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Statistiche Il patrimonio bovino, suino e ovicaprino al 1o dicembre 2021 Aurora De Santis

Amore, Asino

ASINO!

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di Giovanni Papalato

La parola asino, se riferita ad una persona, generalmente offende, ma è anche il nome di una band che viene da una regione, la Toscana, particolarmente votata all’allevamento di questo animale. Dalla parte meridionale, in Maremma, dove si trova l’Amiatino, con la sua caratteristica croce sulla schiena, ma anche nel Nord della Lunigiana da dove vengono GIACOMO “JAH” FERRARI (voce, batteria) e ORSOMARIA ARRIGHI (voce, chitarra) sono presenti diverse realtà per la produzione di latte e carne. Carne che ha un alto contenuto proteico (20-22% superiore a quella bovina), poco grassa (tra il 2-3%) e con una buona quantità di glucidi e un ricco contenuto di ferro, sali minerali e fosforo. Caratteristiche che la rendono bassa dì colesterolo e molto digeribile.

Il sapore delicato, nettamente diverso da quello marcato del cavallo, trova numerose espressioni, dagli insaccati agli stufati, al cibo di strada. In Cina, per esempio, la carne di asino è considerata una specialità locale a Baoding e Hejian, provincia di Hebei, e l’hamburger d’asino (cinese: ; pinyin: lǘròu huǒshāo) si trova in tutto il Nord-Est. La carne e le frattaglie tritate, o anche solo tagliate, vanno a riempire l’interno di un “huǒshāo” o “shao bing”, una focaccia azzima al forno. Nello stile di Boading tutte le componenti sono calde, mentre in quello di Hejian la carne è servita fredda. Entrambe spesso sono condite con peperoncino verde e foglie di coriandolo. Un esempio di street food che nel tempo ha trovato spazio a diverse latitudini e anche in menù di ristoranti.

Più diffi cile trovare il salame, prodotto in quantità limitata nella provincia nord-occidentale di Vicenza. La razza è la Furlana, allevata nella zona intorno a Valdagno. Se una volta questi asini dal pelo grigio trasportavano i sacchi e i fagotti dei montanari, oggi sono allevati unicamente per la loro carne. Alle parti magre a Valdagno si aggiunge una percentuale inferiore al 40% di lardo di maiale e non si usano aromi, mentre a Posina, Arsiero e Laghi l’impasto conciato con noce moscata, pepe e cannella è costituito per il 60% da carne d’asino, fatta macerare nel vino rosso e, per il resto, da pancetta di maiale. Il salame è insaccato e lasciato asciugare per una settimana; segue una stagionatura di circa tre mesi. Si mangia cotto in tegame o crudo, tradizionalmente accompagnato dalla polenta di mais Marano. Diffuso lungo la Pianura Padana, c’è poi lo stracotto, uno dei piatti che personalmente cerco anche lungo l’Appennino.

Mentre scrivo sono passati pochi giorni dalla celebrazione (rimandata di qualche mese causa Covid) del decennale di quella band che ha scelto, appunto, asino per identifi -

carsi. Quattro anni fa, dopo “Crudo” e “Muffa”, usciva “Amore”, ancora sette brani fatti di chitarra, voci e batteria. Dritti sul muso. Un lavoro collettivo, fatto da diverse etichette indipendenti lungo tutto lo Stivale, che hanno stampato il disco in vinile e in audiocassetta oltre che distribuirlo in digitale.

Noise gustoso e irriverente, non monotono esercizio di genere, grazie ad un’attitudine ricca di personalità resa anche attraverso testi che mischiano iperrealismo al non sense di ogni giorno. Si viene trascinati così tra l’autoironia e la presa in giro, per esorcizzare quello che ci riempie e rompe il quotidiano.

Titolo quindi che non prende direzioni inedite di lenti da ballare stretti in un abbraccio, ma spinge invece su percussioni potenti e distorsioni elettriche che scuotono proprio come lo scalciare di un asino. Perfetta in questo senso la copertina, che propone i due in un abbinamento cromatico che sa di anni Settanta: sfondo giallo e loro in primo piano con un lupetto viola, agli ignari osservatori potrebbero sembrare un perfetto duo pop.

La puntina scende sui solchi e c’è la voce impostata da speaker radiofonico di quegli anni che introduce un fantomatico “gruppo pop di Napoli, con infl uenze americane ed europee” (la serietà dicevamo…). Parte Sentirsi Male, che cresce di note leggere e pelli scosse, mentre le parole arrivano come dall’altro capo del telefono, distanti ma chiare prima di una corsa allucinata di distorsioni. Chitarre aperte e sguaiate che invece danno vita a Enorme, giocando a rallentare e buttarsi, per poi risalire e girare su se stesse.

Cambia tutto ancora con Umberto Space Echo. Parte da quello che sembra essere un oggetto sferico che cadendo rimbalza generando battute che, campionate, danno origine ad un ritmo, prima che arrivino delle note distese, quasi un western spaziale, mentre si aggiunge la batteria e inizia un delirio allucinato in cui si mischiano Renzo Piano e pratiche burocratiche, scadenze, insofferenza e consapevolezza, tra riff asciugati e siderali e ritmi che diventano sempre più essenziale e stretti a stringere e chiudere. Un brano che riesce ad essere prezioso nella sua indole e nella sua forma: nervoso di nervi controllati ed espressi, non vinto dagli stessi.

Tutto il contrario della divertita e demenziale Orsomaria Curry, che in meno di un minuto mette insieme yodel, doppie voci, risate e insofferenza in cui si scherza sul nome di Orsomaria. Si torna seri, a modo loro, con la sprezzante e intensa “Offensivo”, altro brano centrale del disco che rallenta il ritmo, ma fa sempre tanto rumore con basso e batteria a servizio del sarcasmo di cui è piena. Ancora chitarre maleducate e piatti percossi quasi fi no a romperli in “Schiaphpho Due”, piacevolmente eccessiva prima della conclusiva “Trenita”, che sorprende con ritmi caraibici e sfuriate psycho.

Ed ecco che con elementi inediti si ha la prova della personalità della band: in intelligenza che passa dall’umorismo, i giochi di parole, il noise che è espressione e strumento, senza paura di dire/essere in maniera diversa e uguale, perché il nervo che li agita è lo stesso.

Se le basi sono state precedentemente band che hanno in comune una scena come Fine Before You Came, Laghetto, La Quiete per dirne alcuni, in quest’album è bello ritrovare nel modo di cantare certi Massimo Volume.

Ma al di là dei riferimenti, Asino, con “Amore”, hanno dato forma ad un disco bello e importante, con la personalità di chi è capace di gestire con fantasia un’energia che incontrollata sarebbe limitata e fi ne a se stessa. C’è un equilibrio tra la violenza dei suoni e il sarcasmo dei testi, nel gioco intelligente di scomporre e ricomporre in una struttura non allineata ma assolutamente coinvolgente, che non lascia indifferenti. Ecco perché è “Amore”.

Giovanni Papalato

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