando le riflessioni che tutti, oggi, siamo portati a fare. C’è chi ha proseguito una tradizione familiare e chi invece ha cominciato da zero, storie diverse, settori differenti, che però sono accomunati dal desiderio di affermare con forza quanto sia importante e necessario il loro lavoro. • Qui il primo video #Alleviamorispetto: www.youtube.com/watch?v=P2C_CpE4Mp8
Sei alla ricerca di una soluzione unica per i processati di carne fresca? Scegli NaturCEASE ™ Dry, una potente combinazione “Clean Label” di aceto tamponato ed estratti naturali di piante per la sicurezza alimentare. Inoltre, protegge i prodotti trasformati a base di carne contro il deterioramento ed aiuta a mantenerne il colore rosso ed il sapore fresco. Kemin Industries, Inc. e il suo gruppo di società 2020. Tutti i diritti riservati. Marchi di fabbrica ® ™ di Kemin Industries, Inc., U. S. A. Label friendly
Rinnovati i vertici dell’Organizzazione Internazionale OI Intercarneitalia L’assemblea dei soci dell’organizzazione interprofessionale OI Intercarneitalia, riconosciuta dal MIPAAF quale unica interprofessione del settore zootecnico, lo scorso 9 ottobre ha rinnovato i vertici, nominando nuovo presidente il dott. Alessandro De Rocco (OP Azove), in rappresentanza del Comitato Nazionale degli Allevatori. Riconfermato alla presidenza del Comitato Nazionale dei Trasformatori il dott. Serafino Cremonini, in rappresentanza di ASSOCARNI. Vicepresidente, il presidente dell’AOP Italia Zootecnica, Fabiano Barbisan, consiglieri Franco Martini (presidente Asprocarne Piemonte), Marco Fortuna (Amministratore OP Scaligera) e Domenico Romanini (presidente Bovinmarche). Riconfermato Vicepresidente dei trasformatori, Marco Favaro (Presidente Assitama), consigliere Antonio Fiorani (ASSOCARNI). L’assemblea, oltre a rinnovare i vertici, è entrata nel merito dei progetti da sviluppare ed ha impegnato tutti i soci ad ampliare la base associativa per ottenere anche la possibilità di deliberare Erga Omnes (regole obbligatorie per tutti gli allevatori, rappresentando oltre il 66% della produzione), sulla base delle disposizioni del Regolamento 1308/2013 e della Legge Nazionale n. 91/2015, per dare una svolta alla zootecnia bovina da carne. >> Link: www.intercarneitalia.it
Google e la FAO presentano Earth Map Earth Map (earthmap.org/login) è uno strumento innovativo e gratuito basato sul web che, in pochi clic, fornisce approfondimenti analitici oggettivi, efficienti, veloci e convenienti dai satelliti e dalla vasta raccolta di dati FAO relativi all’agricoltura. Inoltre, è progettato per rafforzare e integrare sinergicamente la piattaforma geospaziale unificata della FAO Hand in Hand Initiative, uno strumento più completo che consente ai membri, ai loro partner e ai donatori di cercare e attuare iniziative di sviluppo rurale altamente mirate con obiettivi diversi, dall’adattamento al cambiamento climatico e dalla mitigazione dei loro effetti alla resilienza socio-economica. Earth Map fornisce immagini satellitari multitemporali e quasi in tempo reale e set di dati geospaziali su cui si basa Google Earth Engine e li integra con funzionalità più analitiche su scala planetaria per consentire il rilevamento, la quantificazione e il monitoraggio dei cambiamenti e delle tendenze nella superficie terrestre. Per utilizzare queste funzioni, gli utenti non hanno bisogno di padroneggiare sofisticate tecniche di codifica, che attenuano i colli di bottiglia legati alle capacità tecniche dei paesi in via di sviluppo e, in definitiva, semplifica il contributo e l’accesso dei piccoli produttori alla conoscenza critica come il sostentamento dei loro mezzi di sussistenza (fonte: FAO, www.fao.org).
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AZIENDE
Pure Pork by Danish Crown Arriva sul mercato lo skin pack di carne suina antibiotic free dalla nascita, ovvero senza trattamento di antibiotici durante l’intero ciclo di vita dell’animale, con una sostenibilità certificata
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Suinetto della filiera Pure Pork, contrassegnato dall’auricolare di colore verde, nato e allevato senza impiego di antibiotici (photo © Danish Crown).
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i sono novità nell’offerta di prodotti di Danish Crown, il Gruppo danese leader internazionale nella produzione di carni. La Divisione Pork ha infatti lanciato nel mese di ottobre in Italia il “Progetto Pure Pork, Skin Pack, Antibiotic Free dalla nascita”, risultato finale di una filiera gestita e controllata in ogni singola fase da Danish Crown che pone al centro i temi della sostenibilità e del benessere animale. Oggi infatti la filiera Pure Pork rappresenta la massima espressione degli allevamenti del Gruppo danese di allevatori e trasformatori di carne suina. «Il viaggio verso un futuro più sostenibile per carne e cibo è lungo e pieno di sfide e i macelli e gli impianti di produzione ad emissioni zero sono parte della nostra strategia e un passo necessario» ha più volte sottolineato il CEO del Gruppo JAIS VALEUR. «Mentre ci proponiamo di diventare il produttore di carne più sostenibile nel mondo, anche i nostri 7.000 allevatori svolgono un ruolo chiave e per questo fine abbiamo introdotto una certificazione di sostenibilità». «La linea Pure Pork segue proprio questa visione e strategia, che pone l’accento sugli allevamenti rappresentati da aziende agricole a conduzione familiare, di dimensioni quindi ridotte e gestite da allevatori esperti che hanno maturato una professionalità spesso tramandata di generazione in generazione, a garanzia della cura e dell’attenzione verso gli animali e il loro benessere», ci spiega VIKTOR BEKESI, sales manager di Danish Crown Chiasso e referente per il mercato italiano delle linee di skin pack Pure Pork. Già alla nascita i suinetti sono contrasse-
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...una storia Italiana
Hamburger di scottona
Salsiccia di vitello
Salsiicciia Salsiccia di scottona
La linea GUSTAmi® è realizzata solo con carni pregiate di altissima qualità, provenienti da ALLEVAMENTI ITALIANI qualificati, dove gli animali vengono nutriti in modo sano e naturale e accuditi nel pieno rispetto del BENESSERE ANIMALE certificato CReNBA. GUSTAmi® è un marchio di LANZA S.r.l. Viale Europa, 9 - 37024 Negrar di Valpolicella (VR) - Italy Tel. +39 045 750 00 46 - info@lanzasrl.com
In alto: la linea Pure Pork lavora carne suina proveniente da animali cresciuti in allevamenti a conduzione famigliare, come quello in foto (photo © Danish Crown).
In alto: Viktor Bekesi. A destra: le tre linee di skin pack Pure Pork — lonza di suino a fette, coppa di suino a fette e filetto di suino a fette — sono disponibili nel retail italiano da ottobre 2020 e hanno una scadenza di 21 giorni nella confezione salva freschezza. Tutte e tre le confezioni hanno un peso fisso di 250 grammi e porzioni pensate per tutte le esigenze di consumo (photo © Danish Crown).
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gnati dall’auricolare di colore verde che li identificherà lungo la filiera Pure Pork nel percorso di crescita che bandisce alcun uso di antibiotici. Per questa linea la Divisione Pork di Danish Crown è presente sul mercato italiano con 3 skin pack realizzati per il canale retail: lonza a fette, coppa a fette e filetto a fetta. • Lonza a fette – Si tratta di una lonza di suino antibiotic free a fette. 100% carne di suino al
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naturale, senza aggiunta di aromi e conservanti. Il pack contiene fette dal peso totale di 250 grammi. La scadenza è di 21 giorni dalla produzione (Codice articolo 39913948); • Coppa a fette – Coppa di suino antibiotic free a fette; 100% carne di suino al naturale, senza aggiunta di aromi e conservanti. Il pack contiene fette dal peso totale di 250 grammi. La scadenza è di 21 giorni dalla produzione (Codice articolo 39913946); • Filetto di suino a fette – Questo filetto di suino antibiotic free a fette, 100% carne di suino al naturale, è senza aggiunta di aromi e conservanti. Il pack contiene fette dal peso totale di 250 grammi. La scadenza è di 21 giorni dalla produzione (Codice articolo 39913944). La linea Pure Pork di Danish Crown si inserisce nella sfida globale dei grandi produttori di carne nel creare un futuro più sostenibile per il cibo. Ciò non significa che Danish Crown produrrà meno carne, anche
alla luce del fatto che la popolazione mondiale sta crescendo. Nel 2050, secondo stime dell’ONU, ci saranno infatti circa 10 miliardi di persone da sfamare. “È nostro compito offrire alle persone un’alternativa più sostenibile, in modo che esse possano consumare carne in modo più responsabile e cosciente” sostengono in Danish Crown. “Per avere successo tutti gli anelli della catena devono contribuire a fare le cose in modo nuovo: i consumatori, le catene di vendita, produttori e agricoltori. La filiera antibiotic free dalla nascita è una delle molteplici espressioni del nostro impegno”.
Danish Crown Chiasso Piazza Indipendenza 3 6830 Chiasso (Svizzera) Telefono: +41 91 6823410 Web: danishcrown.com www.danishcrown.com/en/ customer/pure-pork-italy
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Cattel Spa: riorganizzazione post lockdown e nuove strategie con la tecnologia IQF per il congelamento della carne Dall’ottimizzazione di nuove procedure all’ampliamento della gamma prodotti fino al rafforzamento della rete vendita: Cattel Spa ha risposto così all’emergenza causata dalla pandemia, flagello che ha messo a dura prova il suo settore di riferimento. Leader del Nord-Est d’Italia nella distribuzione di prodotti alimentari nel canale HO.RE.CA., l’azienda veneta ha fatto seguire all’incertezza dei primi giorni di lockdown una fase di analisi e decisa riorganizzazione. Il management, che mai ha interrotto l’attività lavorativa, ha prontamente rimesso in attività il personale del quartier generale di Noventa di Piave (VE) per prepararsi alla riapertura con sostanziali novità strategiche. Prima fra tutte, il rafforzamento della gamma di prodotti con private label Scottona Braslavia e Valdora e, per le stesse private label, l’adozione della tecnologia IQF per il congelamento della carne. Nuovo livello di eccellenza qualitativa, quindi, sia grazie al controllo totale della filiera dei prodotti a marchio Scottona Braslavia e Valdora, sia per l’evoluzione tecnologica del protocollo IQF–Individually Quick Frozen, che, grazie all’innovativa tecnica di surgelamento e al flowpack individuale della carne, consente ora al cliente di evitare sprechi in cucina scongelando solo il necessario e di servire un prodotto che si presta ad una cottura perfetta e uniforme. Oltre ad affinare la gestione del prodotto conservato con tecnologia IQF, producendo cataloghi e packaging coerenti ed eco-resistenti, durante lo stop per lockdown l’azienda si è occupata di redistribuire la rete vendita e di potenziarla nelle zone non completamente coperte. Nei mesi scorsi sono così entrati in organico una decina di agenti che, uniti a quelli già in forze, porta a 100 il numero dei referenti Cattel dedicati alla distribuzione nel Nord Italia. Scelte coraggiose, lungimiranti, che hanno voluto dare fiducia al futuro ottenendo in cambio una risposta chiara: dal –80% sul fatturato registrato ad aprile 2020 rispetto ad aprile 2019, il gap negativo si è via via assottigliato fino a quasi azzerarsi nel mese di agosto. La previsione vuole vedere Cattel affacciarsi al nuovo anno con perdite minime per arrivare ad azzerare completamente le perdite su base mese a Pasqua 2021. La sfida è iniziata! >> Link: www.cattel.it
Con un vastissimo assortimento di prodotti diversificato e in costante aggiornamento, Cattel Spa di Noventa di Piave (VE) si propone come fornitore unico e completo: assicura grande qualità nella selezione proposta e un servizio accurato, tempestivo e puntuale. All’interno del catalogo sono presenti prodotti di fresco, gelo, grocery, no-food & beverage, con un focus di attenzione particolare su carne e pesce.
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La nostra qualità nasce dalla passione dei nostri allevatori.
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Grazie allo stretto contatto quotidiano con ogni animale, gli allevatori francesi sono i primi attori del benessere degli animali, dalla nascita alla macellazione.
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è il numero medio di vacche per azienda in Francia.
dell’alimentazione dei bovini francesi viene prodotta nella fattoria.
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Trasporti sicuri e affidabili a livello nazionale, europeo e UK
Rapid Trasporti, dalla provincia di Messina il giusto partner per il trasporto del fresco di Gaia Borghi
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TRASPORTI SRL è una società a carattere familiare nata nel 2011 e specializzata nel trasporto di alimenti e merce deperibile, carni fresche soprattutto. TIZIANA BONARRIGO, socio maggioritario e amministratore unico, ha fondato l’azienda insieme al marito TINO TRINGALI, la cui famiglia è attiva nel settore degli autotrasporti da circa quarant’anni. «Ha iniziato mio suocero a lavorare in questo settore, poi lo hanno affiancato i APID
figli Tino e Leonardo che adesso lavorano con me nella gestione aziendale» mi racconta Tiziana, una laurea in giurisprudenza e tanta passione per l’attività che ha scelto di intraprendere allontanandosi sì dal proprio percorso di studi ma che la coinvolge e la gratifica nel quotidiano e trova conferma nella crescita dell’azienda. «Rapid Trasporti è una società di trasporti nazionali e internazionali con sede a Nizza di Sicilia, in
provincia di Messina, quindi in posizione logisticamente favorevole per raggiungere le diverse destinazioni in Italia e all’estero. I nostri mezzi viaggiano in tutta Europa, Olanda e Germania soprattutto e saltuariamente anche in UK. Siamo specializzati nel trasporto degli alimenti freschi, beni deperibili, carni soprattutto ma anche ortaggi e naturalmente agrumi, limoni e arance per cui la nostra regione è storicamente nota
La Rapid Trasporti è specializzata nel trasporto degli alimenti, carni fresche soprattutto (photo © Lorenzo Brasco). 58
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a livello mondiale per la bontà del prodotto». L’oro di Sicilia: si pensi soltanto che il limone fu coltivato sull’isola prima che nel resto d’Europa a partire dal X secolo, anche se oggi, complice il cambiamento climatico e la richiesta in grande aumento da parte dei consumatori, la provincia di Messina si è scoperta decisamente più “tropicale”, avviando le prime fortunate coltivazioni di avocado e mango made in Sicily. «Nei mesi che vanno da marzo a giugno trasportiamo piante e fiori verso Germania e Olanda per il cliente Ostroplant, una società leader nel settore» puntualizza Tiziana. «Abbiamo iniziato questa attività con tre soli mezzi mentre ora ne abbiamo 25, tutti dotati di unità frigorifera. Nel 2016 abbiamo effettuato un aumento di capitale e ad oggi i dipendenti sono in tutto 45, me compresa. Dipendenti che, mi preme sottolineare, sono costantemente e adeguatamente formati per quanto concerne il trattamento delicato del-
le merci e gli specifici protocolli relativi alla sicurezza, alla prevenzione del rischio e al necessario controllo» puntualizza Tiziana Tringali. La Rapid Trasporti è in regola per quanto concerne i principi dell’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point) ed è dotata di tutte le certificazioni richieste in tema di sicurezza. Il personale sanitario effettua regolarmente i tamponi sui mezzi per verificare che questi siano conformi al trasporto dei prodotti, così come viene controllata di continuo la temperatura delle unità frigo. «Il nostro maggior cliente è rappresentato da Vion Food Group, Gruppo leader nella produzione di carne e prodotti carnei con stabilimenti produttivi ubicati nei Paesi Bassi e in Germania» prosegue Tiziana. Venendo all’attualità, in questi ultimi mesi la pandemia da Coronavirus, in maniera totalmente inaspettata, ha completamente stravolto il nostro modo di vivere, distrutto cer-
tezze e inciso profondamente, oltre che dal punto di vista sanitario, anche sull’economia del Paese. Voi come avete vissuto questo periodo a livello professionale? «In questo periodo fortunatamente noi abbiamo continuato a lavorare, e per questo dobbiamo essere grati anche e soprattutto allo spirito di collaborazione di tutti i nostri dipendenti e alla fiducia della nostra clientela, che ci apprezza per l’affidabilità che da sempre possiamo garantire». Due elementi che, in un momento storico in cui non è possibile dare niente per scontato, rappresentano certamente una bella iniezione di fiducia per il futuro. Gaia Borghi Rapid Trasporti Sede operativa: Strada Provinciale 27 snc 98026 Nizza di Sicilia (ME) Telefono: 0942 717935 Fax: 0942 717868 E-mail: rapidtrasportisrl@legalmail.it amministrazione@rapidtrasporti.com
Sede operativa: Strada Provinciale 27 snc – 98026 Nizza di Sicilia (ME)
COMUNICARE LA CARNE
Ceci n’est pas un steak Le organizzazioni europee che rappresentano le filiere di carni e salumi lanciano un’originale campagna di comunicazione contro il “fake meat” con cui insorgono contro l’utilizzo nei prodotti iperprocessati a base vegetale delle definizioni che richiamano la carne. Definizioni che rischiano di essere riconosciute giuridicamente. Il parere di Carnisostenibili.it
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rendi ad esempio la salsiccia: insicia, come la chiamavano i latini, incrocio di insicium, insicia, “carne tritata”, con salsicius, “salato”. Evidente nel suo nome la coesistenza dei due ingredienti sale
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e carne. Il primo, impareggiabile nella conservazione dei cibi, talmente prezioso nei secoli passati da essere usato come una moneta, una merce di scambio. Il secondo, l’alimento nobile per eccellenza.
Oggi quando dici salsiccia sai di cosa parli, cosa stai per mettere nel piatto. Stessa cosa per hamburger, che pur avendo meno storia alle spalle, si dichiara per quello che è: carne tritata. E altri esempi si potrebbero fare, tutti con protagonista la carne. Ma ora per tutti c’è meno certezza e il rischio di fare confusione aumenta. Accade quando si parla di salsiccia vegana, di hamburger vegano, di carne “vegetale” e via elencando. Contraddizioni in termini che però fanno gola al marketing, che senza sforzo alcuno si richiama alla carne per evocare sapori, aromi e nutrienti che non appartengono alle preparazioni vegetali, che al massimo possono tentare un’imitazione, mai del tutto riuscita. Per non parlare degli apporti nutritivi, assai diversi per quanto ci si sforzi di mettere insieme proteine, vitamine, sali minerali e molto altro. Un insieme di materie prime ultraprocessate nel tentativo di sembrare ciò che non sono. Un po’ di fantasia in più nel cercare un nome a questi prodotti non guasterebbe, senza prendere in prestito definizioni che richiamano la carne. Nome che dovrebbe peraltro essere inviso a quanti hanno bandito dalle loro tavole i prodotti di origine animale. Invece al Parlamento di Bruxelles si torna a dare sostegno alle denominazioni dei prodotti a base vegetale che evocano la carne. L’europarlamentare ÉRIC ANDRIEU, vorrebbe affidare alla Commissione
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“Ceci n’est pas un steak” è la campagna delle organizzazioni europee che rappresentano le filiere delle carni e dei salumi contro l’uso “distorto” delle denominazioni della carne per indicare prodotti vegani. I manifesti riprendono il famoso dipinto del pittore surrealista belga René Magritte “Ceci n’est pas une pipe” con cui l’artista comunicava il “tradimento delle immagini” rispetto alla realtà.
europea il compito di fissare i confini sull’uso delle definizioni dei prodotti a base vegetale. Proponendo che siano liberamente usati nomi come bistecca o hamburger, che secondo l’europarlamentare francese non possono essere riservati solo alla carne. Poi nessun vincolo di denominazione per prodotti come la bistecca di soia o di mais, le salsicce vegetali, o gli hamburger vegani. Unica condizione, l’indicazione dell’assenza di carne. Che suona in questi casi come un plus, piuttosto che una limitazione. Posizione criticabile sotto il profilo nutrizionale e temibile per le possibili conseguenze economiche e sociali. Si rischia di confondere i consumatori, di indirizzarne le scelte, di condizionarne gli acquisti. Con in più il rischio che storie millenarie come quella della salsiccia vadano perse. Gli allevatori e tutto il mondo della carne non ci stanno e vogliono evitare questo rischio. Ed ecco partire la campagna “Ceci n’est pas un steak”, indovinato slogan che si potrebbe tradurre con “Questa non è una bistecca”, lanciata da un gruppo di organizzazioni europee che rappresentano il mondo zootecnico. Fra queste COPA-COGECA (in rappresentanza degli agricoltori europei), CLITRAVI (in rappresentanza dei produttori di salumi europei), EFFAB (allevamento e riproduzione animale), AVEC (avicoltori europei), IBC (carni fresche e trasformate) e UECBV (commer-
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cianti europei di animali e carni). Con questa iniziativa, ha ricordato JEAN-PIERRE FLEURY, presidente del gruppo carni bovine in seno al COPACOGECA, non si intende contrastare lo sviluppo di nuovi alimenti, ma solo rispettare il lavoro di milioni di allevatori europei. «Non ho paura — ha affermato Fleury — di dire che questo è un caso evidente di dirottamento culturale. Si promuove l’idea che la sostituzione di un prodotto con un altro non abbia conseguenze sull’apporto nutrizionale». Il manifesto della campagna di informazione lanciata dalle organizzazioni europee ricorda che gli agricoltori sono impegnati nella produzione di proteine vegetali e animali e non intendono porsi in contrapposizione con scelte nutrizionali che escludono la carne. Ma si chiede a gran voce che sia risolto il paradosso che vede promuovere prodotti vegani facendo riferimento alla carne. Se un prodotto
gode delle preferenze del mercato e soddisfa le attese dei consumatori non ha bisogno di presentarsi come una banale imitazione. E non sfugge che proprio la carne sia al centro di false informazioni tese a colpevolizzarne il consumo. Intuibile come alle spalle di tutto ciò possa raffigurarsi un abile lavoro di lobbying, motivato dai forti interessi in campo. Ora si attende la decisione del Parlamento europeo, chiamato a esprimersi sulla proposta di Éric Andrieu. In vista di quel momento, si moltiplicheranno le iniziative che sotto lo slogan francese “Ceci n’est pas un steak” punteranno a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle denominazioni della carne. Con l’obiettivo di arrivare a chiamare carne ciò che è carne, per evitare il rischio di acquistare in futuro un hamburger che tale non è. Solo correttezza. N’est ce pas? Angelo Gamberini Carni Sostenibili www.carnisostenibili.it
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ASS.I.CA., ASSOCARNI e UNAItalia prendono posizione sul tema meat sounding: lo scorso 13 ottobre hanno scritto agli eurodeputati in merito alla richiesta di supporto dell’emendamento 165 da inserire nel Reg. UE 1308/2013 recante “organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli” (la cosiddetta OCM unica) volto ad impedire a prodotti per vegetariani/vegani di poter utilizzare, approfittandone della notorietà, denominazioni che richiamano la carne o i prodotti a base di carne Lo scorso 13 ottobre le associazioni ASS.I.CA., ASSOCARNI e UNAItalia hanno scritto agli eurodeputati in merito alla richiesta di supporto dell’emendamento 165 da inserire nel Reg. UE 1308/2013 recante “organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli” (la cosiddetta OCM unica) volto ad impedire a prodotti per vegetariani/vegani di poter utilizzare, approfittandone della notorietà, denominazioni che richiamano la carne o i prodotti a base di carne. Riportiamo di seguito il testo completo. “Le scriventi Associazioni guardano con crescente preoccupazione le discussioni in atto sulla proposta di modifica del Reg. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli. Come avrà potuto constatare, la proliferazione di prodotti a base di vegetali che utilizzano nomi di prodotti a base di carne solleva interrogativi fondamentali sulle informazioni fornite ai consumatori, sul nostro patrimonio culturale e sul potere del marketing moderno, che mescola valori e grandi interessi commerciali senza farsi troppi problemi. Data la presenza sempre maggiore delle multinazionali sul mercato vegano in questi ultimi anni, si è assistito a una spinta per utilizzare nomi come “bistecca”, “hamburger”, “salsiccia”, “prosciutto” o altre imitazioni di prodotti a base di carne, in realtà di origine vegetale. La commercializzazione di questi finti prodotti a base di carne può chiaramente indurre i consumatori europei a pensare erroneamente che queste imitazioni siano sostituti “uguali” agli originali. In effetti, la questione non è il consumo o il non consumo di carne, ma semplicemente l’importanza di dire le cose come stanno e di non sfruttare ad arte la notorietà ed il successo di altri. Va da sé che prodotti completamente diversi debbano avere nomi completamente diversi. Se da un lato le “salsicce vegane” e gli “hamburger vegetariani” possono garantire un importante apporto proteico, dall’altro questi non hanno affatto lo stesso valore nutrizionale rispetto alle loro controparti di carne, e semplicemente non contengono carne. Anche se i consumatori sanno che non c’è carne in un “hamburger vegano”, sono indotti a credere che si tratti di un esatto equivalente nutrizionale. Le denominazioni dei prodotti a base di carne sono profondamente radicate nel nostro patrimonio culturale. Pancetta, prosciutto, carpaccio, bistecca, filetto, costolette e salame sono tutte denominazioni tradizionali che nel tempo sono state plasmate dal duro lavoro di allevatori e macellai, con grandi differenze tra le regioni, rendendole così uniche. Oggi non è necessario spiegare cosa siano questi prodotti o cosa ci si possa aspettare al momento dell’acquisto. Con il boom della commercializzazione di prodotti sostitutivi della carne, questo patrimonio comune è in gioco. L’industria delle imitazioni ha approfittato di una falla europea per dirottare queste potenti denominazioni comuni a suo favore. Per la filiera zootecnica non si tratta di una lotta, ma di un appello al giusto riconoscimento e al rispetto del lavoro di milioni di agricoltori e lavoratori del settore zootecnico europeo. Questi mantengono vive le nostre zone rurali e forniscono ai nostri cittadini prodotti di qualità, consumati in tutto il mondo come parte del patrimonio culinario europeo e di un’alimentazione equilibrata. Il quadro giuridico a tutela delle denominazioni del settore lattiero-caseario ha permesso di creare un certo dinamismo e ha portato fiducia nei rapporti con i consumatori. Per questo motivo vogliamo non solo che questi risultati siano salvaguardati, ma anche che lo stesso livello di protezione sia esteso a tutti gli altri prodotti della filiera zootecnica. Per queste ragioni, la filiera zootecnica italiana esorta gli eurodeputati a difendere l’emendamento 165 iniziale, come adottato nella relazione della COMAGRI sul regolamento OCM nell’aprile del 2019 e a non accettare alcun compromesso al riguardo. Non possiamo scendere a compromessi sul diritto dei consumatori di ricevere informazioni affidabili sulle caratteristiche e gli aspetti nutrizionali dei prodotti che acquistano”. (ASS.I.CA., ASSOCARNI e UNAItalia)
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QUALITAâ&#x20AC;&#x2122; Costante In Modo Prodotta SOSTENIBILE Dawn Meats, con la sua divisione Dunbia nel Regno Unito, eâ&#x20AC;&#x2122; una delle principali industrie in Europa di carne bovina ed ovina. DMS S.r.l, T: +39 0524 84414 E: dms@dawnmeats.com
www.dawnmeats.com
Macella e disossa 3 milioni di ovini e 1 milione di bovini allâ&#x20AC;&#x2122;anno Gli stabilimenti, situati in posizioni strategiche in Irlanda, Scozia, Inghilterra e Galles, permettono di rifornirsi al meglio di bovini ed ovini, riducendo gli spostamenti e aumentando il benessere animale Offre una gamma completa di carne bovina ed ovina in osso e in tagli anatomici, frattaglie e hamburger
Il nuovo progetto di Lorenzo Rizzieri dedicato alla condivisione dei saperi
Accademia Rizzieri
P
otrà sembrare forse ovvio ma oggi chi fa impresa, ad ogni livello e contesto, deve saper intercettare i trend e le esigenze nel proprio mercato, nel contesto dell’attività e della filiera in cui opera. Non basta saper produrre e vendere, garantire la qualità e ottimizzare i costi. Oggi serve una visione, un progetto, e collocarlo in un contesto tanto mutevole quanto imprevedibile. L’autunno scorso chi si sarebbe anche solo immaginato un anno come questo 2020? Nessuno! Eppure proprio quest’anno LORENZO RIZZIERI, imprenditore in quel di Focomorto, alle porte di
Ferrara — con una macelleria e salumeria storica che è punto di riferimento del territorio, autore di un libro che parla di filiere e presente nella comunicazione digitale con un blog e un canale Youtube — ha inaugurato il suo ristorante. «Casa Rizzieri (casarizzieri. it) è proprio di fianco alla nostra macelleria, in un percorso di ideale continuità sia concettuale che fisica» scrive Lorenzo sul suo sito. «Terra, ferro e fuoco sono elementi primari che definiscono l’identità stessa della nostra proposta, in cucina come in sala. Elementi antichi e tecnologie moderne, è la ricerca
Nel corso della progettazione di Casa Rizzieri, il ristorante nato accanto alla macelleria, Lorenzo pensava già ad un luogo multifunzionale che potesse accogliere anche eventi, corsi, occasioni di formazione e scambio, uno spazio di crescita non troppo ampio e dispersivo, un luogo ideale per la condivisione dei saperi e all’approfondimento dei temi centrati sulle carni e sul cibo in generale, pensato per professionisti ed appassionati.
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che ci porta a sperimentare nuove tecniche in grado di esaltare sapori e concetti. Abbiamo cercato di creare un ambiente caldo e familiare, curando anche nei dettagli finiture ed allestimenti. Un numero limitato e ben distanziato di tavoli per garantire un’atmosfera rilassata ai nostri ospiti». Nel corso della progettazione di Casa Rizzieri, Lorenzo pensava già ad un luogo multifunzionale che potesse accogliere anche eventi, corsi, occasioni di formazione e scambio, uno spazio di crescita non troppo ampio e dispersivo, un luogo ideale per la condivisione dei saperi e all’approfondimento dei temi centrati sulle carni e sul cibo in generale, pensato per professionisti ed appassionati. È nata da qui Accademia Rizzieri, che lo scorso 18 ottobre ha organizzato il primo corso dedicato alla frollatura delle carni. Rivolto a macellai, ristoratori e cultori delle carni, l’appuntamento formativo si è sviluppato nel corso dell’intera giornata e ha fatto luce su questo processo di maturazione delle carni, apparentemente semplice ma nella realtà assai complesso se lo si vuole eseguire correttamente, nella massima sicurezza. Il corso si è svolto con la presenza di Lorenzo, di Aldo Miraglia di Alitek (per la parte tecnica sulle celle di frollatura) e della dott.ssa Elisa Rizzieri, che ha sviluppato il tema legato ai processi chimici. Non resta che seguire Lorenzo sui vari canali social per restare aggiornati sui prossimi appuntamenti dell’Accademia. >> Link: macelleriarizzieri.it lorenzorizzieri.it accademia.rizzieri1969.it facebook.com/macelleria. rizzieri
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Compral, un logo e una sfida: lo sviluppo di un grande polo agroalimentare Una doppia C, l’una verde l’altra azzurra, che si legano mantenendo tuttavia la loro identità. Sotto, campeggia la scritta Gruppo Compral e in carattere più piccolo la specificazione: COOPERATIVE ALLEVATORI +CARNI +LATTE. È il logo che accompagna il debutto sulla scena economico-sociale della nuova realtà tenuta a battesimo lo scorso fine luglio, che mette le basi al consolidamento e sviluppo di un grande polo delle filiere agroalimentari. Un mondo che fattura 90 milioni, forte nel complesso di oltre 450 soci produttori pienamente inseriti nel sistema allevatoriale che fa capo all’ARAP, Associazione regionale allevatori del Piemonte, guidata da Roberto Chialva. Compral sta per “Commercializzazione prodotti allevamenti” ed è una società cooperativa agricola a mutualità prevalente il cui atto costitutivo risale al 24 dicembre 1981. Il Gruppo Compral, nel rispetto totale delle singole autonomie delle due cooperative, costituisce una piattaforma comune su cui si potrà convergere per iniziative congiunte e condivise. Un tassello importante per incoraggiare, sostenere e sviluppare quei progetti di sistema che partendo dalla base convergono e costruiscono un modo nuovo, moderno ed efficiente di crescita, indispensabile per affrontare le sfide del mercato sempre più competitivo e impegnativo. Fra le parti si è stipulato un “contratto di rete” finalizzato ad accrescere la competitività del Gruppo, dando la possibilità di accesso ad altri partecipanti che svolgono, o intendono svolgere, attività legate al programma comune. «Le imprese firmatarie si pongono una serie di obiettivi strategici, quali la ricerca, il miglioramento e l’innovazione nelle produzioni agricole alla produzione di latte bovino crudo e di carne bovina, con particolare attenzione alle tecniche agronomiche adottate, che siano compatibili con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale delle produzioni agricole. Ma negli intenti del Gruppo figurano anche progetti a carattere imprenditoriale, il potenziamento della catena logistica e degli approvvigionamenti, l’ottimizzazione dei servizi e lo sviluppo del capitale umano e delle risorse professionali» spiega il direttore Compral Bartolomeo Bovetti, regista dell’operazione assieme ai presidenti Chialva e Raffaele Tortalla (Compral Latte). «Tutto ciò per creare e stimolare una sempre maggiore sinergia fra gli attori della rete, in un contesto di mutualità che è alla radice della nostra storia». A guidare e valutare l’efficienza della rete è un Comitato di gestione, di cui fanno parte i vertici delle cooperative. «In questo cammino di crescita il dato più importante — sottolinea Roberto Chialva — è aver mantenuto la dimensione della grande famiglia in cui ogni socio è protagonista attivo e partecipe. La nostra forza è credere in quello che facciamo cercando di farlo al meglio delle nostre capacità». Osserva a sua volta Raffaele Tortalla: «L’esperienza finora maturata è incoraggiante e ci dice che il nostro modello innovativo ha prospettive di sviluppo che il contratto di rete non potrà che ampliare, coinvolgendo nuove forze e irrobustendo così il nostro ruolo sul mercato globale. Guardiamo avanti con fiducia, come sempre all’insegna delle tre C di Compral: Cuore, Coraggio, Condivisione». >> Link: www.compral.it
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MERCATI
Il mercato mondiale della carne bovina nell’era del Covid Secondo il rapporto Rabobank, nel terzo trimestre 2020 i prezzi sono in risalita dopo i rallentamenti nelle macellazioni della primavera. Anche la peste suina e l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea determineranno una scossa nelle forniture di Roberto Villa
L’
andamento dell’epidemia Covid-19 rappresenta tuttora il principale fattore che sta modellando in maniera marcata il mercato globale delle carni bovine. In Australia una seconda ondata di contagi ha causato il fermo di alcuni stabilimenti di macellazione, tuttavia senza contraccolpi sulle quantità macellate dato il numero
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ridotto di capi pronti del periodo; in Nuova Zelanda il rallentamento degli abbattimenti imposto in aprile e maggio è stato compensato da una maggiore attività nei mesi di giugno e luglio, tanto da ritornare sui livelli consueti; situazione simile a quanto verificatosi in Canada, dove l’arretrato è previsto sia stato recuperato entro la fine di settembre.
In Brasile la situazione dell’epidemia di Covid-19 è differenziata a seconda delle aree, con alcune soggette ad una seconda ondata mentre altre si trovano ancora nella prima fase: ciò ha influenzato a macchia di leopardo le macellazioni dei capi, il settore della ristorazione ha avuto alti e bassi in conseguenza delle restrizioni applicate.
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Negli Stati Uniti i livelli delle macellazioni sono ritornati al 97% del periodo pre-Covid, con il mercato nell’ambito del canale della ristorazione pure in recupero nel terzo trimestre 2020. In Europa si è verificata una ripresa dei consumi grazie alla graduale riapertura dei locali pubblici, sebbene parzialmente inficiata da restrizioni a livello locale durante l’estate. Eventuali ulteriori provvedimenti di lockdown, anche a livello di regioni entro gli Stati come tra fine settembre ed ottobre 2020, non faranno altro che continuare ad influenzare la circolazione delle carni. Il prezzo delle carni bovine nel terzo trimestre del 2020 è salito, grazie ad un incremento nei principali Paesi esportatori, ad eccezione degli Stati Uniti nei quali si è registrata una flessione. Peste suina africana e Brexit: altri due fattori di turbamento del mercato Oltre all’epidemia tutta umana del Covid-19, anche un altro virus, la Peste Suina Africana (PSA), sta cambiando gli equilibri delle carni bovine. Da agosto 2018 in Cina sono state abbattute diverse centinaia di milioni di suini e, nonostante le drastiche misure intraprese, l’epizoozia nel grande Paese e in quelli limitrofi non è ancora stata debellata. I recenti casi in Germania stanno facendo preoccupare anche gli altri paesi dell’Unione Europea ora indenni e fanno sorgere barriere e diffidenze. Gli analisti prevedono che nel 2020 la produzione di carne suina in Cina si assesterà tra un –15% ed un –20% rispetto ai livelli già estremamente negativi del consuntivo 2019 (che era sceso del 20% rispetto al 2018); valori in decremento del 10% a fine anno sono attesi anche per il Vietnam e le Filippine, colpiti allo stesso modo dalla peste africana. La ridotta disponibilità di carni suine si tradurrà, nonostante un contemporaneo calo nei consumi, in una maggiore richiesta di carni bovine; in Cina sono previste nuove opportunità per gli esportatori di carni bovine, con i consumi di
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Secondo gli analisti, la ridotta disponibilità di carni suine si tradurrà in una maggiore richiesta di carni bovine, in particolare dalla Cina (photo © Mehmet Cetin). carni suine caduti dai 40 kg pro capite del 2018 ai 32,6 kg nel 2019 e previsioni di prezzi ancora alti per tutto il 2021, fattori che anticipano una tendenza già in atto ovvero la sostituzione con carni bovine o di pollame. La sfida per i produttori di carni bovine è quindi quella di sfruttare questa finestra per introdurre un cambiamento stabile nelle occasioni di consumo dei Cinesi, prima che il ritorno dei prezzi delle carni suine su livelli più abbordabili li faccia ritornare sui modelli più tradizionali. Nei primi otto mesi del 2020 i prezzi delle carni bovine al dettaglio sono aumentati di più rispetto ai prezzi all’ingrosso, segno che la domanda da parte dei consumatori finali sta fortemente salendo: in precedenza il consumo di carne bovina in Cina era prevalentemente legato al consumo fuori casa, ora si sta facendo strada il consumo domestico, che promette di dispiegare un mercato molto vasto sinora latente. Paesi come gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda (che esporta il 40% delle carni bovine verso la Repubblica Popolare), l’Australia e il Brasile sono pronti ad affilare le armi per cogliere le opportunità del grande mercato asiatico. Gli Stati Uniti, tuttavia, prevedono un calo delle
esportazioni di carni bovine a fine 2020, con un –7,6% già registrato nel primo semestre e nei mesi di maggio e giugno si è verificato un tonfo del 33% rispetto agli stessi mesi del 2019. Il Giappone, primo mercato di destinazione, ha visto un leggero incremento (+5,6%) nel primo semestre rispetto all’analogo semestre dell’anno precedente, nonostante cali oltre il 20% anno su anno in maggio e giugno; la Corea del Sud, secondo mercato di destinazione, ha perso il 7,4% in volume con cali a doppia cifra nei mesi di aprile, maggio e giugno; il Messico ha avuto un tracollo nelle importazioni dagli USA (–37% nel primo semestre) tanto da farlo precipitare al quarto posto come destinatario. Infine, la Brexit è un ulteriore fattore di turbamento di questo vivace mercato: si prevede infatti che da gennaio 2021 il Regno Unito diventerà il quinto o il sesto mercato di importazione delle carni bovine, che potranno essere oggetto di competizione globale una volta sciolti i vincoli preferenziali con l’Unione Europea. Roberto Villa Nota A pagina 68, photo © Mercedes Fittipaldi – stock.adobe.com
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Il mercato italiano premia il Welsh Lamb Igp GDO, ristorazione e macellerie hanno incrementato le vendite, offrendo ai consumatori una carne sostenibile, per definizione, dato che il Galles è, dati alla mano, uno dei luoghi piÚ sostenibili al mondo per la produzione di red meat di Elena Benedetti
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Il Galles conta 3 milioni di abitanti e 11 milioni di ovini: non stupisce quindi che questa terra sia conosciuta in tutto il mondo per la sua carne di agnello.
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o scorso fine settembre l’ente responsabile per lo sviluppo e la promozione delle carni del Galles, l’HCC, ha organizzato una conferenza stampa on-line per fare il punto sul Welsh Lamb in Italia. JEFF MARTIN, responsabile HCC Italia, insieme a DEANNA JONES, export market development executive HCC, hanno aggiornato la stampa agroalimentare sugli sviluppi dell’export di Agnello gallese IGP nel mercato italiano. I numeri sono molto positivi, con punte di +200% di vendite rispetto al 2019 registrate nel mese di luglio nella GDO italiana.
«La maggior parte del nostro Agnello gallese IGP viene venduto nella Grande Distribuzione, si trova nei banchi di carne fresca, riconoscibile dal logo che testimonia l’origine garantita del prodotto» ha ricordato ai giornalisti Jeff Martin. «Ma anche la ristorazione si è dimostrata sempre molto interessata ai nostri prodotti, in modo particolare alcuni tagli ovini quali la spalla, la coscia disossata e le costolette che si prestano molto bene alle preparazioni di fine dining. Nonostante la situazione drammatica e imprevedibile legata alla
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Jeff Martin, responsabile per il mercato italiano di HCC, l’ente che promuove le carni rosse gallesi (photo © Diego Bonacina).
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«La shelf-life prolungata del nostro Agnello gallese, oltre al fatto che il prodotto arrivi nei punti vendita “pronto” per essere esposto nei banchi di carne fresca, già porzionato, confezionato, prezzato ed etichettato, garantisce agli operatori un risparmio notevole di tempo e una miglior gestione del prodotto» sottolinea Jeff Martin. «Un aspetto, questo, che ci posiziona ad alti livelli per la qualità della carne e per il servizio efficiente offerto»
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La parola agli allevatori Per raccontare il tipico metodo di allevamento gallese, l’ente promozionale delle carni rossi HCC - Meat Promotion Wales ha raccolto le testimonianze di alcuni allevatori, in rappresentanza un intero comparto, e le ha utilizzate per una campagna sui social media che ha vinto anche il riconoscimento di IN2SABRE Awards (il certificato di eccellenza per “l’uso migliore di contenuti nei social media”). Abbiamo scelto quella di Katie Davies (in foto), 29 anni, due bambini e la famiglia che si occupa di allevamento da oltre 80 anni. Nantymoel Farm è la sua fattoria di circa 1.500 acri, in collina, dove gestisce circa 1.000 ovini South Wales Mountain e 30 bovini Welsh Black, entrambe razze autoctone. A Nantymoel si lavora per una produzione di carne bovina e ovina di altissima qualità. Il benessere degli animali è fondamentale: assicurarsi che gli animali siano curati, sani e felici è davvero essenziale. •
Puoi guardare la testimonianza di Katie e di altri Welsh farmers qui: www.agnellogallese.it/video
HCC, HibuCigCymru è l’ente responsabile per lo sviluppo, la promozione e la distribuzione delle carni del Galles. Tra i compiti di HCC vi sono: la promozione di tutti i prodotti di carne provenienti dal Galles, l’evidenziazione delle caratteristiche che differenziano i prodotti di carne gallese, la collaborazione con le aziende agricole per diffondere la qualità, ridurre i costi e migliorare la salute degli animali, la collaborazione con tutta la catena di fornitori per migliorare l’efficienza e sviluppare la garanzia di qualità, l’attività per la diffusione e il miglioramento della comunicazione della qualità di questo settore. HCC rappresenta per vasta parte l’industria agricola del Galles e trae esperienza dai diversi componenti dei suoi Board of Directors e dalle aziende a cui essi appartengono. >> Link: www.agnellogallese.it
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pandemia di Covid-19, possiamo dire che il mercato stia rispondendo molto bene; le macellerie, ad esempio, stanno registrando ottimi risultati (+30%)». Qualità e servizio, ovvero bontà delle carni e lunga shelf-life L’Italia da anni rappresenta un mercato solido per il commercio di carne ovina gallese. L’atteggiamento dei consumatori è quello di prediligere carne di qualità e dalla tracciabilità garantita e in questo senso le carni gallesi rappresentano una risposta certa grazie alla tenerezza e alla bontà costante, garantite all’origine dal marchio di indicazione geografica protetta. L’ente di promozione HCC sta inoltre puntando ad offrire un servizio sempre più efficiente ai suoi clienti, a cominciare da una shelf-life ancora più lunga dei suoi prodotti. Alcuni tagli di Agnello gallese IGP garantiscono 33 giorni di conservazione, un aspetto determinante per potenziare la competitività del prodotto nel settore e per facilitare la sua gestione da parte degli operatori. «La scadenza più lunga del nostro Agnello gallese, oltre al fatto che il prodotto arriva nei punti vendita “pronto” per essere esposto nei banchi di carne fresca (già porzionato, confezionato, prezzato ed etichettato), garantisce agli operatori un risparmio notevole di tempo e una miglior gestione del prodotto» ha sottolineato Martin. «Un aspetto molto importante che ci posiziona ad alti livelli non solo per la qualità della carne, ma anche per il servizio efficiente offerto». Parola d’ordine: sostenibilità In quest’anno che sta per volgere al termine, nel quale noi tutti abbiamo dovuto fare i conti con scenari mutevoli (e piuttosto imprevedibili), chi aveva tutte le carte in regola per essere sul mercato con prodotti rispondenti alle esigenze del consumatore è stato premiato. Esigenze che però non riguardano solo la bontà delle carni o il servizio. Da una ricerca condotta dall’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di NOMISMA in collaborazione con
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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2
L’Agnello gallese mantiene sempre ciò che promette. Questo semplice principio ha permesso alla carne ovina gallese di essere apprezzata dai consumatori per la bontà delle sue carni, per le sue qualità organolettiche e per la sua Indicazione Geografica Protetta (Igp), diventando oggi un marchio riconosciuto a livello mondiale, sinonimo di un comparto dinamico e all’avanguardia (in foto, un BBQ Box di Welsh Lamb Igp di Yumbles; photo © yumbles.com). Sin Life e presentata all’edizione 2020 della fiera Marca, il 94% degli Italiani è convinto che adottare comportamenti sostenibili sia “la cosa giusta da fare”. Il rispetto per l’ambiente si trasforma in un criterio di acquisto: il 36% dei consumatori Italiani, davanti allo scaffale, tende a scegliere prodotti che limitano l’impatto
generato sull’ecosistema e il 61% si dice disposto a modificare le proprie abitudini di spesa pur di ridurre gli effetti e le ricadute ambientali. «La sostenibilità negli ultimi due anni è diventato una materia di discussione centrale nel mercato italiano» ha sottolineato Jeff Martin nel corso della conferenza stampa. «E per noi che promuoviamo
Tradizione, sostenibilità e tecnica. Oggi i produttori di Welsh Lamb utilizzano le tecniche di macellazione più innovative e perfezionano regolarmente i tagli di carne fresca per rispondere in modo tempestivo alle più moderne esigenze della Grande Distribuzione e della ristorazione, sia in termini di assortimento che di confezionamento
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una carne che è il risultato di una tradizione millenaria di zootecnia estensiva questo è un tema che ci sta particolarmente a cuore. Chi è stato in Galles ha potuto toccare con mano le infinite distese collinari erbose nelle quali pascolano gli ovini tutto l’anno, mangiando erba e bevendo acqua piovana incontaminata». L’Agnello gallese IGP è una scelta di carne sostenibile per definizione, essendo il prodotto di un sistema d’allevamento naturale che fa dell’ambiente, pascolo e acqua piovana, la sua fonte di nutrimento. La reputazione e le qualità uniche di cui gode oggi l’Agnello gallese sono infatti il risultato di 2.000 anni di metodi di allevamento tradizionali, di generazioni di esperti del settore e della ricchezza dei pascoli naturali. Grazie alle sue condizioni ideali, il Galles conta circa 11 milioni di ovini: non stupisce quindi che questa terra sia conosciuta in tutto il mondo per la sua carne di agnello. Qui si alleva il più alto numero di ovini rispetto a qualsiasi altra regione d'Europa e in nessun altro paese la carne ovina riveste un ruolo così determinante nella cucina, nella cultura e nella società, impiegando migliaia di persone in tutto il Galles. Gli allevatori gallesi non hanno solo beneficiato dell’ambiente naturale del Galles, ma hanno anche saputo migliorare la loro capacità di allevamento e la gestione dei pascoli. «Oggi i produttori di Welsh Lamb utilizzano le tecniche di macellazione più innovative e perfezionano regolarmente i tagli di carne fresca per rispondere in modo tempestivo alle più moderne esigenze della Grande Distribuzione e della ristorazione, sia in termini di assortimento che di confezionamento» ha precisato Martin, ricordando che l’80% dei terreni in Galles è dedicato agli allevamenti da carne di bovini e ovini, con una grande cura dei terreni e dei pascoli. «E questo 80% di produzione zootecnica garantisce una cattura di carbonio che è fondamentale per l’economia del Regno Unito». Elena Benedetti
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Il vento della peste suina soffia sulle vele dei prezzi Il diffondersi della peste suina africana non solo nel quadrante dell’Estremo Oriente ma anche in Germania sta orientando le quotazioni al rialzo e generando ulteriori incertezze di Roberto Villa
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a situazione di mercato della carne di suino sta per entrare in un periodo piuttosto frizzante, almeno a giudicare dai movimenti visibili all’inizio di settembre. Secondo i dati ufficiali diffusi dall’Istituto Centrale di Statistica di Pechino, infatti, nel periodo gennaio-luglio 2020 sono stati importati in Cina 5,75 milioni di tonnellate di carni e prodotti a base di carne suina, in aumento di oltre il 74% sullo stesso
periodo dell’anno precedente, per un controvalore che per poco ha sfiorato il raddoppio. I tagli di carne e le frattaglie congelate hanno fatto registrare un incremento del 98% rispetto ai primi sette mesi del 2019, per giungere a 3,4 milioni di tonnellate, mentre le carni trasformate hanno un visto un balzo ancora più consistente sino a toccare i 2,5 milioni di tonnellate (+138% sull’analogo periodo).
Ciò si spiega con una domanda stabile o in leggero aumento, a fronte di una evidente riduzione dell’offerta di prodotto nazionale a causa del permanere della febbre suina africana; anche Paesi vicini come il Vietnam si sono visti costretti a sopprimere in un tempo ristretto di poche settimane 40.000 suini, per un ammontare di oltre 2.000 tonnellate di carne, al fine di contenere la propagazione dell’epizoozia.
L’OIE riferisce che i Paesi nei quali sono in corso epizoozie di ASF sono 24, 9 dei quali in Europa, 11 in Asia, 4 in Africa, con un totale di 7.191 focolai identificati (photo © www.opiniojuris.it).
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In questo quadro si inserisce quanto sta accadendo dallâ&#x20AC;&#x2122;altro capo del continente euro-asiatico. In una conferenza stampa nella seconda settimana di settembre la ministra dellâ&#x20AC;&#x2122;Agricoltura tedesca JULIA KLĂ&#x2013;CKNER ha confermato la positivitĂ al virus della peste suina africana (African Swine Fever, ASF) di tre campioni prelevati da un cinghiale trovato morto nel circondario di Spree-NeiĂ&#x;e nello stato di Brandeburgo, al confine con la Polonia. Tale notizia ha diffuso un immediato allarme tra gli operatori economici del settore di tutto il mondo, per frenare il quale la ministra ha subito richiesto una regionalizzazione ed ha avviato un gruppo di lavoro per definire le misure di monitoraggio e di contenimento. Alcuni Stati, tuttavia, non hanno atteso piĂš di qualche mezza giornata per decretare il bando alle carni suine prodotte in Germania, come la Corea del Sud, a far tempo dallâ&#x20AC;&#x2122;11 settembre, e la Cina, pronta a seguirla nel volgere di poche ore salvo smentite o retromarce. Qualcuno riteneva inevitabile che la peste suina africana â&#x20AC;&#x201D; riscontrata in Polonia a marzo a circa dieci chilometri dal confine con la Repubblica Federale Tedesca con il coinvolgimento di oltre 400 allevamenti â&#x20AC;&#x201D; sarebbe giunta a varcare quella soglia nonostante fossero state erette delle palizzate per evitare lâ&#x20AC;&#x2122;attraversamento di cinghiali, il vettore piĂš probabile di infezione. Ora che il fatto è accertato, non resta che attuare in tempi rapidi unâ&#x20AC;&#x2122;efficace serie di misure per contenere ed eradicare il problema: la Germania stessa è pienamente consapevole dellâ&#x20AC;&#x2122;importanza della questione per la propria bilancia commerciale e non esiterĂ a mettere in campo tutta la forza di cui dispone, anche a livello diplomatico. La Commissione europea ha tempestivamente adottato lâ&#x20AC;&#x2122;11 settembre la Decisione di esecuzione n. 2020/12701, con le misure da intraprendere conformi alla Direttiva 2002/60/EC fino al
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30 novembre 2020; nellâ&#x20AC;&#x2122;allegato sono precisamente elencate tutte le aree (Landkreis) interessate dai provvedimenti restrittivi di polizia veterinaria. Mentre sinora la Germania era considerata indenne da ASF, dâ&#x20AC;&#x2122;ora in poi gli importatori di carni suine dei Paesi Membri dovranno prestare maggiore attenzione alle aree di provenienza delle stesse. La peste suina africana è diffusa nel continente europeo in buona parte degli Stati sarmato-balcanici e baltici (Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Romania, Bulgaria, Grecia, Serbia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia), con poche altre aree in Belgio e in Italia (Sardegna); il suo contenimento costituisce unâ&#x20AC;&#x2122;attivitĂ fondamentale per preservare il patrimonio suinicolo dellâ&#x20AC;&#x2122;Europa soprattutto nei paesi indenni. Nel bollettino numero 52 relativo al periodo 21 agosto-3 settembre 2020, lâ&#x20AC;&#x2122;OIE riferisce che i Paesi nei quali sono in corso epizoozie di ASF sono 24, dei quali 9 in Europa, 11 in Asia, 4 in Africa, con un totale di 7.191 focolai identificati; tra questi 3.733 sono in Romania e 1.472 in Vietnam. I prezzi delle carcasse nel continente europeo, in media 154 euro per 100 kg, pur inferiori del 15% rispetto allâ&#x20AC;&#x2122;anno precedente, ad agosto erano comunque i piĂš elevati sul panorama mondiale sostenuti dalla tonica domanda cinese. Secondo il FAO Meat Price Index, le carni suine, dopo quattro mesi di declino, sono state le uniche carni a vedere una risalita dei corsi globali in luglio; risalita confermata poi in agosto, dovuta, oltre alla peste suina africana, anche al fermo attivitĂ di diversi stabilimenti di macellazione causati dal Covid-19 e ad una diminuzione del peso vivo medio alla macellazione. Roberto Villa Nota 1. eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX :32020D1270&qid=159983748717 5&from=IT
INDAGINI
Nuovo studio conferma lâ&#x20AC;&#x2122;importanza della carne e dellâ&#x20AC;&#x2122;allevamento animale
Il futuro della carne passa dal fare del nostro meglio
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li alimenti di origine animale hanno sempre avuto una posizione chiave nella dieta dell’uomo, ma le nuove idee sul cibo che si stanno diffondendo oggi stanno creando una profonda trasformazione sociale. Il professor FRÉDÉRIC LEROY, della Facoltà di Scienze e Bio-Ingegneria dell’Università di Bruxelles, analizza insieme ad ADELE H. HITE e PABLO GREGORINI in un nuovo studio (“Livestock in Evolving Foodscapes and Thoughtscapes”) come verrà risolto lo scontro attuale tra un desiderio di carne biosociale e le linee di pensiero moderne che ritraggono invece l’allevamento del bestiame come dannoso per l’uomo, per il benessere degli animali stessi e per il pianeta. Riportiamo una sintesi dello studio pubblicata dal portale carnisostenibili.it Domande e risposte Lo studio offre risposte concrete ad alcune domande attuali, prospettando diversi scenari futuri: • È giusto uccidere ancora gli animali per cibarsi di carne? • È vero che per il bene nostro e del pianeta dovremmo diventare tutti vegani? • Qual è il futuro della zootecnia? Secondo gli studiosi non ci sono dubbi: da quando è nato l’uomo sulla Terra la carne è sempre stata necessaria per la sua sopravvivenza ed evoluzione. Senza carne ci saremmo sicuramente estinti. Il rapporto col bestiame ha subito però una profonda trasformazione nel corso del tempo. A cominciare da quando l’uomo era organizzato in comunità di cacciatori-raccoglitori, la carne è stata la forma prevalente di sostentamento umano, con l’uccisione come punto focale, a cui poi è seguita una transizione verso l’agricoltura, la domesticazione e l’allevamento degli animali. Il XIX secolo, caratterizzato dall’urbanizzazione e dall’industrializzazione, specialmente delle società occidentali e anglosassoni, ha portato allo sviluppo di un sistema agroalimentare moderno che ha determinato un progressivo aumento dell’approvvigionamento di carne. Questo ha migliorato il benessere e sconfitto la denutrizione delle classi
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Come verrà risolto lo scontro attuale tra un desiderio di carne biosociale e le linee di pensiero che ritraggono l’allevamento come dannoso per l’uomo, per il benessere degli animali e per il pianeta? Facendo del nostro meglio!
meno agiate, che avevano scarso accesso ai cibi di origine animale e alla carne, considerato un prodotto di gran valore riservato all’élite. Oggi però si vede l’emergere di varie minacce globali, come la crisi della salute pubblica, il cambiamento climatico, le pandemie e i dubbi sull’impatto che la produzione animale ha sull’ambiente, sulla salute dell’uomo e sul benessere animale. Si assiste ad una presa di posizione che si riflette sul modo di alimentarsi, sempre più orientato verso un ritorno al cibo “naturale”, biologico e libero di additivi. Molto di questo deriva dall’ansia delle classi medie di mostrarsi o sentirsi “virtuose”. Leroy parla anche della nascita di una nuova “sensibilità” nelle giovani generazioni non abituate per cultura all’uccisione degli animali, che anzi oggi vengono eccessivamente antropomorfizzati, con la fantasia che prende il posto della realtà: da qui nasce il forte disagio odierno, che fa provare addirittura disgusto verso la carne, vista come “pezzi di cadavere”. Nello studio sono stati descritti a proposito due scenari estremi: il primo è appunto un modello sociale vegano che auspica la totale abolizione dell’allevamento del bestiame, con il bisogno di riconnettersi alla natura e sentirsi parte di essa. Il secondo scenario comporta invece un profondo ripensamento del modo di allevare gli animali, con un approccio più “olistico” che coinvolge sistemi agro-ecologici e rapporti più armonici tra uomo, animali e ambiente. Se si realizzasse lo scenario vegano, secondo gli autori, si avrebbero vaste e disastrose implicazioni sull’organizzazione sociale: piuttosto che condurre ad uno stile di vita sano, si rischia infatti che venga monopolizzato da interessi di multinazionali, come già succede in realtà oggi con so-
cietà che producono sostitutivi della carne che porterebbe verso un’alimentazione artificiale, fortemente industrializzata e fatta di prodotti fake iper-processati. Anche riguardo all’impatto ambientale dell’allevamento, gli studiosi spiegano che seppur reale e problematico in alcuni casi può essere ancora ampiamente mitigato, riconoscendo il ruolo fondamentale del pascolo ben gestito nei servizi ecosistemici, nello sviluppo rurale e nella salute, aiutando a preservare habitat di alto valore e la biodiversità, a migliorare il suolo, la crescita della vegetazione e la ritenzione dell’acqua, il riciclo dei nutrienti, il sequestro del carbonio e il benessere animale. Il potenziale di miglioramento con gli animali in allevamento secondo gli autori è altissimo, con strategie attive come l’agricoltura rigenerativa, il pascolo ben gestito, il recupero degli scarti di cibo, un miglior riciclaggio e integrazione dei rifiuti nella bioeconomia circolare, miglioramento dell’assistenza veterinaria e della salute degli animali. Non è chiaro in quale direzione si evolverà l’attuale produzione zootecnica, ma gli autori dello studio sono risoluti: è improbabile che una di queste due scenari opposti accada. Il futuro più probabile vede un mosaico di pratiche più comuni, che spaziano tra opzioni “vegetali” e l’allevamento degli animali come parte della soluzione e non al centro del problema, basato su forti principi agro-ecologici. Piuttosto che parlare di totale abolizione dell’allevamento o di drastiche riduzioni della carne dalla nostra dieta, la via più saggia da seguire è quella di fare sempre “più del nostro meglio”. Fonte: EFA News European Food Agency Nota A pagina 80 photo © Natasha Breen – stock.adobe.com.
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TREND DIGITALI
La spesa alimentare on-line si consolida come abitudine dei consumatori Italiani L’home delivery è la modalità di consegna preferita, seguita dal ritiro in negozio, scelto dal 18% degli e-shopper perché ritenuto più conveniente e veloce rispetto alla consegna a casa. Il 36% degli e-shopper ha continuato a fare spesa on-line anche dopo il lockdown, privilegiando i siti della GDO
La spesa alimentare on-line è entrata a tutti gli effetti tra le abitudini di consumo degli Italiani.
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l comparto alimentare è uno dei protagonisti nella crescita e diffusione dell’e-commerce nei mesi della pandemia e nella fase successiva al lockdown. La penetrazione dell’alimentare nell’on-line è, infatti, pressoché raddoppiata durante il lockdown, quando il 17,2% dei consumatori ha acquistato almeno una volta attraverso il web. In particolare, il rapporto di IRI per Netcomm evidenzia che, se nel 2019 le vendite on-line erano sbilanciate verso gli acquisti di prodotti per la cura della persona e il cibo per animali domestici, il 2020 ha visto un’esplosione nelle vendite digitali di prodotti confezionati di largo consumo, che settimanalmente hanno tenuto una crescita che non è mai scesa sotto il 50%, con il canale virtuale che ha raggiunto picchi del 288%. Questo cambiamento nelle abitudini di acquisto non è venuto meno nella fase successiva: il 36% ha continuato a fare la spesa on-line, privilegiando i siti web della GDO, con un aumento della customer satisfaction arrivata a una valutazione di 7,5 contro il 6,5 nel periodo della pandemia. La spesa alimentare on-line, dunque, è entrata a tutti gli effetti tra le abitudini di consumo degli Italiani. Sono queste le principali evidenze emerse questa mattina in occasione dell’edizione speciale di Netcomm Forum Live, in collaborazione con NetStyle e Tuttofood Milano, oggi dedicata al settore del food. «Il boom dei canali digitali nel settore dell’e-grocery è dovuto, in particolare, all’adozione di nuove modalità di acquisto dei prodotti» commenta ROBERTO LISCIA, presidente di Netcomm. «La necessità di mantenere il distanziamento sociale e, al tempo stesso, di garantire la continuità del servizio, ha determinato l’affermarsi della consegna senza contatto. In particolare, un ruolo importante ha giocato il click & collect, vale a dire il ritiro in negozio della merce acquistata on-line, che nelle quote di vendita ha superato il 15% durante il lockdown (era l’8,3% nel 2019) e si è attestato di poco sotto al 13%
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nella fase successiva. Una modalità di acquisto molto apprezzata dagli e-shopper nell’alimentare, perché ritenuta più conveniente e veloce rispetto all’home delivery. Il click & collect ha riportato una crescita del +349% e c’è da aspettarsi che, da qui alla fine dell’anno, diventerà un’abitudine sempre più consolidata tra i consumatori». L’esplosione dell’on-line e le differenti modalità di acquisto sono variate e continuano a modificare la geografia del commercio, anche se negli ultimi mesi si osserva un riallineamento delle dinamiche dei canali distributivi alla situazione pre-Covid. Emerge, tuttavia, in particolare la crisi degli ipermercati, con un calo delle vendite del 9,6%, considerando complessivamente sia la fase Covid che quella successiva. Il commercio di prossimità, dopo il balzo del 16,1% nel lockdown, ha registrato una flessione del 3,2% nel periodo giugno-agosto. Tra chi invece accelera, si trovano Specialisti Casa e Persona (+11,7% post lockdown) e continua il forte sviluppo degli acquisti LCC (Largo Consumo Confezionato) nel canale virtuale (+96,4%). «La trasformazione digitale in atto anche nel food, con un +96,4% di acquisti on-line per la GDO nel Largo Consumo Confezionato, conferma la bontà delle scelte messe in atto da Fiera Milano e in particolare da Tuttofood» è il commento di Fiera Milano ai dati presentati.
Tuttofood aveva iniziato un percorso di avvicinamento al digitale presentando già nella scorsa edizione un’area ad hoc, con aziende espositrici che spaziavano dalle start up a quelle più strutturate, accompagnate da una serie di seminari e convegni atti a spiegare le nuove strategie digital. Un percorso che ora si arricchisce con le iniziative di Fiera Milano Platform: una costellazione di innovativi servizi fisici e digitali che trasformeranno la customer journey di visitatori ed espositori, rendendo la fiera un media attivo 365 giorni all’anno, grazie all’implementazione di servizi (news, webinar, nuovi siti, blog, communities, solo per citarne alcuni) dedicati ad informare e educare su come il futuro del Food & Beverage sia omnichannel e on-life. «La crisi — conclude Liscia — ha messo tutti gli attori del food & grocery di fronte alla necessità di accelerare la propria trasformazione digitale. Occorre che tutti i brand si preparino a soddisfare le nuove esigenze di consumo evidenziate e investano sull’export digitale e sui rapporti con i nuovi intermediari. Se i negozi di quartiere, ad esempio, dovranno costruire e rafforzare la rete di partner e operatori del digitale con cui collaborare per rispondere alle nuove richieste di mercato, le grandi insegne che già operano nell’e-grocery dovranno migliorare i servizi offerti e fidelizzare i nuovi consumatori raggiunti negli scorsi mesi».
Netcomm, Consorzio del Commercio Digitale Italiano è il punto di riferimento in materia di e-commerce e retail digitale nel panorama nazionale e internazionale. Nato nel 2005, riunisce circa 400 aziende composte da società internazionali e piccole-medie realtà di eccellenza. Netcomm promuove lo sviluppo dell’e-commerce e dell’evoluzione digitale delle imprese, generando valore per l’intero sistema economico italiano e per i consumatori. Netcomm è tra i membri fondatori di E-commerce Europe, l’associazione europea del commercio elettronico. >> Link: www.consorzionetcomm.it
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ALLEVAMENTI
Oltre il vecchio paradigma
AllevaBio, lontano dal marketing, vicino alla terra di Federica Cornia
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esistere sul territorio, farlo vivere e creare ricchezza: GIUSEPPE GRASSO, classe 1981, titolare di AllevaBio, azienda agricola a Vizzini, paese in provincia di Catania, questo messaggio lo trasmette nella pratica quotidiana della sua attività di allevatore che testimonia lo sguardo aperto, in-
novativo ed originale di una nuova generazione alla guida dell’azienda di famiglia. Dopo gli studi a carattere economico Giuseppe ritorna alle origini, ritorna alla terra, con l’acquisita consapevolezza di avere tra le mani in eredità qualcosa di prezioso, importante.
Lontano dal vecchio paradigma dell’idea di sviluppo e dell’allevamento intensivo, il suo motto è “Non aumentare il numero dei capi ma migliorare e perfezionare quello che già c’è”. Con l’attenzione rivolta ad un tipo di allevamento in cui al centro c’è il benessere animale, Giuseppe
Giuseppe Grasso. 84
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Il farm restaurant di Giuseppe Grasso. Un’attività di turismo esperienziale nella quale i visitatori, al termine del tour guidato, passano alla degustazione della carne e di altri prodotti aziendali, tra cui ortaggi, ricotta e farine di grano antico siciliano. all’etichetta bio, che gli sta stretta, preferisce il termine “organico”, parola che trova più etica per indicare l’utilizzo di materie prime autoprodotte in azienda senza l’utilizzo di fertilizzanti e concimi. A chi, un po’ stranito come me, gli obietta: «ma come si fa poi con i costi?», Giuseppe risponde che la questione è semplice ed è alla portata di tutti. E rilancia: «Ti faccio una domanda io: ma quanto sprechiamo? Consumiamo con gli occhi prima ancora che con la bocca. I costi dei prodotti alimentari sono spesso squilibrati rispetto al valore nutritivo dell’alimento in sé. Pensa che l’insalata in busta, che in fondo è un cibo a bassissimo valore nutrizionale, costa più della carne. Per non parlare poi del packaging alimentare che costa all’ambiente più dell’alimento che contiene. E noi, non a caso, riempiamo i frigo di cose che non sempre mangiamo grazie al bersagliamento di pubblicità che impongono offerte e sconti che avvantaggiano esclusivamente la Grande Distribuzione alimentare. Eurocarni, 11/20
Il concetto per me è semplice e chiaro: comprare meno e prodotti di qualità. E credo che per quello che riguarda la carne debba esserci maggiore informazione e consumo responsabile». E siccome a questo aspetto Giuseppe crede fortemente, ha creato uno spazio in azienda, un piccolo farm restaurant, in cui i visitatori, al termine del tour guidato, passano alla degustazione della carne e di altri prodotti aziendali, tra cui ortaggi, ricotta e grano. Un’attività di turismo esperienziale che è germogliata dall’idea di resistere sul territorio, farlo vivere e creare ricchezza. Giuseppe si è accorto che la gente è interessata alle cose vere e, tanto più sono semplici, tanto più la gente le trova accattivanti. Nel farm restaurant il menu degustazione, che propone ricette contadine, cambia in base alla disponibilità del giorno e segue il ritmo delle stagioni. I tagli di carne proposti sono vari e Giuseppe se li è studiati tutti per poterli raccontare al meglio ai visitatori.
«Per me non c’è niente di più squisito dei tagli di terza categoria che solitamente vanno a finire nel tritato e nei preparati. Sai che i muscoli diaframmatici possono trasformarsi in una bistecca succulenta?». Sostiene e divulga la bontà di diaframma e lombetti, ricchi di sangue e adatti per i bambini, e si interroga sull’ignoranza diffusa che porta i più a richiedere il solito filetto perché, sottolinea, erroneamente la qualità, nella carne, viene associata alla mancanza di grasso e alla tenerezza, tralasciando che quest’ultima si può ottenere attraverso pratiche di manipolazione, frollatura, cottura e tecniche di taglio. Tutto questo è l’approdo di un percorso che vede ribaltarsi il meccanismo della GDO con l’acquirente che va direttamente in azienda, senza intermediari. È il caso di GIUSEPPE ZEN, l’originale macellaio che nella sua Macelleria Popolare al mercato della Darsena di Milano serve esclusivamente tagli di capi grass fed al 100%, sia cucinati sul posto che per l’asporto. 85
Giuseppe Grasso con gli chef Massimo Bottura e Ciccio Sultano. Inizialmente solo rapporto a carattere commerciale, si è trasformato poi in un rapporto amicale ed è questo l’esempio cardine di un’economia che si basa su quella che Grasso chiama “banca della fiducia”. Ed è così che è arrivato ad AllevaBio uno chef del calibro di CICCIO SULTANO che sin da subito ha creduto e incoraggiato il progetto di Giuseppe e che ha portato MASSIMO BOTTURA, altro grande chef, a visitare l’azienda. Oggi, oltre alla vendita diretta all’alta ristorazione, ci sono anche due macellerie della zona che sostengono e danno visibilità al lavoro di AllevaBio. «La nostra è una tipica azienda agricola tradizionale di 30-40 anni fa. È una realtà a conduzione famigliare» spiega Giuseppe. «Abbiamo diverse proprietà in un raggio di 60 km attorno ad un corpo centrale di 200 ettari. Il pascolo è diviso in zone di marina e di montagna e all’interno di
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queste macro-zone abbiamo terreni che, non potendo utilizzare per il pascolo perché in declivio, seminiamo con culture poliennali come il trifoglio e l’erba medica. Il bestiame viene trasferito coi camion da un pascolo all’altro, col vantaggio che gli animali si abituano al trasporto e vivono con meno stress, poi lo spostamento al macello quando è il momento». In allevamento Giuseppe ha 200 fattrici e i vitelli sono circa 160-165 all’anno; lo svezzamento avviene intorno agli 8-9 mesi. «La monta si effettua esclusivamente in modo naturale, senza indurre artificialmente i calori ai bovini e per stimolare la riproduzione i tori vengono inseriti nei vari gruppi di manze in modo tale da creare un sano antagonismo tra loro. Un altro aspetto fondamentale del nostro allevamento è la presenza delle corna nei capi di bestiame. Sono un elemento importante, sia perché identifica ogni soggetto dal
punto di vista caratteriale, sia perché serve al bovino per posizionarsi a livello gerarchico all’interno della mandria. Per esempio, spesso capita di vedere bovini con corna rivolte verso il basso e di piccole dimensioni che assumono una posizione defilata rispetto al gruppo. Questo perché si rendono conto di non avere le armi giuste per competere coi propri simili». Come la rotazione colturale, ovvero l’alternanza di produzioni di foraggio e cereali utilizzati per alimentare l’allevamento, come il NO all’utilizzo di antibiotici, anche quella di suddividere la mandria in gruppi omogenei, mettendo a disposizione estese superfici di terreno per il pascolo dei capi, riducendone la competitività, contenendo così le perdite ed eliminando lo stress che andrebbe ad incidere sulla qualità delle carni, è una scelta etica. In allevamento ci sono solo animali nati in azienda e, in questo senso, fondamentali sono le fattrici. La produzione di carne si distingue in due macro-aree: i vitelli maschi vengono macellati tra i 14 e i 18 mesi, sono generalmente destinati al mercato della distribuzione; le femmine giovani (14/20 mesi e solo alcune vacche “mature”) sono destinate all’alta ristorazione, le carni frollate per almeno 28 giorni. Per quel che riguarda il mix di razze che pascolano in azienda è un’eredità del lavoro svolto dagli avi di Giuseppe. I tori utilizzati sono sempre di razza pura: Limousine, Parthenaise, Garonnese e Modicana. Le fattrici sono il frutto di incroci tra le razze elencate sopra e le razze autoctone. Il risultato sono rustiche meticce derivate dalla Modicana da cui i vitelli ereditano forme, struttura e rusticità. Tutti elementi imprescindibili per avere una carne di qualità. Se vi capita d’essere di passaggio a Vizzini tra maggio e settembre potreste trovarvele tutt’intorno, quale cornice di una suggestiva cena al tramonto preparata da chef direttamente in loco e con materie prime stagionali e autoprodotte in azienda da AllevaBio. Federica Cornia
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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI
La razza Romagnola di Mezza Caâ&#x20AC;&#x2122; di Elena Benedetti
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iamo sulle colline toscoromagnole, ad una ventina di chilometri dalla Toscana. Rocca San Casciano è un piccolo comune montano della provincia di Forlì-Cesena, abitato da gente operosa che fa del lavoro delle terre e della cura degli animali la propria cultura identitaria, espressa attraverso un forte attaccamento a questo territorio. Proprio qui, un giorno del lontano 1969, arrivò dalla Sardegna ANTIOCO DAGA insieme alla moglie, ai loro quattro bambini piccoli e ad un centinaio di pecore. Un viaggio incredibile e durissimo — tra traghetti e treni merci — che oggi a noi pare impossibile ma che fu l’incipit di una nuova vita e di un’avventura straordinaria e che oggi è l’azienda agricola Mezza Ca’. Antioco oggi ha 89 anni e ha passato di mano l’attività al figlio Gianni che, insieme alla moglie Miriam e ai collaboratori, gestisce l’azienda agricola. La famiglia Daga si dedica all’allevamento di ovini di razza Sarda, con 500 capi che pascolano ogni giorno nelle valli intorno all’azienda. Va da sé quindi la produzione di pecorino (stagionato e semi stagionato) e ricotta preparati secondo l’arte antica casearia della regione, rigorosamente a mano e senza l'utilizzo di macchine e attrezzature
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automatiche. Anche la lavorazione del latte viene effettuata in maniera tradizionale. Oltre alla coltura biologica di cereali e foraggio, i Daga hanno anche un allevamento di bovini di razza Romagnola che conta 120 capi. «Facciamo la linea vaccavitello — mi dice MIRIAM DAGA — e dopo 7/8 mesi, al raggiungimento dei 3 quintali, il vivo viene venduto agli ingrassatori per la finitura». I bovini di Romagnola un tempo erano impiegati anche nel lavoro nei campi grazie alle loro caratteristiche morfologiche e funzionali, con l’anteriore ben sviluppato, la struttura solida e gli arti robusti. Oggi la razza Romagnola si seleziona e si alleva per la carne ottima, che presenta un bel bilanciamento tra marezzatura e tenerezza ed è tutelata anche come Presidio Slow Food anche attraverso il Consorzio della Vacca Romagnola Il Magnifico costituito anni fa proprio da GIANNI DAGA. La carne Romagnola di Mezza Ca’ si trova nelle macellerie e nei supermercati della zona. Elena Benedetti
In alto: Antioco Daga, 89 anni, fondatore della Soc. Agr. Mezza Ca’, partì dalla Sardegna, sua terra d’origine, nel 1969 con la famiglia e un centinaio di pecore e si stabilì sulle colline romagnole per intraprendere l’attività casearia e l’allevamento di ovini e bovini. Oggi l’azienda prosegue l’attività rigorosamente biologica grazie al figlio Gianni, alla moglie Miriam, insieme alla loro famiglia e ai collaboratori. A pagina 88: bovini di razza Romagnola presso l’azienda agricola Mezza Ca’ a Rocca San Casciano (FC).
Società Agricola Mezza Ca’ di Daga Antioco e Giovanni Francesco Delio e C. Via Mezza Ca’ 57 47017 Rocca San Casciano (FC) Telefono: 0543 960476
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MACELLERIE D’ITALIA
Marmellata di maiale, giusto premio alla tradizione Alla Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO) va il premio Dino Villani dell’Accademia Italiana della Cucina. Il giusto riconoscimento per questa attività di divulgazione delle produzioni tipiche
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a Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO) ha vinto il premio “Dino Villani” dell’Accademia Italiana della Cucina per un preparato che ROBERTO PAPOTTI, insieme a ORIETTA BARBIERI e a tutto lo staff, hanno recuperato dalla tradizione locale e che è oggi un must della loro
macelleria-gastronomia. È la loro Marmellata di maiale, venduta in un comodo e pratico vasetto di vetro che piace a tutti, dai bambini agli anziani. Chi la prova difficilmente potrà farne a meno. È un salume spalmabile che vede la sua origine nel centro della
Pianura Padana. Particolarmente adatta come accompagnamento ai crostini o alle crescentine per la consistenza soffice e il gusto delicato, la marmellata di maiale viene prodotta esclusivamente dalla Macelleria Papotti. La ricetta è segreta e, quando chiediamo maggiori informazioni,
«La marmellata di maiale, nata dall’esigenza di recuperare i gambi del prosciutto e quel che restava del lardo e del salame, oggi è l’espressione della gastronomia emiliana» afferma Chiara Papotti.
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L’Accademia e i suoi obiettivi Fondata il 29 luglio 1953, a Milano, da Orio Vergani, con un gruppo di qualificati esponenti della cultura, dell’industria e del giornalismo, l’Accademia Italiana della Cucina, dal 2003 Istituzione Culturale della Repubblica Italiana, ha lo scopo di tutelare le tradizioni della cucina italiana, di cui promuove e favorisce il miglioramento in Italia e all’estero. Attraverso il suo Centro Studi, le sue Delegazioni e Legazioni in Italia e nel mondo, l’Accademia opera affinché siano promosse iniziative idonee a diffondere una migliore conoscenza dei valori tradizionali della cucina italiana, che costituiscono la base per ogni concreta innovazione. L’ammissione all’Accademia è preclusa a quanti abbiano interessi nella ristorazione e nelle scuole di cucina. >> Link: www.accademiaitalianadellacucina.it
recupero”, creando un prodotto strategico per la valorizzazione del territorio». Negli ultimi anni, infatti, in tanti si recano presso la bottega della famiglia Papotti per acquistare la marmellata. «Per apprezzarne la morbidezza consigliamo sempre di stenderla sul pane caldo e attendere qualche istante, al fine di sciogliere lo strato superficiale e donare una piacevole sensazione al palato» precisa Chiara. È sufficiente un velo sottile per dare un sapore inconfondibile ad ogni piatto. Basta un po’ di fantasia e la marmellata di maiale può abbinarsi davvero a moltissimi piatti, per dare quel “tocco di Emilia” che rende il cibo indimenticabile. I più tradizionalisti arricchiscono i crostini con scaglie di Parmigiano Reggiano DOP e qualche goccia di buon Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.
La marmellata di maiale, venduta in un comodo e pratico vasetto di vetro, piace a tutti, dai bambini agli anziani. Chi la prova difficilmente potrà farne a meno (photo © instagram.com/macelleria_papotti). Roberto ci recita un’antica formula che ne riassume le caratteristiche uniche: “essenza della Pianura Padana, punta di nebbia tagliata a coltello, aromi e spezie”. «La marmellata di maiale, nata dall’esigenza di recuperare i gambi del prosciutto e quel che restava del
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lardo e del salame, oggi è l’espressione della gastronomia emiliana» ci spiega CHIARA PAPOTTI, figlia d’arte e docente di Cibo e Comunicazione. «Fedele al detto popolare secondo cui “del maiale non si butta via niente”, la nostra macelleria ha impiegato alcuni “ingredienti di
Il premio Dino Villani Viene assegnato “al produttore” che si sia distinto nella lavorazione artigianale di un “prodotto alimentare” di rilevante e specifica qualità organolettica, lavorato con ingredienti nazionali tracciabili, di prima qualità e con una ben identificata tipicità locale. Il premio consiste in una pregevole opera grafica. >> Link: www.macelleriapapotti.it www.facebook.com/papottimacelleria www.instagram.com/macelleria_ papotti
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Crosetti, macelleria e salumi selvatici della Val Formazza di Riccardo Lagorio
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Gian Pietro Crosetti.
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i dipana l’alacre lavoro di quattro generazioni varcando la soglia della macelleria Crosetti di Formazza (VB). GIAN PIETRO, sguardo attento e svelto, terza generazione che ha in capo la bottega del comune montano sparso di Formazza, svolge un’opera sociale alzando la saracinesca quattro mattine la settimana. Ma «questo è un lavoro che faccio da quando ero bambino e per me coincide con la vita stessa. Anche perché in questo percorso mi affianca da quasi cinquant’anni mia moglie Liliana» pronuncia sornione in presenza della signora. Una vita passata tra mercati di bovini, quando c’erano, e la raccolta di oggetti d’epoca, in mostra accanto alla rivendita di carni. Nipote di una intraprendete macellaia e figlio di un brillante commerciante di animali, aveva la strada già segnata. «Mi ricordo in particolare il mercato di Rovato, nel Bresciano, dove con la famiglia partecipavo tutti i lunedì mattina. Prima delle 8:00 le contrattazioni erano chiuse e caricavamo gli animali appena acquistati. Animali molto belli, ben formati. Ci aspettava il viaggio di ritorno di altre 3 ore e poi si cominciava a lavorare nel macello». Erano temi epici, fa capire. Tra la metà degli anni Cinquanta e per almeno un decennio camion interi portavano in valle i tondini dalle acciaierie del triangolo industriale che servivano a costruire abitazioni e attività industriali nella valle, ripartendo per le città pieni di capretti e vitelli. Un’esperienza tra coltelli affilati e celle di refrigerazione che continua con i figli ALESSANDRA e AUGUSTO nel negozio di Crodo anche se i
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La bresaola, anche di cervo, e i salumi di selvaggina come i salametti di camoscio, capriolo e capra, distinguono la produzione Crosetti. mercati bovini settimanali sono stati spazzati via da regole sanitarie e l’arrivo di carni già nettate sul mercato. «Ora abbiamo fornitori diretti a Moncalvo, piccoli allevatori che ci assicurano animali speciali». Anche una parte dello spettacolo italiano ha fatto la spesa nella bottega, come l’attore UMBERTO ORSINI che passò 20 anni con ELLEN KESSLER, una delle due sorelle di Dada-un-pa. «Quando arrivavano a Formazza, per loro non mancava mai il filetto, che facevo recapitare nella loro casa» ammette Crosetti. Oggi le donne attendono il proprio turno per entrare nella macelleria, allestita in stile montano e fanno la spesa acquistando precisi tagli per le pietanze che prepareranno. «Non vendiamo portate pronte perché qui le persone amano cucinarsi i piatti in casa e per ciascuna ricetta sanno cosa chiedere. Questo è comodo per noi perché riusciamo
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a piazzare l’animale in tutte le sue parti ed è comodo per loro perché sanno che qui trovano tutto ciò che è necessario per le loro idee in cucina». Così il reale che vien utile allo spezzatino si accompagna la spalla per il brasato, nessuno scambierà la pancia perfetta per l’arrosto per il biancostato insuperabile per il bollito. Non sono mancate novità che nei decenni hanno fatto capolino tra le vetrine. Alcune particolarmente gustose, come la bresaola. «Usiamo la carne coscia bovina, che teniamo sotto sale per 15 giorni a 3 °C con erbe aromatiche e pepe. Ogni due giorni la giriamo nelle vasche, poi si lava, si mette in una apposita calza elastica e la stagioniamo per almeno 40 giorni». Dopo 90 giorni il profumo di carne matura è una favola ed emergono i profumi delle erbe aromatiche, specie il rosmarino.
Anche la lonza di suino si ottiene con un processo produttivo simile mentre la dindaola, la bresaola di tacchino, riposa per 14 giorni nella concia di erbe e spezie simili per essere pronta in un mese. Il risultato è un salume dall’aspetto roseo, profumato e gustoso. Ma la macelleria si distingue per i salumi di selvaggina, che si preparano da ottobre e sino a febbraio. «Sono molto apprezzati i salametti di camoscio, capriolo e capra ma il salume più sontuoso è la bresaola di cervo». La carne di cervo è pure disponibile, in montagna non se ne può fare a meno. Riccardo Lagorio Macellerie Crosetti Fraz. Valdo 7 – 28863 Formazza (VB) Via Roma 10 – 28862 Crodo (VB) Telefono: 0324 63035 0324 61001 Web: macelleriecrosetti.it
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Se l’allevamento si allea con la macelleria di Massimiliano Rella
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e l’allevamento si allea con la macelleria avere una carne di qualità è un obiettivo più facilmente raggiungibile. Attraverso la relazione commerciale e professionale con l’allevatore e il controllo sul tipo di allevamento, dall’alimentazione alle misure di benessere animale, il macellaio può condizionare l’offerta per avere una materia prima superiore. Ma quanti effettivamente lo fanno? Pochi, ma non tutti per cattiva volontà, anche perché — immaginate un macellaio
di una grande metropoli — per controllare la filiera bisogna avere tempo, andare sul campo e dedicare energie anche a questo lato nascosto del lavoro. Noi abbiamo seguito la filiera a ritroso di una macelleria già nota ai lettori, andando alle fonti d’approvvigionamento di ORLANDO DI MARIO e MARA LABELLA, marito e moglie, il cui negozio con rifornito bancone si trova tra Sermoneta e Latina Scalo (Macelleria Labella Mara, www.facebook.com/ macellerialabellamara; Rella M.,
Mara Labella e Orlando Di Mario, carne come filosofia di vita, in EUROCARNI n. 1/2019, pag. 74). «Con alcuni allevamenti della provincia di Latina da anni abbiamo un rapporto consolidato» ci dice Orlando Di Mario dopo una giornata passata insieme tra Frisone, Jersey, meticce, caprette e cavalli. «Questo ci consente di avere una carne d’alta qualità di cui conosciamo praticamente tutto, interagendo con l’allevatore su diversi aspetti, consigliandolo sul tipo di alimentazione e altro».
Capi dell’allevamento dell’azienda Canciani a Sabaudia (LT).
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In alto: Luciano Canciani, il fratello Fabio, il papà Giuseppe e il nipote Sandro all’allevamento Canciani di Sabaudia (LT). In basso: capi dell’Azienda agricola Fratelli Foschi a Rocca Massima (LT).
Abbiamo visitato due di questi allevamenti che lavorano principalmente per la Macelleria Labella. Il primo si trova a Rocca Massima, a oltre 850 metri d’altezza nell’ambiente incontaminato dei monti Lepini, che guarda ai suoi piedi la pianura pontina. Qui opera l’Azienda agricola Fratelli Foschi, di ANGELO, LUIGI e GIANCARLO e del papà MARIO, 81 anni.
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L’attività cominciò a inizio ‘900 con il nonno LUIGI, allevatore di cavalli e vacche. Oggi è diventata una realtà di 300 ettari montani in diversi corpi, con un “esercito” di 250 capi bovini di Maremmana, più meticce di Maremmana “migliorate” introducendo tori Limousine e Charolaise. Completano la mandria un centinaio di cavalli Maremmani e Tpr, una decina di cavalli da lavoro
e una sessantina di pecore e capre meticce. Quello dei fratelli Foschi è un allevamento brado che ciba gli animali con erba di montagna e in finissaggio (6-8 mesi in stalla) con un mix di farine, orzo, mais e soia per il giusto grasso di marezzatura. «La Maremmana è una razza resistente che si adatta bene, sopporta la carenza alimentare e si muove
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agilmente su terreni pietrosi di montagna» ci dice Giancarlo Foschi. «Il nostro principale cliente è da anni la Macelleria Labella, ma abbiamo anche altri compratori più piccoli e facciamo la vendita di vitelli da ristallo per i contadini del territorio». Da Rocca Massima scendiamo nell’Agro Pontino in direzione di Sabaudia, nelle terre un tempo paludose bonificate durante il fascismo da colonie di veneti, friulani e romagnoli. La famiglia Canciani arrivò proprio con la bonifica, dal paese di Gemona, in Friuli. Negli anni ‘30 EUGENIO CANCIANI ottenne l’ex podere “2027” dall’Opera Nazionale Combattenti, due lotti di 15 ettari ciascuno. L’attività agricola e zootecnica fu sviluppata dal figlio GIUSEPPE e oggi dai suoi figli LUCIANO e FABIO, subentrati negli anni ‘80. «Il nonno Eugenio — ci racconta con un pizzico d’orgoglio Luciano Canciani — aveva 6 mucche che furono rastrellate dai tedeschi durante la guerra. Quando ci furono i bombardamenti americani su Anzio gli animali scapparono e, pensi, tornarono a casa da soli». Oggi l’azienda dei fratelli Luciano e Fabio conta 23 ettari di proprietà e 15 in affitto, prevalentemente nel territorio di Sabaudia e per la produzione di latte d’alta qualità certificato. Sono 260 i capi, un centinaio dei quali in mungitura, in maggioranza Frisone, Jersey e meticce; alimentati con foraggi di qualità ottenuti da una corretta maturazione dei campi, più cereali, lino, ecc…, in gran parte autoprodotti. Il latte fresco è venduto alla Cooperativa del Latte di Fiumicino. Una quota del 15% dell’allevamento invece è per la macellazione, circa 70 capi l’anno prevalentemente meticce giovani, fino a 18 mesi d’età, la cui carne è venduta alla Macelleria Labella. Una quota di animali adulti a fine ciclo del latte viene infine macellata per l’industria. Massimiliano Rella In alto: Giancarlo, Luigi e Mario dell’Azienda agricola Fratelli Foschi a Rocca Massima. In basso: vacca Maremmana nell’allevamento dei Fratelli Foschi.
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Nota Photo © Massimiliano Rella.
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LA CARNE IN TAVOLA
Versatile ma difficile: il rognone in cucina di Giorgia Fieni
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ARLO CRACCO, presentando il suo Rognone e ostrica al congresso di Identità Golose Milano, ha commentato, mentre sottoponeva la carne al sottovuoto: «Lo amo perché è un alimento molto versatile per cottura e abbinamenti».
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Ha ragione? Ma certo, e le ricette dei suoi colleghi lo dimostrano. MATIAS PERDOMO e SIMON PRESS cucinano Rognoncini di coniglio, crema di anguilla di Cabras, gelato di aceto. RICCARDO CAMANINI Rognone alla pressa (che ricorda una preparazione
molto amata da Apicio, ne ha anche scritto). DAVIDE SCABIN Rognone al gin. ANDREA BERTON Rognone con radicchio rosa di Gorizia. DAVIDE OLDANI Rognone con salsa di nocciole e caffè. KEN HOM, Capesante al salto con rognoni di maiale:
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«Se i rognoni vengono preparati nel modo giusto, la loro consistenza è molto simile a quella delle capesante e i loro sapori si fondono a meraviglia. È un piatto adatto alle occasioni speciali». GUALTIERO MARCHESI invece preparava Rognone alla coque: cotto in forno, servito in una barchetta di pasta brisée ed affettato davanti alla clientela. Oltre a queste specialità, è molto buono in fricassea o stufato, fritto, negli spiedini, in un pasticcio, sopra un risotto al vino rosso (o al centro di una corona di riso bianco), trifolato, nella farcia della pasta o della verdura, al salto, al pomodoro, con parmigiano e aceto balsamico, alla diavola (e servito in un toast), allo sherry. Ma anche frullato col luccio per delle quenelles di pesce speciali, flambato al cognac e inserito in un cestino di polenta, aggiunto alla cacio e pepe. In epoca vittoriana, in Inghilterra, era servito pure per colazione (e il suo grasso era usato per i pudding serviti a tutto pasto: ancora oggi quello natalizio è un must delle feste!). Da James Joyce a Harry Potter Quindi perché non approfittiamo maggiormente di un alimento che in cucina possiamo aggiungere in molte pietanze ed è pure molto “carico” nutrizionalmente (soprattutto di proteine e grassi)? Risposta: perché è difficile da trattare. Se non è cotto a sufficienza, infatti, ha un sapore non gradito; invece, se è troppo cotto, diventa legnoso: in ogni caso è piuttosto coprente nei confronti del gusto di altri ingredienti. In più, ha bisogno di essere marinato nel bicarbonato di sodio (per renderlo tenero e neutralizzarne l’acidità) e poi nell’aceto e sale (per toglierne l’amaro). Infine, è meglio sia di animale giovane (vitello e manzo, principalmente, ma anche suini ed ovini) piuttosto che adulto. Tutto questo perché il rognone non è altro che il rene, il luogo dove tutto viene filtrato, e ovviamente se ne impregna (sa di orina leggermente aromatica, come descritto da
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JAMES JOYCE). Perciò non bisogna affatto sottovalutare l’operazione di spurgo, che è piuttosto lunga ma fondamentale per dare alla carne un sapore gradevole. Talmente particolare e originale che, se ci si abitua, diventa pietanza irrinunciabile, come ebbe a ricordare DARIO FO nel 2006: «Il rognone era una cosa raffinata, che bisognava comprare dal macellaio. Mia madre me lo preparava con il risotto, ed era il carnevale, ma con il tempo la voce si è sparsa e nei ristoranti, quando passavo in tournée, hanno preso a farmelo trovare in anticipo, come primo o come secondo: era una fama che mi anticipava». Testimonianze simili si trovano anche nella saga di HARRY POTTER, nel citato Ulysses di Joyce, in Una fortuna pericolosa di KEN FOLLETT e in altri volumi… I rognoni saltano fuori dalla pagina nello stesso modo in cui uscirebbero da una pentola ed il nostro primo istinto sarebbe chiudere il libro così come mettiamo un coperchio su un alimento in cottura il cui odore ci sia sgradito all’olfatto. Ma se c’è qualcosa che letteratura e gastronomia hanno in comune è proprio la capacità di non farci fermare alla prima impressione: procedendo con la descrizione di un evento o di un personaggio, così come nella preparazione di una ricetta, può anche capitare che ci ritroviamo completamente rapiti da ciò che stiamo leggendo e cucinando e ciò che “odiavamo” diventa non solo meraviglioso, ma irrinunciabile. Perciò meglio non rifiutare il rognone per la sua difficoltà nel predisporlo: ci può essere tutto un mondo di sapore lì dentro, molto affine al nostro. Dunque, perché rifiutarlo a priori? Giorgia Fieni Nota A pagina 98 il Rognone alla pressa, APICIUS di Riccardo Camanini. Per questo piatto lo chef del Lido 84 ha recuperato la ricetta del gastronomo latino Apicio (photo © reportergourmet.com).
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Una Genovese a Napoli Cipolle, cipolle, cipolle, con una cottura che può arrivare perfino a 10 ore, e un bel taglio di lacerto. Sono questi gli ingredienti dell’antico ragù bianco partenopeo che probabilmente deve il nome al fatto di essere stato inventato da cuochi genovesi che lavoravano nella città del Golfo di Nunzia Manicardi
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l segreto è nella qualità degli ingredienti e nella pazienza nel cucinarli. Tanta pazienza, perché il sugo alla genovese dovrebbe cuocere, a fuoco basso, per almeno 5 ore. C’è chi arriva perfino a 10! Dopo di che è pronto per accompagnare la pastasciutta, preferibilmente nei formati ziti o candele spezzati oppure mezzane, rigatoni, paccheri… Insomma, tutti quei formati che, essendo cilindrici e con una superficie ruvida e porosa, possono inserirlo e trattenerlo come meglio non si potrebbe. Ed ecco pronto un primo piatto della
tradizione partenopea, dove questo sugo corrisponde per importanza al ragù. Un ragù bianco, e il bianco viene dalle cipolle. Sono loro che devono cuocere così a lungo, per ammorbidirsi fino a diventare una purea, dal sapore dolce ma intenso che può piacere anche a chi di solito non le predilige. La difficoltà maggiore consiste proprio nel tagliare le cipolle, che devono essere molte, moltissime. Contemporaneamente, ci si deve dedicare anche alla carne, l’altra protagonista di questa ricetta tipica. La carne per essere cotta fino al
Pasta con la genovese (photo © www.claravarriale.it). 100
punto giusto impiega circa un’ora ma, prima di mettersi ai fornelli, altro tempo va dedicato al suo acquisto. Perché non può essere un taglio qualsiasi. Deve essere, se lo si trova, lacerto. Il lacerto è un taglio di carne di spalla di bovino di prima categoria, molto pregiato, magro, adattissimo a preparazioni di cottura lunga. È detto anche “falso filetto”. A Napoli lo chiamano lacertiello. Viene utilizzato principalmente per bolliti, spezzatini, brasati e stracotti oppure per il macinato, ma è perfetto anche per roast beef, fettine e bistecche. Se il lacerto non c’è, lo si può sostituire quasi altrettanto validamente col girello, taglio di seconda categoria che fa parte del muscolo semitendinoso della coscia, anch’esso magro e talvolta confuso con il filetto (che però è più tenero e succulento). Oppure, forse ancora meglio, si può usare il reale, la parte superiore del collo, che è sì di terza categoria ma gustosissimo e molto valido per bolliti, stracotti, polpette e ragù. Bene anche la gallinella, taglio posteriore vicino allo stinco: tenerissima, eccellente per il brasato. Si chiama genovese ma non ha niente a che vedere con la Liguria. O, meglio, l’avrebbe, ma solo per quanto riguarda l’origine del nome. Secondo la più accreditata delle ipotesi, sarebbero stati cuochi genovesi ad aver introdotto a Napoli nel secolo XV, durante la dominazione aragonese, sughi a base di carne con Eurocarni, 11/20
cui condire la pasta. In particolare il “rughetto”, ricordato dal cuoco e letterato di Afragola IPPOLITO CAVALCANTI, duca di Buonvicino, nel suo libro “La Cucina teorica-pratica” pubblicato a Napoli nel 1837. A conferma, ancora oggi a Genova esiste una ricetta detta “u Tuccu” in cui la carne tagliata a pezzi grossi è cucinata con cipolla, sedano e carote. Il libro di Cavalcanti precisa anche che le ricette vanno “Dalle mense nobiliari alle tavole popolari”. L’autore, accanto a quelle della tavola aristocratica e di chiara derivazione francese in uso a Napoli, ne riportò anche di quelle popolari, trascrivendole addirittura in dialetto napoletano. Il nostro sugo genovese sembra essere uno degli anelli di congiunzione tra le tavole “alta” e “bassa”, poiché in origine — proprio per la presenza di un taglio di carne così pregiato come il lacerto — doveva essere riservato soltanto ai più ricchi, mentre come lo conosciamo oggi risale probabilmente alla
seconda metà dell’800 e costituisce la versione povera, tant’è vero che viene anche preparato senza carne, trasformandolo in pratica in un ragù di cipolle. Inoltre, la presenza delle cipolle potrebbe attestare l’originaria derivazione dalla cucina francese d’importazione. Ma la genovese potrebbe essere stata diffusa da immigranti o commercianti genovesi, nel momento in cui Genova e Napoli erano i due porti più importanti d’Italia, oppure riferirsi al nome di chi l’ha inventata, dato che Genovese è un cognome diffuso in Campania. Altri affermano che, sempre sotto gli aragonesi, ad inventare la pietanza sarebbe stato un cuoco soprannominato ’O Genovese. Fuori dai confini regionali non è diffusa e, ovviamente, non va confusa né con la salsa genovese né con la sauce genevoise, entrambe condimenti per il pesce. Le cipolle non devono essere cipolle qualsiasi ma della varietà di Montoro o co-
munque dorate (o bianche, anch’esse ideali per dissolversi in crema). Vanno cucinate nel classico soffritto a base di carole e sedano tritati. Il sapore è accentuato con aggiunte di vino bianco, brodo o entrambi. La carne può essere servita anche a parte oppure a tocchi grossi con la pastasciutta. Della genovese esiste anche la versione a base di pesce, per lo più polpo, tonno, pesce spada, a sua volta molto diffusa, a riprova del favore che questo sugo tuttora incontra fra i napoletani (e non solo), forse ancor più del ragù. E probabilmente anche quel dover affettare chili di cipolle rientra tra i piaceri di una vita saggia e a misura d’uomo. Quindi, se vedete dalle finestre di Napoli persone che piangono, non pensate che i napoletani abbiano perso il loro proverbiale ottimismo. Può darsi stiano semplicemente preparando il sugo per il pranzo del mezzodì. Nunzia Manicardi
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SAPORI DAL MONDO
La Repubblica di Slovenia è destinazione gastronomica 2021
Slovenia, la carne in primo piano di Riccardo Lagorio
J
ANEZ BRATOVŽ, del ristorante JB di Lubiana (jb-slo.com), sa interpretare il futuro. Nei saloni art déco che occupano uno dei palazzi disegnati dall’iconico architetto JOŽE PLEČNIK ha svelato che «Cinque anni fa ho detto a una giornalista americana che la Slovenia sarebbe diventata la prossima grande destinazione gastronomica». E nel 2021 la Slovenia sarà proprio destinazione gastronomica d’Europa.
Sono numerosi i fattori che hanno indotto ad individuare il Paese mediterraneo-alpino-centro europeo (quasi un Paese-ossimoro). Di certo è proprio la compresenza di tanti ambienti naturali che ha creato una cucina in grado di interpretare il territorio e di esaltarne le opportunità. La concentrazione di panorami e culture in uno spazio relativamente esiguo (la Slovenia possiede una superficie poco maggiore
della Puglia dove vivono 2 milioni di abitanti) ha giocato a favore dell’integrità culinaria, legata al paesaggio e alle tradizioni. Il 60% della superficie coperta di foreste ha indotto inoltre i professionisti dei fornelli a concentrarsi su una cucina che guarda con buon occhio alla sostenibilità. La diversità di territori si rispecchia in quelle aree geografiche a cui si è accennato: l’aspetto mediterraneo infarcito di elementi
Idrijski žlikrofi z bákalco ovvero ravioli al sugo di carne di montone (photo © Tomo Jesenicnik).
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Bograč, popolare piatto unico sloveno. Si tratta di un gulasch realizzato di tre tipi di carne, che prende il nome dal pentolone di rame in cui si cucina (photo © Tomo Jesenicnik). del territorio carsico, una cucina alpina, piatti dell’Europa centrale e della Pannonia, pietanze della capitale Lubiana e della parte centrale del Paese. In ciascuna di queste aree la carne gioca un ruolo di primo piano. La Slovenia centrale con Lubiana, grazie ai diversi volti della cultura urbana, riserva sapori originalmente nuovi, creati nel punto di incontro delle influenze provenienti da tutta Europa. IGOR JAGODIC, cuoco del ristorante Strelec nel castello di Lubiana, spiega che le cosce di pollo fritte (leteči žganci, ovvero grumi di polenta volanti) sono molto popolari. Una denominazione divertente, forse persino ironica del piatto dei lavoratori nell’ex porto fluviale in riva al fiume Ljubljanica del XVII secolo. Il piatto più famoso in assoluto, però,
per il pranzo a Lubiana, è il brodo di coda di bue con carne di manzo e tagliatelle, d’obbligo soprattutto la domenica. Assai apprezzato il manzo arrosto con patate. Tra tutte le bevande che accompagnano la vita di Lubiana, la gente del posto sceglierebbe la birra. La moltitudine di rane nei dintorni di Lubiana sta alla base per un piatto molto gustoso, le cosce di rana impanate e fritte (ocvrti žabji kraki). Ancora oggi è una delle specialità cittadine, da sempre presenti nell’offerta della trattoria Pri Žabarju (prizabarju.si). A Idria un piatto diffuso sono i ravioli al sugo di carne di montone (idrijski žlikrofi z bákalco) ripieni di patate, cipolla, ciccioli e spezie. La sua storia risale al periodo tra XIX e XX secolo, quando era particolarmente apprezzato dai minatori che
Dalle parole della cuoca due stelle Michelin Ana Roš si capisce la complessità di questa terra che emerge anche a livello culinario: “La Slovenia è così ricca di diversità che la sogliola può essere condita con il cuore di cervo affumicato e sulla lingua bovina si può mettere un’ostrica”
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lavoravano in zona. LEON PINTARIč è il cuoco della trattoria Rajh di Murska Sobota, località dell’Oltremura. «Qui puntiamo sui piatti come le dödöle, una polenta di patate sminuzzata e condita con ciccioli, olio di zucca e cipolla, il bograč, ovvero il gulasch di diversi tipi di carne, la carne fresca di maiale, prekmurske koline con bujta repa». In Oltremura il bograč è stato realizzato a partire dagli anni Cinquanta con tre tipi di carne, patate e l’aggiunta di funghi freschi nel periodo autunnale. Il nome del piatto deriva dalla parola ungherese del pentolone nel quale i pastori cucinavano lo stufato di carne. Nelle macellerie tra il fiume Drava e il Mura si può trovare anche un salume assai apprezzato, il prosciutto cotto delle Prlekija, servito con lardo e pane nero (Prleška tünka, zábel in črni kruh). Il nome è collegato alla modalità di produzione, perché i migliori tagli di carne suina devono essere affogati (in dialetto tunkati) nel lardo, zabel. Pintarič continua: «La macellazione del maiale è una delle più grandi feste autunnali e invernali dell’Oltremura. In quel momento si producono le salsicce di grano
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La salsiccia della Carniola o Kranjska klobasa rappresenta un prodotto alimentare tradizionale sloveno tutelato dall’Indicazione Geografica Protetta, di cui gli Sloveni vanno particolarmente fieri (photo © www.tasteatlas.com). saraceno, bianche o di miglio, nere čarne o sanguinacci e le salsicce fatte di pezzi di pane, brodo di suino e sangue, le cosiddette žemlove klobase». Lo stufato più popolare nella regione è la bujta repa, che originariamente era il piatto unico per il pranzo nel periodo invernale. Il nome deriva dalla parola bujti che significa uccidere. Pertanto si tratta del piatto preparato in occasione della macellazione del maiale. I suoi ingredienti principali sono la rapa grattugiata, le parti grasse del capo del maiale, del collo e la cotica fatta a pezzetti. L’anatra o l’oca arrosto sono invece il piatto più caratteristico in occasione della festa di San Martino, legata al rito nella vinificazione. Nella Slovenia alpina i piatti sono prevalentemente a base di farina, carne e latte oltre che dal pesce d’acqua dolce di fiumi e laghi. UROŠ ŠTEFELIN, cuoco di Vila Podvin a Radovljica (vilapodvin.si), la città del miele, spiega che «la gente del posto adora il gorenjski želodec, la carne essiccata con una pappetta di miglio e l’immancabile lardo macinato e speziato, la zaseka. Il più pregiato è il Bohinjska zaseka s suho klobaso, ovvero lardo macinato di Bohinj con salsiccia essiccata».
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Ma nella zaseka si conservano anche le salsicce essiccate e i pezzi di carne. La salsiccia essiccata con la zaseka diventa una merenda assolutamente deliziosa, mentre la zaseka affumicata usata come condimento conferisce un gusto eccezionale ai piatti. Nell’alta valle della Savinja si prepara il caratteristico insaccato di carne suina e lardo. Un salume insaccato in membrane naturali, che in passato erano gli stomaci dei maiali (Zgornjesavinjski želodec). Il prodotto alimentare forse più noto in tutto il mondo è del resto la Kranjska klobasa (salsiccia della Carniola), una bontà suina riconosciuta a partire dal 1896. Da Štefelin si viene a sapere delle tepke essiccate, un’antica varietà di pera che conserva il proprio aroma anche dopo vent’anni. L’albero, che tutti furono tenuti a piantare nelle fattorie ai tempi dell’Imperatrice Maria Teresa, oggi si rivela come ispirazione per la cucina ricercata. In particolare servita con la salsiccia della Gorenjska, Gorenjska klobasa. «Le ampie foreste del Parco nazionale del Triglav sono l’habitat di numerosi animali selvatici. Per questo motivo, nella cultura alimentare della popolazione è spesso presente
anche la selvaggina, in particolare il capriolo alla Bohinj, srna po bohinjsko» aggiunge. TOMAŽ KAVČIČ, tra i più apprezzati esponenti dell’alta gastronomia slovena, ha da poco guadagnato la sua prima stella Michelin a Vipacco (prilojzetu.com). Cuoco di quarta generazione, ha ereditato l’amore per la cucina dalle donne di casa, soprattutto dalla madre Katja, ultima matrona di una dinastia iniziata nel 1897. Dai tempi della trattoria dei suoi avi le cose sono molto cambiate, ma Kavčič, spostandosi dalle colline di Gorizia al castello di Zemono, ha portato con sé tutta la passione per i sapori genuini della valle del fiume Vipacco e per le ricette tradizionali. «Assaggiate il kraški pršut, il prosciutto del Carso, o il Vipavski pršut, il prosciutto di Vipacco. Un modo originale per assaporare i gusti di tutta la regione è che la fetta di prosciutto sia cotta sull’aceto e servita con la polenta. Oltre al prosciutto c’è grande interesse anche per altri insaccati e prodotti di carne come i salami, le salsicce, i ciccioli, la pancetta, collo di maiale, špehovka (ciambella con ciccioli)». Nel racconto, ancora una volta emergono le minestre e gli stufati «che si mangiano con il cucchiaio, come ad esempio il brodo di manzo con tagliatelle o gnocchetti di semolino fatti in casa». Con orgoglio aggiunge che «I famosi prodotti a base di carne essiccata con Indicazione Geografica Protetta si producono con i procedimenti di salatura e stagionatura con la tipica bora del Carso. Le cosce di maiale conservate in modo tradizionale e altri insaccati si abbinano bene con ottimi formaggi e vini rossi del Collio e del Carso». Magnifici i suoi ravioli di foie gras e prezzemolo, anche se poco vincolati alla tradizione. Così risultano ancora più chiare le parole della cuoca bistellata ANA ROŠ di Caporetto (hisafranko.com): “La Slovenia è così ricca di diversità che la sogliola può essere condita con il cuore di cervo affumicato e sulla lingua bovina si può mettere un’ostrica”. Riccardo Lagorio
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La grigliata del Campanaccio.
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o non sono un cuoco ma un semplice grigliatore». L UCIANO M ONGARDI è il patron e responsabile-unico-super esperto della grande griglia del ristorante Il Campanaccio di Imola. Un locale storico situato sulla via Emilia, in questo comune che è sì in provincia di Bologna ma ha storia, tradizioni gastronomiche, accento e “sangue” della parte romagnola della regione. Ed è proprio la griglia, la carne alla griglia, la specialità del Campanaccio, che Mongardi e famiglia gestiscono dal 1971, quasi cinquant’anni d’onorata attività insomma. Iniziarono il fratello e il cognato rilevando il locale dalla gestione precedente, quella di un pittore imolese, TONINO DAL RE, che lo aveva aperto nel 1960, e le cui “tracce” restano ancora oggi alle pareti grazie ad un grande murales che celebra lo spirito delle osterie e la magia di Bacco. Il Campanaccio è una classica trattoria romagnola, rustica, calda e accogliente, nel menu come nello stile e nell’arredamento, archi in pietra a vista, pentole in rame. Una settantina di coperti, dimezzati in era Covid, e un piccolo e grazioso spazio all’aperto, perfetto per mangiare sotto gli alberi nelle calde giornate estive. La cucina, come ho accennato, è quella tradizionale della zona, con la pasta fresca “fatta in casa” dalle esperte sfogline capaci di dar vita a capolavori a base di uova,
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La carne di castrato alla brace. farina e mattarello che si chiamano tagliatelle, tortelloni, ravioli, strozzapreti, garganelli. «L’unica cosa che non facciamo da soli è il riso» mi dice Luciano. Tra le minestre sono sicuramente da assaggiare gli Strichetti con lo scalogno di Romagna e il Prosciutto di Parma e il Gramignone condito con salsiccia, panna e funghi; in stagione, i piatti a base di tartufo o il menu dedicato al carciofo. Per iniziare, però, non può mancare la piadina, sempre home made, da affiancare al ricco tagliere di salumi locali, la coppa di testa, il salame, la salsiccia passita… Luciano si affida da anni al Salumificio Capelli di Castel Guelfo (BO), «un’azienda a conduzione famigliare, non proprio a km 0 ma quasi, più o meno a km 10/20» dice sorridendo. E da ottobre a marzo tra gli antipasti si possono gustare anche i mitici ciccioli verdi romagnoli, aromatizzati leggermente con le foglie d’alloro, da affettare come la coppa di testa. Una vera e propria tipicità norcina locale, nella quale è oramai molto raro imbattersi a tavola. «La stagionalità dei prodotti, degli ortaggi che accompagnano le carni e che usiamo per le varie preparazioni, per noi è fondamen-
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tale» sottolinea Luciano, tanto che accanto ai classici in menu c’è sempre qualcosa di nuovo legato al periodo. Tra Emilia e Romagna c’è di mezzo il castrato Ma è nei secondi piatti che Il Campanaccio vanta notorietà e adepti, che accorrono a Imola per assaggiare tutto quello che finisce sulla brace e nel forno a legna, pizza serale compresa. «Una volta sono riuscito a far stare sulla griglia una “porzione” per trenta persone» prosegue Luciano, con il quale entro nel vivo della conversazione in tema “carni”, parlando di un altro dei simboli della tavola romagnola, anzi, della tavola «da Bologna a Faenza» puntualizza: il castrato. Come si legge in “Porci e porcari nel Medioevo. Paesaggio economia alimentazione” (a cura di MARINA BARUZZI e MASSIMO MONTANARI, Bologna 1981), ed è riportato dal sito Strada della Romagna (www.stradadellaromagna.it), “Nonostante la diffusione del pascolo suinicolo nella Valle Padana, i Romani mantennero la tradizione mediterranea dell’allevamento ovino e la netta separazione tra usi alimentari dei Romani e delle popolazioni padane (Galli) si rese ancora più evidente
A sinistra: Luciano Mongardi e la moglie Maria Grazia. A destra: gli arrosticini di castrato. in epoca Medievale, dopo l’arrivo dei Longobardi. L’attuale territorio emiliano, fino a Bologna, fu inglobato nell’area dominata dai Longobardi, mentre la ‘Romagna’, che proprio in quel periodo fu identificata con questo nome a causa del persistere della tradizione romana, rimase all’interno dei territori bizantini. Alla frattura politica si accompagnò anche una diversificazione economica e degli usi alimentari che si è mantenuta fino ai giorni nostri: l’Emilia è l’area suinicola per eccellenza, mentre in Romagna le carni di maiale si accompagnano a quelle di pecora, e di ‘castrato’ in particolare, che oltre Bologna sono praticamente sconosciute”. Col termine “castrato”, castrè o castron in dialetto romagnolo, si designano sia l’agnello appartenente ad una delle razze specializzate da carne presenti sul territorio, come la Bergamasca o la Biellese, che ha subito il processo di castrazione in giovane età, sia il tipo di carne che da esso si ricava. La castrazione nel maschio si effettua prima della maturazione sessuale, “colpevole” della successiva durezza delle carni e del loro odore “forte”, mentre la femmina non deve avere ancora partorito. La macellazione avviene a circa due anni di vita, «quando
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l’animale è diventato molto grasso e quindi molto buono» commenta Luciano. Il “Castrato di Romagna” figura nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. Pranzo o cena a tutto castrato «Io uso di solito busti ovini interi, di circa 45/50 kg di peso (80 kg circa peso vivo). Un animale grande così è il massimo della tenerezza e del gusto: in cucina ne consumiamo uno/uno e mezzo a settimana» prosegue Luciano Mongardi. «Sono un autodidatta, la carne la seziono e la preparo da me e della pecora non butto via nulla. Coi ritagli grassi ad esempio preparo gli arrosticini, a mano, più grossi di quelli che si mangiano di solito, oppure il ragù, un sugo “rosa”, con pochissimo pomodoro, da mangiare con gli strozzapreti, mai con la pasta all’uovo». Il resto va tutto sulla griglia, dalla coscia di castrato, «molto magra, serve un fuoco veloce», alle costole, «belle grasse, vanno cotte bene, con attenzione», alla spalla, «un taglio da assaggiare, un po’ grassettino, che di solito si mangia in umido ma che alla brace risulta bello croccante e molto molto saporito». Il condimento per questa tipologia di carne è semplice: sale di Cervia, pepe, olio
extravergine d’oliva e un pesto a base di erbe, alloro, rosmarino, salvia e aglio, messo sopra a crudo. Ad accompagnare il tutto verdure e patate sempre cotte nel forno a legna e, nella terra del Passatore, è d’obbligo un Sangiovese, meglio se di tipologia Superiore. Chi non apprezza la carne ovina può optare per la grigliata con tutti i tagli del maiale, il galletto allevato a terra, spaccato a metà, marinato e speziato, il filetto e la tagliata di manzo («uno dei nostri piatti forti») e la fiorentina. «Per il bovino scelgo carne di razza Piemontese o trentina che faccio frollare in un frigorifero per il dry age; la Romagnola non mi piace perché è troppo fibrosa» conclude Luciano. E se di fine si parla, guai a dimenticare i dessert preparati da MARIA GRAZIA, moglie di Luciano, torte e dolci al cucchiaio, zuppa inglese, tiramisù. D’altronde si sa, non importa quanto tu abbia mangiato, c’è sempre spazio per il dolce. Gaia Borghi Ristorante Il Campanaccio Via Emilia Ponente 40/1 40026 Imola (BO) Telefono: 335 6384918 Web: www.ilcampanaccioimola.it
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FIERE
Appuntamento con Fiere Zootecniche Internazionali Roberto Biloni, neopresidente di CremonaFiere, anticipa i contenuti dell’edizione 2020 in programma dal 3 al 5 dicembre
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orna l’appuntamento annuale con Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona, in programma da giovedì 3 a sabato 5 dicembre 2020. Lo ha assicurato il nuovo presidente di CremonaFiere Spa, ROBERTO BILONI: «Fiere Zootecniche Internazionali è stato riprogrammato a dicembre per garantire una manifestazione fieristica in totale sicurezza. Per i settori a cui si rivolgono queste rassegne Cremona e il suo territorio ricoprono un ruolo di primo piano perché qui affondano le radici l’allevamento e l’agroalimentare».
Roberto Biloni, presidente di CremonaFiere (photo © laprovinciacr.it).
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Quali saranno le principali novità? «La prima novità è rappresentata dalle date, dal 3 al 5 dicembre. Una scelta che parte da elementi organizzativi dettati dall’emergenza sanitaria e dall’opportunità di rispondere ancor meglio alle necessità della mostra zootecnica. L’altra novità è che la rassegna si terrà sia in presenza che in digitale per consentire una piena e serena fruizione dell’evento: fisica, ma in sicurezza, perché l’incontro tra le persone è la modalità più naturale, proficua e insostituibile; digitale, perché in epoca Covid dobbiamo essere capaci di raggiungere chi non è in grado di venire a Cremona, che sia un operatore italiano o internazionale. Infine, per amalgamare queste modalità prevediamo una componente espositiva che consenta di mantenere il distanziamento fruendo facilmente degli spazi, facilitando il business in condizioni di totale sicurezza e applicando tutti i protocolli già presentati dalla nostra associazione al Governo».
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Per far fronte alle esigenze di sicurezza sanitaria, semplificazione logistica, ottimizzazione e visibilità delle aziende, e ospitare anche quest’anno una mostra zootecnica d’eccellenza, Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona ha scelto per l’edizione 2020 le date del 3, 4 e 5 dicembre invece di ottobre. La rassegna si svolgerà sia fisicamente sia in modalità on-line e proporrà un ampio e articolato programma convegnistico, un qualificato parco espositivo con la presenza delle aziende più rappresentative del settore, l’esposizione dei migliori capi di bestiame, figli della più moderna selezione genetica appartenenti alle razze Frisona, Bruna, Jersey. Il settore oggi più che mai ha bisogno di un’occasione di confronto fra gli operatori, pertanto CremonaFiere sta lavorando per fornire una vetrina unica in presenza e on-line, in quest’anno eccezionale per il modello produttivo italiano. Tutto si svolgerà mettendo al centro la sicurezza sanitaria, nel massimo rispetto delle disposizioni anti-Covid previste dalla normativa vigente.
La rassegna si terrà sia in presenza che in digitale: fisica, in sicurezza, perché l’incontro tra le persone è la modalità più naturale, proficua e insostituibile; digitale, perché in epoca Covid dobbiamo poter raggiungere chi non è in grado di venire a Cremona
Ci sarà qualche approfondimento sulle razze da carne? «Non ci saranno approfondimenti specifici, ma alcuni temi sono assolutamente trasversali: dal benessere animale alla sostenibilità, dalle energie rinnovabili alla gestione degli allevamenti in epoca post-Covid». Quali saranno le misure anti-Covid per garantire lo svolgimento in sicurezza per visitatori ed espositori? «Come ho ricordato, le regole saranno quelle stabilite dal protocollo
già condiviso dalla nostra associazione e approvato dal Governo. Le modalità sono ormai note e vanno dalla registrazione elettronica degli operatori, che tra l’altro noi facciamo già da diversi anni, alla misurazione della temperatura in ingresso che precluderà l’accesso a chi dovesse superare i 37,5 ºC, all’igienizzazione delle mani all’ingresso oltre a interventi accurati e costanti di pulizia nei padiglioni e nelle aree comuni. Sarà richiesto l’uso obbligatorio delle mascherine e l’applicazione delle ormai usuali regole di comportamento per evitare gli assembramenti. In pratica, dovremo comportarci tutti come ci viene richiesto ormai da mesi in tutte le circostanze della vita quotidiana, da quella privata a quella lavorativa». Un tema che inizia ad essere caro al consumatore finale è quello del benessere animale. Ci saranno contenuti ad hoc su questo argomento? «Certamente. Il benessere animale è uno dei temi portanti perché rappresenta uno snodo importante anche per la valorizzazione della nostra filiera. Il benessere animale ha una importante componente etica che può diventare un ulteriore valore aggiunto nei nostri prodotti e si traduce anche in maggiore sostenibilità per le aziende». >> Link: www.fierezootecnichecr.it
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#anugafoodtec Food ingredients e processi innovativi spingono riformulazione e sviluppo di nuovi prodotti con Anuga FoodTec 2021
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uali saranno gli alimenti del futuro? Discussioni su ingredienti, sostenibilità, tracciabilità della filiera, salute e risparmio delle risorse trainano lo sviluppo di nuovi alimenti e bevande in grado di soddisfare queste esigenze. Ma anche il rincaro o la scarsità di specifiche materie prime o ancora l’evoluzione delle preferenze dei consumatori possono condurre alla revisione e al perfezionamento delle ricette da parte delle aziende produttrici.
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In questo processo un ruolo determinante spetta a Food ingredients e processi tecnologici innovativi. Anuga FoodTec, il salone internazionale leader al mondo per tecnologie alimentari e bevande, fornirà un quadro completo di tecnologie e ingredienti di ultima generazione. Numerose aziende affrontano questa tematica con riferimento a varie fasi del processo e proporranno le loro soluzioni alla rassegna che si terrà a Colonia dal 23 al 26 marzo 2021.
Le ricette dei prodotti al banco di prova Le sfide e le proposte legate alla riduzione di sodio, zuccheri e grassi, ma anche carne, latte e glutine incontrano ostacoli non solo di carattere tecnico, ma anche inerenti a scelta degli ingredienti adatti e ripercussioni sui costi; molte aziende produttrici del settore Food & Beverage si sono messe al lavoro per trovare una soluzione. Gli sviluppatori di prodotti si trovano davanti ad un dilemma: l’eliminazione o
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20° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE
parma
4/7maggio2021
welcome to foo d la n d
Visitatori presso lo stand MULTIVAC ad Anuga FoodTec 2018. Ogni tre anni Anuga FoodTec rappresenta la piattaforma più importante al mondo per le tecnologie alimentari e delle bevande. Con oltre 50.000 visitatori professionali provenienti da 154 Paesi, e circa 1.700 espositori, nella scorsa edizione Anuga FoodTec ha registrato valori record (photo © Koelnmesse GmbH, Harald Fleissner). l’aggiunta di ingredienti comportano sempre delle conseguenze su durata, texture e, soprattutto, gusto, il fattore decisivo in tema di percezione di un prodotto. Per esempio, la presenza di sale nel formaggio inibisce microrganismi pericolosi, mentre nello yogurt lo zucchero agisce sulla fermentazione e il grasso è un elemento importante per la texture dei prodotti da forno. La modifica di un singolo componente della ricetta provoca un cambiamento del prodotto nel suo complesso.
Ridurre i grassi senza pregiudicare il gusto Alla costante ricerca di soluzioni, scienziati e sviluppatori di prodotto combinano metodi di produzione tradizionali a tecnologie innovative e food ingredients funzionali e personalizzati. Ad Anuga FoodTec i subfornitori presenteranno le soluzioni adatte a ogni specifica sfida. Le proteine vegetali svolgono un ruolo fondamentale in veste di emulsionanti e stabilizzatori, ma anche per definire la struttura di un prodotto. A questo riferimento
Ad Anuga FoodTec, in programma a Colonia dal 23 al 26 marzo 2021, le aziende alimentari troveranno un’infinità di food ingredients e tecnologie che spianeranno la strada verso la riformulazione dei prodotti, nel massimo rispetto della qualità sensoriale
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un progetto di ricerca dell’Istituto Fraunhofer IVV di Monaco si prefigge di ridurre del 30% il contenuto di grassi in creme e farciture per prodotti da forno. In sostituzione si ricorre alle proteine micellari, ottenute dai lupini o altri legumi, che presentano caratteristiche strutturali simili ai grassi e consentono di incrementare il contenuto proteico, riducendo al contempo la densità energetica complessiva. Gli scienziati sperano di raggiungere l’obiettivo grazie anche ad una nuova tecnologia ad altissima pressione che consente di ridurre o eliminare completamente l’uso di conservanti. L’impiego di proteine vegetali è inoltre molto promettente in sostituzione di gelatine, caseine, proteine di siero di latte o proteine del tuorlo, dato che svolgono la funzione di emulsionanti, agenti schiumogeni o gelificanti per pro-
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dotti da forno, zuppe, salse e creme spalmabili. Proteine vegetali per una texture simile alla carne Il trattamento a cui vengono sottoposte le proteine vegetali ne modifica le caratteristiche sensoriali e tecno-funzionali. Per ottenere prodotti a base vegetale che risultino vincenti è necessario un approfondito know-how tecnologico. Nel caso di processi di estrusione complessi si conferma per esempio determinante la scelta della giusta temperatura e della velocità di estrusione della materia prima attraverso l’ugello. Questo metodo si usa da tempo per realizzare snack a base di arachidi, cereali per la colazione o prodotti per l’alimentazione animale. Le linee complete moderne per simili applicazioni includono le fasi di pesa, miscelazione, estrusione, essiccazione e tostatura, macinatura, vaglio, stoccaggio e imballaggio. Questo metodo può anche servire per conferire ad alimenti ad alto contenuto proteico a base di materie prime vegetali una texture il più possibile simile alla carne. Mentre le proteine di soia e grano hanno fatto a lungo la parte del leone in materia di definizione della texture, le proteine prive di allergeni ottenute da leguminose, patate, girasoli e alghe si stanno ora impadronendo della scena. Con i moderni estrusori a doppia coclea in
versione ibrida è possibile produrre, con costi di attrezzaggio minimi, sia proteine vegetali testurizzate che sostituti della carne ad elevato contenuto di acqua. I prodotti estrusi costituiscono poi la base per una serie di burger, nuggets o würstel riformulati, con un contenuto di grassi decisamente inferiore e un profilo salutare di acidi grassi, senza colesterolo, nitriti e fosfati. Ispirazioni per lo sviluppo di prodotti Sia che si tratti di ridurre il contenuto di sale in prodotti a base di pesce e succhi di verdura, diminuire la percentuale di zucchero nei cereali per la colazione e nei latticini, o ancora tagliare i grassi in prodotti a base di carne e prodotti da forno, ad Anuga FoodTec 2021 le aziende alimentari troveranno un’infinità di food ingredients e tecnologie che spianeranno la strada verso la riformulazione dei prodotti, nel massimo rispetto della qualità sensoriale. Nell’ambito dei forum tecnici in programma durante la rassegna, i principali esperti dell’industria e della scienza discuteranno delle ultime sfide e degli aspetti giuridici relativi allo sviluppo prodotti. >> Link: www.anugafoodtec.com Nota A pagina 112, photo © Koelnmesse GmbH, Harald Fleissner.
Koelnmesse, Global Competence in Food and FoodTec Koelnmesse è leader internazionale nell’organizzazione di fiere del food e manifestazioni sulla lavorazione di bevande e prodotti alimentari. Fiere come Anuga, ISM e Anuga FoodTec sono leader mondiali consolidati. Koelnmesse organizza fiere del food e della relativa tecnologia non solo a Colonia, ma anche in molti altri mercati emergenti di tutto il mondo, come per esempio in Brasile, Cina, Colombia, Giappone, India, Italia, Tailandia e negli Emirati Arabi Uniti, dedicate a varie tematiche e contenuti. Con queste attività a livello globale Koelnmesse offre ai propri clienti eventi su misura in diversi mercati, a garanzia di un business sostenibile e di carattere internazionale. >> Link: www.global-competence.net/food
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Le eccellenze della filiera avicola in vetrina a Fieravicola edizione 2021
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e eccellenze della filiera avicola saranno al centro dell’edizione 2021 di Fieravicola, che si terrà alla Fiera di Rimini di Italian Exhibition Group dal 4 al 6 maggio. La manifestazione si propone come vetrina specializzata in cui presentare l’intero processo produttivo del comparto avicolo e tutte le sue segmentazioni: dalla mangimistica e la genetica, all’allevamento, alle tecnologie e impianti di lavorazione e confezionamento carni,
uova e ovoprodotti, refrigerazione, trasporto e logistica, attrezzature agricole per zootecnia, tecnologie per la sostenibilità ambientale, marketing. All’edizione 2021 non mancheranno le novità, ad iniziare dalla location. Per la prima volta, infatti, Fieravicola si terrà a Rimini e sarà in contemporanea con Macfrut, la fiera internazionale dell’ortofrutta. Un incontro che ha un chiaro
obiettivo: dare vita a un grande polo dell’agribusiness capace di attrarre espositori e visitatori da tutto il mondo grazie alla messa in rete delle due fiere. Fieravicola è stata e continuerà ad essere il punto di riferimento per il settore avicunicolo italiano. Numerosi i motivi di questo connubio, tra cui la sua storia pluridecennale, le sue relazioni con tutti i protagonisti della filiera, il radicamento con il territorio.
Durante la tre giorni fieristica di Fieravicola, in programma a Rimini dal 4 al 6 maggio 2021, un ricco programma convegnistico metterà in luce alcuni temi chiave con forum tecnici e scientifici dedicati a benessere animale, sostenibilità e biosicurezza. Sono previsti appuntamenti rivolti anche alla Grande Distribuzione e al consumatore finale.
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Oggi, altra novità, con la gestione della nuova società Fieravicola composta da Italian Exhibition Group, Fiera di Forlì e Cesena Fiera, si punta ad un importante rilancio soprattutto in chiave internazionale. Innovazione e internazionalizzazione sono infatti i due driver su cui viene impostata l’edizione 2021 per testimoniare lo sviluppo di questa filiera che si è già mossa in un’ottica di modernizzazione. Non da oggi, infatti, la filiera avicola è impegnata nel miglioramento del processo produttivo, attenta alla selezione e all’uso delle materie prime, al condizionamento ambientale, all’utilizzo di tecnologie moderne, alla selezione delle razze in ottica sostenibile, alle modifiche degli stili alimentari e alle sensibilità dei consumatori. Durante la tre giorni fieristica un ricco programma convegnistico metterà in luce alcuni temi chiave con forum tecnici e scientifici dedicati a benessere animale, sostenibilità e biosicurezza. Sono previsti appuntamenti rivolti anche alla Grande Distribuzione e al consumatore finale, mettendo in evidenza che il prodotto avicolo è tra le proteine più indicate in diete equilibrate, vanta prezzi sostenibili e assicura tutte le caratteristiche di sicurezza grazie alla tracciabilità del prodotto. Fieravicola 2021 avrà inoltre una fitta agenda per incontri B2B con buyer esteri che gli espositori potranno fissare preventivamente, incontri finalizzati ad accrescere la domanda nel mercato mondiale ed estendere il network internazionale. I paesi target dell’edizione 2021 sono in Europa Germania,
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Regno Unito, Francia, Spagna, Danimarca e Svezia, il Nord Africa e la Russia. «Stiamo lavorando ad un obiettivo ambizioso, quello di realizzare una grande fiera di respiro internazionale, che diventi la vetrina della filiera avicunicola italiana nel mondo, e al contempo stiamo cercando di sfruttare al meglio le sinergie di due fiere specializzate come Macfrut e Fieravicola per costruire un grande polo romagnolo dell’agribusiness, capace di attrarre espositori e visitatori da tutto il mondo» dichiara il presidente di Fieravicola RENZO PIRACCINI. «La presentazione della prima edizione di questo nuovo corso è anche occasione per un approfondimento su importanti tematiche come il benessere animale e la sostenibilità che saranno al centro anche della manifestazione fieristica del maggio prossimo». «Italian Exhibition Group — afferma l’Amministratore Delegato IEG, CORRADO PERABONI — da sempre investe sulla filiera dell’agribusiness e coltiva la sua leadership di settore in campo fieristico dando lustro e visibilità internazionale alle singole filiere, dalla gelateria e pasticceria alla panificazione, dalle bevande al foodservice. Non da ultimo, il contributo alla creazione di una piattaforma efficiente per lo sviluppo di Macfrut. Per questo, crede fortemente e ha voluto investire con decisione nel rilancio di un'eccellenza territoriale qual è Fieravicola, contribuendo una volta di più, e nei fatti, all'integrazione ed alla valorizzazione internazionale delle produzioni fieristiche limitrofe di grande qualità». >> Link: www.fieravicola.com
TECNOLOGIE
Digitalizzare e automatizzare è facile grazie alle tecnologie di CSB-System
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obiettivo di qualsiasi azienda è lavorare in modo sempre più efficiente e più flessibile al fine di aumentare la sicurezza alimentare e i margini di guadagno. Oggi più che mai, digitalizzazione e automazione possono essere la ricetta del successo per tutte le aziende del settore alimentare, indipendentemente dalle dimensioni. Uno sguardo alle aziende leader dimostra quanto le tecnologie digitali e l’automazione conducano a miglioramenti decisivi. Ma qual è la ricetta per il successo? Sicuramente non è necessaria una strategia elaborata fin nel più piccolo dettaglio. Si tratta piuttosto di migliorare passo per passo
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processi, metodi e tecnologie già esistenti. Con piccoli progetti pilota si acquisisce la capacità e l’esperienza per favorire la creazione di un’infrastruttura tecnica idonea e poi la si amplia pian piano fino alla fabbrica intelligente. Il punto di partenza/origine resta dunque l’ERP, strumento centrale per la gestione dell’azienda. Il CSB ERP Il CSB ERP è stato sviluppato specificatamente per il settore alimentare ed offre funzionalità estese per tutte le aree aziendali. Disponibile anche in cloud e app, è estendibile in maniera modulare e flessibile secondo step decisi in
azienda; lo stesso software può essere usato a livello globale per gestire in maniera centralizzata più stabilimenti presenti anche in Paesi diversi. Grazie all’applicazione MES, la funzione produttiva è sempre sotto controllo. In generale, le tecnologie CSB offrono un enorme contributo verso l’automazione e la digitalizzazione, con chiari vantaggi in tutte le aree aziendali. Per brevità ne menzioneremo solo tre. I vantaggi per l’area direzionale Grazie alla tecnologia CSB, è possibile gestire i processi aziendali di qualsiasi settore alimentare, già ottimizzati secondo le best practice internazionali. Il management può
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In alto: CSB fornisce soluzioni pratiche per rispondere in modo ottimale alle richieste dei clienti. In basso: automazione e digitalizzazione semplificano il processo produttivo. A sinistra: le tecnologie CSB offrono un enorme contributo verso l’automazione e la digitalizzazione, con chiari vantaggi in tutte le aree aziendali.
accedere in qualsiasi momento e dovunque si trovi a tutte le informazioni essenziali per se stesso, per i dipendenti o per le autorità di controllo. Misurare la performance giornaliera di tutti i reparti aziendali e i margini di contribuzione dei prodotti diventa più semplice. In un contesto del genere, è anche più facile prendere le decisioni giuste, innescare miglioramenti e aumentare i margini. I vantaggi per l’area produzione Pianificare le capacità produttive e ottimizzare l’utilizzo delle linee di produzione, guadagnando addirittura in flessibilità: il CSB-System offre un enorme contributo in questa
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direzione, grazie all’integrazione completa della logistica interna ed esterna nei processi operativi. Si può addirittura affermare che il potenziale maggiore, al momento, si trovi nell’intralogistica. Tecnologie come gli impianti di produzione e confezionamento, i sistemi di preparazione ordini parzialmente automatizzati, gli impianti di smistamento e i magazzini a scaffalature per pallet o singole casse forniscono soluzioni pratiche per rispondere in modo ottimale a
richieste quali l’incremento degli assortimenti, l’oscillazione delle vendite e cicli brevi di ordini-consegne. Soprattutto in presenza di margini ridotti o di un’elevata pressione sui prezzi, l’automazione collegata in rete di produzione, confezionamento, stoccaggio e preparazione ordini fornisce la migliore strategia per ridurre i costi e migliorare la competitività. In altre parole, nell’industria alimentare automazione e digitalizzazione semplificano il processo
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Automatizzare la produzione è la migliore strategia per ridurre i costi e migliorare la competitività. produttivo, evitano gli errori causati da un inserimento manuale dei dati, controllano la performance dei processi con conseguente miglioramento degli stessi. CSB App basate su web e cloud consentono di monitorare e gestire l’intero processo produttivo e fornire su PC, tablet o smartphone, dashboard per gli indici finanziari, dati sulle vendite o KPI della produzione. L’allestimento di impianti con sensori e connettività consente una manutenzione attenta di processi e macchine, al fine di evitare costosi tempi di inattività. Senza dubbio, l’automazione dell’intralogistica pone le fonda-
menta per il passaggio verso l’Industria 4.0 e la fabbrica intelligente. I vantaggi per l’area commerciale Grazie al CRM del CSB ERP l’azienda è sempre allineata in modo ottimale con i suoi clienti e potenziali clienti. Digitalizzare via web o EDI i processi di vendita integrati nel CSB ERP consente di ridurre i margini di errore e aumentare il servizio verso clienti e partner commerciali. Statistiche e report liberamente definibili, inoltre, eseguono un controllo puntuale delle vendite per ottenere trasparenza sul team commerciale, sui margini di contribuzione e sui mercati di ven-
Non bastano prodotti di alta qualità per essere competitivi sul mercato: l’impiego di tecnologie all’avanguardia è diventato un fattore decisivo per il successo di un’azienda. Il gruppo CSB-System è il partner IT giusto verso la trasformazione digitale perché mette a disposizione ERP e soluzioni tecnologiche concrete già consolidate in innumerevoli progetti di successo
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dita. Per concludere, non bastano prodotti di alta qualità per essere competitivi sul mercato: l’impiego di tecnologie all’avanguardia è diventato un fattore decisivo per il successo di un’azienda. Il gruppo CSB-System è il partner IT giusto verso la trasformazione digitale perché mette a disposizione ERP e soluzioni tecnologiche concrete già consolidate in innumerevoli progetti di successo.
Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Misura del valore di pH: con Testo è facile ed efficiente
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l valore del pH dei prodotti alimentari influisce direttamente sulla crescita di microorganismi. Il tasso di acidità di frutta, condimenti per insalate, marmellate, ecc… è un inibitore naturale della crescita microbica. Più è basso il valore pH, più è difficile che i germi riescano a moltiplicarsi. Il valore di pH è molto importante nella lavorazione di carni e salumi. Influenza direttamente le proprietà chiave dei prodotti come igroscopicità, sapore, colore, tenerezza e durata di conservazione della carne. Come misurare il valore di pH? 1. Scegliere l’elettrodo e lo strumento giusti per l’impiego previsto. 2. Controllare l’elettrodo (livello del liquido, rottura del vetro, aprire il tappo prima della misura). 3. Sciacquare l’elettrodo con acqua
Testo 205, rilevazione del pH.
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Scala del pH: qualche esempio
e asciugarlo. Non strofinare! 4. Immergere l’elettrodo nella soluzione di misura, agitarlo brevemente, quindi lasciarlo fermo. Nella maggior parte dei casi il valore pH con elettrodo “fermo” è quello più corretto. 5. Attendere fino a quando viene raggiunto un valore stabile con l’aiuto della funzione automatica Hold. 6. Sciacquare l’elettrodo con acqua di rubinetto e conservarlo in
base alle istruzioni del costruttore. 7. La temperatura della soluzione di misura deve essere documentata insieme al valore pH. Questo vale per tutte le misure del valore pH e per tutti i misuratori di pH. Misura del pH con Testo La misura del pH nell’industria alimentare non soltanto deve essere particolarmente precisa, ma richiede anche strumenti di misura flessibili. Infatti, gli strumenti devono adattarsi alle sostanze più diverse: a sostanze semisolide come carne, a sostanze pastose come gelatina, ricotta o formaggio e naturalmente a liquidi come latte, bevande o acqua. Da Testo è possibile trovare le sonde ottimali per ogni applicazione e tutti gli accessori e i materiali di consumo necessari.
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osì si presenta la nuova affettatrice Formax® SX330 di PROVISUR TECHNOLOGIES. La nuova generazione di affettatrici è particolarmente adatta ai neofiti della lavorazione automatizzata delle carni, salumi e formaggi, nonché alle aziende che vogliono aumentare la loro produttività grazie alla maggiore velocità del coltello di
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L’innovativo sistema di affettatura con lama a falce della nuova SX330 garantisce prestazioni al top con una capacità di taglio di fino a 1.500 fette/minuto. Multiple applicazioni La nuova Formax® SX330 copre un’ampia gamma di applicazioni, dai semplici sistemi di affettatura senza controllo peso fino alle linee di affettatura complesse. Il modello può essere ampliato con tutti i componenti per affettamento di Provisur come: interfoglio, scanner 3D oppure scambio segnali per caricamento automatico nella macchina confezionatrice. Prosciutto cotto. Tempi minimi di preparazione/ sostituzione accessori La sostituzione degli attrezzi per la lavorazione dei prodotti diversi è molto facile: la cornice di taglio e la pinza sono versatili e permettono la lavorazione dei diversi tipi di formaggi, carni e/o salumi. Grazie al design aperto e igienico, la SX330 è anche facilmente accessibile per la sanificazione e permette di cambiare facilmente gli accessori di taglio senza l’uso di utensili. Prosciutto crudo. Benvenuto allo sviluppo La SX330 completa perfettamente la gamma delle attrezzature per affettamento Provisur per un passaggio facile e professionale al taglio automatizzato dei vostri prodotti. •
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SICUREZZA ALIMENTARE
Animali infestanti e domestici negli stabilimenti alimentari di Marco Cappelli
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n importante aspetto della sicurezza alimentare è quello, talvolta sottovalutato dagli operatori del settore alimentare, del rischio di contaminazioni che può derivare da animali. Nessun sistema di autocontrollo può trascurarlo, nessun atto di controllo ufficiale può omettere di considerarlo. L’interazione degli animali con l’ambiente nel quale vengono preparati o commercializzati alimenti può essere inquadrata in due diverse categorie: • quella dovuta alla presenza di
animali infestanti e parassiti; • quella dovuta alla presenza di animali domestici. Non si farà alcuna trattazione degli animali oggetto di allevamento, che costituiscono l’essenza dell’attività produttiva, né degli animali che si comportano da infestanti o parassiti dei “futuri” alimenti già nell’ambiente di coltivazione, allevamento o cattura. Si tratterà invece di quanto avviene negli stabilimenti del settore alimentare: laboratori, depositi, esercizi di vendita.
Prima di fare le necessarie considerazioni, è opportuno rivisitare le principali normative che hanno affrontato il problema, alcune solo per interesse storico essendo ormai superate dalla normativa nazionale più recente e, infine, da quella comunitaria. Legge 29 marzo 1928, n. 858, Disposizioni per la lotta contro le mosche, art. 11 “Il Ministro per l’Interno è autorizzato ad emanare, con proprie ordinanze, norme obbligatorie per la lotta contro le
Gli animali cosiddetti “infestanti” condividono con l’uomo l’ambiente di vita. In molti casi gli animali possono trovare condizioni di vita favorevoli nei locali adibiti alla preparazione, somministrazione, deposito o commercio di alimenti, sia per il microclima che per la disponibilità di nutrienti. Roditori, come topi e ratti, e insetti, come blatte e formiche, tendono ad insediarsi stabilmente nelle strutture del settore alimentare (photo © dusanpetkovic1 – stock.adobe.com).
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2. è vietata la esposizione all’aperto, fuori dello spaccio, delle sostanze di cui al precedente n. 1; 3. i locali tutti adibiti alla vendita ed i rispettivi retrobottega devono essere mantenuti puliti ed i rifiuti e le spazzature raccolti a norma dell’art. 2. (…) Le prescrizioni del presente articolo si applicano anche nei confronti delle macellerie e degli altri spacci che vendano comunque carni fresche.
Gli insetti come le mosche sono attratti da prodotti alimentari esposti, soprattutto se mal conservati, sui quali depositano le loro uova per consentire alle larve di nutrirsi, comportandosi quindi da parassiti (photo © KEA). mosche, nei loro vari stadi di sviluppo, nei centri di popolazione agglomerata, con speciale riguardo: a. agli istituti di ricovero e cura, pubblici e privati, e ad altre collettività; b. agli stabilimenti di produzione di sostanze alimentari, alle fiere e mercati, agli esercizi pubblici, agli spacci di generi alimentari, alle stalle di qualsiasi specie”. Decreto del Capo del Governo 20 maggio 1928, norme obbligatorie per l’attuazione della L. 29 marzo 1928, n. 858, contenente disposizioni per la lotta contro le mosche, articoli 9, 10, 11, 12 “ART. 9. DEGLI ESERCIZI PUBBLICI. Negli esercizi pubblici (…) comprese le latterie, oltre alle prescrizioni contenute nel regolamento locale di igiene, devono osservarsi le seguenti norme: 1. i locali nei quali si tengono, conservano o preparano i cibi e le bevande devono avere le aperture esterne munite di mezzi di protezione contro le mosche, conformi alle prescrizioni date dal podestà2, sentito l’ufficiale sanitario. Ugualmente protetti contro le mosche e con mezzi conformi alle prescrizioni stesse, devono essere i cibi
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in genere e le vivande preparate che si espongano in mostra; 2. le stoviglie e, in genere, gli accessori da tavola devono essere tenuti al riparo dalle mosche; 3. i locali tutti, compresi i retrobottega, devono essere mantenuti puliti; i rifiuti e le spazzature devono essere raccolti a norma dell’art. 2; le biancherie sudicie devono essere tenute in recipienti chiusi. (…) ART. 10. DEGLI
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MENTARI.
Negli spacci di vendita al pubblico di generi alimentari, all’ingrosso o al minuto, oltre alle prescrizioni contenute nel regolamento locale di igiene, devono osservarsi le seguenti norme: 1. i preparati di carne, il pane, le paste, i dolciumi, le frutta, le conserve, le verdure e, in genere, qualsiasi sostanza alimentare che si consumi senza previa cottura, o lavaggio, o dipellamento, o simile, devono essere protetti contro l’inquinamento ad opera delle mosche, con l’impiego di uno dei mezzi, come retine metalliche, campane di vetro, veli, carte moschicide, ventilatori o alti congegni adatti allo scopo, stabiliti, caso per caso, dal podestà2, sentito l’ufficiale sanitario;
11. DEI VENDITORI AMBULANTI. I venditori di generi alimentari indicati nell’articolo precedente, siano essi ambulanti, o a posto fisso, o in chioschi, o in banchette, o simili, devono uniformarsi, entro trenta giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza, alle norme contenute nel n. 1 dell’art. 10, per quanto concerne la protezione dei generi alimentari, ivi contemplati, contro inquinamenti ad opera di mosche. I locali nei quali detti venditori ripongono o confezionano la loro merce devono rispondere ai requisiti di cui al numero 3 dello stesso art. 10. 12. DEGLI STABILIMENTI DI SOSTANZE ALIMENTARI. Negli stabilimenti per la produzione, lavorazione o preparazione di sostanze alimentari, in tutti i locali adibiti alla raccolta ed alla lavorazione delle materie prime ed in quelli di deposito delle materie in corso di lavorazione o già lavorate, oltre alle prescrizioni contenute nel regolamento locale di igiene od in regolamenti speciali, devono osservarsi le seguenti norme: 1. le aperture esterne devono essere protette contro la penetrazione delle mosche; 2. i depositi dei rifiuti delle lavorazioni e dei residui suscettibili di ulteriore lavorazione, che non sia possibile di asportare giornalmente, devono essere protetti dalla invasione delle mosche. I mezzi da impiegarsi, caso per caso, per il trattamento contro le mosche, come idonee coperture delle materie stesse, carte o altre sostanze moschicide sovra o presso le materie in deposito, o altri congegni adatti allo scopo, sono indicati dal podestà2, sentito l’ufficiale sanitario. La disposizione che precede si applica anche nei confronti dei mattatoi,
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delle sardigne e dei depositi di pelli fresche e di residui animali”. Testo unico delle leggi sanitarie, RD 27 luglio 1934, n. 1265, art. 263 (articolo così sostituito dal DPR 10 giugno 1955, n. 854; in esso sono state rifuse le norme della Legge n. 858/1928) riporta: “L’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica emana direttive di carattere generale per impedire la moltiplicazione o la disseminazione delle mosche e degli altri artropodi vettori di agenti patogeni o causa diretta di malattia, ed emette, a tale scopo, ove occorre, anche ordinanze speciali. Il prefetto è autorizzato ad emanare, con ordinanza, norme obbligatorie per l’esecuzione delle direttive generali di cui al comma precedente e per coordinare e favorire le iniziative locali. Speciali misure devono essere ordinate dal sindaco: a. negli istituti di ricovero e cura, pubblici e privati, e in altre collettività; b. negli stabilimenti di produzione di sostanze alimentari, nelle fiere e mercati, negli esercizi pubblici, negli spacci di generi alimentari, nelle stalle di qualsiasi specie (…)”. Il DPR n. 327/1980 Diciotto anni dopo l’entrata in vigore della Legge n. 283/1962 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), il suo regolamento di esecuzione, emanato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 327/1980, all’art. 28 afferma che l’autorità sanitaria, al fine del rilascio dell’autorizzazione sanitaria (all’epoca prevista non per tutte le strutture, ma limitatamente agli stabilimenti e laboratori di produzione e ai depositi) deve accertare, tra l’altro, che i locali siano “muniti di dispositivi idonei ad evitare la presenza di roditori, ed altri animali od insetti”. È chiaro il riferimento agli animali infestanti, anche se il termine generico “animali” non esclude che la norma sia riferibile anche ad animali domestici. Il Regolamento (CE) n. 852/2004 (Pacchetto Igiene) Nel Regolamento, i requisiti sono trattati negli allegati.
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• Allegato I, parte A, par. II, punto 5, lettera e); tra i requisiti in materia di igiene per la produzione primaria è riportato: * “Gli operatori del settore alimentare che producono o raccolgono prodotti vegetali, devono, se del caso, adottare misure adeguate per: (…) e) per quanto possibile, evitare la contaminazione da parte di animali e insetti nocivi”; • Allegato I, parte B, punto 2, lettera h); tra le raccomandazioni inerenti i manuali di corretta prassi igienica è riportato: * “I manuali di corretta prassi igienica dovrebbero contenere informazioni adeguate sui pericoli che possono insorgere nella produzione primaria e nelle operazioni associate e sulle azioni di controllo dei pericoli, comprese le misure pertinenti previste dalla normativa comunitaria e nazionale o dai programmi comunitari e nazionali. Tra tali pericoli e misure figurano ad esempio: (…) “h) le procedure, le prassi e i metodi per garantire che l’alimento sia prodotto, manipolato, imballato, immagazzinato e trasportato in condizioni igieniche adeguate, compresi la pulizia accurata e il controllo degli animali infestanti”; • Allegato II, capitolo I, par. 2, lett. c); tra i requisiti applicabili alle strutture destinate agli alimenti è riportato: * “Lo schema, la progettazione, la costruzione, l’ubicazione e le dimensioni delle strutture destinate agli alimenti devono: (…) c) consentire una corretta prassi di igiene alimentare, compresa la protezione contro la contaminazione e, in particolare, la lotta contro gli animali infestanti”; • Allegato II, Capitolo III, par. 1; nel caso delle strutture mobili o temporanee, dei locali utilizzati principalmente come abitazione privata ma dove gli alimenti sono regolarmente preparati e dei distributori automatici, tra i requisiti igienico-strutturali è riportato: * “Le strutture e i distributori
Si rende necessario un monitoraggio adeguato e costante per verificare se, nonostante le azioni di prevenzione, animali infestanti siano entrati a colonizzare le strutture. Il monitoraggio può essere predisposto ed effettuato mediante osservazione diretta o mediante trappole per la cattura di esemplari (photo © Sergey – stock.adobe.com). automatici debbono, per quanto ragionevolmente possibile, essere progettati e costruiti, nonché mantenuti puliti e sottoposti a regolare manutenzione in modo tale da evitare rischi di contaminazione, in particolare da parte di animali e di animali infestanti”; • Allegato II, cap. VI, par. 3; per quanto riguarda i rifiuti alimentari: * “Si devono prevedere opportune disposizioni per il deposito e la rimozione dei rifiuti alimentari, dei sottoprodotti non commestibili e di altri scarti. I magazzini di deposito dei rifiuti devono essere progettati e gestiti in modo da poter essere mantenuti costantemente puliti e, ove necessario, al riparo da animali e altri animali infestanti”; • Allegato II, capitolo IX; tra i requisiti applicabili ai prodotti alimentari: * “1. Un’impresa alimentare non
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L’operatore del settore alimentare (OSA) ha l’obbligo di stabilire, in autocontrollo, quali siano le potenziali condizioni in cui si può verificare contaminazione degli alimenti da parte degli animali presenti nei locali e adottare tutti gli accorgimenti opportuni, formalizzandoli in procedure scritte di autocontrollo (photo © alexandra friedli/EyeEm – stock.adobe.com). deve accettare materie prime o ingredienti, diversi dagli animali vivi, o qualsiasi materiale utilizzato nella trasformazione dei prodotti, se risultano contaminati, o si può ragionevolmente presumere che siano contaminati, da parassiti (…); * 4. Occorre predisporre procedure adeguate per controllare gli animali infestanti e per impedire agli animali domestici di accedere ai luoghi dove gli alimenti sono preparati, trattati o conservati (ovvero, qualora l’autorità competente autorizzi tale accesso in circostanze speciali, impedire che esso sia fonte di contaminazioni)”. Inoltre, in diverse parti degli allegati al Reg. 852/2004 sono previsti requisiti, consistenti per esempio
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in superfici lisce e facili da pulire, attrezzature facilmente pulibili, corrette modalità di conservazione e protezione degli alimenti da contaminazioni, ecc…, senza dubbio propedeutici ad una efficace azione di prevenzione e lotta nei confronti degli animali infestanti. Animali infestanti e parassiti Gli animali cosiddetti “infestanti” condividono con l’uomo l’ambiente di vita, tanto che talvolta si può parlare di vere e proprie “specie sinantrope”: per esempio topi e ratti, oppure alcuni uccelli che effettuano vere e proprie “incursioni”, soprattutto nelle zone di somministrazione all’aperto, nei depositi di granaglie, ecc… In molti casi gli animali possono trovare condizioni di vita favorevoli
nei locali adibiti alla preparazione, somministrazione, deposito o commercio di alimenti, sia per il microclima che per la disponibilità di nutrienti. Roditori, come i topi e i ratti, e insetti, come le blatte e le formiche, tendono ad insediarsi stabilmente nelle strutture del settore alimentare. Alcuni insetti, come le mosche, sono attratti da prodotti alimentari esposti, soprattutto se mal conservati, sui quali depositano le loro uova per consentire alle larve di nutrirsi, comportandosi quindi da parassiti; anche altri insetti, come alcuni lepidotteri (le tignole) e diverse specie dell’ordine dei coleotteri (anobi, tonchi, calandre), si comportano da parassiti di derrate alimentari (frutta secca, pasta, riso e legumi, spezie, ecc…), potendo causare importanti danni di contaminazione e degradazione fisica e organolettica dei prodotti, rendendoli inadatti al consumo umano. Gli infestanti possono anche trasmettere microrganismi comportandosi da vettori meccanici, trasportando cioè gli agenti infettivi sul proprio corpo e trasmettendoli per contatto fisico agli alimenti o alle superfici destinate al contatto con essi; gli alimenti contaminati divengono così veicolo di contaminazione nei confronti del consumatore. I rischi per la sicurezza alimentare possono essere così riassunti: • distruzione totale, rosicchiamento, insudiciamento, deterioramento degli alimenti; • invasione degli alimenti da parte di parassiti (più o meno visibili a seconda delle loro dimensioni e dell’entità dell’infestazione); • contaminazione microbiologica degli alimenti per contatto diretto da parte degli infestanti; • contaminazione microbiologica degli alimenti per contatto indiretto tramite le strutture, le attrezzature e gli utensili contaminati dagli infestanti; • contaminazione microbiologica degli alimenti per contatto indiretto tramite gli addetti e il loro abbigliamento da lavoro contaminati dagli infestanti.
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Prevenzione, monitoraggio, lotta Per gli infestanti occorre intraprendere adeguate azioni di prevenzione, monitoraggio e lotta, secondo procedure che coinvolgono l’OSA, il personale addetto e le imprese esterne specializzate. Ove possibile (in caso di strutture di nuova realizzazione) per la progettazione delle strutture, ma sicuramente per la loro manutenzione e gestione, devono essere previsti accorgimenti per impedire l’accesso agli animali infestanti: protezione delle aperture, dispositivi di protezione degli scarichi delle acque reflue e delle canne fumarie, eliminazione di fessure e anfratti, isolamento di intercapedini non controllabili, ecc… Nelle fasi successive, grande importanza per la prevenzione dagli infestanti hanno comunque: • la protezione degli accessi alla struttura, con l’impiego di ogni mezzo utile all’isolamento: infissi a completa chiusura, retine protettive per le aperture che devono rimanere aperte, sigillatura di fori, intercapedini, passaggi di cavi e tubazioni, ecc…; • l’igiene dei locali e delle attrezzature, soprattutto l’eliminazione di liquidi e residui putrescibili costituenti substrati che possano avere azione attrattiva nei confronti degli infestanti; • la corretta gestione dei rifiuti e dei sottoprodotti di origine animale, con utilizzo di contenitori chiusi (ove previsto, per i S.O.A. quelli previsti dalla specifica normativa costituita dal Regolamento n. 1069/2009) e rapido allontanamento; • l’adeguata conservazione e pro-
tezione degli alimenti, in modo che non possano attrarre gli infestanti e che, in caso di presenza di questi nello stabilimento, non possano essere direttamente attaccati; • l’allontanamento di materiali già infestati, che contribuisce ad allontanare gli infestanti stessi prima che possano attaccare altre derrate. Le azioni di prevenzione devono essere contemplate nei piani di autocontrollo, nella parte relativa alle buone prassi igieniche (GHP). Si rende necessario un monitoraggio adeguato e costante, per verificare se, nonostante le azioni di prevenzione, animali infestanti siano entrati a colonizzare le strutture. Il monitoraggio può essere predisposto ed effettuato mediante osservazione diretta (non solo dell’infestante ma anche di effetti o indicatori della sua presenza: es. rosure o presenza di escrementi) o mediante trappole per la cattura di esemplari, e fornisce indicazioni propedeutiche all’intensificazione della prevenzione e alle azioni di lotta. In ultimo, le azioni di lotta, indispensabili in caso di presenza di infestanti, basate su metodi fisici o chimici: • metodi fisici, come l’installazione di apparecchi emanatori di onde elettromagnetiche che tengano lontani gli infestanti, di trappole meccaniche che li catturino, oppure di trappole elettriche. Queste ultime, che agiscono con scariche elettriche allorché l’insetto volante tocca il dispositivo, se mal collocate possono causare la caduta di
Le autorità competenti e gli organi di controllo, mediante le attività di controllo ufficiale, sono chiamati a verificare i requisiti e le procedure adottate dagli operatori: oltre alla responsabilità comunque assegnata agli OSA dal Reg. (CE) n. 178/2002, le sanzioni applicabili da parte degli organi di controllo dovrebbero indurre gli stessi ad un comportamento virtuoso per garantire la sicurezza alimentare e tutelare i consumatori
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insetti morti o morenti, o di parti di essi, sulle superfici adibite alla lavorazione degli alimenti o sugli alimenti stessi, con conseguente contaminazione, e necessitano di frequente pulizia; • metodi chimici, come lo spargimento ambientale, o meglio l’applicazione mirata (esche, gel) di sostanze in grado di distruggere la colonia infestante. I metodi di lotta chimica aprono un altro capitolo: quello del rischio di contaminazione degli alimenti e delle superfici con le sostanze impiegate, direttamente (per esempio in caso di aspersione delle sostanze in luoghi di lavorazione o conservazione degli alimenti) o indirettamente (attraverso le mani o l’abbigliamento del personale addetto qualora esso provveda personalmente ai trattamenti ambientali senza successivo lavaggio e cambio abiti). Anche i dispositivi con sensore, che emanano insetticida al passaggio di un insetto, possono contaminare l’ambiente e gli alimenti presenti. È rilevante anche il problema della sicurezza per la salute degli addetti ai trattamenti, che deve essere affrontato nel rispetto del Decreto legislativo n. 81/2008 (Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro). Tutte queste problematiche, legate alle modalità della lotta chimica, fanno propendere per l’affidamento di incarico ad imprese specializzate, opportunamente selezionate, che possano eseguirla a regola d’arte e documentarla. La documentazione sarà allegata alla procedura di disinfestazione inserita nel piano di autocontrollo. Animali domestici Gli animali domestici che, in diverse circostanze, entrano nelle strutture del settore alimentare, possono causare contaminazione biologica di alimenti, diretta o indiretta. Benché in genere accidentale, legata a disattenzione dell’OSA, l’accesso di animali domestici ai locali in cui gli alimenti vengono preparati, immagazzinati o somministrati può essere più frequente in alcune tipologie
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di attività come i cosiddetti home restaurant e home food, nel caso in cui gli animali “di famiglia” dell’OSA non vengano tenuti adeguatamente a distanza dai suddetti locali. Ancor più frequenti possono essere gli accessi di animali in attività agrituristiche mal condotte, ove agli animali da affezione se ne possono anche aggiungere altri, allevati, come polli, colombi, ecc…, o piccoli animali selvatici. Proprio in alcune attività agrituristiche si possono registrare rischi di contaminazione se gli addetti entrano ed escono alternativamente dalle cucine e dai locali ad uso agricolo/zootecnico senza cambiare abiti e calzature, senza lavarsi le mani, ecc…, trasmettendo indirettamente agenti contaminanti e zoonotici agli alimenti. Riveste pertanto grande importanza la procedura di corretto comportamento e igiene del personale addetto. Più in generale, l’accesso di animali domestici ai locali del settore alimentare, che come si è detto è generalmente occasionale, può avvenire per malcostume e scarsa consapevolezza e formazione dell’OSA o degli addetti circa i rischi che tale accesso comporta. Rischi che possono così essere brevemente riassunti: • distruzione totale, rosicchiamento, insudiciamento, deterioramento degli alimenti; • contaminazione microbiologica degli alimenti per contatto diretto da parte degli animali domestici; • contaminazione microbiologica degli alimenti per contatto indiretto tramite le strutture, le attrezzature e gli utensili contaminati dagli animali; • contaminazione microbiologica degli alimenti per contatto indiretto tramite gli addetti e il loro abbigliamento da lavoro contaminati dagli animali. L’ingresso e la permanenza di animali domestici nei locali richiedono l’eliminazione degli alimenti deteriorati o contaminati e una adeguata sanificazione, secondo le procedure che l’OSA deve adottare nell’ambito delle buone prassi
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igieniche (GHP) di cui al piano di autocontrollo. Animali domestici in locali di vendita di alimenti Diverso è il caso dei locali in cui gli alimenti non vengono preparati ma solamente venduti al dettaglio. A tal proposito sono intervenute, nell’estate del 2017, alcune precisazioni da parte della Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione (DGISAN), Ufficio 2 Igiene degli alimenti ed esportazione, del Ministero della Salute. In risposta ad una nota del 06/06/2017 della Lega Italiana Anti Vivisezione (LAV), la nota DGISAN n. 0023712 del 07/06/2017, inviata anche agli Assessorati regionali alla Sanità, richiama il Reg. 852/2004, allegato II, Cap. IX, punto 4 (sopra riportato), affermando che “il Reg. 852/2004 non prevede che quanto disposto in merito all’accesso degli animali domestici nelle strutture alimentari decada quando gli alimenti sono esposti e conservati negli scaffali degli esercizi di vendita”. Viene fatto riferimento al caso in cui l’accesso degli animali negli esercizi sia consentito dai Regolamenti comunali e regionali (in alcune realtà locali esistono espressi divieti): caso nel quale “l’OSA deve comunque escludere, attraverso idonee modalità, attestate nelle sue procedure di autocontrollo, che gli animali vengano a contatto diretto o indiretto con gli alimenti sia sfusi che confezionati”. Viene altresì ricordato che, in caso contrario, agli OSA vengono applicate le sanzioni previste. La nota conclude con una precisazione circa il DPR 320/1954 (Regolamento di Polizia Veterinaria), citato nella nota della LAV, che è anteriore al Reg. 852/2004 e non entra nel merito degli aspetti relativi alla sicurezza alimentare. Una replica della LAV, inoltrata il 23/06/2017, perorando la causa di una maggiore apertura all’accesso degli animali, citava una precedente nota ministeriale (DGISAN n. 0022136-P-30/05/2014), nella quale in realtà non si ravvisano elementi contrastanti con quanto riportato nella nota del 07/06/2017: viene
affermato che “nei supermercati e nei negozi di generi alimentari, ferma restando l’opportunità di offrire adeguate condizioni di attesa esterna dei cani, l’accesso degli stessi può essere consentito, alle dovute condizioni, unicamente nelle aree di esposizione di alimenti protetti fino alle aree di cessione di prodotti preincartati”. La nota ministeriale del 2014 conclude riportando, come esempio, un passaggio di un manuale di autocontrollo predisposto da una associazione di ristoratori, che cita: “Fermo restando il divieto di introdurre animali domestici nei laboratori di preparazione e nei depositi di prodotti alimentari, è consentito l’accesso dei cani guida anche non muniti di museruola (Legge 14 febbraio 1974, n. 37, e s.m.i.) nelle zone aperte al pubblico di ristoranti ed altri pubblici esercizi. Gli altri cani devono essere condotti al guinzaglio e muniti di museruola”. Nei confronti di tale replica della LAV, una nuova nota ministeriale, DGISAN 0026460-P-26/06/2017, anch’essa inviata alle Regioni, rilevava l’erroneo riferimento all’art. 1, comma 2, lettera C, del Reg. 852/2004, relativo ai casi di esclusione per la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore ai consumatori finali o a dettaglianti locali, e confermava che la nota del 30/05/2014 vincolava gli OSA “alle dovute condizioni” volte ad escludere il contatto tra animali e prodotti alimentari, “fermo restando che è facoltà dell’OSA vietare l’accesso agli animali”. A conclusione della serie, con un’ulteriore nota, DGISAN 0032413P-03/08/2017, facendo seguito alla n. 23712 del 07/06/2017, l’Ufficio 2, richiamando il citato Allegato II, capitolo IX, punto 4, del Reg. 852/2004, fa riferimento alla necessità di impedire che l’accesso di animali nei luoghi in cui gli alimenti sono preparati, trattati o conservati sia fonte di contaminazione, affermando che “l’operatore del settore alimentare (OSA) ha l’obbligo di stabilire, in autocontrollo, quali siano le potenziali condizioni in cui si può verificare contaminazione degli alimenti da parte degli animali presenti nei locali e adottare tutti gli accorgimenti opportuni, formalizzandoli in procedure
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scritte di autocontrollo”. Viene infine ribadito che l’OSA possa “vietare l’accesso degli animali, soltanto qualora non possa gestire in altro modo il rischio di contaminazione”. Si può pertanto concludere che l’OSA ha la responsabilità di contemperare il diritto del proprietario ad accedere alle aree di vendita con il proprio cane (in genere si tratta di questa specie), e quindi il diritto del cane ad accompagnare il proprio “umano” (anche gli animali sono portatori di diritti), con l’esigenza di garantire la sicurezza alimentare, assicurando che non vi siano contatti di alcun tipo tra animali e alimenti. Nel caso di contatto tra animali e alimenti o attrezzature e materiali a contatto con essi, l’OSA deve dare seguito, secondo le procedure adottate nell’ambito del piano di autocontrollo, ad azioni correttive come l’eliminazione degli alimenti certamente o potenzialmente contaminati e la sanificazione, riconsiderando anche le azioni di prevenzione se risultate inefficaci. Lo stesso proprietario conduttore dell’animale dovrebbe evitare il contatto indiretto, evitando di toccare alimenti, anche confezionati, o attrezzature dell’esercizio, dopo aver toccato il proprio animale: a tal proposito, nell’impossibilità eventuale di lavarsi le mani, potrebbero essere impiegati guanti o gel e soluzioni disinfettanti. Alcuni supermercati hanno introdotto carrelli con uno scomparto nel quale possono essere trasportati gli animali: tali dispositivi possono avere una loro utilità, dato che evitano lo scorrazzare degli animali (che comunque dovrebbero essere tenuti al guinzaglio e con museruola) nell’area di vendita e il possibile contatto con gli alimenti esposti, ma dovrebbero essere gestiti adeguatamente, con frequenti lavaggi e disinfezioni. Sanzioni • Mancato rispetto dei requisiti generali in materia di igiene e di manuali di corretta prassi igienica nell’ambito della produzione primaria: violazione dell’art. 4, par. 1, del Regolamento (CE)
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n. 852/2004, con riferimento all’Allegato I, parte A, par. II, punto 5, lettera e (per i requisiti) o parte B, punto 2, lettera h (per i manuali di corretta prassi igienica); sanzionata dall’art. 6, comma 4, del DLgs n. 193/2007, con sanzione amministrativa pecuniaria da € 250 a € 1.500 con possibilità di pagamento in misura ridotta entro 60 giorni, ai sensi dell’art. 16 della Legge n. 689/1981, della somma di € 500 (pari al doppio del minimo e alla terza parte del massimo); Mancato rispetto dei requisiti generali in materia di igiene, come quelli previsti per le strutture e le attrezzature o relativi all’esposizione degli alimenti e alla loro protezione da contaminazioni, la gestione dei rifiuti, ecc…, in ambito diverso da quello della produzione primaria: violazione dell’art. 4, par. 2, del Regolamento (CE) n. 852/2004, con riferimento all’Allegato II; sanzionata dall’art. 6, comma 5, del DLgs n. 193/2007, con sanzione amministrativa pecuniaria da € 500 a € 3.000 (in misura ridotta: € 1.000); Mancato rispetto del requisito specifico dell’adozione delle procedure necessarie a raggiungere gli obiettivi fissati per il conseguimento degli scopi del regolamento: violazione dell’art. 4, par. 3, del Regolamento (CE) n. 852/20043; sanzionata dall’art. 6, comma 5, del DLgs n. 193/2007, con sanzione amministrativa pecuniaria da € 500 a € 3.000 (in misura ridotta: € 1.000); Vendita o detenzione per la vendita o somministrazione di sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive: violazione dell’art. 5, lettera d), della Legge 30 aprile 1962, n. 283, di competenza penale. La pena è stabilita dall’art. 6, comma 4, della stessa legge: arresto fino ad un anno e ammenda da € 310 a € 30.987; Vendita, detenzione per il commercio o distribuzione per il
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consumo di sostanze alimentari non contraffatte né adulterate, ma pericolose alla salute pubblica (nel caso di effettiva pericolosità): violazione dell’art. 444 del Codice penale, che prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa non inferiore a € 51. Conclusioni Mentre la presenza negli stabilimenti alimentari di animali domestici può essere evitata con l’acquisizione da parte dell’OSA e degli addetti della semplice consapevolezza dei possibili rischi, e quindi con l’adozione di un corretto comportamento che non consenta l’accesso agli animali, la presenza di animali infestanti e parassiti può necessitare di ben più pesanti interventi preventivi, procedure, impegno costante e azioni di lotta talvolta difficili e onerose. Del resto, si tratta di azioni dovute e spesso inevitabili. Le autorità competenti e gli organi di controllo, mediante le attività di controllo ufficiale, sono chiamati a verificare i requisiti e le procedure adottate dagli operatori: oltre alla responsabilità comunque assegnata agli OSA dal Regolamento (CE) n. 178/2002, le sanzioni applicabili da parte degli organi di controllo dovrebbero indurre gli stessi ad un comportamento virtuoso per garantire la sicurezza alimentare e tutelare i consumatori. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione Azienda Sociosanitaria Ligure 5 La Spezia Riferimenti normativi 1. Legge 29 marzo 1928, n. 858 – Disposizioni per la lotta contro le mosche (GU del Regno d’Italia n. 105 del 04/05/1928). 2. DCG 20 maggio 1928 – Norme obbligatorie per l’attuazione della L. 29 marzo 1928, n. 858 (GU del Regno d’Italia n. 118 del 21/05/1928). 3. Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 – Testo unico delle leggi sanitarie (GU del Regno d’Italia, S.O. n. 186 del 09/08/1934). 4. Legge 30 aprile 1962, n. 283 – Di-
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sciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (GURI n. 139 del 04/06/1962) e successive modificazioni. 5. Decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327 – Regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande (GURI n. 193 del 16/07/1980), e successive modificazioni. 6. Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari (rettifica in GUUE n. L 226 del 25/06/2004). 7. Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il Regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale) (GUCE n. L 300 del 14/11/2009). 8. Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81– Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. (GURI Serie Generale n. 101 del 30704/2008 – S. O. n. 108) e successive modificazioni. 9. Nota del Ministero della Salute DGISAN n. 0023712 del 07/06/2017 – Precisazioni in merito all’accesso degli animali agli esercizi di vendita al dettaglio degli alimenti. 10. Nota del Ministero della Salute DGISAN 0026460-P26/06/2017 – Accesso degli animali negli esercizi di vendita al dettaglio degli alimenti. 11. Nota del Ministero della Salute DGISAN n. 0022136-P30/05/2014 – Cani in locali pubblici. 12. Nota del Ministero della Sa-
lute DGISAN n. 0032413-P03/08/2017 – Accesso degli animali negli esercizi di vendita al dettaglio degli alimenti. 13. Legge 14 febbraio 1974, n. 37 – Gratuità del trasporto dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico (GURI Serie Generale n. 61 del 06-03-1974) e successive modificazioni. 14. Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 193 – Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore (GURI n. 261 del 09/11/2007 – S. O. n. 228). 15. Legge 24 novembre 1981, n. 689 – Modifiche al sistema penale (SOGURI n. 329 del 30/11/1981) e successive modificazioni. 16. Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398 – Codice penale (G. U. del Regno d’Italia, S. O. n. 253 del 28/10/1930) e successive modificazioni. 17. Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità Europea per la Sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GUCE n. L 371 del 01/02/2002), modificato dal Regolamento (CE) n. 1642/2003 (GUCE n. L 245 del 29/09/2003). Note dell’autore 1. Alla lotta alle mosche era riservata in quel periodo una grande attenzione, non solo nella normativa nazionale ma anche nei regolamenti locali di igiene. 2. Successivamente, il sindaco. 3. NB: non si tratta delle procedure di autocontrollo basate sui principi del sistema HACCP, obbligatorie ai sensi dell’art. 5 del Reg. 852/2004, la cui violazione è diversamente sanzionata, ma delle procedure dette “procedure delocalizzate” o “prerequisiti”, come le buone prassi igieniche.
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They Were Wrong, So We Drowned, Liars
Ma tu lo mangi il cavallo? di Giovanni Papalato
“I no longer want to be a man I want to be a horse. Men have small thoughts. I need a tail, Give me a tail. Tell me a tale” Broken Witch, Liars
U
na strofa fatta di associazioni di idee, immagini, riferimenti culturali, giochi di parole, racconto. Negli Stati Uniti non si mangia carne di cavallo. È tabù, un rifiuto culturale. Da qualche anno la macellazione di capi Mustang è possibile nei Paesi confinanti, evitando i costi dei controlli sanitari statunitensi, ma questo non cambia quanto espresso sopra: il mercato di questa carne non comprende gli USA, anche di animali autoctoni. Per quanto mi riguarda, invece, la macelleria equina nel quartiere dove sono nato e tuttora vivo è una delle poche botteghe che non è cambiata o sparita nel corso dei decenni. Oltre a questo, essendo figlio di un salentino trasferitosi all’inizio degli anni Sessanta in Emilia-Romagna, questa carne fa indiscutibilmente parte della mia cultura culinaria e non solo. In Salento, infatti, uno dei piatti più rappresentativi e ancestrali è costituito dai Pezzetti di cavallo in pignata. Nella cultura contadina, l’animale che è stato compagno di lavoro e fatica non deve essere sprecato. È un concetto che evidentemente può risultare inaccettabile per gli Statunitensi, appunto, ma che è invece solido e fondante nella cultura contadina del nostro Paese. La pignata è una tipica pentola in
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terracotta con due manici, smaltata esternamente e non all’interno, in modo che durante la cottura favorisca la traspirazione del cibo mantenendolo caldo e permettendo di continuare la cottura una volta tolta dal fuoco. Il cavallo di cui canta ANGUS ANDREWS è senza dubbio invece simbolo per eccellenza di libertà. Un concetto imprescindibile nella sua band, i Liars. Prova ne è “They Were Wrong, So We Drowned” da cui abbiamo riportato un estratto nell’incipit di questo articolo. È il secondo album, esce nel 2004 a distanza di due anni dal debutto “They Threw Us All in a Trench and Stuck a Monument on Top”. Libertà è non proseguire nel riuscito e acclamato wave-funk che li ha resi una delle band migliori per critica e pubblico all’interno di una scena, quella di Brooklyn, capace di coinvolgere due generazioni attraverso la commistione di passato e contemporaneo. Per questo, invece di continuare nel segno di una formula ancora ampiamente esplorabile, virano decisamente verso un territorio straniante, non confortevole, meno immediato. Da cinque membri passano a tre, sostituendo il batterista. Decidono di andare in una fattoria del New Jersey, lontani da tutto ciò che li esalta o perlomeno li contestualizza. I Liars, con riferimenti e formazione inedita, scrivono un concept che parte da un’antica celebrazione pagana della Primavera, tipica dell’Europa Centro-Settentrionale e praticata soprattutto dai popoli germanici la notte tra il 30 aprile e il 1o maggio, nota come Walpurgisnacht (la notte di Valpurga). Una festa caratterizzata dall’accensione di falò notturni, uniti a canti propiziatori per la purificazione del bestiame, oltre che alle invocazioni per un buon raccolto estivo, per l’abbondanza, la prosperità, la fertilità, esattamente così come avveniva per i Celti per la ricorrenza stagionale opposta, il Samhain (la notte tra il 31 ottobre il 1o novembre, l’attuale Halloween). Secondo alcune tradizioni, strane figure, identificate
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Puccia salentina con pezzetti di cavallo (photo © ricette.giallozafferano.it). successivamente come streghe, quella notte uscivano dai loro rifugi per danzare e cantare. La rinascita, il legame simbolico tra queste feste pagane così lontane, ma in realtà così uguali, la loro attitudine, portano ad un album denso, visionario ed eseguito con caotica accuratezza e precisione. Lo apre Broken Witch, da cui abbiamo preso una strofa. Sembra una falsa partenza, una campana sintetica suona nella foschia, poi ci si avvicina attraverso un synth, una nota alla volta mangiata da una batteria che rimane su stessa. Pochi secondi e si placa, per ricominciare uguale a se stessa. Poi la litania di Andrews comincia, facendosi forte con accordi isolati di chitarra elet-
trica, in un crescendo balbettante ma comunque potente, dove la frammentazione diventa ritmo. Più di sei minuti sono una dichiarazione più che esplicita di intenti. Steam Rose From the Lifeless Cloak è invece un ipnotico mantra che attraverso suggestioni spaziali a bassa fedeltà (sembra di sentire quelle pistole giocattolo fatte di vetrini e dinamo con suoni acuti ed echi), attraverso effetti e campionamenti, si esaurisce quasi formando una struttura circolare. Il singolo There’s Always Room on the Broom è il fil rouge con il recente passato, ma trasfigurato in qualcosa di diverso. Eccolo il funk che anche passando attraverso filtri acidi ci fa tenere il tempo e si insinua dalle
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orecchie ai muscoli. La batteria è suonata, ma manipolata e poi campionata alimenta una convivenza tra analogico e digitale che porta ad una vitalità intensa per quanto sfuggente. Si torna ad atmosfere caustiche e ossessive con If You’re a Wizard Then Why Do You Wear Glasses?, tra esplosioni di white noise e tribalismi. Uno dei momenti più importanti del disco arriva con We Fenced Other Gardens with the Bones of Our Own in cui si ritorna ad un approccio balbettante, dove ci si ferma per poi riprendere aggiungendo, ma strutturandosi così in maniera più materica. È un brano denso in cui emerge una natura Dub che si unisce perfettamente a certa wave industriale, perfettamente coniugata ad un’interpretazione vocale che non copre ma realizza in pieno il senso della composizione. Giri il primo lato e come a rimpiattino ecco che inseriscono un altro pezzo clamoroso subito a ridestare l’ascoltatore. They Don’t Want Your Corn – They Want Your Kids è una perfetta espressione di quell’elettronica cheap riscoperta proprio in ambienti punk nella Brooklyn dei primi 2000. Band come El Guapo (poi Supersystem) ne sono principali espressione, assieme appunto a Liars. Meno di tre minuti per un perfetto mix di hand clapping, piatti, congas, synth primordiali e loop che si intersecano a formare un brano esemplare nel suo genere. Ci si nasconde di nuovo con Read the Book That Wrote Itself, in cui tra la registrazione di una matita che scrive e un tamburo tribale che percorre tutto il perimetro del brano, tutto si confonde. E il tribalismo è presente e importante anche in Hold Hands and It Will Happen Anyway, in cui però si infilano chitarre da spy story, che allungano e dilatano la ritmica di un brano che così prende una forma più convenzionale rispetto all’attitudine del disco. Non sono assolutamente assenti tempi dispari, voci filtrate, noise e richiami estremi a funk sommerso
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da elettronica e riverberi, ma che riescono ad armonizzarsi per quanto spigolosi. L’esatto contrario di They Took 14 for the Rest of Our Lives, un ossessivo e inquietante incastro di strutture ricorsive, moleste, ripetute e ingrossate fino a rilasciare una coda di distorsioni nel silenzio artificiale di qualcosa che si è esaurito. Il viaggio termina con Flow My Tears the Spider Said, un lisergico e riuscito brano psichedelico che parte da organo e voce in un’atmosfera tra il rurale e il vaudeville, in cui la tradizione statunitense gioca un ruolo importante. Quasi un gospel deviato, che lentamente scema prima in un lamento sommesso prima che la natura prenda il sopravvento, lasciando la seconda metà dei sei minuti che compongono il brano al canto di uccellini. Libertà, dicevamo. Sì, Liars hanno prodotto un esercizio di libertà davvero indiscutibile. L’oggetto del disco, il modo in cui lo hanno realizzato. Il metodo e la disciplina con cui hanno voluto allontanarsi da una realtà espressiva e da una prospettiva che li aveva inquadrati. Molti gruppi non avrebbero chiesto di meglio. Non loro che hanno nello smarrimento, nel non dare punti di riferimento una necessità. Fu così che quando “They Were Wrong, So We Drowned” uscì, la critica e chi aveva ballato il disco precedente si divise tra chi gridava al capolavoro e chi lo definiva un bluff. È nella natura di un’opera così spiazzante. Cosa rimane? La discografia di questo trio newyorchese è costituita negli anni di album che non rinnegano il passato, ma a cui non riescono a rimaner legati. Una perenne ricerca di nuove espressioni, senza lasciare da parte la personalità. Disorientando, spingendo ad ascoltare per entrare, evitando scorciatoie, in un posto dove non sei ancora stato libero. Giovanni Papalato Nota A pagina 140, photo © Lucio Pellacani.