EUROCARNI 12-2020

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 12 • Dicembre 2020

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AUGURI D’AUTORE

Buone Feste da tutti Noi

• Giovanni Ballarini • Josette Baverez Blanco • Elena Benedetti • Gian Omar Bison • Gaia Borghi • Susanna Bramante • Marco Cappelli • Gaetano Ciani • Federica Cornia • Sebastiano Corona • Marco Credi • Aurora De Santis • Giorgia Fieni • Veronica Fumarola

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• Andrea Gaddini • Emanuele Guidi • Riccardo Lagorio • Nunzia Manicardi • Giorgio Montanari • Francesca Monti • Anna Mossini • Manrico Murzi • Giovanni Papalato • Alfonso Piscopo • Massimiliano Rella • Cosimo Sorrentino • Roberto Villa

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo

Segreteria di redazione Gaia Borghi

Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi

Euro Annuario Carne EURO ANNUARIO CARNE 2021

Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2021 Copia cartacea: € 95,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Ufficio stampa e Media Partner

Stampa

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

Agenda fluida

Amsterdam, Paesi Bassi – Modena – Sacramento, USA

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Immagini

UNICEB e ASSOCARNI contro la Fake meat

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I segreti del Gran Bollito cremonese

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La frase del mese

Commento dell’UECBV lo scorso 23 ottobre al termine della votazione del Parlamento europeo sull’Organizzazione Comune del Mercato unico

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Naturalmente carnivoro

Alessia Morabito e Fabrizio Mazzantini

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Regali carnivori

A girl and her pig – T-Shirt carnivora – Cow Parade, vacche e buoi d’artista – La scienza della carne – Maiale fine China – Eurocarni, 12 mesi di notizie, tendenze e attualità – Bull Head – Corno rosso quest’anno più che mai

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Lettere

Lettera aperta alle coscienze di coloro che rispettano le regole

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A pagina 112.

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Attualità

Rapporto Coop 2020: la pandemia come uno tsunami

Sebastiano Corona

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Gli attacchi al mondo zootecnico nascono solo da posizioni ideologiche Anna Mossini

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Cibo per la mente: le sfide del sistema europeo

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Le crescenti incertezze per il Covid-19 turbano le prospettive agricole…

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Fake meat, la battaglia continua

50

Slalom

Profonda recessione globale

Cosimo Sorrentino

54

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Aziende

Zampone e Cotechino dei fratelli Palmieri, è sempre Natale

Elena Benedetti

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Antibiotici, perché nelle carni non c’è pericolo

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Eat Pink, mangia rosa

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Macelleria Zivieri, le persone sempre al centro

Elena Benedetti

The Gold Butchers Club tra tradizione e innovazione

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®

Il Cuomo Method presentato allo SMAU di Milano come case history… Interviste

68 80

Francesca Santin, la passione in macelleria ha un nome

Gaia Borghi

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Buona carne non mente

Federica Cornia

86

Comunicare la carne

Chiamare “carne” hamburger e salsicce prodotti di origine vegetale è… Giuseppe Pulina

92

Progettare la carne

Il Gran Bollito cremonese, oggi

Francesca Monti

94

Retail news

La digital transformation è il presente non più il futuro del retail

Eventi

Il successo di Meat Academy a firma di chef Berton

100

Indagini

Il futuro della zootecnia in Europa

104

Mercati

Agnello gallese Igp per il Natale 2020 Covid-19 e peste suina africana cambiano gli scenari dei mercati

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108 Roberto Villa

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 12 • Dicembre 2020

€ 5,42

A pagina 108. In copertina: Cotechino del Salumificio Mec Palmieri di San Prospero (MO).

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Macellerie d’Italia

Canton: gli ambasciatori della Fassona

Massimiliano Rella 112

Mola: Hamburger Lodigiano, carni selezionate e consigli

Riccardo Lagorio

116

Ferretti, tradizione carnivora alla reggiana

Federica Cornia

118

Macelleria Da Mauro The Barbecue House®, qualcosa di più…

Federica Cornia

122

Sapori dal mondo

Renne… non solo a Natale

Giorgia Fieni

126

Meat franchising

Calavera Restaurant, proseguono le aperture

128

Assemblee

Araer, sempre a fianco degli allevatori

130

Tecnologie

Sicurezza ed efficienza diventano una certezza con il software CSB-System

132

Cooperativa Bilanciai inaugura il nuovo Polo Tecnologico

136

FALCON preformer, la nuova tecnologia TREIF per le carni

140 Giovanni Papalato 142

Sono 180 grammi, lascio?

Hail to the Steak

Statistiche

Scambi commerciali cosce suine in Italia 1o semestre 2020

146

Le macellazioni suine nell’UE

148

Il libro delle frattaglie – Il Grande Libro di Cucina di Alain Ducasse – Il bue nella storia dell’uomo e nelle tradizioni del Piemonte

150

Tre libri

A pagina 104.

A pagina 24.

A pagina 142.

www.eurocarni-online.com 10

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...una storia Italiana

Hamburger di scottona

Salsiccia di vitello

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AGENDA FLUIDA

Amsterdam, Paesi Bassi L’edizione 2020 della Fiera Internazionale “Il Mondo del Marchio del Distributore” della PLMA si terrà on-line nelle giornate dal 1 al 4 dicembre sulla piattaforma www.plma.nl. L’evento avrà luogo in modalità web in un momento nel quale gli atteggiamenti dei consumatori nei confronti dei prodotti alimentari cambiano rapidamente. I buyer sono sempre più alla ricerca di prodotti freschi, orientati alla salute, al benessere e alla sostenibilità. Tra i visitatori on-line si prevedono distributori che rappresentano supermercati, ipermercati, discount, drugstore e grandi magazzini, nonché importatori ed esportatori, consulenti, agenti di vendita ed esperti di packaging e design. www.plmalive.eu

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Lo sapevate che la vera cotoletta alla milanese è fatta con la carne di vitello? Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Garanzia data dall’integrazione. Tutte le aziende del VanDrie Group sanno di essere responsabili al 100% per la qualità ottimale del prodotto finale. Questo vale sia per gli allevamenti sia per le aziende produttrici di latte in polvere e di carne. In quest’ottica la collaborazione per offrire al consumatore finale la garanzia di un prodotto di elevata qualità diventa logica. Così il VanDrie Group ha sviluppato la sua strategia integrata, assistito da uno dei più avanzati sistemi di controllo. www.vandriegroup.com La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“LA COTOLETTA ALLA MILANESE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

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Modena La seconda ondata della pandemia da Covid-19 è tornata ad avere contorni preoccupanti che inducono a credere che, prima degli inizi del prossimo anno, non si vedrà un reale miglioramento. Conscia delle difficoltà che la situazione innegabilmente comporta e delle conseguenti quanto legittime pause di riflessione che vanno a turbare i prossimi due mesi da un punto di vista sanitario ma anche professionale, la società organizzatrice ECOD ha deciso di posticipare la data di svolgimento dell’evento fieristico iMEAT, giunta alla sua settima edizione, dal 6 all’8 giugno 2021. «Questa decisione è stata assunta dopo aver considerato alcuni aspetti di criticità che rendono la già difficile situazione ancor più carica di incognite a brevissimo termine. Primo fra tutti il rischio di dover annullare sotto data l’evento se mantenuto a marzo 2021» ha dichiarato Luca Codato, a capo di ECOD. «Ciò metterebbe in difficoltà tutta la macchina fieristica, dagli espositori alla società organizzatrice, dai visitatori all’ente fiera, con ripercussioni pratico-logistico-gestionali non sottovalutabili. Purtroppo non è un’eventualità così remota, visto ciò che è avvenuto ad alcune fiere nella settimana successiva alla pubblicazione del DPCM del 25 ottobre. Il monitoraggio costante e quotidiano delle informazioni induce a credere che le prime cure potrebbero essere disponibili a partire dal prossimo mese di marzo: se la notizia sarà confermata, infonderà una maggiore tranquillità in relazione allo svolgimento di eventi in cui l’aggregazione, seppur controllata, è inevitabile. Lo spostamento della fiera iMEAT a giugno è stato deciso dopo aver interpellato per primi gli espositori che ad ottobre avevano ufficialmente confermato la loro presenza a marzo e, successivamente, col monitoraggio di tutti gli espositori presenti alle passate edizioni. Allo stesso modo sono stati interpellati i visitatori, macellai soprattutto, che non hanno sollevato obiezioni circa lo slittamento di iMEAT a giugno. Ad onor del vero alcuni, sia visitatori che espositori, hanno salutato la nuova data positivamente, auspicando una migliore e più serena riuscita della fiera. L’impegno della società organizzatrice ECOD è quello di operare con maggiore tenacia e professionalità per creare un evento ancor più vivace e ricco di contenuti: non solo una fiera, ma una grande festa che guardi con rinnovata fiducia al futuro di tutta la filiera». www.imeat.it

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Sacramento (USA) La notizia è di fine ottobre: la sfida mondiale dei maestri delle carni nel World Butchers’ Challenge in programma a metà agosto 2021 a Sacramento, California, è stata annullata e rimandata a data da destinarsi dal comitato organizzativo causa impossibilità di garantire la sicurezza ai partecipanti e ai vari team con l’acuirsi della crisi sanitaria. “La pandemia non permette all’organizzazione di assicurare gli adeguati standard di sicurezza necessari per far arrivare e gareggiare le squadre di macellai provenienti da ogni angolo del globo: la decisione più giusta, seria e responsabile è stata quella di non attendere oltre, annunciando fin da ora, a ben otto mesi di distanza, la necessità di annullare l’evento” scrivono i Macellai della Nazionale italiana nella loro pagina Facebook. “Da parte nostra, come Nazionale Italiana Macellai, ci stringiamo ancora di più, per lo meno virtualmente, a tutti i nostri amici e colleghi di ogni parte del mondo che stanno lottando contro questo virus e contro tutto quello che sta comportando sul piano della salute, sociale ed economico. Continueremo a combattere ogni giorno, perché per quanto possa essere lunga la notte, nulla può impedire al sole di tornare a splendere”. Il Team italiano resta attivo più che mai e si può seguire su facebook.com/ItalianButchersTeam www.worldbutcherschallenge.com

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IMMAGINI

Lo scorso ottobre, nella votazione al Parlamento europeo sull’Organizzazione Comune del Mercato unico, sono stati rifiutati diversi emendamenti sull’uso delle denominazioni di carne. Ciò significa che è mancata la possibilità di chiarimenti per un trattamento armonizzato. In previsione era stata fatta una campagna informativa da parte di UNICEB e ASSOCARNI. Questa è l’immagine utilizzata. A pagina 50 un approfondimento sui commenti a seguito del voto, a testimonianza del fronte comune mosso dalle associazioni dell’industria delle carni. 16

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In occasione del Festival della Mostarda di Cremona, il maestro macellaio Giancarlo Ruggeri ha raccontato i segreti del Gran Bollito cremonese, che dal 1946 la sua famiglia si tramanda con passione e competenza. Il Gran Bollito cremonese è una delle più note pietanze locali, nasce nelle famiglie numerose di un tempo e ancora oggi è un piatto tipico preparato soprattutto nelle stagioni invernali e accompagnato dal gusto inconfondibile di un’altra eccellenza, la mostarda cremonese. Un piatto che può e deve essere attualizzato, per venire incontro alle esigenze odierne dei consumatori, per farsi amare dai giovani. Come? Leggete l’articolo di Francesca Monti a pagina 94.

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LA FRASE DEL MESE

Per il settore zootecnico europeo la difesa delle denominazioni dei prodotti di carne non è una lotta contro, ma un appello al giusto riconoscimento e rispetto per i propri prodotti e per il lavoro di milioni di agricoltori e lavoratori del settore dell’allevamento e della carne europei. Essi mantengono vive le nostre aree rurali fornendo ai nostri cittadini prodotti a base di carne di qualità, apprezzati e consumati da tutte le generazioni come parte del patrimonio culinario europeo e di una dieta equilibrata

Commento dell’UECBV (Unione europea del Bestiame e della Carne), lo scorso 23 ottobre al termine della votazione del Parlamento europeo sull’Organizzazione Comune del Mercato unico, nel corso della quale sono stati bocciati diversi emendamenti volti al corretto uso delle denominazioni di carne. A pagina 50 un approfondimento e una riflessione da parte delle associazioni dell’industria delle carni.

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Opperaa dei foornittorri di carrne bellga Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio?

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NATURALMENTE CARNIVORO

Uniti da un diaframma e dall’amicizia e anche… dall’amicizia per il diaframma: sono i due chef toscani Alessia Morabito e Fabrizio Mazzantini, qui fotografati alla recente edizione dell’evento “I Principi del Riso”. Alessia, cuoca curiosa e instancabile con una predilezione per la cucina orientale, i prodotti selvatici, le spezie, le tecniche di cottura desuete, che lei reinterpreta con amore e dedizione, si divide tra “tante cucine” — consulenze, didattica professionalizzante e amatoriale, catering, serate di degustazione, cene private, volontariato… — ma cucina, sempre. «Considero la carne una materia prima di valore estremo, sottende un sacrificio e richiede dedizione: io non riesco a mangiarla distrattamente, mai», ci aveva raccontato durante un’intervista fatta lo scorso anno. «Mi piacciono moltissimo le cotture lente: per me la carne richiede tempo, oltre che per essere conosciuta anche per essere “riconosciuta”». Fabrizio alla carne è legato per questioni di famiglia (proviene da una famiglia di macellai, allevatori e norcini), si è formato nella ristorazione europea ed è grande esperto di gastronomia e soprattutto conserve, le “eccellenze sotto vetro”, con le mitiche giardiniere che gli hanno dato la giusta notorietà e i preparati di carne in conserva che arricchiscono l’offerta della viareggina Masoni Macelleria & Bistrot. Entrambi, attraverso il loro lavoro e la comunicazione sui social, promuovono un’idea del mangiare carne che parte dalla conoscenza degli animali e dal loro profondo rispetto e arriva alla conoscenza altrettanto profonda della materia prima, delle razze, italiane e estere, della lavorazione, delle cotture, dell’uso dei diversi tagli, diaframma compreso. Bravissimi!

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REGALI CARNIVORI

A girl and

her pig

La chef statunitense APRIL BLOOMFIELD ha pubblicato un bellissimo libro di ricette e storie che ruotano intorno alla visione dell’utilizzo dell’animale, intero dal titolo “A girl and her pig”. La pubblicazione di 333 pagine è stata scritta da April insieme a J.J. GOODE, DAVID LOFTUS e SUN YOUNG PARK e si può acquistare su Amazon.

T-Shirt CARNIVORA La maglietta carnivora da indossare tutto l’anno è praticamente un atto di fede. Questa l’abbiamo trovata su Pinterest.com. Per il regalo dell’ultimo minuto trovate le nostre della serie “Naturalmente carnivoro” su Meaty.store

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COW PARADE

vacche e buoi d’artista Cow Parade, la mostra itinerante di bovini a grandezza naturale reinterpretati da artisti contemporanei ed esposti in giro per il mondo risale al 1999 da un’idea del direttore artistico svizzero WALTER KNAPP. Le opere di maggior successo vengono riprodotte in piccola scala creando così la collezione CowParade. Perfette come complemento d’arredo per uffici, sale riunioni, macellerie o come idea regalo. Ogni scatola riporta una scheda col nome dell’artista e la città dell’evento in cui è stato concepito il disegno della mucca. Link allo shop: www.cowparade-international.com

La scienza DELLA CARNE Un grande classico per gli amanti della carne scritto da DARIO BRESSANINI, docente di chimica e ricercatore di professione con un grande seguito sui social. Il libro tratta la composizione, la struttura, il colore, il sapore, la consistenza e la succosità della carne applicando le basi teoriche a varie cotture asciutte e umide e perfino a quelle a bassa temperatura. Linguaggio semplice, disegni esplicativi e pratiche tabelle aiutano a comprendere tutto quello che serve per riconoscere i pezzi, acquistare i giusti tagli e cucinarli nel modo corretto. Nelle librerie e on-line.

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MAIALE

fine China Questo piatto resta una delle cose più belle del mondo! Prodotto dai britannici Chase & Wonder è un piccolo capolavoro di ceramica pregiata da usare tutti i giorni o magari appendere al muro. Disponibile in due versioni, si può acquistare direttamente on-line sullo shop di chaseandwonder.com

EUROCARNI, 12 mesi di notizie, tendenze e attualità Un po’ di “autocelebrazione”, è Natale! EUROCARNI è il mensile più letto dagli operatori della filiera delle carni, dalla macellazione fino al punto vendita. Ogni mese vi raccontiamo le tendenze del settore, le novità nel comparto delle carni, gli impatti che questo mondo fluido (e pandemico) esercita sul mercato e sull’industria, le tecnologie che ci vengono in aiuto per vendere meglio, gli eventi che stanno tornando a riempire le agende. Ci trovate su PubblicitaItalia.store e ci si può abbonare in pochi clic!

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BULL

Head Bella questa decorazione da parete in metallo dal sapore industriale e metropolitano con l’immagine di una testa taurina, simbolo di forza ed energia. Larga 63 cm e alta 47 cm, è realizzata con bacchette metalliche dello spessore di pochi millimetri e si può acquistare on-line nello shop di hoagard.co

Corno rosso

QUEST’ANNO PIÙ CHE MAI Concludiamo quest’anno sperando in un 2021 senza mascherine, tamponi laringo-faringei, DPCM della domenica e protocolli vari. C’è un detto perfetto per il momento: “il segreto è non smettere mai di stupirsi”. Noi in questo 2020 ci siamo stupiti parecchio della realtà. L’augurio della Redazione di Eurocarni è di lavorare tanto, mangiare carne buona e stare in salute e in pace con tutti (il piattino è di Bitossi e lo trovate anche on-line su bitossihome.it).

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LETTERE

Lettera aperta alle coscienze di coloro che rispettano le regole In questa guerra contro il terribile virus abbiamo perso la MAMMA ed il PAPÀ senza poterli salutare, abbracciare, ricordare, piangere con tutte le persone che hanno voluto loro bene. Avremmo avuto tutta l’estate per approfittare delle “vacanze degli scienziati” ed organizzare una cerimonia commemorativa, ma non abbiamo voluto farlo per rispettare le regole! Sapevamo benissimo che avremmo radunato centinaia, forse migliaia di persone, perché nella vita MAMMA e PAPÀ hanno seminato Rispetto ed Amore. Loro ci hanno insegnato il Rispetto per le leggi, per gli ideali, soprattutto se diversi dai loro; ci hanno insegnato l’Amore per la Famiglia, per l’Azienda, per i Dipendenti… E ancor di più ci hanno insegnato il rispetto per questo splendido Paese che si chiama Italia. In tutti questi mesi noi figli siamo stati zitti, avvolti nel nostro dolore, lavorando a testa bassa per cercare di portare avanti i nostri progetti e per permettere ai nostri collaboratori e alle loro famiglie di avere una vita il più normale possibile. Lo abbiamo fatto non perché siamo degli eroi, ma perché conosciamo solo questa modalità di portare avanti e far crescere la nostra azienda. Abbiamo investito in sicurezza degli ambienti, abbiamo ridotto le potenzialità di business per ridurre i rischi (e non perché altrimenti avremmo preso una multa!). Non siamo eroi, ci teniamo a ribadirlo, ma siamo imprenditori che hanno a cuore ciò che fanno e le persone con cui lavorano… e come noi, la stragrande maggioranza degli imprenditori con cui ci siamo confrontati ha fatto le stesse cose. Potremmo continuare all’infinito con la premessa, ma crediamo sia giunto il momento di arrivare al dunque, perché proprio i NOSTRI GENITORI, con il loro sacrificio, ci hanno insegnato a non fare finta di nulla quando succede qualcosa di grave! Avremmo potuto decidere di essere politically correct e non disturbare le coscienze di nessuno, avremmo potuto dire “Probabilmente lavoreremo anche questa volta!”. Ed invece NO! Questa volta ci rifiutiamo di farlo! In questi giorni abbiamo sentito dire che un’eventuale chiusura sarebbe stata una forma di rispetto verso chi è morto o chi ha avuto lutti. Chi ha pronunciato queste parole è un criminale, come criminale è chi, per punire giustamente qualcuno, sta colpendo ingiustamente tutti. Sono passati almeno 8 mesi da quando il Covid è entrato nelle nostre vite e ancora oggi sentiamo dire le stesse cose di 8 mesi fa: ospedali al collasso, terapie intensive pronte ad esplodere, sistema di controllo del virus inesistente… A noi vengono i brividi a pensare che chi aveva il potere di fare qualcosa non lo ha utilizzato per evitare che ciò che è successo a marzo ed aprile non si ripetesse in questi giorni. Dall’inizio di questa tragedia si professava un ritorno del virus in autunno; e allora ci chiediamo: cosa è stato fatto? Perché chiudere aziende, attività, uffici, negozi, che in questi mesi hanno investito tutto ciò che avevano proprio per scongiurare un nuovo fermo? Non è vero che il virus circola in maniera indiscriminata anche laddove osservi le giuste precauzioni.

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Nessuno dei nostri dipendenti si è ammalato. Nessuno dei nostri collaboratori ha avuto sintomi. Noi abbiamo pagato un prezzo inimmaginabile a questa piaga ed in questo momento usciamo dal nostro silenzio, perché crediamo che la folle chiusura avallata nei giorni scorsi porti di nuovo tutta la comunità verso un baratro e lo faccia non per proteggere i cittadini, ma per mascherare incompetenza e assoluta mancanza di RISPETTO e AMORE. Nei ricordi dei NOSTRI GENITORI erano sempre vive le immagini di chi, durante e alla fine della Seconda Guerra Mondiale, si è arricchito attraverso le sfortune altrui o depredando le case degli sfollati. Questa è l’immagine con cui vogliamo concludere questo nostro racconto, che speriamo possa risvegliare coscienze e muovere sentimenti di “ribellione educata e ricca di amor proprio”. Riteniamo che il RISPETTO verso chi non è più tra noi passi proprio attraverso il non accettare le ingiustizie o quanto meno le inefficienze di un paese amato da miliardi di persone, ma ridotto sul lastrico da qualche centinaio di governanti improvvisati. Certi della responsabilità di quanto abbiamo comunicato, crediamo, nel nostro piccolo, di aver agito con RISPETTO ed AMORE per il nostro Paese. Fratelli Zivieri Fabrizio, Elena, Aldo e Stefano

Eurocarni, 12/20


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I vitelli Blonde d’Aquitaine crescono con le loro madri nei pascoli dei Pirenei francesi, dove si nutrono di latte ed erba per i primi mesi di vita. Grazie alle loro eccellenti caratteristiche genetiche e ad una alimentazione accuratamente selezionata basata sui cereali, bilanciata dall’esperienza degli allevatori piemontesi, sono in grado di fornire performance superiori in allevamento ed elevate rese alla macellazione e al disosso, con una grande predisposizione a fornire tagli pregiati. UN’ECCELLENZA EUROPEA PER VERI INTENDITORI. DA ALLEVAMENTI CERTIFICATI DAL CONSORZIO SIGILLO ITALIANO

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Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare (Chafea) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include.

CAMPAGNA FINANZIATA CON L’AIUTO DELL’UNIONE EUROPEA


ATTUALITÀ

Rapporto Coop 2020: la pandemia come uno tsunami Nemmeno la più fantasiosa delle menti avrebbe potuto immaginare solo un anno fa quello che sarebbe successo nell’arco di pochissimo tempo. Qualcosa di grave, in grado di modificare violentemente le nostre vite e le nostre economie. Qualcosa di più paragonabile ad un conflitto bellico che non ad una straordinaria crisi dei mercati di Sebastiano Corona 34

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C

on questo preambolo, C OOP racconta quanto accaduto di recente a livello mondiale e le prospettive per i prossimi tempi, governate da incertezze su ogni piano, con tutte le prevedibili conseguenze del caso. Di fatto siamo di fronte alla più grande recessione dal dopoguerra. Evaporati 12.500 miliardi di dollari di PIL mondiale in un anno, 170 Paesi che subiranno una contrazione del PIL pro capite nel 2020, un ritorno alla situazione generale precedente alla pandemia, solo nel 2023, per i più pessimisti, nel 2025: questi i dati più significativi della devastazione generata dal Covid-19, al netto del disastro sul piano sanitario. In questo scenario nefasto, il baricentro economico e geopolitico mondiale sembra destinato a spostarsi ad Oriente, verso la Cina, la Russia e le altre economie asiatiche, mentre quelle atlantiche dovranno giocoforza arrendersi alla perdita della loro centralità. Il tutto nonostante il virus, in maniera assolutamente insperata, sia stato un formidabile agente aggregatore dei 27 Paesi Membri dell’UE, ponendo la parola fine all’austerity, a cui eravamo nostro malgrado abituati, e avviando un piano di rilancio senza precedenti, di cui, è evidente, l’Italia potrà godere più di altri Paesi. Non solo l’astio generalizzato nei confronti dell’Europa pare per il momento accantonato, ma anche l’87% dei top manager intervistati da Coop dichiara imprescindibile l’appartenenza alla UE per superare la fase attuale. In linea con quanto già anticipato nel Rapporto Coop 2019, però, gli Italiani si confermano oggi — e non a torto — i più pessimisti d’Europa. Ne hanno ragione essendo, insieme agli Spagnoli, quelli che più di tutti registrano un significativo peggioramento delle proprie condizioni di vita rispetto allo scorso anno. E questo a dispetto delle numerose azioni messe in campo dal Governo negli ultimi mesi. Tra gli intervistati, il 38% pensa di dover far fronte nel 2021 a seri problemi economici e, tra questi,

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il 60% teme di dover intaccare i propri risparmi o di essere costretto a chiedere un aiuto economico a Governo, amici, parenti e banche. A farne le spese sono soprattutto le classi più fragili, i giovani e le donne, ma c’è anche un 17% di Italiani che prevede nel 2021 un miglioramento delle proprie condizioni economiche. Si tratta però — corre l’obbligo precisarlo — prevalentemente di uomini dell’upper class. E per proseguire con altri nefasti numeri, ecco l’Italia delle rinunce, con l’arretramento del PIL pro capite ritornato ai livelli di metà anni ‘90 e la spesa in viaggi trascinata indietro di 45 anni, come nel 1975 o i consumi fuori casa arretrati di tre decenni. Fanno da contraltare altri dati, ugualmente impressionanti, ma per fortuna non negativi: si fa infatti spazio lo smart working con un +770% rispetto ad un anno fa e l’e-grocery con +132%; purtroppo entrambe tappe forzate in uno stile di vita e di lavoro che si è rivoluzionato in pochissimo tempo e che forse avremmo voluto raggiungere spontaneamente e per motivi diversi dalla pandemia. Una situazione, quella che emerge, complessivamente drammatica, dove la stima è di perdere, nel 2021, 30.000 nascite, scendendo così sotto la soglia dei 400.000 nati in un anno e anticipando di quasi un decennio un ritmo della denatalità che appariva già a suo tempo fortemente preoccupante. Gli Italiani non rinunciano solo ad avere un figlio a causa dell’emergenza sanitaria, ma anche ad altri importanti eventi della vita. Annullano o rinviano così matrimoni, trasferimenti, acquisti di case e aperture di nuove attività: condizionamenti che hanno riguardato in totale l’84% di Italiani. Le disuguaglianze economiche viaggiano di pari passo con i disagi psichici e sociali a svantaggio delle fasce deboli: i ragazzi iperconnessi per i quali è maggiore il rischio hikikomori salgono nei primi sei mesi dell’anno di un +250% fino a

toccare quota 1 milione. Un altro dato per tutti: +119% le chiamate al numero antiviolenza di genere da marzo a giugno. Gli spostamenti diventano di corto raggio e la casa il luogo che più rassicura. Il 41% degli intervistati prevede di ridurre la spesa in ristoranti per il prossimo anno e il 44% per intrattenimenti vari fuori casa. Il tutto già prima dell’approvazione dei DPCM di ottobre. Gli amici o i parenti si incontrano dunque tra le mura domestiche, più rassicuranti e certamente meno onerose. Nel frattempo, 3,5 milioni di Italiani durante il lockdown o subito dopo hanno acquistato un animale da compagnia e 4,3 milioni pensano di farlo prossimamente. Per il resto, la vita sociale è dominata dalla solitudine, con gli Italiani sempre più interessati ai social che alla vita reale e alla TV ma con contenuti on demand. I nostri connazionali interessati dalla ricerca Coop si preparano alla nuova normalità post-Covid e nelle intenzioni di spesa per il 2021 privilegiano i consumi legati alla salute e all’ambiente domestico. In netta riduzione, invece, le spese per il tempo libero e l’outdoor. Nel complesso, un terzo prevede di ridurre i propri consumi, ma l’alimentare è tra i pochissimi settori che verranno colpiti solo parzialmente da questo sacrificio collettivo. È però bene precisare che il discorso è ampio e complesso. La pandemia ha rinnovato la centralità del cibo nel Belpaese. Durante il lockdown, la sua preparazione e il suo consumo hanno rafforzato il ruolo di benessere individuale e collettivo anche nelle nuove generazioni che ne erano, negli ultimi anni, le meno affascinate. Non solo se ne è riscoperta l’importanza in ogni suo aspetto, ma le tavole sono tornate ad essere l’altare della ritrovata unità familiare, del territorio, della storia e della memoria dell’Italia e delle regioni. Guardando dentro al carrello, come era prevedibile, si nota però una straordinaria inversione di tendenza rispetto alla fotografia

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La pandemia ha rinnovato la centralità del cibo nel Belpaese. Durante il lockdown, la sua preparazione e il suo consumo hanno rafforzato il ruolo di benessere individuale e collettivo anche nelle nuove generazioni che ne erano, negli ultimi anni, le meno affascinate (photo © Lightfield Studios – stock.adobe.com). scattata appena un anno fa dalla stessa Coop, in cui era evidente una fuga dai fornelli, un fenomeno che continuava in progressione costante tanto da dimezzare in 20 anni il tempo passato a cucinare. La pandemia ha invertito la rotta e oggi giustifica la forte crescita nelle vendite degli ingredienti base (+28,5% in GDO su base annua) a fronte della contrazione dei piatti pronti (–2,2%). Un altro segnale importante è l’aumento della domanda dei robot da cucina, che a giugno ha registrato un +111%, rispetto all’anno prima. L’amore degli Italiani per la gastronomia ha una storia importante alle spalle, ma stavolta è anche dovuta alla volontà di “mangiare cose salutari” — lo dice un Italiano su 3 — e serve anche per mettersi al riparo da possibili occasioni di contagio (il 16% degli intervistati). E, pur con le dovute rinunce, l’attenzione verso la qualità, la territorialità e la sostenibilità da parte dei connazionali restano un faro nelle scelte di fronte allo scaffale: il 27% acquista infatti prodotti sostenibili/ ecofriendly di più rispetto a prima dell’arrivo del Covid-19. Francesi e Spagnoli seguono distanziati con

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un 18% in percentuale. Il 21% ha aumentato gli acquisti in punti vendita che promuovono prodotti sostenibili (contro un 17% degli Americani e un 15% dei Tedeschi) e il 20% acquista di più da aziende che operano nel rispetto dei lavoratori. Degno di considerazione anche quel 1.700.000 di Italiani che sperimenterà gli acquisti green, per la prima volta, a emergenza finita. Un connazionale su 2 guarda alla provenienza del prodotto privilegiando quello locale più di quanto non facesse prima del lockdown. Anche la sostenibilità, nella sua declinazione più ampia, esce rafforzata dalla pandemia, così come ne esce rafforzato il green in generale, che gli Italiani dichiarano di richiamare nella quotidianità in modelli di consumo e di comportamento. Il tutto in linea con la nuova politica europea che dal Green New Deal al Farm to Fork, chiama a raccolta società e individui verso la necessità di cambiare vita nel rispetto dell’ambiente e non solo. Aumenta la corsa all’e-food, con anche soluzioni miste come il clic & collect, che passa dal 7,2% delle vendite nel 2019 al 15,6% nei primi mesi del 2020. E c’è anche chi (42%)

ritiene comunque importante il consiglio del negoziante/addetto al banco, a riprova che la parola chiave sia sempre più la multicanalità. A costituire un deterrente è il caro prezzo dell’on-line: +25% rispetto al carrello fisico (marzo-giugno 2020). Un divario di prezzo diminuito rispetto al 2019, quando si attestava su un +35%, ma comunque tale da far sì che la spesa digitale sia un’abitudine diffusa tra le famiglie con redditi medio alti: la quota di acquirenti e-grocery passa dal 39% dei ceti popolari, al 53% della upper class. E sarà ancora quest’ultima a trainare la domanda nel futuro prossimo (lo dichiara il 43%). Sempre per questioni di sicurezza, nell’estate appena trascorsa abbiamo assistito ad una vera e propria rivincita del food confezionato, che cresce ad un ritmo più che doppio rispetto all’intero comparto alimentare se paragonato a un anno fa: +2,3% contro +0,5% (giugnometà agosto 2020). Il packaging protettivo e avvolgente sembra in questo caso fare la differenza in tutti i comparti, ortofrutta e persino salumi e latticini. Mentre guardando i carrelli sempre nell’estate 2020, riacquistano forza il gourmet

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(+16,9%), l’etnico (+15,4%) e il vegan (+6,9%). In controtendenza rispetto al passato, ma anche rispetto al resto d’Europa, gli Italiani rinnovano il loro amore per il cibo e dichiarano di non voler risparmiare in quest’ambito. Solo un Italiano su cinque prevede un downgrade degli acquisti. L’orientamento è però, come anticipato, verso il fai da te a danno del ready to eat e delle marche premium. Coloro che infatti dichiarano di dover/voler ridurre gli acquisti in alimentari, rinunceranno principalmente a piatti pronti (28%) e marche premium (23%). L’homemade non è solo un modo per impiegare il tempo, ma anche una modalità per presidiare la sicurezza sanitaria del cibo in un momento di diffusa paura del contagio. Da questo punto di vista, offre ampie garanzie anche il prodotto italiano, perché incarna la sicurezza della nostra rigorosa disciplina in materia, ma anche il fatto che il cibo non abbia subito ampi spostamenti e

numerosi passaggi di mano, ritenuti fattori di rischio. In questo sono anche d’aiuto i food influencers — che in questa fase storica di certo non mancano — ma c’è anche un 42% di consumatori che si affida al consiglio del negoziante o dell’addetto al banco, alla ricerca forse anche di un contatto umano, che avevamo visto tramontare negli ultimi anni, presi da ritmi di vita frenetici e da una diffidenza diffusa, soprattutto nei grandi centri urbani. L’alternativa alla serata in ristorante o alla pausa pranzo fuori ufficio è divenuta il food delivery, che vive un momento florido e destinato a consolidarsi nel tempo. Il trend positivo che si era avuto durante la pandemia non accenna a diminuire con l’allentarsi delle restrizioni, come se quell’abitudine, vuoi per la paura dei contagi, vuoi per pigrizia, fosse rimasta e si fosse rafforzata. È pari a 706 milioni di euro il giro d’affari del food delivery nel 2020 e, non a caso, il 92% dei manager

italiani intervistati da Coop prevede un rafforzamento del meal delivery nei prossimi anni. Si tratta, tra l’altro, di un segmento in cui l’offerta è sempre più ampia e racchiude in sé prodotti di ogni tipologia, dal tradizionale all’innovativo, dal locale al green e molto altro ancora. È tutto quello che oggi gli italiani chiedono, che bussa alla propria porta, con estrema comodità e sicurezza. Si delinea per il futuro prossimo uno stile alimentare misto dove regnano il fatto da sé, il salutare, il sostenibile, a cui si affiancheranno cibi con packaging a basso impatto ambientale, consegne a domicilio e discount. Una miscela complessa e bizzarra da decifrare, sintesi tra nuove esigenze e vecchie tradizioni, che il consumatore considera parte integrante di un più ampio contenitore di benessere della persona. Sebastiano Corona Nota A pagina 34, photo © Mix and Match Studio – stock.adobe.com


Gli attacchi al mondo zootecnico nascono solo da posizioni ideologiche Con una cadenza che sembra studiata a tavolino, gli allevamenti intensivi finiscono sul banco degli imputati, non solo perché accusati di maltrattamenti verso gli animali, ma soprattutto per essere causa di un grave impatto ambientale e consumo di territorio. I dati scientifici però non dicono proprio così di Anna Mossini

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iclicamente, con una precisione quasi chirurgica, sugli allevamenti intensivi si accendono i fari del clamore. Giornali, TV, esperti. Spesso non proprio molto “esperti”… E sem-

pre, immancabilmente, le luci si accendono sul settore per elencarne le presunte nefandezze a danno degli animali allevati, per sottolineare gli effetti “disastrosi” che gli allevamenti hanno sull’ambiente

e, di conseguenza, sulla salute dei cittadini, che non solo sarebbero costretti a respirare e a subire i danni dei miasmi causati dalle emissioni zootecniche rilasciate nell’atmosfera dal bestiame, ma in taluni casi

L’innovazione, la tecnologia, la ricerca scientifica, la voglia di competere con le armi della trasparenza e della qualità produttiva, il rispetto delle normative, l’attenzione e la tutela dell’ambiente sono oggi i capisaldi su cui si snoda l’attività della maggioranza degli allevatori italiani (photo © Dietrich Leppert). 38

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Alessandro Fantini, medico veterinario, ideatore della “Stalla Etica”. porterebbero sulle proprie tavole cibi poco salubri. A quale conclusione portano queste valutazioni per chi demonizza gli allevamenti intensivi? Semplice, alla necessità di cambiare dieta, mangiare meno carne, ridurre il numero di aziende zootecniche. Diciamo subito che, se qualcuno non se ne fosse accorto, non viviamo in un mondo perfetto. Quindi è evidente che, anche nel comparto zootecnico, non tutti gli allevatori rispettano quanto prevede la normativa sul benessere animale, non adottano tutti gli accorgimenti necessari, anche in questo caso previsti per legge, per ridurre l’impatto ambientale. Ma non sono la maggioranza, non fosse altro che per un aspetto economico: un animale maltrattato e/o malnutrito è poco produttivo, il che riduce inevitabilmente la redditività aziendale. E comunque, al di là di questa spiegazione che potrebbe prestare il fianco a considerazioni di parte, credo sarebbe anche ora di non considerare più l’allevatore come un villico e truce figuro analfabeta confinato in un mondo parallelo dove non esiste civiltà. Allevatore consapevole L’innovazione, la tecnologia, la ricerca scientifica, la voglia di competere con le armi della trasparenza e della qualità produttiva, il rispetto delle normative — peraltro nel nostro Paese particolarmente

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severe e spesso più restrittive che nel resto della UE — l’attenzione e la tutela dell’ambiente sono oggi i capisaldi su cui si snoda l’attività della maggioranza degli allevatori italiani. Eppure… Eppure c’è chi non la pensa così. Recentemente la rivista L’ESPRESSO ha pubblicato un articolo, firmato da ELISA MURGESE dell’Unità investigativa di GREENPEACE, che titolava “Agricoltura e allevamenti non sono sostenibili: ogni anno consumano un’Italia e mezza”. Citando uno studio condotto dall’Università degli Studi della Tuscia, l’autrice si chiede se «al nostro territorio conviene che l’Italia continui ad investire fondi pubblici negli allevamenti intensivi e se la nostra agricoltura e la nostra zootecnia siano sostenibili». La risposta arriverebbe proprio dall’indagine condotta dall’ateneo laziale, che avrebbe calcolato se l’Italia può permettersi il numero di capi allevati o se vacche e suini stanno silenziosamente erodendo le nostre risorse naturali. Sostenibile o no? La risposta di SILVIO FRANCO, autore dello studio e docente del Dipartimento di economia ingegneria, società e impresa dell’Università è NO, perché «in Italia il sistema agricolo e quello zootecnico sono nel loro insieme insostenibili e creano un deficit fra domanda e offerta di risorse naturali. L’impatto ambientale dei due settori — afferma il docente — è pari a una volta e mezza le risorse naturali messe a disposizione dai terreni agricoli italiani. Nella sola Lombardia — riporta ancora lo studio del professor Franco — la zootecnia starebbe divorando il 140% della biocapacità agricola della regione e per garantire la sostenibilità degli allevamenti l’intero territorio dovrebbe avere una superficie agricola di quasi una volta e mezzo quella attuale per assorbire le sole emissioni degli animali allevati». Quindi? La risposta, secondo l’articolo de L’Espresso, arriva dall’Unità Food Security del Centro comune di ricerca della Commissione europea per bocca di ADRIAN

LEIP, secondo il quale «studi fatti finora mostrano come le tecnologie che abbiamo a disposizione nel settore allevamenti non saranno sufficienti per rispondere alle ambizioni di riduzioni di effetto serra, pertanto il nostro impatto sull’ambiente potrebbe cambiare se consumassimo meno prodotti di origine animale». Un altro articolo pubblicato pochi giorni dopo dall’Agenzia Dire riporta le dichiarazioni di VINCENZO BALZANI, docente emerito di chimica all’Alma Mater di Bologna, che punta il dito sullo sfruttamento intensivo degli animali e sulla distruzione dell’ambiente incolpandoli della diffusione dei virus pandemici. “La fauna selvatica e il bestiame — questa la dichiarazione riportata e attribuibile a Balzani — sono le fonti della maggior parte dei virus che infettano gli esseri umani e i fattori principali che favoriscono il salto di specie sono la deforestazione di ambienti tropicali e l’allevamento industriale di animali, in particolare suini e polli. Secondo gli studi più recenti, le origini delle epidemie zoonotiche, in aumento e causa negli ultimi anni della morte di circa due milioni di persone, sono nell’ambiente, nei sistemi alimentari e nella salute degli animali. Negli ultimi decenni — rincara la dose il docente — è aumentata in modo esponenziale la produzione zootecnica globale che nel 2018 è arrivata a superare 350 milioni di tonnellate annue con circa 80 miliardi di animali allevati in sistemi prevalentemente intensivi, rinchiusi in gabbie e spesso mutilati. Gli scienziati a livello mondiale da tempo ammoniscono che salute umana, salute degli animali ed ecologia sono strettamente collegate, ma, come ci ha ricordato Papa Francesco il 27 marzo scorso, nella surreale e deserta piazza San Pietro abbiamo proseguito imperterriti pensando di rimanere sani in un mondo malato”. Chiarezza indispensabile Verrebbe da chiedersi perché, per dare più forza alle proprie dichiarazioni, ci sia stato bisogno di andare a scomodare il Papa che forse, in quella spettrale serata di qualche mese fa, non aveva certo individuato negli allevamenti intensivi la causa

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di tutti i nostri mali. Detto ciò, e senza nulla togliere alle indiscutibili competenze scientifiche del professor Balzani — che qualche anno fa sfiorò peraltro l’assegnazione del premio Nobel — diventa a volte difficile capire perché, nei confronti della zootecnia intensiva, si registri un continuo e reiterato attacco che spesso non si basa su fonti scientifiche certe ed acclarate, ma sia figlio di una posizione ideologica. Lo afferma chiaramente Alessandro Fantini, medico veterinario, ideatore della “Stalla Etica”, un modello produttivo integrato dove genetica, management, ambiente, salute e nutrizione vengono gestite nel migliore dei modi alla luce delle numerose conoscenze ed esperienze che la ricerca scientifica e le pratiche professionali hanno fin qui accumulato. «Spesso il consumatore ha una visione romantica dell’allevamento — afferma Fantini — e pensa che solo quello estensivo sia la soluzione. Non è così. Soprattutto perché gli animali di oggi sono frutto della selezione portata avanti dall’uomo nel corso dei secoli e proprio per questo la maggior parte delle specie allevate, a iniziare dai bovini, non si adatterebbero più al modello estensivo. Possiamo tranquillamente discutere se l’allevamento intensivo di oggi vada cambiato, riconvertito verso forme di etologia più rispettose. D’altra parte il percorso impostato dal Green New Deal va proprio in questa direzione. Esistono convinzioni ideologiche da parte di alcune associazioni animaliste che escludono qualsiasi confronto, anche sui dati, e questo è profondamente sbagliato. Come è sbagliato affermare che l’agricoltura e la zootecnia sono negative a prescindere. Non si può generalizzare, bensì cercare un equilibrio, anche in virtù di un futuro nemmeno tanto lontano in cui le normative sul benessere animale e la tutela ambientale saranno sempre più stringenti». Emissioni in calo «Il rischio di fare affermazioni qualunquistiche che cavalcano

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l’aspetto emotivo del consumatore senza invece aiutarlo a formarsi un’opinione obiettiva fondata su dati certi è sempre molto elevato» prosegue Fantini. «Se non possiamo affermare che la zootecnia non inquina, non possiamo nemmeno nascondere i grandi miglioramenti che su questo fronte il settore ha raggiunto. A iniziare dalle emissioni di ammoniaca, che secondo il Rapporto Ispra 2020 dal 1990 sono calate di oltre il 23%, per non parlare del contributo della zootecnia alla produzione di PM10 pari oggi all’11,8%, con un calo rispetto al 1990 del 10%». Decisamente meno virtuosi altri settori come quello del riscaldamento — puntualizziamo noi — che, sempre in base alle analisi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale 2020, ha avuto un impatto sulla produzione di PM2.5 intorno al 54%, con un aumento rispetto agli anni Duemila del 153%. Di più. Secondo i dati FAO 2017 l’intero comparto agrozootecnico contribuisce per non più del 20% alle emissioni complessive di gas serra espresse in CO2 equivalente, e all’interno di questo 20% la zootecnia non impatta per più del 10% o del 14,5% se consideriamo le emissioni provenienti dai cambiamenti di utilizzo del suolo: nel 1990 l’incidenza era rispettivamente del 17% e del 25%. «Questi sono dati certificati e incontrovertibili, che non escludono l’impegno, da parte del mondo allevatoriale, di continuare a lavorare per ridurre sempre più il carico inquinante derivante dai loro allevamenti» conclude Alessandro Fantini. «Un aspetto che deve essere chiaro è che la mentalità degli allevatori è completamente cambiata rispetto al passato, c’è la voglia e la determinazione di percorrere un cammino di costante miglioramento che prevede l’adozione della più moderna tecnologia unita ad una formazione professionale in continua evoluzione. Non ci sono strade da inventare perché esistono già, bensì conoscenze da applicare». Anna Mossini


Cibo per la mente: le sfide del sistema europeo Un appello e un progetto della filiera agroalimentare italiana rivolto ai decisori europei per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di investimenti in innovazione e ricerca nel campo dell’agricoltura e dell’industria alimentare

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ono 16 le associazioni della filiera agroalimentare italiana che si sono unite per promuovere l’innovazione nel progetto denominato Cibo per la mente, tra cui ASS.I.CA., UNICEB e UNAItalia. I settori agricolo e alimentare rappresentano oggi, nel loro insieme, ben 30 milioni di posti di lavoro, (il 13,4% dell’occu-

pazione totale) e il 3,5% del valore aggiunto totale nell’economia dei 28 Paesi UE. Per raggiungere gli obiettivi dei prossimi anni, l’UE e gli Stati Membri hanno bisogno di politiche ambiziose, politiche che sblocchino il grande potenziale del settore agro-industriale europeo e consentano loro di mantenere il ruolo di primato nel mondo.

Le sfide chiave di Cibo per la mente sono le seguenti: 1. garantire l’approvvigionamento alimentare. L’Europa è il maggiore importatore ed esportatore di derrate alimentari, così come ospita le terre coltivate più fertili del mondo intero. Da ciò dovrebbe trarre vantaggio per nutrire la

Il progetto “Cibo per la mente” ha l’obiettivo di “liberare il potenziale produttivo dell’agricoltura e dell’industria alimentare nella UE” (photo © kinwun – stock.adobe.com).

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crescente popolazione in Europa e nel mondo intero; garantire la sicurezza alimentare. I consumatori europei godono di standard tra i più elevati al mondo in materia di sicurezza alimentare lungo tutta la filiera di produzione, dall’azienda agricola al piatto del consumatore. L’innovazione aiuta a mantenere questi parametri al più alto livello di efficienza e di efficacia; creare posti di lavoro e sostenere la crescita. L’Europa può essere competitiva a livello globale, creando posti di lavoro e crescita economica solo se rende attiva l’innovazione, preoccupandosi di mettere in atto i comportamenti più virtuosi ed eliminando inutili appesantimenti normativi e burocratici nel settore agroalimentare; salvaguardare l’ambiente. L’agricoltura è a stretto contatto con la natura e con l’ambiente. I prodotti, le pratiche e le tecnologie innovative sono necessari a rendere il più possibile efficiente e sostenibile l’uso delle risorse naturali; far meglio oggi per domani. La filiera agricola ed agroalimentare investe nel futuro, e cerca sempre nuove strade per essere competitiva, produttiva e sostenibile (dal punto di vista economico, ambientale e sociale); il nostro obiettivo è far sì che i consumatori in Europa e nel mondo continuino ad avere accesso a un cibo sicuro, di elevata qualità e a prezzi ragionevoli.

Come fare? In un periodo di grandi cambiamenti, che coinvolgono anche l’intera filiera agricola ed agroalimentare, è importante che i decisori, a livello nazionale ed europeo, nei prossimi anni lavorino per: 1. promuovere l’innovazione; 2. promuovere la sostenibilità (lavoro, produttività e uso efficiente delle risorse); 3. stimolare l’innovazione in un mercato comune senza barriere. >> Link: www.ciboperlamente.eu

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Le crescenti incertezze per il Covid-19 turbano le prospettive agricole a medio termine Secondo il rapporto Prospettive Agricole OCSE-FAO 2020-2029, nei prossimi anni la pandemia dovrebbe indebolire la domanda e potrebbe pregiudicare ulteriormente la sicurezza alimentare

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Nel prossimo decennio circa l’85% della crescita della produzione globale di coltivazioni deriverà da migliori raccolti grazie ad input e investimenti in tecnologie di produzione e migliori pratiche di coltivazione (photo © brianbrownimages).

a lotta contro la pandemia globale da Covid-19 sta causando incertezze senza precedenti nelle filiere di approvvigionamento alimentare a livello globale, con potenziali ostacoli nei mercati del lavoro e in diversi settori come la produzione agricola, la trasformazione alimentare, i trasporti e la logistica, nonché riorientamenti nella domanda di cibo e di servizi alimentari. Nel breve termine gli impatti economici e sociali della pandemia disturbano le prospettive, in generale positive sul medio termine, per la produzione agricola globale e il consumo alimentare. Secondo il nuovo rapporto presentato dal segretario generale dell’OCSE ANGEL GURRÍA e dal direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) QU DONGYU i governi si trovano ad affrontare la sfida di delineare strategie equilibrate che rispondano alle esigenze immediate, come la carenza di manodopera, e di creare condizioni stabili per la “ricostruzione più efficace” (“build back better”) del settore agricolo. Il rapporto congiunto OECDFAO Agricultural Outlook 2020-2029 rivela che nei prossimi dieci anni la crescita dell’offerta surclasserà quella della domanda, facendo sì che i prezzi reali della maggior parte delle materie prime rimangano ai livelli attuali o inferiori. Nel quadro generale, le fluttuazioni dei fattori trainanti della domanda e dell’offerta potrebbero portare a forti variazioni di prezzo. Allo stesso tempo, la riduzione dei redditi disponibili nei paesi a basso reddito e nelle famiglie causata dal Covid-19 dovrebbe indebolire la

domanda nei primi anni di questa prospettiva e potrebbe pregiudicare ulteriormente la sicurezza alimentare. Il notevole aumento della popolazione globale resta il fattore principale della crescita della domanda, anche se i modelli di consumo e i trend previsti variano da Paese a Paese, di pari passo ai livelli di reddito e di sviluppo. Si prevede che entro il 2029 la disponibilità media di cibo pro capite raggiungerà circa 3.000 kcal e 85 g di proteine al giorno. In seguito all’attuale transizione delle diete globali verso un maggiore consumo di prodotti di origine animale, grassi e altri alimenti, si prevede che entro il 2029 la quota di alimenti di base nel paniere alimentare diminuirà per tutte le fasce di reddito. In particolare, si prevede che i consumatori nei Paesi a medio reddito utilizzeranno i redditi aggiuntivi per sostituire nella loro dieta gli alimenti di base con prodotti di valore più elevato. Nel frattempo, i timori per la salute e l’ambiente nei Paesi ad alto reddito dovrebbero sostenere la transizione da proteine di origine animale a fonti proteiche alternative. Per la sicurezza alimentare saranno sempre più importanti mercati internazionali aperti e trasparenti, soprattutto nei Paesi in cui le importazioni rappresentano un’ampia quota del consumo totale di calorie e proteine. «Un sistema commerciale internazionale ben funzionante e prevedibile può garantire la sicurezza alimentare globale e consentire ai produttori dei Paesi esportatori di prosperare. L’esperienza ha

Il rapporto OECD-FAO sottolinea l’esigenza di investire per realizzare sistemi alimentari produttivi, resilienti e sostenibili viste le attuali incertezze. Oltre al Covid-19, le sfide attuali includono l’invasione di locuste in Africa orientale e in Asia, la diffusione della PSA, fenomeni meteorologici estremi frequenti e tensioni tra le principali potenze commerciali

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OECD-FAO Agricultural Outlook 2020-2029: le previsioni sul mercato mondiale della carne suina •

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Produzione – A livello globale, le previsioni indicano che nel 2020 e nel 2021 i livelli di produzione di carne suina saranno in calo a causa dei focolai di Peste Suina Africana registrati soprattutto in Asia ed al conseguente calo produttivo in Cina ed in Vietnam. Si prevede che la produzione nell’UE diminuisca leggermente nel prossimo decennio soprattutto per motivi legati alle necessità di tutela ambientale. Consumi – Il consumo globale di carne suina è indicato in aumento nei prossimi dieci anni: l’incremento interesserà in particolare i Paesi in via di sviluppo. È prevista una flessione nell’Unione Europea. Prezzi – Nei prossimi cinque anni l’andamento dei prezzi sarà sostenuto dalla domanda di importazione dei Paesi asiatici che hanno subito gli effetti della diffusione della PSA. Successivamente i prezzi dovrebbero subire un ridimensionamento a causa dell’aumento della produzione a livello mondiale. Fattori che possono condizionare il mercato mondiale delle carni – Secondo il rapporto, le politiche commerciali determineranno i cambiamenti più significativi sul mercato mondiale della carne: gli accordi multilaterali, bilaterali o le decisioni commerciali di alcuni Paesi sono fattori determinanti. Un fattore che sta condizionando in modo importante il mercato mondiale è l’epidemia di Peste Suina Africana. È incerta l’entità dell’impatto e la durata dell’epidemia di Covid-19. I problemi di fornitura di manodopera e di trasporto potrebbero ostacolare la catena di commercializzazione ed influenzare la produzione di carne e le attività di macellazione e lavorazione. Altri fattori condizionanti sono il cambiamento climatico, il cambiamento degli stili di vita dei consumatori, il benessere animale e la sostenibilità ambientale.

(*) UE-27 (senza il Regno Unito). Elaborazione su dati del Rapporto OECD-FAO Agricultural outlook 2020-2029.

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Le previsioni ci dicono che, mentre i consumatori nei Paesi a medio reddito utilizzeranno i redditi aggiuntivi per sostituire nella loro dieta gli alimenti di base con prodotti di valore più elevato, i timori per la salute e l’ambiente nei Paesi ad alto reddito dovrebbero sostenere la transizione nelle diete dei consumatori da proteine di origine animale a fonti proteiche alternative (photo © Max Delsid x unsplash). dimostrato che le restrizioni al commercio non sono una soluzione valida per la sicurezza alimentare» ha affermato Gurría. Il direttore generale della FAO Qu Dongyu ha aggiunto: «Per realizzare settori agroalimentari dinamici, produttivi e resilienti sono necessarie strategie migliori, maggiore innovazione,

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maggiori investimenti e maggiore inclusività». Si prevede che nel prossimo decennio circa l’85% della crescita della produzione globale di coltivazioni deriverà da migliori raccolti grazie al maggiore utilizzo di input, investimenti in tecnologie di produzione e da migliori pratiche di

coltivazione. Diversi raccolti all’anno rappresenteranno un ulteriore 10% della crescita della produzione agricola, lasciando solo il 5% all’espansione delle coltivazioni. Si prevede che entro il 2024 la produzione dell’acquacoltura supererà la pesca di cattura come principale fonte di pesce a livello mondiale. A livello globale gli allevamenti dovrebbero aumentare del 14%, più velocemente del previsto incremento del numero di animali. Il consumo di mangimi aumenterà di pari passo all’acquacoltura e agli allevamenti, poiché i miglioramenti della resa dei mangimi saranno controbilanciati dall’aumento della loro intensità, in seguito alla riduzione degli allevamenti da cortile. Il rapporto sottolinea la costante esigenza di investire per realizzare sistemi alimentari produttivi, resilienti e sostenibili viste le attuali incertezze. Oltre al Covid-19, le sfide attuali includono l’invasione di locuste in Africa orientale e in Asia, la costante diffusione della peste suina africana, fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti e tensioni tra le principali potenze commerciali. Il sistema alimentare dovrà inoltre adattarsi all’evoluzione delle diete e delle preferenze dei consumatori e sfruttare le innovazioni digitali nelle filiere di approvvigionamento agroalimentare. L’innovazione rimarrà fondamentale per migliorare la resilienza dei sistemi alimentari nel contesto di molteplici sfide. Ipotizzando la continuità delle tecnologie e delle strategie in corso, le emissioni di gas serra in agricoltura dovrebbero aumentare dello 0,5% all’anno, il che indica la riduzione dell’intensità di carbonio in agricoltura. Il bestiame rappresenterà l’80% dell’aumento globale. Tuttavia — senza ulteriori sforzi — questo rallentamento sarà comunque inferiore a quello che il settore agricolo potrebbe e dovrebbe fare per contribuire agli obiettivi dell’Accordo di Parigi per la lotta al cambiamento climatico. Fonte: FAO www.fao.org

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Le associazioni fanno fronte comune alla lotta al Meat sounding

Fake meat, la battaglia continua

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opo la votazione del Parlamento europeo sulla proposta di immettere sul mercato prodotti di origine vegetale con denominazioni che sono proprie di prodotti di origine animale (salsiccia, hamburger, bistecca…), le associazioni dell’industria delle carni fanno fronte comune alla lotta al Meat Sounding e cercano nuove strade per la trasparenza

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ASS.I.CA., ASSOCARNI e UNAItalia, il Parlamento europeo si è piegato alla lobby delle grandi multinazionali Delusione e rammarico per aver perso un’occasione sono i sentimenti che le tre associazioni provano commentando il voto sul meat sounding del Parlamento europeo che ha dato il semaforo verde alla proliferazione di prodotti a base di vegetali che

utilizzano nomi di prodotti a base di carne, sollevando interrogativi fondamentali sulle informazioni fornite ai consumatori, sul nostro patrimonio culturale e sul potere del marketing moderno, che mescola valori e grandi interessi commerciali senza farsi troppi problemi. “Per la salumeria italiana non si trattava di una lotta, ma di un appello al giusto riconoscimento e al rispetto del

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cioè quella del decreto nazionale come hanno fatto i Francesi” (fonte: ASS.I.CA.-ASSOCARNI-UNAItalia).

Quella al Meat sounding è anche una lotta per tutelare il consumatore e una comunicazione trasparente (illustrazione di Zohar Lazar; photo © Wired.com). lavoro di milioni di agricoltori e lavoratori del settore zootecnico. Questi mantengono vivi i nostri comuni ed i nostri territori e forniscono ai cittadini prodotti di qualità, consumati in tutto il mondo come parte del patrimonio culinario italiano e di un’alimentazione equilibrata. La commercializzazione di questi finti prodotti a base di carne può chiaramente indurre i consumatori europei a pensare erroneamente che queste imitazioni siano sostituti “uguali” agli originali. In effetti, la questione non è il consumo o il non consumo di carne, ma semplicemente l’importanza di dire le cose come stanno e di non sfruttare furbamente la notorietà ed il successo di altri. Va da sé che prodotti completamente diversi debbano avere nomi completamente diversi. Infine, fatto ancor più grave, questo voto non fa altro che avvantaggiare le grandi multinazionali del food e della chimica, estranee alla tradizione e cultura alimentare ita-

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liana, le quali hanno scoperto che il mercato dei prodotti alternativi alla carne è molto redditizio ed ora hanno ottenuto dei vantaggi competitivi impropri per immettere sul mercato, sfruttando la nostra notorietà e tradizione, prodotti ultra-processati di cui non conosciamo nemmeno l’origine degli ingredienti visto che l’UE importa ogni anno tonnellate di materie prime vegetali da tutto il mondo. Il Parlamento europeo ha inflitto un duro colpo alle nostre denominazioni tradizionali che nel tempo sono state plasmate dal duro lavoro di allevatori, macellatori e trasformatori, con grandi differenze tra le regioni, rendendole così uniche. Vogliamo comunque ringraziare l’ottimo lavoro della Delegazione italiana al Parlamento europeo che ancora una volta ha saputo far squadra cercando di difendere con successo gli interessi del made in Italy. Questo ci incoraggia ad intraprendere l’unica strada che ci resta

UECBV: è mancata la possibilità di chiarimento “Nella votazione del Parlamento europeo sull’Organizzazione Comune del Mercato unico, è stata presa anche una decisione sull’uso delle denominazioni di carne attraverso il rifiuto di diversi emendamenti. Ciò significa che è mancata la possibilità di chiarimenti per un trattamento armonizzato. L’Unione europea del Bestiame e della Carne (UECBV) avrebbe preferito una protezione armonizzata dell’UE delle denominazioni di carne poiché semplicemente una mucca è una mucca — un maiale è un maiale — e la carne è carne (…); tuttavia, l’UECBV prende atto della decisione del Parlamento europeo di mantenere lo status quo che consente agli Stati Membri di regolamentare la questione a livello nazionale. Le denominazioni di carne sono profondamente radicate nel nostro patrimonio culturale. Pancetta, Prosciutto, Carpaccio, Bistecca, Filetto, Costolette e Salame sono tutte denominazioni tradizionali che si sono plasmate nel tempo ma la tradizione può differire tra Stati Membri. A causa della decisione, l’UECBV incoraggia i suoi membri a cercare un giusto riconoscimento delle denominazioni di carne a livello nazionale. Le imitazioni vegetali e le loro denominazioni sollevano questioni fondamentali sull’informazione trasmessa ai consumatori. Per il settore zootecnico europeo questa non è una lotta contro, ma un appello al giusto riconoscimento e rispetto per i propri prodotti e per il lavoro di milioni di agricoltori e lavoratori del settore dell’allevamento e della carne europei. Essi mantengono vive le nostre aree rurali, fornendo ai nostri cittadini prodotti a base di carne di qualità, apprezzati e consumati da tutte le generazioni come parte del patrimonio culinario europeo e di una dieta equilibrata. Dopo quel voto della plenaria, il processo legale continuerà e la diversa ge-

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stione a livello nazionale continua. UECBV conta sulla denominazione di vendita di carne di trattamento fair use per un approccio futuro (fonte: UECBV). AIA: la “carne vegetale” è una truffa «Non possiamo tacere su un fatto così grave: la recente “non decisione” del Parlamento europeo che consente l’utilizzo delle denominazioni di alimenti a base di carne anche per prodotti di origine vegetale ci lascia interdetti e crea delle distorsioni inaccettabili», ha dichiarato il presidente dell’Associazione Italiana Allevatori (AIA), ROBERTO NOCENTINI, sulla questione che ha sollevato le proteste unanimi del mondo agricolo e allevatoriale. «Questa posizione dell’istituzione europea nasce evidentemente sotto la spinta di enormi interessi, neanche tanto mal celati, di tipo commerciale. Non è solo un puro fatto terminologico, ma far passare un prodotto che nulla ha a che vedere con la carne col nome di hamburger,

bistecca o altri similari costituisce un vero e proprio inganno e pone anche un problema di tipo culturale e di mancato rispetto delle tradizioni e del lavoro degli allevatori». «A questo punto — ha aggiunto il direttore generale AIA MAURO DONDA — riteniamo prioritario che si faccia chiarezza e che i consumatori non vengano più ingannati. Bene la proposta di una legge nazionale che disciplini la materia. Come Sistema allevatoriale, siamo da anni impegnati in percorsi di trasparenza e valorizzazione dei comparti delle carni e dei prodotti lattiero-caseari, a partire dai processi in stalla. Tutto questo non può essere vanificato e compromesso» (fonte: AIA – Associazione Italiana Allevatori). Confagricoltura: la battaglia per la trasparenza continua L’Europarlamento ha bocciato gli emendamenti che avrebbero bloccato l’uso di denominazioni ingannevoli per alimenti di origine vegetale spacciati per hamburger,

salsicce o bistecche di carne. La posizione va contro la trasparenza per la quale CONFAGRICOLTURA si batte da tempo, a favore dei consumatori e delle imprese zootecniche. Altrettanto ha fatto il COPA-COGECA, con una campagna di comunicazione europea. «I consumatori — afferma il presidente di Confagricoltura, MASSIMILIANO GIANSANTI — hanno il diritto di scegliere i prodotti che desiderano, basando la propria scelta su informazioni affidabili che riflettano correttamente le caratteristiche del prodotto. Spesso, invece, queste informazioni si rivelano ingannevoli. Confagricoltura continuerà la battaglia in tutte le sedi istituzionali per garantire la correttezza delle informazioni, la trasparenza verso il consumatore, nonché per tutelare gli interessi delle imprese del settore zootecnico, portabandiera del made in Italy nel mondo» (fonte: Confagricoltura). Nota A pag. 50, photo © image.guim.co.uk

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Profonda recessione globale di Cosimo Sorrentino

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l Fondo Monetario Internazionale, proprio quando si avviava a sostenere che la recessione sarebbe stata meno grave nell’ultimo trimestre di quest’anno, ha dovuto rettificare, sulla base degli ultimi dati dei trimestri precedenti e tenuto conto della nuova esplosione della pandemia, coi suoi contagi e le restrizioni adottate per fermarli. Il World Economic Outlook del 13 ottobre indica infatti che la recessione “sarà ancora profonda” e che la ripresa non sarà assicurata “finché la pandemia continuerà a diffondersi”. Il PIL globale subirà una contrazione del 4,4% quest’anno, con la ripresa “incerta e diseguale”, esposta a ricadute. Nel 2021 il rimbalzo potrebbe essere del 5,2%, ma rispetto al 2019 il PIL globale aumenterà solo dello 0,6%.

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Il Fondo Monetario Internazionale cerca di guardare oltre la pandemia, formulando previsioni di crescita nel medio termine di circa il 3,5%, presupponendo però che, con adeguate misure, si possa avere una diminuzione dei contagi ed un allentamento della malattia. Per quanto riguarda il nostro Paese, il FMI prevede una contrazione del 10,6%, e, pur essendo un miglioramento rispetto a giugno (–12,8 %), una crescita del 5,2 nel 2021 (e tale previsione fa sì che l’ultimo posto in classifica venga lasciato alla Spagna, per la quale resta confermato un crollo del 12,8%). Sempre per l’Italia, viene altresì previsto un deficit pubblico del 13% del PIL, mentre il debito pubblico si attesterà sul 162%. Per avere un quadro

d’insieme, la Germania subirà una contrazione del 6% quest’anno, la Francia un calo del 9,8%, la Grecia una contrazione del 9,5% ed il Portogallo del 10%, mentre il calo dell’intera Eurozona sarà del 8,3%. Significative appaiono le previsioni per Stati Uniti e Cina: per gli USA si stima una contrazione del 4,3%, con un rimbalzo del 3,1% nel 2021, mentre paradossale appare la situazione cinese, l’unica grande economia a salvarsi dalla recessione quest’anno, col suo PIL in crescita dell’1,9% e dell’8,2 nel 2021. Per l’importanza che riveste la Cina a livello globale, e tutte le relative ripercussioni, riteniamo necessario fornire ai lettori alcuni importanti elementi che abbiamo potuto appurare e metabolizzare.

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Le nostre convinzioni si fondano soprattutto su un fatto che non può essere trascurato: il Paese, forse consapevole di muoversi in un mondo in crisi che avverte chiaramente ostile per le sue presunte responsabilità nella diffusione del coronavirus, tenderebbe ad attuare una politica economica quasi autarchica, dopo il previsto mancato forte sviluppo del piano della Via della seta. Perciò, è in preparazione un piano quinquennale teso a raggiungere l’obiettivo di crescita media del PIL tra il 5 ed il 5,5% nei prossimi cinque anni. Si parla, quindi, di una strategia fondata su un assunto come “doppia circolazione”, intendendo così, forse, non chiusura agli investimenti, ai beni ed ai servizi stranieri, neppure rinuncia all’export, ma focus sulla circolazione (produzione, distribuzione, consumi) interna, provando così a ridurre la dipendenza dalla tecnologia e dai mercati esteri. Inoltre, per indurre a consumare di più una popolazione composta non solo da un enorme ceto medio (400 milioni di persone), ma anche da 600 milioni di lavoratori che vivono con meno di 140 dollari al mese, occorrerà dare loro salari e servizi più dignitosi, aumentando così spesa e debito pubblico. Tuttavia, la ripresa non sarà certamente facile per nessuno finché la pandemia continuerà a diffondersi, minacciando milioni di posti di lavoro, oltre a quelli già persi. Il Fondo Monetario Internazionale raccomanda perciò di non revocare, prima del tempo, gli interventi di sostegno fiscali e monetari finora stabiliti e questo fino a quando la crisi del Covid non sarà superata ed anche oltre, perché poi sarà necessario accompagnare la ricostruzione economica. Un’altra pressante raccomandazione riguarda l’opportunità di sospendere i vincoli di bilancio dove questi possono limitare l’azione dei governi, impegnandosi però a praticare un percorso di risanamento credibile una volta finita la crisi. Per trovare spazio di manovra, il FMI raccomanda di eliminare la spesa pubblica improduttiva e i sussidi a pioggia. Ciò comporta ovviamente l’aumento del debito pubblico,

che a livello globale raggiunge un nuovo ammontare del 100% del PIL quest’anno, col Giappone sopra quota 266%, l’Italia al 162% (dal 135%), gli Stati Uniti al 131%… Questi livelli, secondo il FMI, non sarebbero il pericolo immediato, poiché la priorità a breve termine è “evitare il ritiro prematuro delle chiusure di sostegno” che vanno continuate almeno “fino al 2021”. In relazione a queste raccomandazioni, sembra però che, sia sul piano interno che sul piano europeo, le cose non siano in sintonia, poiché, almeno per quanto concerne il nostro Paese, notiamo una mancata strategia per il contenimento della gravità della situazione: pesanti carenze per il sostegno nel settore lavoro, spese improduttive di carattere preminentemente emergenziale, mancati investimenti pubblici a carattere strutturale, e ora, con la preparazione della manovra di bilancio, si susseguono diversità di vedute, le quali in pochi giorni hanno fatto cambiare la fisionomia della manovra stessa, che doveva servire a consolidare la ripresa economica e traghettare il paese nel dopo-virus grazie al sostegno dei fondi europei ma sta riacquistando un carattere emergenziale. Da parte sua, la Commissione UE, mentre dice di essere pronta a reagire con nuove proposte per combattere l’aggravamento del momento, sostiene che la priorità sia quella di far partire il Recovery Fund, senza aver ancora finalizzato il processo legislativo, ottenuto la ratifica degli Stati Membri e l’approvazione dei piani nazionali. Nel frattempo il momento si fa via via più difficile e si dimentica che lottiamo con una malattia oscura, che ha procurato già oltre un milione di morti e non vuole finire, dirottando l’economia nella direzione della disoccupazione e della povertà. A quando i governanti e le istituzioni internazionali ed europee troveranno gli accordi necessari per combattere una guerra comune? Cosimo Sorrentino

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Il video delle Macellerie di Montagna Bello, bellissimo il video realizzato dall’Associazione Macellerie di Montagna, il network di macellai trentini che promuovono la cultura enogastronomica del loro (meraviglioso) territorio. Realizzato da Videonaria, attraverso la figura dell’arrotino si racconta in modo ironico e leggero la filiera delle Macellerie di Montagna del Trentino. Una filiera fatta di molte persone che con passione praticano gli insegnamenti ruvidi e profondi dei loro padri, tramandandoli con affetto alle nuove generazioni. Ecco il link: youtu.be/QkEFI0UGpk8

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2. La Piemontese made in the USA Il web annulla spazi e distanze e ci consente di condividere la quotidianitĂ anche di un allevamento a Spokane, nello stato di Washington, USA, che predilige capi di razza Piemontese. Su Instagram trovate infatti Owens Farms Piedmontese, allevatori per passione e grandi estimatori della nostra razza: instagram.com/ modernfarmerusa

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meat Benedetti

4. Rossotono di Apulia Distribuzione

3. instagram.com/labaitabraceria Conoscete La Baita Steakhouse a Valle di Maddaloni, in provincia di Caserta? Noi li seguiamo su instagram. com/labaitabraceria, per la loro grande professionalità nella selezione delle carni migliori e nella cura dei piatti. Super bravi!

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Il progetto Rossotono (www.rossotono.it) di Apulia Distribuzione (master franchisor per Carrefour nel Sud Italia) nasce quattro anni fa da un’esigenza di rivalorizzare il reparto carni dopo gli attacchi alle carni rosse arrivati da più parti. L’azienda ha deciso di brandizzare il reparto e i prodotti venduti con nuovi contenuti merceologici e di comunicazione, puntando ad una qualità superiore tramite banchi a servizio, andando in controtendenza rispetto ai discount e alla vendita di carne confezionata. La carne (soprattutto bovino, ma anche suino) è di provenienza italiana, macellata in Italia, anche per affermare un principio di solidarietà verso gli allevatori, soprattutto in tempi di coronavirus.

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AZIENDE

Zampone e Cotechino dei fratelli Palmieri, è sempre Natale Passione e tenacia del fare le cose bene in un territorio che si esprime al meglio da sempre nella lavorazione delle carni suine trasformate in prodotti d’eccellenza. Come la linea “Corte dei Pico”, espressione moderna dell’antica tradizione salumiera mirandolese di Elena Benedetti

È

Cotechino Corte dei Pico Mec Palmieri. 58

indubbio il potere evocativo di ciò che mangiamo. Il cibo ci trasmette emozioni, accende la memoria ed è un forte elemento di identità culturale. Ancor di più in occasione delle festività che celebrano lo stare insieme intorno alla tavola. Anche se da parecchio tempo oramai Zampone e Cotechino si sono smarcati dal consumo solo a Capodanno e sono oggi disponibili in gran parte dell’anno, è altrettanto vero che il Natale non è tale senza questo insaccato. La loro origine storica risale al territorio modenese e a parecchi secoli fa, per poi contaminare tante altre regioni dell’Italia con versioni adattate alle lavorazioni e agli ingredienti di queste culture locali. Il Consorzio Zampone e Cotechino Modena Igp (www.modenaigp.it) riporta che la nascita dello zampone viene concordemente fatta risalire nello specifico al 1511: “In quel tempo le truppe di Papa Giulio II Della Rovere assediano Mirandola, presso Modena: la patria di Giovanni Pico, alleata fedele della Francia. Alla fine dell’assedio i mirandolesi erano alla fame. Restavano loro soltanto dei maiali. Non macellarli era un peccato: significava regalarli al nemico, ormai prossimo ad entrare in città. L’idea giusta Eurocarni, 12/20


Favola è la prima e unica mortadella al mondo insaccata e cotta nella cotenna naturale, un brevetto originale del Salumificio Palmieri reso inconfondibile dal timbro a fuoco e dalla tipica legatura a mano. venne ad uno dei cuochi di Pico della Mirandola, ‘Macelliamo gli animali, e infiliamo la carne più magra in un involucro formato dalla pelle delle sue zampe. Così non marcirà, e la potremo conservare. Per cuocerla più avanti’. E così nacque lo Zampone. L’originalità della forma consacrò la fortuna di questo prodotto nei secoli successivi”. E ancora, “verso la fine del ‘700 nell’immaginario gastronomico collettivo lo Zampone Modena sostituì (insieme all’altrettanto famoso Cotechino) la salsiccia gialla che rese celebre Modena già nel Rinascimento. Nel 1800 consacrò il successo su larga scala del prodotto, come testimoniano gli scritti del gastronomo romano Vincenzo Agnoletti e le numerose testimonianze letterarie”. Abbiamo parlato di Zampone e Cotechino con Massimo e Marcello Palmieri, terza generazione di una famiglia che da sempre lavora le carni migliori per trasformarle in salumi freschi e cotti. La loro storia inizia da una piccola bottega a Modena gestita dal nonno Emilio intorno al 1919,

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per poi proseguire con il padre Carlo che si sposta nella Bassa Modenese per avviare una produzione artigianale di mortadelle, salami, ciccioli, pancette e coppe, utilizzando le carni dei suini che allevava e macellava. Oggi il Salumificio Mec Palmieri (www.mecpalmieri.it) è sempre a San Prospero (MO) ed è un fiore all’occhiello del comparto salumiero nazionale, riconosciuto sui mercati italiani ed esteri come marchio di riferimento nella produzione di mortadelle di qualità e precotti come lo zampone, il cotechino e lo stinco. Per questi prodotti, in particolare, i Palmieri si sono fortemente specializzati nel segmento della Private Label, forti delle garanzie di qualità e del servizio. Sul mercato sono presenti con quattro linee di prodotto, tra le quali Corte dei Pico. Qui c’entra l’ubicazione dell’azienda nella Bassa, a 17 chilometri da Modena e poco meno da Mirandola. Proprio nella cittadina nel ‘900 erano tante le

botteghe e i laboratori che producevano salumi cotti. Mi racconta Massimo Palmieri che, primo tra tutti, fu il Salumificio

Zamponi e Cotechini Corte dei Pico Mec Palmieri

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Zampone da 1 kg; Fette di Zampone (2) da 150 g senza pelle; Cotechino da 500 g.

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Locandina del 1938 con i prodotti del Salumificio mirandolese Montorsi, tra cui figurano anche i precotti. I Montorsi sono stati tra i precursori nella lavorazione dello zampone precotto, lo “za cot”. La Montorsi rappresentava per il paese di Mirandola un vanto, tanto che, nel 1969, una tappa del Giro d’Italia (Mirandola-Montecatini) partì proprio dallo stabilimento, che in quell’anno festeggiava i 50 anni di attività. Montorsi, un’azienda che già negli anni ‘30 era all’avanguardia nella produzione di zamponi crudi e cotti. «Risale al 1937 il primo zampone

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precotto dei Montorsi, appunto lo za cot, già cotto». La tradizione salumiera della Bassa Modenese, ubicata nella parte nord della pro-

vincia di Modena, attraversata dai fiumi Secchia e Panaro e da sempre ricca di fertili terreni agricoli, allevamenti suinicoli e caseifici, è sempre stata strategica. In questo territorio la lavorazione delle carni di maiale è storia e presente e lo Zampone e Cotechino di Corte dei Pico ne sono l’espressione. «L’impasto è composto di tagli pregiati del nostro suino italiano, macinati a grana grossa e con l’aggiunta di aromi esclusivamente naturali» mi dice Massimo Palmieri. Il composto è quindi insaccato nella pelle rigorosamente fresca e poi cotto lentamente a vapore nel rispetto della tradizione mirandolese. In questo modo si ottengono uno zampone e un cotechino altamente equilibrati e digeribili. Sul fronte alimentare è spesso opinione tanto comune quanto errata che la carne di maiale sia più grassa delle altre. Nulla di più sbagliato! «Il drastico cambiamento nello stile di vita degli ultimi dieci anni ha reso necessario adeguare le caratteristiche alimentari delle carni di maiale alle esigenze dell’uomo di oggi» sottolineano da Mec Palmieri. «In altre parole, il maiale è diventato più magro grazie all’evoluzione delle tecniche di allevamento dei suini italiani che seguono una dieta strettamente vegetariana arricchita di vitamine. Il risultato è una carne ricca di proteine nobili e con una quantità inferiore di grasso. Non solo: è cambiata anche la qualità dei grassi, dato che sono diminuiti gli acidi grassi saturi a favore dei polinsaturi e monoinsaturi, e anche il tasso di colesterolo è stato ridotto». Quest’anno più che mai non resta quindi che gioire del potere emozionale di un piatto della nostra tradizione, come Zampone e Cotechino, condiviso con i nostri cari. Elena Benedetti Salumificio Mec Palmieri Spa Via Canaletto 16 41030 San Prospero (MO) E-mail: info@mecpalmieri.com Web: www.mecpalmieri.it

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Garanzie di salubrità e sicurezza dalla filiera AmicΩmega

Antibiotici, perché nelle carni non c’è pericolo

C’

è sempre tanto timore e mille domande riguardo all’utilizzo di antibiotici negli allevamenti e la paura che ci siano residui di questi nelle carni, non solo per la sicurezza del consumatore, ma anche per la minaccia globale dell’antibioticoresistenza, che l’umanità si trova purtroppo a dover fronteggiare. Nelle carni comunque non c’è questo pericolo. Vediamo perché. Gli antibiotici sono stati una grande scoperta che ci ha consentito di sconfiggere tante malattie e

allungare la vita media dell’uomo. Oggi non possiamo farne a meno, essendo un mezzo fondamentale per il controllo delle malattie infettive, portando tanti vantaggi in medicina umana e veterinaria. Ma come in tutte le cose, c’è sempre un rovescio della medaglia. I batteri, come tutti gli esseri viventi, mettono in atto strategie sempre più sofisticate per la loro sopravvivenza: è il normale processo naturale della vita, aiutato in questo caso da un abuso e da un utilizzo improprio degli antibiotici, consentendo ai

La filiera AmicΩmega garantisce zero residui di farmaci antibiotici nelle proprie carni grazie ai rigorosi protocolli applicati negli allevamenti e alla sospensione delle somministrazioni per un periodo minimo di 4 mesi prima della macellazione (photo © Riccardo Soddu).

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batteri di acquisire la capacità di resistere e di diventare sempre più forti. In Italia si contano 10.000 morti all’anno per l’antibioticoresistenza e si stima che questa cifra sia destinata drammaticamente a crescere, se non si prendono seri provvedimenti. La zootecnia sta facendo la sua parte per risolvere il problema ed è stato il settore che più si è dato da fare, mettendo in atto regolamenti e strategie che hanno portato ad un’effettiva drastica riduzione degli antibiotici negli allevamenti, rispetto invece alla medicina umana, dove l’abuso di antibiotici è ancora troppo alto. È già da oltre dieci anni che l’utilizzo degli antibiotici a scopo preventivo su tutti gli animali è stato messo al bando, sostituito da un impiego mirato solamente alla cura del singolo soggetto che mostra segnali di malattia ad eziologia batterica, quindi solo se strettamente necessario per il suo benessere, al fine di evitargli sofferenze. È responsabilità del medico veterinario stabilire la diagnosi e prescrivere con propria ricetta il tipo di farmaco necessario a curare la patologia accertata, autorizzato per quella specie animale, e che sia diverso da quelli usati in medicina umana. Per tutelare la sicurezza del consumatore, prima di macellare l’animale a cui sono stati somministrati antibiotici è obbligatorio aspettare un tempo di sospensione, cioè un periodo di attesa che deve intercorrere per legge fra il termine del trattamento con farmaci e la macellazione, affinché ogni singola molecola di antibiotico venga metabolizzata e smaltita dall’animale, così che nelle carni non ne resti

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alcuna traccia. In particolare, per ogni molecola sono stati fissati degli MRL, i Limiti Massimi Residuali, cioè la concentrazione massima di residuo ammessa, e degli ADI, cioè la quantità giornaliera accettabile: questo significa che se anche si ingerissero queste quantità tutti i giorni per tutta la vita — cosa che nella realtà comunque non avviene —, non si avrebbe in ogni caso alcun impatto sulla salute, per cui la sicurezza è massima. C’è anche da dire che l’eventuale presenza di batteri resistenti viene sterminata dalla cottura della carne, che con le alte temperature disinfetta ed elimina il pericolo. Per quanto riguarda la carne prodotta dalla filiera AmicΩmega, la garanzia di salubrità è ancora più forte, non somministrando più antibiotici per un periodo minimo di 4 mesi prima della macellazione. La filiera AmicΩmega garantisce così che tutti gli animali siano completamente esenti da trattamento antibiotico per minimo 4 mesi e se per qualche motivo alcuni animali vengono trattati, questi escono immediatamente dalla filiera. Per questi motivi nelle carni AmicΩmega è impossibile trovare residui di antibiotici, ma già la stringente normativa europea con i suoi controlli serrati esclude categoricamente la possibilità di residui di farmaci nei prodotti di origine animale. In Italia specialmente, dove vengono fatti più controlli che in tutti gli altri paesi europei, il sistema rigoroso sta permettendo di seguire un programma preciso di riduzione degli antibiotici attraverso tecniche di precisione e sistemi elettronici di tracciabilità, come la ricetta elettronica, contributo prezioso alle attività di controllo nel settore veterinario. Punto di partenza imprescindibile è la prevenzione del benessere animale attraverso pratiche che tendono a ridurre lo stress, ad aumentare la resistenza naturale degli animali all’insorgenza delle malattie, con diete bilanciate, migliorando gli spazi e gli ambienti negli allevamenti che soddisfino tutti i bisogni degli animali, per prevenire l’ingresso dei patogeni

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Nella carne AmicΩmega troviamo anche un giusto rapporto con gli Omega-6. Una carne gustosa, che fa bene ed è rispettosa del corretto equilibrio nutrizionale. e la trasmissibilità delle malattie in allevamento. Anche la pratica delle vaccinazioni è uno strumento di profilassi che previene efficacemente l’insorgere di patologie e di fatto dà ottimi risultati nell’evitare totalmente l’impiego dei farmaci. In tutto questo scenario si fa strada anche la necessità di promuovere la ricerca per la messa a punto di nuove molecole antibatteriche per poter disporre di nuovi strumenti per la sicurezza delle produzioni, accelerando così il processo già in atto di abbandono degli antibiotici. La nuova frontiera è l’utilizzo di antimicrobici di nuova generazione che non creano problemi di resistenza batterica, come ad esempio le batteriocine, sostanze che hanno la capacità di arrestare la crescita batterica senza interferire con l’efficacia degli antibiotici. Dunque la strategia comunitaria e nazionale per combattere l’in-

sorgenza dell’antibioticoresistenza prevede l’adozione dell’approccio basato sul “buon uso” o “uso consapevole” di queste sostanze per il mantenimento della loro efficacia e la prevenzione della salute umana e garanzia del benessere animale. Ricordando sempre che animali sani produrranno alimenti sicuri, un buono stato di salute è un prerequisito essenziale, per cui il controllo delle malattie è parte integrante ed essenziale ai fini della produzione di alimenti di alta qualità.

Consorzio di tutela e promozione della filiera AmicΩmega Via Monte Baldo 10 37069 Villafranca di Verona (VR) E-mail: info@amicomega.it Web: www.amicomega.it

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Eat Pink, mangia rosa La linea dei cotti “Eat Pink” soddisfa tutti in termini di gusto, rapidità di preparazione e semplicità sulla base delle migliori carni suine. Grazie ad un corretto bilanciamento dei prodotti e a tecniche di cottura che preservano i sapori, la materia prima è finalmente valorizzata, garantita dalla filiera a monte Opas, certificata e tracciata

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rendi una filiera di allevatori, un’Organizzazione di Prodotto (O.P.) che opera in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto e Marche, con allevatori di suini pesanti e intermedi principalmente della nostra Pianura Padana, la Pink valley del nostro Paese. Aggiungi uno stabilimento produttivo in quel di Carpi, a pochi passi da Modena e da uno degli snodi autostradali più importanti in Italia. Aggiungi una visione contemporanea, quella di pensare e realizzare dei prodotti dal forte valore aggiunto in termini di qualità e praticità, nel rispetto del benessere animale e della tracciabilità della filiera che ne sta alla base.

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Il risultato è Eat Pink, un marchio di Opas, l’OP più grande d’Italia, che rappresenta il 12% della suinicoltura nazionale. Non bastano però suini nati, allevati e macellati in Italia dagli oltre 70 allevatori associati ad Opas con gli obiettivi di valorizzare la qualità della materia prima e di dare al consumatore tutte le informazioni necessarie per una scelta consapevole. Il marchio Eat Pink è oggi sugli scaffali della GDO e delle macellerie perché risponde a una precisa esigenza: quella di fornire un prodotto da proteine animali ricche di minerali come magnesio, fosforo, zinco e ferro, indispensabili per un corretto equilibrio del nostro

Dopo aver raggiunto la massima certificazione in tutte le fasi della filiera produttiva, attraverso il marchio Eat Pink, Opas ha dato vita ad un vero e proprio movimento alimentare in linea con i gusti dei consumatori più attenti che vogliono scegliere la carne di maiale italiana. Un prodotto sano, con qualità nutrizionali bilanciate e in linea con i moderni stili di vita e di consumo, di cui l’origine è garantita da una trasparente tracciabilità di filiera e dal rispetto del benessere animale.

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La linea dei cotti di Eat Pink propone filetti al bacon o alle erbe, costine e il pulled pork. sistema immunitario, nervoso e muscolare. La carne di maiale, dal colore rosato, è sana, ricca di sapore e di nutrienti e consigliata dai nutrizionisti per un corretto regime alimentare che caratterizza tutte le età e tipologie di consumatori. I prodotti a marchio Eat Pink oggi sono composti da freschi (hamburger e salsicce) e cotti (filetti, costine e pulled pork), tutti caratterizzati da un bilanciamento tra la ricerca della tradizione a tavola e le garanzie certificate di piatti rispettosi della salute. I consumatori, soprattutto quelli più giovani, non scendono a compromessi e difficilmente rinuncerebbero al gusto per mangiare meglio in termini di salute alimentare. Giustamente vogliono entrambe le cose, un piatto gratificante ed equilibrato nell’apporto di nutrienti. Nella linea dei cotti, in particolare, Eat Pink propone linee interessanti di prodotto, ovvero Filetti al bacon o alle erbe, Costine e il Pulled pork da g 300 già sfilacciato, pensato per momenti più conviviali come ingrediente di piatti contemporanei. Soprattutto nei filetti Eat Pink si è potuta permettere di lavorare

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per sottrazione, ovvero proporre un filetto di maiale del peso di 450 grammi e cotto a bassa temperatura per oltre 4 ore con veramente l’essenziale (sale fino e aromatico, pancetta affumicata cruda e aromi naturali per il Filetto al bacon e sale fino e aromatico e una copertura di erbe profumate per il Filetto alle erbe). Perché per sottrazione? Innanzitutto l’obiettivo di Eat Pink è quello di offrire piatti di carne suina semplici, lasciando al cliente la libertà eventualmente di caratterizzarli con altri ingredienti oppure gustandoli così, in purezza. Ciò è reso possibile grazie alla materia prima di alta qualità, certificata e garantita proprio dalla filiale a monte che è Opas, quella rete di allevatori e trasformatori che danno il giusto valore alle carni suine, esaltate poi nel sapore nel bilanciato dosaggio delle spezie e personalizzate in cucina a seconda del gusto o esigenza. Le linee dei filetti precotti di Eat Pink sono molto facili e pratiche da riattivare senza alterare le caratteristiche organolettiche: servono pochi minuti, in padella così come in un forno (anche microonde) o addirittura su un barbecue, per ottenere un piatto gustoso, eco-

nomico e saporito, che mette tutti d’accordo. Per il Pulled pork, oggi piatto di grande tendenza in tutto il mondo, ai 500 grammi di carne di suino cucinata per 10 ore con sale fino e aromatico, senape in polvere, salsa gusto barbecue, servono 12 minuti a bagnomaria, e poco più in pentola per riattivarlo. La praticità nell’utilizzo dei cotti è ovviamente strategica: pensata per soddisfare le esigenze di chi ha poco tempo da trascorrere in cucina ma che al contempo non vuole rinunciare ad un pasto gustoso e appagante in termini di sapore, ecco che la linea dei cotti ancora una volta concilia aspettative e necessità.

Eat Pink Srl Via per Guastalla 21/A 41012 Carpi (MO) Web: eatpink.it instagram.com/eatpink.it

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Valerio Pozzi (CEO Opas): mangia sano e mangia italiano! È garantita 100% Opas con il marchio Eat Pink. Cosa significa? «Che è carne di maiale proveniente da soli allevamenti italiani certificati, ubicati in circuiti a marchio europeo delle Denominazioni di Origine Protette. Basterebbe una affermazione così per accendere entusiasmi o perplessità in base a chi la legge. In tempi di povertà la carne era roba solo da ricchi. Ai nostri tempi invece abbiamo da mangiare più di quello che ci serve e possiamo quindi giudicare ciò che mettiamo nel piatto» risponde prontamente VALERIO POZZI, CEO di Opas (in foto). «Ecco perché noi di Opas abbiamo pensato con la carne di suino Eat Pink anche alla percezione del valore nutrizionale, al gusto, all’impatto sulla sostenibilità alimentare del pianeta e, non ultimi, ai vincoli etici. Ormai per gli allevatori proprietari di Opas la carne è diventata sinonimo di proteine nobili. 100 grammi di carne fresca di suino italiana degli allevamenti di Opas ne contengono 20 di proteine mentre il resto sono 5 grammi di lipidi e 73 tra acqua, vitamine e carboidrati. Le proteine sono una famiglia di molecole indispensabili per la vita del nostro organismo perché servono a sostenere tante funzioni vitali e soprattutto a costruire i nostri muscoli. Noi dobbiamo mangiare proteine per avere energia e aumentare la difesa ossidativa e immunitaria del nostro organismo. C’è chi dice che chi mangia carne è più intelligente perché incentiva la produzione di neurotrasmettitori. La realtà è che le proteine provenienti dalla carne sono più complete rispetto a quelle derivanti dai vegetali. Ma mai esagerare. Al giorno si dovrebbero assumere 0,75 grammi di proteine per ogni chilo di peso corporeo della persona. La carne di suino oltre alle proteine apporta anche grassi insaturi salutari. Ma il cibo non è una medicina. Quando si mangia è necessario recuperare il piacere di farlo e assaporarlo. La piramide alimentare e la Dieta Mediterranea parlano chiaro: il cibo deve sempre essere comunque buono. Perché mangiare è anche un piacere che deve gratificare senza nuocere. Ecco perché il consumo di carne di suino italiano, notoriamente rosa e non rossa, è anche un piacere cucinarla. Ma per chi non ha tempo gli allevatori di Opas hanno pensato ad una linea di prodotti precotti Eat Pink pronti in pochi minuti: dal filetto alle erbe a quello con il bacon; dalle costine al pulled pork, passando per hamburger e tenera lonza. Quindi mangiare della buona carne di suino italiana certificata 100% Opas con il marchio Eat Pink è certamente una soddisfazione, cuocerla nel modo giusto e condirla con aromi che la rendono ancora più appetitosa è un modo per volersi bene e per nutrirsi meglio».

La carne suina prodotta da Opas garantisce l’origine da allevamenti nazionali e suini nati, cresciuti e macellati in Italia e lavorata presso lo stabilimento modenese. Un progetto che vanta il bollino Fdai – Firmato dagli agricoltori italiani, che organizza e promuove sui mercati le produzioni delle Filiere Agroalimentari Italiane garantendo tracciabilità, sostenibilità ambientale ed equa distribuzione del valore tra gli attori delle filiere.

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Rosa = Equilibrio Tra le diverse caratteristiche qualitative della carne suina fresca, il colore è un elemento particolarmente importante nella decisione d’acquisto perché i consumatori lo percepiscono come indicatore di freschezza e salubrità. Le carni bianche sono quelle avicunicole (pollo, tacchino, coniglio), con l’agnello ed il capretto tra le ovine ed il vitello tra le bovine. Poi ci sono le carni rosse e quelle nere, ossia la selvaggina. LEONARDO NANNI COSTA, professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell’Università degli Studi di Bologna, ha svolto uno studio sulle carni rosa per comprenderne i punti di forza dal punto di vista nutrizionale e di marketing. Innanzitutto, da che cosa dipende il colore della carne? Secondo il prof. Nanni Costa sono molteplici i fattori: lo stato chimico, la quantità di mioglobina (proteina che è in alta concentrazione nelle rosse, mentre è bassa nelle bianche), l’alimentazione dell’animale, la genetica, la corretta gestione della catena del freddo e, non ultimo e non banale, l’illuminazione del dispenser presso il punto vendita. La carne suina è definita rosa sulla base della sua colorazione che risulta intermedia tra quelle definite bianche (pollo e vitello) e rosse (vitellone e bovino adulto). Questo posizionamento riflette, in primo luogo, il suo contenuto intermedio di mioglobina rispetto alle carni bianche e rosse. La carne rosa di suino ha un contenuto di ferro in forma organica intermedio rispetto alla carne di pollo e alla carne bovina. E proprio al colore rosa è associato il giudizio positivo dei consumatori i termini di freschezza. Ma come si misura il colore? Sempre secondo il prof. Nanni Costa le metodologie prevedono che il colore sia valutato 24 ore dopo la macellazione o nei giorni successivi per evidenziare eventuali alterazioni del colore durante la conservazione o la vendita al dettaglio. Il colore viene valutato dopo aver esposto la superficie di taglio della carne all’aria per almeno 30 minuti affinché si verifichi il cosiddetto blooming, ovvero la formazione di ossimioglobina sulla superficie. C’è addirittura una scala della NPPC e del National Pork Board che è costituita da 6 classi di colore con luminosità decrescente, alla cui estremità sono poste le carni PSE (Pale pinkish gray to white: classe 1) a quelle DFD (Dark Purplish red: classe 6). La classe intermedia 3 (Reddish pink), ossia il rosa intenso, corrisponde a quella ideale. In Italia esistono, a livello regionale, diversi disciplinari di produzione della carne suina QC (Qualità Controllata), nei quali non si riporta alcuna indicazione sul colore ma solo riferimenti generici finalizzati all’esclusione delle carni colpite dalle anomalie “PSE” e “DFD”. Una chiara indicazione sul colore la si trova nel Disciplinare della carne suina Cinta Senese Dop, che specifica chiaramente che questo deve essere rosa acceso e/o rosso. Sul fronte nutrizionale la carne rosa si caratterizza come ottima fonte di proteine, che sono materiale di crescita dell’organismo. Pensiamo ai bambini, che devono crescere bene, o agli sportivi, che hanno bisogno di combattere lo stress fisico determinato dall’attività sportiva. A questo servono le proteine, che sono particelle complesse costituite da amminoacidi. La carne rosa è ricca, inoltre, di importanti minerali come magnesio, fosforo, zinco e ferro, elementi indispensabili per un corretto equilibrio del nostro sistema immunitario, nervoso e muscolare. La carne rosa si qualifica quindi come un cibo sano, saporito, nutriente e consigliato dai nutrizionisti.

Filiera Agricola Italiana, origine, trasparenza ed equità I prodotti Eat Pink vantano il bollino del progetto Fdai — Firmato dagli agricoltori Italiani — che organizza e promuove sui mercati le produzioni delle Filiere Agroalimentari Italiane garantendo l’origine (il Paese, il luogo di produzione, il luogo di coltivazione, di allevamento della materia prima agricola utilizzata), la tracciabilità, la sostenibilità ambientale e l’equa distribuzione del valore tra gli attori delle filiere. Filiera Agricola Italiana significa parecchie cose e tutte importanti: essa realizza un grande sistema agroalimentare italiano con il protagonismo degli agricoltori che applicano disciplinari etici e certificati coerenti con i valori di Fdai; valorizzando i patrimoni agroalimentari autentici di tutto il territorio nazionale garantendo l’origine e la tracciabilità, essa progetta la partnership con il trade per soddisfare le crescenti esigenze dei consumatori in termini di sicurezza e qualità. Infine, garantisce la sostenibilità per l’impresa agricola assicurando la continuità delle forniture e la costanza della qualità. >> Link: www.filieraitalia.it

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Macelleria Zivieri, le persone sempre al centro di Elena Benedetti

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econdo numerosi osservatori economici, uno dei principali focus del fare impresa oggi è quello della trasformazione tecnologica, soprattutto digitale, in una spersonalizzazione e decentralizzazione di ruoli e interazioni che spesso va ad appannaggio della cultura d’azienda. Quest’ultima è quello stile, quel modo attraverso il quale le persone si comportano al lavoro, guidate dai valori che reputano importanti per scegliere, ogni giorno, il giusto atteggiamento. La cultura aziendale, in un tessuto imprenditoriale italiano caratterizzato da piccole e medie imprese,

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è però ben più importante della strategia perché investe sulla qualità delle persone. Il motivo? Perché se manca quella, non c’è strategia che tenga. Ecco, parlando con Aldo Zivieri, della Macelleria Zivieri di Zola Predosa (BO), il concetto delle persone e dei valori trasmessi da coloro che quella società l’hanno fondata, forti di una vita di esperienze, di lavoro e di insegnamenti, torna sempre ed è potente. Questo 2020 non ha certo risparmiato sofferenza alla famiglia Zivieri, che ha perso i genitori Adua e Graziano, in quelle modalità drammatiche e strazianti che

purtroppo hanno accomunato migliaia di famiglie. Ma proprio quel concetto di famiglia, che oltre ad Aldo, Fabrizio, Elena e Stefano, ha visto coinvolto anche tutto lo staff, è stato fondamentale per la crescita e la realizzazione di progetti che tracceranno il futuro della Macelleria Zivieri. «Mai come quest’anno abbiamo investito in strutture, in attrezzature e in persone nuove» dice Aldo mentre mi aggiorna sulle tante novità dell’azienda. Partiamo dalla parte produttiva: dopo 7 anni di gestione del macello comunale di Castel di Casio, sull’Appennino bolognese, a luglio 2020 la

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Gli animali dell’azienda agricola Zivieri a Sasso Marconi (photo © Federico Borella e Michela Balboni).

Macelleria Zivieri ha preso in gestione un macello di Valsamoggia, a pochi chilometri dal laboratorio di Zola Predosa (BO), nel quale — con i suoi oltre 1.000 m² — sono attive linee per suini, ovini, bovini e una linea dedicata alla filiera della selvaggina. «In questa nuova struttura la Macelleria Zivieri opera per conto terzi (sia aziende che privati) e accoglie tutte le macellazioni provenienti dai nostri allevamenti e dalla caccia di selezione» aggiunge Aldo. C’è poi il concretizzarsi finalmente di quel macro-progetto che da sempre sta alla base della filosofia degli Zivieri, ovvero lo sviluppo di

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una filiera corta delle carni a garanzia di prodotti sani e genuini. Era stato proprio il fratello Massimo, giovanissimo, nel 1987, a rilevare insieme al papà Graziano e al fratello Fabrizio una piccola macelleria a Monzuno, piccolo comune dell’Unione dell’Appennino Bolognese, tracciando l’inizio di tutto. E proprio Massimo aveva sviluppato un lavoro di relazioni dirette con gli allevatori (dal 2001 la Macelleria Zivieri è tra i soci del Consorzio La Granda, presidio Slow Food della razza bovina Piemontese) e con una gestione di allevamento semibrado di suini di Cinta senese e di Mora romagnola. «La conoscenza diretta dell’allevamento di provenienza delle carni, l’allevamento etico e la caccia di selezione sono i principi che ispirano tutte le attività della Macelleria» sostengono gli Zivieri nel racconto della loro filosofia d’impresa. «È solo tutelando e garantendo il rispetto del benessere degli animali e il loro normale ritmo di accrescimento e scegliendo per la loro nutrizione alimenti rigorosamente naturali che le carni riescono ad ottenere elevati livelli qualitativi, sia in termini di genuinità che di bontà». La Fattoria Zivieri a Sasso Marconi (BO), progetto realizzato di concerto con una compagine societaria allargata ad altri soci, è pronta per

l’inaugurazione posticipata a marzo 2021. Con i suoi 70 ettari di superficie, essa ospita gli allevamenti avicunicoli, suini, ovini e bovini, l’orto, l’agriturismo con la parte di ristorazione che ha una capienza di oltre 400 posti (quindi ideale per eventi privati e aziendali), l’accoglienza per il pernottamento con 16 camere, una fattoria didattica, un caseificio e ampi spazi per vivere l’esperienza autentica di filiera corta delle carni. Sul fronte della ristorazione e vendita sono sempre attivi il centralissimo punto di RoManzo, nel cuore del centro storico di Bologna, all’interno del Mercato di Mezzo, e il Teatro della Carne dentro allo spazio di FICO, il parco agroalimentare di Bologna che ha recentemente visto l’arrivo di STEFANO CIGARINI, ex AD di Cinecittàworld, che porterà nuova progettualità e stimoli. Nella sede produttiva di Zola Predosa, la Macelleria Zivieri, che ospita il laboratorio dedicato alla lavorazione delle carni e il negozio interamente rinnovato con vista sulle sale bianche, c’è parecchio movimento di clientela. «Anche qui gli investimenti hanno caratterizzato il ripensamento degli spazi con un allargamento dell’area vendita che oggi ospita un lungo banco carni, un armadio frigorifero per la stagionatura dei salumi Zivieri,

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L’azienda agricola Zivieri sulle colline di Sasso Marconi (BO) ospita gli allevamenti avicunicoli, suini, ovini e bovini, l’orto, l’agriturismo con la parte di ristorazione, l’accoglienza per il pernottamento una fattoria didattica, un caseificio e ampi spazi per vivere l’esperienza autentica di filiera corta delle carni (photo © Federico Borella e Michela Balboni).

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Concept design by Angelo Cristofoli

Per noi la razza è un’ opera d’arte

Organizziamo produzioni dedicate grazie all’esperienza nell’allevamento delle razze italiane pregiate Agrifap S.r.l. Società Agricola alleva direttamente e organizza filiere per assicurare costanza e continuità di fornitura

Puntiamo sul prodotto italiano con particolare dedizione per le razze:

Chianina - Marchigiana Podolica - Romagnola

L’attenzione al prodotto italiano si estende anche alle produzioni Biologiche di bovini:

nati, allevati e macellati in Italia

Per informazioni commerciali: Agrifap S.r.l. Società Agricola | Ufficio: +39 045 8876471 | Email: info@agrifap.com | Web: www.agrifap.com


La Macelleria Zivieri con laboratorio a vista, salumificio e punto vendita a Zola Predosa (BO). uno per le frollature delle carni e la gamma di prodotti che fanno da contorno, ovvero sughi, vini, aceto balsamico di Modena, pasta e condimenti» mi mostra Aldo. «Nei mesi più cupi del lockdown il nostro business — che era incentrato principalmente sulla fornitura di carni selezionate alla ristorazione — si è ovviamente spostato verso i privati e, grazie ad una riorganizzazione interna che ci ha consentito di recepire velocemente gli ordini e di garantire consegne veloci e in sicurezza, abbiamo ottenuto ottimi risultati non solo economici ma anche di fidelizzazione di nuova clientela». Quella clientela che oggi visita spesso e volentieri il negozio di Zola Predosa, che prosegue negli ordini via e-mail e che apprezza un contatto diretto con lo staff della Macelleria Zivieri, non spersonalizzato da applicazioni digitali.

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Anche su questa sezione del business, la vendita al dettaglio, gli Zivieri stanno investendo e strutturando un’offerta più articolata che segue la domanda del mercato e le richieste di consumatori che sono alla ricerca di prodotti con più valore aggiunto. «Abbiamo pensato a prodotti a base di carne facili e pronti da mangiare, prodotti di gastronomia anche per locali come bar ed enoteche che non sono attrezzati per le cotture» mi spiega Aldo, ricordando burger, arrosti, bollito e brodo, tutto preparato in modo artigianale e con le materie prime della filiera corta. Il negozio è veramente bello, ampio, luminoso, con a vista il personale che di là dalla vetrata lega gli arrosti e saluta. Sulla grande parete che separa gli ambienti ci sono le immagini di volti sorridenti. Sono quelle delle persone che lavorano qui, fotografate ad un evento colla-

terale di Arte Fiera dello scorso anno, quando eravamo ancora tutti senza mascherina. L’impatto di questi volti è forte e fa passare il concetto di squadra. «La nostra fortuna? È sempre stata quella di non aver mai rinunciato ai nostri valori, al valore delle persone, alle nostre tradizioni e agli insegnamenti che ci sono stati trasmessi». Un messaggio, quello degli Zivieri, sempre coerente nel loro approccio di fare impresa. Elena Benedetti

Macelleria Zivieri Via G. Dozza 36 40069 Zola Predosa (BO) Orari: Lun.-Ven. 8:00-17:00 Sab. 8:00-12:30 Web: macelleriazivieri.it

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Le nostre ostre referenze f e possono p essere ere rigenerate rigeneratte in i differenti iff tii modalità i à di cottura: c forno, microonde e padella. Il marchio EatPink garantisce qualità, rispetto, tracciabilità.

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Gli specialisti della carne di qualità tecnologicamente provata

The Gold Butchers Club tra tradizione e innovazione In attesa di iMeat 2021, due facce della stessa medaglia per un progetto che ha l’obiettivo di accomunare le esperienze di macellai italiani. E in prospettiva Criocabin sta allargando la platea anche ai professionisti esteri anglosassoni

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reare un club in tempi in cui la vita frenetica lascia pochissimo spazio al relax o al divertimento comporta una buona dose di ottimismo, legata anche ad un po’ di spregiudicata

lungimiranza. Un circolo privato richiede infatti molta passione, impegno e competenza all’interno del settore in cui intendi operare, se il progetto è davvero quello di dar vita ad un concreto momento

Con il “Premio Innovazione in Macelleria” Criocabin vuole premiare la professionalità di chi guarda al consumatore di carne come un consumatore “educato ed erudito” in materia, che sceglie perché conosce e vuole sapere cosa mette sul suo piatto.

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di condivisione e socializzazione. Se andiamo a spulciare nel dizionario, al termine “club” troviamo la definizione: “Circolo, associazione, i cui membri, legati da interessi comuni, si riuniscono in uno stesso luogo”, con l’estensione ad indicare gruppi e organismi, anche a carattere internazionale, non istituzionalizzati ma esistenti di fatto. Se poi a tutto ciò aggiungiamo l’aspetto solidale generato dall’appartenenza dei membri del club assume anche una valenza tecnico-economica. Nel mondo della macelleria, per intenderci, tra gli attori che hanno intrapreso questa strada c’è CRIOCABIN di Praglia di Teolo, in provincia di Padova. Volendo illustrare l’iniziativa The Gold Butchers Club si parte poco più di due anni fa. Nel 2017, nello specifico mondo della macelleria, Criocabin ha deciso di creare un Club con la finalità di raggruppare tutti quei macellaiimprenditori che hanno saputo rinnovarsi e re-inventarsi con una visione moderna della professione, tuttavia senza mai dimenticare la tradizione. È nato così The Gold Butchers Club, costituito da un gruppo di specialisti della carne, amanti della propria professione, in perfetta sintonia coi cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo della macelleria. Si tratta di imprenditori-macellai, operanti in perfetta sinergia con la filiera

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La vetrina EDB di Criocabin, dotata di sistema Dry Aged Beef, consente la frollatura della carne secondo un metodo antico, ripensato in chiave moderna e dando un’esposizione di design molto contemporanea e di tendenza. e quindi focalizzati sulla qualità del prodotto all’origine, portatori di professionalità, di qualità del servizio e di capacità di rinnovare tecnologicamente il proprio punto vendita: #The_Gold_Butchers_Club si vede apparire nelle zone d’Italia più rinomate per carni e specialità culinarie. Premio alla professionalità È stato creato un “Premio Innovazione in Macelleria” per riconoscere la professionalità di chi, sia che si tratti di un nuovo operatore nel mondo della macelleria che di un macellaio attivo da generazioni, abbia saputo cogliere il vento di cambiamento necessario nel mondo attuale dell’Industria 4.0. «Vengono premiati i punti vendita che inseriscono tecnologia di nuova generazione a glicole Criocabin G Concept e tutti quei macellai che si rinnovano introducendo nuovi tipi di lavorazione come la frollatura della carne, con celle espositive fatte su misura, murali take away, integrando il lavoro di macelleria con quello della ristorazione veloce, macelleria bistrò, take away o dine in, piatti cotti e preparati per assecondare le esigenze diverse del cliente di oggi, vale a dire implementare una conoscenza più profonda di cosa vuole nel suo piatto il consumatore, con sempre meno tempo a disposizione per cucinare» puntualizza Barbara

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Caron, Senior Marketing Manager di Criocabin. Si vuole premiare la professionalità di chi guarda al consumatore di carne come un consumatore “educato ed erudito” in materia, che sceglie perché conosce e vuole sapere cosa mette sul suo piatto. La filiera e l’origine della carne, la refrigerazione, le tecniche e quant’altro. Assistenza costante e controlli da remoto Il Club è appoggiato ad una serie di plus che comprendono i servizi promozionali del proprio punto vendita, il materiale informativo ed eventi ad hoc, oltre ad un’assistenza 24 ore su 24 tramite collegamento ad un numero verde. Molti membri del The Gold Butchers Club si appoggiano al controllo remoto Criocabin WOW REMOTE che facilita la loro attività e ottimizza il supporto da parte dell’azienda. WOW REMOTE permette di controllare i banchi refrigerati da remoto attraverso smartphone o tablet, vedere lo stato del banco in tempo reale, cambiare i parametri di settaggio a distanza. Inoltre, permette di scaricare i dati e il grafico di funzionamento per il tempo definito dal macellaio che può essere informato tramite e-mail di un eventuale black out del negozio. Basta solo collegare il controllo del banco alla rete WI-FI per avere tutto a portata di mano.

I Gold Butchers a iMEAT 2019 Il primo evento ad hoc The Gold Butchers Club è stato organizzato in occasione della fiera iMEAT di Modena a marzo 2019: sono stati invitati tutti i Gold Butchers Criocabin che, nel corso di una cena conviviale, hanno potuto confrontarsi ed ascoltare l’esperienza di ognuno, le difficoltà e le opportunità alle quali far fronte in contesti regionali diversi seppur simili. Criocabin, dal canto suo, ha fatto tesoro del loro bisogno di distinguersi in maniera personale e originale. «Siamo riusciti a creare uno spirito di appartenenza e di collaborazione per l’arricchimento di ogni membro creando esperienze da condividere, con notizie ed eventi che possano creare, oltre ad uno spirito di squadra, anche momenti di divertimento con appuntamenti periodici annuali» continua Caron. «Nella nostra visione rientra l’obiettivo di allargare il club dei Gold Butchers anche a Paesi stranieri con una buona cultura della carne e con la propensione ad innovare per fare in modo che le tradizioni italiane possano arricchirsi dell’esperienza di altri Paesi carnivori come quelli anglosassoni e viceversa, ma non solo!». Confronto costruttivo tra esperienze diverse Per l’evento di iMEAT i Gold Butchers sono arrivati a Modena da

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The Gold Butchers Club • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Casa della Carne dei F.lli Rao – Barcellona Pozzo di Gotto (ME) Casa Molon – Lugagnano di Sona (VR) Cooperativa Zootecnica Scaligera – Mozzecane (VR) Fasoli Carni – Lalbaro Ronco all’Adige (VR) La Boutique della Carne – Foggia Macelleria Amici Massimiliano – Roma Macelleria Bolgi – Vigo di Fassa (BZ) Macelleria Caldara Catering – Cortina D’Ampezzo (BL) Macelleria Carbone – Genova Macelleria Ceccotti Simone – Lari (PI) Macelleria Cencia Danila – Latina Macelleria Colaizzi – Roccaraso (AQ) Macelleria D’Elia Roberto – Frascati (RM) Macelleria da Carla – Bistagno (AL) Macelleria da Denis – Malo (VI) Macelleria da Renato – Schio (VI) Macelleria De Vitis – Brindisi Macelleria di Manila e Stefano – Latina Macelleria Gastronomia Baggio – Vicenza Macelleria Madaghiele – Latiano (BR)

tutta Italia. Animati da quello spirito di appartenenza e condivisione di cui abbiamo scritto, si sono messi a confronto in maniera costruttiva grazie alla varietà delle esperienze individuali contraddistinte da caratteristiche regionali diverse e ben delineate, ma anche con le relative difficoltà, con l’intento di distinguersi in maniera personale ed originale. Tradizione ed Innovazione, in fine dei conti, sono solo le due facce della stessa medaglia ed il Gold Butchers è molto di più di un semplice club, ma è un’iniziativa che permette a Criocabin di conoscere ad uno ad uno i macellai che rappresentano l’eccellenza italiana certificata dalla tecnologia Criocabin. Anche il mondo anglosassone ed in particolare UK e Irlanda hanno la loro da dire: si pensi ad alcune realtà d’eccezione nella capitale inglese come Smith & Clay, Ginger Pig e Scotts & Carlshalton.

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Macelleria F.lli Cavallo – Borgo San Dalmazzo (CN) Macelleria F.lli Chillari – Terme Vigliatore (ME) Macelleria Favero – Monta (PD) Macelleria Gastronomia Coi – Cazzago di Pianiga (VE) Macelleria La Chianina – Terni Macelleria Luca Uno – Cavarzere (VE) Macelleria Mandreoli Carni – Bologna Macelleria Massimo Carni e Bontà – Soave (VR) Macelleria Miceli – Condofuri Marina (RC) Macelleria Montagner – Conegliano Veneto (TV) Macelleria Paoletto – Mezzolombardo (TN) Macelleria Prendin – Montegrotto Terme (PD) Macelleria Puliani Stefano – Re (VB) Macelleria Salumeria da Dindo – Castelfranco Emilia (MO) Macelleria Scoccia Francesco – Piansano (VT) Macelleria Sossanese – Sossano (VI) Macelleria Zamparini Mauro – Nettuno (RM) Non solo carne – Gioiosa Ionica (RC) Ristorante Macelleria Le Carni – Borsea (RO) Salumificio Serafini – S. Giovanni Lupatoto (VR)

The best of… made in Italy «Da luglio 2019 stiamo percorrendo l’Italia per conoscere personalmente i nostri butchers» prosegue Barbara Caron. «Raccogliamo ricette da tutta Italia, documentiamo quelle top con video raccogliendo le stesse in una prima edizione di un format che vedrà l’Italia unita dal solido filo delle tradizioni culinarie, fermo restando l’originalità di ognuno. Un “The Best of…” dedicato espressamente alle ricette regionali a base di carne raccolte sotto il comun denominatore del made in Italy e, Covid permettendo, inseriremo i Gold Butchers anglosassoni. Proprio in occasione dell’emergenza Covid-19, la figura del macellaio è diventata sicuramente quella più dinamica e con una specifica attenzione al cambiamento proprio perché le esigenze cambiano sì, ma soprattutto aumentano». L’appuntamento di Criocabin con i butchers italiani è per

il 6-8 giugno 2021 a Modena con iMeat, la fiera dedicata alle attività operative nel settore della carne, nel corso della quale l’azienda padovana esporrà le ultime novità di prodotti e servizi. Tra gli obiettivi di Criocabin c’è sempre quello di saper intercettare i cambiamenti delle abitudini alimentari, sviluppando tecnologie funzionali e personalizzate, per la conservazione e l’esposizione dei cibi. iMeat sarà sicuramente l’occasione perfetta per approfondire questi temi in un contesto di ritrovata condivisione di spazi ed esperienze.

Criocabin Spa Via S. Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com

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PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE

“Vitellone ai cereali” “Scottona ai cereali” “Fassone di razza Piemontese”

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FORNITORE UFFICIALE


Il Cuomo Method® presentato allo SMAU di Milano come case history di Open Innovation

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n grande successo nazionale per il Cuomo Method®, presentato come case history allo SMAU di Milano nella sezione Open Innovation. La presentazione in occasione dell’importante fiera internazionale, tenuta da ALESSANDRO CUOMO, fondatore della Alessandro Cuomo Brevetti (Cuomo Method®), è avvenuta nel corso del V Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital, promosso da ASSOLOMBARDA, INNOVUP e SMAU e Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, con la partnership scientifica di Infocamere e Politecnico di Milano e la collaborazione di Piccola Industria Confindustria e di Confindustria.

L’evento si è aperto con i saluti dei promotori: ANGELO COLETTA, presidente di InnovUp; C ARLO ROBIGLIO, presidente di Piccola Industria Confindustria; ALVISE BIFFI, consigliere e membro di giunta della Camera di Commercio Metropolitana di Milano-Lodi-Monza e Brianza; PIERANTONIO MACOLA, presidente di SMAU. A seguire, la presentazione dei dati quantitativi tenuta da NICCOLÒ STAMBOGLIS di Data Scientist InfoCamere, mentre la presentazione per l’elaborazione qualitativa è stata tenuta da ANGELO CAVALLO, ricercatore senior dell’Osservatorio Startup Hi-tech Startup del Politecnico di Milano. A concludere l’evento, in cui la Stagionello® Store

è stata presentata come best practice italiana, è stato il direttore della strategia e dello sviluppo di CDP Venture Capital, ALESSANDRO SCORTECCI. Realizzato per il quinto anno consecutivo, l’Osservatorio propone un’analisi quantitativa sugli investimenti in Corporate Venture Capital, affiancata da un’indagine qualitativa su alcune esperienze italiane di open innovation, nel contesto di modelli evolutivi che si stanno consolidando a livello internazionale. Una preziosa guida per le imprese e gli operatori interessati ad approfondire le opportunità offerte dal moderno paradigma dell’Open Innovation e del Corporate Venture Capital, con

Alessandro Cuomo, fondatore della Alessandro Cuomo Brevetti (Cuomo Method®).

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una contaminazione win win sia per startup che per imprese consolidate che si sta sviluppando in tutto il mondo. Le forme di questa contaminazione sono molteplici: dall’alleanza commerciale fino alla partecipazione nel capitale della startup, talvolta anche in logica di acquisizione, includendo modelli di innovazione aperta (Open Innovation) e di vero e proprio investimento (Corporate Venture Capital). Se per le startup/scaleup questo è un fattore vitale nel processo di sviluppo e affermazione del proprio prodotto o servizio, per le imprese consolidate è uno strumento indispensabile per portare innovazione ai propri processi aziendali, di fornitura, produzione e vendita, oltre che nella gestione interna dell’azienda stessa. «Vedere un’azienda calabrese tra i migliori casi da imitare — ha affermato il vicepresidente di Piccola Industria Calabria Alessandro Cuomo — è un vanto per quei tanti imprenditori della nostra terra che, tra non poche difficoltà strutturali

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e ambientali, portano avanti con coraggio e successo le idee e il lavoro delle proprie imprese». Il Gruppo La Arredo Inox® (conosciuta in tutto il mondo come Stagionello® Store) è un’azienda calabrese con pluriennale e consolidata esperienza nel settore della refrigerazione industriale ed è leader nel settore dei dispositivi per la trasformazione (intesa come stagionatura, maturazione, affinatura) dei cibi. L’azienda produce e commercializza, su licenza, dispositivi brevettati per la trasformazione di carne, pesce e relativi semilavorati in regime di totale sicurezza alimentare. Nello specifico, la Stagionello® Store detiene la licenza per la produzione di 5 brevetti e 12 marchi di proprietà dell’Alessandro Cuomo Brevetti Milano. All’interno dell’azienda, un impianto industriale di circa 10.000 m2 sito a Crotone, vengono prodotti 87 modelli brevettati, commercializzati prevalentemente con i marchi Maturmeat®, Stagionello® e Pesciugatore®: oggi sono circa 3.000

i dispositivi installati nel mondo, dall’Australia al Giappone, dal Canada agli Stati Uniti, dalla Russia al Regno Unito, oltre che in tanti altri Paesi europei. Queste innovative attrezzature, prodotte in filiera autonoma e con alti standard di qualità (certificazioni TÜV), varcano i confini nazionali e sono disponibili in tutti i Continenti, consentendo di avere dei canali commerciali solidi anche nei protocolli di sicurezza alimentare internazionale. Il Gruppo Cuomo, a seguito del 50% di export ottenuto nel 2019, ha acquisito di recente un nuovo stabilimento piemontese di produzione di macchine 2.0 e 3.0 a Casale Monferrato (AL), la CABI Srl e la lombarda Stagionello Service di Carugate (MI), deputata a rilasciare i servizi tecnici e tecnologici alle grandi catene di distribuzione.

>> Link: www.stagionellostore.com

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INTERVISTE

Francesca Santin, la passione in macelleria ha un nome La fondatrice e presidentessa di Passione Preparati Planet si racconta a Eurocarni. Dalla formazione all’approdo nel mondo della macelleria alla creazione dell’associazione che rispecchia in toto la sua visione innovativa di questo settore. E che non si ferma nemmeno in questo periodo, con la creazione di un nuovo servizio one-to-one, unico nel panorama della formazione ad alto tasso “carnivoro” di Gaia Borghi

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Francesca Santin. Passioni Preparati Planet è un marchio registrato e comprende un circuito di 70 macellerie associate sparse per il territorio nazionale. In seguito è nata “Alta Formazione in Macelleria” (altro marchio registrato), con cui viene portata avanti la filosofia di Passione Preparati attraverso 17 tutor che insieme a Francesca fanno formazione itinerante.

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a Passione in macelleria ha un nome e un cognome aggiungo, che ne qualifica immediatamente la provenienza regionale. Veneta, di Vicenza per essere precisi, dove è nata e cresciuta, FRANCESCA SANTIN, fondatrice e presidentessa di Passione Preparati Planet, associazione che si occupa di fare formazione ad alto livello per i macellai e gli operatori delle carni, è una delle donne protagoniste di questo settore, ancora oggi — anche se un’evoluzione in questa direzione indubbiamente c’è stata — decisamente “maschile”, sia come approccio che come percentuale maggioritaria di rappresentanti. Il percorso che l’ha portata ad avvicinarsi a questo mondo è certamente singolare. «Non sono figlia d’arte, la mia non è una famiglia di macellai» mi racconta Francesca. «Ho frequentato una scuola ad indirizzo artistico e ho iniziato a lavorare nel settore orafo (Vicenza è uno dei principali poli italiani dell’arte orafa, NdR), mentre la passione per la cucina, quella, l’ho sempre avuta». L’incontro con la macelleria è avvenuto per caso, nel 2006. «Ho imparato a conoscere i tagli anatomici e i primi rudimentali preparati di carne, crudi e cotti, attraverso corsi

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Rosa Passione. «Quando una donna entrava in macelleria per fare formazione veniva vista con pregiudizio inizialmente da parte di molti» racconta Francesca sui suoi social. «Sono grata di questa iniziale diffidenza perché mi è servita molto. Per farmi accettare e prendermi sul serio sono state stata necessarie una preparazione teorica e pratica di alto livello in tutto ciò che facevo e ancora adesso ho questa attitudine. L’approfondire in maniera scrupolosa ogni cosa e interfacciarmi con vari professionisti mi ha fatto innamorare del settore. Col tempo è divenuto parte integrante della mia vita fino ad amarla».“Rosa Passione” è anche il nome del preparato che potete ammirare in foto. professionali di formazione come tecnico-gastronomo. Avvicinandomi a questo settore, però, mi sono accorta subito che mancava qualcosa…». Francesca Santin è una donna concreta, dotata di lungimiranza e tenacia, organizzata e curiosa, una che, come lei stessa dice, non si accontenta dell’ovvio, di ciò che è scontato. «Per capire cos’è che sentivo come “mancante” — prosegue — mi sono estraniata dal mio ruolo ben impostato e mi sono messa dalla parte del consumatore finale. A questo punto mi sono detta: “Ok, analizziamo il problema da un altro punto di vista… Se avessi il potere di creare qualcosa di veramente nuovo nel settore macelleria cosa farei?”. Da lì è iniziata la mia nuova vita professionale». Professionisti in macelleria Passione Preparati Planet nasce esattamente in questo momento (mentre “concretamente” viene costituita il 25 settembre 2013 presso l’Università del Gusto di Vicenza), dal cogliere un’esigenza del mercato e del settore della macelleria a cui rispondere con la Formazione.

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Perché per sopravvivere prima e crescere poi, un settore come quello della macelleria (ma non solo) deve cogliere i cambiamenti che lo circondano, le tendenze, gli stili, le nuove esigenze di chi acquista, consuma carne, non restare fermo ad aspettare, evolversi, senza per questo tradirsi. I suoi operatori devono puntare all’eccellenza, sviluppando sia competenze specifiche riguardanti pronti a cuocere innovativi, cotture, attrezzature, i protocolli degli allergeni e del gluten free, sia diversificate nella direzione del marketing, della comunicazione e dell’uso dei social, dell’economia, dell’attenzione agli sprechi… “Hai nel tuo banco un’offerta completa ed efficace, che tenga conto delle nuove esigenze di mercato? I tuoi prodotti, crudi o cotti, che esponi in vetrina sono replicabili dal tuo staff in qualsiasi momento? Come comunichi coi tuoi clienti nel punto vendita e in rete? Hai valutato il marketing olfattivo come strategia giornaliera per coccolare ancora maggiormente i tuoi clienti?”. Questo e tanto altro si legge nel sito dell’associazione di Francesca

Santin, a cui aderiscono attualmente 70 macellerie in Italia, da Nord a Sud, unite da una filosofia comune, seguite e costantemente formate da Francesca stessa. «Passione Preparati Planet è composto da persone meravigliose che hanno sposato da subito la mia visione innovativa e testimoniano tutti i giorni come l’aver accettato il cambiamento si sia rivelata una strategia vincente sia per loro che per i propri clienti» mi racconta. «Ho iniziato facendo i corsi con AIC-Associazione Italiana Celiachia per la preparazione di Pronti a cuocere senza glutine e senza allergeni: sono infatti da sempre convinta che le preparazioni gastronomiche debbano essere per tutti. Quando ad Eurocarne 2009 ho presentato un banco di preparati interamente senza glutine era l’unico in tutta la fiera! Ho poi presentato lo stesso progetto a Modena, a iMEAT 2013, e da quel momento la mia figura è stata richiesta un po’ in tutta Italia. Ho formato le prime macellerie italiane “senza glutine”, sono partita con “negozi pilota”, i cui successi

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Francesca durante la preparazione di “Rosa Passione” (photo © Giovanni Panarotto). erano la testimonianza concreta che quello che stavo facendo andava nella direzione giusta, nella direzione di ciò che chiedeva il mercato. In questi anni poi mi sono specializzata in Alta prosciutteria suina, bovina e avicola; Cotture a bassa temperatura in sottovuoto; Personalizzazione del packaging in macelleria; Analisi sensoriale della carne come giudice qualificato, Monoporzioni, che sono il futuro secondo me. Ultimo ma non meno importante, mi sono diplomata al Master in Nutrizione Culinaria – Cucina Evolution della dottoressa C HIARA M ANZI . Tutte queste competenze le ho imparate per trasmetterle ad altre persone, in primis a quelle della mia associazione, i miei brand ambassadors».

consumatore che negli ultimi anni è diventato completamente diverso, ho studiato attentamente altri settori vincenti, dal vino alla pasticceria alla panificazione. Ho preso il meglio dei loro successi, li ho elaborati e portati pian piano in macelleria. Facendo questo, ho contaminato in positivo la mia realtà, quella di chi faceva la formazione con me e il cliente finale ne beneficiava tutti i giorni. Non dimentichiamoci mai che il consumatore finale è la nostra cartina tornasole, è lui che decide se stiamo facendo il giusto percorso o no. Possiamo semplificare la sua esperienza oppure amplificarla ma l’importante è che abbiamo una identità chiara e che siamo performanti nell’applicarla».

Contaminazione positiva «Quello della macelleria è un settore molto conservatore, poco incline al cambiamento» prosegue Francesca. «La tradizione invece secondo me non è statica, ma un continuo se pur lento divenire, e tutti noi, se vogliamo, possiamo creare nuove memorie che col tempo diventeranno tradizioni per le generazioni future. Per aiutare i macellai professionisti a fare “il grande salto”, ad esempio, mantenendo la tradizione esistente ma trasformando alcuni aspetti del mestiere tenendo conto delle tendenze e, soprattutto, dei bisogni di un

Formazione itinerante Francesca si sposta durante l’anno per fare corsi alla presenza di piccoli gruppi di persone (max 25/30), anche non associate a Passione Preparati (gli associati pagano però una quota inferiore). Una scuola itinerante con classi operative, una formazione alla quale hanno partecipato fino ad oggi circa 3.000 macellai. «Il professionista che entra nel circuito Planet sottoscrive uno statuto che, tra le varie voci, ha la seguente postilla: “Il presidente si impegna a creare eventi formati regolari almeno 3 volte all’anno”. Questi eventi formativi vanno dalle master class organizzate da me

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con docenti di altissimo livello alle attività di Alta Formazione in Macelleria, che esercito assieme ai miei 17 tutor, macellai specializzati su vari argomenti (Allevamento, Taglio, Frollatura, Ristomacelleria, Delivery…). I tutor provengono da 20 regioni: questa presenza sul territorio si è rivelata una mossa strategica e rappresenta al contempo un grande valore aggiunto per i corsisti, che possono confrontarsi con colleghi che hanno più o meno le stesse esigenze e/o problematiche. Inoltre, se vogliono verificare di persona l’efficacia del programma, possono andare a visitare le macellerie dei tutor senza fare molta strada, fare amicizia e crescere assieme. Infine, sia io attraverso una chat privata che i singoli tutor aiutiamo i corsisti nella fase di post-corso: è molto importante che le persone siano seguite nei mesi successivi e siano accompagnate al raggiungimento di risultati certi e concreti». Giovani sorvegliati speciali Passione Preparati Planet riserva un’attenzione speciale ai giovani. «Esiste un circuito interno esclusivo per loro: nuove leve Junior©» dice Francesca. «Noi vogliamo preservare l’arte del macellaio e quindi viene dato al cambio generazionale molto valore e tempo. Credo ad esempio che il macellaio moderno debba avere un grado di istruzione molto più alto di un tempo, come minimo un titolo di studio di scuola secondaria o, perché no, universitario: è il mercato a chiederlo. Inoltre, le nuove generazioni devono sperimentare anche fuori dalla famiglia, uscire dal nido, dalla sua ala protettiva: il mondo là fuori ha molto da insegnare. Come presidente di Preparati Planet incoraggio sempre i ragazzi del nostro circuito ad essere curiosi, a studiare, ad avere fame di imparare da tutti. Consiglio infatti scambi tra colleghi con stage della durata di alcune settimane o mesi, anche all’estero. Vedere come altre realtà organizzano il lavoro, come interagiscono i colleghi tra loro, come preparano il banco e espongono la propria offerta alla clientela, come risolvono certe dinamiche comples-

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se è fondamentale. Dopo aver fatto esperienza si rientra in azienda affiancando la famiglia con dei valori aggiunti: quanto è bello vedere genitori che lasciano spazio ai giovani, dando loro fiducia. Il confronto è il passaporto del successo, apre la mente e predispone alla creazione di qualcosa di nuovo. Vorrei vedere macellerie famigliari tradizionali che sperimentano nuovi format e ne consolidano altri in essere, ma per far questo ci vogliono collaborazione, dialogo, stima e gratitudine». Il futuro è virtuale e one-to-one A proposito di nuovi progetti, durante il lockdown Francesca ha pensato ad un nuovo format di formazione a distanza, un programma personalizzato che sarà riservato a 5 fortunati prescelti dopo una sele-

zione. «Sono lieta di annunciare che Alta Formazione in Macelleria osa con un servizio nuovo e unico nel settore formazione della carne» conclude Francesca. «Nei mesi scorsi di stop forzato ho allestito un’aula dedicata in cui fare formazione a distanza live. Chi ha un obiettivo specifico oggi può contattarmi: dopo un primo colloquio, concorderemo il percorso da fare insieme. Sarò affiancata da un mentoring, figura che si occuperà di elaborare una strategia commerciale di successo. Posso garantire che, attraverso questo format, si raggiunge al 100% il proprio obiettivo: 15 anni di esperienza sono la mia miglior testimonianza». Gaia Borghi >> Link: www.passionepreparati.it

Tu, Io e il Futuro in macelleria senza distrazioni Il nuovo corso ideato da Francesca Santin si svolge attraverso un insegnamento one-to-one: «Questo significa che i partecipanti mi avranno come formatore personale in un’aula virtuale e li accompagnerò nel percorso di crescita aiutandoli a valorizzare i loro punti di forza e a colmare le loro lacune» puntualizza Francesca. Questi gli elementi distintivi del corso: • Aula virtuale – «Ho creato in questi mesi un’aula dove poter comodamente fare formazione a distanza; ai partecipanti verranno inviate le dispense del programma step by step e la divisa Passione Preparati – Alta Formazione in Macelleria da indossare già per la prima lezione». • Flessibilità organizzativa – «Grazie al Metodo One-to-One è possibile scegliere quando fare lezione! Insieme poi decideremo come disporre le ore all’interno di un periodo massimo di 60 giorni». • Flessibilità didattica – «Tutti veniamo da un background formativo differente, per questo ho deciso di offrire il massimo in questo aspetto. Infatti, nelle prime fasi del percorso, verranno decisi insieme quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere e quali skill il partecipante ha bisogno di sviluppare». • Percorso più rapido – «Il vantaggio dei corsi individuali è quello di avere una formazione dedicata ed esclusiva; questo permette di non avere distrazioni esterne e completare il percorso in minor tempo». • Bonus mentoring – «Durante questo percorso esclusivo i partecipanti saranno affiancati anche da un consulente strategico commerciale che li accompagnerà verso i loro obiettivi tangibili e certi, grazie alle sue lezioni on-line e dal vivo con tutoraggio sistemico». • Attestato di Partecipazione – Al termine del percorso, i partecipanti riceveranno l’attestato di partecipazione con valutazione.

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Buona carne non mente Attraverso il suo progetto “Buona carne non mente”, Elisa Guizzo forma il personale di sala e cucina su carne, razze e tagli, organizzando degustazioni di carne bovina e selezionando alcune tra le migliori realtà zootecniche bovine in termini di allevamento, alimentazione e benessere animale di Federica Cornia

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ncontriamo ELISA GUIZZO che della sua passione per la carne ne ha fatto una vera professione, creando un progetto dal nome Buona carne non mente. Il suo lavoro? Formare il personale di sala e

cucina in materia di carne, razze e tagli, organizzando degustazioni di carne bovina e selezionando alcune tra le migliori realtà zootecniche bovine in termini di allevamento, alimentazione e benessere animale.

Elisa, qual è la tua formazione? «Ho una laurea in Scienze e Tecnologie alimentari conseguita all’Università di Padova nel 2011. A pochi mesi dalla laurea ho iniziato la mia avventura lavorativa presso

Penso che il livello di conoscenza nei ristoranti sia purtroppo molto basso, ci racconta Elisa Guizzo, artefice del progetto di formazione “Buona carne non mente”. È doveroso, ad esempio, far conoscere a chi consuma la carne la tipologia di allevamento, prosegue Elisa: questa è la vera educazione alimentare al consumo carnivoro. 86

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CERTIFICAZIONI GARANZIA DI QUALITÀ

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lavorato in una cantina vinicola, dove organizzavo le spedizioni internazionali. Il 29 marzo 2019 ho organizzato la mia prima degustazione di carne in cantina, abbinando per ogni tipologia di carne un vino, il risultato è stato soddisfacente. Da qui in poi è cominciata la mia avventura chiamata: Buona carne non mente». Come si è sviluppata la tua passione per il prodotto carne? «La passione è nata all’Università, frequentando il corso Qualità dei prodotti di origine animale tenuto dal professor GIULIO COZZI, ordinario dell’Università di Padova: il suo sapere e la sua arte nel comunicare mi hanno letteralmente contagiata. Devo a lui tutta la mia dedizione. La maggior parte del mio tempo libero è dedicato alle stalle e alle macellerie, convegni e fiere: ogni occasione è utile per formarsi». Elisa Guizzo, classificatrice di carcasse, meat specialist e formatrice in materia di carni nel settore della ristorazione, e giudice qualificato in analisi sensoriale della carne di De Gustibus Carnis, l’Istituto Italiano Assaggiatori di carne. la Colomberotto Carni come tecnico di laboratorio: analizzavo il sangue dei vitelli a carne bianca per monitorarne l’emoglobina, controllavo il colore della carne al macello e prelevavo le materie prime di alimentazione in stalla.

Colomberotto ha rappresentato una vera e propria scuola di vita oltre che avermi professionalmente arricchito. Nel 2015 ho ottenuto il patentino come classificatrice di carcasse. Negli anni successivi ho

Un esempio di evento formativo al ristorante Il percorso di degustazione di carne bovina sviluppato da Elisa Guizzo prevede la spiegazione di ogni portata: specifiche della razza, alimentazione, tipo allevamento, caratteristiche organolettiche della carne e della frollatura. Si assaggiano le diverse razze quali: Piemontese, Chianina, Marchigiana e Romagnola. Per ognuna di esse i commensali degustano la battuta al coltello, condita solo con dell’olio d’oliva e del sale e la tagliata, cotta al sangue portata a 52 °C al cuore. «Sono preparazioni semplici ma solo in questa maniera si può far percepire le informazioni della carne» precisa Elisa. Le dosi servite sono pari a 50 g di carne per ogni battuta (150 g in totale) e 80 g di carne per ogni tagliata (240 g in totale). • Elisa guizzo collabora abitualmente con Garronese Veneta (VR), Azienda Agricola Cerutti Laura Maria (CN) e con l’allevatore DARIO PERUCCA, Trinità (CN), la Macelleria i Binari del Gusto (TO), la Macelleria Fracassi (Rassina, Arezzo) e la Macelleria DM I piaceri della carne (Cecina, LI).

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Come reputi il livello di conoscenza della carne presso i ristoratori? «Penso che il livello di conoscenza nei ristoranti sia purtroppo molto basso: lo capisco quando apro il menù e vedo la scritta “manzo”, mentre in realtà dovrebbe essere indicato “bovino adulto” o “vitellone”. I camerieri spesso mostrano forti lacune e non sanno rispondere alle domande poste dai clienti: alcuni non sanno la differenza tra cuberoll e controfiletto, ad esempio, altri pensano che la sorana sia una razza! Ognuno è libero di inserire le razze che più preferisce in menù, a patto che chi sta in sala sappia spiegarle correttamente al commensale, senza annoiarlo, sia chiaro. È doveroso, pertanto, far conoscere a chi consuma la carne la tipologia di allevamento: se al brado, al semibrado o confinato in stalla, le materie prime che hanno nutrito i bovini, la tipologia di frollatura e le caratteristiche organolettiche che ne derivano. Questa è la vera educazione alimentare al consumo carnivoro. La maggior parte dei ristoranti sceglie la carne attraverso i cataloghi forniti da aziende distributrici e

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Prediligo lavorare con razze italiane autoctone e tagli di seconda e terza categoria, dice Elisa Guizzo. Nei miei percorsi degustativi si assaggiano Piemontese, Marchigiana, Romagnola e Chianina. Valorizzando queste razze metto in luce realtà zootecniche italiane ancora poco conosciute

spesso è difficile reperire le informazioni sopraccitate». Nella tua attività di formazione hai sposato anche tu la visione “Dal naso alla coda” o sei concentrata su determinati tagli? «Quando vado al ristorante chiedo “Con quali razze lavorate e che tagli utilizzate?” e, a queste domande, nella maggior parte dei casi mi sento rispondere: “Lavoriamo con razze francesi e solo con il filetto”. Penso che ci sia molto lavoro da fare: non discrimino le razze francesi né tanto meno il filetto, ma prediligo lavorare con razze italiane autoctone e tagli di seconda

e terza categoria. Nei miei percorsi degustativi si assaggiano Piemontese, Marchigiana, Romagnola e Chianina. Valorizzando queste razze autoctone metto in luce realtà zootecniche italiane ancora poco conosciute. Qualche esempio: la Vacca Marchigiana, il Bue Grasso di Carrù, il castrato Piemontese che non hanno nulla da invidiare ad un Angus scozzese o ad una Rubia Gallega. Per quanto riguarda i tagli, valorizzo quelli di seconda e terza categoria: il fesone di spalla lo propongo in battuta, così come il girello di coscia, e il diaframma in tagliata».

Qual è a parer tuo la carne più buona del mondo? «A parer mio la carne più buona al mondo è la Piemontese, unica razza in cui la tenerezza va a braccetto con la magrezza. Cito una frase del prof. ENRICO VERONESE: “La Piemontese è una carne rossa ma le carni rosse non sono la carne Piemontese”». Quali sono i tuoi programmi per il prossimo anno? «Continuare i percorsi di degustazione nei ristoranti, intensificare i corsi di formazione al personale di sala e cucina dei ristoranti e alle aziende distributrici di carne e, non ultimo, impartire lezioni teoriche ad appassionati per quanto riguarda la conoscenza della carne e sviluppare l’aspetto pratico dell’assaggio con la valutazione qualitativa sensoriale della carne». Federica Cornia >> Link: www.digustoingusto.it www.facebook.com/DiGustoInGustoElisaGuizzo

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Carne bovina: sostenibile e a tutela del territorio. Intervista ad Andrea Petrini, coordinatore del Consorzio del Vitellone Bianco Igp Il Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è stato tra i protagonisti di BuyFood Toscana, organizzato a Siena da Regione Toscana e Camera di Commercio di Firenze. Le razze Chianina, Marchigiana e Romagnola stanno ridando slancio alla produzione di carne bovina italiana che arriva dal cuore del nostro Paese. La zona di produzione è infatti un viaggio che attraversa l’Italia, visto che il disciplinare di produzione comprende infatti l’intero territorio di Umbria, Marche, Molise e Abruzzo e le province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini per l’Emilia-Romagna, le province di Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Pisa, Pistoia e Siena per la Toscana, le province di Frosinone, Rieti, Viterbo e parte delle province di Roma, Latina per il Lazio. Benevento, Avellino e parte della provincia di Caserta per la Campania. Una produzione di nicchia, ma di grande qualità e in continua crescita Nel 2019 i capi certificati sono stati 18.194 (9.344 di razza Chianina, 6.459 di Marchigiana e 2.391 di Romagnola) ovvero oltre l’85% dei capi delle razze Chianina, Marchigiana e Romagnola presenti in Italia. I numeri della filiera comprendono 3.177 allevatori, 79 mattatoi, 78 operatori commerciali, 117 laboratori di sezionamento e 1.076 macellerie. I soci del Consorzio sono oltre 1.820. E attenzione: al di là dei luoghi comuni, è una produzione sostenibile per l’ambiente e un presidio formidabile per il territorio, come spiega il coordinatore del Consorzio ANDREA PETRINI (in foto) a EFA News (photo © efanews.eu). • Ecco il link al video: youtu.be/5LG8qrgaX5Q

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COMUNICARE LA CARNE

Chiamare “carne” hamburger e salsicce prodotti di origine vegetale è circonvenzione di consumatore? di Giuseppe Pulina

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e è vero che l’abito non fa il monaco, è altrettanto vero che se incontro per strada qualcuno vestito da monaco penso che lo sia veramente. E sono portato a crederlo anche se sulla tonaca esibisce un cartellino

Si è persa l’occasione di promuovere la trasparenza verso i consumatori, in quanto le istanze di un’etichettatura che garantisca una corretta informazione, anche a vantaggio di prodotti di origine vegetale, è andata perduta

Hamburger con “carne” vegetale (photo © ilfattoalimentare.it).

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con su scritto in piccolo “bada che non sono un monaco”. Su questo banale principio di saggezza comune si è basata la battaglia che l’associazione europea degli allevatori ha portato in Parlamento europeo per la corretta etichettatura dei prodotti simil-carne a base vegetale. Il 23 ottobre scorso il supremo organo collegiale dell’Unione si è espresso con voto non vincolante sulla denominazione di carne e derivati (hamburger, salami, ecc…) di prodotti di origine vegetale. L’iniziativa è nata sulla scorta di una decisione della Corte di Giustizia europea che nel giugno 2017, con sentenza sulla causa C-422/16, aveva rilevato che “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latteo panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’, che il diritto dell’Unione (Reg. UE n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli) riserva ai prodotti di origine animale. Ciò vale anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione, salvo le eccezioni espressamente previste”. Gli emendamenti al Regolamento 1308/2013 (eur-lex.europa.eu/ LexUriServ/LexUriServ.do?uri= OJ:L:2013:347:0671:0854:it:PDF) sottoposti al vaglio del Consiglio erano tre: a) il 165, che prevedeva la prescrizione per cui i “nomi che rientrano nell’articolo 17 del Reg. (UE) n. 1169/2011 e che sono attualmente utilizzati per prodotti con basi e preparazioni di carne sono riservati esclusivamente a prodotti contenenti carne, in particolare nel caso delle denominazioni bistecca, salsiccia, cotoletta, hamburger e burger”; b) il 264, che recitava “i nomi così come i termini e denominazioni di vendita relativi a carni che vengono utilizzati per denotare carni, tagli di carne e prodotti a base di carne

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secondo articolo 17 del Reg. (UE) n. 1169/2011 sono riservati esclusivamente alle parti commestibili di animali e ai prodotti contenenti carne”; c) il 275, che proponeva la sostituzione integrale dell’art. 78 del Reg. 1308/2013, introducendo il dettato per cui “oltre agli standard di marketing applicabili, se del caso, le definizioni tagli e tagli di vendita di cui all’allegato VII si applicano a settori o prodotti di carne bovina, carni ovine, vino, latte e prodotti lattiero-caseari destinati al consumo umano, carne di pollame, uova, grassi da spalmare destinati al consumo umano, olio d’oliva e olive da tavola, carne di maiale, carne di capra, carne di cavallo, carne di coniglio”. Dopo due giorni di intensa discussione, i tre emendamenti sono stati respinti con le seguenti votazioni: 1. il 165 ⇒ 379 contro / 284 a favore; 2. il 264 ⇒ 399 contro / 243 a favore; 3. il 275 ⇒ 524 contro/110 a favore. Risultato, le cose restano come sono e i singoli Paesi dell’Unione possono adottare normative più restrittive in materia, come è già accaduto in Spagna e in Francia per le etichettature dei cosiddetti novel food a base vegetale, molti dei quali assumono direttamente la denominazione di carne (con diversi attributi, fra i quali il più frequente è veg) o indirettamente quella di prodotti trasformati derivati della carne. Contro questa (poco salomonica) soluzione si sono schierate le associazioni degli agricoltori, degli allevatori e dei trasformatori nazionali ed europee, le quali hanno sempre sostenuto che denominare un alimento in modo differente dalla sua reale origine è ingannevole verso il consumatore, il quale assume, di solito, un principio di equivalenza nutrizionale per prodotti che esibiscono la stessa denominazione. In Italia ASSOCARNI, per bocca del suo presidente SCORDAMAGLIA, ha definito il voto del 23 ottobre «Una non scelta che va innanzitutto

contro i consumatori. Ma attenzione, non è un via libera all’uso sconsiderato delle denominazioni, resta sempre possibile ottenerne il divieto a livello nazionale, bypassando la perdurante paralisi decisionale a cui l’Europa ci ha abituati. Un fatto resta, la trasparenza è stata sacrificata a beneficio dell’interesse di poche multinazionali. Così facendo stiamo suggerendo che un preparato vegetale abbia lo stesso valore culturale e nutrizionale di una bistecca, di un hamburger o di una salsiccia, le etichette raccontano un’altra verità». Il parere dello scrivente, reso ai media in qualità di presidente dell’associazione no-profit Carni Sostenibili, è che si è persa l’occasione di promuovere la trasparenza verso i consumatori, in quanto le istanze di una etichettatura che garantisca una corretta informazione, anche a vantaggio dei prodotti di origine vegetale quali il vino e l’olio di oliva, è andata perduta. Nello specifico, non ha trovato una tutela chiara il grande patrimonio culturale e il know-how di produzione che caratterizza l’intero settore delle carni. Nessun divieto a chi, per strizzare l’occhio a logiche di marketing, userà la parola “bistecca” per definire qualcosa che nella sua lista di ingredienti ha tutto (anche troppo) fuorché la carne. La partita comunque resta aperta, tutto torna nelle mani dei singoli Stati, e quindi dell’Italia che con decreti nazionali potrà continuare a portare avanti una battaglia che prima di tutto è a favore della scelta consapevole del consumatore. In conclusione, parafrasando un proverbio della mia città, Sassari, che recita “Lu mattessi è cieggu a un occiu” (lo stesso è cieco a un occhio), presentare ai cittadini un prodotto di origine vegetale con lo stesso nome di uno di origine animale (o viceversa) è come dire loro che sono la stessa cosa, ma non è (ovviamente) vero. Giuseppe Pulina Accademia dei Georgofili www.georgofili.info

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PROGETTARE LA CARNE

Alla scoperta dei tre brodi

Il Gran Bollito cremonese, oggi di Francesca Monti

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a tradizione è l’espressione della cultura e dei valori del territorio, del calore delle generazioni passate e future. Ricordi che si susseguono e racconti che si incrociano tessono le fila di una storia unica che identifica e unisce. A Cremona arte e gastronomia delineano la sagoma della città, ma senza staticità, senza un forte ancoraggio, la tradizione si muove nell’oggi come la musica della

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violinista LENA YOKOYAMA che dal Torrazzo si diffonde in tutta Italia. Il Gran Bollito cremonese è una delle più note pietanze locali, nasce nelle famiglie numerose di un tempo e ancora oggi è un piatto tipico preparato soprattutto nelle stagioni invernali e accompagnato dal gusto inconfondibile di un’altra eccellenza, la mostarda cremonese. Il bollito esalta tutte le sfumature della carne grazie ad un’attenzione

particolare alle differenti cotture. Nato per un numero ampio di commensali, oggi la tradizione si ripensa alla luce di una contemporaneità in costante cambiamento. Per continuare il loro percorso le ricchezze del passato devono imparare ad adattarsi a una nuova comunità. Chi è in grado di compiere questa trasformazione di linguaggio riesce a trasmettere tutti i valori intrinseci alla tradizione in una forma oggi

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In alto: il Gran Bollito da asporto della Macelleria Ruggeri di Cremona. Il suo titolare è Giancarlo Ruggeri, presidente del Gruppo Macellai Cremonesi di Ascom. È accessibile su Youtube una sua recente intervista in cui svela tutti i segreti di un bollito perfetto (photo © facebook.com/macelleria.ruggeri). A sinistra: la cattedrale di Cremona, la città del violino, tra Torrazzo e torrone, in cui arte e gastronomia trovano la massima espressione (photo © Karol Kozłowski – stock.adobe.com).

Come si prepara il Gran Bollito cremonese? In occasione del Festival della Mostarda di Cremona, il maestro macellaio Giancarlo Ruggeri ha raccontato i segreti del Gran Bollito cremonese, che dal 1946 la sua famiglia si tramanda con passione e competenza. “Si prepara una pentola colma d’acqua in modo copra tutti i tagli di carne. Ad acqua fredda si aggiungono le verdure: sedano, carote e cipolla. Si aggiungono sempre ad acqua fredda le carni miste con osso, del traversino e della punta di petto, perché intanto che l’acqua arriva al bollore emanano i loro succhi e insaporiscono il brodo. Ad ebollizione si aggiungono i tagli di carne magri, la pernice e il codone. A seguire il cappone o la gallina, il primo dedicato specialmente al periodo natalizio. A parte si consiglia invece di cuocere le frattaglie, la testina, la lingua e il salame da pentola, è consigliabile aggiungere qui anche la coda, per mantenere il brodo limpido. Il bollito cremonese va servito integro e caldo su un tagliere raccogli sugo e bagnato con del brodo bollente. Tradizione vuole che venga accompagnato dall’inconfondibile gusto senapato della mostarda, che con i suoi colori brillanti scalda il piatto e il palato” (© Pro Cremona). E se il bollito avanza? Una Savoiarda o un’Insalata del buongustaio e sono i piatti consigliati per il giorno dopo (in foto, il bollito accompagnato da mostarda di frutti di bosco; photo © TDayFood). >> Link: youtu.be/soMQQNsooBA

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Il Festival della Mostarda 6.0 La sesta edizione del Festival della Mostarda 6.0 è un’esperienza on-line e diffusa sul territorio. Organizzata dalla Camera di Commercio di Cremona con il patrocinio e la collaborazione della Strada del Gusto Cremonese, del Comune di Cremona, dell’Accademia Italiana della Cucina, del Touring Club di Territorio di Cremona e dell’Istituto “Luigi Einaudi” ha visto la partecipazione dei produttori, dei ristoratori ma anche degli esercizi locali che grazie all’allestimento di vetrine dedicate e iniziativa ad hoc hanno reso il festival coinvolgente e partecipativo. L’edizione di quest’anno conclusasi il 30 novembre continua nella sua forma digital, infatti sul sito del festival, sui canali social Instagram, Facebook e Youtube e sulle pagine Instagram delle food blogger che hanno sostenuto l’iniziativa, TDayFood e ideeperlapentola, si possono trovare informazioni, interviste esclusive, ricette e curiosità dedicate all’eccellenza cremonese (photo © Archivio CCIAA Cremona, Adverphoto di Pegorini). >> Link: www.festivaldellamostarda.it

comprensibile, attuabile e rievocativa. Il Gruppo Macellai Cremonesi ha colto il bisogno di un cambiamento, non sostanziale, ma nel modo di consumare il prodotto, che ascolta i bisogni di una nuova clientela. Le macellerie del gruppo si sono attrezzate affinché i clienti possano

trovare il bollito già pronto preparando i tagli cotti in singole buste sottovuoto. L’iniziativa ha due vantaggi evidenti che la rendono immediata e spendibile: il primo riguarda la riduzione della difficoltà della preparazione e la seconda la riduzione

Oggi si assiste ad un ritorno alla personalizzazione dell’offerta, attraverso la costruzione di esperienze d’acquisto uniche da parte dall’azienda, cucite intorno alle esigenze individuali di ciascun consumatore. Questo è il principio del B2I, Business To Individuals, che ragiona sulle persone a prescindere dal contesto in cui ci si trova

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dei tempi di cottura. Il terzo spunto che fa di questa proposta un’alternativa smart è il fatto che le persone a seconda dei propri gusti o di quelli dei loro ospiti possono comporre il proprio bollito. Questo è il principio del B2I, Business To Individuals, che ragiona sulle persone a prescindere dal contesto in cui ci si trova. Lo spiega FERNANDO G. ALBERTI, professore ordinario di Economia aziendale presso la LIUC, dove dirige l’Istituto di Imprenditorialità e Competitività. «Oggi si assiste ad un ritorno alla personalizzazione dell’offerta, attraverso la costruzione di esperienze d’acquisto uniche da parte dall’azienda, cucite intorno alle esigenze individuali di ciascun consumatore». Dall’analisi dell’Osservatorio sulla Competitività delle Imprese del Terziario si evince che li confine tra prodotto e servizio è sempre più sottile, i clienti ricercano nel prodotto un servizio personalizzato costruito in base alle proprie esigenze individuali. Se da un lato questa proposta si avvicina alle persone, dall’altro le rende allo stesso tempo più sensibili riguardo alle scelte di consumo: acquistando piccole porzioni è più semplice dosare le giuste quantità ed evitare gli sprechi. Un vantaggio del cliente ma, al tempo stesso, una filosofia intrinseca all’arte di macelleria, in cui lo scarto da sempre viene rigenerato e utilizzato in altre preparazioni. Il Gran Bollito cremonese in versione smart diventa anche pop, dall’idea della storica Macelleria Ruggeri di Cremona di proporlo d’asporto, servito caldo. Un vero e proprio street food capace di raggiungere un pubblico differente, giovani e turisti, per una pausa pranzo alternativa. Così la storia del Gran Bollito cremonese nata tra le case di famiglie numerose oggi continua nelle strade e nelle persone che insieme, assaporando la tradizione, diventano parte di una comunità che continua e continuerà a tramandare con maestria e creatività il bollito e i suoi valori. Francesca Monti Selezione e lavorazione carni www.monticarni.it

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RETAIL NEWS

La digital transformation è il presente non più il futuro del retail

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o confermano i dati NIELSEN presentati recentemente ad una platea di esperti del settore durante l’evento di ShopFully “Il digitale al servizio del Drive To Store: strategie e casi di successo”. Dall’intervista condotta da NIELSEN fra i CEO di Industria e Distribuzione emerge infatti che il 95% di loro intende investire con forza sulla trasformazione digitale. Inoltre, dai dati emerge anche chiaramente che la digital transformation non è solo né principalmente e-commerce: il vero motore di trasformazione del Largo Consumo è la digitalizzazione

delle promozioni, ovvero lo spostamento degli investimenti verso soluzioni di Drive-to-Store digitale, utilizzando lo smartphone per portare i consumatori, sempre più on-line, nei negozi. Le scelte dei CEO intervistati sono chiarissime nel cambiamento di rotta in questa direzione: il volantino digitale è individuato come investimento strategico primario dal 71% degli intervistati, mentre il 57% dichiara che ridurrà gli investimenti dedicati al volantino cartaceo. Un esempio su tutti: scrive Technoretail.it che “per innalzare il proprio livello di

digitalizzazione, Carrefour Italia ha siglato una partnership continuativa con ShopFully, tech company specializzata nel settore Drive-to-Store e che connette 30 milioni di utenti con 250.000 punti vendita nelle vicinanze. Nel dettaglio, il retailer si è prefissato l’obiettivo, per il periodo 2020-2021, di sfruttare il know-how acquisito nell’ambito dell’ottimizzazione del mix carta/digitale nella comunicazione delle proprie attività promozionali in modo da razionalizzare la distribuzione di volantini cartacei e, allo stesso tempo, sviluppare ulteriormente le campagne

Il 95% dei CEO di Industria e Distribuzione intende investire con forza sulla trasformazione digitale (photo © Monet – stock.adobe.com).

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digital. È tramite la pianificazione del volantino digitale su ShopFully, indirizzato ai responsabili degli acquisti grocery geolocalizzati in prossimità degli store Carrefour, in appena 2 mesi, che l’insegna GDO ha incrementato di 12 punti base la Share of Visits, cioè la percentuale relativa alle visite presso i suoi punti vendita rispetto alle visite nei negozi concorrenti. Carrefour Italia ha collaborato con ShopFully anche nel corso della campagna promozionale legata al “Back to School” per accrescere il flusso delle visite in store. Per rag-

giungere tale obiettivo, ShopFully, inizialmente, ha elaborato un’analisi della customer base, suddividendo il target in due cluster identificati, rispettivamente, come clienti abituali e come clienti potenziali del retailer. In seguito, ha progettato due campagne di Drive-to-Store geolocalizzate nelle aree dove sono presenti gli store Carrefour con l’offerta “Back to School” attiva, inviando apposite push notifications diversificate per i due target di clienti. I risultati si sono rivelati particolarmente significativi: infatti, la conversion rate del volantino (numero delle persone

entrate in un negozio Carrefour dopo essere state raggiunte dalla push notification) è raddoppiata, passando dal 13,6% (dato emerso dalle rilevazioni di ShopFully come valore medio del conversion rate media del volantino di Carrefour) al 26,5%. Oltre a ciò, la percentuale attinente ai nuovi visitatori (consumatori che non erano entrati nei negozi Carrefour nei precedenti 3 mesi) è aumentata del 19%. Infine, grazie alla pianificazione digitale continuativa, il numero di clienti fedeli all’insegna è cresciuto del +3%” (fonte: technoretail.it).

Sede operativa: Strada Provinciale 27 snc – 98026 Nizza di Sicilia (ME)


EVENTI

Il successo di Meat Academy a firma di chef Berton “Carne irlandese. Il Sapore dell’Eccellenza”: si riconferma il successo della Meat Academy di Bord Bia e METRO Italia, quest’anno per la prima volta in una veste digitale

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ORD BIA, ente governativo per

la promozione del food & beverage irlandese, e METRO Italia, specialista della distribuzione all’ingrosso con un orientamento

particolare alla ristorazione all’ospitalità, si sono uniti per celebrare e far conoscere la carne irlandese in Italia. Al loro fianco due ambasciatori d’eccellenza: lo chef ANDREA BERTON

e il critico gastronomico PAOLO MARCHI, portavoce delle straordinarie caratteristiche distintive della carne irlandese. Per l’occasione lo chef stellato ha presentato uno show

Si è tenuto il 19 ottobre l’esclusivo evento “Carne irlandese. Il Sapore dell’Eccellenza”, seconda edizione di Meat Academy, quest’anno per la prima volta in una veste totalmente innovativa: è stata infatti trasmessa al grande pubblico attraverso un canale streaming sul sito www.irishbeef.it/meatacademy/metro. Protagonista lo chef Andrea Berton con uno show cooking live e l’ideazione di due ricette a base di carne irlandese. In foto, lo chef insieme al critico gastronomico Paolo Marchi e a rappresentanti di Bord Bia e METRO Italia.

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cooking live svoltosi all’interno di METRO Academy di Milano e trasmesso in streaming, durante il quale ha creato due ricette perfette per valorizzare al meglio questo prodotto eccezionale: Controfiletto di manzo irlandese con patate fritte e sugo di peperoni rossi e Nocetta d’agnello irlandese con friggitello, ricotta e salsa alle erbe. «La carne irlandese mi ha davvero stupito, non solo per l’alta qualità del prodotto, ma anche per la sua storia fatta di allevatori che si tramandano il mestiere di generazione in generazione» ha commentato Berton. «L’alimentazione a base di erba seguita dalle mandrie si trasmette nei profumi unici che questa carne emana: è compito di chi la cucina valorizzare questa materia prima, trattandola con amore». «Fatti e non parole, questo è quanto mi aspettavo di registrare al termine della lunga giornata con lo chef Berton e le carni irlandesi di manzo e di agnello cucinate da Berton stesso. E non accade sempre, perché sovente c’è scollamento tra promesse e prodotti» ha aggiunto Marchi. «Non in questo caso. Il sapore dell’eccellenza è quanto assicurano gli esperti di BORD BIA e il sapore c’è, naturale, diretto, elegante anche con la carne di agnello». «Quest’anno la veste digitale della Meat Academy ci ha permesso di far avvicinare ancora di più la carne irlandese al grande pubblico, grazie anche alle numerose persone che hanno seguito il live streaming da ogni parte d’Italia» ha dichiarato FRANCESCA PERFETTO, BORD BIA ITALIA. «Eventi come questo, anche grazie all’intervento di professionisti di eccellenza come lo chef stellato Andrea Berton e il critico gastronomico Paolo Marchi, si confermano un ottimo mezzo per diffondere una “cultura della carne irlandese” non solo tra gli addetti al settore, ma anche tra i consumatori, che al giorno d’oggi sono sempre più consapevoli, informati e interessati alle caratteristiche dei prodotti che scelgono di consumare».

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Controfiletto di manzo con patate fritte e sugo di peperoni rossi. L’Irlanda è da sempre rinomata per l’allevamento di bovini: la sua conformazione geografica, il clima mite, il terreno fertile e le abbondanti piogge offrono infatti le condizioni ideali per pascoli verdeggianti; queste caratteristiche sono accompagnate da una passione per l’allevamento radicata nel tem-

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro.

po e tramandata di generazione in generazione. Il principale punto di forza di questo prodotto premium è quello di essere garantito dal Grass Fed Standard: il primo standard al mondo su scala nazionale che consente di tracciare e verificare la percentuale di erba consumata

>> Link: www.bordbia.ie

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Nocetta d’agnello con friggitello, ricotta e salsa alle erbe. nella dieta delle mandrie di bovini irlandesi. Questo protocollo stabilisce le regole sul nutrimento a base di erba che devono essere rispettate dalle singole aziende agricole in modo che i prodotti possano essere classificati come Grass Fed: affinché questo avvenga, l’erba deve costituire almeno il 90% dell’alimentazione

dei bovini. L’alimentazione a base di erba conferisce alla carne il tipico sapore intenso del manzo irlandese, che si contraddistingue anche grazie al caratteristico “golden fat”, il succulento grasso dorato che ricopre e penetra all’interno di una polpa color rosso borgogna. Infine, la marezzatura ottimale, ossia la

METRO Cash and Carry, con uno staff di circa 4.100 dipendenti, è uno specialista internazionale leader nel commercio all’ingrosso e nel settore alimentare, presente in Italia con 49 punti vendita all’ingrosso in 16 regioni, di cui oltre l’80% strutturati anche per gestire la consegna ai clienti professionali. La rete distributiva si completa con un deposito nell’area di Milano dedicato al canale Food Service Distribution. L’azienda vanta circa 1.500.000 clienti professionali, con un focus specifico sui professionisti della ristorazione e dell’ospitalità (HO.RE.CA.), e 30.000 prodotti in assortimento. METRO Italia offre ai propri clienti la possibilità di scegliere in modo integrato tra diverse modalità di approvvigionamento in funzione delle specifiche esigenze: dalla consegna (Food Service Distribution – FSD) al Cash and Carry. Nell’anno fiscale 2018/2019 METRO Italia ha generato vendite pari a 1,73 miliardi di euro. >> Link: www.metro.it

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distribuzione uniforme del grasso intermuscolare, rende questa carne davvero gustosa. I benefici della carne bovina irlandese vanno ben oltre la consistenza tenera e il gusto ricco: numerose ricerche internazionali mostrano che i bovini che si nutrono di erba hanno una maggiore concentrazione di vitamine, minerali, acidi grassi, Omega-3 e betacarotene — un precursore di vitamina A che aiuta a mantenere alto il sistema immunitario e la vista — e una concentrazione minore di grassi saturi rispetto ai bovini allevati in stalla. Il primo evento digitale della Meat Academy, insomma, è stato un successo, con un pubblico di oltre 4.000 utenti che hanno visitato la piattaforma digitale; un ulteriore passo in avanti per avvicinare sempre più le persone alla carne irlandese, un vero prodotto d’eccellenza. Nota Il breve video dell’evento è disponibile sul canale YouTube di Bord Bia.

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FISH THE MEAT

mondel.it


INDAGINI

La Commissione pubblica uno studio sulla sostenibilità del settore

Il futuro della zootecnia in Europa

L

o sviluppo del settore zootecnico dell’Unione Europea ha conseguenze ambientali, economiche e sociali di vasta portata. Per aumentarne la sostenibilità è necessario considerare tutti e tre gli ambiti all’interno dei quali è fondamentale un approccio sistemico. L’impatto ambientale della zootecnia è significativo sia in senso negativo, per esempio in termini di emissioni di gas a effetto serra (GHG), che positivo, per quanto riguarda ad esempio il mantenimento dei terreni, con un vantaggio per

la biodiversità. E sebbene sia stato fatto molto per ridurre gli aspetti negativi, oggi si può e si deve fare molto di più. Sono questi i principali risultati dello “Studio sul futuro della zootecnia dell’UE: come contribuire a un settore agricolo sostenibile?”1, pubblicato nel mese di ottobre e redatto da due esperti indipendenti (dott. JEAN-LOUIS PEYRAUD, INRAE, e dott. MICHAEL MACLEOD, SRUC). Lo studio è stato richiesto dalla Commissione per contribuire al dibattito sulla sostenibilità del settore zootecnico.

Importanza economica e sociale In tutta l’UE, il comparto dell’allevamento svolge un ruolo economico e sociale significativo. Ad esempio, nel 2017, il valore della produzione animale e dei prodotti animali nell’UE-28 era pari a 170 miliardi di euro, corrispondenti al 40% dell’attività agricola totale. Inoltre, gli allevamenti europei danno lavoro a circa 4 milioni di persone, con una media di 1-2 lavoratori per allevamento. In termini di consumo, le proteine di origine animale coprono oltre il 50% del contenuto

In tutta l’UE il settore dell’allevamento svolge un ruolo economico e sociale significativo. Ad esempio, nel 2017, il valore delle produzioni animali e dei prodotti di origine animale nell’UE-28 era pari a 170 miliardi di euro, corrispondenti al 40% dell’attività agricola totale. Inoltre, gli allevamenti europei danno lavoro a circa 4 milioni di persone (photo © Brina Blum x unsplash).

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Emissioni di metano: bestiame, parte della soluzione climatica Tutti contro il bovino, tutti contro il metano da lui emesso. Ma è davvero il colpevole quando si parla di cambiamento climatico? No, anzi. In pochi sembrano considerare che, seppur una molecola di metano sia 28 volte più ad effetto serra di una molecola di CO2 emessa dalla combustione di petrolio e carbone, resta in atmosfera una decina d’anni, mentre l’anidride carbonica ci sta per un millennio, considerare tutto in termini di CO2 equivalente non ha senso, anche solo per questo. Ma soprattutto, quasi nessuno, almeno in ambito “green”, sembra accettare il fatto che il bestiame non è il problema, ma al contrario potrebbe e dovrebbe essere parte della soluzione climatica. Certo, per farlo bisogna lasciare da parte l’ideologia (o gli interessi di parte) e badare finalmente alla scienza. Una volta fatto ciò, si possono scoprire dati anche sorprendenti. Il metano ha un potente effetto climalterante, ma una volta trovati modi che evitino di emetterne di più in atmosfera, sia esso proveniente dai bovini, ma anche da paludi, risaie o dall’estrazione di combustibili fossili (l’unico campo quest’ultimo in cui sono sempre stati sottostimati, come sottolineato dal professor Giuseppe Pulina, a differenza di quello zootecnico, in cui già molto si è fatto riducendo il metano dei bovini con additivi per mangimi o digestori), grazie alla zootecnia si può ottenere una drastica riduzione del riscaldamento globale. L’importante è iniziare a valutare e misurare le fonti del global warming nel modo corretto. «Se la vostra domanda è: possiamo ridurre il riscaldamento? La risposta è sì, ma abbiamo misurato il contributo del metano in modo errato», spiega il professor FRANK MITLOEHNER, docente e specialista in qualità dell’aria presso il dipartimento di Scienze Animali della UC Davis. «Se vogliamo sapere qual è l’impatto di una riduzione del metano sul riscaldamento, l’equivalenza con l’unità di CO2 è totalmente sbagliata». Se come abbiamo detto è vero che una molecola di metano è equivalente a 28 molecole di anidride carbonica nell’arco di cento anni, dobbiamo ribadire il fatto che il metano non resta in atmosfera per cento anni. È un gas climalterante di breve durata, che come accennato sopra rimane nella nostra atmosfera per circa 10 anni prima che venga distrutto, il che significa che non provoca riscaldamento per centinaia di anni. L’anidride carbonica invece rimane nella nostra atmosfera per 1.000 anni, accumulandosi e continuando a riscaldare per molto tempo dopo essere stata emessa. Anche il metano proveniente dai bovini fa parte del ciclo biogenico del carbonio: con la fotosintesi — viene spiegato nel video — le piante catturano l’anidride carbonica dall’atmosfera, assorbendo il carbonio e rilasciando ossigeno; quel carbonio viene convertito in carboidrati nella pianta, che viene quindi consumato da un bovino per poi essere digerito e rilasciato dall’animale come metano. Dopo 10 anni nell’atmosfera, il metano viene scomposto e riconvertito in anidride carbonica. Queste molecole sono le stesse molecole di carbonio che si trovavano nella pianta mangiata dall’animale: il carbonio che è stato sottratto dall’atmosfera dalla pianta e ora è tornato nell’atmosfera. Si tratta insomma di carbonio “riciclato”. «Il carbonio biogenico è diverso perché attraversa un ciclo. È molto diverso dal carbonio fossile, che percorre una via a senso unico, dal basso in alto nell’aria», sottolinea il professor Mitloehner. «Se manteniamo costante il numero di animali allevati la quantità di metano prodotta dal bestiame e quella di metano distrutta si bilanciano a vicenda. Ciò significa che non si aggiunge carbonio nell’atmosfera e quindi nessun riscaldamento aggiuntivo». Il metano proveniente dai bovini è considerato un gas di flusso perché, quando viene emesso, viene distrutto. Al contrario, l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili è un gas di riserva, il che significa che si accumula nell’atmosfera. In pratica, l’anidride carbonica emessa oggi si va ad aggiungere all’anidride carbonica emessa ieri, che è stata aggiunta all’anidride carbonica del giorno prima, e così via: sì, l’anidride carbonica che avete emesso magari vent’anni fa viaggiando in auto o in aereo è ancora lì in atmosfera, e ci rimarrà per altri secoli. Il metano emesso dalla digestione dei bovini invece no. Quello della CO2 generata dai combustibili fossili, quindi, non fa parte di un ciclo, ma è una fonte di riscaldamento a senso unico. Insomma, grazie alla zootecnia si potrebbe ottenere un raffreddamento globale a breve termine: fondamentale se si vuole tenere il riscaldamento globale al di sotto dei 1,5 gradi centigradi. «Ciò che mi entusiasma di più è che se riduciamo il metano proveniente dal bestiame sottraiamo attivamente il carbonio dall’atmosfera, quasi come se dovessimo immagazzinare CO2 atmosferica nel terreno», spiega Mitloehner. «Se si riduce il metano prodotto dai bovini, si sottrae il carbonio dall’atmosfera e questo induce il raffreddamento globale». Andrea Bertaglio Carni Sostenibili >> Link: www.carnisostenibili.it

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proteico totale delle diete europee. Nel 2020 ogni europeo dovrebbe consumare 69,5 kg di carne e 236 litri di latte. Negli ultimi anni, il consumo di carne e latticini nell’UE è iniziato a diminuire e il consumo di carne dovrebbe diminuire ulteriormente entro il 2030. Si nota anche uno spostamento nel paniere dei prodotti acquistati dai consumatori medi, con una riduzione del consumo di carne bovina e una sostituzione della carne suina con la carne avicola. Sfide ambientali Lo studio descrive il significativo impatto ambientale del settore zootecnico sia in termini positivi che negativi. Nel 2017, il settore agricolo dell’UE-28 ha prodotto il 10% delle emissioni totali di gas serra dell’area, che è inferiore a quello dell’industria (38%) o dei trasporti (21%). Una volta incluse le emissioni relative alla produzione, al trasporto e alla lavorazione dei mangimi, il settore zootecnico è responsabile dell’81-86% delle emissioni totali di GHG agricole. Inoltre, l’allevamento del bestiame contribuisce alla presenza di azoto in eccesso negli ambienti acquatici europei pur essendo anche il principale emettitore di ammoniaca, portando a notevoli danni ambientali, come l’eutrofizzazione. Il settore dell’allevamento contribuisce alle emissioni di gas serra dell’UE attraverso i suoi effetti sugli stock di carbonio nel suolo. Ad esempio, la conversione della terra arabile in praterie o foreste porta ad un maggiore stoccaggio del carbonio, mentre la conversione delle foreste e delle praterie in terre coltivabili ha l’effetto opposto, sviluppando emissioni di carbonio. Il bestiame gioca un ruolo chiave nell’uso del suolo, che può essere positivo o negativo a livello locale e globale, ad esempio il cambiamento dell’uso del suolo mobilitato per l’alimentazione degli animali e la gestione del letame. Il bestiame, in particolare i ruminanti, può avere un impatto positivo sulla biodiversità e sul carbonio del

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Il clima, la salute e il benessere degli animali dovrebbero essere posti al centro dell’innovazione per i sistemi di allevamento di domani (photo © Jose Llamas x unsplash). suolo attraverso il mantenimento di prati permanenti e siepi e l’uso ottimizzato del letame. Questi effetti positivi dipendono fortemente dal tipo di allevamento e dalle condizioni locali in cui si trovano. Lo studio conclude che non è possibile considerare il bestiame nel suo insieme. Aumentare la sostenibilità nel settore zootecnico Lo studio invita il lettore ad evitare un’eccessiva semplificazione del dibattito sul settore dell’allevamento e sul suo impatto. Esso evidenzia l’efficienza della produzione zootecnica dell’UE.

Se la produzione viene ridotta nell’UE, qualora la domanda globale di carne sia sostenuta o aumentata, il rischio che ne deriva è che la produzione e gli impatti associati vengano spostati dall’UE ad altre parti del mondo. Inoltre, la semplice riduzione della produzione di bestiame dell’UE potrebbe non portare a filiere agroalimentari più sostenibili. Lo studio sottolinea l’importanza di tenere conto dei diversi sistemi di produzione, che hanno prestazioni ambientali positive e negative diverse. Infine, gli esperti affermano che nella transizione verso sistemi

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alimentari più sostenibili, l’importanza economica e socio-culturale del settore non può essere ignorata. L’allevamento del bestiame è più della semplice produzione alimentare. Il settore zootecnico può svolgere un ruolo chiave in questa transizione, secondo lo studio. Lo studio suggerisce che i sistemi di allevamento dovrebbero evolversi per fornire una gamma di beni e servizi, piuttosto che essere guidati esclusivamente dall’obiettivo della produzione. Il clima, la salute e il benessere degli animali dovrebbero essere posti al centro dell’innovazione per i sistemi di allevamento di domani. L’innovazione sarà fondamentale per ridurre gli impatti negativi del settore, compreso l’uso di approcci agroecologici, tecnologia e maggiore circolarità. L’efficienza produttiva dovrebbe essere aumentata, implementando nel contempo un mix di nuove tecnologie e pratiche agroecologiche. Ad esempio, gli approcci agroecologici che integrano più strettamente colture e bestiame e massimizzano la capacità del bestiame di utilizzare biomasse non commestibili per l’alimentazione umana possono fornire un margine per ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici mantenendo la produttività e garantendo la conservazione delle risorse naturali. Infine, lo studio sottolinea anche l’importanza della governance per garantire la continuità delle aziende agricole ed evitare di mettere a rischio l’occupazione durante la transizione verso sistemi di allevamento sostenibili. La migrazione verso tali sistemi dovrà essere incoraggiata dalle politiche pubbliche e ricompensata dalla visibilità e dai ritorni economici. Il ruolo della PAC e della strategia Farm to Fork Presentata a maggio 2020 dalla Commissione europea e parte del Green Deal, la strategia Farm to Fork mira a rendere i nostri sistemi alimentari sostenibili. Questa transizione salvaguarderà la sicurezza

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alimentare, garantirà l’accesso a diete sane, ridurrà l’impronta ambientale e climatica dei sistemi alimentari dell’UE, garantendo al contempo il sostentamento di tutti gli operatori della filiera alimentare. Per raggiungere questo obiettivo finale, la strategia prevede passaggi concreti per il 2030, ovvero arrivare ad un 25% di superficie dei terreni agricoli in agricoltura biologica, ridurre del 50% l’uso e il rischio di pesticidi, una riduzione di almeno il 20% dell’uso di fertilizzanti e ridurre vendite di antimicrobici utilizzati per animali da allevamento e acquacoltura del 50%. La Politica Agricola Comune (PAC) sarà uno strumento chiave in questa transizione. Nella futura PAC, ogni Stato Membro dovrà elaborare un piano strategico relativo. Gli Stati Membri spiegheranno nei loro piani come useranno gli strumenti della PAC per contribuire al raggiungimento degli obiettivi della strategia “Dal produttore al consumatore”, sulla base delle loro condizioni e necessità locali. Inoltre, la futura PAC offre strumenti per promuovere ulteriormente pratiche agricole sostenibili. Questi strumenti includono i regimi ecologici, disponibili nel quadro dei pagamenti diretti, e gli impegni di gestione ambientale e climatica, disponibili nel quadro dello sviluppo rurale. Entrambi mirano a premiare gli agricoltori per andare oltre nell’attuazione di pratiche agricole sostenibili, come l’uso dell’agricoltura di precisione, approcci agroecologici e agricoltura biologica. Fonte: Commissione europea Agriculture and Rural Development Nota 1. JEAN-LOUIS PEYRAUD (INRAE), M ICHAEL M AC L EOD (SRUC), Future of EU livestock: how to contribute to a sustainable agricultural sector, ec.europa.eu/info/foodfarming-fisheries/key-policies/ common-agricultural-policy/ cmef/farmers-and-farming/ future-eu-livestock-how-contribute-sustainable-agriculturalsector_it

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MERCATI

Welsh lamb, unico, versatile, buono, sostenibile, di stagione

Agnello gallese Igp per il Natale 2020

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no dei must delle tavole di Natale è senza dubbio l’agnello, una carne tenera e saporita che in Italia viene preparata, da Nord a Sud, a seconda della tradizione regionale. C’è chi lo cucina arrosto, chi lo accompagna ai carciofi, chi preferisce il cosciotto, chi invece non sa rinunciare alle costolette: la cosa importante, però, è che la carne sia di qualità e garantita. Una valida offerta arriva dal Galles, la verde regione della Gran Bretagna dove oltre l’80% delle terre è destinato all’agricoltura e all’allevamento: da qui proviene una carne ovina IGP tenera e gustosa, il risultato dell’ambiente sano e pulito in cui gli animali crescono e di tecniche di allevamento tramandate di generazione in generazione, che costituiscono un vero e proprio patrimonio locale. Coi suoi 11 milioni di ovini, infatti, questa regione rappresenta uno dei principali produttori di carne ovina d’Europa: per questo motivo l’agnello è tradizionalmente associato alla cucina e alla cultura gallese. L’unicità dell’Agnello gallese Ciò che rende il Welsh lamb unico è sicuramente il suo gusto: il sapore è naturale, dolce, per nulla forte, esito di un’alimentazione composta prevalentemente da erba verde alternata ad erica e altre erbe autoctone profumate. La sua qualità deriva anche dal fatto che l’animale viene cresciuto ed allevato solo con l’obiettivo di produrre carne di alto livello e non è sfruttato per ottenere altri prodotti. L’esclusività proviene anche dallo sviluppo muscolare ben definito dell’animale che conferisce alla carne quella tenerezza e quel sapore tanto apprezzati. L’Agnello

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Coscia di Agnello gallese Igp farcita con salsiccia, pistacchio, rosmarino e albicocche con salsa alle albicocche (photo © Steve Lee). gallese è inoltre garantito IGP, l’Indicazione Geografica Protetta che assicura la provenienza da aziende agricole garantite e macelli controllati. La stagione dell’Agnello gallese “Ogni cosa alla sua stagione”, recita il proverbio, più che mai azzeccato

quando si parla di cibo. Oggi siamo tutti consapevoli dell’importanza di scegliere ingredienti di qualità e, possibilmente, di stagione, poiché il periodo in cui la natura regala i suoi frutti è lo stesso in cui queste specialità esprimono le loro migliori qualità (e hanno un minor impatto

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sul portafoglio!). Non solo i prodotti agricoli hanno una loro stagione — frutta e verdura, ad esempio — ma anche quelli di origine animale sono legati al ciclo della natura: è il caso dell’Agnello gallese, la cui stagione inizia alla fine dell’estate e si prolunga fino alla fine dell’anno. È in questi mesi infatti che il Welsh lamb dà il meglio di sé in termini di gusto, tenerezza e succulenza. Spesso associamo la carne ovina alla primavera (Pasqua, per precisione), ma per raggiungere quella tenerezza e quel sapore così apprezzati il Welsh lamb deve trascorrere alcuni mesi fra i pascoli e le verdi colline gallesi. I pascoli estensivi, l’aria pulita, l’erba e l’erica profumata di cui questi animali si cibano rendono la carne eccezionalmente gustosa, delicata e per nulla caratterizzata dal tipico sapore selvatico. La versatilità dell’Agnello gallese Un’altra peculiarità di questa carne tanto apprezzata è sicuramente la sua versatilità e la varietà dei suoi tagli che possono essere preparati e adattati secondo stagioni e gusti. L’Agnello gallese IGP in Italia si trova sia nei menu di molti ristoranti, sia nei banchi di carne fresca delle principali catene della GDO. È disponibile in piccoli tagli sottovuoto. Il giusto rapporto fra qualità e prezzo, infine, è un’altra caratteristica per cui viene scelto sempre più dal consumatore italiano, che può acquistare, attraverso questo prodotto, una carne sicura e garantita in tutta la filiera. Carne buona e sostenibile. Non da ultimo, scegliendo l’Agnello gallese IGP il consumatore ha la

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Spalla di Agnello gallese Igp ripiena di pomodori, olive, aglio e rosmarino e contorno di patate arrostite. La carne d’agnello è perfetta per il cenone della Vigilia o per il pranzo di Natale. I suoi tagli più classici come il carré, il cosciotto o la spalla sono di grande effetto e di ottima resa (photo © Steve Lee). certezza di acquistare una carne sostenibile per natura. L’allevamento in Galles rappresenta uno dei modi più sostenibili al mondo per produrre carne di qualità. Per secoli, gli allevatori gallesi hanno svolto un ruolo fondamentale nella creazione e nel mantenimento dei paesaggi rurali che noi oggi conosciamo e amiamo. La gestione sostenibile e responsabile effettuata da questi uomini è riuscita a creare un ambiente diversificato, mantenendolo ricco di fauna selvatica e particolarmente adatto per l’allevamento di bovini e ovini. A differenza di altre parti del mondo in Galles gli allevamenti sono tutti estensivi; qui ovini e bovini sono allevati su pascoli verdi e rigogliosi grazie alle piogge abbondanti. I terreni, inoltre, catturano il carbonio dall’atmosfera.

Pertanto, grazie al lavoro di gestione e di mantenimento dei pascoli, gli allevatori contribuiscono in modo positivo a mitigare i cambiamenti climatici. Infine, l’agricoltura gallese utilizza solo l’1,5% delle risorse idriche di altri sistemi in tutto il mondo. I dati globali indicano fino a 15.000 litri di acqua per produrre 1 kg di carne di manzo: in Galles se ne usano solo 220 perché circa l’80% dell’acqua è piovana.

>> Link: www.agnellogallese.it

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Covid-19 e peste suina africana cambiano gli scenari dei mercati di Roberto Villa

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ue fattori principali stanno influenzando gli equilibri dello scambio commerciale nel settore delle carni: 1. il primo, e più impattante, è sicuramente l’epidemia di Covid-19, la quale, lungi dal mostrare

un termine, ha modificato le scelte dei consumatori finali per quanto riguarda sia le occasioni di consumo — banditi per lungo tempo in molte aree del pianeta ristoranti, mense, cibo di strada — sia le quantità e le

tipologie di carni acquistate: la caduta del reddito in vaste aree di popolazione ha determinato, alternativamente o talora contemporaneamente, la riduzione dei consumi di carne complessivi, il passaggio da carni più pre-

Le autorità cinesi stanno reagendo alle massicce importazioni attraverso la pianificazione di un tasso di autoapprovvigionamento del 95% per il suino e dell’85% per bovino ed ovino; per le carni avicole già nel 2020 è previsto un aumento della produzione del 20% (photo © ronniechua).

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giate a carni più a buon mercato (tipicamente dal bovino al suino o al pollo), la sostituzione con altre proteine più economiche (animali o vegetali), con alcune imprevedibili eccezioni, come ad esempio l’incremento del consumo domestico di carne bovina in Cina a causa della penuria della sin qui favorita carne suina; 2. il secondo fattore è la comparsa a settembre della peste suina africana (ASF) su cinghiali selvatici in un distretto della Germania confinante con la Polonia, evento che ha immediatamente scatenato il blocco delle importazioni da parte di Cina, Giappone, Corea del Sud, Filippine ed altri paesi. Se si considera che la Germania rappresenta il 9% circa dello scambio globale di carni suine, senza conteggiare le vendite intracomunitarie dell’Unione Europea, si capisce come altri Paesi esportatori stiano cercando di trarne profitto coprendone le quote, soprattutto quelle 50.000 tonnellate mensili che la Germania esportava regolarmente in Cina e che risultavano già raddoppiate rispetto all’anno precedente, per una fetta dell’import cinese pari al 14%. Come si muovono i mercati: USA, Brasile, Cina La United States Meat Export Federation (USMEF)1 pronostica nel medio periodo condizioni favorevoli per gli esportatori di carne suina statunitensi, particolarmente sul mercato cinese, poiché le più rigide specifiche qualitative di Giappone e Corea del Sud determinano un ostacolo all’ingresso per alcuni operatori commerciali. Nel periodo gennaio-luglio 2020 le esportazioni di carni suine sono state in media di 240.000 tonnellate al mese, con valori tra 250.000 e 300.000 tonnellate nei primi quattro mesi dell’anno, per poi scendere tra le 200.000 e le 250.000 tonnellate nei tre mesi seguenti, in netto aumento rispetto alla media di

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200.000 tonnellate registrata negli stessi primi sette mesi del 2019. Le esportazioni sono aumentate sia verso la Repubblica Popolare Cinese sia verso Messico, Filippine e Vietnam. Sempre nel periodo gennaioluglio 2020 le carni bovine hanno visto esportazioni per 100.000 tonnellate al mese in media — tuttavia, con andamento altalenante: gennaio, febbraio, marzo e luglio sopra le 100.000 tonnellate, aprile è stato in linea con la media del periodo, maggio e giugno attestati sulle 80.000 tonnellate — in calo rispetto al valore medio mensile di 110.000 tonnellate del corrispondente periodo 2019. Le spedizioni oltre i confini federali hanno interessato in particolare Giappone, con 183.420 tonnellate (–3% in volume, –2% in valore sul 2019, ma gli USA passano dal 41% al 43% della quota di mercato consolidando la propria posizione), Corea del Sud con 141.113 tonnellate (–7% in volume ma con la quota di mercato oltre il 51% dal 49% dei primi sette mesi 2019, a spese dell’Australia), seguite da Messico, con 100.230 tonnellate (–26% in volume), Canada, con 64.677 tonnellate (in aumento del 13% in volume) e a distanza da Taiwan, Hong Kong, Cina: in quest’ultimo Paese nel mese di luglio 2020 hanno toccato il livello record di 2.350 tonnellate equivalenti al +160% sullo stesso mese dell’anno passato, a segnare l’apertura di un mercato sinora poco ricettivo per questa tipologia di carni. Allo stesso modo, anche la Associação Brasileira de Proteína Animal (ABPA)2 prevede di incrementare ulteriormente le proprie quote di esportazione di carni suine in vari paesi asiatici; le esportazioni del colosso sudamericano a livello mondiale sono aumentate approssimativamente del 30% nel quadriennio 2016-2019 rispetto al quadriennio precedente, passando da una media di 540.000 a 700.000 tonnellate annue, sebbene il valore complessivo abbia sempre oscillato intorno agli 1,5 miliardi di dollari

USA all’anno: si tratta (dati 2019) per oltre l’85% di tagli, freschi e congelati, per il 10% circa di frattaglie, mentre quote minoritarie sono ascrivibili a carni trasformate (1,5%), insaccati (1,4%), carcasse (0,8%) e ad altre categorie (grassi, budella, carni salate, cotenne). La ABPA si attende buone prestazioni anche dall’export delle carni avicole, destinate a lasciare i confini patrii per circa un terzo (4,2 milioni) della produzione nazionale (13 milioni di tonnellate), per un controvalore di circa 7 miliardi di dollari USA all’anno, senza variazioni significative nell’ultimo quadriennio rispetto al precedente (+5% in volume). La Cina è dunque il mercato in maggiore evoluzione, con l’importazione del 74% in più di carni suine nei primi sette mesi del 2020 rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, per un totale di 5,75 milioni di tonnellate di carni e prodotti a base di carne suina (+2,45 milioni sullo stesso periodo del 2019), con un luglio da record: 1 milione di tonnellate per un controvalore di 2,9 miliardi di dollari USA. Anche sul mercato della carne bovina la Repubblica Popolare Cinese ha aumentato le importazioni di oltre il 40% nei primi sette mesi del 2020 per un volume complessivo di 1,2 milioni di tonnellate, a trarne beneficio in particolar modo sono sia gli Stati Uniti d’America — con sei nuovi esportatori autorizzati alla fine di agosto alla vendita sul suolo cinese — sia l’Uruguay, con tre grandi società che sono state riammesse all’esportazione verso il grande paese asiatico. Le autorità cinesi stanno tuttavia reagendo alle massicce importazioni attraverso la pianificazione di un tasso di autoapprovvigionamento del 95% per il suino e dell’85% per bovino ed ovino; per le carni avicole già nel 2020 è previsto un aumento della produzione del 20%. Roberto Villa Note 1. www.usmef.org 2. abpa-br.org

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MACELLERIE D’ITALIA

Canton: gli ambasciatori della Fassona di Massimiliano Rella

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lla Macelleria Canton di Nizza Monferrato (AT), la carne di razza Fassona piemontese non poteva trovare migliori ambasciatori. GIAN LUCA CANTON e la moglie MARINA, macellai con esperienza ultraventennale, le hanno dedicato un banco intero del loro moderno locale — con laboratorio di trasformazione — nel centro del paese. Siamo nel cuore del Monferrato, nel sud del Piemonte, in una terra di

grandi vini rossi, a partire dal Nizza DOCG. Ma, oltre al nettare di Bacco, qui c’è un’altra specialità di un territorio da tutti riconosciuto come mecca dei buongustai: appunto, la carne di Fassona. La famiglia Canton ha aperto la sua attività nel ‘96: due anni fa, però, ha spostato la macelleria in via Pio Corsi, creando uno spazio molto diverso dal consueto, un negozio gourmet con un look di design moderno e minimalista,

doppio bancone, uno per le carni, l’altro per i formaggi e altre specialità piemontesi e liguri. Complessivamente 150 m2 di macelleria e laboratorio seminterrato con cucina per la preparazione di piatti con carne e verdure da asporto, anche ravioli, roastbeef, vitello tonnato, ecc… Ma, al di là del concept architettonico, la cosa più interessante è che i Canton sono veri promotori della Fassona piemontese, l’unica

Gian Luca Canton e la moglie Marina nella loro macelleria a Nizza Monferrato (AT)

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In alto: proposta di carne di razza Piemontese al banco della Macelleria Canton. In basso: Gian Luca e Marina Canton sono veri promotori della Fassona piemontese, che lavorano e trasformano in autentiche golosità.

razza che lavorano e trasformano in autentiche golosità: hamburger, salsicce di manzo, fegato di Fassona, arrosti, carne battuta al coltello, spiedini gourmet, bollito misto (lingua, testina, scaramella, stinco disossato) e Fassoncini di Nizza, una sorta di arrosticini di Fassona (90%) più un 5% di prosciutto Ibérico de bellota (il “patanegra”) e un altro 5% di mortadella IGP. Al secondo

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bancone troviamo invece specialità di territorio e ricette preparate nel laboratorio, come la porchetta, il vitello tonnato, il roastbeef, i salumi crudi al Barbera, le salsicce di suino o la cima alla genovese. E naturalmente tanti formaggi locali. I Canton acquistano la carne IGP Fassona Piemontese da cinque piccoli allevatori delle vicine Langhe, i cui nomi sono pure indicati

sul bancone, specificando ai clienti più curiosi che gli animali sono alimentati con foraggio locale (fieno, mais, crusca, fave fioccate, soia, ecc…), tutto da coltivazioni di filiera corta. Lavorano 80-100 capi l’anno e servono anche ristoranti gourmet e fanno vendita su spedizione. «È la più magra al mondo secondo l’Istituto zooprofilattico di

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Al grande assortimento dei banchi carne, salumi e formaggi oggi alla Macelleria Canton si affiancano un laboratorio per la macellazione di carne di Piemontese e una cucina interna per la preparazione delle specialità gastronomiche come vitello tonnato e roast beef.

Grugliasco, in provincia di Torino — ci spiega Gian Luca — ma oltre a essere buona e magra l’abbiamo scelta anche perché è una razza autoctona, con bella tessitura di carne, un’eccellenza che tutti ci invidiano». La Piemontese è in effetti tra la più importanti razze bovine da carne, caratterizzata da bella magrezza, tenerezza e alta qualità nutrizionale, dovuta alla discreta presenza di acidi grassi polinsaturi Omega-3 e Omega-6. La sua tenerezza deriva però più dalla particolare “fragilità” e struttura del tessuto connettivo, che tiene insieme i muscoli, e non

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certo dal contenuto (basso) di grassi, che in alcuni tagli può essere inferiore all’1%. Così, nella tradizione locale, questa tipologia di carne si presta anche a esser mangiata cruda, battuta al coltello, in tartare, in carpaccio, oppure all’Albese con olio evo, rucola, tartufo bianco di Alba… Oggi c’è grande attenzione all’uso alimentare della Fassona, eppure fino agli anni ‘60 la Piemontese era considerata una razza anche da latte. Di mantello grigio con gradazioni scure, soprattutto nei maschi, ha un’altezza al garrese di 140-145 cm, che nelle femmine scende a 130. Queste arrivano a

pesare 500-600 kg, gli altri invece a 1.100-1.200 kg. Tra le caratteristiche zootecniche peculiari c’è la doppia coscia e come razza da carne è più proficua, visto anche il peso, negli esemplari maschi adulti. Massimiliano Rella Macelleria Canton Via Pio Corsi 56-58 14049 Nizza Monferrato (AT) Telefono: 0141 721806 E-mail: info@macelleriacanton.com Web: www.macelleriacanton.com Nota Photo © Massimiliano Rella

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Mola: Hamburger Lodigiano, carni selezionate e consigli di Riccardo Lagorio

P

Marco Francesco Mola.

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arla dall’alto dei suoi quasi cinquant’anni di esperienza MARCO FRANCESCO MOLA, mezzo secolo a condurre l’attività di famiglia inaugurata a fine Ottocento dagli avi. Una storia che pone al centro il Lodigiano, una terra certo non molto considerata nel panorama della gastronomia nazionale ma che, una volta messa sotto la lente d’ingrandimento, fornisce parecchie sorprese. «Il gioiello delle macellerie lodigiane è l’Hamburger Lodigiano e guai a chi lo copia o utilizza senza essere autorizzato» ammonisce subito il consigliere della Federazione Nazionale Macellai per la Lombardia (e presidente dell’Associazione Macellai di Lodi) tra l’uscita di una cliente e l’ingresso di un altro. Un corteo che non si ferma, a primo acchito inimmaginabile per un borgo di poco più di mille abitanti. L’hamburger si riconosce per la sigla HL impressa sulla rossa mattonella di carne mista di pancetta e reale di vitello, manzo e un pesto leggero di rosmarino. «Anche nei ristoranti cremaschi è molto apprezzato». Appesi alle pareti della macelleria i vecchi utensili del mestiere testimoniano il trascorrere del tempo che si è consumato tra le quattro mura. «La forza della macelleria è che da anni scelgo personalmente gli animali in una stalla di Turano Lodigiano. Per lo più vitelle di circa 20 mesi, che raggiungono in media il peso di 6 quintali. Le vitelle vengono separate dalle madri quando pesano poco più di 2 quintali e in altri 6 mesi di crescita si ottiene il peso desiderato. Gli animali vengono alimentati con fieno di erba medica, orzo, frumento, farina di mais».

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Al banco della Macelleria Mola molti tagli anatomici, prelibati preparati e, soprattutto, tanti ottimi consigli su come gustare al meglio la carne. L’alimentazione a secco permette, secondo Mola, di ottenere una carne più soda e fragrante, ma soprattutto un grasso di copertura idoneo alla frollatura. «Almeno 20 giorni, ma più spesso 35, per i posteriori. Qualcosa meno per l’anteriore. Questo periodo di sosta nelle celle a temperatura e umidità controllate permette di assaporare

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una carne fragrante e digeribile. Non ho mai smesso di suggerire ai miei clienti l’acquisto di carne… riposata» spiega. La Macelleria Mola è una rarità nel panorama lombardo. Pur essendo di dimensioni ridotte, non ha rinunciato ad un proprio macello, orgoglio di Marco Francesco. Dopo il breve tragitto dei bovini con un

mezzo idoneo al trasporto animali, «questi sostano in un apposito corridoio con certificazione antinfortunistica per l’operatore e per l’animale stesso. L’abbattimento avviene seguendo le stringenti regole comunitarie e questa sequenzialità permette di effettuare un sezionamento totalmente artigianale». Con il risultato che ogni lunedì mattina tutti i tagli vengono eseguiti in base all’esperienza e alle necessità del punto vendita per essere impiegati nel miglior modo possibile. Nel ricco banco frigo si propongono in effetti numerosi tagli anatomici e, a completamento, prelibati preparati. Il messaggio che se ne trae è senz’altro che i consumatori desiderano essere consigliati, ma prepararsi da sé il pranzo… Come avviene quando il macellaio è ancora un autentico artigiano della carne. In effetti molti dei dialoghi tra beccaio e consumatore ai quali si assiste nella Macelleria Mola riguardano richieste di consigli. Certo non mancano arrotolati di vitello già pronti, aromatizzati con lardo e pancetta, tasche ripiene di carciofi, funghi o ripieno di pane e formaggio. Ma spiccano soprattutto ossibuchi, cappelli del prete, tagli da spezzatino «che a casa ciascuno lavora come vuole» sottolinea Mola. Durante le settimane che precedono il Natale la macelleria si arricchisce dei tradizionali prodotti del periodo: cotechini, zamponi, tagli di animali pesanti. «La felicità, anche in questi momenti difficili, si fa a tavola. Anche noi macellai cerchiamo a questo proposito di portare il nostro conforto e di presidiare il territorio. Tanto che ho deciso di aprire una bottega a Maleo, un borgo dove da anni non esisteva una macelleria». I piccoli negozi servono anche a rivitalizzare un’intera comunità. E se offrono anche ottima carne, il gioco è fatto. Riccardo Lagorio Macelleria Marco Francesco Mola Via Giuseppe Garibaldi 5 26821 Bertonico (LO) Telefono: 0377 85005

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Ferretti, tradizione carnivora alla reggiana di Federica Cornia

U

n arco di cerchio teso nel cielo sorprende l’orizzonte piatto e poco più in là l’Onda Bianca della stazione dell’alta velocità Mediopadana ritma lo spazio con l’ausilio di forma e luce. È così, con uno scenario avveniristico, che l’architetto SANTIAGO CALATRAVA ha ridisegnato l’ingresso in città. Siamo alle porte di Reggio Emilia, Città del Tricolore, città d’arte dell’Emilia-Romagna ricca di storia, apprezzata per la sua gastronomia e che sembra vocata all’innovazione sotto più aspetti (si pensi al Reggio Emilia Approach, modello educativo ideato a partire dal dopoguerra da

LORIS MALAGUZZI e diventato punto di riferimento per tutto il mondo). Qui il lunedì mattina il viavai di gente racconta dell’operosità che da sempre caratterizza quest’area del Nord Italia. E non stupisce, varcata la soglia della Macelleria Ferretti, ritrovare nel laboratorio la stessa atmosfera di industriosa attività che si respira all’esterno, declinata nel ritmo pacato dei gesti ben misurati dei collaboratori di LUIGI FERRETTI che preparano gli spiedini. Un rapido accenno con Luigi agli inizi del lavoro in macelleria fino ad oggi significa ripercorrere almeno mezzo secolo di storia,

capire l’evoluzione di un mestiere nell’arco del tempo e i cambiamenti che lo hanno interessato: nel ‘58 il padre apre l’attività, nel ‘73, appena quattordicenne, Luigi fa il suo ingresso in macelleria, poi lo spostamento dei locali, con relativo ampliamento, da San Maurizio alla sede attuale in via Emilia Ospizio. Nel frattempo dal chilo di bollito si passa alla richiesta dei soli 4 etti, all’arrosto farcito e più in generale ai pronti da cuocere. Un cambio di tendenza dei consumi indice di un cambiamento del mercato che segna il passo dei tempi fino ad oggi,

Costate e fiorentine, ma anche battute di Fassone e molta hamburgeria sono i prodotti più richiesti dal settore della ristorazione che rifornisce la Macelleria Ferretti.

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con la macelleria che non è più solo macelleria e si trasforma in macelleria-gastronomia-salumeria. A banco della Macelleria Ferretti la protagonista è la carne di Fassona piemontese. «C’è molta richiesta oggi di battuta, carpaccio, roast beef e la carne di Fassona a mio avviso è la più adatta per questo tipo di prodotti» ci dice Luigi. Scelta che è questione di qualità — «sul crudo per me la Fassona col suo sapore delicato dà il massimo» sottolinea Luigi — ma anche risultato dell’evoluzione di un sistema economico che ha quasi del tutto cancellato sul territorio i piccoli allevatori e con loro la possibilità del macellaio di andare direttamente in allevamento e scegliere i capi di bestiame da ingrassare e macellare. «Mi ricordo ancora quando da piccolo andavo con mio padre in stalla. Oggi non è più possibile, gli allevamenti rimasti qui in zona sono soprattutto di bovini da latte. E a Reggio ormai è da tempo che hanno chiuso il macello». Al fianco della carne di Fassona, indice di un cambiamento nella cultura del gusto, quella di razza Simmental austriaca, in particolare la costata, frollata 60/70 giorni, le carni di Rossa Reggiana, raramente perché razza più da latte, e quelle di Sashi, qualità finlandese piuttosto grassa. «Qualche anno fa le costate alte e grasse non avrebbero riscosso il successo che hanno oggi». Di questo cambio di rotta Luigi ringrazia DARIO CECCHINI, conosciuto nel 2010 in occasione della sua partecipazione all’evento di beneficenza organizzato a Panzano in Chianti dall’associazione dei Butchers for Children per aiutare l’Ospedale Pediatrico Meyer di

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Alla Macelleria Ferretti la protagonista è la carne di Fassona piemontese. Firenze. «Grazie a lui la gente ha ricominciato ad apprezzare i tagli alti e ad interessarsi di più la qualità della carne. È anche grazie alla sua attività di promozione e sensibilizzazione se oggi la gente ci tiene a sapere da dove arriva la carne che compra, dove è stata macellata e se è particolarmente attenta al discorso della qualità». Aspetto che Luigi ha curato fin dagli inizi dell’attività, da quando su una lavagna esposta all’esterno della macelleria queste informazioni le riportava scritte a mano. Non è un caso se a un certo punto in bottega si è presentato

lo chef BRUNO BARBIERI e nel 2014 è iniziata una collaborazione che va avanti ancora oggi e che impegna una squadra di grigliatori che mettono sulla brace costate e fiorentine; squadra che si mette all’opera, capitanata da Luigi, anche per beneficenza, come nel caso dei pranzi organizzati al Centro Internazionale Loris Malaguzzi a sostegno de Il Pulcino, associazione che si occupa di neonati prematuri. Mentre in laboratorio sono passati a preparare hamburger, Luigi mi racconta del lockdown, delle preoccupazioni che, nonostante tutto, non hanno bloccato l’attività che,

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In alto: Luigi Ferretti con lo chef Bruno Barbieri in visita alla macelleria e alcuni collaboratori. In basso: carne finlandese Sashi Beef.

invece, si è trasformata con l’aggiunta, a fianco del servizio a banco, della consegna a domicilio, attiva tutt’ora per via della grande richiesta, e della spesa attraverso ordini telefonici che punta ad evitare l’assembramento in negozio e fa trovare ai clienti la “borsa” pronta. Anche la fornitura ai ristoratori, seppur con una flessione, è continuata, con battute, costate, fiorentine e molta hamburgeria le più richieste dal settore. Oggi, per accedere alla macelleria nel rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid, si entra da un locale un tempo adibito a vetrina e se ne attraversa lo spazio pieno di

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salumi appesi e di scaffali di bottiglie di vino. Coppe e pancette piacentine, prosciutti crudi Savigni e Sant’Ilario, salami di Spigaroli fanno parte della piccola galleria del gusto che traghetta l’avventore al banco macelleria, nel locale attiguo, dove, oltre ai tagli di carne fresca, troviamo una gamma appetitosa di pronti a cuocere, dagli spiedini impanati all’arrosto di faraona, dal coniglio, al pollo, al vitello ripieno, il più venduto, e alla tacchinella ripiena. Possibilità e varietà di scelta ce n’è da far venire l’acquolina. Senza nulla togliere alla tradizione se poco

prima di andarsene un cliente si rivolge a Luigi chiedendo di essere avvertito quando arriverà la trippa. «Le frattaglie e la trippa le peliamo a mano, alla reggiana» mi dice Luigi. Dichiarazione che è il perfetto suggello gastronomico di quell’equilibrio tra consuetudini ereditate dal passato e cambiamento teso al futuro che si avverte arrivando in città quando lo sguardo tocca i tre ponti di Calatrava. Federica Cornia Macelleria Ferretti Via Emilia Ospizio 81/c 42123 Reggio Emilia Telefono: 0522 551955

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Macelleria Da Mauro The Barbecue HouseÂŽ, qualcosa di piĂš che una classica macelleria di Federica Cornia

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dayburgerathome: in tempi di misure anti-Covid i patties, le polpette di carne, e non di carne qualunque ma di bue Nostral®, quel bue nostrano piemontese con sei denti in bocca e uno che gli sta spuntando come tradizione vuole, MAURO DADONE ve le spedisce a casa insieme ad altri ingredienti in un kit per due. A voi poi basta seguire le sue indicazioni per montare il panino all’americana. E ogni lunedì si cambia ricetta. Come ai bei tempi, quelli di poche settimane fa, quando il dayburger, prima che Cuneo entrasse in zona rossa con tutto il Piemonte dopo il DPCM dello scorso 6 novembre, permetteva ogni settimana di addentare un panino diverso, ideato ad hoc, direttamente in macelleria, o meglio alla Casa del Barbecue, appena qualche metro poco più in là. Perché la Macelleria Da Mauro The Barbecue House®, come dice il nome stesso, è molto più che una semplice macelleria, è anche la prima casa del barbecue di Cuneo, città nella quale, grazie alla passione

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del giovane butcher per il metodo di cottura all’americana, è passato a tenere corsi sulla materia in questione anche il noto serial griller, pitmaster del BBQ, MATTEO TASSI. Mauro, 38 anni, a questa formula di ristomacelleria declinata secondo un modello d’Oltreoceano, è arrivato due anni fa, quando, con la moglie, trovati i locali giusti, ha deciso di aprire l’attività. E ci è arrivato ricco di una lunga esperienza: ad appena 14 anni si affaccia al mondo della carne, a 28 anni apre la sua macelleria a Peveragno, piccolo paese in provincia di Cuneo, di lì a poco scopre il barbecue americano, nasce l’interesse per le cotture lunghe, per l’affumicatura, la frequentazione dei corsi e l’acquisto dell’attrezzatura. Poi la curiosità per la frollatura, le varie sperimentazioni fatte con gli amici chef, prima con la carne di Fassona, che lo lascia insoddisfatto, poi la scoperta della carne di buoi nostrani: «solitamente considerati scarti, mi sono accorto, lavorandola, del gusto diverso: ha un sapore dol-

In alto: i locali della Macelleria Da Mauro The Barbecue House® di Cuneo. A pagina 122: Mauro Dadone con un taglio di carne Nostral (Nostral Heritage Piedmont Beef® marchio registrato) sottoposto a frollatura tradizionale.

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Oltre ai patties di Nostral, alla Casa del Barbecue gli hamburger sono anche di Angus e Chianina. ce, sapido, intenso e lungo. Rispetto alla carne di Fassona è un pelo più dura, ma la tenerezza non vuol dire qualità. Ad ogni morso, se ben cotta, sprigiona tutta la sua sapidità». Nasce così quello che oggi è il fiore all’occhiello della macelleria, “Nostral, Heritage Piedmont Beef®” marchio registrato. Nustral, letto nella pronuncia piemontese, è il bovino nostrano anticamente usato nel lavoro dei campi e non ritenuto adatto per la carne perché con poca coscia e per questo scartato, soprattutto a partire dagli anni ‘70, quando si diffonde la Fassona. Questa carne antica Mauro la ripropone sotto varie forme: nelle salsicce secche, nella carne salada e nel pastrami, che realizza con l’utilizzo di poche spezie, mettendo la carne di manzo a riposare in una soluzione di acqua e sale per una settimana, poi passandola dentro lo smoke cabinet per l’affumicatura a caldo, 110 °-130 °C, come il bacon, dopodiché è pronta per la stagionatura. Il carbone di quebracho, la legna di ciliegio e melo fanno il resto

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aggiungendo quel tocco in più. Lontano dalla propensione a preparare pronti a cuocere, che proprio non gli interessano, Mauro a banco offre un’ampia scelta di carni selezionate fresche e frollate e a fianco della locale Nostral® promuove carni estere di qualità, alcune di particolare pregio come Angus Iberico e Angus certificato Full Blood Gran Bretagna, di cui ha l’esclusiva. In tempi normali, non di pandemia, di solito alla chiusura della macelleria segue l’apertura della Casa del Barbecue, col cliente che dall’acquisto della carne a banco passa all’acquisto di ribs, brisket, pulled pork, pulled beef, beef ribs e chicken wings e allo street food americano, con hamburger di Nostral®, Angus, Chianina, smoked e maiale fritto, tutti pronti da gustare direttamente sul posto o da portare via. Questo per il banco del caldo, da cui salgono le spirali di fumo della cottura. Perché c’è anche il banco a freddo da dove, dopo una breve consulenza con Mauro, il cliente sceglie quale taglio farsi cuocere sul

momento per un piatto espresso da consumare al tavolo, magari con lo sguardo che divaga sui colori della frollatura delle carni esposte nella grande finestra a vista presente in sala. Il format, coi pranzi serviti tutti i giorni e le cene solo il venerdì e sabato sera (la domenica è chiuso), è andato bene fino ad oggi. Poi la battuta d’arresto per via del Covid. Non si lascia avvilire dalla situazione Mauro e sfrutta al meglio i canali di vendita già attivi in tempi non sospetti, le spedizioni e la spesa express: la spesa si fa ordinando tramite e-mail o WhatsApp entro le 12:00 del giorno antecedente al ritiro in negozio, dopo aver ricevuto a casa il listino da cui poter scegliere i prodotti. È già pronta poi la proposta natalizia: buoni regalo Meat experience, per l’acquisto di un box con una selezione di tagli di carne di diverse razze e varia provenienza. Versatilità, prontezza e abilità di risposta: di questi tempi sono qualità non da poco ed è anche da qui che si vede l’amore che guida questo giovane butcher nello svolgere questo mestiere. “Non è un lavoro il macellaio, è una passione” è anche la scritta tradotta dall’inglese che troviamo nella pagina del suo profilo personale di Facebook sotto il nome MAURO BILL CUTTING, pseudonimo che si è dato in omaggio a WILLIAM “BILL THE BUTCHER” CUTTING, il criminale di professione macellaio interpretato da DANIEL DAY-LEWIS in Gangs of New York di Martin Scorsese. Niente di minaccioso però nell’uso dei coltelli in Mauro. Anzi, tanta cura per il dettaglio e attenzione al cliente. L’augurio per questo Natale è sì di Buone Feste, ma non solo: nel nostro box d’auguri mettiamo anche un grosso in bocca al lupo! Federica Cornia Macelleria Da Mauro The Barbecue House Corso Nizza 56 – 12100 Cuneo Telefono: 0171 070091 E-mail:infomacmaurobbq@gmail.com Web: www.macelleriamaurobbq.it

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SAPORI DAL MONDO

Renne… non solo a Natale di Giorgia Fieni

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pesso abbino cucina e film perché le pellicole sono in grado di creare un’immagine forte che in un secondo fanno capire di quali alimenti ci stiamo occupando. E l’immagine che vi offro oggi è un bivacco attorno al fuoco: uomini appena tornati dalla caccia, coperti da calde pellicce, che gustano il caribù (che è fondamentalmente una renna) arrosto, gustandolo direttamente dal bastone con morsi vigorosi, in quanto bottino di una o più giornate in cui si è vissuto all’aperto e difficilmente ci si è potuti concedere una golosa quantità di proteine, insaporita dalle erbe raccolte direttamente dal terreno. Se questa immagine vi sembra strana e lontana dalla vostra vita quotidiana è perché non siamo abituati a mangiare la renna (o almeno

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non quanto i Paesi nordeuropei e nordamericani). Il cervo sì, ma la renna decisamente no, forse per lo stesso motivo per cui mangiamo pochi conigli: per affezione, le renne ricordano Babbo Natale e… Davvero vogliamo nutrirci di quelle simpatiche bestiole che ci portano puntualmente i regali? Cercando infatti su libri e siti di cucina, è molto più facile trovare dolcetti e stuzzichini che abbiano la forma di una renna (forse in pasta di zucchero, con corna create ad arte col sac-à-poche) che vere e proprie ricette in cui ne sia davvero protagonista. Eppure, fa parte dell’alimentazione umana fin dai tempi del Mesolitico ed è stata sperimentata in numerose ricette: in umido, trifolata, in polpette (molti di voi le avranno già provate…sono co-

muni anche in Italia) ed essiccata, regalando a generazioni e generazioni un sapore selvatico, tenero e succoso. Potete ritrovarlo nel Gurpi, un salume di carne di renna avvolta nella pelle dello stomaco, lasciata affumicare 6-7 ore con legno di betulla e cotta sulla brace o in padella, e nel Suovas, filetto salato e affumicato. Molto più semplicemente, preparatela come una normale bistecca (ma servitela con composta di mirtilli o crema di funghi o purea di cavolfiori… la cottura arrosto rende il sapore del prodotto molto forte e per alcuni può risultare sgradito, per cui c’è bisogno di un accompagnamento morbido con un retrogusto di dolcezza) o in spezzatino coi peperoni. Ho letto anche di Pancake di sangue di renna e sue interiora, ma

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In alto: carne essiccata di renna (photo © Peter Adams/Danita Delimont). In basso: salame di renna (photo © FOOD-micro). sono indecisa se la combinazione ne esalti il sapore o lo copra… se qualcuno ha il coraggio, lo provi e mi faccia sapere; lo stesso cuoco, fra l’altro, propone pure la Tartare di renna cotta sul carbone servita col suo cuore, panna acida aromatizzata all’anguilla affumicata con il caviale di arborella e lardo fuso, un mix di sapori veramente incredibile e, per quanto mi riguarda, innovativo.

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Chi ama la renna cruda potrà provare anche la ricetta del carpaccio che ho letto in un blog: bisogna far bollire birra, soia, zenzero, ginepro, rosmarino e timo, far raffreddare il tutto e poi lasciarvi marinare il filetto di renna; potete mangiarlo, esattamente come gli altri carpacci, con insalata, cipolle in agrodolce o su un crostino come un originale finger food da aperitivo o cocktail party.

Per i miei standard alimentari però preferirei quasi la zuppa: burro, ginepro (a quanto pare è un ingrediente fondamentale per esaltare il sapore della renna), cipolla, brodo, carote e patate… In un video su Youtube ho visto aggiungere pure formaggio spalmabile (per la cremosità, penso possiate usare anche la panna) e Parmigiano (che non è molto nordeuropeo, ma sappiamo che è perfetto per molte ricette). Ho un’ultima chicca per voi. In Finlandia esiste la Pizza Berlusconi: è stata preparata usando farina di segale e di grano integrale nell’impasto e una farcitura di cipolle rosse, straccetti di renna, funghi e formaggio locale. Ha questo nome come risposta ad una battuta dell’allora Presidente del Consiglio sul fatto che la cucina locale non fosse eccellente. Morale: mai boicottare la cucina altrui o potreste ritrovarvi protagonisti di una ricetta che non amate e, soprattutto, non ricevere mai più regali di Natale! Giorgia Fieni Nota A pagina 126, renne nella regione di Tromsø (photo © Dmitry Chulov).

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MEAT FRANCHISING

Calavera Restaurant, proseguono le aperture

LL’’Amb LA Amba basc scia i to ia tore r del re el Mes essi sico sic co in It I al alia ia Ca arl rlos loss Eug gen enioG io o Gar arcí rcí cía deA cía de e Alb ba Zepeda daavaan d dava ntti aall nuovo uovo uo o loc ocaalle rro om oma maano no.

A

lla presenza dell’Ambasciatore del Messico in Italia, CARLOS EUGENIO GARCÍA DE ALBA ZEPEDA, lo scorso 16 ottobre la catena di ristoranti Calavera ha inaugurato il nuovo locale all’interno della foodcourt del Valmontone Outlet, in provincia di Roma. Nata da quasi tre anni, con i suoi 24 locali Calavera è l’unica catena ispirata alla cucina messicana in Italia, particolarmente apprezzata anche nella formula “Rapido”, fast food caratterizzato dalla possibilità di ordinare e comporre piatti utilizzando kiosk multimediali, ritirandoli in cassa in meno di un minuto. Il menu dei locali si caratterizza per la rivisitazione di grandi classici messicani come burritos, 128

quesadillas, fajitas e la presenza di portate ispirate a gusti più internazionali come le Poké Bowl, piatti di tendenza che reinterpretano la tradizione hawaiana. La cultura messicana ispira anche i murales e l’offerta di capi di abbigliamento che richiamano elementi e simboli della cultura del Paese. Il nome stesso della catena, infine, si rifà alla famosa ricorrenza messicana El día de los muertos: le Calaveras sono teschi di zucchero o cioccolato offerti come dono agli spiriti dei defunti che, secondo la tradizione messicana, il 1o novembre tornano sulla terra. La festa rappresenta un momento di convivialità in cui omaggiare i

defunti con piatti e prelibatezze di cui sono stati ghiotti in vita. Scaricando l’App di Calavera, utilizzabile anche nei locali di Roadhouse Restaurant, i clienti possono creare la loro Fidelity digitale e usufruire di uno sconto del 10% (con un meccanismo a punti) su quanto consumato, oltre a restare sempre aggiornati su promozioni e novità. Roadhouse Spa è una società del Gruppo Cremonini che gestisce brand di ristorazione casual dining: il più noto è Roadhouse Restaurant che ha 155 locali in Italia, seguito da Calavera Restaurant, Calavera Rapido, Smokery e Meatery. >> Link: www.calavera.it Eurocarni, 12/20



ASSEMBLEE

Araer, sempre a fianco degli allevatori

L’

intenzione era quella di farla in presenza. E tutto era stato preventivamente predisposto nel totale rispetto delle norme anti Covid. Poi l’aggravarsi dei contagi e della situazione sanitaria ha imposto un brusco dietrofront e l’assemblea annuale dell’Associazione regionale allevatori dell’Emilia-Romagna (ARAER) si è così svolta sì, come da programma, il 30 ottobre, ma in forma digitale. All’incontro, oltre al presidente MAURIZIO GARLAPPI e al direttore CLAUDIO BOVO, hanno partecipato i componenti del consiglio direttivo e del collegio sindacale per l’approvazione del bilancio 2019, ma in collegamento era presenti anche i vertici di AIA-Associazione nazionale allevatori, ROBERTO NOCENTINI e MAURO DONDA, rispettivamente presidente e direttore generale, oltre all’assessore regionale all’Agricoltura ALESSIO MAMMI e a ROBERTA CHIARINI, responsabile del servizio organizzazioni di mercato e sinergie di filiera alla Regione EmiliaRomagna. «Illustrare il bilancio 2019 a fine 2020 sembra un po’ un controsenso — ha esordito nel suo intervento il presidente Garlappi — ma lo slittamento alla fine di ottobre delle assemblee annuali rientra nei provvedimenti presi dal Governo la primavera scorsa in pieno lockdown. A questo proposito non posso non ricordare cosa ha significato anche per Araer l’emergenza Covid-19, ad iniziare dalla perdita di alcuni associati alle cui famiglie non abbiamo fatto mancare la nostra vicinanza e il nostro conforto. Parallelamente, abbiamo dimostrato grande senso di responsabilità adottando dapprima tutte le misure di prevenzione previste con grande scrupolo e attenzione e immediatamente dopo promuovendo una serie di iniziative che ci hanno

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permesso di garantire la continuità di tutti i servizi messi a disposizione degli associati, a iniziare dai controlli funzionali». Relativamente all’andamento della zootecnia emiliano-romagnola nel 2019, il presidente di ARAER ha quindi fornito i numeri che hanno caratterizzato uno dei comparti più importanti dell’agroalimentare regionale e nazionale. «Dopo quattro anni di crescita costante, lo scorso anno il settore ha segnato il passo e le sue produzioni hanno rappresentato il 47,51% della PLV (Produzione Lorda Vendibile, NdR) totale a fronte del 49,9% del 2018. In valore, parliamo di 2.002,25 milioni di euro che evidenziano un –15% rispetto al 2018, quando si raggiunsero i 2.365,51 milioni di euro». Più soddisfacente il dato dell’export agroalimentare regionale, cresciuto lo scorso anno del 4,7% rispetto al 2018, per un valore totale di 6.842 milioni di euro, in cui la quota maggiore è rappresentata dai prodotti e dai derivati zootecnici. Preoccupa il settore della carne bovina, che nel 2019 ha continuato a registrare una diminuzione sia in termini produttivi che di prezzi, a cui si lega la riduzione degli allevamenti, calati rispetto al 2018 del 4,20%, in particolare per la razza Romagnola, rispetto alla quale è stato chiesto all’assessore Mammi un coinvolgimento della Regione volto a individuare percorsi mirati

Maurizio Garlappi, presidente Araer. di valorizzazione e promozione sul territorio. In crescita, invece, i suini allevati (+3,5%), a cui fa però riscontro una lieve flessione dei prezzi che porta il bilancio a un risultato negativo: –1,5%. Per avicunicoli e uova l’andamento del 2019 è stato sostanzialmente positivo: a fronte di un’offerta di carne stabile rispetto al 2018, i prezzi medi di mercato hanno registrato un +1,1% grazie al buon andamento delle quotazioni dei conigli (+8,5%) e dei tacchini (+7,1%). In calo invece i prezzi dei polli da carne: –4,5%. Bene il trend per il mercato delle uova, con un +5,7% dovuto all’aumento delle quantità prodotte nonostante il calo delle quotazioni medie pari a

Dopo quattro anni di costante crescita, nel 2019 la PLV zootecnica regionale ha dovuto registrare una contrazione rispetto all’anno prima assestandosi al 47,51% a fronte del 49,9% del 2018. Meglio invece l’export della Regione, che rappresentato soprattutto da prodotti e derivati zootecnici ha incassato un +4,7%

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–6%. Infine, il settore ovicaprino, che rispetto al 2018 ha registrato una PLV sostanzialmente stabile. «Araer ha saputo dimostrare di essere un modello di efficienza e qualità dei servizi — ha sottolineato Mauro Donda — e pur nella difficoltà del momento saprà sfruttare con intelligenza tutte le sue potenzialità». Sulla stessa scia Roberto Nocentini, che riferendosi alla crisi della razza Romagnola ha ribadito non solo la necessità di individuare le migliori strategie per una maggiore valorizzazione, ma ha anche ricordato «quanto sia necessario puntare alla vendita all’interno dei confini regionali attraverso politiche di promozioni mirate e innovative». «Grazie per quello che state facendo e per quello che rappresentate per la zootecnia emilianoromagnola» ha detto Alessio Mammi, esprimendo il pieno appoggio «della Regione a tutti quei progetti che sapranno proporre soluzioni innovative e concrete. Le direttrici che guideranno il mio lavoro riguardano la ricerca, la conoscenza, gli investimenti e il sostegno sui mercati per supportare tutti gli anelli delle varie filiere produttive. È questa la strada da percorrere per garantire a tutti la giusta redditività e rispondere ad un mondo che la drammatica crisi che stiamo vivendo ha già cambiato. Chi pensa che agricoltura e ambiente siano due termini in contraddizione si sbaglia — ha concluso — abbiamo davanti importanti sfide che saranno supportate, oltre che dalle risorse del Recovery Fund, dalla nuova PAC. Già oggi, oltre a quelle previste nei due anni di transizione che ci porteranno al 2023, potremo contare su una dotazione di circa 1,3 miliardi di euro a livello nazionale previsti dal Parlamento europeo nei giorni scorsi. La quota che verrà destinata all’Emilia-Romagna dovrà essere investita in progetti concreti e ambiziosi al tempo stesso. Per farlo, dobbiamo tutti lavorare insieme affinché anche l’Europa rivolga al settore zootecnico una maggiore attenzione. Anche per questo penso che sarebbe ora di pensare alla creazione di una OCM zootecnia».

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Per carnivori con stile: arriva in Italia BEEF! BEEF! è un trimestrale tedesco descritto dal suo editore come ‘’il primo magazine di cucina e lifestyle per uomini (di gusto)’’. Nato nel 2009, vincitore nel 2015 di uno dei prestigiosi Lead Awards e già diffuso in Francia e Spagna, il magazine si caratterizza per una veste grafica curatissima e splendide immagini, un tono ironico nella scrittura e il racconto di ricette esclusive, approfondimenti sulle tecniche di preparazione e sugli alimenti, storie di cucina e focus sulle abitudini alimentari di tutto il mondo. In “patria” BEEF! «è un must-have» dichiara il direttore dell’edizione tedesca JAN SPIELHAGEN. «Oggi ci sono veramente tanti uomini che cucinano con passione e amano davvero il cibo, l’attrezzatura, il vino e le tecniche di preparazione. Quindi dovevamo solo trovare un format che si adattasse a diventare rivista di cucina per uomini. Il nostro successo conferma che lo abbiamo trovato». In primavera BEEF! è sbarcato in Italia grazie all’acquisizione dei diritti di pubblicazione da parte di Lunasia Edizioni, azienda romana con oltre 15 testate all’attivo. Periodicità: bimestrale. Alla guida come direttore responsabile è stato scelto LUCA CARTA, che nell’Aperitivo di apertura del primo numero scrive: “Per decidere di pubblicare anche in Italia una rivista dal titolo BEEF! — dopo il grande successo in Germania (dove è nata), Francia e Spagna — bisogna avere un grande coraggio che rasenta quasi l'incoscienza. Questo perché so che dovremo superare molti pregiudizi… ma non mi spaventa, anzi sarà uno stimolo importante per cercare di contrastare le tante fake news e i luoghi comuni che riguardano il cibo”. La raccolta pubblicitaria è affidata a Milano Fashion Library.

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TECNOLOGIE

Nel settore Commercio & Logistica le sfide sono tante

Sicurezza ed efficienza diventano una certezza con il software CSB-System

I

l commercio è un settore dinamico e per coloro che operano nel settore alimentare le sfide da affrontare sono tante: complessità e concorrenza aggressiva, crescenti richieste dei clienti, incremento della varietà dei prodotti, volatilità dei mercati. Diventa dunque molto importante ottimizzare e semplificare la filiera distributiva Supply Chain. Ma il coordinamento tra le aree marketing, magazzino e vendite a volte non è sufficiente per gestire la supply chain in modo completo: anche l’organizzazione, il controlling e la gestione del flusso di informazioni e materie prime devono essere saldamente collegati per una buona pianificazione ed esecuzione della logistica. Sicurezza alimentare e rintracciabilità devono

essere realizzate senza lacune e tutte le informazioni rilevanti devono essere messe a disposizione delle banche dati come GDSN (1WorldSync) e fTRACE. Ancora meglio se tutti i documenti aziendali sono inviati e ricevuti elettronicamente in formati differenti, per evitare errori e ridurre l’impatto ambientale della carta. E non va dimenticato che i canali di vendita si spostano sempre più verso il commercio on-line: quasi un’azienda su due distribuisce già oggi i propri prodotti tramite webshops. Restare al passo dei tempi grazie all’ERP giusto In questo contesto, che si tratti di ridurre le spese grazie a processi “snelli” e soluzioni logistiche efficienti o di maggiore flessibilità

La pianificazione giri del CSB-System assicura la “catena del freddo” ed un controllo dettagliato sui costi dei trasporti.

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e velocità negli adeguamenti alla volatilità del mercato o alle richieste normative, con un ERP specifico per settore alimentare si possono realizzare processi aziendali eccellenti. La competenza è tutto. Fin dall’inizio la soluzione CSB-System è stata studiata in modo ottimale per il settore Commercio e Logistica e copre tutte le richieste del settore già nello standard, dal fornitore al cliente. La soluzione completa ed integrata crea una base dati unitaria per ogni reparto: tutte le aree aziendali sono collegate in rete, tutte le informazioni a disposizione ovunque. Migliorano così la trasparenza dei processi, il flusso delle informazioni e la comunicazione tra i reparti aziendali. Il CSB-System è un ERP dalla struttura modulare, pertanto è possibile introdurre le funzionalità che recano il maggiore valore aggiunto in modo totalmente flessibile e per step liberamente definibili, cominciando per esempio con generazione di ordini di spedizione sulla base dei dati di acquisto, giacenze magazzino e dati delle vendite, fino ad arrivare al calcolo industriale e commerciale completo, in un unico sistema. In questo modo, è il software che si adatta all’azienda e non viceversa. Gli esperti del gruppo CSB-System, però, sanno bene che all’interno del settore le differenze sono grandi. Il software intelligente per aziende di ogni dimensione Piccole aziende e artigiani utilizzano con successo il CSB BASIC ERP, le medie e grandi imprese l’intero CSB

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Una logistica efficace consente di raggiungere l’equilibrio ideale tra qualità di prodotto, controllo costi e prestazioni. INDUSTRY ERP, mentre i gruppi aziendali gestiscono i loro stabilimenti con il FACTORY ERP. Gli obiettivi però sono comuni: ridurre i tempi di esecuzione dell’evasione ordini, incrementare la flessibilità con un assortimento prodotti in crescita pur garantendone la qualità, integrare nei processi anche le quantità più piccole in modo economicamente vantaggioso. Vi sono molti buoni motivi per scegliere la soluzione di settore CSB In altre parole, le aziende che hanno scelto la soluzione CSB per la loro azienda, sono riuscite a: • pianificare in modo intelligente, ottimizzando i costi; • migliorare l’efficienza dei processi; • collegare in modo economicamente vantaggioso i processi di lavorazione; • integrare e ottimizzare i processi logistici upstream e downstream; • utilizzare le soluzioni multichannel e sfruttarne i potenziali di guadagno; • garantire la qualità e la rintracciabilità completa; • controllare le aziende in modo affidabile attraverso gli indici; • assicurare i margini grazie al calcolo commerciale dettagliato;

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• fidelizzare i clienti grazie a flessibilità e affidabilità. Gestione giri, loro ottimizzazione e controllo dei costi di trasporto Per quanto riguarda quest’ultimo punto, la pianificazione dei giri rappresenta in molte aziende un efficace strumento per una gestione ed un’evasione veloce degli ordini, per assicurare la “catena del freddo” e per avere un controllo dettagliato sui costi dei trasporti. Il CSB-System mette a disposizione dei suoi clienti, oltre ai moduli completi per la gestione del parco macchine, una soluzione integrata per la pianificazione dei giri, sfruttando potenziali di ottimizzazione per quanto riguarda itinerari, ripartizione, peso e volume di carico, impiego di personale e mezzi, con lo scopo di ridurre i costi e di aumentare l’affidabilità di consegna. L’idea di fondo della gestione giri è di definire tutti gli avvenimenti necessari per ottenere la perfetta gestione dell’ordine e di controllarli in sequenza: per esempio in quale finestra temporale consegnare la merce al cliente, con quale ordine caricare l’automezzo, quali mezzi sono disponibili, quanti conducenti sono necessari, e così via. Non importa che si tratti della consegna a clienti, filiali o sedi aziendali di pro-

dotti finiti o materie prime. Questi avvenimenti sono definiti in una scheda personalizzata per cliente. ERP a prova di futuro Una logistica efficace consente di raggiungere l’equilibrio ideale tra qualità dei prodotti, controllo dei costi e prestazioni. Proprio in quest’area si nascondono spesso potenziali di crescita che vale la pena sfruttare. Inoltre, la soluzione CSB è preparata per l’ulteriore collegamento in rete, l’automazione e la digitalizzazione, per garantire già oggi il vantaggio competitivo di domani, ovvero la capacità di produrre in modo più rapido e flessibile della concorrenza.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Cooperativa Bilanciai inaugura il nuovo Polo Tecnologico Per il completamento dell’area investiti oltre 1,5 milioni di euro. Al suo interno anche il Laboratorio Accreditato di Taratura e l’area dove vengono realizzate le celle di carico digitali, esempio della migliore tecnologia a livello mondiale nel settore della pesatura

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ltre 1,5 milioni di euro d’investimento per il completamento del nuovo Polo Tecnologico. COOPERATIVA BILANCIAI continua ad investire e lo fa puntando su ricerca e innovazione, con l’obiettivo di consolidare la propria posizione di leadership a livello nazionale e internazionale nella progettazione e realizzazione di strumenti di pesatura. Sintesi concreta di questo impegno è il nuovo Polo Tecnologico

inaugurato lo scorso 22 ottobre, nella storica sede di Campogalliano (MO). Si estende su una zona di 2.800 m2 ed ospita quattro divisioni strategiche. Il LAT, Laboratorio Accreditato di Taratura, il reparto dedicato alla fabbricazione di celle di carico — ogni anno ne vengono prodotte circa 25.000 — lo spazio di assemblaggio dei terminali elettronici, che, insieme, costituiscono il luogo in cui nasce il “cervello” della maggior parte dei sistemi di pesatu-

La sede della Cooperativa Bilanciai a Campogalliano (MO).

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ra di ultima generazione. Completa il Polo il reparto AWI (Automatic Weighing Instruments), dove si fabbricano strumenti completamente automatici che misurano la massa di un prodotto senza l’intervento di operatore. Insieme le quattro aree, in cui operano 32 persone (19 uomini e 13 donne), su un totale complessivo di 230 dipendenti nella sede di Campogalliano, rappresentano un unicum a livello mondiale: un concentrato di tecnologia, valorizzato da una grande esperienza professionale, che continua a rafforzarsi e che ha permesso a Cooperativa Bilanciai di consolidare le proprie posizioni sul mercato dei sistemi di pesatura e di essere, negli anni ‘90, tra i pionieri nel passaggio, epocale per il settore, dai sistemi analogici a quelli totalmente digitali, ed ora punto di riferimento del mercato per capacità d’innovare, flessibilità e versatilità. L’azienda vanta una presenza capillare in tutto il mondo attraverso consociate e tramite una vasta rete di distributori. Cooperativa Bilanciai è attiva in numerosi ambiti, dal settore dei trasporti a quello delle cave, dal petrolchimico al siderurgico, dal food all’agricoltura sino ai rifiuti e all’impiantistica. Una presenza molto diversificata che ha permesso alla cooperativa di

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Campogalliano di distinguersi per la realizzazione di sistemi che consentono, con la stessa precisione, di pesare i componenti di una ricetta galenica o dei vagoni ferroviari. Tra le curiosità anche la pesatura di un elefante, la taratura di uno strumento per pesare gli orsi presenti in un parco in Canada, ma anche la messa a punto di un sistema che consente di individuare il baricentro di un motore di una Formula 1 e la creazione di un apparato che in tempo reale ci dice come cambia il peso delle gomme di un’automobile durante una competizione. Un breve approfondimento lo merita la singolare storia del LAT, Laboratorio di Taratura Accreditato Accredia, un riconoscimento che ne attesta la competenza tecnica ad effettuare tarature e la riferibilità dei campioni utilizzati. Inizialmente fu realizzato ad uso interno per migliorare le performance e la precisione dei propri strumenti; successivamente, grazie anche alla costruzione di un prototipo che per anni è stata unico in tutto il mondo, è diventato un laboratorio in grado di offrire misurazioni e soluzioni a soggetti terzi, non di rado anche concorrenti della stessa Cooperativa Bilanciai.

Enrico Messori, presidente di Cooperativa Bilanciai, e Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna. «Questo per l’intero Gruppo di Cooperativa Bilanciai è un giorno che ha anche un forte valore simbolico. Con l’inaugurazione del Polo Tecnologico abbiamo confermato in maniera tangibile la nostra volontà di sostenere l’innovazione e lo sviluppo dei prodotti e di riaffermare i valori che da sempre ci connotano. Dare lavoro di qualità, produrre soluzioni all’avanguardia

e creare le condizioni migliori possibili per assicurare un futuro alla nostra cooperativa e a quanti oggi vi lavorano» ha sottolineato il presidente di Cooperativa Bilanciai, ENRICO MESSORI. «Il traguardo tagliato oggi è il frutto di una storia speciale, iniziata nel 1949 e proseguita con successo per merito della passione, della caparbietà e della competenza

Cooperativa Bilanciai, una storia di persone Nata nel 1949 grazie all’intuizione, al coraggio e alla passione di un piccolo gruppo di operai, nel tempo si è specializzata nella progettazione, produzione, vendita e assistenza di sistemi di pesatura e controllo, declinati in una pluralità di soluzioni. Ha acquisito progressivamente posizioni di leadership sui mercati italiani e poi internazionali, grazie alla capacità di essere tra i protagonisti di cambiamenti tecnologici che per il settore sono stati letteralmente epocali, come la produzione di celle di carico, di terminali elettronici e lo sviluppo di software dedicati. L’intelligenza artificiale e la gestione dei big data rappresentano l’attuale sfida tecnica che soddisferà le nuove esigenze dei clienti sempre più proiettati nella dimensione digitale. Il 1999 è l’anno di fondazione del gruppo internazionale Bilanciai Group che si compone di dieci società controllate e partecipate di cui quattro sono industrie di fabbricazione e le restanti commerciali. Nove hanno sede nel continente europeo, una negli Stati Uniti. Il Gruppo realizza un fatturato di oltre 70 milioni di euro e dà lavoro a 430 persone. Dopo oltre 70 anni di ininterrotta attività, Società Cooperativa Bilanciai continua a coniugare i valori e i principi che sono alla base di una impresa cooperativa di produzione e lavoro con le crescenti sfide del libero mercato. La volontà e la passione che spingono a migliorare continuamente le soluzioni proposte, e che hanno motivato i soci fondatori sin dal primo giorno di attività, sono ancora oggi la radice dell’agire quotidiano dei soci e dipendenti di Cooperativa Bilanciai. >> Link: www.coopbilanciai.com

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A sinistra: il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli in visita all’inaugurazione del nuovo polo tecnologico. A destra: il Laboratorio di Taratura accreditato Accredia (LAT N. 044), attivo dal 1989, assicura la “riferibilità metrologica” ai campioni nazionali e internazionali delle tarature effettuate; alcune delle macchine utilizzate per il controllo delle forze sono state ideate e realizzate internamente all’impresa e rappresentano un unicum a livello nazionale. In basso: i sistemi di pesatura Bilanciai sono in grado di gestire qualunque forma di prodotto e di connettersi facilmente con i gestionali aziendali, consentendo uno scambio sicuro e molto rapido di informazioni. di tante persone che hanno saputo interpretare al meglio i principi che ispirano il mondo cooperativo». All’inaugurazione, cui ha fatto seguito una visita all’interno del nuovo Polo Tecnologico, hanno partecipato, tra gli altri, i sindaci di Campogalliano e Modena, rispettivamente PAOLA GUERZONI e GIAN

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CARLO MUZZARELLI, il presidente della Camera di Commercio, GIUSEPPE MOLINARI e il presidente della Regione Emilia-Romagna STEFANO BONACCINI. Accanto al presidente Enrico Messori, a sottolineare l’importanza del lavoro delle persone all’interno di Cooperativa Bilanciai, a fare da guida i responsabili delle aree del

Polo Tecnologico: MORENA CASALI, responsabile Laboratorio LAT044; LUCA MASSARENTI, responsabile reparto Eurocell; ROSSANO PEDRAZZI, responsabile reparto elettronico; FRANCESCO PAOLILLO, responsabile reparto AWI, incentrato sulla fabbricazione di macchine peso-prezzatrici e selezionatrici ponderali.

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prima all’ultima fetta. Le porzioni risultano così composte da fette omogenee, senza necessità di cernita o abbinamento durante il confezionamento, sfruttando anche le estremità di testa e coda dei tagli anatomici, la resa aumenta fino al 98% con give-away ridotto a 0,8%. FALCON preformer viene programmata e azionata per mezzo di un’unica inter-

faccia, intuitiva posizionata a bordo della FALCON evolution, la collaudata taglia-porzioni automatica per il confezionamento a peso fisso. Estrema flessibilità, elevata produttività e massima precisione sono alcuni dei punti di forza, grazie alla pre-formatura agevole e veloce, con stampi di facile montaggio, sostituzione e rimozione. Inoltre, pre-

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bilancia e telecamere per la misurazione del prodotto, consentono di impostare qualsiasi tipo di taglio. Pannello touchscreen, pinze di aggancio specifiche per ogni prodotto, rullo motorizzato ferma-prodotto durante il taglio, nastri trasportatori accelerati e affidabile tecnologia di taglio caratterizzano l’innovativa soluzione completa TREIF. Infine, immancabile in tutta la gamma di attrezzature TREIF, il design realizzato attraverso strutture completamente apribili semplifica le operazioni di pulizia, strutture e accessori sono in acciaio inox o materiali approvati per l’uso a contatto con gli alimenti, completamente sanificabili, per rispondere ai massimi requisiti di igiene. Informazioni • NICOLETTA TARASCONI Managing Director TREIF ITALIA nicoletta.tarasconi@treif.com

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Hail to the thief, Radiohead

Hail to the Steak di Giovanni Papalato

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amburger. Carne. Bistecca. Sono tre parole presenti sulla copertina di “Hail to the thief”, sesto album di RADIOHEAD, uscito nell’estate del 2003: parole strettamente iconografiche nel sistema alimentare statunitense, idealmente riconducibili a due capisaldi gastronomici ben precisi. Quello più legato alla nostra rivista, la “Steakhouse”, fa parte di una realtà e di un immaginario molto identitario. Ma ciò che ora è convenzionalmente rappresentato da raffinati ristoranti dove poter assaporare bistecche ricavate dai tagli delle carni più pregiate, ebbe origine dalle rozze Chop Houses inglesi, punti di ristoro per i viandanti più facoltosi. Situate al primo piano delle tipiche case a schiera, erano costituite da rudimentali tavoli comuni sui quali si consumava carne cotta nel camino e servita tranci (to chop =

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tagliare a pezzettoni) accompagnata da birra spillata al momento. Fu il Meatpacking District (nomen omen) a New York il luogo dove dare continuità a questo tipo di ristorazione, che poi si trasformò nel Beefsteaks Banquet, un evento occasionale utile a celebrare successi economici e politici, in cui venivano cotti alla brace solo i tagli più nobili (quindi le bistecche) provenienti dalle carni migliori che il distretto, quindi tutto il Paese, poteva offrire. Ma Carne, Hamburger, Bistecca sono anche tre parole che in mezzo a tante altre compongono una mappa. In questo caso è quella di Los Angeles, ma in realtà è molto di più. Una mappa ci dice dove siamo e come possiamo orientarci, come raggiungere una destinazione, o come abbandonarla. La band di Oxford veniva da due album come “Kid A” e “Amnesiac”

con cui avevano destrutturato la musica rock e pop, suscitando il consenso di critica e pubblico. Dischi in cui l’elettronica ha contribuito in maniera decisa a sabotare stereotipi ed elaborare strutture inedite che hanno poi influenzato sperimentazioni a venire. Lo smarrimento è fisiologico. Ecco allora che disegnare una mappa diventa necessario. Dove siamo? Dove vogliamo andare? Un tour estenuante che ha conquistato anche gli Stati Uniti post 9 settembre 2001, vissuto tra le strade che li uniscono e i cartelloni pubblicitari che compongono l’artwork del disco assieme a parole prese dai testi del disco. E adesso? Los Angeles prima di tutto. Perché il disco è stato registrato lì in due settimane. A Hollywood e sotto la direzione dello storico produttore NIGEL GODRICH. Al ritmo di un brano al giorno, a differenza del

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meticoloso processo di incisione ed editing dei due dischi gemelli che lo precedettero, il sesto disco di Radiohead è quindi immediato, diretto come un album suonato dal vivo, ma in studio. Integrando strumentazioni elettroniche e analogiche, in un amalgama concreto. Ecco perché il disco comincia con JOHNNY GREENWOOD che collegando la chitarra all’amplificatore si rivolge agli altri in studio con We’re on (“Siamo collegati”) e THOM YORKE che replica That’s a nice way to start, Johnny (“Questo è un bel modo di iniziare, Johnny”). Così, con un arpeggio e una drum machine, 2 + 2 = 5 prende vita. Chiaro riferimento a “1984” di ORWELL, al falsetto raddoppiato che guida la prima strofa si aggiungono fingerpick e accordi aperti in un crescendo che conduce ad un’accelerazione tanto intensa quanto rapida, amplificata da una batteria che aggiunge coralità. La voce esprime un’urgenza tanto intensa quanto empatica. È davvero un brano perfetto per dare inizio ad un album, soprattutto con un carico di aspettative così alto. Quella che segue è a mio parere una delle canzoni più sottovalutate tra quelle pubblicate dalla band inglese. Sit Down, Stand Up funziona in qualche modo da ponte tra questo disco e il precedente, soprattutto grazie alla prima parte glitch mixata ad un carillon di note sospese, per poi lentamente accumularsi di beat fino a detonare in un fervido delirio ai limiti della giungle. Il primo vero respiro senza tensione arriva con Sail To The Moon, grazie ad un dialogo cadenzato tra chitarra e pianoforte su cui entra dolce la batteria e che muta in maniera organica, fino a prendere la forma di una preghiera laica. Una mano leggera e accurata che fa sembrare un esecuzione complessa come qualcosa di molto semplice, il momento più positivo del disco. Una bellissima canzone onirica scritta da Yorke per il giovane figlio, in cui una persona può fare la differenza e ogni bambino ha il potenziale per salvarci dal peggio di noi stessi.

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Backdrifts apre il secondo lato con un iniziale stordimento oscillatorio su cui si innesta un’algida batteria elettronica. Continua riempiendosi e svuotandosi di bassi tra i quali si infila e si alza la voce di Yorke, che poi scompare tra beats gommosi pulsanti di digitale. Con un incipit western si apre il flusso di coscienza di Go To Sleep, in cui si sottolinea con sarcasmo quanto possa essere più pratico camminare come sonnambuli per tutta la vita, evitando di indignarsi, rifugiandosi nel falso conforto dell’indifferenza, nel sonno della coscienza e della ragione. L’insolito approccio acustico si trasforma poi in qualcosa di molto connotato al passato di Radiohead, quasi fosse un brano uscito dalle session di “The Bends” e dove la sensazione di un disco registrato con session live è davvero forte. Il primo disco si chiude con un altro dei brani che personalmente

ritengo tra i migliori in tutta la produzione di Radiohead: Where I End And You Begin è un’avventura sonica meravigliosa. L’E-Bow di Greenwood, la linea di basso del fratello COLIN che rimanda a colori che sanno di New Order, il groove di PHIL SELWAY, creano un insieme di rara intensità che si prolunga e si intensifica man mano che la canzone cresce attraverso la plurivalenza delle liriche. Potrebbe parlare di due persone che si amano, di genitori e figli, del rapporto tra l’uomo e l’ambiente, risultando credibile in ogni sua interpretazione e riuscendo così ad essere nuova ad ogni ascolto. Quando We Suck Young Blood comincia, si ha la netta percezione che qualcosa si sia interrotto. È il ritmo dell’album che si era formato canzone dopo canzone e che ora si ferma. Ecco che ritorna utile il concetto di mappa per ritrovare la direzione da seguire. Riprendiamo in mano la

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Thom Yorke, frontman dei Radiohead. copertina, questo ritratto stradale di Los Angeles, mentre sentiamo vecchie celebrità muoversi in cerca di giovinezza a cui simbolicamente succhiare il sangue. Blues, col suo tempo oscillante, la pronuncia esasperata nell’interpretazione da cantante consumato, l’handclapping fuori sincrono, è una canzone macabra che sembra trascinarsi fino a quando non irrompe un caos organizzato che implode sui tasti del pianoforte prima di quietarsi definitivamente. L’ascolto continuo dei notiziari della guerra in Iraq sono l’ispirazione di The Gloaming, in cui si canta di un’umanità che si muove nel crepuscolo della sua esistenza, operando scelte casuali senza preoccuparsi delle conseguenze. Ossessiva e ipnotica si sposta su una struttura ritmica che sembra fatta con campionamenti di vetro e plastica, tra filtri e trame percussive. Siamo di nuovo in viaggio, quando ti sembra di entrare in una foresta, le bacchette e i tamburi scandiscono i tuoi passi, la chitarra scintillante ti invita a seguirla, sei dentro una canzone pop destrutturata,

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gratti la superficie e ti trovi davanti all’ambivalenza di una meraviglia e tragica consapevolezza. Sei lì lì, sei dentro There There, in attesa di incidenti che aspettano di accadere. È invece una storia di manipolazioni quella di I Will, avendo già vissuto all’interno del precedente “Amnesiac”. Scritta durante le sessioni di “Kid A”, ma ritenuta fuori dall’identità del progetto, venne registrata al contrario aggiungendo un testo ad hoc anch’esso cantato in reverse e diventando così Like Spinning Plates. La versione qui su “Hail To The Thief” è spogliata di tutto, semplicemente chitarra e voce, prodotta al minimo ma carica di intensità. Il testo, una dichiarazione di pacifismo e di lotta per proteggere i propri cari anche quando non sembra più possibile, è tra i più drammatici e rabbiosi di tutta la discografia della band di Oxford. Tutt’altro approccio rispetto al sarcasmo che nutre Punch Up At A Wedding. Sembra uscita da “Berlin” di LOU REED, un album che ha segnato in maniera indelebile le generazioni successive nell’arrangiare canzoni

come parate circensi e distaccate, tra il grottesco e il provocatorio. La “scazzottata” del titolo è una critica interna al movimento militante di cui Yorke fa da sempre parte, insofferente alla sua autoreferenzialità. Arriva così come una sterzata a cambiare strada e prendere velocità Mixtomatosis, altro brano emblematico del percorso di Radiohead. Stratificato come l’artwork grazie a sezioni di nastro assemblate su cui sono eseguite singole parti di synth, suona ipertrofico ma senza pesare un accumulo organico e pulsante di strumenti analogici e digitali, infiltrati uno nell’altro, sempre più intricati e vivi. Poco prima di un minuto e mezzo dal principio si apre un fascio di policromie, come una montagna di specchi colpita dal sole, un momento di speranza inghiottito da cumuli di beats a premere giù. In direzione contraria c’è la voce di Yorke che non esplode mai, quasi sia claustrofobica. Confessa la frustrazione di un uomo che vive con difficoltà il suo successo artistico, attraverso metafore e allegorie di rara intensità. Aspettative, pressioni della casa discografica, depressione, il tentativo di salvezza nella composizione, la mistificazione della stampa che carica le sue parole di significati che non hanno. C’è bisogno di respirare e Scatterbrain arriva come quando si cerca una via di uscita e, raggiungendola, ci si ritrova in campo aperto. Qui la voce non si costringe, liberandosi di ogni vincolo in un arrangiamento minimale, dando forza ad un testo dove si cerca di resistere alla confusione indotta da tutti i sovraccarichi del quotidiano. È un flusso di coscienza onirico e amaro quello di Wolf At The Door che chiude il disco con un melting pot di parole spaventose, una parata di disagio così estrema da diventare purificatoria. Esorcizzare le proprie paure, portandole in superficie, esibendole. Cantarle con una voce che non teme di mostrare emozione dentro un valzer che scivola al ritmo di un battito cardiaco, la chitarra di Greenwood a ballare fianco a fianco di un organo vaudeville,

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sperando che il lupo non arrivi alla nostra porta. Alla fine del viaggio, riguardiamo la mappa per capire dove siamo stati e dove possiamo tornare. I dettagli sono molteplici pezzi di colore e parole, diretti, potenti. Se allontaniamo lo sguardo l’immagine assume un significato completamente differente, una struttura articolata e cerebrale ma non per questo meno potente. Possiamo dire lo stesso per l’album, dove ogni canzone esprime un valore assoluto, ma diventa altro da sé inserendosi in un contesto plurale, riuscendo ad essere identità viva e coesa nella diversità. Disorienta e rapisce il dualismo

che si manifesta tra la musica più positiva ed esplicita rispetto ai gemelli “Kid A” e “Amnesiac”: la voce libera e senza effetti o virtuosismi di Thom Yorke come mai si era sentita prima (e come non sentiremo più fino a “Moon Shaped Pool” tre album e tredici anni dopo) contro l’angoscia e la preoccupazione espressi nei testi che sussurrano e gridano di guerra, politica, delusione nei rapporti, capitalismo, la stampa asservita e manipolatrice, la lotta che ognuno di noi deve fare per resistere. Un concept album senza la volontà di esserlo, ogni brano ha un sottotitolo, tra citazioni dantesche, orwelliane ed ermetismo come

sovrastrutture che si impilano, sommandosi, accumulandosi, diventando una cosa sola. Verboso e suonato, flussi di coscienza e urgenza espressiva, “Hail To The Thief” non riesce anche a distanza di anni ad essere considerato tra i migliori album di Radiohead per critica e fan, entrambi devoti ad un’ideale trilogia che comprende tre lavori usciti tra il 1997 e il 2001. Dopotutto due più due fa cinque, no? Giovanni Papalato Note A pagina 142, photo © MUU; a pagina 143, photo © Lucio Pellacani.

MUU: a Porto bistecche e musica in una steakhouse giovane e stilosa A Porto, la cittadina portoghese nota per l’omonimo vino liquoroso (Vinho do Porto) prodotto con le uve della magnifica valle del Douro, in Rua do Almada, si trova questa steakhouse dagli arredi industrial style, frequentata da una clientela locale e internazionale e gestita da uno staff giovane e cordiale, in cucina e in sala, che ha scelto per la propria comunicazione sui social di affidarsi alla musica. Ogni post, ogni immagine di MUU, questo il nome del locale, si accompagna infatti ad una canzone, al titolo, al nome dell’album che la contiene, ad una citazione del testo… I Radiohead vanno per la maggiore, tanto da finire anche sull’etichetta delle bottiglie di Douro Doc imbottigliate ad hoc per il ristorante. Ironici e pieni d’entusiasmo, i ragazzi di MUU sono da seguire, anche nelle loro scelte musicali. >> Link: www.muusteakhouse.com

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STATISTICHE

Scambi commerciali cosce suine in Italia 1o semestre 2020

S

econdo stime ANAS elaborate su dati ISTAT, nel 1o semestre 2020 l’importazione di cosce suine fresche e congelate (incluse le cosce importate con le carcasse/mezzene) è calata del

11,5% rispetto allo stesso semestre del 2019, per un totale di circa 25,773 milioni di pezzi. Per quanto riguarda l’export, si è registrato un calo delle esportazioni di prosciutti crudi e speck e dei prosciutti cotti,

mentre si registra un incremento delle esportazioni di cosce fresche e congelate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (photo © surfmedia – stock.adobe.com). Fonte: Anas

Elaborazione Anas su dati Istat. Le differenze % indicano il rapporto tra n. cosce 1o semestre 2019. I dati sono suscettibili di aggiornamenti.

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Dati in .000 di capi. Elaborazione su dati Istat.

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Le macellazioni suine nell’UE

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ROBERTA SCHIRA FRANCO CAZZAMALI (con) Il libro delle frattaglie Storia, scienza e cucina Editore: Ponte alle Grazie Collana: Il lettore goloso 344 pp. – € 18,00

Il Grande Libro di Cucina di Alain Ducasse Carne JEAN-FRANÇOIS PIÈGE, ELENA DIDIER, FRANCK CERUTTI, PATRICK OGHEARD (a cura di) Editore: Giunti Collana: Libri di Ducasse 384 pp. – € 28,00

FRANCO GUARDA, DAVIDE BIAGINI, FAUSTO SOLITO Il bue nella storia dell’uomo e nelle tradizioni del Piemonte Note tecniche, storiche, artistiche e letterarie L’Artistica Editrice 208 pp. – € 16,00

Un libro che non può mancare nella biblioteca di un appassionato di carni. Scritto da ROBERTA SCHIRA insieme al grande macellaio FRANCO CAZZAMALI e pubblicato a inizio 2008, “Il libro delle frattaglie” è un grande classico! Fra tutti i cibi, le frattaglie godono probabilmente della reputazione peggiore: si dice siano poco sane, troppo grasse, indigeste, quando non vengono definite ripugnanti; meno si consumano, meno si conoscono, più si alimentano fraintesi e luoghi comuni. Lo scopo del libro, il primo repertorio sistematico e completo mai pubblicato sulle frattaglie e il loro uso in cucina, è innanzitutto far conoscere il “quinto quarto” in tutte le sue parti, dalle frattaglie di bovino a quelle di pesce, mostrare quanto siano sane e nutrienti e, addirittura, politicamente corrette, e, attraverso le oltre 350 ricette, esplorare in tutta la sua ricchezza e varietà un territorio del gusto gelosamente custodito dai suoi cultori e ingiustamente trascurato da troppi amanti della buona tavola.

A come Agnello, B come Beccaccia, C come Coniglio... Così ALAIN DUCASSE spiega la scelta di organizzare intorno a questo alfabeto di ingredienti “ispiratori” Il Grande Libro di Cucina di Alain Ducasse. L’insuperabile savoir faire del Maestro — affiancato dai suoi più stretti collaboratori, JEAN-FRANÇOIS PIÈGE, DIDIER ELENA, FRANCK CERUTTI, PATRICK OGHEARD, BENOÎT WITZ — diviene così patrimonio di tutti gli appassionati della grande cucina, dei cultori del gusto, dei professionisti del settore. Oltre 190 ricette a base di carne, in cui l’estro creativo di Ducasse si esprime in piatti assolutamente originali e nella rivisitazione dei “classici” della tradizione francese.

“Il bue nella storia dell’uomo e nelle tradizioni del Piemonte” nasce dalla collaborazione tra i Dipartimenti di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari e di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Torino. Il bue ha attraversato la storia della civiltà umana, lasciando una traccia profonda nella cultura, nell’agricoltura, nell’arte, nelle tradizioni e nella vita dei popoli. In modo particolare in Piemonte ha avuto un ruolo centrale per certe comunità rurali che hanno reso questa produzione caratteristica, tipica e tradizionale. Gli autori, docenti universitari e professionisti in scienze animali, hanno affrontato il tema in un’ottica interdisciplinare e divulgativa. Partendo dal ruolo del bue nei miti, nelle religioni, nell’arte e nella letteratura, il libro analizza da un punto di vista storico e scientifico la castrazione, i suoi effetti, i suoi ruoli e si conclude con la tradizione e la tipicità della produzione del bue in Piemonte attraverso notizie storiche sulle fiere dedicate a questo animale.

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20° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE

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