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Convegni Carne bovina, effi cienza e sostenibilità
Visita ad Icarben, Tienda de Embutidos, Benaoján, Malaga
Salumeria andalusa: la Zurrapa
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di Riccardo Lagorio
Ad esclusione del prosciutto, in Italia si conosce ben poco della ricca tradizione della salumeria spagnola. Il panorama è tuttavia assai variegato. Nelle regioni meridionali del Paese, in particolare in Andalusia, prevale, ancora una volta con l’esclusione del prosciutto, una trasformazione delle carni suine poco propensa alla stagionatura. Ciò non toglie che la lavorazione della carne non possa fornire numerosi spunti di interesse. ICARBEN è un’azienda nata nel 1979 a Benaoján, un centinaio di chilometri a ovest di Malaga, nell’area montana intorno a Ronda. Secondo le parole del vicedirettore JOSÉ ANTONIO ORTIZ, si tratta di «un’impresa di piccole dimensioni, che lavora le carni di 200 suini alla settimana e che cerca di sviluppare al meglio le doti dell’artigianalità, in particolare la vicinanza continua alle richieste del cliente fi nale». Gli animali provengono da allevamenti locali; vengono macellati e lavorati direttamente in azienda, così da garantire che ogni parte anatomica sia destinata al migliore utilizzo possibile. «Tra i prodotti di salumeria, quello forse più tipico della regione è la zurrapa. Se è di lombo o dei suoi ritagli, questo viene fritto in strutto e sale fi no a che non si sfi laccia e diventa… spalmabile. In base alla ricetta si possono aggiungere spezie come aglio, origano, polvere di peperone dolce o piccante. È un prodotto simile alle rillettes francesi», così amate anche
da MARCEL PROUST.
La zurrapa è molto diffusa nelle province di Malaga e Cadice. Se ne consuma anche in Estremadura,
Nei mercati coperti di Malaga e degli altri centri andalusi si possono ammirare cumuli di zurrapa dai quali vengono tolte le quantità richieste per mezzo di palette. I colori diversi derivano dall’aggiunta di chorizo, ciccioli, buccia d’arancia… all’impasto carneo.
La Carne mechada manteca blanca di Icarbenè un arrosto realizzato con il lombo suino. La carne, sottoposta a marinatura, viene poi arrostita in forno lentamente nel modo più tradizionale, aggiungendo saporiti fondi di cottura. Il burro che riveste l’arrosto rende la carne molto tenera e saporita.
Il Chicharron de corte (Chicharron de Cadiz) di Icarben è una pancetta di maiale cotta al forno lentamente come vuole la tradizione locale aromatizzata durante la marinatura con spezie tra le quali il pimentón. Sapore, colore e aroma intensi. benché in minor quantità. Le sue origini vanno ricercate nel mondo rurale, quando vi era necessità di sostenute integrazioni caloriche per affrontare il lavoro nei campi.
«Durante il periodo della mattanza dei suini si era soliti friggere il lombo, ridotto a strisce molto sottili. Si continuava la cottura della parte carnea fi no a che non si sfi lacciava. Questa veniva lavorata con lo strutto e si otteneva una crema spalmabile da utilizzare sul pane» racconta Ortiz. L’aggiunta di strutto si deve alla necessità di conservare i cibi prima dell’avvento dei frigoriferi: la cucina della scarsità ha sempre avuto del resto abbondante ingegno.
Icarben ha industrializzato il procedimento nel solco tracciato dalla tradizione e propone zurrapa di carne, di prosciutto, di lombo e fegato. Tra le offerte si possono infatti trovare anche bistecche di lombo, note con il termine di carne mechá o mechada.
La zurrapa è in vendita in vasetti di vetro o, pronta da spalmare in monoporzioni, in vaschette di plastica. Nei mercati coperti di Malaga e degli altri centri andalusi si possono facilmente vedere colorati cumuli di zurrapa a forma piramidale dai quali vengono tolte le quantità richieste per mezzo di palette e opportunamente preparate per l’asporto in carta oleata. I colori possono derivare dall’aggiunta di chorizo, ciccioli, buccia d’arancia, strutto con paprica, frattaglie.
Nei bar e nelle caffetterie la zurrapa viene mantenuta in orci di terracotta (o di recente in alluminio), pronta per la colazione o la merenda. Il modo migliore per consumare la zurrapa è spalmarla sul mollete di Antequera (grande centro agricolo e industriale), un piccolo pane dalla forma ovale, dalla mollica bianca e alveolata, con crosta non troppo cotta.
Riccardo Lagorio
Icarben
Zona de la Vega s/n 29370 Benaoján (Málaga) Telefono: +34 952167325 E-mail: tienda@icarben.com Web: icarben.com
Carne bovina, effi cienza
e sostenibilità
Il recente simposio scientifi co internazionale “Cow is Veg”, organizzato da ASSOCARNI in collaborazione con Coldiretti, presenta dati inediti che rivelano il reale impatto della carne rossa su ambiente e nutrizione
La sfi da globale del settore agroalimentare per i prossimi anni consisterà nel garantire cibo sicuro prodotto in maniera sostenibile ad una popolazione crescente, con le previsioni che parlano di 9,7 miliardi di persone entro il 2050. Se per qualcuno la soluzione per conciliare disponibilità alimentare e ambiente dovrebbe essere smettere di produrre e consumare carne, secondo le stime FAO, invece, in uno scenario sostenibile, sarà necessario garantire un aumento medio del 30% della disponibilità di alimenti di origine animale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (fonte: FAO, 2018, The future of food and agriculture). E proprio sulla sinergia fra nuove sfi de della food security e sostenibilità, si è tenuto il 29 settembre scorso a Roma il simposio “Cow
is Veg – Il ruolo dei ruminanti in
una dieta sostenibile”, organizzato da ASSOCARNI in collaborazione con COLDIRETTI, durante il quale un parterre di scienziati internazionali si è confrontato su questo tema. Il saluto di benvenuto ai presenti e relatori è stato dato da LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente dell’associazione.
«I bovini sono spesso etichettati erroneamente come un problema climatico, mentre in realtà rappresentano un’opportunità: gestendo al meglio le emissioni, soprattutto di metano, i bovini diventano parte della soluzione climatica» ha spiegato il professor Frank Mitloehner, Dipartimento di Scienze Animali della UC Davis.
Filiera bovina eccellenza del made in Italy, ma politiche UE mettono a rischio il settore
«Il comparto della carne bovina è stato messo più volte sotto attacco con disinformazioni strumentali — soprattutto in Europa — che sono proprio quelle che oggi in parte vogliamo contrastare. L’Europa è sempre più un continente “sazio”, che invecchia e che pensa di essere ancora al centro di un mondo che invece lo rende sempre più periferico nei suoi equilibri. Con questo suo egoismo l’Europa ancora pensa — per ideologia, per moda — di poter smantellare la propria produzione agroalimentare e la propria produzione zootecnica e bovina innanzitutto (come del resto ha poi anche già fatto per tanti altri settori come quello dell’energia!) e ritrovarsi poi a dipendere dal resto del mondo» ha rimarcato Scordamaglia all’avvio dei lavori del simposio.
«Nemmeno la lezione che la crisi ucraina ha provocato fa cambiare questa strategia egoistica e sbagliata di chi non vuole una transizione verde vera e competitiva (il nostro modello produttivo dell’allevamento bovino è in assoluto il più effi cace anche da un punto di vista ambientale, non solo emettendo ma assorbendo le emissioni di altri settori realmente inquinanti). E invece l’Europa va avanti in maniera ideologica.
Un esempio? Quello della recente proposta di assimilare i nuovi allevamenti bovini di appena 150 capi alle autorizzazioni preventive per l’apertura delle grandi fabbriche che emettono CO2 con tutte le conseguenze burocratiche» sottolinea il presidente di ASSOCARNI. «Ecco questo approccio fa parte di una strategia di alcuni commissari europei, primo fra tutti FRANS TIMMERMANS, che vedono nella loro testa un’Europa trasformata in un enorme e improduttivo giardino con carne e latte senza stalle.
Fortunatamente (o sfortunatamente per l’Europa) il mondo va in una direzione diversa: la produ-
zione globale di carne e l’offerta di carne bovina si riducono mentre la
domanda aumenta costantemente. In alto: l’apertura dei lavori del simposio “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile” fatta da Luigi Scordamaglia, presidente di ASSOCARNI qui in foto con il giornalista Andrea Bertaglio, moderatore della sessione “Carne rossa tra sostenibilità, nutrizione e futuro”. In basso: Anne Mottet, Miki Ben-Dor, Andrea Bertaglio e Frédéric Leroy.
Da sinistra Giuseppe Pulina, Andrea Pancani e Luigi Scordamaglia.
Il consumo di carne bovina nel mondo è l’ambizione nutrizionale di tutti i Paesi emergenti, è l’indicatore dello stato di benessere raggiunto».
E in Italia? «Nel nostro Paese oggi consumiamo una quantità di carne bovina che è uguale a quella degli anni ‘60, ottimale per la nostra dieta e meno di 25 g al giorno che è la quantità consigliata da tutte le linee guida internazionali, assicurandoci longevità e benessere. Il
bovino è una specie di miracolo: consuma cellulosa improduttiva e non utilizzabile dall’uomo e la trasforma in uno dei più alti valori proteici nutrizionali e nobili che
esistono e questo lo fa da sempre».
La qualità delle produzioni zootecniche italiane
Sulla qualità delle produzioni zootecniche italiane è intervenuto il presidente di COLDIRETTI ETTORE PRANDINI: «La carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza, sostenibilità e qualità non ha eguali al mondo, consolidato
Cow is Veg!
Forse non ci si pensano spesso ma i bovini sono animali erbivori. Erbivori che si nutrono principalmente di cellulosa, sostanza non utilizzabile per l’alimentazione umana. La “carne rossa” che conosciamo, viceversa, è ricca di preziosi nutrienti ed è il risultato di questa interazione “simbiotica” e virtuosa tra ambiente e ciclo di vita degli animali: un processo antico come la storia dell’uomo. Su questa premessa si è sviluppato il progetto Cow is Veg, una campagna di informazione che intende fare chiarezza, attraverso la pubblicazione di contenuti e l’organizzazione di eventi scientifi ci, su due argomenti chiave riguardanti la fi liera del bovino: la sostenibilità e la nutrizione. «In merito alla sostenibilità, vogliamo far conoscere la fi liera italiana del bovino, con tutti i suoi prodotti e sotto-prodotti, e il suo impatto sul nostro territorio a livello sociale, ambientale ed economico. Vogliamo parlare, ad esempio, di water e carbon footprint della carne rossa contestualizzando, con rigore scientifi co, i numeri e i titoli sensazionalistici che vengono riportati dai giornali. Si tratta di argomenti complessi, su cui riteniamo di dover promuovere la conoscenza di dati e chiavi di lettura indispensabili per poter costruire delle opinioni solide sulle quali basare le proprie scelte di consumo» scrivono gli autori di Cow is Veg. Non è da meno il tema della nutrizione, di fortissimo interesse per i consumatori. «Perché (e come) la carne rossa può essere parte integrante di una dieta sana e “green”? Qual è il suo ruolo, oggi, nell’alimentazione italiana rispetto alle diverse fasce d’età e rispettive esigenze nutrizionali? Le cosiddette “alternative” alla carne come si confi gurano dal punto di vista qualitativo e nutrizionale? Facciamo il punto, a tu per tu con i massimi esperti del settore».
Il portale www.lastoriadiunerbivoro.it raccoglie parecchio materiale, informazioni, notizie e contenuti di facile lettura e comprensione. Un ottimo strumento per smontare false notizie e fare chiarezza su temi che impattano sulla nostra alimentazione e salute.
anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne. Le potenzialità di miglioramento sono alla portata della nostra zootecnia puntando fi n d’ora sulla gestione dei residui e sulla produzione di energia rinnovabile attraverso il biogas e il biometano».
Gli impatti ambientali della fi liera bovina sui quali oggi si fa ancora troppa confusione
«Il settore dell’allevamento bovino in Italia è già net zero per quel che riguarda i gas climalteranti»: così commenta GIUSEPPE PULINA, ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali all’Università di Sassari. In sintesi, il nostro Paese si conferma fra i più virtuosi al mondo in termini di bilancio delle emissioni degli allevamenti bovini.
«Dobbiamo cominciare a guardare a questa fi liera come parte integrante di un’economia circolare, in un’ottica di bilancio di emissioni. Questo significa che oltre a considerare la riduzione degli impatti — secondo ISPRA le emissioni dell’allevamento pesano il 5% del totale, calate di oltre 14 punti percentuali in 30 anni (e del 10% solo negli ultimi 10) —, va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento».
E, continua il professore, «Addirittura con le nuove metriche (GWP*), il saldo dell’allevamento bovino è in negativo: il settore, cioè, ha contribuito maggiormente al sequestro che all’emissione. Un risultato reso possibile anche grazie allo sviluppo di un approccio innovativo secondo cui la sostenibilità del comparto zootecnico si ottiene incrementando la conoscenza, il knowledge intensive, che passa anche dall’impiego di tecnologie all’avanguardia che rendono il sistema sempre più effi ciente tutelando animali e ambiente.
Un dato su tutti: il nostro Paese
non è mai stato così verde dal secon-
Un bovino di razza Marchigiana. Il prof. Giuseppe Pulina ha sottolineato nel corso della sua presentazione che «dobbiamo cominciare a guardare alla fi liera della carne bovina come parte integrante di un’economia circolare, in un’ottica di bilancio di emissioni. Questo signifi ca che oltre a considerare la riduzione degli impatti va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento». Come rimarcato anche dal prof. Frank Mitloehner, gli allevamenti sono parte integrata della soluzione climatica.
«Prescindere dal ruolo nutrizionale degli alimenti nel formulare raccomandazioni per un consumo meno impattante per l’ambiente rappresenta un grave errore — ha rimarcato il prof. Leroy — occorre tenere in considerazione e incorporare tali vantaggi nutrizionali anche nelle valutazioni di carattere ambientale, per consentire confronti e valutazioni equi».
do dopoguerra ad oggi, passando da 5 milioni e mezzo di ettari forestali a
11. Ecco perché pensare di imporre arbitrariamente e senza studi accurati politiche per ridurre i capi di bestiame degli allevamenti bovini in Italia non solo sarebbe nocivo dal punto di vista economico e sociale, ma come dimostrano questi dati recenti, anche controproducente dal punto di vista ambientale».
Impatto economico e sociale della zootecnia
Sull’importanza di guardare al sistema zootecnico sotto differenti aspetti — ambien tale, ma anche economico e sociale — è intervenuto MAURIZIO MARTINA, vicedirettore generale della FAO, che ha sottolineato l’apporto di queste fi liere «alla grande sfi da della sostenibilità» e ha ribadito il valore di un approccio scientifi co e ragionato al tema, ricordando che nel mondo
1 miliardo e 300 milioni di persone
vivono grazie al lavoro in zootecnia. Proprio nell’ottica di considerare le fi liere zootecniche come parte di un nuovo equilibrio sostenibile, ha proseguito: «Sono molte le questioni importanti sui cui si può lavorare insieme: contro le emissioni, sulla qualità dei mangimi, sull’utilizzo dei terreni e dei suoli, per la selezione delle razze, sulla gestione dei refl ui, per la circolarità integrale dei sistemi zootecnici. Temi concreti che aiutano a spostare in avanti l’equilibrio per renderlo sempre più sostenibile e più avanzato. In questo senso non abbiamo bisogno
di approcci ideologici, ma di buone pratiche che ci facciano lavorare
insieme».
L’agricoltura, di cui la zootecnia è parte integrante, ha già risposto con i fatti sulla capacità di aumentare la produzione riducendo gli impatti: negli ultimi 30 anni il comparto agricolo ha sfamato quasi 2,5 miliardi di persone in più riducendo le emissioni pro capite di circa il 20% (fonte: Our World in Data).
Ambientalismo ideologico e demonizzazione della carne
«Negli ultimi anni si è fatto strada anche a livello comunitario un ambientalismo troppo ideologico che non ha niente a che vedere con la protezione dell’ambiente e la relativa transizione, ma che strumentalizza le preoccupazioni dei cittadini per attaccare apertamente determinati prodotti e tradizioni alimentari europee» ha dichiarato da Bruxelles l’on. SALVATORE DE MEO, componente della Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale AGR. «La carne rossa è al centro di questa campagna di demonizzazione che parte da una distorsione di agricoltura e allevamento, tacciati come uniche cause del cambiamento climatico. In questa confusione perdono importanza le basi scientifi che delle ricerche e non si distingue più tra uso e abuso, qualità e quantità. In un momento in cui le aziende agricole sono in seria diffi coltà e la sicurezza alimentare europea è a