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Ecosancho, il pollo ecologico di Segovia Riccardo Lagorio

L’Italia del biologico

Con 2,1 milioni di ettari impegnati, siamo il terzo Paese in UE per superfi cie coltivata e il primo come numero di produttori attivi (71.590), con un’incidenza di superfi cie bio sul totale pari al 16,6%. Nel 2021 abbiamo segnato un nuovo anno record per produzione e consumi, nonostante la crisi pandemica. La situazione di incertezza non solo non ha fatto desistere dall’acquisto di prodotti bio, ma ha generato un incremento su ogni fronte. Nel 2020, la spesa nella GDO ha registrato un +4% rispetto al 2019 (dati: ISMEA) e, secondo COLDIRETTI, salgono alla cifra record di 4,3 miliardi di euro i consumi domestici di alimenti bio. In un trentennio, i consumi nazionali sono cresciuti senza interruzioni ed oggi il biologico è nel carrello di circa sette famiglie italiane su dieci (il 68%). Dal 2010 l’incremento registrato è di oltre 879.000 ettari coltivati e 29.000 nuove aziende agricole. La superfi cie biologica raggiunge così, nel 2019, quota 1.993.236 ettari, segnando, rispetto al 2018, un +35.000 ettari, con una crescita attorno al 2% (dati: SINAB). Nel 2019 la dimensione media di un’azienda biologica italiana era di 28,3 ettari, contro quella di tipo convenzionale che ne segnava 11. Ma nel 2019 è aumentato anche lo sviluppo dell’acquacoltura biologica, dove gli operatori coinvolti hanno raggiunto le 59 unità, con un incremento dell’11% rispetto all’anno precedente. La loro distribuzione territoriale vede protagonista il CentroNord, le cui regioni raccolgono circa il 75% delle imprese nazionali, impegnate soprattutto nella mitilicoltura e molluschicoltura. Il Centro e il Meridione, invece, riguarda prevalentemente attività di allevamento di spigole e orate. Passando alle carni, il numero di capi da zootecnia bio, al 31 dicembre 2019, risultava limitato al 4% per i bovini, mentre è in calo con valori percentuali negativi di oltre il 10% per suini, ovini, caprini ed equini, registrando una diminuzione complessiva. Nello stesso periodo di riferimento, è invece positiva la tendenza per il comparto avicolo, in cui il pollame cresce del 14% giungendo a quasi 4 milioni di capi complessivi. I consumi di prodotti bio del settore agroalimentare, in linea con quanto accade nel mondo della produzione, si sono incrementati nell’ultimo anno del 4,4%, superando i 3,3 miliardi di euro (dati aggiornati al primo semestre 2020). Per defi nire il valore del mercato del biologico italiano vanno poi aggiunti i consumi dell’HO.RE.CA., delle mense scolastiche e dell’export ancora non stimati. L’incidenza complessiva delle vendite di biologico sulla spesa per l’agroalimentare italiano è del 4%. Nel 2020 il 90% dei consumatori italiani ha acquistato più di tre volte un prodotto alimentare biologico (+1,4% rispetto al 2019). Un valore signifi cativo che sale al 97% se si considerano le famiglie che lo hanno fatto almeno una volta. ISMEA e NIELSEN evidenziano un incremento degli acquisti sia per i prodotti a largo consumo confezionato che per i prodotti freschi sfusi. E, anche a seguito delle restrizioni dovute alla pandemia, il biologico continua a mostrare performance di tutto rispetto, in particolare nella Distribuzione Moderna, con un incremento del 5,7% nelle vendite. Molto bene anche i discount, che nei primi mesi del 2020 crescono del 10,7%, pur esprimendo fatturati ancora marginali, soprattutto se confrontati agli altri canali di distribuzione del biologico. Sul fronte dei prezzi al consumo nella GDO si registra un aumento medio del +1,2% rispetto all’anno precedente ed una riduzione delle transazioni di prodotti biologici venduti in promozione (–10,8%, dati 2019 su 2018).

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tresì il rapporto diretto produttoreconsumatore. In Italia ce ne sono già almeno una quarantina. Non riguardano la coltivazione di un singolo prodotto, ma sono in grado di creare importanti sinergie tra aziende agricole, imprese della trasformazione e turistiche.

Il terzo punto è la revisione del sistema dei controlli, in merito al quale è prevista una delega al Governo per la razionalizzazione e il riordino. Il sistema delle verifi che va infatti rafforzato, all’insegna di una maggiore trasparenza, con l’impiego di piattaforme digitali di tracciabilità e in un’ottica di semplifi cazione. All’attenzione della norma anche l’integrazione tra gli operatori, il cui progetto punta a mettere a sistema le imprese anche in termini di interprofessionalità.

Un articolo è infi ne dedicato alla ricerca nel comparto, con un occhio particolare all’innovazione. Il Piano d’azione nazionale dovrà individuare le risorse, destinando una quota pari al 2% del fatturato proveniente dalle vendite di prodotti fi tosanitari e fertilizzanti di sintesi chimica realizzato nell’anno precedente. Una sorta di compensazione per l’utilizzo dei prodotti chimici anziché bio nei campi. Questa legge rappresenta una pietra miliare nella storia del biologico in Italia, ma sarà ricordata anche per le polemiche

che ne hanno preceduto l’appro-

vazione che, cosa davvero anomala per le nostre prassi interne, hanno visto anche il pronunciamento del Presidente della Repubblica SERGIO

MATTARELLA.

L’iniziale equiparazione tra biologico e biodinamica, in parte

cancellato nei più recenti passaggi tra Camera e Senato, aveva infatti destato la reazione scandalizzata del mondo della scienza, compreso il premio Nobel per la Fisica GIORGIO PARISI, che non ha esitato ad invitare pubblicamente le Camere ad una rifl essione seria sulla questione.

In un momento così diffi cile, in cui il tentativo di debellare il coronavirus si scontra con correnti di pensiero contro i vaccini, mettendo in dubbio la credibilità della scienza, l’approvazione di un simile testo di legge sarebbe stato infatti un ulteriore scandalo. D’altronde l’equiparazione tra biologico e biodinamico non solo non è condiviso dal mondo accademico e scientifi co, ma non è nemmeno presente in nessuna forma nel Regolamento europeo sull’agricoltura biologica e dunque non appare in linea con la normativa comunitaria, mettendo l’Italia al rischio di pesanti e lunghi contenziosi sul tema.

Il riconoscimento normativo della biodinamica avrebbe comportato l’approvazione di metodi considerati privi di ogni validità oggettiva; in più, è noto che il marchio “Biodinamica” sia di proprietà di una società multinazionale con fi ne di lucro, che a seguito del riconoscimento legislativo avrebbe acquisito un vantaggio competitivo rilevante e ingiustifi cato, oltre che ingiusto. Si tratta, come l’hanno defi nita numerosi studiosi, di un insieme di pratiche fondate su rituali esoterici e astrologici che, se fosse stato legittimato nel nostro ordinamento, avrebbe posto l’Italia nella ridicola condizione di essere il primo Paese europeo a promuovere il pensiero magico in una legge dello Stato. E a chiedere che non si procedesse in tal senso non erano solo illustri scienziati, tra cui coloro che fanno capo all’Accademia dei Lincei e quella dei Georgofi li (una petizione fi rmata da 35.000 tra ricercatori e cittadini), ma anche gli stessi operatori e alcune confederazioni del settore. Nel Paese che vieta la coltivazione di OGM — pur garantiti e approvati dalla ricerca scientifi ca più avanzata — sarebbe stato ridicolo accettare e conseguentemente fi nanziare l’attuazione di credenze frutto di superstizioni, per di più contribuendo a riempire le casse di soggetti privati.

Il tentativo di equiparare aziende biodinamiche e biologiche non regge nemmeno alla prova dei fatti del PIL. Un piccolissimo numero di aziende biodinamiche — meno di 500 — andrebbe infatti ad essere confrontato con le oltre 132.000 censite dall’ISTAT come aziende biologiche. E non sarebbe stata tanto o solo una questione di fondi.

La sua approvazione nella norma avrebbe comportato la nomina di un separato rappresentante nei tavoli istituzionali di discussione sul tema, con tutte le conseguenze del caso. Detto ciò, si applaude al traguardo raggiunto e si spera sia solo un ulteriore passo della nostra agricoltura verso i mercati nazionali ed esteri.

Guido Guidi

Ecosancho, il pollo ecologico di Segovia

di Riccardo Lagorio

Le carni avicole sfamano il mondo. Nel 2020, la produzione si è avvicinata ai 140 milioni di tonnellate, marcando la distanza da quelle suine (di poco inferiori a 110 milioni) e doppiando sostanzialmente quelle bovine (ferme a 70 milioni). I dati ancora previsionali relativi al 2021 collocano l’Italia al quarto posto in questo particolare allevamento in Europa dopo Polonia, Germania e Francia, precedendo di un nulla la Spagna (dati: UNAITALIA). Dal Paese iberico arriva la notizia di un allevamento nato nel 2010 che oggi fattura poco più di mezzo milione di euro e che serve quasi esclusivamente negozi specializzati e ristoranti di alto profi lo, grazie alla cura nell’allevamento e alle carni proposte. I fondatori, marito e moglie, SANTIAGO RODRIGO ed ELENA HERRERO, lavorano polli, pollastre da ingrasso e capponi, realizzando una lunga serie di prodotti tutti biologici. «L’obiettivo ben riuscito è stato sin dall’inizio di produrre un pollo da cortile vero, con almeno 120 giorni di vita, in barba al regolamento europeo che ne prevede solo 81 e ai 43 dell’industria» spiega Rodrigo, per anni veterinario prima di avere puntato su questa impresa. «Così, oggi il 90% della nostra vendita avviene via internet e per mezzo di un servizio personalizzato, potendo avvalersi anche di macellazione halal grazie ad un collaboratore del Mali».

Gli animali passano attraverso una sequenza di piccoli macchinari in cui la prima parte ha una zona stordente (a basso voltaggio, tanto che perdono conoscenza ma il cuore continua a battere) che rende più facile per loro non soffrire e che, dopo aver tagliato l’aorta, permette un buon sanguinamento. Passano quindi attraverso la zona di lavaggio a una temperatura di 50 ºC e con bolle d’aria in modo che l’acqua penetri bene tra le piume.

La fase successiva riguarda la spiumatura, che viene eseguita anche meccanicamente per mezzo di mani con dita di gomma. Una volta tolte le piume, si mondano le interiora togliendo il ventriglio e i fegatini, e si lavano esternamente e internamente. Il raffreddamento avviene per 12 ore a 0 ºC e senza umidità in modo che la carne sia secca e possa durare fi no a 15 giorni

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