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Razze La Pecora della Val Senales Riccardo Lagorio

Gli allevamenti puntano all’abbattimento delle emissioni

Nell’alimentazione una delle chiavi per ridurre gli impatti del metano è attraverso gli integratori naturali. EFA News intervista il prof. Carlo Angelo Sgoifo Rossi, del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali Università di Milano

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Produrre più carne, soprattutto nelle aree del mondo dove si registra ancora carenza di proteine animali nell’alimentazione, impattando di meno

sull’ambiente: è la grande sfi da che sta affrontando il mondo delle produzioni zootecniche nella cornice degli impegni globali assunti da 197 Paesi dopo la conferenza sui cambiamenti climatici Cop 26. Il settore agricolo ha un impatto minoritario sulle emissioni mondiali, dell’ordine del 14%, ma gli allevamenti contribuiscono in modo signifi cativo, soprattutto per quanto riguarda le emissioni di metano. Da qui l’impegno del settore per ridurre gli impatti. Ne parliamo

col PROF. CARLO ANGELO SGOIFO ROSSI, ordinario del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università di Milano, pioniere in Italia degli studi sugli impatti ambientali della zootecnia in generale e dell’allevamento bovino in particolare.

Carlo Angelo Sgoifo Rossi in un allevamento di Piemontese (photo © www.instagram.com/carlonesilversurfer).

«In Italia siamo più virtuosi perché il contributo della zootecnia

sulla emissioni è di circa il 7% del

totale, ma c’è comunque uno sforzo collettivo per migliorare da parte di tutti i soggetti delle fi liere», spiega il prof. Sgoifo Rossi. «Premetto che

gli studi più recenti sul carbonio biogenico hanno dimostrato che la componente del metano rende le emissioni di CO2 di origine animale molto diverse da quelle originate dai trasporti o dai processi industriali, in quanto rientrano nel ciclo natura-

le in pochissimo tempo. Ciò detto, si può intervenire in vari modi per contenere e limitare le emissioni di metano, a cominciare dal miglioramento dell’effi cienza produttiva a parità di input (alimentazione, numero di animali presenti in allevamento, uso dell’acqua, ecc…): lavorando su questi parametri si migliora la produzione senza aumento di risorse e si crea un allevamento migliore dal punto di vista del benessere animale».

Ci sono altre possibilità di intervenire?

«Un argomento su cui stiamo lavorando da 15 anni è quello dell’ot-

timizzazione delle fermentazioni

animali (il professor Sgoifo Rossi è titolare di un corso su Alimentazione e impatto ambientale, NdR). I ruminanti hanno la meravigliosa capacità di trasformare la fi bra vegetale, cosa che nessun animale monogastrico può fare in modo effi ciente, con un processo che comporta la produzione di protoni H+ che si formano dalla degradazione della componente fi brosa e che devono necessariamente essere eliminati per la salute dell’animale. Qui nasce la produzione di metano. Ma, attraverso un corretto bilanciamento delle diete, si può ridurre la produzione di questo gas nel pieno rispetto della salute dell’animale.

Va detto che gli allevamenti confi nati o protetti, dove c’è la massima ottimizzazione della gestione alimentare, con un equilibrato utilizzo della componente fi brosa, sono meno impattanti rispetto al pascolo, dove la produzione è decisamente meno effi ciente.

In questo tipo di allevamento, peraltro il più diffuso, si possono applicare delle strategie che, utilizzando complementi alimentari naturali, riescono a modulare le popolazioni microbiche che si trovano all’interno del rumine e che svolgono il processo di fermentazione di ciò che viene ingerito.

L’80% di quello che un ruminante mette in bocca viene completamente rimodellato nel rumine e intervenendo sulle fermentazioni si riesce effettivamente a ridurre la metanogenesi nel pieno rispetto della salute dell’animale. In pratica, si favoriscono delle popolazioni batteriche che sono solo positive, sia in termini di nutrimento per l’animale sia per le componenti che possono essere fastidiose per animale e ambiente».

Può fare qualche esempio di questi complementi per l’alimentazione? Come funzionano?

«Ci sono sul mercato diversi prodotti, ma sono pochi quelli con validazione ambientale, come Rumitech, Agolin e Anavrin. Su quest’ultimo, in particolare, abbiamo riscontrato un’effi cacia importante con studi che ormai hanno vent’anni e hanno visto coinvolti ricercatori di molte università. Si tratta di una combinazione sinergica di oli essenziali, tannini e biofl avonoidi selezionati appositamente per supportare e migliorare la funzione del rumine. Gli studi hanno evidenziato che delle componenti vegetali naturali contenuti in Anavrin, nello specifi co degli oli essenziali, sono in grado di trovare l’equilibrio ideale per ridurre la produzione di metano ottimizzando l’effi cienza digestiva, migliorando al contempo il benessere dell’animale. Questo mix di oli comprende oli di geranio, tannini di castagno, coriandolo e una componente importante di biofl avonoidi dell’olivo. Sono elementi con capacità antiossidanti in grado di ridurre lo stato pro-infi ammatorio dell’animale che fanno bene alla salute e la cui combinazione dà risultati molto positivi. Il nostro Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali di Milano, come pure varie università internazionali, ha fatto diverse indagini su questo prodotto con risultati univoci: una riduzione delle emissioni di metano che va da valori minimi del 13% fi no addirittura a valori del 25%, insieme ad un aumento di produzione di carne e latte e risvolti positivi in termini di salute dell’animale. In sintesi, incremento delle performance dell’animale, una minore assunzione di materia secca, miglior benessere del ruminante e, ultima ma non ultima, una riduzione consistente delle quantità di metano emesse in atmosfera: sono questi i vantaggi di Anavrin».

Si sta diffondendo l’uso di questi prodotti? È possibile quantifi care numericamente i benefi ci per l’ambiente derivanti dalla riduzione di emissioni?

«L’utilizzo si sta diffondendo molto. Ritengo che al momento ci siano già 70-80.000 bovini che lo stanno assumendo solo in Italia. Considerati i risultati positivi sotto tutti gli aspetti, l’uso è destinato a crescere. Anche perché Anavrin ha ricevuto una validazione uffi ciale da Carbon Trust, l’autorevole ente di riferimento internazionale, che ha riconosciuto che Anavrin, in base ai risultati di test e prove realizzate in laboratorio e nelle stalle, può ridurre le emissioni nei ruminanti. Misurare le emissioni allevamento per allevamento è impossibile, ma si può procedere con la metodica del Life Cycle Assessment comprendente le regole PCR–Product Category Rules che l’Europa, dal 2013, ha fatto evolvere nelle Product Footprint Category Rules, ossia un sistema serio e riconosciuto dalle istituzioni per raccogliere e confrontare i dati.

Mi fa piacere ricordare che la prima azienda in Europa ad aver realizzato un calcolo serio degli impatti è italiana. In questo contesto, gli allevatori (che sono migliaia) che conferiscono gli animali all’azienda e utilizzano un prodotto come Anavrin rendono realmente virtuosa e misurabile la fi liera italiana (fonte: EFA News – European Food Agency, www.efanews.eu).

La Pecora della Val Senales

di Riccardo Lagorio

Il termine transumanza ha il sapore di altri tempi. Evoca mondi e tempi lontanissimi, di genti e animali in viaggio per giorni alla ricerca di pascoli, rade, alpeggi in grado di assicurare la sopravvivenza. Buona parte dello scambio di culture è avvenuto nei secoli per mezzo delle transumanze: la civiltà è nata con la pastorizia e la transumanza è stato il modello di allevamento prevalente almeno sino a metà Ottocento. La lenta marcia degli ovini fu anche il punto di partenza della fi nanza attuale e culla della cultura commerciale. Basta ricordare che la nascita del Monte dei Paschi di Siena nel 1472 fu il primo considerevole effetto delle ingenti risorse economiche che affl uivano nelle casse dello Stato senese a seguito dell’emanazione dello Statuto della Dogana dei Paschi Maremmani.

Oggi che tutto questo sembra appartenere (almeno per alcuni) al passato, fa clamore sapere che vi sono ancora greggi di oltre 2.500 pecore che ogni anno superano frontiere e ghiacciai alla ricerca di ricche pasture. Accade in Val Senales, una delle vallate altoatesine dove le tradizioni sono più radicate. La seconda domenica di giugno i proprietari di pecore della Val Venosta e di Senales, una trentina,

In alto: lo chef Helmut Raff einer del ristorante dell’Hotel Oberraindlhof. I piatti da provare qui? Sicuramente la pasta della Val Senales (Schnalser Nudeln) con ragù d’agnello, agnello arrosto, fegato e rognone d’agnello. A sinistra: in Val Senales non si contano le storie che hanno per protagoniste le pecore. Da sempre questi docili animali sono estremamente utili ai contadini per aff rontare la dura vita di montagna. Perfettamente integrate nella regione alpina, sui pascoli d’alta montagna le pecore della Val Senales si nutrono del miglior foraggio biologico, ricco di minerali ed erbe aromatiche (photo © 2014 Roman Gurschler).

raggruppano gli animali al lago di Vernago dopo averli marcati con colori o lettere per renderli riconoscibili. Da qui si parte alla volta della valle di Vent, con una pausa al rifugio Bella Vista a 2.845 metri, a pochi passi dal confi ne tra Italia e Austria. «L’usanza vuole che i pastori consumino una zuppa d’orzo prima di ripartire» confi da il gestore PAUL GRÜNER. Al corteo partecipano i capofamiglia che hanno conferito le pecore a MARKUS GURSCHLER, che le governa durante i mesi estivi. «È lì tra i ghiacciai, dove uno crede che non ci sia più nulla, che talvolta il prato si tinge di blu perché spuntano fi ori a non fi nire. E le pecore brucano solo il meglio», spiega.

Nel dicembre 2019 la tradizione della transumanza è stata inserita nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO e l’adesione della Val Senales, dove da sempre i pastori la praticano, si è rivelata un’importante opportunità turistica. La transumanza ha come protagonista la Pecora della Val Senales, razza da carne e lana, che deriva dagli ovini di razza Bergamasca e da altre razze autoctone, spesso incrociate con le slovene Jezersko e Solčavska, tipiche delle terre orientali che appartenevano al dominio degli Asburgo prima del confl itto mondiale. Ha una taglia

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