IL PESCE 6-2020

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

N. 6/2020



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AUGURI D’AUTORE

Giovanni Ballarini Josette Baverez Blanco • Elena Benedetti Giovanni Binato • Gian Omar Bison Luciano Boffo Milena Borasca • Gaia Borghi Roberto Caproni • Irene Casini Federica Cornia Sebastiano Corona • Marco Credi Alessandro Cuomo Sarah Currò • Leonardo Demori Gabriella Di Lena Luca Del Grammastro • Maurizio Dell’Agnello Giorgia Fieni Riccardo Lagorio • Luca Mamiani Nunzia Manicardi Maurizio Masci • Francesca Monti Pierluigi Monticini Manrico Murzi • Teresina Nevigato Elena Orban Alfonso Piscopo • Massimiliano Rella Emanuele Rossetti Alma Carlotta Rui • Roberto Villa

Buone Feste da tutti Noi

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IL PESCE, 6/20

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SISTEMA DI RINTRACCIABILITÀ NELLA FILIERA CONFORME ALLA NORMA UNI EN ISO 22005:2008

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N. 6 Anno XXXVII Dicembre 2020

IL PESCE «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti – Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti – Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia – Dr. Aldo Tasselli

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Dr. Antonio Trincanato

Prestampa Marco Credi

Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele)

Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni

ANNUARIO del PESCE e della PESCA 2020/2021 N. 31

Fotografia Luigi Credi Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi

Annuario del Pesce e della Pesca

La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. Edizione 2020/2021 Copia cartacea: € 60,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983

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Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2929 – Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005.

IL PESCE DAL

1984

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Ovaj oglas sufinanciran je sredstvima Europske unije iz Europskog fonda za pomorstvo i ribarstvo / Inserto promozionale cofinanziato dall’Unione Europea - Fondo Europeo per gli affari marittimi e la pesca


N. 6 Anno XXXVII Dicembre 2020

IL PESCE

In questo numero:

Immagini

Il commercio mondiale di bivalvi

14

Frasi

Acquacoltura per un prodotto di qualità, sano e sicuro

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Regali

Canovaccio stiloso – Stampe vintage – Libri preziosi

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Attualità

La pesca al centro della Brexit

Roberto Villa

20

Cell fish: il pesce cellulare

Gianluigi Negroni

22 30

Cibo per la mente: le sfide del sistema europeo Rapporto Coop 2020: la pandemia come uno tsunami

Sebastiano Corona

32

Il pesce in rete

Social fish

Elena Benedetti

38

Acquacoltura

Mangimi funzionali per il miglioramento della pigmentazione cutanea nell’orata di allevamento

40

A pagina 52.

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Aziende

50

Aquasoja lancia la sua soluzione mangimistica per gli allevamenti di ricciola Effelle Pesca, sempre un passo avanti

Elena Benedetti

52

Valerio Sapucci, non solo tecnologia

Elena Benedetti

56

Società agricola Naviglio: nelle campagne mantovane nasce il primo caviale agricolo

Riccardo Lagorio

60

Un mondo dietro quel piatto di spaghetti alle vongole

Elena Benedetti

64

Interviste

Trote del Trentino IGP, quando è l’acqua di montagna a fare la differenza

Gaia Borghi

72

Marketing

Infodemia e gamification: un problema e una soluzione

Francesca Monti

78

Ambiente

La tropicalizzazione del Mar Mediterraneo

Josette Baverez Blanco 82

La qualità

La Colatura di Alici di Cetara conquista la DOP

Mercati

Il mercato dei bivalvi nel 2020

Roberto Villa

88

Il mercato dei salmoni nel 2020

Roberto Villa

90

84

Ostriche irlandesi: quel sapore unico direttamente dalle acque incontaminate dell’Atlantico

94

Trend

L’Italia si innamora dei surgelati

98

Indagini

L’olio del tonno in scatola? Non sprechiamolo

Il pesce in tavola

Polpo, non polipo!

Nunzia Manicardi

104

Platessa tutta la vita

Giorgia Fieni

108

Simone Rugiati sceglie Fish From Greece

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

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A pagina 156.

In copertina: Buone Feste dalla Redazione di Il Pesce (photo © Massimiliano Rella).

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Il mio ERP. CosĂŹ ho tutto sotto controllo. (ŕŠ•FLHQ]D WUDVSDUHQ]D Ă HVVLELOLWj ² TXHVWR q FLz FKH FRQWD RUD /¡,7 q OD FKLDYH SHU RWWHQHUOR &KH VL WUDWWL GL (53 0(6 ULQWUDFFLD ELOLWj R VRIWZDUH SHU OD SLDQLĂ€FD]LRQH LQWHOOLJHQWH LO &6% 6\VWHP q OD VROX]LRQH FRPSOHWD SHU OH D]LHQGH GHO VHWWRUH LWWLFR &RVu JLj RJJL SRWHWH RWWLPL]]DUH OD YRVWUD SURGX]LRQH H GRPDQL GLJLWDOL]]HUHWH O¡LQWHUD D]LHQGD

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Sapore di mare

Da Celeste tutta la magia della piccola Pellestrina

Gian Omar Bison

112

Nel regno dell’acciuga

Riccardo Lagorio

116

Week-end

Sulle tracce di Fra Diavolo tra zuppe di sarde, ragù di seppie…

Nunzia Manicardi

118

Il pesce in cantina

I due volti di Cantina della Volta

120

Eventi

SEALOGY® Digital Preview

122

Fiere

AlgaeFarm 2021

124

Il pesce? Sano, buono e comodo, purché sia sostenibile

126

Specie ittiche

Schede di specie ittiche da pesca nazionale

Elena Orban et al.

128

La pagina scientifica

Tecnologie di disinfezione dell’aria per diminuire i rischi sanitari…

Gianluigi Negroni

136

Shelf-life delle vongole veraci confezionate in retina: un caso studio

Luciano Boffo et al.

142

Packaging

Il polistirene espanso nell’industria ittica

150

Tecnologie

Capecchi Spa ha scelto il gestionale CSB-System

156

Storia e cultura

La pesca in Arno

Maurizio Dell’Agnello 160

A pagina 104.

A pagina 60.

A pagina 56.

www.ilpesce-online.com 12

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IMMAGINI

L’Unione Europea assorbe più di un terzo del commercio mondiale di bivalvi, con un picco di due terzi per quanto riguarda i mitili. Un approfondimento di Roberto Villa sul mercato dei bivalvi a pagina 88 (photo © Shapelined x Unsplash).

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Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C.

www.trote.it


FRASI

Durante la drammatica situazione dovuta al Covid-19, l’acquacoltura è riuscita ad offrire al consumatore italiano un prodotto di qualità, sano e sicuro. Riteniamo che l’Unione Europea debba basare le sue decisioni su un’attenta valutazione degli impatti reali e che aiuti il sistema agroalimentare a promuovere i prodotti europei, esaltando l’elevato grado di sicurezza che riusciamo a mettere in campo oggi

Pier Antonio Salvador Presidente API – Associazione Piscicoltori Italiani, ad un recente webinar intitolato “Innovazione e tracciabilità nella filiera ittica e delle carni bianche”, quinto appuntamento con i Talk di Cibo per la Mente.

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REGALI

Canovaccio STILOSO Lo vende Bitossi Home nel proprio e-commerce all’interno della collezione denominata Bel Paese. È uno splendido canovaccio 100% in cotone da usare e mettere in bella mostra nella propria cucina. bitossihome.it

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ATTUALITÀ

La pesca al centro della Brexit Lotta strenua sulle due sponde del Mare del Nord per un mercato che per le imprese europee vale circa 250 milioni di euro. Per alcune specie l’export verso l’UE supera l’80% di Roberto Villa

Photo © mrivserg – stock.adobe.com

I diritti di pesca nelle acque nazionali all’interno dell’UE sono legati a quote determinate negli anni ‘70, quando il Regno Unito entrò a far parte dell’allora Comunità Economica Europea e furono attribuiti ad altri Paesi diritti nelle sue acque nazionali. Nel corso degli anni ‘80, e soprattutto dei ‘90, alcuni soggetti economici britannici vendettero i loro diritti ad operatori stranieri. Questa situazione ha condotto all’attuale stato per cui nel 2019, secondo i dati diffusi dalla BBC ed elaborati dalla New Economics Foundation, più della metà del valore delle quote dell’Inghilterra (160 milioni di sterline sui 293 milioni totali) erano in mano a soggetti di altre nazioni, lo stesso per il Galles, nonostante il valore assai esiguo (1,4 milioni di sterline sugli 1,7 milioni totali); più favorevole ai pescatori locali la

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situazione in Scozia (solo 24 milioni di sterline sui 523 milioni totali) e nell’Irlanda del Nord (1,2 milioni di sterline sui 72,5 milioni totali). Si capisce quindi come siano in particolare i pescatori inglesi i più agguerriti nel richiedere al governo di BORIS JOHNSON di lottare affinché con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea i diritti di pesca ritornino nelle mani di operatori economici con sede sull’isola. Da un lato le argomentazioni dei Paesi europei si battono sul fatto che alcune specie pescate, se lasciate ai Britannici, rischierebbero di non essere adeguatamente valorizzate: le aringhe, ad esempio, vengono pescate da Olandesi e Danesi che le vendono come tali o trasformano in farine di pesce per l’acquacoltura e la zootecnia, mentre nel Regno Unito non sono apprezzate dai consumatori.

JOHANNES PALSSON, Amministratore delegato della danese FF Skagen, uno dei più grandi produttori mondiali di farine e oli di pesce, provocatoriamente afferma in un’intervista alla BBC che «gli Inglesi dovrebbero imparare a mangiare molte aringhe» se non sono in grado di venderle al di fuori dei propri confini. Nell’ambito delle complesse trattative per la Brexit, la posta in gioco sullo sfruttamento delle acque risulta assai piccola in termini economici — come visto sopra raggiunge a malapena i 250 milioni di euro in valore —, tuttavia alcuni Paesi, Francia e Spagna in primis, non intendono rinunciare allo status quo e descrivono l’accordo sulle acque britanniche come una pre-condizione per un accordo di libero scambio tra le due entità un tempo unite. D’altra parte i fautori della Brexit

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di area governativa, i quali hanno fatto passare a larga maggioranza alla Camera dei Comuni una nuova legge sulla pesca, sostengono che questo nuovo provvedimento mira a «riprendere sotto controllo le nostre acque, dando la possibilità al Regno Unito di creare un’industria della pesca sostenibile e profittevole, assicurando al contempo la salute a lungo termine delle imprese nazionali. Lasciare le fallimentari politiche sulla pesca dell’Unione è uno dei maggiori vantaggi della Brexit, ciò significa che possiamo creare un sistema più equo» (THERESA VILLIERS, Ministro dell’ambiente, gennaio 2020). Le associazioni ambientaliste britanniche in ottobre hanno proposto emendamenti alla nuova legge volti ad introdurre misure che rendano la pesca nelle acque nazionali meno impattante, come impedire nelle aree marine protette l’attività ai grandi pescherecci che operano con reti a strascico oppure stabilire delle quote che tengano conto dei limiti consigliati dalla comunità scientifica, tuttavia sono stati bocciati. Ora il Governo di Londra vorrebbe far passare lo stesso tipo di accordo che l’Unione Europea ha con la Norvegia — con la quale le quote vengono decise sulla base della percentuale di ogni specie ittica all’interno delle acque di pertinenza nazionale — attraverso una rinegoziazione annuale; circostanza che il capo negoziatore per la Brexit dell’U-

Nell’ambito delle trattative per la Brexit, la posta in gioco sullo sfruttamento delle acque risulta piccola a livello economico. Eppure alcuni Paesi descrivono l’accordo sulle acque britanniche come una pre-condizione per un accordo di libero scambio tra due entità un tempo unite nione, MICHEL BARNIER, ha definito improponibile per la complessità di dover gestire ogni anno i diritti di pesca su decine di specie (se ne stimano fino a cento), mentre con la Norvegia non arrivano alla dozzina. Meno dello 0,1% del PIL del Regno Unito, ma la carica emotiva è alta tra i fautori della Brexit. Quattro quinti del pescato diretto verso l’UE. Al di là delle posizioni più o meno moderate del Governo Johnson, durante la campagna per il referendum del 2016 i pro-Brexit hanno narrato la ripresa di sovranità delle proprie acque come una faccenda emotiva, che ha in parte smosso molti, anche non direttamente interessati al settore, a votare a favore dell’uscita dall’Unione Europea. In termini economici la pesca costituisce infatti meno dello 0,1% del prodotto interno lordo del Regno Unito, secondo l’Office for National Statistics nel 2018 il valore totale del settore ammontava a 784 milioni di sterline, un nonnulla se paragonato ai 132 miliardi di sterline del settore dei

servizi finanziari, anch’essi piuttosto danneggiati dalla decisione popolare di uscire dall’Unione. Gli occupati nella pesca sono circa 12.000 con 6.000 imbarcazioni. Uno degli ostacoli maggiori all’accordo risiede nel fatto che molte delle specie pescate nelle acque del Regno Unito sono destinate al mercato comunitario, con punte del 90% per merluzzo e aringhe e tra l’80 ed il 90% per sgombro, bivalvi e crostacei (dati 2018, fonte Marine Management Organisation). L’assenza di un accordo di libero scambio tra i due contraenti esporrebbe i produttori locali ad una tassazione sicuramente sfavorevole rispetto alla situazione attuale, oltre a maggiori difficoltà di carattere burocratico (ispezioni veterinarie, controlli doganali) come per tutti gli alimenti freschi: al di là del senso di libertà riconquistata, rompere la corda potrebbe rivelarsi non così vantaggioso per gli orgogliosi pescatori di Sua Maestà. Roberto Villa

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Cell fish: il pesce cellulare di Gianluigi Negroni

La start-up californiana BlueNalu (www.bluenalu.com) ha meno di due anni eppure ha raggiunto un traguardo scientifico che molti ricercatori hanno solo sognato. Lo scorso dicembre, di fronte ad una piccola folla riunita nella baia di San Diego, gli operatori della BlueNalu hanno infatti preparato varie ricette usando una ricciola del Pacifico (Seriola lalandi) creata in laboratorio a partire da cellule muscolari di pesce (Figura 1). L’obiettivo di aziende come Blue Nalu è quello di soddisfare la domanda di prodotti ittici risolvendo le preoccupazioni etiche e ambientali del loro consumo attraverso la cellular aquaculture (acquacoltura cellulare), un processo che non è certamente familiare ai più. I fon-

datori dell’azienda affermano invece che i prodotti ittici fabbricati in laboratorio non sono più innaturali, ad esempio, dello yogurt greco, che pure richiede la crescita di colture di cellule. I filetti di Seriola BlueNalu sono molto versatili e possono essere cotti in padella, bolliti, fritti, mangiati crudi (sul sito di BlueNalu si trovano diverse preparazioni). Un’altra start-up californiana che produce “pesce cellulare” è la Finless Food (www.finlessfoods.com). I cofondatori, SELDEN e BRIAN WYRWAS, biologi molecolari, si sono incontrati all’Università e si sono concentrati sulla riproduzione cellulare del tonno (Thunnus thynnus) per ragioni di conservazione della specie. Finless Food dichiara che presto produrrà Bluefin tuna cellulare allo stesso

Seriola BlueNalu (photo © www.bluenalu.com).

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prezzo del tonno rosso in commercio (sono in partenariato con un’impresa di Parma, la Hi-Food). Attualmente i prezzi sono molto elevati. “Isoliamo le cellule che ci interessano da animali vivi senza sacrificarli: queste cellule devono sviluppare in fretta, efficientemente e differenziarsi in muscolo, grasso e tessuto connettivo, per avere la medesima consistenza dell’animale originale; il tutto naturalmente, con un impatto gustativo interessante per i consumatori” si legge sul loro sito. Agricoltura cellulare L’agricoltura cellulare si concentra sulla produzione di prodotti agricoli da colture cellulari utilizzando una combinazione di biotecnologia, ingegneria dei tessuti, biologia molecolare e biologia sintetica per creare e progettare nuovi metodi di produzione di proteine, grassi e tessuti che altrimenti provengono dall’agricoltura tradizionale. Vi è un crescente interesse per l’agricoltura cellulare come mezzo per affrontare le sfide legate alla salute pubblica, alla sicurezza alimentare, all’ambiente, al cambiamento climatico e al benessere degli animali; il concetto di produzione di animali acquatici da colture di cellule e tessuti sta emergendo come approccio da aggiungere ai classici sistemi di acquacoltura industriale e pesca. Per quanto riguarda i prodotti sostitutivi della carne e del pesce, si trovano già sul mercato dei burger vegani conosciuti da una buona parte di consumatori e dotati di un buon impatto sensoriale e visivo. Tali prodotti hanno un forte appeal perché hanno un basso impatto ambientale, non incidono negativamente sulla salute cardiovascolare umana e non contengono antibiotici o altri contaminanti che potrebbero trovarsi nei tessuti animali allevati.

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Figura 1 (fonte: www.sandiegouniontribune.com).

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Ma non sono questi prodotti l’oggetto del nostro interesse, bensì “nuovi” prodotti, per i quali dovremmo arricchire il nostro vocabolario con termini quali “cellule coltivate di pesce”, “cellule di pesce”, “pesce prodotto da cellule”, “pesce da agricoltura cellulare” o “pesce pulito” (dall’inglese clean), quest’ultimo più commerciale ed accattivante. In questo articolo useremo il nome “pesce cellulare”, o cell fish, ma vi sono attività di Ricerca & Sviluppo anche per produzioni di crostacei e molluschi con questa tecnologia. I sostenitori della cellular aquaculture dichiarano che i prelievi di cellule e il conseguente allevamento delle medesime venga eseguito senza uccidere il pesce; si produce in ambienti sterili senza contaminazioni e con un bassissimo impatto ambientale. Si tratta di un prodotto dichiarato altamente sostenibile. Gli sviluppi dell’ingegneria biomedica, come la produzione in bioreattori a sistema chiuso di cellule animali, hanno creato la base per la produzione su larga scala di cellule degli animali acquatici. Le tecniche di acquacoltura come la modificazione genetica e i RAS hanno ottenuto buoni risultati in passato. Qui presentiamo lo stato attuale dell’innovazione per lo sviluppo della produzione cellulare di animali acquatici in più specie, così come le opportunità e le sfide specifiche che esistono per il progresso di questa tecnologia. Gli autori di vari studi scientifici e le nuove start-up del settore ritengono che le proprietà fisiologiche della coltura di cellule e tessuti di pesce possano essere particolarmente adatte alla coltivazione industriale nei bioreattori. Le capacità fisiologiche delle cellule degli animali acquatici, inclusa la tolleranza all’ipossia, l’elevata capacità di resistenza a vari livelli di pH e alle basse temperature, le rendono interessanti per la produzione su grande scala, forse anche più delle colture cellulari di mammiferi ed avicoli. Questa condizione, unita alla compatibilità con i tessuti dell’esoscheletro dei crostacei come il chitosano, un comune prodotto di scarto dei crostacei e un derivato dei funghi, rappresentano una buona

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possibilità per la produzione di cellule di animali acquatici nei bioreattori industriali. Si richiedono comunque ulteriori ricerche per: • una maggiore comprensione della struttura delle cellule muscolari dei pesci e della coltivazione dei loro tessuti; • ulteriori indagini sulle formulazioni di terreni di coltura più adatti alla moltiplicazione cellulare degli animali acquatici; • specifici bioreattori industriali adattati per le esigenze delle cellule. Si stima che le catture della pesca industriale abbiano ridotto notevolmente il contenuto di biomassa oceanica. Gli effetti del riscaldamento globale sugli oceani minacciano ulteriormente gli stock marini. Mentre alcuni annunciano l’ascesa dell’acquacoltura come un vantaggio ecologico ed economico, altri ritengono che questa sola attività allevatoriale non possa risolvere completamente le richieste mondiali di prodotti ittici. I pesci d’allevamento carnivori sono spesso nutriti con farine di pesce selvatico, cosa considerata non sostenibile per grandi volumi di produzione necessari nei prossimi decenni. Con l’attuale sistema, l’aumento delle produzioni di acquacoltura dovrà andare di pari passo con un aumento delle catture di pesce pelagico selvatico o prodotti alternativi (scarti di lavorazione del pesce e di altri animali o amminoacidi sintetici). Il concetto di produzione di carne e pesce da colture cellulari piuttosto che da animali vivi, come mezzo per fornire tessuto muscolare nutritivo, non è più una fantasia. Le attività pratiche si sono concentrate sulla crescita dei mammiferi o cellule di tessuti avicoli per sostituirne il tessuto muscolare, ma non si sono dimenticate le pelli e pellicce. L’agricoltura cellulare viene facilmente estesa a cellule di pesce, molluschi e crostacei e tessuti per sostituire gli animali acquatici. Una simile produzione su scala industriale potrebbe avere vantaggi unici per mercati ancora vergini e per prodotti ad elevato valore aggiunto come il caviale.

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Attualmente i costi della produzione di carne e pesce cellulare sono molto elevati, ma si prevede che si abbasseranno quando si produrranno su scala industriale. Bisogna poi considerare la normativa sulla sicurezza alimentare e l’accettazione culturale, situazioni difficili da quantificare. LA FAO annualmente ci presenta alcune indicazioni sui trend delle catture e produzioni ittiche mondiali. L’acquacoltura ha recentemente superato la cattura marina come principale fonte di pesce per il consumo umano. Infatti, le catture marine sono costanti negli ultimi anni, stabilizzate a circa 90 milioni di tonnellate, mentre l’allevamento di pesci e crostacei è notevolmente aumentato: ciò dimostra che l’acquacoltura, pur crescendo, non ha diminuito la domanda di pesce pescato in natura. Inoltre, come già accennato, molti pesci d’allevamento dipendono dai mangimi provenienti dalla pesca. La popolazione mondiale ed i consumi di pesce sono invece in aumento. Sempre la FAO ci segnala infatti come i consumi mondiali di pesce siano in crescita: 20,5 kg pro capite nel 2020 contro poco meno di 10 kg pro capite negli anni ‘60 del secolo scorso. Ingegneria genetica e miglioramento dell’acquacoltura La genetica ha portato ad un notevole aumento della produzione da acquacoltura, con migliori tassi di conversione del mangime e uno sviluppo in tempi brevi per i pesci in sistemi a ciclo chiuso RAS (Recirculation Aquaculture System). Alcune carpe geneticamente modificate (Labeo rohita) crescono molto più velocemente delle loro controparti allevate tradizionalmente. Si sono create tilapia e salmoni geneticamente modificati. Il salmone di AquaBounty (aquabounty.com), approvato per la produzione e la vendita in Canada, si sviluppa due volte più velocemente delle proprie controparti selvatiche, con un miglior tasso di conversione del mangime. Questi pesci rappresentano allo stesso tempo un alimento formidabile ed una minaccia per l’ecosistema, quindi vengono prodotti


Selden e Brian Wyrwas, fondatori di Finless Food. solo in sistemi chiusi e terrestri. I soggetti allevati sono solo triploidi e quindi femmine sterili. Nonostante queste misure di sicurezza, ostacoli normativi significativi, uniti a pressioni legislative, hanno impedito al pesce geneticamente modificato di entrare nel mercato statunitense. Produzione di animali acquatici a base cellulare La tecnologia per la coltura cellulare o tissutale di animali acquatici si basa sui seguenti elementi integrati (Figura 2): • tipologia della cellula originata dal tessuto di origine (possono essere cellule staminali); • un mezzo di crescita per fornire le sostanze nutritive per la proliferazione e differenziazione delle cellule; • un bioreattore per supportare la crescita. Per i tessuti tridimensionali, sarebbe necessario una struttura (scaffold) biocompatibile per la crescita e la maturazione cellulare. I bioreattori sono ambienti a sistema chiuso complessi per produrre biomasse, richiedono il monitoraggio costante (circuiti di feedback per il controllo del processo), manu-

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tenzione e ottimizzazione continua di più parametri. Necessitano di un substrato di coltura o media appropriato. Sono già utilizzati in campo biomedico per la generazione di tessuti di piccole dimensioni, soprattutto per mammiferi. Nei pesci teleostei troviamo tre tipi di muscoli: rosso, bianco e rosa. Il muscolo rosso è costituito da fibre con alta densità di mitocondri, una ricca vascolarizzazione capillare e ha lente contrazioni. I muscoli bianchi sono a contrazione rapida, con abbondanti miofibrille e utilizzano principalmente vie metaboliche anaerobiche; sono utilizzati per il nuoto alternato e le partenze veloci. Il muscolo rosa condivide alcune delle caratteristiche del bianco che del muscolo rosso1. Metodi di prelievo cellulare Se non vi sono linee cellulari disponibili, bisogna prelevare le cellule dagli animali ed isolarle. Una possibile tecnologia di prelievo è la seguente: il pesce viene inizialmente sterilizzato in etanolo con un fazzoletto ed il campione viene rimosso con una biopsia. Il campione di tessuto è quindi digerito enzimaticamente con collagenasi o tripsina. I tessuti espiantati aderiscono alla piastra

di coltura e le cellule migrano dal tessuto alla superficie della piastra. Le piastre possono essere rivestite con proteine per migliorare l’adesione cellulare (ad esempio, gelatina, collagene, laminina). I tessuti digeriti enzimaticamente sono in soluzioni acquose preparate, dove la digestione da tripsina o la collagenasi rilascia le cellule nel mezzo liquido. Le cellule vengono quindi risciacquate con tampone per rimuovere contaminanti e vengono filtrate per liberarle dai detriti residui2. Condizioni di coltura in ambienti extracellulari La matrice extracellulare (ECM) che forma il liquido di coltura, di cui le cellule di pesce hanno bisogno per sopravvivere e proliferare in vitro, è un’area chiave per la produzione di pesce cellulare. Nel liquido di coltura devono essere presenti tutti i fattori di crescita ed i componenti che favoriscono la proliferazione cellulare all’interno del bioreattore. Le variabili da considerare per i terreni di crescita della coltura cellulare (media) di pesce includono: concentrazione di sali, temperature costanti, fonte di carbonio, gas (anidride carbonica e ossigeno) e pH.

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Coltivazione dei tessuti La coltivazione di tessuti tridimensionali si basa sulla presenza di un’impalcatura (scaffold), un materiale biocompatibile in grado di supportare la crescita e differenziazione cellulare fornendo una morfologia, struttura e modello chimico adeguati ai tessuti che vogliamo produrre. Numerosi sono i materiali che si possono utilizzare per creare la struttura dei tessuti biofabbricati come cellulosa, alginato e chitosano. Il chitosano è di particolare interesse perché è commestibile, poco costoso, accessibile e ben referenziato nell’ingegneria dei tessuti. Si tratta di un materiale derivato dalla chitina: un componente primario dell’esoscheletro d’insetti e crostacei, uno dei biopolimeri più diffusi sulla terra (insieme alla cellulosa). Può anche essere derivato da fonti non animali come funghi, alghe e lievito. A seguito dell’estrazione della chitina, la polvere di chitosano viene sciolta in una soluzione acquosa che può essere colata in una varietà di formati come membrane, idrogel e spugne su vetro o altri materiali. Il chitosano è anallergico, personalizzabile in termini di peso molecolare, approvato per il consumo umano come additivo alimentare o integratore alimentare. Viene quindi considerato molto favorevolmente per la costituzione di impalcature per la proliferazione di cellule per la produzione di cell fish. L’impatto sensoriale Vi sono opinioni differenti riguardo l’impatto sensoriale del pesce cellulare, dai sostenitori più entusiasti a pareri più pacati. Sappiamo però che è un prodotto ancora in fase di sviluppo e ci saranno numerose innovazioni prossimamente. I consumatori saranno chiamati a giudicare essi stessi le caratteristiche organolettiche del nuovo prodotto; se è lecito fare un confronto, l’hamburger vegano ha guadagnato un suo spazio di mercato. L’impatto di questo nuovo prodotto sui consumatori viene grandemente influenzato dalla sua sostenibilità e dal rispetto del benessere animale della sua produzione, senza ovviamente dimenticare la tipologia di preparazione, lavorazione e cottura. Da alcuni sondaggi (Figura 3), l’interesse (very o extremely) dei consumatori indiani e cinesi per la carne vegana (plant based meat) è molto alto e sempre elevato è il loro interesse per la cell meat (lab-grow meat). Negli Stati Uniti abbiamo percentuali più basse, ma pur sempre consistenti. Il pesce cellulare potrebbe seguire i trend della cell meat. Sappiamo che in Europa siamo più tradizionalisti sul cibo e probabilmente i sondaggi sarebbero più “freddi” per questi prodotti innovativi. Ovviamente, nessuno degli intervistati ha mai assaggiato un prodotto a base di cell fish. Conclusione La produzione di cellule di animali acquatici è un nuovo settore che sta passando dalla fase di Ricerca & Sviluppo a quella di produzione. Dal punto di vista commerciale, la coltivazione di cellule di pesce su larga scala si traduce in grandi masse di cellule e

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Figura 2 – Cell-based seafood production will require the appropriate: (1) cell line(s), (2) compatible scaffold, (3) medium, and (4) bioreactor (Edelman et al., 2005); fonte: Cell-Based Fish: A Novel Approach to Seafood Production and an Opportunity for Cellular Agriculture, www.frontiersin.org

tessuti di pesce che possono essere commercializzati come surimi ed alla coltivazione tridimensionale del tessuto, con conseguente prodotti strutturati più simili ai filetti. Ad oggi le regolamentazioni commerciali e sanitarie riguardanti il cell fish sono carenti e sarà necessario lavorare con le autorità competenti per creare un robusto quadro legislativo che ben inquadri i nuovi prodotti cellulari per l’alimentazione umana. Saranno opportuni test tossicologici per dimostrare la sicurezza alimentare di questi nuovi prodotti e rassicurare i consumatori al riguardo. Bisognerà quindi comunicare al pubblico quanto sopra in modo trasparente per conquistarne la fiducia. In questa prima fase di ricerca, le produzioni cellulari riguardano una nicchia di mercato e sono indirizzate a consumatori che sono interessati alle produzioni sostenibili, al benessere animale, alla composizione del cibo rispetto a particolari diete alimentari ed alla sicurezza alimentare per l’assenza di residui e contaminanti. Ma vi sono grandi progetti per produrre quantità industriali di cell meat and fish come quello molto futuristico del CAS (Cellular Agriculture Society, www.cellag.org) diretto da KRISTOPHER GASTERATOS che prevede una fabbrica che da sola potrebbe fornire i fabbisogni di una grande città americana. Gianluigi Negroni Note 1. Cellular mechanisms of postembryonic muscle growth in aquaculture species (2001), in Johnston IA (ed), Muscle Development and Growth; Fish Physiology 18:103-140. 2. Preparation and Culturing of Atlantic Salmon Muscle Cells for In Vitro Studies Tone-Kari K Oestbye (2019), Elisabeth Ytteborg, Methods Mol. Biol., 1889:319-330.

Figura 3 (fonte: www.vox.com).

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sibilities for an in vitro meat production system, Innov. Food Sci. Emerg. Technol., 11, 13–22. DRURY J.L., MOONEY D.J. (2003), Hydrogels for tissue engineering: scaffold design variables and applications, Biomaterials 24, 4337–4351. FAN T.-J., WANG X.-F. (2002), In vitro culture of embryonic cells from the shrimp, Penaeus chinensis, J. Exp. Marine Biol. Ecol. 267, 175–184. FAO (2018), The State of World Fisheries and Aquaculture 2018 – Meeting the Sustainable Development Goals. F ERNANDEZ R.D., Y OSHIMIZU M., EZURA Y., KIMURA T. (1993), Comparative growth response of fish cell lines in different media, temperatures, and sodium chloride concentrations, Fish Pathol. 28, 27–34. FOOD FAO (2018), The State of World Fisheries and Aquaculture 2018, Rome: Contributing to Food Security and Nutrition for All.

RUBIO et al. (2019), Pesce basato sulle cellule: un’opportunità per l’agricoltura cellulare, Volume 3, Articolo 43, Frontiere nei sistemi alimentari sostenibili, www. frontiersin.org FRANTZ C., STEWART K.M., WEAVER V.M. (2010), The extracellular matrix at a glance, J. Cell. Sci. 123, 4195–4200. GEORGE S.K., DHAR A.K. (2010), An improved method of cell culture system from eye stalk, hepatopancreas, muscle, ovary, and hemocytes of Penaeus vannamei, in Vitro Cell. Dev. Biol. Anim. 46, 801–810. GHOSH C., LIU Y., MA C., COLLODI P. (1997), Cell cultures derived from early zebrafish embryos differentiate in vitro into neurons and astrocytes. HAMILTON M.L., WARWICK J., TERRY A., ALLEN M.J., NAPIER J.A., SAYANOVA O. (2015), Towards the industrial production of Omega-3 long chain polyunsaturated fatty acids from a genetically

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modified diatom Phaeodactylum tricornutum. PLoS ONE 10:e0144054. HANANA H., TALARMIN H., PENNEC J.P., DROGUET M., GOBIN E., MARCORELLE P. et al. (2011), Establishment of functional primary cultures of heart cells from the clam Ruditapes decussatus, Cytotechnology 63, 295–305. HAY R. J., CAPUTO J., MACY M.L. (1992), ATCC Quality Control Methods for Cell Lines, Manassas, VA: Amer Type Culture Collection. HETRICK F. M., STEPHENS E., LOMAX N., LUTRELL K. (1981), Attempts to develop a marine molluscan cell line in College Park, University of Maryland. HEW C.L., FLETCHER, G.L. (1996), Transgenic Salmonid Fish Expressing, Exogenous Salmonid Growth Hormon, Introduction To Aquaculture, Sea Grant College Program Technical Report UM-SG-TS-81–S-06.

LET’S GROW TOGETHER


Cibo per la mente: le sfide del sistema europeo Un appello e un progetto della filiera agroalimentare italiana rivolto ai decisori europei per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di investimenti in innovazione e ricerca nel campo dell’agricoltura e dell’industria alimentare Sono 16 le associazioni della filiera agroalimentare italiana che si sono unite per promuovere l’innovazione nel progetto denominato Cibo per la mente, tra cui API-Associazione Piscicoltori Italiani. I settori agricolo e alimentare rappresentano oggi, nel loro insieme, ben 30 milioni di posti di lavoro (il 13,4% dell’occupazione totale) e il 3,5% del valore

aggiunto totale nell’economia dei 28 Paesi UE. Per raggiungere gli obiettivi dei prossimi anni, l’UE e gli Stati Membri hanno bisogno di politiche ambiziose, politiche che sblocchino il grande potenziale del settore agro-industriale europeo e consentano loro di mantenere il ruolo di primato nel mondo.

Le sfide chiave di Cibo per la mente sono le seguenti: 1. garantire l’approvvigionamento alimentare. L’Europa è il maggiore importatore ed esportatore di derrate alimentari, così come ospita le terre coltivate più fertili del mondo intero. Da ciò dovrebbe trarre vantaggio per nutrire la crescente popolazione in Europa

Il progetto “Cibo per la mente” ha l’obiettivo di “liberare il potenziale produttivo dell’agricoltura e dell’industria alimentare nell’Unione Europea”, acquacoltura compresa (photo © bigguns – Fotolia).

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e nel mondo intero; 2. garantire la sicurezza alimentare. I consumatori europei godono di standard tra i più elevati al mondo in materia di sicurezza alimentare lungo tutta la filiera di produzione, dall’azienda agricola al piatto del consumatore. L’innovazione aiuta a mantenere questi parametri al più alto livello di efficienza e di efficacia; 3. creare posti di lavoro e sostenere la crescita. L’Europa può essere competitiva a livello globale, creando posti di lavoro e crescita economica solo se rende attiva l’innovazione, preoccupandosi di mettere in atto i comportamenti più virtuosi ed eliminando inutili appesantimenti normativi e burocratici nel settore agroalimentare; 4. salvaguardare l’ambiente. L’agricoltura è a stretto contatto con la natura e con l’ambiente. I prodotti, le pratiche e le tecnologie innovative sono necessari a rendere il più possibile efficiente e sostenibile l’uso delle risorse naturali; 5. far meglio oggi per domani. La filiera agricola ed agroalimentare investe nel futuro, e cerca sempre nuove strade per essere competitiva, produttiva e sostenibile (dal punto di vista economico, ambientale e sociale); il nostro obiettivo è far sì che i consumatori in Europa e nel mondo continuino ad avere accesso a un cibo sicuro, di elevata qualità e a prezzi ragionevoli. Come fare? In un periodo di grandi cambiamenti, che coinvolgono anche l’intera filiera agricola ed agroalimentare, è importante che i decisori, a livello nazionale ed europeo, nei prossimi anni lavorino per: 1. promuovere l’innovazione; 2. promuovere la sostenibilità (lavoro, produttività e uso efficiente delle risorse); 3. stimolare l’innovazione in un mercato comune senza barriere. >> Link: www.ciboperlamente.eu

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Rapporto Coop 2020: la pandemia come uno tsunami Nemmeno la piÚ fantasiosa delle menti avrebbe potuto immaginare solo un anno fa quello che sarebbe successo nell’arco di pochissimo tempo. Qualcosa di grave, in grado di modificare violentemente le nostre vite e le nostre economie. Qualcosa di piÚ paragonabile ad un conflitto bellico che non ad una straordinaria crisi dei mercati di Sebastiano Corona 32

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Con questo preambolo, COOP racconta quanto accaduto di recente a livello mondiale e le prospettive per i prossimi tempi, governate da incertezze su ogni piano, con tutte le prevedibili conseguenze del caso. Di fatto siamo di fronte alla più grande recessione dal dopoguerra. Evaporati 12.500 miliardi di dollari di PIL mondiale in un anno, 170 Paesi che subiranno una contrazione del PIL pro capite nel 2020, un ritorno alla situazione generale precedente alla pandemia, solo nel 2023, per i più pessimisti, nel 2025: questi i dati più significativi della devastazione generata dal Covid-19, al netto del disastro sul piano sanitario. In questo scenario nefasto, il baricentro economico e geopolitico mondiale sembra destinato a spostarsi ad Oriente, verso la Cina, la Russia e le altre economie asiatiche, mentre quelle atlantiche dovranno giocoforza arrendersi alla perdita della loro centralità. Il tutto nonostante il virus, in maniera assolutamente insperata, sia stato un formidabile agente aggregatore dei 27 Paesi Membri dell’UE, ponendo la parola fine all’austerity, a cui eravamo nostro malgrado abituati, e avviando un piano di rilancio senza precedenti, di cui, è evidente, l’Italia potrà godere più di altri Paesi. Non solo l’astio generalizzato nei confronti dell’Europa pare per il momento accantonato, ma anche

l’87% dei top manager intervistati da Coop dichiara imprescindibile l’appartenenza alla UE per superare la fase attuale. In linea con quanto già anticipato nel Rapporto Coop 2019, però, gli Italiani si confermano oggi — e non a torto — i più pessimisti d’Europa. Ne hanno ragione essendo, insieme agli Spagnoli, quelli che più di tutti registrano un significativo peggioramento delle proprie condizioni di vita rispetto allo scorso anno. E questo a dispetto delle numerose azioni messe in campo dal Governo negli ultimi mesi. Tra gli intervistati, il 38% pensa di dover far fronte nel 2021 a seri problemi economici e, tra questi, il 60% teme di dover intaccare i propri risparmi o di essere costretto a chiedere un aiuto economico a Governo, amici, parenti e banche. A farne le spese sono soprattutto le classi più fragili, i giovani e le donne, ma c’è anche un 17% di Italiani che prevede nel 2021 un miglioramento delle proprie condizioni economiche. Si tratta però — corre l’obbligo precisarlo — prevalentemente di uomini dell’upper class. E per proseguire con altri nefasti numeri, ecco l’Italia delle rinunce, con l’arretramento del PIL pro capite ritornato ai livelli di metà anni ‘90 e la spesa in viaggi trascinata indietro di 45 anni, come nel 1975 o i consumi fuori casa arretrati di tre

decenni. Fanno da contraltare altri dati, ugualmente impressionanti, ma per fortuna non negativi: si fa infatti spazio lo smart working con un +770% rispetto ad un anno fa e l’e-grocery con +132%; purtroppo entrambe tappe forzate in uno stile di vita e di lavoro che si è rivoluzionato in pochissimo tempo e che forse avremmo voluto raggiungere spontaneamente e per motivi diversi dalla pandemia. Una situazione, quella che emerge, complessivamente drammatica, dove la stima è di perdere, nel 2021, 30.000 nascite, scendendo così sotto la soglia dei 400.000 nati in un anno e anticipando di quasi un decennio un ritmo della denatalità che appariva già a suo tempo fortemente preoccupante. Gli Italiani non rinunciano solo ad avere un figlio a causa dell’emergenza sanitaria, ma anche ad altri importanti eventi della vita. Annullano o rinviano così matrimoni, trasferimenti, acquisti di case e aperture di nuove attività: condizionamenti che hanno riguardato in totale l’84% di Italiani. Le disuguaglianze economiche viaggiano di pari passo con i disagi psichici e sociali a svantaggio delle fasce deboli: i ragazzi iperconnessi per i quali è maggiore il rischio hikikomori salgono nei primi sei mesi dell’anno di un +250% fino a toccare quota 1 milione. Un altro dato per tutti: +119% le chiamate

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La pandemia ha rinnovato la centralità del cibo nel Belpaese. Durante il lockdown, la sua preparazione e il suo consumo hanno rafforzato il ruolo di benessere individuale e collettivo anche nelle nuove generazioni che ne erano, negli ultimi anni, le meno affascinate (photo © Rawpixel.com – stock.adobe.com). al numero antiviolenza di genere da marzo a giugno. Gli spostamenti diventano di corto raggio e la casa il luogo che più rassicura. Il 41% degli intervistati prevede di ridurre la spesa in ristoranti per il prossimo anno e il 44% per intrattenimenti vari fuori casa. Il tutto già prima dell’approvazione dei DPCM di ottobre. Gli amici o i parenti si incontrano dunque tra le mura domestiche, più rassicuranti e certamente meno onerose. Nel frattempo, 3,5 milioni di Italiani durante il lockdown o subito dopo hanno acquistato un animale da compagnia e 4,3 milioni pensano di farlo prossimamente. Per il resto, la vita sociale è dominata dalla solitudine, con gli Italiani sempre più interessati ai social che alla vita reale e alla TV ma con contenuti on demand. I nostri connazionali interessati dalla ricerca Coop si preparano alla nuova normalità post-covid e nelle intenzioni di spesa per il 2021 privilegiano i consumi legati alla salute e all’ambiente domestico. In netta riduzione, invece, le spese per il tempo libero e l’outdoor.

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Nel complesso, un terzo prevede di ridurre i propri consumi, ma l’alimentare è tra i pochissimi settori che verranno colpiti solo parzialmente da questo sacrificio collettivo. È però bene precisare che il discorso è ampio e complesso. La pandemia ha rinnovato la centralità del cibo nel Belpaese. Durante il lockdown, la sua preparazione e il suo consumo hanno rafforzato il ruolo di benessere individuale e collettivo anche nelle nuove generazioni che ne erano, negli ultimi anni, le meno affascinate. Non solo se ne è riscoperta l’importanza in ogni suo aspetto, ma le tavole sono tornate ad essere l’altare della ritrovata unità familiare, del territorio, della storia e della memoria dell’Italia e delle regioni. Guardando dentro al carrello, come era prevedibile, si nota però una straordinaria inversione di tendenza rispetto alla fotografia scattata appena un anno fa dalla stessa Coop, in cui era evidente una fuga dai fornelli, un fenomeno che continuava in progressione costante tanto da dimezzare in 20 anni il tempo passato a cucinare. La pandemia

ha invertito la rotta e oggi giustifica la forte crescita nelle vendite degli ingredienti base (+28,5% in GDO su base annua) a fronte della contrazione dei piatti pronti (–2,2%). Un altro segnale importante è l’aumento della domanda dei robot da cucina, che a giugno ha registrato un +111%, rispetto all’anno prima. L’amore degli Italiani per la gastronomia ha una storia importante alle spalle, ma stavolta è anche dovuta alla volontà di “mangiare cose salutari” — lo dice un Italiano su 3 — e serve anche per mettersi al riparo da possibili occasioni di contagio (il 16% degli intervistati). E, pur con le dovute rinunce, l’attenzione verso la qualità, la territorialità e la sostenibilità da parte dei connazionali restano un faro nelle scelte di fronte allo scaffale: il 27% acquista infatti prodotti sostenibili/ ecofriendly di più rispetto a prima dell’arrivo del Covid-19. Francesi e Spagnoli seguono distanziati con un 18% in percentuale. Il 21% ha aumentato gli acquisti in punti vendita che promuovono prodotti sostenibili (contro un 17% degli Americani e un 15% dei

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Si delinea per il futuro prossimo uno stile alimentare misto dove regnano il fatto da sé, il salutare, il sostenibile, a cui si affiancheranno cibi con packaging a basso impatto ambientale, consegne a domicilio e discount. Una miscela complessa da decifrare, sintesi tra nuove esigenze e vecchie tradizioni, che il consumatore considera parte integrante di un più ampio contenitore di benessere della persona

Tedeschi) e il 20% acquista di più da aziende che operano nel rispetto dei lavoratori. Degno di considerazione anche quel 1.700.000 di Italiani che sperimenterà gli acquisti green, per la prima volta, a emergenza finita. Un connazionale su 2 guarda alla provenienza del prodotto privilegiando quello locale più di quanto non facesse prima del lockdown. Anche la sostenibilità, nella sua declinazione più ampia, esce rafforzata dalla pandemia, così come ne esce rafforzato il green in generale, che gli Italiani dichiarano di richiamare nella quotidianità in modelli di consumo e di comportamento. Il tutto in linea con la nuova politica europea che dal Green New Deal al Farm to Fork, chiama a raccolta società e individui verso la necessità di cambiare vita nel rispetto dell’ambiente e non solo. Aumenta la corsa all’e-food, con anche soluzioni miste come il clic & collect, che passa dal 7,2% delle vendite nel 2019 al 15,6% nei primi mesi del 2020. E c’è anche chi (42%) ritiene comunque importante il consiglio del negoziante/addetto al banco, a riprova che la parola chiave sia sempre più la multicanalità. A costituire un deterrente è il caro prezzo dell’on-line: +25% rispetto al carrello fisico (marzo-giugno 2020). Un divario di prezzo diminuito rispetto al 2019, quando si attestava su un +35%, ma comunque tale da far sì che la spesa digitale sia un’abitudine diffusa tra le famiglie con redditi medio alti: la quota di acquirenti e-grocery passa dal 39% dei ceti popolari, al 53% della upper

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class. E sarà ancora quest’ultima a trainare la domanda nel futuro prossimo (lo dichiara il 43%). Sempre per questioni di sicurezza, nell’estate appena trascorsa abbiamo assistito ad una vera e propria rivincita del food confezionato, che cresce ad un ritmo più che doppio rispetto all’intero comparto alimentare se paragonato a un anno fa: +2,3% contro +0,5% (giugno-metà agosto 2020). Il packaging protettivo e avvolgente sembra in questo caso fare la differenza in tutti i comparti, ortofrutta e persino salumi e latticini. Mentre guardando i carrelli sempre nell’estate 2020, riacquistano forza il gourmet (+16,9%), l’etnico (+15,4%) e il vegan (+6,9%). In controtendenza rispetto al passato, ma anche rispetto al resto d’Europa, gli Italiani rinnovano il loro amore per il cibo e dichiarano di non voler risparmiare in quest’ambito. Solo un Italiano su cinque prevede un downgrade degli acquisti. L’orientamento è però, come anticipato, verso il fai da te a danno del ready to eat e delle marche premium. Coloro che infatti dichiarano di dover/voler ridurre gli acquisti in alimentari, rinunceranno principalmente a piatti pronti (28%) e marche premium (23%). L’homemade non è solo un modo per impiegare il tempo, ma anche una modalità per presidiare la sicurezza sanitaria del cibo in un momento di diffusa paura del contagio. Da questo punto di vista, offre ampie garanzie anche il prodotto italiano, perché incarna la sicurezza della nostra rigorosa disciplina in materia, ma anche il fatto che il cibo

non abbia subito ampi spostamenti e numerosi passaggi di mano, ritenuti fattori di rischio. In questo sono anche d’aiuto i food influencers — che in questa fase storica di certo non mancano — ma c’è anche un 42% di consumatori che si affida al consiglio del negoziante o dell’addetto al banco, alla ricerca forse anche di un contatto umano, che avevamo visto tramontare negli ultimi anni, presi da ritmi di vita frenetici e da una diffidenza diffusa, soprattutto nei grandi centri urbani. L’alternativa alla serata in ristorante o alla pausa pranzo fuori ufficio è divenuta il food delivery, che vive un momento florido e destinato a consolidarsi nel tempo. Il trend positivo che si era avuto durante la pandemia non accenna a diminuire con l’allentarsi delle restrizioni, come se quell’abitudine, vuoi per la paura dei contagi, vuoi per pigrizia, fosse rimasta e si fosse rafforzata. È pari a 706 milioni di euro il giro d’affari del food delivery nel 2020 e, non a caso, il 92% dei manager italiani intervistati da Coop prevede un rafforzamento del meal delivery nei prossimi anni. Si tratta, tra l’altro, di un segmento in cui l’offerta è sempre più ampia e racchiude in sé prodotti di ogni tipologia, dal tradizionale all’innovativo, dal locale al green e molto altro ancora. È tutto quello che oggi gli Italiani chiedono, che bussa alla propria porta, con estrema comodità e sicurezza. Si delinea per il futuro prossimo uno stile alimentare misto dove regnano il fatto da sé, il salutare, il sostenibile, a cui si affiancheranno cibi con packaging a basso impatto ambientale, consegne a domicilio e discount. Una miscela complessa e bizzarra da decifrare, sintesi tra nuove esigenze e vecchie tradizioni, che il consumatore considera parte integrante di un più ampio contenitore di benessere della persona. Sebastiano Corona Nota A pagina 32, photo © Mix and Match Studio – stock.adobe.com

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IL PESCE IN RETE

Social di Elena

2. Salmone affumicato made in Emilia 1. Antica acquacoltura del Casentino È molto bello il progetto dell’Antica Acquacoltura Molin di Bucchio, portato avanti dal giovane staff della Cooperativa In Quiete. Esso consiste nel recupero di uno dei più antichi impianti di acquacoltura, alle sorgenti dell’Arno, dedicati alla produzione di specie d’acqua dolce autoctone ai fini di ripopolamento e alimentari. Fanno anche consegna di trote a domicilio. Noi li seguiamo su facebook.com/anticaacquacolturamolindibucchio. Bravissimi!

I piatti a base di salmone Foodlab nella pagina facebook.com/foodlab.net sono sempre fonte di ispirazione, L’azienda di Polesine Zibello (PR) produce un salmone affumicato eccellente. “Selezioniamo il miglior pesce che i mari limpidi e incontaminati del Nord possono offrire e lo lavoriamo con il nostro metodo artigianale esaltando i sapori e la consistenza delle carni”. Li potete seguire anche su Linkedin e Youtube (photo © facebook.com/foodlab).

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fish Benedetti

4. Alici di Menaica 3. Isole Shetland Arcipelago sub-artico della Scozia, le isole Shetland sono un vero paradiso che basa la propria economia su allevamento, pesca e acquacoltura. Nell’attesa di riprendere a viaggiare per andare a visitare qualche impianto di allevamento e lavorazione ittico ci prepariamo con gli account Instagram di promoteshetland e tasteofshetland (qui uno scatto al mercato del pesce; photo © instagram. com/tasteofshetland).

In Cilento, a Marina di Pisciotta, un piccolo borgo sulla costa a metà strada tra Velia e Capo Palinuro, grazie ad un piccolo gruppo di pescatori nelle giornate di primavera ed estate si pescano ancora le “alici di Menaica”. Già Presidio Slow Food, queste alici hanno un colore chiaro che tende al rosa e un gusto intenso e delicato. Tra i produttori segnaliamo DONATELLA MARINO che mette sotto sale le alici pescate dai pescatori del Presidio e Aura-Cilento di LUCA CELLA. Entrambe aziende che valorizzano il pesce azzurro italiano (photo © instagram.com/alici_di_menaica).

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ACQUACOLTURA

Mangimi funzionali per il miglioramento della pigmentazione cutanea nell’orata di allevamento La valutazione visiva della pigmentazione della pelle del pesce è sicuramente uno dei parametri che maggiormente influenzano l’apprezzamento da parte dei consumatori. L’orata di allevamento tende a presentare una livrea più grigia e meno vivida rispetto all’orata selvatica. I consumatori tendono ad associare questa mancata pigmentazione ad una ridotta qualità del prodotto e ad un ridotto valore nutrizionale. È quindi di rilevante interesse, sia

da parte degli allevatori che delle aziende mangimistiche, sviluppare dei mangimi funzionali addizionati con fonti di pigmenti in grado di incrementare il grado di colorazione cutanea del pesce. Una recente sperimentazione, che nasce dalla collaborazione fra il centro ricerche Porto Conte Ricerche, l’azienda di acquacoltura Palma D’Oro in Sardegna e l’azienda mangimistica danese Aller Aqua, dimostra l’utilità di queste nuove formulazioni funzionali.

La sperimentazione Le orate selvatiche presentano generalmente una colorazione cutanea facilmente distinguibile rispetto agli esemplari di allevamento, grazie alle caratteristiche bande dorate gialle in corrispondenza dello spazio inter-orbitale ed alle chiazze gialloarancioni in prossimità dell’apertura opercolare. Questa livrea tipicamente “selvatica” è quasi sempre assente nelle orate di allevamento, che presentano invece una colorazione della

L’acquacoltura Palma d’oro, del gruppo Gloria Maris, attiva dal 2009, produce annualmente circa 150 tonnellate di spigole, 100 tonnellate di orate biologiche e 150 tonnellate di ombrine Label Rouge.

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Aller Aqua offre un’ampia gamma di prodotti mangimistici in grado di soddisfare le specifiche esigenze nutrizionali di oltre 30 specie di interesse commerciale cute tendenzialmente più spenta e meno vivace, tendente ai toni del grigio più o meno scuro. La livrea più sbiadita degli esemplari di allevamento può essere spiegata da un lato dallo stress indotto dalle condizioni di cattività, dall’altro dal deficit nutrizionale relativo ad alcune sostanze (pigmenti), che sono presenti nella variegata alimentazione naturale degli esemplari selvatici, ma che si trovano spesso in scarsa concentrazione nelle diete commerciali. Una livrea più spenta rispetto agli esemplari selvatici viene percepita negativamente dai consumatori, che tendono ad associarla ad una mancanza di qualità nutrizionale del prodotto e, di conseguenza, ne compromette il valore commerciale se non addirittura l’accettabilità. L’impatto della nutrizione sulla livrea dei pesci è stato precedentemente esaminato in molte specie ittiche di interesse commerciale, la cui espressione del fenotipo cutaneo può essere ridotta o soppressa quando viene sostituita l’alimentazione naturale con mangimi artificiali ⟦ERIC LECLERCQ, JOHN F. TAYLOR, HERVÉ MIGAUD (2010), Morphological skin colour changes in teleosts, Fish and Fisheries, 11, 159–193⟧.

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È possibile compensare in parte questo fenomeno addizionando dei pigmenti naturali o sintetici nei mangimi, al fine di produrre un miglioramento della livrea cutanea, garantendo al tempo stesso un adeguato profilo nutrizionale nella parte edibile. A questo fine Porto Conte Ricerche, Aller Aqua e Palma d’Oro hanno recentemente effettuato una serie di prove sperimentali dedicate alla valutazione degli effetti della somministrazione del mangime funzionale BLUE ORGANIC EX, arricchito con pigmenti sulla livrea cutanea in esemplari giovanili di orate allevate in due differenti condizioni di allevamento. • Porto Conte Ricerche (www. portocontericerche.it) è uno dei motori del Parco Scientifico e Tecnologico della Sardegna, attivo in diversi ambiti tecnologici tra qui la biomarker discovery, i sistemi diagnostici, le tecnologie alimentari e le applicazioni biotecnologiche per l’alimentazione e la salute. Il Centro di ricerca, localizzato fra il Golfo di Porto Conte e il promontorio di Capo Caccia, in territorio di Alghero, da oltre vent’anni sviluppa ed eroga servizi ad alto contenuto

scientifico e tecnologico a favore di aziende interessate ad innovare i propri sistemi di produzione, attraverso un’intesa attività di ricerca sperimentale e applicata ed il trasferimento tecnologico. Porto Conte Ricerche è anche partner del progetto Ager II denominato Fine Feed For Fish (acronimo 4F, acquacoltura.progettoager.it/index.php/i-progetti-acquacoltura/4f-fine-feed-forfish/4f-il-progetto), per il quale si occupa della caratterizzazione della qualità del pesce mediante diversi approcci sperimentali. La partnership del progetto AGER 4F mira ad ottenere dati robusti e scientificamente validi relativi alle produzioni di acquacoltura di qualità, dirigendoli sia verso il mondo della ricerca scientifica e accademica sia ripercuotendoli direttamente sulle più importanti realtà produttive a livello nazionale ed internazionale. Porto Conte Ricerche, individualmente ed in collaborazione con il team del progetto AGER 4F, eroga servizi di alta formazione tramite l’organizzazione di scuole scientifiche estive, che da diversi anni raccolgono grande successo per interesse e partecipazione.

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Porto Conte Ricerche è uno dei motori del Parco Scientifico e Tecnologico della Sardegna.

L’idea alla base della produzione di Palma d’Oro è quella di un allevamento sostenibile e radicato nel territorio, al fine di ottenere prodotti di alta qualità per una clientela selezionata. • Aller Aqua (www.aller-aqua. com) produce mangimi per pesci destinati all’acquacoltura in acqua dolce e salata da oltre cinquant’anni. Possiede stabilimenti in Danimarca, Polonia, Germania, Egitto, Cina e Zambia, ed esporta i propri prodotti in oltre sessanta Paesi. Aller Aqua offre un’ampia gamma di prodotti mangimistici in grado di soddisfare le specifiche esigenze nutrizionali di oltre 30 specie di interesse commerciale. Il centro dedicato allo sviluppo e ricerca Aller Aqua Research è costantemente impegnato nell’ottimizzazione e nello sviluppo di soluzioni innovative per soddisfare le esigenze di un’ampia e varia clientela. Materiali e metodi

Figura 1 – Risultati della somministrazione della dieta BLUE ORGANIC EX a due lotti di orate allevate in gabbie a mare e RAS. Gli istogrammi riportati si riferiscono ai valori medi e alle relative deviazioni standard degli indici di luminosità (L*) e cromaticità (C*) determinati sulle cinque aree cutanee selezionate (spazio inter-orbitale, a; spazio sub-opercolare, b; regione dorsale apicale, c; regione dorsale mediale, d; regione dorsale caudale, e). Le differenze statisticamente significative rispetto alla condizione di pigmentazione iniziale sono marcate con singolo * (P<0.05) o due ** (P<0.01) asterischi.

• L’acquacoltura Palma d’oro (www.gloriamarisgroupe.com/ palma-d-oro), del Gruppo Gloria Maris, attiva dal 2009, produce annualmente circa 150 tonnellate di spigole, 100 tonnellate di orate biologiche e 150 tonnellate di ombrine Label Rouge. Il suo sito di produzione è localizzato

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nel Golfo dell’Asinara, a circa 4 km dalla costa di Stintino in Sardegna e in prossimità della bellissima spiaggia La Pelosa, caratterizzato da acque altamente ossigenate e idealmente esposte alle correnti marine che consentono un allevamento rispettoso dei cicli naturali di crescita.

Prove di crescita La dieta Blue Organic Ex è stata testata su due lotti di orate di taglia giovanile (peso iniziale 190-260 g), mantenute in due diverse condizioni di allevamento: un sistema di acquacoltura a ricircolo (RAS) presso il Laboratorio di Biotecnologie Blu di Porto Conte Ricerche e in una gabbia galleggiante a mare presso l’acquacoltura Palma d’Oro. Entrambe le prove di alimentazione sono state eseguite al termine della stagione estiva, in condizioni climatiche ottimali per la crescita dell’orata, per una durata di circa due mesi (Figura 1). Analisi colorimetrica All’inizio e al termine di entrambe le prove di crescita sono stati campionati trenta esemplari sui quali sono state determinate le variazioni di pigmentazione cutanea in cinque distinte regioni anatomiche (Figura 1): spazio inter-orbitale, regione subopercolare, regione dorsale apicale, regione dorsale mediale e regione dorsale caudale. Le misurazioni sono state eseguite utilizzando un colorimetro portatile Minolta CR-

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400 (Minolta Camera Co., Giappone), precedentemente calibrato con standard bianco CIE (D65, Y = 93,9; x = 0,3155; y = 0,3319). La lucentezza (L*) e la cromaticità (C*) sono stati utilizzati come indici rappresentativi delle variazioni colorimetriche cutanee, il cui confronto statistico rispetto allo status ante-dieta è stato valutato tramite il test di t-Student, usando come sogliatura di significatività P < 0.05. Risultati In seguito alla somministrazione della dieta Blue Organic Ex per un periodo di circa due mesi si è evidenziato un significativo aumento dell’indice di cromaticità (C *) (P <0.01) (Figura 1) in entrambi i lotti. Anche le variazioni di luminosità cutanea (L *) sono risultate lievemente significative (P <0,05) a livello della regione dorsale apicale e mediana in entrambi i lotti, oltre che nello spazio inter-orbitale, limitatamente al lotto RAS.

Conclusioni La somministrazione della dieta Aller Aqua BLUE ORGANIC EX per un periodo di due mesi ha prodotto un significativo incremento della pigmentazione cutanea nelle orate allevate sia in gabbie a mare che in un sistema di vasche indoor RAS. Questo effetto può essere unicamente correlabile al mangime, poiché non sono state individuate delle variazioni significative indotte dal sistema di allevamento o dal genotipo dei due lotti di orate esaminati. La formulazione di mangimi sostenibili può comprendere l’aggiunta di specifici ingredienti funzionali, come i pigmenti. Questi, non interferendo in alcun modo sulla qualità composizionale del pesce né sulle performance di crescita, contribuiscono a rendere il prodotto finale più gradevole alla vista e ad incontrare meglio le aspettative dei consumatori. L’ottimizzazione di nuove applicazioni di analisi delle immagini è tuttora in corso a Porto Conte Ricerche, in parallelo alle analisi

chimiche composizionali e biochimiche, al fine di identificare le caratteristiche relative alla qualità visiva dell’orata di allevamento (dimensioni, morfologia, colore). L’innovazione nell’analisi d’immagine, mediante lo sviluppo e il controllo di metodi scientificamente testati, rapidi ed affidabili, è potenzialmente implementabile lungo la stessa linea produttiva, ad esempio a supporto di una selezione pre-confezionamento. Tale fase di selezione potrebbe essere un supporto fondamentale alla produzione di qualità nel settore dell’acquacoltura.

>> Link: www.portocontericerche.it www.aller-aqua.com

LET’S GROW TOGETHER

NUOVI ALIMENTI POTENZIATI PER GLI AVANNOTTI PER UNA PARTENZA OTTIMALE!

Condizioni ambientali perfette e mangimi ottimali sono fondamentali per un passaggio naturale HEP WEGGS ZMXIPPMRS EPPƅEPMQIRXE^MSRI EVXM MGMEPI Un accrescimento veloce, una bassa mortalità, l’assenza di deformità e lotti di pesce uniformi sono il risultato di un’alimentazione ottimale, rispondente al fabbisogno nutrizionale del pesce nelle sue prime fasi di crescita: • Accrescimento rapido • Basso indice di mortalità e lotti di pesce uniformi • Qualità ottimale dell’acqua

WWW.ALLER-AQUA.IT


Inaugurato il 213o Anno Accademico dell’Accademia Nazionale dell’Agricoltura con la consegna del “Premio Filippo Re” a Roberta Calone per un progetto sull’acquaponica Si è svolta lo scorso 12 ottobre, presso la sala dello Stabat Mater del Palazzo dell’Archiginnasio di Bologna, la cerimonia di apertura del 213o Anno Accademico dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, inaugurata dalla relazione del suo presidente, il professor GIORGIO CANTELLI FORTI, dal titolo “Dalle parole ai fatti: l’impegno dell’Accademia nella società”. «In questi 6 anni di presidenza l’Accademia è diventata sempre più un centro di sapere multidisciplinare sull’agricoltura, unendo materie come scienza, innovazione, alimentazione, salute e tutela del territorio. Ci siamo impegnati molto, sostenendo numerose attività divulgative ed editoriali verso il pubblico, molto apprezzate per la qualità scientifica dei contenuti, e promuovendo progetti di livello internazionale e nazionale come “New generation”, per il supporto scientifico ai giovani produttori di cacao sostenibile in Camerun o la valorizzazione del Parco Didattico Sperimentale del Castagno di Granaglione insieme alla Fondazione CARISBO. Quanto fatto ci spinge maggiormente a perseguire questi obiettivi di diffusione e valorizzazione della conoscenza in campo agroalimentare che sono patrimonio di tutti noi». Successivamente sono stati consegnati i diplomi ai nuovi 20 Accademici, tra Corrispondenti e Ordinari. La cerimonia si è conclusa con l’assegnazione della prima edizione del “Premio Filippo Re” alla dott.ssa ROBERTA CALONE, Phd presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari Università di Bologna, che nello studio “Improving water management in European catfish recirculating aquaculture systems through catfish-lettuce aquaponics” tratta dell’acquaponica come esempio di economia circolare, prevedendo, dopo la filtrazione, il reimpiego delle acque reflue dell’acquacoltura per la produzione fuori suolo di ortaggi, con un consumo controllato delle risorse idriche. Lo studio propone una metodologia di approccio facilmente riproducibile e a costi contenuti, per valutare la conversione di un impianto di produzione a ciclo aperto verso un impianto a ciclo chiuso. Tale innovativa possibilità di riutilizzo dei sistemi di acquacoltura per l’irrigazione dei terreni fornisce risposte concrete agli sprechi idrici in agricoltura, dimostrando come coltivazioni differenti, che necessitano di notevoli quantità di acqua, possono coesistere in maniera virtuosa e sostenibile per l’ambiente e l’economia. >> Link: accademia-agricoltura.it

Ivano Valmori, presidente Image Line, e Giorgio Cantelli Forti, presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, consegnano il premio alla dott.ssa Roberta Calone (photo © Mkey).

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AquaVision, più cibo sostenibile dall’acquacoltura Per la prima volta AcquaVision 2020, la conferenza biennale del settore dell’acquacoltura organizzata da Skretting e Nutreco, si è svolta in modalità virtuale. L’evento, che riunisce dal 1996 decision makers di tutto il mondo per discutere sulle sfide e le opportunità che il settore deve affrontare, è stato trasmesso da Stavanger in Norvegia. ROB KOREMANS, CEO di Nutreco, ha affermato che nei prossimi 30 anni sarà necessario fornire più cibo di quanto sia stato generato negli ultimi 8.000 anni, e ha aggiunto: «Dobbiamo lavorare tutti insieme, scambiarci idee, impegnarci in piattaforme precompetitive e partecipare ad eventi per gli stakeholder come AquaVision. La nostra speranza è che tutti coloro che hanno partecipato oggi si impegnino e si assumano questa responsabilità. Usiamo questo forum come piattaforma per il cambiamento, in modo che insieme possiamo essere parte di qualcosa di molto più grande; qualcosa che risolva oggi le sfide di domani». L’evento ha visto le presentazioni dei relatori PETER HINSSEN e RACHEL BOTSMAN e degli esperti ROBERT VAN DEN BREEMER, CATHERINE TUBB e ANDREW CAMPBELL, i quali hanno fatto luce sulle tendenze che caratterizzano l’attuale panorama dei consumi, sui cambiamenti che si profilano all’orizzonte e sulle opportunità che l’acquacoltura ha di creare proteine più accessibili, nutrienti e sostenibili adottando rapidamente nuove soluzioni innovative e sostenibili. THERESE LOG BERGJORD, CEO di Skretting, ha commentato: «La nostra missione è “alimentare il futuro” e, per fare questo, l’acquacoltura deve essere sostenibile, produrre di più con meno, deve essere innovativa e deve fornire ai consumatori prodotti sani e gustosi. AquaVision 2020 ha evidenziato che sono inevitabili profondi cambiamenti, ma che il cambiamento non è necessariamente negativo ma può essere fonte di nuove opportunità». Infine, è intervenuto GIOVANNI SERRINI, AD di Skretting Italia. «Quanto emerso da AquaVision ci dà fiducia ed energia per continuare il cammino iniziato tre anni fa coi nostri clienti e altri stakeholder della filiera con il progetto “Acqua in Bocca”. Un cammino verso un’acquacoltura che sappia fare della sostenibilità non solo il suo modus operandi ma anche una leva per creare nuovo valore nel settore» (fonte: EFA News – European Food Agency). >> Link: www.aquavision.org

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AZIENDE

GroWSerio, formulazione alimentare specifica per questa specie pelagica

Aquasoja lancia la sua soluzione mangimistica per gli allevamenti di ricciola La ricciola è una specie pelagica molto vorace, appartenente alla famiglia dei Carangidi, oggetto di grande attenzione nel settore per la diversificazione dell’acquacoltura marina. È un pesce a crescita rapida, con una distribuzione a livello mondiale, adattato alle condizioni di cattività e di grande interesse commerciale per la qualità dei sui filetti, interi o lavorati. Negli ultimi anni il numero delle aziende produttrici di ricciola è aumentato. Di conseguenza, esistono diversi campi di ricerca incentrati sull’ottimizzazione delle sue condizioni di crescita. Il mangime è un fattore chiave nello sviluppo delle specie allevate,

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e quindi delle possibilità di successo delle aziende produttrici sul mercato. Tuttavia, uno dei principali ostacoli associati all’allevamento della ricciola è ancora considerato il ridotto livello di conoscenza delle sue esigenze nutrizionali. A fronte di una serie di ricerche e prove nutrizionali in vivo con la ricciola, Aquasoja ha lanciato una soluzione alimentare specifica per questa specie: GroWSerio! Con un focus incentrato sulle problematiche dell’accrescimento, sulla salute e sul colore della specie, GroWSerio offre delle formulazioni che ben si adattano alle dimensioni dei pesci, per soddisfare meglio i

requisiti nutrizionali man mano che crescono. GroWSerio è inoltre una altamente appetibile, così da promuoverne l’assunzione, e include elevati livelli di ingredienti ricchi di proteine per una crescita rapida. GroWSerio contiene fonti naturali di pigmenti per un corretto colore della pelle e ha ingredienti selezionati volti a promuovere l’immunocompetenza dei pesci.

>> Link: www.aquasoja.pt sojadeportugal.pt

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Effelle Pesca, sempre un passo avanti di Elena Benedetti

Potrà sembrare forse ovvio ma oggi chi fa impresa ha un solo imperativo, quello di intercettare in anticipo le tendenze del futuro nel proprio mercato, nel contesto dell’attività e della filiera in cui opera. Perché non basta più produrre bene, fare qualità e ottimizzare i costi. Oggi serve avere una visione, un progetto, e collocarlo in un contesto tanto mutevole quanto imprevedibile. L’autunno scorso chi si sarebbe anche solo immaginato un anno come questo 2020? Nessuno! Chi ha quindi una propensione naturale a intercettare le esigenze del mercato, i comportamenti di acquisto dei consumatori e dei retailer, nella flessibilità di un’organizzazione snella che si adatta alle situazioni ha sicuramente una marcia in più.

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Ecco, EFFELLE PESCA ha da sempre questa propensione naturale, vuoi per una questione di sensibilità verso quelli che sono i comportamenti di consumo del prodotto ittico, ma anche per la forte propensione a innovare, anticipando i tempi su vari ambiti del processo produttivo, come ad esempio quello della sostenibilità.

La sua storia inizia nel 2001 grazie alla ventennale esperienza nel commercio di prodotti ittici dei suoi soci fondatori, LUCA BERGAMINI, presidente della società, e FRANCO COSTANTINI, direttore commerciale. Siamo a Bosco Mesola, ad una cinquantina di chilometri da Ferrara, nel Parco Regionale del Delta del Po, un paesaggio di terre e acque straor-

La qualità dei prodotti Effelle Pesca è data da forniture da cooperative e aziende qualificate; controlli di prodotto svolti dal laboratorio interno e da laboratori esterni accreditati; il mantenimento delle idonee temperature di conservazione lungo la filiera; le maggiori certificazioni

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In alto: in Effelle Pesca opera personale specializzato e altamente qualificato nel trattamento del prodotto. A destra: Raoul Costantini, Franco Costantini e Luca Bergamini. A sinistra: Effelle Pesca dispone di macchine all’avanguardia per la lavorazione dei molluschi che consentono vari sistemi di packaging, dalla tradizionale retina al confezionamento in vaschetta in atmosfera protettiva.

dinario nel quale le lagune litoranee, le valli salmastre e le zone umide di acqua dolce diventano habitat ideale per la molluschicoltura. Nella nuova sede, sviluppata su oltre 3.000 m2 e inaugurata nel 2015, Effelle Pesca dispone di macchinari all’avanguardia per la lavorazione e il packaging dei molluschi. «È proprio col confezionamento dei frutti di mare in ATM che abbiamo fatto il salto di qualità a livello europeo, passando dalla tradizionale retina alla vaschetta dall’imballo totalmente riciclabile» mi dice Luca Bergamini. L’ampia superficie dell’impianto ospita anche un moderno impianto di depurazione a bins, nel quale le acque sono gestite a ciclo chiuso per ottimizzare la massima qualità

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del filtraggio nell’ottica di risparmio idrico, quindi sostenibile. Nell’area a fianco sono presenti 6 linee di lavorazione nelle quali si muove il personale specializzato e qualificato che prepara gli ordini customizzati per le varie insegne della GDO e per i mercati ittici. Da qui partono anche i mezzi refrigerati di Effelle Pesca e caricano trasportatori di fiducia per la distribuzione capillare in tutta Europa. Anche in un anno complicatissimo come questo, come siete riusciti

a mantenere salda la vostra presenza sul mercato? «Abbiamo sempre lavorato e investito nella qualità e grazie a questa propensione il tempo ci ha ripagato» mi risponde Bergamini, aggiungendo che serve anche lungimiranza, servono idee, tentativi, prove, e una spiccata sensibilità per il prodotto, aggiungerei io. La qualità dei prodotti di Effelle Pesca è rappresentata da numerosi fattori: le forniture da cooperative e aziende qualificate e di fiducia;

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Nel nuovo sito di Effelle Pesca di oltre 3.000 metri quadrati inaugurato nel 2015 è presente un modernissimo impianto di depurazione a bins.

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In alto: le cozze alla marinara della linea “Le bontà da amare”. In basso: a sinistra, le cozze biologiche dell’Adriatico; a destra, la Cozza Maravilla. «Si tratta delle migliori cozze spagnoli, provenienti dalla Galizia da fornitori di fiducia, arriva direttamente al nostro peschereccio che le reimmerge nelle ricche acque dell’Adriatico: inizia così il percorso che porta ad ottenere la Cozza Maravilla» ci dicono in Effelle Pesca. «Questo processo permette alla cozza di acquisire le qualità, i profumi e le fragranze che solo il nostro mare sa dare». i controlli effettuati nel laboratorio analisi interno e da laboratori esterni accreditati; il mantenimento delle idonee temperature di conservazione attraverso tutta la filiera, dall’arrivo al magazzino fino alla consegna al cliente e, non ultime, tutte le certificazioni ISO 9001:2008, IFS e BRC, oltre che ISO 22005:2008 per la rintracciabilità di prodotto. Sul fronte dei prodotti l’azienda ferrarese sta raccogliendo molto successo con “Le bontà da amare”, lanciata a gennaio 2020 al l’ultima edizione di MARCAbyBolognafiere,

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forte dei 25 giorni di shelf-life e oggi disponibile nella linea completa condita e non condita, con cozze, cozze bio, misto scoglio, vongole veraci biologiche e vongole veraci. Il pack 100% riciclabile contiene la pratica cocotte adatta al microonde e tutte le informazioni necessarie al consumatore per la cottura, in pentola o nel forno a microonde. I prodotti freschi in ATM e in retina offrono una gamma completa tra cozze, vongole veraci di Goro, vongole bio, tartufi di mare, ostriche francesi, cannolicchi e la linea di

frutti di mare “Primi Veraci”. Ce n’è per tutti i gusti e ogni esigenza del mercato. Elena Benedetti

Effelle Pesca Via della Manifattura 12 44026 Bosco Mesola (FE) Telefono: 0533 795479 E-mail: commerciale@effellepesca.com Web: www.effellepesca.com

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Valerio Sapucci, non solo tecnologia La divisione Live di STE Seafood Technology Equipment è decollata sul mercato con un’ampia offerta di crostacei vivi, molluschi e fine food di Elena Benedetti

Siamo nella Serenissima Repubblica di San Marino, in linea d’aria distanti solo una decina di chilometri dal mare Adriatico. Obiettivo della trasferta è la visita a STE Seafood Technology Equipment, l’azienda fondata da VALERIO SAPUCCI, imprenditore romagnolo in pensione, trasferitosi a San Marino da diversi anni, da sempre attivo nel compar-

to dell’industria ittica che qui può esprimersi sia sul fronte dell’impiantistica che del prodotto. «La nostra storia nasce cinquant’anni fa con esperienza nella progettazione, costruzione ed installazione di impianti a circuito chiuso per lo stoccaggio di crostacei e pesce vivo, oltre agli impianti di depurazione dei molluschi» dice Sapucci.

«Qui in STE Seafood Technology Equipment abbiamo dato vita ad una azienda strategica dalla doppia anima: la parte Tecnica progetta e realizza impianti per mantenimento di crostacei vivi, pesci e molluschi prevalentemente per ristoranti ed altri operatori ittici, mentre la divisione Live importa, commercializza e vende crostacei vivi, molluschi e

Valerio Sapucci in uno scatto preso nel corso della passata edizione del salone European Seafood Expo.

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ATTREZZATURE AUTOMAZIONE INDUSTRIA ALIMENTARE

CARRELLO RIBALTATORE

TERMOFORMATRICE

TERMOSIGILLATRICE

Sala tecnica che permette il controllo da remoto di Salinità, Temperatura, Ossigeno, pH, Potenziale Redox, Flussi, Filtrazione, Condizionamento, Sterilizzazione e tutte le caratteristiche delle acque degli impianti di stoccaggio necessarie per mantenere grandi quantità di prodotti vivi in assenza di mortalità. seafood per la ristorazione di alta fascia». La parte dedicata al vivo è gestita da LUIGI CAPUANO, «a cui ho dato carta bianca dal punto di vista operativo e che ha sviluppato in modo ottimale trasformandola in un successo!». Oggi la STE può vantare un portafoglio clienti fatto di ristoratori e buyer di altissimo livello su tutto il territorio nazionale, garantito da una logistica integrata che assicura consegne nei tempi e nel rispetto della qualità del prodotto. Perché di qualità si tratta. «Il nostro successo dipende, forse, da qualche lacuna lasciata

dagli altri sul mercato, esempio, da ultimi arrivati siamo gli esclusivisti per l’Italia della Clearwater, azienda leader mondiale nel commercio degli astici vivi canadesi. Questi spazi liberi sono appunto quelli per garantire un livello qualitativo molto elevato che non è fatto da tonnellate ma da chilogrammi come da nostro motto “non tonnellate di quantità ma chili di qualità”» sottolinea Sapucci, aggiungendo che «oggi quello che manca, non solo nell’ittico, è la ricerca della qualità del prodotto che non è sempre percepita dal cliente, che spesso e volentieri non va oltre la barriera del prezzo».

FRIGGITRICE GRIGLIATRICE

Tel. (+39) 0521 836670 IL PESCE, 6/20

info@cavallimpm.it www.cavallimpm.it


Le vasche di stoccaggio di crostacei e molluschi vivi presso la sede di STE Seafood Technology Equipment a San Marino. Coi suoi 72 anni e le foto dei nipoti in ufficio, Valerio Sapucci è un personaggio affascinante, profondo conoscitore di questo pezzo di economia agroalimentare italiana incentrata sull’ittico. Si definisce ironicamente presuntuoso, caparbio, orgoglioso del fare le cose solo fatte bene e narcisista, ma certo è che è un profondo conoscitore del mercato dell’industria ittica. La sua visione è appunto duplice e completa, questa parte dalle tecnologie e l’impiantistica di ultima generazione per arrivare fino al prodotto vivo. Il risultato è dato dai successi che giorno dopo giorno la STE raccoglie sul mercato. La sua ossessione per la qualità oltrepassa tutto e tutti, tanto che ogni prodotto commercializzato sul catalogo del Live Seafood è stato sottoposto ad una severa selezione degustativa da parte di tecnici, amici e collaboratori e quello che non ha superato il giudizio positivo degli assaggiatori non è stato inserito nella lista dei prodotti da proporre ai propri clienti. Così pure per prodotti non esclusivamente ittici come Champagne, olio extravergine di oliva ed altro è stata fatta una importante selezione: infatti, per esempio, nelle parole di Valerio Sapucci «l’olio è un nutri-

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mento, non solo un condimento!» si racchiude il suo punto di vista di non lasciare nulla al caso; ogni dettaglio serve all’esaltazione ed al tempo stesso al completamento che sia quindi un prodotto ittico oppure un vino o un condimento, l’importante è che rappresenti sempre l’eccellenza e la migliore qualità. Insomma, con Sapucci l’asticella della qualità è sempre riposta al punto più alto e grazie alla collaborazione con Luigi Capuano, forte di 23 anni di esperienza nel settore, anche il comparto del vivo è stato conquistato. «Io credo nelle nostre capacità e nel nostro know-how — prosegue Sapucci — ed è chiaro che una struttura come questa abbia notevoli costi, perché non lavoriamo con la sola manovalanza, ma abbiamo anche bravissimi tecnici dotati di una grande professionalità». «Sono molto soddisfatto del percorso svolto in STE fino ad oggi e orgoglioso di far parte di questa realtà che è come una famiglia allargata che ha nella forza del gruppo la ricetta per realizzare progetti sempre più ambiziosi» aggiunge Luigi Capuano. Nel range di prodotti offerti da Seafood Technology ci sono crostacei vivi,primo fra tutti il King Crab, oltre a Scampi, Astici del

Canada e dell’Europa, Aragosta Reale Mediterranea e quella della Mauritania e Azzorre, Cicale Reali Mediterranee, Granchio Nuotatore, Granceola, Granchio Porro e Snow Crab, un’ampia varietà di ostriche Francesi selezionate tra tante per la loro caratteristica del gusto costante ed equilibrato, garantito per tutte le stagioni di pesca. Per i ristoratori e buyer più esigenti sono disponibili anche altre varietà di molluschi tra cui i rarissimi Geoduck,(vongola gigante dalla proboscide) pescati in zone remote del Canada ed i prelibati Percebes (Piede di Cornucopia) pescati rigorosamente a mano sulle coste della Galizia e del Portogallo. Tra le novità in arrivo anticipiamo la Titan Oyster, l’Ostrica del Monte Titano, il rilievo montuoso della Repubblica di San Marino, il cui nome viene spesso utilizzato per far riferimento al piccolo Stato. Elena Benedetti

>> Link: www.seafoodtechnology.eu

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Società agricola Naviglio: nelle campagne mantovane nasce il primo caviale agricolo di Riccardo Lagorio

Può il cibo simbolo di un’oligarchia di palati trasformarsi in nutrimento popolare? La parabola potrebbe essere arrivata ad un punto di svolta con la nascita del primo caviale agricolo. Per scoprirlo bisogna spingersi nelle campagne di Goito, intorno a Mantova, dove il Mincio da qualche chilometro ha lasciato il lago di Garda e si appresta a sgomitare nella Pianura Padana. Le sue acque irrigano una terra fertilissima: all’interno del Parco regionale e al punto estremo del Centro Bertone, luogo di ripopolamento della cico-

gna bianca, entrano nell’Azienda Agricola Naviglio e diventano luogo ideale per lo sviluppo e la crescita dello storione. Una certificazione ambientale attestata dalla presenza di ibis, arvicole e albanelle. Negli anni Settanta la FAMIGLIA BETTINAZZI, che dall’Ottocento lavorava i prati stabili e allevava bovini da latte, intuì che tali attività non avrebbero garantito un buon futuro economico. È così che i due fratelli LUCIANO e FERDINANDO, con il cugino ERNESTO, si lanciano nell’acquacoltura allevando trote, pesce di gran

moda al tempo nelle trattorie e nei ristoranti della zona. Previsioni ancor più azzeccate dall’esasperarsi delle quote latte e dalla scoperta della possibilità di allevamento dello storione, al quale le vasche verranno destinate negli anni Ottanta. Si succederanno quelle di San Martino Buon Albergo e Bovolone, nel Veronese, e a Leno e Bagnolo Mella, nel Bresciano. La storia in sintesi la raccontano Giacomo Valenti e Marco Lanfranchi passeggiando tra le stesse piscine dove oggi nuotano questi pescioni,

L’acqua è una risorsa fondamentale per l’allevamento degli storioni, che nelle piscine sono suddivisi per età e in sottogruppi omogenei per peso.

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suddivisi per età e in sottogruppi omogenei per peso. Giacomo Valenti è il tassello multifunzionale della Società Agricola Naviglio, seguendo l’aspetto delle trasformazioni alimentari e della loro promozione, «dalla schiusa delle uova alla vendita delle uova» dice sornione. Accanto ai vivai di Goito si trova peraltro anche la sala della schiusa, alimentata dalle stesse acque del fiume. Marco Lanfranchi è il biologo «innamorato dello storione, affascinato dalle prime fasi della sua vita, dalle sue varianti e variazioni cromatiche durante la crescita». Gli storioni nascono e crescono in un impianto di canali lungo un chilometro e mezzo tra numerosi canali e «solo dopo 5 anni è possibile distinguere tra maschi e femmine. Per utilizzare le uova servono dieci anni per lo storione bianco, una ventina per il Beluga, la qualità più pregiata. L’acqua è una risorsa fondamentale per l’allevamento di questi pesci» spiega Lanfranchi. L’innovazione e il rinnovamento hanno spinto l’azienda a spaziare su diverse tipologie ittiche d’acqua dolce, portando l’offerta a nove specie allevate, tra cui lucioperca, persico reale e persico spigola oltre a ibridi.

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Negli impianti della Società agricola Naviglio, di oltre 20 ettari di estensione, nel cuore del Parco del Mincio, il pesce è allevato nel modo più naturale, con grande afflusso di acqua sorgiva. L’intero processo è costantemente monitorato per garantire la miglior qualità. E tutto questo avviene da tre generazioni. L’ulteriore prova della dinamicità aziendale è stata l’apertura di un laboratorio per la trasformazione alimentare dei prodotti ittici e il riconoscimento autorizzativo ministeriale per la produzione di caviale, nonché la certificazione IFS FOOD per le lavorazioni di carne di pesce e produzione di caviale, caviale agricolo, ça va sans dire. Il fondamentale cambio di rotta

dell’azienda avviene nel 2017, quando si inserisce sul mercato della vendita di caviale. Le parole di Valenti: «Nel corso della prima produzione dopo la necessaria autorizzazione del CITES, essendo lo storione una specie protetta, siamo partiti con il botto. La previsione era quella di raggiungere 3 tonnellate all’anno, ma nel 2019 eravamo già a 9 tonnellate, con un riscontro favo-

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Il caviale della Soc. agricola Naviglio commercializzato col marchio Penseri.

Storioni Beluga (Huso huso) e Bianco (Acipenser transmontanus).

revole da parte della ristorazione e soprattutto dell’export, garantendo la catena del freddo per la conservabilità dei prodotti. Al momento siamo gli unici italiani a esportare caviale in Russia, avendo ricevuto il nulla osta da parte del Rosselkhoznadzor, il servizio federale veterinario e fitosanitario» afferma con orgoglio Valenti. La lavorazione artigianale a ciclo chiuso della Naviglio e l’idea

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che l’Italia sia la patria del buon cibo sono stati senz’altro i punti di forza su cui hanno puntato per ottenere questi successi. Lavoro da fare ce n’è ancora per far conoscere e apprezzare la carne dello storione ai consumatori. «Manca la cultura dello storione, poiché è stato assente per tanti anni dal mercato. In particolare il nostro è privo del sapore di alghe e di fondo perché l’acqua è corrente.

Anche i valori nutrizionali si confanno moderna cucina, essendo la carne magra e tonica, ricca di Omega-3 e proteine, adatta a preparazioni di barbecue e arrotolati. Ne abbiamo provato anche il quinto quarto, cioè guancette, stomaci in collaborazione con il Gruppo Calandrino della FAMIGLIA A LAJMO , ottenendo ricette gustose», spiega Valenti. È il valore etico proprio di un’azienda agricola: non buttare nulla. Così come è anche una missione etica il rispetto nei confronti dell’ambiente. «In collaborazione con FIPSAS si effettuano annualmente semine in acque pubbliche di esemplari giovanili di Huso huso per ristabilire nei nostri corsi d’acqua una popolazione di questa specie una volta endemica. Inoltre poniamo grande attenzione al benessere animale, utilizzando solo mangimi senza OGM, e minimizziamo l’impatto delle nostre attività sull’ambiente» dichiara Lanfranchi. L’acqua utilizzata rientra infatti in circolo nel normale flusso fluviale. In questo modo nasce l’idea di promuovere il prodotto elitario come caviale agricolo. Infatti in Italia si può ancora migliorare la presenza del caviale: «nel nostro Paese si consumano 10 tonnellate di caviale l’anno contro i 23 della Francia, che possiede una popolazione di poco superiore» sottolinea Valenti. La lavorazione del caviale nei periodi stagionali di riferimento per le varie tipologie come quella di storione bianco, storione siberiano e di Huso huso avviene utilizzando solo sale dolce marino delle saline di Cervia. Oltre al caviale agricolo la Società agricola Naviglio, con il marchio Penseri, propone anche il pesce fresco. Forse non siamo proprio davanti ad un cibo democratico, ma i presupposti per farlo conoscere a fasce di popolazione sinora escluse ci sono tutti. Riccardo Lagorio Società agricola Naviglio Strada Maglio 33/B 46044 Goito (MN) E-mail: info@naviglio-sa.it Web: www.penseri.it

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Un mondo dietro quel piatto di spaghetti alle vongole Alla scoperta del Consorzio Pescatori di Goro in una delle aree più fertili per la molluschicoltura: il Delta del Po di Elena Benedetti

Chissà come lo ricorderemo questo epocale 2020 tra qualche anno. Tra pandemia globale, crisi economiche e politiche e quel senso di precarietà e incertezza nel futuro a brevissimo termine con cui abbiamo tutti dovuto fare i conti. Ma questo è un anno che a livello personale e collettivo ha anche attivato risorse, energie e

stimoli. E mi piace pensare che forse tutti questi aspetti positivi possano essere fatti propri come un sano bagaglio di esperienze. Sull’incertezza di questi mesi ne sa qualcosa il COPEGO, Consorzio Pescatori di Goro Soc. Coop O.P. presieduto da MASSIMO GENARI, una bella realtà in quel di Goro, provincia di Ferrara,

che conta 600 pescatori, ovvero 600 famiglie che vivono di pesca, di molluschicoltura, in un ambiente di acqua, terra, sabbia, lagune e natura incontaminata. Abbiamo incontrato PIERPAOLO PIVA, tecnico del COPEGO negli uffici dello stabilimento in via dell’Industria. «Dopo i primi mesi di grande crisi e stallo generale abbiamo

La vongola del Consorzio Produttori di Goro, prodotto certificato e tracciato lungo tutta la filiera, dal mare al consumatore finale (photo © Consorzio Produttori di Goro).

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In Copego lavorano circa 600 pescatori, impegnati nella semina e nella raccolta di molluschi (photo © Consorzio Produttori di Goro). ripreso il lavoro e, grazie alla buona performance in GDO e alla ripresa della ristorazione dalla primavera inoltrata e per tutta l’estate, stiamo lavorando bene» mi dice Piva. Molluschicoltura, per tradizione e vocazione Ci troviamo nel Delta del Po, una delle aree più fertili per la molluschicoltura ed è qui opera che COPEGO. La molluschicoltura è, fra le attività di acquacoltura tradizionalmente intraprese nella Sacca di Goro, quella che ha raggiunto lo sviluppo maggiore: gli allevamenti occupano ormai circa 10 km2 dei suoi 27 km2 totali. Se l’allevamento della vongola verace filippina (Ruditapes philippinarum), specie alloctona di origine asiatica, rappresenta la produzione più importante, non bisogna dimenticare la presenza di impianti fissi di cozze (Mytilus galloprovincialis) in sospensione. Il Consorzio possiede in particolare ampi impianti di allevamento in Concessione Demaniale Marittima nella Sacca di Goro che, grazie alle sue caratteristiche, è stata oggetto

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di una cospicua raccolta di cozze e vongole veraci su banco naturale sin dagli anni ‘70. Il mercato e la novità e-commerce «Il Consorzio Pescatori di Goro lavora per consolidare e ampliare la propria presenza sulla GDO, ricercando retailer nuovi ed affidabili» dice Pierpaolo Piva. «Stiamo partendo anche con un nuovo progetto che consiste in un e-commerce di vendita diretta a un preciso target di consumatori finali e ristoratori attraverso un e-shop dedicato. Quando si parla di vendita on-line ovviamente la logistica è la pro-

blematica più importante, dato il prodotto fresco che trattiamo: per questo motivo al momento — grazie ai due mezzi refrigerati di proprietà — possiamo garantire una copertura di consegne lungo la fascia costiera ferrarese fino a Ferrara». I numeri del Consorzio Con l’introduzione di allevamenti su fondo e in sospensione e con l’inizio della commercializzazione di molluschi su scala nazionale ed internazionale, il Consorzio è andato costituendo un complesso ed avanzatissimo sistema di acquacoltura. Oggi questa attività si svolge su 620 ettari

La molluschicoltura è, fra le attività di acquacoltura intraprese nella Sacca di Goro, quella che ha raggiunto lo sviluppo maggiore: gli allevamenti occupano 10 km2 circa dei suoi 27 km2 totali. Copego possiede impianti ampi di allevamento in Concessione Demaniale Marittima

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In alto: nel corso degli anni il Consorzio è andato costituendo un complesso e avanzato sistema di acquacoltura. Oggi questa attività si svolge su 620 ettari di allevamenti di vongole veraci nella Sacca di Goro e circa 1.100 ettari per i mitili, presenti sia in Sacca sia al largo dello Scanno di Goro (photo © Consorzio Produttori di Goro). A sinistra: una fase del confezionamento delle vongole (photo © Consorzio Produttori di Goro).

di allevamenti di vongole veraci nella Sacca di Goro e circa 1.100 ettari per i mitili, presenti al largo dello Scanno di Goro. Nel 2019 COPEGO ha prodotto 5.500 tonnellate di conchigliame fresco grazie al lavoro di circa 600 pescatori che operano in maniera collettiva, «ovvero seminano e raccolgono insieme», precisa Piva. «Va da sé che l’organizzazione del lavoro è un aspetto tanto complesso

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quanto strategico nel raggiungimento dei risultati». Analisi delle acque Il COPEGO dispone di un laboratorio interno allo stabilimento per l’esecuzione dei controlli analitici relativi alle procedure di autocontrollo previste dal Reg. CE n. 853/2004, regolamento che fissa le norme sanitarie per la produzione e l’immissione

sul mercato dei molluschi bivalvi vivi destinati al consumo umano diretto o la trasformazione prima del consumo. Allo scopo di meglio identificare i punti di rischio nell’ambito dei processi produttivi ai fini della prevenzione e della sicurezza per la salute del consumatore è stato adottato il sistema HACCP. Le metodiche di analisi microbiologiche adottate sono quelle previste dal Regolamen-

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Una delle vasche di depurazione dei molluschi (photo Š Consorzio Produttori di Goro).

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to CE n. 2073/2005. Il laboratorio microbiologico presidia in maniera continuativa la qualità delle materie prime, esercitando un controllo puntuale sul prodotto sia prima che dopo la depurazione; realizza inoltre analisi microbiologiche e determina i parametri chimico-fisici sull’acqua di processo. Vengono monitorati quotidianamente i parametri relativi alla temperatura, salinità, pH, ossigeno disciolto, cloro residuo, oltre al piano di monitoraggio continuo da parte della ASL di Ferrara nella Sacca di Goro e nelle valli di Comacchio. Progetti e futuro La molluschicoltura richiede ingenti quantità di esemplari allo stadio giovanile della specie che si intende allevare, il cosiddetto seme o novellame. Questo può essere recuperato direttamente in ambiente naturale in un sito più o meno distante dall’allevamento. Per alcune specie, però, il reclutamento naturale di stadi giovanili non contribuisce in misura sufficiente a soddisfare il fabbisogno

degli allevatori. In questi casi, le alternative possibili sono la captazione di seme mediante collettori o l’applicazione di tecniche avanzate di riproduzione controllata in laboratori specializzati, gli schiuditoi. Mitilicoltura e venericoltura sono dipendenti dal reclutamento naturale, ovvero dal seme selvatico. Per questo motivo fino ad oggi lo schiuditoio in Italia non ha mai assunto un ruolo determinate sulla molluschicoltura. A tale proposito il COPEGO ha in cantiere un progetto importante: lo sviluppo di un sito dedicato al preingrasso di giovanili di vongole veraci al fine di acquisire più autonomia e meno dipendenza dall’estero nel reperimento del novellame. Sul fronte del prodotto e del mercato Pierpaolo Piva sottolinea un punto importante: «da parte del consumatore finale dei nostri prodotti c’è spesso poca conoscenza del mondo dei molluschi bivalvi, della loro produzione, del comparto dell’allevamento e della pesca, della loro lavorazione». Dietro ad un buon

piatto di spaghetti alle vongole c’è un’organizzazione complessa, che gestisce e garantisce tutto il percorso della filiera, dagli allevamenti allo stabulario, passando per il laboratorio analisi, fino al mercato ittico. Elena Benedetti

Consorzio Pescatori di Goro Soc. Coop O.P. Via dell’Industria 18 44020 Goro (FE) Telefono: 0533 793111 Web: www.copego.it Fonti • Istituto Delta Ecologia Applicata • Consorzio Pescatori di Goro Soc. Coop O.P. • Parco del Delta del Po • Genni Mantovani • Massimo Genari, presidente • Pierpaolo Piva, tecnico Copego

Corfù Sea Farm Spigole e orate di grossa pezzatura e di qualità La qualità attraverso il miglioramento continuo è sempre stata la nostra massima priorità. Crediamo che i consumatori abbiano diritto ad un pesce gustoso, di alto valore nutrizionale, sicuro e sottoposto a severi controlli che ne garantiscano anche la sostenibilità verso l’ambiente. Siamo quindi impegnati ad implementare i migliori sistemi di Certificazione per la Sicurezza Alimentare e la Protezione del Consumatore.

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La Sacca di Goro Il Po, con l’apporto quotidiano di terra e sabbia, ha modellato nei secoli, lungo la sua foce, le isole orizzontali alla linea di costa, utili al riparo delle mareggiate, con internamente sacche o lagune. Nasce così lo scanno di Goro, chiamato anche Isola dell’amore. Una lingua di sabbia che diventa subito l’indiscusso palcoscenico di una natura selvaggia e incontaminata, dove piante come tamerici e salicornie incrociano i voli degli uccelli selvatici. Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 sorge in questa laguna, direttamente collegata al mare, l’abitato di Goro costruito da navigatori diventati pescatori. Uomini e donne che hanno faticato subendo alluvioni, hanno sofferto in una natura inizialmente non ospitale, ma che, assecondandola, hanno saputo, con lei, creare un posto unico al mondo. La Sacca è una delle lagune salmastre di maggiori dimensioni dell’Alto Adriatico (circa 2000 ettari). Confina a Nord-Ovest con gli argini delle ex valli Goara e Pioppa e con il Bosco della Mesola, a Nord con aree bonificate nel ‘900 (Valle Seganda) e con l’argine del Po di Goro. A Sud lo Scannone delimita il confine col mare Adriatico: una bocca di circa 1500 m tra il Lido di Volano e la punta dello Scannone mette in comunicazione la Sacca con il mare aperto. L’intero comprensorio lagunare può essere suddiviso in tre ambienti differenti: la Sacca propriamente detta caratterizzata da acque aperte, la Valle di Gorino caratterizzata da fitti canneti e lo Scannone di Goro, una barra di sabbia che si estende dalla foce del Po di Goro verso il Lido di Volano. La profondità media della Sacca di Goro è attorno ai 60 cm, riceve acqua salata dal mare e acqua dolce dal Po di Goro (tramite la chiusa di Gorino), dal Po di Volano, dal Canal Bianco (tramite l’idrovora Romanina) e dall’impianto di sollevamento di Valle Giralda che scarica nel Taglio della Falce. La commistione d’acque dolci e salate, determina un tenore salmastro (circa 23‰ di salinità). Il fondale interno della Sacca è caratterizzato da sedimenti fini (argillosi e limosi), fondali sabbiosi si trovano dove le correnti sono più forti, ovvero presso l’imboccatura a mare della Sacca. La Sacca di Goro è, da un punto di vista ambientale, molto importante perché residuo di una tipologia lagunare costiera molto diffusa prima delle grandi bonifiche perpetuate negli ultimi 150 anni. Le peculiarità ecologiche di quest’ambiente permettono l’insediamento e la presenza di importanti comunità vegetali ed animali. Per questo motivo è annoverata tra le zone umide d’importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar (Bondesan in Corbetta 1990; Pagnoni e Caramori 1999; fonte: Parco del Delta del Po, www.parcodeltapo.it; photo © Francesco De Marco Fotografo).

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INTERVISTE

Parola di Diego Coller, direttore di ASTRO – Associazione Troticoltori Trentini

Trote del Trentino IGP, quando è l’acqua di montagna a fare la differenza di Gaia Borghi

“Chiare, fresche et dolci acque” scriveva nel suo Canzoniere FRANCESCO PETRARCA. Più che fresche, però, in questo caso le acque sono fredde, freddissime, e pure, trasparenti, incontaminate, caratteristiche fondamentali per ottenere un prodotto ittico dalle qualità organolettiche superiori. Stiamo parlando delle acque del Trentino, dove nuotano e crescono le trote allevate da ASTRO, Associazione Troticoltori

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Trentini. Trote che, dalla fine del 2016, vantano pure l’Indicazione Geografica Protetta europea IGP. «Le nostre trote sono le prime ed uniche al momento in Italia ad avere ottenuto l’IGP, mentre in Europa c’è solo un’altra Indicazione Geografica Protetta attribuita alla trota della specie Salmo trutta, la Schwarzwaldforelle tedesca, allevata in acqua di montagna nello Schwarzwald, stato federale Baden-Württemberg»

mi dice DIEGO COLLER, direttore di questa Società Cooperativa Agricola di produttori costituitasi come Associazione volontaria il 29 aprile 1975 ed evolutasi poi in Associazione dei produttori in osservanza alla legge 28 ottobre 1985. 40 i soci della Cooperativa, per una settantina di impianti di allevamento di proprietà. «La nostra associazione ha voluto fortemente l’IGP — puntualizza Diego Coller — perché attraverso questa

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Indicazione Geografica Protetta era possibile valorizzare ulteriormente il territorio e l’identità del prodotto». Prodotto che vanta anche il marchio Qualità Trentino, a garanzia di un allevamento e di una lavorazione secondo i più alti standard di qualità e di un’origine al 100% trentina.

La Trota del Trentino Igp deve le sue peculiarità essenzialmente alle caratteristiche climatiche del luogo di provenienza, ricco di acque ossigenate grazie ai ghiacciai alle frequenti piogge estive e nevicate invernali. Nelle vasche di allevamento è garantita sempre l’ossigenazione dell’acqua, che proviene solo da fonti, pozzi e sorgenti della zona di produzione (photo © ASTRO).

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Pesce di montagna Sono le acque di questa regione interamente montuosa a fare la differenza: classificate dagli ittiologi come appartenenti alla cosiddetta “zona a Salmonidi”, vantano infatti caratteristiche di abbondanza, assicurata dalla presenza di nevai e ghiacciai perenni, massima ossigenazione, buona qualità chimico-fisica-biologica e la bassa temperatura, tra i 10 e i 12 °C o inferiore per buona parte dell’anno. Non è un caso dunque che la troticoltura sia nata proprio qui, alla fine dell’Ottocento, perché erano presenti quelle condizioni di salubrità di cui hanno bisogno la trota e il salmerino per vivere. Un’attività tradizionale alpina, insomma, allora come oggi. «La purezza e la temperatura fredda dell’acqua determinano il contenuto in grassi del pesce, sia nelle trote di allevamento che in quelle selvatiche, che non supera mai il 6%» prosegue Diego Coller. «Questo dato, insieme ad un accrescimento lento del pesce, che segue e rispetta i ritmi naturali, non li forza, ci consente di differenziare la produzione trentina dal resto della produzione nazionale». Da un lato, dunque, i troticoltori trentini sono penalizzati dal punto di vista della quantità — si pensi che per ottenere una trota da banco sono necessari 18/24 mesi, contro i 12/13 di allevamenti in acque più calde, di pianura — e dei conseguenti maggiori costi di produzione, ma la qualità di prodotto che ne deriva è certamente più elevata. “La montagna concede poco alla quantità, garantisce però intrinseca qualità e uno sviluppo sostenibile” si legge nel sito di ASTRO. «È una questione di scelte produttive e noi abbiamo scelto il “buono”» mi conferma Diego Coller. A tutto ciò si aggiungono altri elementi che favoriscono le caratteristiche peculiari delle Trote del

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La vocazione del Trentino alla troticoltura ha una lunga tradizione consolidatasi nel tempo. La pratica dell’allevamento in vasca risale addirittura al XIX secolo, con la costruzione nel 1879 dello stabilimento di piscicoltura artificiale di Torbole, che aveva la finalità di diffondere tale pratica e ripopolare le acque pubbliche con avannotti di trota.

La Denominazione di Origine “Igp Trote del Trentino”: •

• •

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è riservata ai pesci salmonidi appartenenti alla seguente specie trota iridea (Oncorhynchus mykiss) allevati e macellati nella zona di produzione segnalata dal Disciplinare e comprendente l’intero territorio della Provincia Autonoma di Trento nonché il comune di Bagolino in provincia di Brescia; all’atto dell’immissione al consumo, le trote devono presentare le seguenti caratteristiche: dorso verdastro con una fascia rosea su entrambi i fianchi; ventre biancastro; macchiette scure sparse sul corpo e sulla pinna dorsale e caudale. L’Indice di Corposità (Condition Factor) deve risultare rispettivamente entro il valore di 1,25 per pesci fino a 500 grammi ed entro 1,35 per pesci oltre i 500 grammi; la carne deve presentare un contenuto in grassi totali non superiore al 6%. La carne, bianca o salmonata, si presenta compatta, tenera, magra con un delicato sapore di pesce e un odore tenue e fragrante d’acqua dolce, privo di qualsiasi retrogusto di fango; ogni fase del processo produttivo viene monitorata documentando per ognuna gli input e gli output. In questo modo, e attraverso l’iscrizione in appositi elenchi, gestiti dall’organismo di controllo, delle vasche di allevamento, degli allevatori, dei macellatori e dei confezionatori, nonché attraverso la denuncia tempestiva alla struttura di controllo delle quantità prodotte, è garantita la tracciabilità del prodotto.Tutte le persone, fisiche o giuridiche, iscritte nei relativi elenchi, sono assoggettate al controllo da parte dell’organismo di controllo; le vasche di allevamento del novellame e del materiale adulto devono essere costruite completamente in cemento, o terra e cemento, o con argini in cemento e fondo in terra, o in vetroresina, o acciaio, e devono essere disposte in serie o in successione in modo da favorire al massimo la riossigenazione. L’acqua utilizzata nell'allevamento deve provenire da acque sorgive, e/o pozzi e/o fiumi e torrenti compresi nella zona di produzione delimitata. In particolare, l'acqua in entrata nelle vasche esterne deve presentare le seguenti caratteristiche: la temperatura media nei mesi da novembre a marzo non deve superare i 10 °C; l’ossigeno disciolto non deve essere inferiore a 7 mg/l; la razione alimentare deve seguire i requisiti consolidati dalla tradizione nel rispetto degli usi leali e costanti. Proprio per questo i mangimi utilizzati devono essere privi di OGM e opportunamente certificati secondo la normativa vigente.

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Accanto al pesce fresco conferito dai soci allevatori, ASTRO commercializza anche prodotti lavorati, dai filetti affumicati a freddo e a caldo agli hamburger di trota. Specialità dall’alto contenuto di servizio, pratiche e nutrizionalmente equilibrate, ricche di proteine nobili e sali minerali. 1) Baffa affettata. 2) Trota in saor. 3) Gocce di trota (photo © ASTRO). Trentino I GP , pesci dalla carne magra, consistente, gustosa e priva di sapori sgradevoli, ovvero il benessere animale (Astro è certificato da Friend of the Sea), derivante dalla densità delle trote in vasca (20/40 kg/m3), dai ricambi d’acqua (fino a 15 giornalieri), dalle analisi chimiche quotidiane e biologiche delle acque degli impianti e dei fiumi (queste due volte l’anno, effettuate dalla Fondazione Edmund Mach), e l’alimentazione, con una formulazione mangimistica centralizzata (“formula ASTRO”) a base di ingredienti costantemente controllati, garantiti, ecocompatibili e privi di OGM preparata in collaborazione con il centro di consulenza della

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Fondazione Mach. «Noi puntiamo su una ricerca che migliori la qualità del prodotto» conclude Coller. «Ottimi risultati stiamo ottenendo anche con il carpione del Garda, un progetto di ricerca iniziato a fine 2014 e portato avanti sempre in collaborazione con la Fondazione Mach». Per quanto concerne le vendite, le Trote del Tentino IGP finiscono per il 20% nel segmento dell’HO.RE.CA. (80% in Trentino) e per il restante 80% in GDO (30% Trentino e 70% fuori regione, Nord-Centro soprattutto, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna e Toscana). Per promuovere il consumo di trota trentina e dei prodotti trasformati a base di trota commercializzati

da ASTRO sul sito e sui canali social dell’associazione sono disponibili tantissime ricette, suggerimenti, informazioni aggiuntive, testimonianze, video. Se le acque in cui nuotano le Trote del Trentino IGP sono trasparenti, altrettanto lo sono la produzione e la comunicazione. Bravissimi. Gaia Borghi

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MARKETING

Infodemia e gamification: un problema e una soluzione di Francesca Monti

Come far sì che i prodotti diventino veri e propri comunicatori capaci di aiutare i consumatori a setacciare le informazioni? La gamification, ovvero l’uso di elementi di design game in contesti non videoludici, può fornire gli strumenti per farlo. Secondo un’indagine condotta dall’Università Cattolica, in media consumiamo 2,5 ore di flusso social, dato in incremento negli ultimi

Applicare la sfera del gioco alla vendita di un prodotto o di un servizio lo rafforza e crea un valore esperienziale per l’utente. Il gioco è un’unione inscindibile fra il serio e il ludico e ha un ruolo propedeutico riconosciuto. Informare i consumatori attraverso il loro sviluppo è utile per contrastare i flussi di informazioni non organizzati

La gamification nel marketing utilizza processi e risorse dei mobile games e li applica a contesti che non sono ludici, come app di aziende o brand (photo © Song_about_summer – stock.adobe.com).

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Una storia di artigianalitĂ , tradizione e qualitĂ nel cuore della laguna veneta. Seguici sui social!

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Infodemia – Si tratta della circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili (fonte: treccani.it). Gamification o ludicizzazione – La gamification (traducibile in italiano come “ludicizzazione”) è l’utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design in contesti non ludici. Il concetto di gamification è divenuto noto al grande pubblico nel febbraio 2010 grazie alla conferenza che JESSE SCHELL, game-designer americano, tenne in occasione del “D.I.C.E. Summit” di Las Vegas, anche se il termine non venne mai utilizzato in quel discorso. La vita quotidiana è scandita da numerose azioni, spesso ritenute noiose e mal digerite (pagamento di tasse, prevenzione sanitaria, manutenzione), mentre il gioco è un’azione volontaria da cui trarre piacere. La gamification cerca di coinvolgere le persone a provare più divertimento e partecipazione nelle attività quotidiane attraverso il gioco.Tra i molteplici obiettivi della gamification vi sono: • fidelizzare la clientela; • acquisire nuovi clienti; • risolvere problemi comuni tra più clienti; andando a modificare le abitudini degli utenti. La fidelizzazione è una dinamica che esiste già dal Settecento. In quel secolo, alcuni commercianti americani pensarono di regalare dei gettoni di rame ai propri clienti, in modo che, dopo averne raccolti in gran numero, li potessero riscattare, ricevendo in cambio veri prodotti. I gettoni di rame erano quindi delle monete virtuali per premiare i clienti più fedeli, mediante la vincita di premi. L’utilizzo di queste monete del Settecento segna l’inizio di una evoluzione che portò a raccolte punti sempre più complesse, fino a giungere ai primi Frequent Flyer Program degli anni Ottanta, realizzati con l’aiuto di veri e propri game designer. Un ulteriore gradino di questa evoluzione fu raggiunto negli anni novanta, quando le strategie di marketing di alcuni marchi, come Chupa Chups (1992) e Adidas (1994), iniziarono a interessarsi ai videogiochi, creando delle pubblicità in scenari di giochi. Nasce così l’in-game advertising. Il principio alla base della gamification è quello di utilizzare le dinamiche e meccaniche del gioco: • punti da accumulare; • livelli da raggiungere; • ricompense o doni da ottenere; • distintivi da esibire; per stimolare alcuni istinti primari di un essere umano: competizione, status sociale, compensi e successo. È stato provato che l’utilizzo di metodologie ludiche stimola un comportamento attivo, riscontrabile tramite l’analisi dei dati delle scelte fatte all’interno del gioco. Uno studio sull’influenza del gioco e della gamification sulla società è stato fatto da JANE MCGONIGAL, secondo cui la componente ludica può agevolare la comprensione del mondo attuale e stimolare comportamenti sociali virtuosi. I giochi possono inoltre servire a rendere migliore o più sopportabile quelle esperienze che normalmente non gratificano a sufficienza una persona, dando un significato più epico alle azioni compiute (fonte: Wikipedia).

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La proposta del kit d’asporto per creare a casa propria i cannoli siciliani rappresenta perfettamente un’applicazione delle regole del gioco al settore delle vendite di alimenti. mesi di lockdown, e riceviamo 180 messaggi pubblicitari, spesso in forma soft, ovvero attraverso metodi di comunicazione indiretti, ma capaci di lasciare un input nella nostra quotidianità. Quando parliamo del settore delle proteine animali, dobbiamo fare riferimento anche a tutti i costrutti sociali, educativi ed etici che compongono in larga parte la comunicazione verso il consumatore finale. Ci troviamo di fronte ad una grande quantità di informazioni destrutturate, non solo TG, riviste, blog e talk discutono e definiscono posizioni sull’argomento, ma anche gli influencer propongono e inducono stili di vita e di consumo. Queste logiche, che indirettamente strutturano i vecchi e i nuovi mercati, sono socialmente accettate e difficilmente attaccabili attraverso lo stesso modus operandi, in quanto non utilizzano il confronto diretto e i contenuti hanno spesso una durata di 24 ore. I settori della carne e del pesce, ad esempio, contraddistinti da una tendenza alla discrezione, devono trovare il proprio modello di informazione che aiuti i consumatori a vagliare i contenuti al fine di avvicinarli ad una scelta consapevole e singolare. Applicare

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la sfera del gioco alla vendita di un prodotto o di un servizio lo rafforza e crea un valore esperienziale per l’utente. Il gioco è un’unione inscindibile fra il serio e il ludico e ha un ruolo propedeutico ampiamente riconosciuto. Educare e informare i consumatori attraverso il loro sviluppo è un sistema soft per contrastare i continui flussi di informazione non organizzata. Il vantaggio è legato alla sfera emotiva e sensoriale: i contenuti via social infatti raramente offrono una vera esperienza a chi ne usufruisce. Secondo l’artigiano del legno MAURO SARGIANI, quello del gioco è un linguaggio completamente libero e svincolato da ordini e gerarchie, che permette di parlare con il mondo attraverso una continua induzione di alfabeti. Come i social, il gioco agisce su un modello di consumatori orizzontali, senza però dare risposte omogenee, ma fornendo gli strumenti per alfabetizzarsi al mondo del pesce o della

carne. Il gioco trasmette informazioni serie in maniera divertente permettendo alle persone di costruire la propria educazione e riflessione in materia. Come trasformare il consumo di proteine animali in un gioco esperienziale? Per prima cosa bisogna differenziare la Grande Distribuzione e i piccoli esercizi commerciali. Nel primo caso, il modo più efficace è azionare dei digital game con cui coinvolgere il consumatore e portarlo alla scoperta della materia prima divertendosi. Anche le pescherie possono affacciarsi al mondo digital ma, essendoci un contatto diretto con il consumatore, si può pensare di avvalorarlo attraverso il coinvolgimento e la creazione di una game experience. Un caso interessante di quest’ultimo periodo arriva dalla Sicilia: si tratta di un kit d’asporto per creare in casa i propri cannoli siciliani. Nella scatola si trovano le istruzioni, le cialde, la “crema” all’interno

dell’apposita tasca da pasticciere e le decorazioni. Si tratta di una bella intuizione per dare al consumatore non solo il food ma anche l’esperienza del luogo, attraverso una formula tratta dal mondo del gioco. Comporre un cannolo significa trasmettere la cultura di una realtà territoriale, poterne osservare gli ingredienti, percepire i fondamentali di preparazione e diventare consapevoli della complessità del prodotto artigianale. Proprio quando la preparazione del cannolo non è perfetta si percepisce il valore del processo produttivo. Il gioco può diventare una piattaforma di comunicazione per il settore delle proteine animali sia per affrontarne le criticità attraverso una metodologia che affianca logiche soft e partecipative, sia come mezzo per imparare attraverso un’esperienza coinvolgente, educativa, emozionale e divertente. Francesca Monti Selezione e lavorazione carni www.monticarni.it

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AMBIENTE

La tropicalizzazione del Mar Mediterraneo di Josette Baverez Blanco

È ormai banale parlare del surriscaldamento generale del pianeta, cause ed effetti, e ognuno ha la sua da dire in merito. Una cosa è sicura: non si tratta più di un mutamento di natura periodica dell’assetto orbitale della terra rispetto al sole, bensì di una crescita generalizzata del consumo energetico legato alla produzione industriale che ha creato il famoso effetto serra. Mentre si sciolgono ghiacci e ghiacciai, il livello degli oceani si innalza e il deflusso di acqua dolce, contrastato dalla maggior

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evaporazione, aumenta la salinità e la temperatura dell’acqua di mari e oceani che non è mai stata così elevata. Basti dire che dal 2005, nel Mediterraneo, temperatura e salinità sono cresciuti ad una velocità doppia rispetto al XX secolo! Nel Mediterraneo, dalla fine degli anni ‘70, direttamente legati ai primi grossi problemi di riscaldamento climatico, si sono introdotte numerose specie di pesci tropicali. Li possiamo suddividere in due classi principali: quelli che vengono dal Mar Rosso at-

traverso il Canale di Suez (di migrazione lessepsiana, così detta in onore di FERDINAND DE LESSEPS, promotore ed esecutore del canale) e quelli che arrivano dalle coste africane occidentali, dall’Atlantico attraverso lo Stretto di Gibilterra. Questi pesci sono entrati spontaneamente nel Mediterraneo mentre altre specie sono state introdotte volontariamente (ad esempio le vongole Tapes Philippinarum) e altre ancora per puro caso, spesso attraverso le acque di sentina delle navi, acque scaricate nel mare

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senza precauzioni. Pochissime sono le specie che arrivano dalle acque fredde del Nord Atlantico. Si stima ormai che nel Mediterraneo ci sia il 28% di pesci estranei. Dal 1980 ad oggi, il numero di specie alloctone è triplicato invadendo le coste, in particolare nel bacino occidentale. Sono segnalate 186 specie esotiche, 55 vegetali e 131 animali di cui 42 nuove specie ittiche. Sarebbero complessivamente 837 le specie aliene e c’è chi dice 955. Si sono ambientate sino a soppiantare le specie

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autoctone. Una vera e propria colonizzazione legata al riscaldamento. Di origine atlantica, è facile pescare la ricciola fasciata (Seriola fasciata) e altre africane, la bavosa e il pesce palla. Le colonizzazioni lessepsiane del bacino orientale sono di triglie, pesci scoiattolo (Holocentridae) e altre specie del genere siganus. Hanno sfruttato le nicchie ecologiche libere per vicissitudini biogeografiche compensando la povertà faunistica del luogo. Il problema è che sono arrivati tanti pesci pericolosi come il pesce scorpione dal Mar Rosso, gli squali predatori, il pesce coniglio con le sue spine velenose, il pesce palla maculato riconoscibile dai puntini neri sulla schiena con fascia chiara sul dorso. Questa specie è altamente tossica e non sono poche le intossicazioni alimentari segnalate sulle coste mediorientali e nord africane. Dal 2013 lo si trova a Lampedusa, in Sicilia e in Puglia. Per quanto riguarda le alghe infestanti, anche loro mettono a rischio la salute dell’ecosistema. Per arginare molto parzialmente questa colonizzazione, l’Organizzazione Internazionale Marittima (IMO), con 53 Stati ratificatori, ha stipulato, con entrata in vigore nel 2017, una Convenzione Internazionale sulle acque di zavorra, importante mezzo di trasmissione di specie nocive e di agenti patogeni in nuovi ambienti; la successiva instaurazione di una popolazione riproduttiva può sconvolgere gli ecosistemi di porti, laghi, estuari e acque costiere. Gli armatori devono in tal modo dimostrare il loro impegno per la salvaguardia dell’ambiente marino. Josette Baverez Blanco Nota A pagina 82 e 83, il pesce scorpione. La prima segnalazione nel Mediterraneo di questa specie avvenne nel 2017 nelle acque della riserva di Vendicari, Siracusa, da parte del team di ricercatori di Ispra, CNR e dell’American University di Beirut. L’aumento delle temperature del nostro mare favorisce questa specie tropicale (photo © Mathijs Vos x unsplash).


LA QUALITÀ

La Colatura di Alici di Cetara conquista la Dop Si aggiunge una nuova IG Food italiana nel registro europeo: uscito nella Gazzetta ufficiale europea il prodotto Colatura di Alici di Cetara DOP appartenente alla Classe 1.7. Pesci, molluschi, crostacei freschi e prodotti derivati. L’iscrizione della nuova denominazione porta l’Italia a 308 specialità Food ad Indicazione Geografica. Con la registrazione del nuovo prodotto, l’Europa raggiunge quota 1.471 IG Food — di cui 647 DOP, 760 IGP e 64 STG — ai quali si aggiungono i 28 prodotti nei paesi Extra-UE, per un totale di 1.499 denominazioni. Il comparto Food rappresenta una fetta pari al 44,3% delle IG complessive in EU. L’Italia

ha in totale 834 denominazioni Food&Wine (sono 833 registrate ufficialmente in UE, ma si arriva a 834 considerando le 2 autorizzazioni a livello nazionale all’etichettatura transitoria e la cancellazione a livello italiano della denominazione Valtènesi DOP) di cui 579 DOP, 252 IGP, 3 STG e 35 IG Spirits per un totale di 869 Indicazioni Geografiche. Il comparto Food conta 308 denominazioni di cui 171 DOP, 134 IGP e 3 STG. La Campania ha in totale 57 denominazioni Food&Wine di cui 34 DOP, 20 IGP e le 3 STG nazionali, oltre a 4 IG Spirits per un totale di 61 Indicazioni Geografiche. Il comparto Food conta 28 denominazioni di cui

15 DOP, 10 IGP e 3 STG. La Colatura di Alici di Cetara DOP è il primo prodotto appartenente alla Classe 1.7. Pesci, molluschi, crostacei freschi e prodotti derivati in regione (il sesto in Italia). Caratteristiche, zona di pesca e commercializzazione La Colatura di Alici di Cetara DOP è un prodotto liquido ottenuto dalla maturazione delle alici (Engraulis encrasicolus L.) sotto sale. All’aspetto la Colatura di Alici di Cetara DOP deve essere limpida e brillante; il colore ambrato, tendente al brunomogano. Si caratterizza per un odore persistente, intenso che richiama il

I “terzigni”, piccole botti in rovere piene di alici sotto pressatura (photo © Massimiliano Rella).

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Il piccolo borgo di Cetara è un gioiello incastonato nella splendida cornice della costiera amalfitana. profumo delle alici sotto sale, delle alici fresche, del salmastro. Ha un sapore “umami”, forte e con sapidità elevata dovuta all’utilizzo di alici e sale come materie prime. La zona di pesca delle alici per fare la Colatura di Alici di Cetara DOP ricade nella zona di mare antistante la provincia di Salerno, ad una distanza dalla costa in funzione della profondità di pesca (batimetria da 50 a 200 m) con una distanza massima dalla costa di 12 miglia. Tutte le fasi di lavorazione, trasformazione, affinamento e spillatura devono avvenire esclusivamente nel territorio dei Comuni della provincia di Salerno, nella regione Campania. La commercializzazione della Colatura di Alici di Cetara DOP deve avvenire, in appositi contenitori in vetro chiaro trasparente di capacità variabile da un minimo 50 ml ad un massimo di 1.000 ml.

Legame con la zona geografica La “Colatura di Alici di Cetara” per le sue caratteristiche di odore e sapore è utilizzata come condimento ed insaporitore naturale di pasta e di altre pietanze semplici o più complesse. L’odore, persistente ed intenso è quello delle alici sotto sale e del profumo di salsedine. Il sapore è forte e con elevata sapidità. Le caratteristiche di odore e sapore della “Colatura di Alici di Cetara” sono dovute alle particolari condizioni della zona di pesca antistante la provincia di Salerno e all’abilità nelle attività di lavorazione delle alici e di preparazione dei tradizionali contenitori nei quali avviene la fase di maturazione. Molto singolari si presentano le caratteristiche fisiche dell’area di produzione che nella parte a Nord si chiude con la catena dei Monti Lattari, spina dorsale delle Costie-

ra Amalfitana e Sorrentina, con escursioni altimetriche notevoli (dal livello del mare a oltre 1.400 msl), e nella parte sud si completa con la costiera Cilentana aventi analoghe caratteristiche. Inoltre, la forte variabilità dell’areale marino concorre a determinare condizioni ambientali specifiche in cui si sviluppano le specie ittiche oggetto di pesca: vi sono tratti di mare con profondità molto elevata già a poche miglia dalla costa, con la conseguenza che nella zona la pesca delle alici si svolge fino ad una distanza massima di 12 miglia, a profondità medie di circa 200 metri. In questo tratto di mare si rilevano livelli di salinità elevata di circa il 38 per mille, con minore sviluppo della componente vegetale fitoplantonica, a cui si ricollega la minore e più lenta crescita delle alici che, pertanto, si presentano con basso

Etichettatura L’etichetta da apporre sui contenitori in vetro deve riportare, con caratteri di stampa chiari, indelebili, nettamente distinguibili da ogni altra scritta che compare sulle stesse, la dicitura “Colatura di Alici di Cetara DOP”. Nella medesima etichetta, devono essere riportate le seguenti indicazioni: a) il logotipo della denominazione; b) il simbolo dell’Unione europea; c) le caratteristiche del contenitore: terzigno o botte. Qualora venga praticato l’affinamento, è consentito in etichetta la dicitura “invecchiata”, seguita dal numero di mesi/anni di affinamento. Il logotipo della “Colatura di Alici di Cetara DOP” racchiude quattro elementi tutti stilizzati: un terzigno all’interno del quale si evidenzia la torre di Cetara, poi in primo piano un’alice ed infine la goccia di colatura.

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La colatura di alici Nettuno dell’azienda Giordano Vincenzo di Cetara (photo © Massimiliano Rella). livello di grasso, elemento che rende più gradevole le alici sotto sale e la colatura che scaturisce dal processo di salagione prolungato. Il basso tenore lipidico riduce il rischio che si producano reazioni chimiche che provocano il fenomeno dell’irrancidimento durante il periodo di maturazione delle alici sotto sale. L’attività della pesca delle alici, condotta tradizionalmente in numerose località costiere della provincia di Salerno, ha consentito lo sviluppo di una peculiare e diffusa abilità nell’attività della lavorazione e salagione delle stesse, che si è prima sviluppata presso le famiglie dei pescatori, poi nella creazione di piccoli laboratori e a seguire in aziende industriali di medie dimensioni.

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La produzione della “Colatura di Alici di Cetara”, anche quando realizzata in aziende di medie dimensioni, continua a mantenere i caratteri di una forte artigianalità legata all’abilità degli operatori locali. Tra le principali doti, si riscontra la capacità delle maestranze, soprattutto donne, dell’area di eseguire in modo ineccepibile e rapido l’attività di decapitazione ed eviscerazione delle alici, eseguita esclusivamente a mano, per ottenere la completa rimozione della testa e delle interiora, la cui assenza incide in senso positivo sulla qualità e le caratteristiche di odore e sapore della “Colatura di alici di Cetara”, evitando l’insorgenza di possibili note di amaro. Queste attività ven-

gono eseguite subito dopo la cattura, in modo tale da evitare lunghe ore di conservazioni in frigo o di congelamento, che determinerebbero un decadimento qualitativo della materia prima. Inoltre, è rilevante anche l’abilità degli operatori nel preparare i tradizionali contenitori in legno per la salagione delle alici. La preparazione avviene esclusivamente in modo manuale, sistemando a strati alterni le alici e il sale marino. Una volta completati gli strati, il contenitore viene coperto con un disco sul quale poi vengono collocati dei pesi per assicurare la pressione. Il corretto riempimento del contenitore, l’ordinata e ravvicinata sistemazione delle alici nei singoli strati, completamente coperti dal sale, risultano necessari per evitare il rischio di alterazione con processi ossidativi indesiderati, causati dalla presenza di sacche di ossigeno, tutte condizioni che rivestono un ruolo importante, poiché è all’interno del contenitore che la “Colatura di Alici di Cetara” origina e acquisisce nel corso della fase di maturazione delle alici sotto sale le sue caratteristiche organolettiche di odore e sapore. Per secoli la Colatura di alici di Cetara ha trovato una limitata diffusione, esclusivamente nel territorio della costa amalfitana e, soprattutto, a Cetara, luogo in cui, secondo una consolidata tradizione, costituisce l’elemento base delle celebrazioni vigiliari delle feste natalizie, per condire gli spaghetti o le linguine. L’attenzione dei mezzi di comunicazione ha contribuito a favorirne la conoscenza. La commercializzazione del prodotto, prima sul mercato locale e poi su più larga scala, risulta avviata dalla seconda metà degli anni Ottanta del secolo XX. La Colatura di alici di Cetara è un elemento molto apprezzato nella gastronomia in tutta Italia e, in molti casi, ha varcato i confini nazionali, quale ingrediente peculiare della cucina locale della costa d’Amalfi e di Cetara in particolare. Fonti: Fondazione Qualivita Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana MIPAAF

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MERCATI

Il Covid influenza la domanda, in calo. Prezzi sempre bassi in attesa della ripresa

Il mercato dei bivalvi nel 2020 di Roberto Villa

La produzione mondiale dei bivalvi da allevamento è piuttosto stabile — intorno alle 15 milioni di tonnellate all’anno —, con la Cina che rappresenta approssimativamente l’80% di tale volume; tuttavia, il commercio mondiale è alquanto ridotto poiché la maggior parte dei consumi è rivolta ai mercati interni dei paesi produttori. L’Unione Europea assorbe più di un terzo del commercio mondiale di bivalvi, con un picco di due terzi per quanto riguarda i mitili.

Mitili Dei 2,1 milioni di tonnellate di mitili allevati nel mondo, metà sono prodotte in Cina; seguono a notevole distanza Cile e Spagna, con quantitativi attorno alle 220.000 tonnellate. Tra il 15% ed il 20% della produzione mondiale è oggetto di scambi commerciali, col Cile che nel 2019 è stato il primo esportatore in termini di quantità, per un volume di 76.000 tonnellate. Nel 2019 il commercio mondiale ha interessato 370.000

tonnellate, in linea con il dato del 2018, con la destinazione più importante costituita dall’Unione Europea (216.000 tonnellate) ed in particolare da Francia, Italia e Paesi Bassi. La Francia, che rappresenta storicamente il principale importatore mondiale, secondo i dati diffusi dal rapporto FAO Globefish ha ridotto del 22% le importazioni di cozze nel primo trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,

Durante il periodo del blocco forzato delle attività la biomassa di vongole è cresciuta tanto da consentire, soprattutto in Italia, la raccolta di pezzature piuttosto grandi rispetto alla media (photo © Cooker King x Unsplash).

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per un equivalente di 4.000 tonnellate in meno; le chiusure dei locali pubblici, e segnatamente dei ristoranti, ha pesato molto sui consumi, fortemente legati al mercato dei pasti fuoricasa. Un dato ancora peggiore è atteso per il secondo trimestre mentre le riaperture dei locali da giugno dovrebbero avere risollevato parzialmente le vendite. Anche in Italia nel primo trimestre si è verificato un calo delle importazioni pari al 7%, in controtendenza gli Stati Uniti che allora non erano ancora coinvolti nei provvedimenti restrittivi. L’acquacoltura europea è basata sulla tecnica dell’allevamento sul fondale, tipicamente nei Paesi settentrionali come i Paesi Bassi, oppure su corde come in Spagna, Italia e Irlanda. Nel 2019 i prezzi al dettaglio in Francia dei mitili bouchot si sono mantenuti stabili attorno ai 6 €/kg (fonte FAO, European Price Report), valore raggiunto dall’inizio del 2018, mentre sul mercato italiano le cozze quotano a valori che sono circa la metà; nel 2020 i prezzi al dettaglio in Francia si sono assestati sui 5,5 euro al chilo. Pettini, cannolicchi e vongole Cina, Stati Uniti e Francia si confermano i principali bacini di consumo di pettini, pettini maggiori e cannolicchi. Sul mercato francese, il principale dell’Unione Europea per questa

tipologia, le quotazioni all’ingrosso nel corso del 2020 sono in discesa, con valori attorno ai 3,5 euro al chilogrammo per i pettini freschi in guscio di origine nazionale. I prezzi delle vongole nella prima metà del 2020 sono stati inferiori del 20% sul valore medio dell’anno precedente; tuttavia, con una contrazione inferiore ad altre tipologie di bivalvi grazie alla maggiore propensione al consumo domestico. Durante il periodo del blocco forzato delle attività la biomassa di vongole è cresciuta tanto da consentire, soprattutto in Italia, la raccolta di pezzature piuttosto grandi rispetto alla media. In Italia le vongole realizzano circa 20.000 tonnellate all’anno, per un valore di 60 milioni di euro alla produzione e di 140 milioni di euro nell’intera filiera. L’Unione Europea ha prorogato a tutto il 2020 la deroga all’Italia per la pesca delle vongole nel mare Adriatico con un diametro di 22 millimetri contro i 25 millimetri minimi richiesti per gli altri Paesi membri. All’interno della Commissione pesca del Parlamento europeo erano stati sollevati dubbi riguardo la legittimità della deroga concessa all’Italia; tuttavia, studi scientifici hanno inequivocabilmente dimostrato la sostenibilità della pesca delle vongole adriatiche ed ora si auspica che la deroga venga resa permanente. La Cina costituisce l’origine della maggior parte delle importazioni di

vongole del Giappone e della Corea del Sud, con una quota prossima al 90%; la materia prima di origine europea rimane principalmente nei paesi di produzione, con uno scambio interno modesto. Il commercio mondiale delle vongole è risultato in calo del 10% nel primo trimestre del 2020; la rapida ripresa del Giappone e della Corea del Sud dall’epidemia Covid fa presupporre un recupero delle importazioni per la restante parte dell’anno. Ostriche Anche per le ostriche, fatte salve le annate caratterizzate da parassitosi, la produzione annua è piuttosto stabile, con 5 milioni di tonnellate, delle quali anche in questo caso l’80% è prodotto in Cina, mentre l’export è limitato a circa 70.000 tonnellate per anno. Le vendite durante le festività natalizie del 2019 sono state estremamente favorevoli, oltre le migliori aspettative, con prezzi in decisa risalita anche per via di problemi di fornitura da parte degli allevatori francesi legati alla presenza di norovirus negli ultimi mesi dell’anno. Il commercio mondiale ha riguardato 70.500 tonnellate nel 2019, in calo dell’8% sull’anno precedente. La Pasqua, altro tradizionale periodo di picco nei consumi, ha registrato nel 2020 una riduzione consistente rispetto al 2019 a motivo dell’incertezza legata all’epidemia di Covid. Roberto Villa


Il mercato dei salmoni nel 2020 di Roberto Villa

La produzione del Salmone atlantico nel 2019 è aumentata anno su anno del 7% a 2,6 milioni di tonnellate, crescita seguita ad un 2018 che si era chiuso con un incremento del 5% nei volumi, mentre per il 2020 è atteso un calo tra il 2 ed il 4%, secondo il rapporto FAO Globefish. La pandemia Covid-19 ha introdotto molti elementi di incertezza che hanno spinto diversi operatori economici a ritardare il più possibile la raccolta, tanto da ridurre l’offerta nel primo semestre del 2020 e da determinare un peso medio più elevato nella seconda metà dell’anno. Nei dodici mesi intercorsi tra metà novembre 2019 (settimana 47) e metà novembre 2020 (settimana 46), la Norvegia ha esportato oltre

919.000 tonnellate di salmone fresco, per un valore di 58 miliardi di corone norvegesi (NOK) e 16.300 di salmone congelato; il primo ad un prezzo medio di 60 corone norvegesi per chilo, con un massimo di 75-78 NOK/kg nelle settimane del Natale, mentre dalla settimana 29 del 2020 il prezzo è sempre stato sotto le 55 NOK/kg, fino al minimo di 46,90 raggiunto nella settimana 45; il secondo ad un prezzo medio di 58 NOK/kg con un massimo di 64,5 NOK/kg nella settimana 291. Il prezzo del salmone fresco è andato scendendo da giugno a motivo della scarsa domanda proveniente dal settore della ristorazione a livello mondiale, unito a maggiori esportazioni verso le industrie di

trasformazione site nel continente europeo, che tipicamente spuntano prezzi più bassi. La produzione norvegese nel 2019 è stata di 1,36 milioni di tonnellate, il valore più alto di sempre, in crescita del 6,2% sul 2018. Appena prima della pandemia il pidocchio ha rappresentato l’ostacolo principale alla crescita della produzione norvegese, motivo per il quale è stato messo in atto un controllo accurato della temperatura dell’acqua, seguito dalle fioriture algali, altra causa di riduzione dei volumi in vaste aree salmonicole del paese. Il Norwegian Seafood Council riferisce che nel 2019 la Norvegia ha ulteriormente ridotto il ricorso all’uso di antibiotici, come mostra il rapporto annuale

Il prezzo del salmone fresco è andato scendendo da giugno a motivo della scarsa domanda proveniente dal settore della ristorazione a livello mondiale, unito a maggiori esportazioni verso le industrie di trasformazione site nel continente europeo (photo © Alexander Blinov).

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Allevamento di salmoni nelle acque dell’isola scozzese di Skye (photo © 2018 Reimar Gaertner). sull’acquacoltura, con sole 16 prescrizioni pari a 222 kg di farmaci, il minimo mai toccato ed in decremento del 77% rispetto al 2018, ad indicare che il 99% del salmone norvegese è attualmente prodotto senza alcun impiego di antibiotici. I margini degli operatori sono stati ridotti proprio a causa dei problemi sanitari legati al pidocchio e alle alghe, sebbene le autorità statali abbiano dato la possibilità di incrementare la produzione del 6% in nove delle tredici zone di produzione. In Scozia la produzione ha visto un balzo in avanti del 20% nel 2019 dopo un 2018 alquanto scarso mentre nel 2020 è atteso rimanga stabile sui volumi conseguiti. In Cile la produzione di salmone atlantico è salita del 6% durante il primo trimestre 2020 (192.000 tonnellate totali), per poi rallentare nei due trimestri successivi a motivo delle restrizioni logistiche e del mercato stagnante. La sofferenza del settore ristorazione, hotel e catering, che rappresenta il 30% del mercato del salmone, ha avuto un’inevitabile ripercussione sulle vendite, mentre

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le vendite al dettaglio non hanno compensato tale calo: negli Stati Uniti si è verificata una diminuzione della domanda del fresco sia per i filetti sia per il pesce intero. Nel 2019 negli USA le importazioni sono state pari a 426.500 tonnellate (+5,8% sul 2018), per un controvalore di 4,3 miliardi di dollari (+3,8% sul 2018), con il Cile che vede aumentare la propria quota come paese fornitore a discapito del Canada. Il salmone norvegese è stato destinato principalmente in Polonia, Danimarca, Stati Uniti e Francia; la Polonia ha consolidato la posizione di primo mercato salendo dal 16% al 18%, opera essenzialmente come paese di trasformazione il cui prodotto finale viene esportato in tutta l’Europa (Germania, Regno Unito, Italia). Il salmone cileno ha affrontato numerose difficoltà a raggiungere i tradizionali mercati di sbocco (USA, Giappone, Russia, Brasile, Cina), se si considera che quasi metà delle esportazioni di prodotto fresco negli Stati Uniti avvenivano attraverso voli passeggeri è intuibile come gli

operatori abbiano dovuto rivedere molti aspetti logistici per soddisfare la domanda estera, nonostante un primo trimestre 2020 in modesta crescita. Anche il salmone Coho, che vede nel Giappone il principale mercato di destinazione, ha registrato volumi in netta discesa. La Russia nel 2020 ha tolto il bando sanitario all’importazione su quattro stabilimenti cileni, favorendo un maggiore afflusso di prodotto. Per la seconda metà del 2020 un recupero parziale della domanda è verosimile ma la ripresa ci sarà solamente nel 2021 alla riapertura del settore della ristorazione e dell’ospitalità. Buoni volumi di produzione e prezzi bassi, insieme ad un’innovazione nell’offerta, potrebbero dare la spinta per un incremento della domanda globale, soprattutto se sostenuta da una comunicazione circa la sicurezza alimentare come la riduzione degli antibiotici negli allevamenti norvegesi. Roberto Villa Nota 1. www.ssb.no/en/utenriksokonomi/ statistikker/laks

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Ostriche irlandesi: quel sapore unico direttamente dalle acque incontaminate dell’Atlantico In vista del Natale, ecco i suggerimenti di Bord Bia su come consumare questo alimento premium, di cui l’Italia è il secondo importatore al mondo Coi suoi 7.500 km di costa nel mezzo dell’Oceano Atlantico e i 12.000 km² di terreni che filtrano le piogge, l’Irlanda è uno dei luoghi ideali per la produzione di ostriche, il cui allevamento risale al XIII secolo, ma il loro consumo rappresenta una tradizione che si protrae da oltre 4000 anni. Anche l’Italia si è presto accorta di quanto questo alimento sia prezioso, sia dal punto di vista

nutrizionale che del gusto. E proprio i nostri connazionali si rivelano dei grandi appassionati di ostriche irlandesi, posizionando il Belpaese come il secondo mercato di importazione al mondo di questo prodotto. Secondo una recente stima di BORD BIA, l’ente governativo per la promozione del Food & Beverage irlandese nel mondo, circa il 20% del consumo annuale in Italia avviene nel

periodo natalizio con un ulteriore picco intorno a San Valentino a febbraio. Il consumo estivo avviene principalmente attraverso la ristorazione, specialmente nelle località turistiche più alla moda, come la Sardegna. Le ostriche e gli altri prodotti ittici sono estremamente importanti per l’economia irlandese, basti pensare che il loro valore di

Le ostriche irlandesi si riconoscono per il gusto ineguagliabile: ogni assaggio è un’esperienza sensoriale unica.

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Il programma di sostenibilità irlandese Origin Green. mercato è di oltre 1 miliardo di euro; di questi, circa 487 milioni di euro provengono dalle esportazioni. I principali importatori sono Francia (23%), Italia (10%), Cina (9.2%) e Spagna (9%). Il settore dei crostacei, in particolare, ha avuto un importante incremento nelle esportazioni (48%), per un valore di circa 180 milioni di euro. Ma perché le ostriche irlandesi sono un alimento così pregiato? Innanzitutto grazie all’acqua dove vengono allevate: la corrente costante dell’Atlantico contribuisce a conferire loro una perfetta forma allungata e una conchiglia molto resistente, con uno smalto liscio dal colore bianco perlato. Non tutti sanno che il contenuto di carne all’interno di un’ostrica è influenzato dalla sua forma. Più profondo è il guscio, più spazio c’è per consentire lo sviluppo del mollusco. Oltre che per l’aspetto, le ostriche irlandesi si riconoscono anche per il gusto ineguagliabile che rende ogni assaggio un’esperienza sensoriale

unica al palato: il loro sapore ricco, immediatamente riconoscibile al palato, nasce dalla dolcezza e persistenza dello iodio, che si combinano ad un leggero tocco di note agrumate. Altro aspetto da non sottovalutare è quello delle proprietà nutritive: questi preziosi molluschi, infatti, sono ricchi di proteine e povere di grassi, con livelli straordinariamente elevati di elementi quali iodio, ferro, rame, selenio e zinco. A ciò si aggiungono le condizioni incontaminate di allevamento che offre l’Irlanda, che rendono le ostriche irlandesi uno degli alimenti più naturali e puri che esistano. Queste straordinarie qualità sono riconosciute a livello universale, unitamente alla qualità della performance ambientale fondata sui principi di acquacoltura sostenibile. Infatti, quasi tutti i produttori di ostriche in Irlanda sono membri verificati di Origin Green, l’unico programma di sostenibilità al mondo che opera su scala nazionale. Grazie a verifiche indipendenti periodiche, Origin Green consente ai produttori irlandesi di stabilire e raggiungere obiettivi misurabili di sostenibilità, riducendo l’impatto ambientale, fornendo un servizio più efficace alle comunità locali e tutelando la straordinaria ricchezza delle risorse naturali che il nostro paese può vantare. Di seguito alcuni consigli su come conservare, preparare e gustare le ostriche irlandesi. Come conservarle Quando si acquistano ostriche cru-

Bord Bia, Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro. >> Link: www.bordbia.ie

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de da mangiare a casa bisogna conservarle in frigo, nel loro guscio, tenendole al freddo il più possibile per mantenerle fresche. Il sapore è migliore se consumate entro 24 ore. Come prepararle 1. Coprire il palmo della mano con uno strofinaccio piegato. Porre il lato a coppa dell’ostrica nella mano, col lato piatto rivolto verso l’alto. 2. Tenendo saldamente con lo strofinaccio, inserire il coltello nella cerniera dell’ostrica e fare leva verso l’alto con una torsione. 3. Far scorrere la lama lungo la parte inferiore del guscio per recidere il muscolo all’interno. 4. Utilizzare il coltello per aprire la parte superiore, quindi recidere il muscolo sotto il quale l’ostrica si attacca alla base del guscio inferiore. Come gustarle Le ostriche crude vanno servite aperte all’interno del guscio inferiore, con il loro succo. Vanno poi disposte su un letto di ghiaccio e accompagnate da un’abbondante spruzzata di limone o di tabasco. In alternativa, possono essere servite con la Salsa Ponzu o una vinaigrette allo scalogno classica, la Salsa Mignonette. * Salsa Ponzu – INGREDIENTI: 2 cucchiai di salsa di soia, 1 cucchiaino di succo di limone, 1 cucchiaino di succo di lime, 2 cucchiai di salsa di pesce, 1¼ cucchiaino di mirino, 1 cucchiaino di aceto di vino di riso, 1 scalogno, affettato finemente. PREPARAZIONE: versare in una piccola ciotola tutti gli ingredienti, tranne lo scalogno. Mescolare con una frusta e assaggiare. Guarnire con lo scalogno affettato. * Salsa Mignonette – INGREDIENTI: 2 scalogni, pelati e finemente tritati, 60 ml di aceto di vino rosso; pepe nero appena macinato. PREPARAZIONE: mescolare lo scalogno e l’aceto di vino e condire con un po’ di pepe nero. Conservarlo al freddo fino a quando non si è pronti per servirlo con le ostriche.

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i frutti di mare LE COZZE

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TREND

L’Italia si innamora dei surgelati I dati di crescita del 2020, durante e dopo il lockdown e che rafforzano le già buone performance dell’anno precedente, danno un’ulteriore spinta ad un settore che si contraddistingue per la costante ricerca di innovazioni Surgelati all’arrembaggio. Durante e dopo il lockdown. Molti li apprezzavano già prima, altri li hanno (ri)scoperti durante il confinamento grazie al loro contenuto di servizio. Per poi rendersi conto che si tratta anche di cibi sani che, grazie al processo di surgelazione industriale — diverso dal congelamento domestico —, mantengono

intatte le proprietà organolettiche e nutrizionali e non richiedono l’utilizzo di conservanti. Dai dati dell’Istituto Italiano Alimenti Surgelati per il primo quadrimestre 2020 emerge che le vendite complessive di surgelati nel canale retail hanno segnato un +13,5% con performance positive nel segmento dell’ittico (+16,5%), degli snack sa-

lati (+21,5%), delle pizze (+12,5%) e delle patate (+12%). Ha superato i 14,1 kg annui il consumo pro capite di prodotti surgelati nel 2019, un valore mai registrato prima d’ora. Gli attori del comparto confermano il momento positivo e spiegano come lo stanno valorizzando per innovare e incrementare ancora di più la quali-

La conservazione degli alimenti è un processo fondamentale che ha l’obiettivo di preservarne nel tempo il valore nutrizionale. Nel caso dei surgelati, è il freddo l’unico conservante. Ovviamente il discorso vale anche per il pesce che viene pescato, pulito, lavato e surgelato direttamente a bordo delle imbarcazioni (fonte: www.istitutosurgelati.it).

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tà. «La nostra filiera ha necessità in generale di innovare, su due fronti in particolare: ricerca su materie prime di eccellenza e forte attenzione alla sostenibilità» aggiunge DARIO RONCADIN, AD dell’omonima azienda (www.roncadin.it). «Anche il time to market è fondamentale: altro motivo per cui Roncadin è fortemente impegnata nell’efficientamento della logistica. Riguardo ai consumatori, richiedono sempre di più prodotti salutari e con una lista di ingredienti “pulita”, che valorizzi i prodotti italiani. Tendenze già presenti prima dell’emergenza Covid, ma ora accentuate, soprattutto per quanto riguarda la presenza di eccellenze territoriali italiane nelle ricette». Ancora più rilevanti le sfide che ha dovuto affrontare chi lavora principalmente con il canale HO.RE.CA. «Dopo questi difficili mesi, la nostra scelta è innovarsi su più fronti — afferma PIERLUIGI ACQUAVIVA, CEO

di Dolciaria Acquaviva (dolciariaacquaviva.com) — dai prodotti ai servizi offerti al cliente, fino ad una maggiore strutturazione del team interno ed esterno dell’azienda. Per quello che concerne i prodotti, continuiamo a notare la crescita del settore “healthy”; l’interesse per etichette pulite; il ritorno a ingredienti semplici e genuini, tracciabili e che provengono da economie sostenibili o circolari; si intravede inoltre un particolare slancio per gli ingredienti di provenienza italiana». Ricerca e sviluppo, oltre ad un approccio di filiera, sono i fattori vincenti secondo ANDREA BINO, marketing manager di Surgital (www.surgital.it). «La filiera è da sempre un nostro punto d’orgoglio: abbiamo un rapporto di grande fiducia con tutti i nostri fornitori di materie prime, selezionati con estrema cura, mentre la produzione è interna con un monitoraggio diretto su tutti

i passaggi fino alla surgelazione. Il nostro reparto di R&D, inoltre, è quotidianamente impegnato a studiare nuove referenze, ma anche ad attualizzare proposte già in gamma. In merito alla sostenibilità, stiamo ottenendo l’AIA, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, che regolamenterà aspetti prima gestiti solo a livello volontario. Ci stiamo muovendo con un impianto di potabilizzazione, per un uso sostenibile dell’acqua. Per i rifiuti, da tre anni recuperiamo il 98% degli scarti di cucina, innescando un circolo virtuoso che genera solo il 2% di residuo da smaltimento». Fonte: Tuttofood www.tuttofood.it • Il freddo sarà presente a Tuttofood 2021, oltre che nel settore Tuttofrozen, anche in Tuttoseafood. L’appuntamento è a Fiera Milano dal 17 al 20 maggio 2021.


INDAGINI

L’olio del tonno in scatola? Non sprechiamolo È un alimento buono, sicuro e contiene Vitamina D e Omega-3. La conferma arriva dalla Stazione Sperimentale di Parma (SSICA) In epoca di economia circolare e lotta allo spreco, che il tonno in scatola sia l’alimento anti-spreco per eccellenza è un dato di fatto. Solo l’1% del tonno che utilizziamo finisce nel cestino: non si butta praticamente mai (neanche quando è avanzato), non si fa mai scadere e si ricicla completamente. La novità riguarda l’olio presente nella scatoletta di tonno: un alimento a tutti gli effetti, sicuro, che mantiene buone caratteristiche organolettiche, fonte di Vitamina D e

Omega-3 che prende dal tonno e che può essere, pertanto, utilizzato come condimento o ingrediente in cucina e non essere buttato come uno scarto. La conferma arriva da una ricerca condotta di recente dalla Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) di Parma per conto di ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) che ha analizzato l’olio d’oliva presente in campioni di tonno in scatola da 80 grammi pronti per il

consumo, mantenendoli a tre diverse temperature (4 ºC, 20 ºC e 37 ºC) e osservando le variazioni in un periodo di riferimento di 13 mesi in cui sono stati effettuati test su ossidazione, analisi sensoriali (organolettica di colore, sapore e aroma) e analisi del profilo acido dei grassi. I risultati non hanno registrato alterazioni, hanno anzi evidenziato nell’olio a contatto col tonno un aumento dei grassi polinsaturi, in particolare composti da acidi grassi Omega-3 (DHA)

Focaccia con tonno, cipolla e zucchine, condita con l’olio della scatoletta del tonno.

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e di Vitamina D (colecalciferolo), naturalmente non presenti nell’olio d’oliva, conservando buone caratteristiche all’assaggio, all’aroma, al sapore e al colore. Questo perché le condizioni di sterilizzazione a cui è sottoposto prevedono temperature che non compromettono le proprietà organolettiche e nutritive, e non causano ossidazione. Contiene Omega-3 e Vitamina D. Buttarlo sarebbe un peccato «L’olio della scatoletta è un alimento vero e proprio — commenta LUCA PIRETTA, gastroenterologo e nutrizionista docente di Allergie e Intolleranze Alimentari presso l’Università Campus Biomedico di Roma — sicuro, non degradato e non alterato, che rimane tale anche quando apriamo la scatoletta di tonno perché conserva i principi nutritivi, l’aspetto organolettico e addirittura si arricchisce di parte del DHA e dell’EPA che prende dal pesce». Pertanto, è errato demonizzarlo ed equipararlo ad un olio esausto di frittura che trattiamo come scarto e che va smaltito.

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«Usando un paragone semplice, potremmo dire che come l’acqua in cui vengono bollite le verdure contiene i sali minerali perduti dalle stesse in cottura, così l’olio della scatoletta contiene parte dei principi nutritivi del tonno, dunque perché scartarlo? Da sottolineare la presenza di vitamina D, trasferita dal tonno all’olio, che, seppur in piccola parte, può contribuire al fabbisogno quotidiano, vista la carenza diffusa nella popolazione italiana». Infine, utilizzarlo ci aiuta ad assumere meno calorie. L’idea che eliminando l’olio della scatoletta ci consenta un risparmio calorico «è illusoria, perché spesso ricette a base di tonno in scatola richiedono l’aggiunta di altro olio, probabilmente EVO, olio di elevata qualità e più ricco di acidi grassi salutari come quello oleico, ma anche aggiunto in maggiori quantità rispetto a quello presente nella scatoletta, con la conseguenza di incrementare l’assunzione calorica. Un motivo in più per non sprecare l’olio d’oliva della scatoletta e riutilizzarlo nelle preparazioni».

Fondamentale educare il consumatore al riuso «Il consumatore è sempre più responsabile e attento alla sostenibilità, ma forse ancora non sapeva che scartare l’olio del tonno in scatola è uno spreco alimentare e ha delle implicazioni di natura ambientale» afferma FRANCESCO VISIOLI, farmacologo e docente di Nutrizione Umana presso il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova. «Questi risultati ci dicono che l’olio del tonno in scatola, conservato a temperatura idonea, non si altera dal punto di vista fisico-chimico, non registra evidenze di ossidazione e non vi è alcun peggioramento dei parametri organolettici. E questo anche perché la confezione in acciaio e il trattamento termico a cui sono sottoposte le scatolette garantiscono la conservazione delle caratteristiche. Inoltre, la presenza di acidi grassi Omega-3 a lunga catena è tale che 10 g di olio coprono il 10% del fabbisogno giornaliero (secondo dati ISSFAL), come raccomandato dalle società scientifiche internazionali. Stesso discorso per la Vitamina D, in

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misura tale che 10 g di olio coprono il 5% circa del fabbisogno giornaliero raccomandato per la fascia d’età 1950 anni (secondo le tabelle LARN), essenziale per il mantenimento del metabolismo del calcio. In conclusione, l’olio di copertura analizzato, a contatto col tonno, presenta alcune modifiche in positivo rispetto all’olio di partenza. Dobbiamo fare educazione al consumatore e promuovere il corretto riutilizzo di quest’olio anche in termini di economia circolare. Il riutilizzo più immediato è in cucina». Nessun conservante e il suo scrigno è la Formula 1 dell’acciaio Grazie ai progressi tecnologici delle aziende produttrici, la scatoletta alimentare oggi è considerata “la Formula 1 dell’acciaio”: leggera, sicura, resistente e sostenibile, comoda, di facile conservazione e facile apertura, la confezione garantisce la conservazione delle caratteristiche del tonno in scatola. L’acciaio, riciclabile al 100% all’infinito, non

perde le proprie intrinseche qualità, isolando il prodotto da agenti esterni (ossigeno, gas, luce, umidità e altre contaminazioni), conservando il sapore, le qualità e le proprietà nutritive del tonno in scatola, senza la necessità di utilizzare conservanti, perché non ne ha bisogno. Le confezioni una volta riempite vengono chiuse ermeticamente e poi sterilizzate ad una temperatura compresa tra 110 °C e 120 °C garantendo così una conservazione sicura per diversi anni. È ora in previsione un ampliamento dell’indagine anche su altre conserve ittiche sottolio per le quali si può supporre un analogo risultato e anzi, nel caso di pesce azzurro come sgombri, sardine e acciughe, il contenuto di acidi Omega-3 è notoriamente anche superiore. «I consumatori sono consapevoli che la scatoletta è una garanzia di sicurezza e protezione, oggi, grazie a questa ricerca della SSICA, hanno un’informazione in più» commenta SIMONE LEGNANI, presidente di ANCIT. «Non

c’è motivo per scartare l’olio d’oliva della scatoletta e, se non lo si vuole consumare insieme al tonno, ci sono tanti modi per riutilizzarlo come ingrediente nelle preparazioni. Abituiamoci a recuperare tutto il buono del tonno». L’uso più immediato e ovvio è l’utilizzo per preparare il soffritto della pasta al tonno: in bianco o col pomodoro, è un evergreen della tradizione mediterranea e l’olio del tonno lo arricchisce di sapore rendendo il piatto più gustoso. L’ideale è con l’aggiunta di una foglia di basilico. Un’altra soluzione è quella di utilizzare l’olio per preparare una bruschetta, magari da mangiare mentre si cucina, in attesa del pasto. O magari, utilizzarlo per marinare il pesce per un secondo piatto, in forno o a crudo, o per preparare una salsa di condimento, un ripieno o per le zuppe. È un ottimo condimento anche per una focaccia con tonno, cipolla e zucchine (fonte: ANCIT). >> Link: www.tonno360.it

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IL PESCE IN TAVOLA

Mai fare confusione a tavola…

Polpo, non polipo! di Nunzia Manicardi

Polpo o polipo? Chissà quante volte ci siamo fatti prendere dall’incertezza, finendo poi per convincerci che i due termini fossero sinonimi. E invece no: polpo e polipo indicano due animali ben differenti. Ciò che crea confusione è che abbiano la stessa etimologia. Ma quello che va nel piatto, che si ordina in pescheria o al ristorante, è il polpo. Che nulla ha a che fare con il polipo, anche e soprattutto perché quest’ultimo…

non è commestibile (tranne, come vedremo, qualche rara eccezione). Polpo Il polpo che mangiamo è un mollusco cefalopode ottopode, cioè dotato di 8 tentacoli. Appartiene quindi alla famiglia Octopodidae (la stessa di seppie e calamari) e, per la precisione, alla specie Octopus vulgaris. Il suo nome scientifico è Octopus vulgaris Cuvier. È un animale preistorico:

il più antico fossile conosciuto, l’esemplare del Field Museum di Chicago, ha 296 milioni di anni e, cosa ancora più sorprendente, ha già sostanzialmente l’aspetto dei polpi che vivono oggi! I suoi 8 tentacoli, ognuno dei quali fornito di doppia fila di ventose, vanno da un minimo di circa 40 centimetri di lunghezza a 1 metro e oltre e, negli esemplari di peso fino a 25 chilogrammi, addirittura a 3 metri

Presente in tutti i mari e in tutti gli oceani, il polpo è largamente diffuso nel Mediterraneo dove viene pescato principalmente in due diversi periodi dell’anno. Ed è solo lui “quello” che si mangia: invece il polipo, tranne rare eccezioni, non è commestibile (photo © Elle Hughes x Unsplash).

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(il peso medio del polpo si attesta però sui 7-8 chilogrammi). In questi tentacoli, e non nella testa, si trovano i due terzi di tutti i neuroni. Essi sono in grado di svolgere funzioni diverse nello stesso tempo e possono pure continuare a reagire agli stimoli anche quando sono separati dal resto del corpo. Ciò accade, per esempio, quando il polpo decide di “abbandonarli” nelle grinfie di un predatore pur di riuscire a scappare. I tentacoli sono innestati su un corpo arrotondato e flessibile, per lo più di colore grigio che può anche assumere molto rapidamente e con grande precisione di dettaglio una colorazione idonea a mimetizzarsi con l’ambiente circostante. A differenza di altri animali marini, però, i polpi non provano ad assumere i colori dell’intero ambiente (per esempio, il colore della sabbia) ma scelgono un oggetto preciso (come una conchiglia) e si mettono in posa per assomigliare ad esso. Sono perfino in grado di variare la consistenza della pelle in modo da sembrare un’alga o di nascondersi dentro due parti separate di una noce di cocco dopo averle opportunamente riavvicinate… I polpi sono infatti anche molto intelligenti, tanto che riescono ad orientarsi in un labirinto, risolvere piccoli compiti (sono capaci, tra l’altro, di aprire un contenitore svitando il tappo), utilizzare utensili di fortuna per nascondersi dai predatori. L’habitat prescelto è, di solito, quello dei fondali bassi e rocciosi dato che il polpo non scende quasi mai al di sotto dei 200 metri. Predilige questo habitat perché vi abbondano nascondigli, fessure e piccole caverne entro i quali può cacciare e poi nascondersi indisturbato grazie all’assenza di endo- ed esoscheletro e grazie anche a questa sua capacità di mimetizzarsi tramite la colorazione. Quest’ultima, inoltre, gli permette di comunicare con i suoi simili. Il polpo possiede 3 cuori: due pompano sangue venoso nelle branchie, il terzo è responsabile della circolazione nel resto degli organi e smette di battere quando il mollusco

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Orziadas fritte, uno dei piatti tradizionali più amati del Cagliaritano. Si tratta di anemoni di mare insemolati e fritti. Poco conosciuti dalle nuove generazioni, sono considerate una prelibatezza. Servite per lo più come antipasto e immancabili nei migliori ristoranti del capoluogo, hanno in sé tutto il sapore del mare. Un gusto intenso e in quanto tale non sempre apprezzato. Così come la loro consistenza, molto simile a quella delle cervella o delle animelle fritte (photo © www.vistanet.it). nuota. Per questo motivo preferisce strisciare sul fondo anziché nuotare, attività che per lui è estremamente faticosa. La bocca è collocata al centro degli 8 tentacoli sulla parte inferiore del corpo. Termina con un becco corneo che serve per rompere i gusci di conchiglie e il carapace dei crostacei che costituiscono il suo nutrimento. Si muove a propulsione idraulica poiché è dotato di un sifone attraverso il quale, espellendo acqua, è in grado di spostarsi velocemente. Questo sifone serve anche per emettere l’inchiostro nero, con il quale si difende occultandosi ai propri predatori e confondendone l’olfatto, grazie agli ormoni che esso secerne. Contiene inoltre un enzima chiamato tirosinasi che, spruzzato negli occhi dell’aggressore, provoca irritazione e difficoltà visive. Presente in tutti i mari e in tutti gli oceani, il polpo è largamente diffuso nel Mediterraneo dove viene pescato principalmente in due diversi periodi dell’anno: da settembre a dicembre (ancora di piccola taglia, ma comunque in buona

quantità) e da maggio a luglio (taglia più grossa). È preda molto ricercata sia dai pescatori di professione che dagli sportivi. Si utilizza, seguendo la tradizione, un’esca chiamata “polpara” che a volte viene arricchita con granchi e pesci. Una volta catturato, per consumarlo a crudo, si effettua di solito il cosiddetto “sbattimento” contro rocce o scogli, seguito dall’“arricciatura” (anche tramite apposite macchine) a seguito della quale i tentacoli sembrano dei boccoli, mentre le ventose si dilatano e la carne diventa quasi croccante. Ma, per motivi di sicurezza alimentare, è consigliabile consumarlo cotto: bollito, arrostito, fritto o in tegame, come insegnano le innumerevoli ricette di tante parti del mondo. Polipo La differenza tra polipo e polpo è di natura zoologica. Il polipo è un animale acquatico appartenente alla famiglia dei phylum Cnidaria, la quale comprende tutti gli animali acquatici a simmetria raggiata come ad esempio le anemoni di mare (polipi

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Polpo arrostito con patate (photo © Nikita Tikhomirov x Unsplash). solitari) o i coralli chiamati madrepore (come quelli che hanno costruito le barriere coralline e che sono definiti polipi coloniali). La forma è quella di un sacco cilindrico, con una base fissata al fondale e delle estremità tentacolari che fluttuano verso l’alto e una bocca al centro. E soprattutto, a differenza del polpo, il polipo non è commestibile!

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Polipi commestibili (“orziadas”) Esistono tuttavia polipi commestibili, benché si tratti di rarità gastronomiche. Li troviamo in Sardegna, sia nel nord (soprattutto nella zona di Alghero) che nel sud, a Cagliari e dintorni. Sono anemoni di mare (famiglia delle Attinie) chiamati con il nome sardo di “orziadas”. Costituiti da una base, sommersa dalla sabbia

o ancorata agli scogli, e da tentacoli urticanti che servono per paralizzare le prede di cui si nutrono, questi anemoni vengono dapprima lavati con cura (usando sempre i guanti!), poi impanati con semola e farina e fritti in olio. Il polipo in medicina In medicina con il termine “polipo”

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si indica infine un’escrescenza che si forma sulle mucose o nelle cavità e che non è il caso qui di approfondire. Etimologia comune Dicevamo della comune origine etimologica, che ha generato confusione poiché i termini “polpo” e “polipo” derivano entrambi dal latino tardo pŭlpus, che è il latino classico pōlypus, con accostamento semantico a pulpa, cioè “polpa” (TRECCANI). A sua volta esso deriva da una forma greca dorica pōlypous o pōlýpous (in attico polýpous), probabilmente da polýs, “molto”, e póus, “piede”, con il significato quindi “dai molti piedi”. All’inizio, come ben ci spiega l’Accademia della Crusca, si utilizzava esclusivamente il termine polpo o, meglio, pesce polpo (secondo il latino piscis polypus di PLAUTO, ENNIO, OVIDIO e PLINIO IL VECCHIO) e così si è continuato a fare successivamente, secondo diverse attestazioni che arrivano fino al Trecento (come nelle Prediche di varj tempi di GIORDANO DA RIVALTO, da cui la

seguente citazione, per la verità non molto attraente dal punto di vista gastronomico: “I pesci immondi son quegli che non hanno scaglie, come il pesce polpo, la calamaia, e molti altri”) per arrivare nel Seicento alle Osservazioni intorno agli Animali viventi di FRANCESCO REDI, attestando così una rilevante continuità sia nella tradizione lessicografica che nella letteratura. La voce “polipo” è registrata solo a partire dalla terza edizione (1691) del Vocabolario degli Accademici della Crusca come “Malattia, che viene per lo più dentro ’l naso” e così, tuttora, è utilizzata anche a livello comune. È interessante, peraltro, conoscere il motivo per cui questa malattia venisse denominata così. Lo spiega MARINO GARZONI ne L’arte di ben conoscere, e distinguere le qualità de’ cavalli, II 12 (Venezia 1692): “Il polipo è una carne molle che si genera nelle nari e si fa grande contro l’ordine di natura per abbondanza d’umori che vi concorrono o per ul-

ceri [sic] che non siano ben curate, che hanno molti piedi a guisa d’animale chiamato polipo”. Quindi per indicare il polipo come “malattia” si faceva un riferimento figurato al polpo pesce, con cui però non aveva niente a che fare, generando tuttavia confusione lessicale. Ma dubbi su quale sia il termine da impiegare a livello nutrizionale non possono sussistere, anche perché la voce polpo è uniformemente diffusa in tutti i dialetti italiani. È anche la scelta degli addetti alla pesca e alla commercializzazione del prodotto, nonché quella che appare nella legislazione inerente agli stessi settori. Essa costituisce pertanto l’unica forma usata per tutti i livelli d’uso e per tutte le aree della Penisola. Possiamo allora ordinare tranquillamente il nostro polpo e gustarcelo al meglio, viste anche le sue eccellenti proprietà nutrizionali e l’ottima resa in cucina nella tante ricette di cui il nostro Paese abbonda. Nunzia Manicardi

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Ci accompagna in cucina in ogni momento

Platessa tutta la vita di Giorgia Fieni

È uno dei pesci che piacciono di più ai bambini (usato anche per la produzione di omogeneizzati) e il testimone è GWYNETH PALTROW: «Quando ero piccola mia mamma aveva alcuni piatti forti che proponeva per cena a rotazione. Fra tutti, il mio preferito era il filetto di platessa impanato e croccante. Mamma di solito lo serviva con maccheroni e formaggio. Ancora oggi per me il filetto di

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platessa impanato vuol dire casa. Ai miei figli piace quanto a me». Personalmente, la adoravo panata (e magari insaporita con erbe fresche tipo prezzemolo oppure in pastella per tempura con farina, acqua e uovo o in semplice fecola di patate) e con un contorno di patate fritte o piselli o lattuga: una vera golosità! Era tipica del venerdì, proprio come succedeva all’asilo coi bastoncini di

merluzzo… La mangiavo così spesso che a casa mia è capitata la stessa cosa che ho letto su un libro di BENEDETTA PARODI: «È il pesce più comodo: non ha spine, si può comprare surgelato e non costa nemmeno troppo! Io lo cucinavo sempre leggermente infarinato e rosolato in padella fino a che a casa non c’è stata una vera e propria sollevazione al grido di “basta platessa!”. Così mi sono dovuta

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In alto: platessa al forno con pomodorini e spezie (photo © ALLEKO). A sinistra: la Pleuronectes platessa (photo © Jukov studio – stock.adobe.com).

ingegnare a inventare qualche altra ricettina. Quella che la prevedeva impanata in farina per polenta e rosmarino è piaciuta molto e in più permette di smaltire la farina di mais che avanza in dispensa». La mangiavamo tutti, noi bambini, perché non ha un sapore deciso (a me non piacevano i pesci dal sapore troppo di pesce), e i genitori la compravano spesso per l’alto

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valore biologico (contiene tutti gli amminoacidi essenziali), per la buona concentrazione di acidi grassi polinsaturi e vitamine e perché facile da cucinare. Particolarità che apprezzo molto da adulta, quando sono io a sceglierla per sottoporla ai miei fornelli e alla mia dieta. Come primo piatto però, quali i ravioli ripieni di platessa col sugo di pomodorini (un’alternativa davvero golosa ai classici tortelli della Vigilia) o aggiunta ad un semplice sugo per le tagliatelle o alla minestra con patate e porri o alla classica zuppa di pesce (assieme ad altro pesce bianco, crostacei e molluschi). Pure come secondo piatto, a forma di polpette speziate (con curry, zenzero, paprika, curry) o strato esterno di un involtino al salmone (o gamberi), servito coi funghi o semplicemente cotta al microonde o in forno, coperta di spinaci, o alla griglia. Ovviamente potrei rendere la platessa più elegante e chic, trasformandola in una crema per accompagnarla al salmone in crosta: bastano albume, pepe rosa, verdure per soffritto e panna; o metterla in padella, all’indiana, con pomodori, cocco, peperoncino, coriandolo e lime, servendola con riso lessato, o alla tailandese, con ananas, peperoncino, gamberi, riso basmati, pinoli, salsa di soia, portandola in

tavola nel bellissimo guscio ormai vuoto del frutto. BRUNO BARBERI cucina “Riccioli di platessa croccanti allo spiedo, giardiniera di verdure, olio di capperi e pomodoro”. Uno dei concorrenti di Masterchef 7, SIMONE SCIPIONI, ha proposto, in puntata, la “Zuppetta di platessa”, con pomodorini, latte, cipolla, aneto. Lo chef MASSIMO MALANTRUCCO propone invece i “Nidi di platessa”, uno scenografico antipasto in cui il pesce è insaporito con un trito di basilico e asparagi, cotto al vapore su foglie di limone e coperto da nastri di zucchine e peperoni e limone cotti in acqua di zenzero. La platessa è dunque un pesce molto versatile… e anche dall’aspetto comune, visto che si può confondere con una limanda (da cui differisce solo per le macchie arancioni), una passera di mare, una sogliola o un rombo. È piatta, ossea e comune in tutti gli oceani (quasi assente nel Mediterraneo, invece). Si sposta sul fondale, specie se è sabbioso e fangoso, che l’aiuta a muoversi con più facilità: in estate anche molto vicino alla spiaggia, il che rende facile la sua cattura (in modo ecosostenibile). Il che ci fa ben sperare di poterla consumare ancora a lungo, allevando altre generazioni a suon di ricette a base platessa. Giorgia Fieni

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Prosegue la partnership tra lo chef e Hellenic Aquaculture Producers Organization

Simone Rugiati sceglie Fish From Greece Si rinnova la partnership tra SIMONE RUGIATI e HAPO – Hellenic Aquaculture Producers Organization, che affida ancora una volta allo chef il ruolo di brand ambassador in Italia. Dal 2016, HAPO racchiude in sé il 90% delle aziende greche operanti nel settore dell’acquacoltura con l’obiettivo di affermare l’unicità dell’identità ellenica e degli elevati standard qualitativi del pesce fresco greco Fish from Greece, assicurati dai metodi e dalle pratiche di allevamento propri delle aziende associate. La collaborazione con Simone Rugiati, avviata lo scorso novembre, ha visto un grande riscontro a livello di brand awareness del marchio greco nel nostro Paese, proprio grazie al seguito e alla forte credibilità di cui gode Rugiati: chef, conduttore e autore televisivo noto al grande pubblico, famoso per la sua creatività e anche per l’attenzione che pone in termini di qualità e di utilizzo in cucina di materie prime pregiate. La rinnovata partnership porterà ad un consolidamento del ruolo di chef Rugiati in qualità di portavoceprofessionista del brand, anche

grazie ai numerosi contenuti che popoleranno i suoi profili social. Fino alla fine dell’anno, Simone sarà infatti il protagonista di dirette su Instagram con ricette realizzate in real time e di video-ricette di pesce veloci e gustose da tenere sempre come “asso nella manica”; fornirà utili tips sulle caratteristiche delle diverse specie di pesce allevate dalle aziende HAPO e consigli di preparazione direttamente dalla cucina di “casa Rugiati”. Le cinque specie di pesce allevate dalle aziende che fanno parte di HAPO costituiscono altrettanti prodotti di eccellenza: l’orata, il branzino, il pagro, l’ombrina boccadoro e la ricciola, in grado di portare sulla tavola degli Italiani tutta la ricchezza, la diversità e la purezza provenienti dalla trasparenza dei mari della Grecia, ecosistema ideale per l’allevamento di pesce fresco e sano. Giorno dopo giorno, HAPO si impegna a offrire ai consumatori la freschezza, il gusto, le proprietà nutritive e la qualità eccellente del pesce greco, allevato con cura da professionisti esperti, nel rispetto

Il marchio Fish from Greece testimonia l’identità greca di tutto il pesce fresco allevato in modo responsabile con la cura, il know-how e la competenza dei soci della Hellenic Aquaculture Producers Organization (HAPO) presso gli allevamenti ittici situati nei mari greci incontaminati, nel pieno rispetto delle normative europee. Un nome semplice, distintivo e immediato, che racchiude in sé le tonalità dell’azzurro e del bianco — i colori caratteristici della bandiera greca e del mare — “Fish from Greece” è il nuovo sigillo di fiducia per i retailers e i consumatori di pesce fresco di tutto il mondo. “Fish from Greece” è supportato da un severo protocollo di certificazione privata.

Chef, conduttore televisivo, trend setter e influencer: Simone Rugiati è uno dei volti più celebri della cucina italiana. dell’ambiente e delle normative europee. «Sono entusiasta di continuare a essere il brand ambassador di Fish from Greece e di consolidare così il mio ruolo di rappresentante dei valori e degli obiettivi del marchio in Italia. In cucina il rispetto e la valorizzazione dell’ingrediente principale sono per me fondamentali. È per questo che vedo nella freschezza e nella bontà del pesce fresco greco l’opportunità di realizzare ricette gustose e alla portata di tutti, in cui esaltare l’elevata qualità delle materie prime e offrire nuove idee culinarie agli italiani» afferma Rugiati. >> Link: fishfromgreece.com

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SAPORE DI MARE

Una sottile striscia di terra nella laguna veneta dove il tempo si è fermato

Da Celeste tutta la magia della piccola Pellestrina di Gian Omar Bison

Pellestrina è parte di un’isola lunga e sottile del Comune di Venezia. Un borgo, il più grande, dei tre che la compongono insieme a Portosecco e San Pietro in Volta. Un litorale, un bastione tra mare Adriatico e laguna sud. Un frangiflutti naturale e artificiale coi suoi murazzi. Uno scrigno di saperi, di arti e mestieri della pesca, di tradizioni culinarie e devozione mariana. Né Veneziani né Chioggiotti. È un piccolo avamposto lagunare silenzioso e orgoglioso come i suoi cinquemila residenti. Un ricamo di case colorate, orti, spiagge selvagge e imbarcazioni,

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stretto tra le due bocche di porto di Chioggia e Malamocco-Lido. Lunga poco più di dieci chilometri e larga al massimo qualche centinaio di metri, è dotata di tutto quanto potrebbe bastare per renderla ancora di più meta di un turismo internazionale esclusivo, singolare, taciturno, beat. Una vocazione che è una speranza ma anche un timore per tanti dei suoi abitanti che coi vacanzieri campano e potrebbero continuare a campare e pure bene. Tra i titubanti ANDREA VIANELLO, contitolare e sommelier dello storico ristorante da Celeste, punto

di riferimento per la ristorazione e l’enogastronomia dell’isola. «Il turismo sull’isola — sottolinea Vianello — è una grande risorsa in crescita per gli abitanti e le attività economiche di Pellestrina che dovremo sfruttare di più e meglio. Bisognerebbe ci attrezzassimo con qualche servizio in più, sistemare un po’ la spiaggia, aggiustare e migliorare le piste ciclabili. Ma non dobbiamo perdere la nostra identità le nostre attitudini. La sfida da affrontare nei prossimi anni sarà quella di adeguare e migliorare la nostra offerta senza

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Il ristorante Da Celeste è sito sull’isola di Pellestrina, ricca di orti e piccole case colorate, con terrazza direttamente sulla laguna. Il menu è a base di pesce e ricette tipiche della cucina veneta.

rischiare di essere travolti dal turismo di massa». La caratteristica di isola un po’ selvaggia, naturale, slow, hipster, non deve essere messa in discussione. E d’altronde ci si arriva solo via mare con imbarcazioni private o col servizio pubblico, vaporetto da Chioggia o autobus su ferry-boat di linea dagli Alberoni, località dell’isola del Lido. Si gira a piedi o in bicicletta o appunto con l’autobus, che percorre dall’inizio alla fine l’unica strada che costeggia i murazzi, fortificazione murate in pietra d’Istria erette dalla Serenissima sul finire del 1700 per proteggere l’isola dalle mareggiate. Calli, campielli, e quattro sestieri (quartieri) delimitano l’isola: Scarpa, Zennari, Vianelli e Busetti. Queste storicamente le famiglie inviate dal Podestà di Chioggia e chiamate a sistemare e ripopolare l’isola devastata dai Genovesi nella guerra contro Venezia verso la fine del ‘300. E questi ancora (al sinIL PESCE, 6/20

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Mirco Vianello, anima della cucina del ristorante Da Celeste. golare) i cognomi decisamente più presenti a Pellestrina. Il ristorante Da Celeste è parte di questa storia, anche se la sua è iniziata quasi per caso. «Mio padre Mirco e suo zio Celeste — ricorda Andrea Vianello — lavoravano alla Fincantieri a Marghera, un gigante della cantieristica navale che all’epoca occupava parecchie maestranze. Nel 1985, ritrovatisi in cassa integrazione, decisero di provare qualcosa di diverso, convinti delle potenzialità dell’isola e della qualità del pescato. Ed è così che si sono dedicati alla ristorazione, rilevando quello che all’epoca si chiamava Bar San Marco, una cicchetteria con cucina. Nacque come una mensa operaia, con mio padre Mirco in cucina, Rossano, figlio di Celeste, al bar, e Graziano, l’altro nipote, in sala. Nel tempo, aumentando i turisti e i visitatori dell’isola, siamo cresciuti anche noi, diventando, credo, una realtà consolidata della ristorazione lagunare veneziana con un menù

ricercato e territoriale e una carta dei vini qualificata». Celeste è mancato nel 2004, ma Andrea, il fratello Luca, Mirco in cucina e Rossano sono sempre in attività. «La sua eredità — sottolinea Andrea — sono la cortesia e la semplicità. L’inclinazione naturale che era tipica di Celeste ad accogliere come si deve tanto l’operaio quanto il Presidente della Repubblica, mettendo tutti allo stesso livello e a proprio agio. È l’insegnamento più grande che ci ha lasciato e vogliamo mantenerne vivo il ricordo con lo spirito di sacrificio e l’umiltà che ci ha trasmesso». L’immobile è sempre stato così come è adesso e pure il terrazzo che ondeggia sulla laguna. «Abbiamo rinnovato mobilia, elettrodomestici, adeguato impianti e sale, curato l’immagine esterna e interna ma la struttura è sempre la stessa da trentacinque anni». Continuità e tradizione le parole d’ordine Da Celeste. «Fra dieci o

La cucina? Tradizionale, territoriale, aggiornata. «Ci siamo sempre e solo rivolti al pescato del giorno e così sarà sempre — racconta Andrea Vianello — cercando la massima qualità tra le primizie del mare. Come le cozze Mitilla® o le ostriche di Scardovari, il gamberetto di laguna e il branzino nostrano o le moeche in primavera»

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vent’anni ci immagino come adesso: un ristorante che funziona, adeguato ai tempi, in un’isola ancora ricercata per la sua bellezza e autenticità. E con un menù dove svetta sempre la freschezza e la qualità del pescato, in grado di soddisfare pienamente un coperto da quaranta euro e uno da duecento». A massima capienza arrivano a 100 coperti fuori e cinquantina dentro. «Nei week-end — puntualizza — siamo sempre full, mentre durante la settimana a cena occupiamo mediamente non meno di ottanta coperti». Il personale conta i quattro soci (Andrea, Luca, Rossano, Mirco) e altri quindici addetti. Al momento non fanno catering o gestione eventi per quanto, sottolinea Andrea, gli sia stato chiesto. «È sicuramente un versante che andremo a sviluppare un po’ alla volta dopo aver adeguato la comunicazione e l’immagine su web e social». La cucina? Le materie prime? Tradizionale, territoriale, aggiornata. «Ci siamo sempre e solo rivolti al pescato del giorno e così sarà sempre, cercando la massima qualità tra le primizie del mare. Tra queste le cozze Mitilla® o le ostriche di Scardovari, il gamberetto di laguna e il branzino nostrano. Tipicità che cerchiamo di utilizzare locali per quanto possibile e nel momento migliore della stagionalità come le moeche (granchi verdi in fase di muta) in primavera. Di solito acquistiamo ai mercati ittici vicini, in particolare quello di Chioggia. E poi ci approvvigioniamo dai piccoli pescatori del posto che alla mattina ci forniscono di prelibatezze che finiscono quasi direttamente al tavolo». Andrea è anche il sommelier del ristorante e ritiene di aver costruito una carta dei vini territoriale triveneta adeguata a diverse aspettative e tipologie di abbinamento. Da segnalare tra questi l’Agnese, moscato secco vinificato su vasche di cemento con lieviti indigeni e macerazione sulle bucce dell’azienda vitivinicola biologica Alla Costiera di FILIPPO GAMBA (allacostiera.it), sui Colli Euganei, territorio ai quali la cucina lagunare ha sempre guardato con interesse.

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Mirco Vianello, al lavoro tra i fornelli. «L’importante è che non siano vini troppo sofisticati ma semplici, di beva, e meglio se di aziende artigianali e di piccole dimensioni che hanno una storia da raccontare e che lavorano rispettando la natura e la materia prima dalla pianta al calice. Certo abbiamo anche etichette note, referenze nazionali e interna-

zionali. Però la caratteristica della nostra carta vorrebbe essere quella di essere territoriale con vitigni autoctoni». Da Celeste si sarebbe potuta fare in un posto diverso da Pellestrina? «Non credo, perché questa laguna, questo pescato, ma anche la nostra accoglienza sono tipici di quest’isola».

Come caratteristici due piatti, tra i tanti, che da Celeste assumono sfumature organolettiche particolari: «il pasticcio, che noi facciamo con le bavettine, e il pesce al forno in generale, in particolare il rombo. Piatti semplici ma che difficilmente si scordano». Poi canocce (cicale di mare), capesante, seppie in umido, sarde in saor, vongole e telline, schie e bisati (anguille) che si trovano qui e in tutta la ristorazione dell’isola. Famose in loco la Festa della Madonna dell’Apparizione del 4 agosto, la tradizionale regata di voga alla veneta della prima domenica di agosto, dove si accendono e si vivono le rivalità tra sestieri e fuori dagli usci di casa fanno mostra di sé le merlettaie, attività ancora in voga. Gian Omar Bison Da Celeste Via Vianelli 625/B 30126 Pellestrina (VE) Telefono: 041 967355 Web: www.daceleste.it


Nel regno dell’acciuga di Riccardo Lagorio

È la storia della pesca delle Cinque Terre quella che si respira nelle tre stanze, piccine e appartate, in uno dei carugi di Monterosso al Mare. Ceramiche, fotografie, attrezzi che riportano alle antiche tradizioni marinare, riproduzioni di oblò che si aprono sull’infinito spazio liquido di Poseidone. Lui, MARCO CURRARINI, è figlio di una famiglia di pescatori e con lampare e ami ha sempre avuto a che fare, «ma di lampare neanche più l’ombra, si lavora con gozzi dotati di tramagli e palanchi». Lei è fiorentina, ISABELLA BECATTINI, trasformata in regina del mare, un’Anfitrite moderna, senza impacci là sul mare aperto, tra i flutti dei turisti delle Cinque Terre. Il loro è un riuscito connubio, d’amore e rispetto per il lavoro, coronato nel 2002 quando Il Carugio, anno di fondazione 1966, passa di mano e li

vede diventare protagonisti. «Ma non abbiamo stravolto l’idea di cucina, mantenendo le preparazioni simbolo della precedente proprietà» per la gioia dei commensali, che non assistono a violenze sul pescato, ormai comuni nelle cucine delle cosiddette avanguardie. Pan du ma, pane del mare di Monterosso al Mare, le acciughe trovano spazio in preparazioni semplici e gustose, tramandate secondo i dettami della cucina orale, quella più genuina e vera. «In questa fetta di Liguria, grazie alla diversa salinità del mare, possiedono un gusto particolarmente equilibrato, con picchi di sapore e altrettanta delicatezza. Si nutrono di plancton e piccoli crostacei o larve di molluschi. A fine giugno c’è la pesca migliore. Per la conservazione si lavorano subito, accomodandole in bidoni

appositi a raggiera e usando la sequenza di accostare la pancia alla schiena in alternanza a strati di sale». La stagionatura dura un mese e mezzo. Questo periodo consente alle acciughe di ottenere una polpa compatta e una colorazione dal rosa intenso al marrone. «Di seguito c’è il trasferimento delle acciughe in piccoli contenitori di vetro, le arbanelle. I primi documenti in tal senso risalirebbero al XII secolo». Una volta estratte dall’arbanella, si aggiungono aromi come maggiorana e origano con qualche goccia di olio extravergine di oliva. Le acciughe si preparano anche fresche, sotto sale e limone, con una modesta aggiunta di aceto per togliere la patina che eventualmente si creerebbe e un sobrio contributo d’aglio. Si possono scegliere anche fritte, una presenza costante del menu,

Conosciute come U pan du ma, il pane del mare, le acciughe sono tra i pesci più presenti nelle preparazioni liguri.

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Isabella Becattini e Marco Currarini. leggerissime e croccanti, o ripiene. Queste ultime si servono con una caratteristica forma di polpetta: «la farcitura si prepara con pane e uova, aglio e prezzemolo, timo e maggiorana, Parmigiano Reggiano e mortadella». Un’insolita asimmetria di sapori e toni gustativi che apparentemente si fronteggiano in malo modo, ma che in verità si conciliano intorno al pelagico carattere dell’acciuga. «Le acciughe al tegame alla monterossina sono proposte con la stessa ricetta del 1966» dicono con orgoglio Isabella e Marco. «Dopo mezzo secolo si sono così codificate le modalità di preparazione e di servizio che si potrebbe considerare il piatto simbolo del locale»: in un coccio bollente le acciughe guizzano all’interno di un sugo leggero di pomodoro, cipolla e odori. Si ripresenta il delizioso piacevole rompicapo di come una pluralità di ingredienti sia in grado di offrire un equilibrio simile, commisurato e armonico.

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Spiega Marco Currarini del suo trasporto per i risotti. Quello al nero di seppia è da provare. Il menu si snoda su altri piatti che ricordano il Mar Ligure. Come il polpo grigliato, servito su una purea di patate e pomodorini gratinati: dolce e gradevole. Per gli amanti dei muscoli la scelta cadrà su quelli ripieni, proposti in un leggero sugo di pomodoro. Chi gradisce sapori più tenui va dritto sul filetto di orata alla monterossina: portata in tavola nella padella, è uno scrigno di gusto sospeso su patate, in cui si amalgamano cipolle, prezzemolo, vino bianco e olive a scortare il pesce. Poche o nessuna concessione a piatti che ammiccano alla moda. Bello da constatare in una delle località italiane più prese d’assalto da un turismo di massa. Riccardo Lagorio Ristorante Il Carugio Via San Pietro 9 19016 Monterosso al Mare (SP) Telefono: 0187 817367


WEEK-END

Sulle tracce di Fra Diavolo tra zuppe di sarde, ragù di seppie e tiella con polpo e alici di Nunzia Manicardi

La grotta della Villa di Tiberio a Sperlonga (photo © pavel068).

Sperlonga, “perla” del Tirreno Posta sulla Riviera di Ulisse, sospesa tra mare e montagna, affacciata sulle acque blu del Circeo di fronte alle Isole Pontine, bianca come la spuma del mare, Sperlonga è considerata uno dei più bei borghi d’Italia e del mondo. Tra i primi Romani che si insediarono su questo tratto dell’attuale provincia di Latina, costruendo lussuose abitazioni per godere del clima mite e degli incomparabili paesaggi, vi fu l’imperatore Tiberio. La sua villa inglobava anche un’ampia grotta nella quale furono collocate

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pregevoli statue di marmo che celebravano le gesta di Ulisse e che oggi, insieme con tanti altri reperti, arricchiscono il Museo Archeologico Nazionale che, insieme con l’area protetta Parco Regionale Riviera d’Ulisse, è l’attrazione culturale e storica di tutto il litorale. Sono proprio le grotte costiere a caratterizzare il luogo, tanto che Sperlonga deve loro il nome dal latino spelunca (caverna). Alle spalle ha però anche una lunga storia di brigantaggio e aggressioni da parte dei Saraceni e dei Turchi che la costrinsero ad

arrampicarsi sulle pendici della collina di San Magno, dove ancora è conservato il centro storico con torri di avvistamento, vicoletti, archi e scalette che, all’improvviso, regalano squarci di meravigliosi panorami sul mare. L’attuale forma dell’antico borgo “a testuggine” si deve invece alle ricostruzioni avvenute nel Settecento e nell’Ottocento. Sperlonga è rimasta per tanti anni un piccolo borgo marinaro che viveva di pesca e agricoltura, con un tasso di povertà molto alto. La svolta arrivò alla fine del 1950, quando fu

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Tiella di Gaeta (photo ©Marzia Giacobbe).

costruita la Via Flacca, che la tolse dall’isolamento, e quando sempre in quel periodo entrò nella storia del cinema internazionale grazie alle immagini del regista neorealista GIUSEPPE DE SANTIS. Subito dopo divenne la dimora dell’attore RAF VALLONE, che qui invitò tante celebrità del cinema e della cultura. Sperlonga presenta uno dei lungomari più belli della costa laziale, con tanti piccoli ristoranti che offrono pranzi o cene a base di pescato. Antiche ricette di pescatori, unite a quelle dei contadini, fanno della sua gastronomia una delle più ricche della provincia di Latina. È una cucina basata sulla semplicità e dagli ingredienti principalmente di mare. Spesso gli stessi ristoratori sono anche i pescatori di quello che arriva sulla tavola. Tra i piatti tipici troviamo la zuppa di pesce misto, la zuppa di sarde, la marinata, i bambolotti (simili ai rigatoni) con ragù di seppie, le linguine alle alici, le sarde all’aceto e alloro, i filetti di alici marinate, le “gemme di mare” (ravioli con ripieno di mare) e poi aragoste, calamari, polpi cucinati in vari modi, fritture anche pastellate, cozze, vongole, scampi... Tutto quello che l’antistante Tirreno può offrire con la sua ancora intatta generosità. Itri, pesce fresco in montagna Alle spalle di Sperlonga e a soli 8 chilometri dalla costa, in quella che fino al 1927 si chiamava Terra di Lavoro, sorge — su un modesto colle alle pendici dei Monti Aurunci — il borgo medievale di Itri, col suo imponente castello ben conservato e la chiesa di San Michele Arcangelo eretta su un

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antico tempio pagano. Itri è il paese di Fra Diavolo, al secolo MICHELE ARCANGELO PEZZA (1771-1806), un brigante che fu a capo di un migliaio di uomini ma che è ricordato anche come un eroe popolare per essere stato uno dei protagonisti dei movimenti sanfedisti. Pure qui il buon pescato non manca, essendo la costa così vicina, e non mancano neppure trattorie e ristoranti dove lo si può gustare in tanti modi diversi. Si può gustare anche la tiella, farcita con pesce e ortaggi locali e conditi con l’olio ottenuto dalle olive della cultivar “tradizione itrana”: un olio denso e profumato, basso in acidità e di grande qualità. La tiella, prodotto tradizionale della regione con marchio Denominazione Comunale d’Origine attribuitole dal Comune di Gaeta nel 2005, è una specialità tipica della cittadina ma anche dei territori circostanti (Gaeta dista da Itri solo 11 chilometri). Presenta un ripieno di pesce (o terra) tra due sfoglie di impasto di farina simile a quello della pizza. Secondo la tradizione i pesci per farcirla sono polpi, alici, calamaretti, baccalà, sarde, cozze. Prende il nome dalla tiella, una teglia di rame stagnato. La tiella va messa nel forno già caldo al massimo. Per quelle di pesce, che rilasciano più acqua, è preferibile posizionarla nella parte bassa per favorire l’eliminazione dell’acqua e quindi una migliore cottura. Nasce come piatto unico, a lunga conservazione naturale per contadini e pescatori e, successivamente, anche per gli emigranti in cerca di fortuna verso l’America. Nunzia Manicardi


IL PESCE IN CANTINA

Lo stile unico dell’azienda vinicola modenese guidata da Christian Bellei

I due volti di Cantina della Volta Non sempre avere due volti, due facce, comporta una connotazione negativa. A volte, infatti, “dualità” può significare arricchimento, di gusto, di proposte, unite in questo caso da un unico stile, riconoscibile al primo sorso. È il caso di Cantina della Volta di Bomporto, una delle realtà più interessanti della zona storica del Sorbara, nel Modenese. I “volti” dell’azienda vinicola guidata da Christian Bellei, quarta generazione di una famiglia che ha rivoluzionato

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il metodo di vinificazione delle uve di questo territorio utilizzando esclusivamente la rifermentazione in bottiglia, sono quello collinare, con le vigne di Pinot nero e Chardonnay allevate secondo i dettami dell’agricoltura biologica nel borgo di Riccò di Serramazzoni, e quello pianeggiante, con le belle vigne di Lambrusco di Sorbara. Una firma, quella di Christian Bellei, che si ritrova sia nei Metodi Classici ottenuti con le uve lambrusche, che nei vini prodotti con gli uvaggi collinari:

colori brillanti, bouquet delicati, perlage fine ed elegante. Lambrusco di Sorbara Rosé e linea Il Mattaglio La passione di Christian Bellei per il Metodo Classico e la sua ricerca nel campo della spumantizzazione hanno portato Cantina della Volta ad affermarsi nel segmento dei vini spumanti di qualità, con approccio pionieristico nella produzione del Lambrusco di Sorbara. La vendemmia 2015 del Lambrusco di Sorbara

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In questa pagina: il vigneto collinare a Riccò di Serramazzoni e il pluripremiato Lambrusco di Sorbara Rosé. Nella pagina a fianco: Blanc de Blancs 2013 Il Mattaglio.

Rosé — il più conosciuto ed esportato della Cantina — è certamente il prodotto che in questo 2020 più si è distinto nelle valutazioni delle guide di settore, ottenendo 3 Bicchieri per il Gambero Rosso; Vino Top (vino di eccellenza) per Slow Wine; Medaglia d’Oro per Civiltà del Bere; Miglior Spumante dell’Emilia-Romagna per la Guida AIS – Emilia-Romagna da Bere e da Mangiare. Si tratta di una delle declinazioni del Sorbara ottenuta da acini rossi capaci di dar vita ad espressioni e colori che svelano

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la potenza e la versatilità di questo straordinario vitigno. L’energia creativa di Christian Bellei si rivela in egual misura nella linea “Il Mattaglio”, realizzata con le uve di Pinot nero e Chardonnay allevate a Riccò, ad un’altitudine media di circa 650 metri. Prima di intraprendere l’avventura di Cantina della Volta, Christian e il padre Giuseppe hanno condiviso numerose visite ad Epernay per studiare a fondo l’elaborazione dei vini col metodo Champenoise,

trovando poi sulle colline modenesi il terroir e il microclima ideali per ottenere l’eccellenza dalle due uve francesi sinonimo di bollicine per antonomasia. Nei vini della linea “Il Mattaglio” si realizza esattamente quel connubio perfetto tra vitigni internazionali e terra emiliana che conferisce loro sapori e fragranze inconfondibili. Due volti, una sola firma, tanti riconoscimenti allo stile dei vini di CdV. >> Link: cantinadellavolta.com

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EVENTI

SEALOGY® Digital Preview Grande successo per l’anteprima digitale dedicata alla Blue Economy. 25 appuntamenti digitali, 150 speaker, 26 Paesi partecipanti, 44 ore live e 5.200 collegati al sito dell’evento. La dichiarazione della Ministra Teresa Bellanova: «Crediamo in SEALOGY® e auspichiamo di partecipare presto al salone dal vivo», in programma a Ferrara Fiere dall’8 al 10 aprile 2021 Ampia partecipazione di pubblico, nazionale ed internazionale, all’anteprima digitale di SEALOGY®, il salone europeo dedicato al mare e alle sue risorse in programma a Ferrara dall’8 al 10 aprile prossimi. Alla conferenza inaugurale di apertura dei lavori la Ministra per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali TERESA BELLANOVA ha

evidenziato l’importanza del settore della pesca e dell’acquacoltura nel contesto economico, sociale e ambientale per la crescita blu, elogiando SEALOGY® quale unico evento italiano dedicato al mare e alle sue risorse nel panorama europeo e internazionale. L’onorevole GIUSEPPE L’ABBATE, sottosegretario al Ministero delle

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, ha sottolineato che «la pesca e l’acquacoltura sostenibili rappresentano una priorità per il nostro Paese. Il Ministero, infatti, è da sempre impegnato a sostenere e valorizzare la gestione sostenibile delle attività di pesca, la tutela della biodiversità e la protezione dell’ecosistema marino, come dimostra la

Lo staff di SEALOGY®.

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recente pubblicazione del “Sistema di qualità nazionale acquacoltura sostenibile” che rappresenta un passo fondamentale della transizione verso pratiche più sostenibili per la filiera». La grande attenzione alle tematiche e ai contenuti proposti nei blue webinar, atelier di formazione e sea workshops, ha messo in luce l’elevata qualità delle relazioni esposte dagli speakers, nazionali e internazionali, intervenuti nelle diverse sessioni di lavoro. Forte presenza anche della Commissione europea che ha partecipato a diversi webinar per presentare strategie e programmi di indirizzo da perseguire nei prossimi anni per una crescita blu sostenibile. «Siamo al fianco di SEALOGY® — ha dichiarato MAGDALENA-ANDREEA STRACHINESCU-OLTEANU, Capo Unità A1 DG MARE della Commissione europea — perché rappresenta una grande occasione per discutere, confrontarsi e condividere le strategie e le azioni intraprese dalla Commissione in stretta sinergia con gli Stati Membri». Ingenti le risorse che l’Unione Europea mette in campo per la programmazione 2021/2027, cui si aggiunge il pacchetto di misure previste dal Recovery Fund che sarà dotato di 672,5 miliardi di euro in prestiti e sovvenzioni per sostenere le riforme e gli investimenti intrapresi dagli Stati Membri. L’obiettivo è mitigare l’impatto economico e sociale della pandemia di coronavirus e rendere le economie e le società europee più sostenibili, resilienti e meglio preparate per le sfide e le opportunità delle transizioni verdi, blu e digitali. «Auspichiamo — ha detto la Commissione durante il webinar sulle misure di finanziamento e di sostegno agli investimenti nella Blue Economy — una grande e massiccia partecipazione dell’Italia e delle imprese italiane ai fondi europei messi a disposizione per gli investimenti nella Blue Economy». ANDREA MORETTI, presidente di Ferrara Fiere Congressi, nel ringraziare il Comune di Ferrara per il supporto dimostrato sin da subito al progetto, ha sottolineato la caratura dei 150 speakers coinvolti nella

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SEALOGY® è il primo salone europeo dedicato alla cosiddetta Blue Economy, che comprende tutte le attività umane che utilizzano il mare,le coste e i fondali come risorse per attività industriali e lo sviluppo di servizi, quali per esempio acquacoltura, pesca, biotecnologie marine, turismo marittimo, costiero e di crociera, trasporto marittimo, porti e settore cantieristico, energie rinnovabili marine, inserite in un’ottica di sostenibilità ambientale. L’appuntamento è dall’8 al 10 aprile 2021 a Ferrara Fiere. >> Link: www.sealogy.it – facebook.com/sealogy

SEALOGY® Digital Preview: ampiamente rappresentata la Commissione europea ma anche il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e ancora la Regione Emilia-Romagna e le Regioni Friuli-Venezia-Giulia, Marche, Puglia e Campania. Presenti anche le organizzazioni professionali e della società civile europee e nazionali con la partecipazione di Europêche, l’Alleanza delle Cooperative Italiane, l’Associazione Mediterranea Acquacoltori, il Consiglio Internazionale MSC per lo sviluppo sostenibile della pesca, UNIDO, l’Agenzia Specializzata delle Nazioni Unite. Molto rilevante la partecipazione e l’interesse ai temi del mare e dell’ambiente marino da parte di tantissimi giovani cui è dedicato il concorso europeo “Diventa un giovane leader del mare e degli oceani” lanciato proprio alla SEALOGY® Digital Preview, durante la conferenza inaugurale, dal Forum Youth4Ocean e dall’Unione Europea. Diverse sono state le iniziative destinate ai giovani e alle scuole di ogni ordine e grado, messe in programma grazie alla collaborazione del MIUR, ma anche forte presenza delle Università ed enti di ricerca (CNR, Università di Bologna, Siena, Ferrara, Trieste, Udine, Ancora, Camerino, Istituti di Oceanografia e Pesca di Trieste e Spalato), istituti nautici e professionali. Oltre 20 i Paesi rappresentati (Italia, Croazia, Francia, Spagna, Belgio, Paesi Bassi, Ungheria,

Grecia, Bulgaria, Danimarca, Malta, Romania, Slovacchia, Regno Unito, Turchia, Albania, Somalia, Egitto, Nepal, Nigeria, Tunisia) per presentare le migliori eccellenze presenti nel panorama italiano ed internazionale, le best practices di sviluppo sostenibile ma anche per conoscere start-up innovative legate all’universo mare.

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FIERE

AlgaeFarm 2021 All’interno della fiera AquaFarm, e in contemporanea con NovelFarm, in programma a Pordenone il prossimo febbraio, è previsto un evento specifico sulle tecnologie e le applicazioni nel campo dell’alghicoltura All’interno dell’evento fieristico AquaFarm, e in contemporanea con NovelFarm, nasce AlgaeFarm, appuntamento dedicato all’alghicoltura che darà maggiore centralità al settore della coltivazione delle alghe grazie ad un’area espositiva dedicata e al consueto programma di conferenze già presente nelle precedenti edizioni. AlgaeFarm presenterà le migliori realtà professionali dedicate alla filiera dell’alghicoltura, creando un’occasione di confronto per un settore in continua crescita. Un appuntamento che offre l’opportunità di incontrare gli operatori del settore e di partecipare a conferenze e dibattiti su ricerca, sviluppo di

tecnologie per la coltivazione e per l’applicazione delle alghe. Un’attenzione particolare, infatti, sarà dedicata agli scenari futuri e ai tanti ambiti di utilizzo delle microalghe: da quello dell’alimentazione umana e animale alla produzione di energia sostenibile e biocarburante, fino alle applicazioni in economia circolare e nel settore chimico-farmaceutico. Il mercato La produzione e lavorazione delle alghe e microalghe è un’attività che sta trovando sempre maggiori opportunità di crescita. Promossa dall’Unione Europea per lo sviluppo della Blue Economy e della

bioeconomia, l’alghicoltura offre possibilità di implementazione in molteplici ambiti, come l’agricoltura e l’ambiente urbano, garantendo una produzione sostenibile, soprattutto perché non necessita di suolo e di elevati apporti di CO2. Riprendendo l’ultima ricerca di Allied Market Research, il mercato delle alghe ha una dimensione di 2,7 miliardi di dollari, con una crescita media prevista del 4,2% l’anno fino al 2025. La cifra comprende i derivati delle alghe brune, dette macroalghe, che dominano oggi il mercato. La fetta del mercato più piccola, con un valore di poco più di 600 milioni di dollari nel 2019 e la previsione di sfiorare il miliardo nel 2025 secondo una ricerca di HTF Research, è rappresentata dalle microalghe. Questi organismi monocellulari, che comprendono la spirulina e la clorella, oltre che essere diffusi in molti prodotti anche di largo consumo, sono oggetto della sperimentazione e dell’innovazione del settore. I principali ambiti di applicazione sono quello farmaceutico, cosmetico, alimentare e chimico. L’appuntamento AlgaeFarm si svolgerà i prossimi 17 e 18 febbraio a Pordenone Fiere durante il già consolidato appuntamento con AquaFarm, la mostraconvegno internazionale dedicata ad acquacoltura e industria della pesca, e NovelFarm, il più importante evento italiano interamente dedicato alle nuove tecniche di coltivazione, fuori suolo e vertical farming.

AlgaeFarm offre agli operatori la possibilità di confronto con i professionisti della filiera: un’occasione di incontro tra domanda e offerta, aggiornamento professionale e networking (photo © www.novelfarmexpo.it/algaefarm).

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>> Link: www.aquafarmexpo.it www.novelfarmexpo.it www.novelfarmexpo.it/ algaefarm

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Il pesce? Sano, buono e comodo, purché sia sostenibile Secondo l’ultimo rapporto FAO, la produzione mondiale di pesce ha raggiunto un nuovo picco: 171 milioni di tonnellate, di cui 90,9 milioni di catture e 80 milioni in acquacoltura. L’88% della produzione, ossia 151 milioni di tonnellate, è destinato al consumo umano diretto. Le risorse del mare, però, non sono infinite ed è molto più difficile

gestirle rispetto a quelle dell’agricoltura. Mentre ci avviciniamo ad un periodo dell’anno in cui tradizionalmente aumentano i consumi di pesce e di prodotti del mare, il dibattito sulla loro sostenibilità si fa ancora più vivace. Del resto, il pesce è un alimento sano e salutistico e i suoi consumi non hanno fatto che aumentare. Sempre secondo la

FAO, a livello globale siamo passati da 9 kg nel 1961 a 20,2 kg oggi. Un cittadino dell’Unione Europea ne consuma in media 4 kg in più rispetto alla popolazione mondiale, superando la soglia dei 24 kg. E in Italia? Ancora più sopra la media: siamo ad oltre 31 kg l’anno pro capite. Come cambieranno queste tendenze nel dopo emergenza?

I prodotti del mare sono tra i grandi protagonisti della tavola delle feste, fanno bene alla salute e sono facili da preparare. Ma richiedono uno sforzo in più per l’ambiente, a noi come consumatori consapevoli e ai produttori.

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Coniugare gusto, comodità e sostenibilità «Dopo la corsa ai lievitati, si è osservata un’inversione di trend con l’aumento dei consumi di prodotti più salutari e sostenibili, con un incremento delle vendite anche nel nostro settore» commenta A LEX DOORGEEST, titolare di Agrofish (agrofishitalia.com). «Con l’arrivo dell’inverno e delle prospettive di chiusure forzate si prevede un aumento del consumo alimentare consapevole, pur prediligendo piatti più complessi e ricette innovative: gli Italiani non rinunceranno ai pranzi e cene del periodo natalizio, seppur con le necessarie limitazioni, provvedendo così a mantenere il mercato alimentare in un trend positivo. Noi ci impegniamo ad offrire il continuo approvvigionamento di prodotti salutari, con materie prime di alta qualità complete di tutte le certificazioni MSC e ASC». «Secondo le ricerche di mercato il tonno in scatola si trova nella di-

spensa di oltre il 90% degli Italiani» spiega l’AD di Airone Seafood, S ERGIO T OMMASINI (www.aironeseafood.com). «Le motivazioni? Non ci sono barriere al consumo, si mantiene a lungo ed è comodo da preparare. Risponde agli stili di vita moderni e a innumerevoli occasioni di consumo e non presenta stagionalità. Il tonno in scatola è una soluzione democratica al problema dell’alimentazione. Comunque, i cambiamenti climatici e demografici in atto stanno determinando significative evoluzioni nelle abitudini alimentari, una sfida anche per l’industria di trasformazione del pesce. Airone è un modello vincente in questo senso attraverso la sinergia strutturale tra Italia e Costa d’Avorio, grazie al nostro sito di trasformazione ad Abidjan con una capacità di 25.000 tonnellate l’anno di tonno lavorato». Fonte: Tuttofood www.tuttofood.it

Tuttofood è la fiera B2B per l’ecosistema agroalimentare, punto di riferimento nazionale e internazionale per lo sviluppo del settore e per scoprire, disegnare e guidare il rilancio del comparto alimentare del futuro. Una piattaforma di business e contenuti per l’intera food community mondiale, dove la tradizione alimentare incontra l’innovazione; il punto di riferimento nazionale e internazionale per lo sviluppo del settore, per scoprire, disegnare e guidare il rilancio del comparto alimentare. L’appuntamento sarà a Milano dal 17 al 20 maggio presso il quartiere fieristico di Rho con 14 sotto saloni tematici tra cui Tuttofish (dedicato al pesce affumicato, essiccato, in scatola, fresco, frutti di mare trasformati e confezionati) e Tuttofrozen (tra cui i prodotti ittici). La fiera internazionale B2B dedicata al settore food & beverage Rho, Fiera Milano 17-20 maggio 2021 www.tuttofood.it

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SPECIE ITTICHE

Schede di specie ittiche da pesca nazionale Composizione e valore nutrizionale delle più importanti specie ittiche (pesci, molluschi e crostacei) da attività di pesca nazionale a cura di Elena Orban e Gabriella Di Lena, Teresina Nevigato, Maurizio Masci, Irene Casini, Roberto Caproni

Totano (Todarodes sagittatus)

Habitat: Lunghezza massima mantello: Provenienza dei totani analizzati: Parte dei totani analizzati:

vive in vicinanza di fondali fangosi e sabbiosi, a profondità molto variabili 75 cm pesca in Adriatico e Tirreno mantello e tentacoli interamente omogeneizzati

Tabella 1 – Biometrie Totani analizzati Peso (g) Lunghezza mantello (cm)

Min

Max

189,10

256,88

18,00

21,00

Tabella 2 – Composizione nutrizionale di Totano di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)

Min

Max

55,86

1,69

54,07

57,42

kcal / kJ

81/338

3/13

78/325

84/350

Umidità

80,82

0,97

79,60

81,94

Proteine

16,59

0,69

15,80

17,22

1,60

0,08

1,50

1,68

493,80

44,12

426,50

525,00

1,31

0,10

1,17

1,37

Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri

128

Dev.std

IL PESCE, 6/20


Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di Totano di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Colesterolo

Media

ds

Min

Max

251,08

37,80

215,83

287,33

Squalene

Assente

α-tocoferolo (vit. E)

1,78

0,43

1,36

2,34

δ-tocoferolo

0,24

0,02

0,21

0,27

7-Deidrocolesterolo

4,54

0,84

3,40

5,29

Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi in Totano di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media

ds

Min

Max

Acidi grassi saturi

0,42

0,03

0,38

0,44

Acidi grassi monoinsaturi

0,12

0,01

0,10

0,13

Acidi grassi polinsaturi

0,53

0,03

0,51

0,57

Acidi grassi Omega-3

0,51

0,03

0,48

0,55

Acidi grassi Omega-6

0,03

0,01

0,02

0,03

EPA

0,16

0,01

0,15

0,17

DHA

0,34

0,02

0,32

0,36

EPA+DHA

0,50

0,03

0,47

0,53

Tabella 5 – Concentrazione di microelementi in Totano di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Min

Max

Cu (μg)

430,00

460,00

Fe (mg)

0,18

0,25

Se (μg)

42,00

48,00

Zn (mg)

1,54

1,80

Na (mg)

185,00

210,00

K (mg)

270,00

320,00

Stagione riproduttiva e pesca La riproduzione del totano avviene in primavera-estate. Il totano viene catturato principalmente con reti a strascico. La stragrande maggioranza degli individui catturati ha una lunghezza del mantello inferiore ai 20 cm. Valore nutrizionale Il totano è un cefalopode decapode, spesso confuso con il calamaro, dal quale differisce per il colore del mantello bruno rossastro e per la parte caudale affusolata ed appuntita con pinne triangolari. Ha carni meno apprezzate del calamaro. I totani molto grossi hanno un valore gastronomico inferiore, poiché hanno carni tenaci, gommose e dure. Dal punto di vista nutrizionale la composizione in nutrienti è molto simile a quella degli altri cefalopodi; le carni sono caratterizzate da un modesto tenore lipidico, ma anche un contenuto in proteine inferiore ai pesci più consumati. Elevato è il contenuto in acidi grassi polinsaturi, in particolare gli Omega-3, che sono predominanti. Buono il contenuto in minerali. Note Per riconoscerne la freschezza si deve osservare il colore del mantello: più la colorazione sarà viva e intensa, più sarà garantita la freschezza. Inoltre le carni devono essere morbide ed elastiche; carni dure e secche sono sintomo di prodotto non fresco.

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Calamaro (Loligo vulgaris)

Habitat: Lunghezza massima mantello: Provenienza calamari analizzati: Parte dei calamari analizzati:

la specie è pelagica, vive tra i 20 ed i 250 metri di profondità 42 cm pesca in Adriatico e Tirreno mantello e tentacoli interamente omogeneizzati

Tabella 1 – Biometrie dei Calamari analizzati Min

Max

Peso (g)

39,44

227,28

Lunghezza mantello (cm)

10,00

19,25

Tabella 2 – Composizione nutrizionale di Calamaro di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)

Dev.std

Min

Max

74,77

7,13

63,50

80,00

kcal / kJ

86/357

5/22

81/337

93/390

Umidità

79,98

1,06

78,04

80,95

Proteine

16,73

1,14

15,90

18,97

1,80

0,19

1,45

1,98

373,17

94,06

275,00

426,50

1,41

0,12

1,26

1,54

Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri

Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di Calamaro di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Colesterolo

Media

ds

Min

Max

236,65

28,00

190,15

258,68

Squalene

130

Assente

α-tocoferolo (vit. E)

1,13

0,37

0,71

1,57

δ-tocoferolo

0,16

0,03

0,13

0,20

7-Deidrocolesterolo

1,26

0,20

1,05

1,50

IL PESCE, 6/20


Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi di Calamaro di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media

ds

Min

Max

Acidi grassi saturi

0,48

0,06

0,39

0,55

Acidi grassi monoinsaturi

0,13

0,03

0,09

0,16

Acidi grassi polinsaturi

0,59

0,06

0,48

0,63

Acidi grassi Omega-3

0,55

0,06

0,46

0,60

Acidi grassi Omega-6

0,03

0,01

0,01

0,04

EPA

0,18

0,02

0,15

0,21

DHA

0,36

0,04

0,29

0,39

EPA+DHA

0,54

0,06

0,44

0,60

Tabella 5 – Concentrazione di microelementi di Calamaro di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Min

Max

Cu (μg)

210,00

250,00

Fe (mg)

0,86

1,60

Se (μg)

26,00

46,00

Zn (mg)

1,10

1,26

Na (mg)

110,00

185,00

K (mg)

206,00

264,00

Stagione riproduttiva e pesca Nel Mediterraneo questa specie si riproduce durante gran parte dell’anno, maggiormente dall’inizio della primavera all’autunno. La pesca professionale usa reti a strascico, reti a circuizione ed anche attrezzi da posta. Valore nutrizionale Il calamaro è un mollusco cefalopode decapode, ha dieci braccia, 8 più corte dotate di 2 file di ventose e due tentacoli più lunghi con estremità a forma di clava e quattro file di ventose. All’interno del corpo dalla forma allungata c’è una conchiglia a forma di lancia, detta gladio, pennetta o calamo (lunga, appiattita e trasparente). Ha carni bianche magre, saporite, sode e leggermente gommose; se i calamari sono freschi e piccoli sono più teneri. Il metodo di cottura può variare con la grandezza: gli esemplari più piccoli, detti calamaretti, si preparano fritti, oppure in umido in sughi per paste asciutte. I calamari di media grandezza si prestano ad essere cucinati alla griglia, ripieni o tagliati ad anelli e fritti. Analogamente alla seppia il calamaro fornisce poche calorie avendo un basso tenore lipidico, ma è ricco di colesterolo, la cui assunzione quotidiana non dovrebbe superare i 300 mg. Molto buono è il contenuto in acidi grassi polinsaturi rappresentati soprattutto dagli Omega-3. Il calamaro è anche fonte di zinco, rame e selenio. Note I calamari sono tra i molluschi più apprezzati e richiesti dai consumatori e dai ristoratori, ma la produzione nazionale non riesce a soddisfare la richiesta; di conseguenza, oltre il 70% di questi molluschi è importato, in buona parte dalla Spagna (22,6%), ma anche da India (15%), Tailandia (10,7%), dall’Atlantico Nord Orientale e dalla Cina (9,1%) e venduto come anelli di calamari decongelati. Nel banco dovrebbero essere separati dal pesce fresco ed avere l’etichetta con specificato “decongelato”.

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Seppia (Sepia officinalis)

Habitat: Lunghezza massima mantello: Provenienza seppie analizzati: Parte delle seppie analizzati:

la seppia vive su fondali sabbiosi o melmosi fino a 150 m di profondità 35 cm pesca in Adriatico e Tirreno mantello e tentacoli interamente omogeneizzati

Tabella 1 – Biometrie delle Seppie analizzati Peso (g) Lunghezza mantello (cm)

Min

Max

228,62

642,31

12,70

16,00

Tabella 2 – Composizione nutrizionale di Seppia di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)

Dev.std

Min

Max

60,82

6,98

57,37

65,50

kcal / kJ

78/326

6/23

76/317

87/362

Umidità

80,45

1,28

78,45

81,30

Proteine

16,39

1,13

15,60

18,35

1,38

0,27

1,14

1,81

357,00

201,89

328,50

1.580,00

1,47

0,18

1,24

1,64

Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri

Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di Seppia di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Colesterolo

Media

ds

Min

Max

180,00

16,41

161,42

200,00

Squalene

132

Assente

α-tocoferolo (vit. E)

1,53

0,41

1,05

2,00

δ-tocoferolo

0,06

0,01

0,05

0,08

7-Deidrocolesterolo

2,07

0,54

1,14

2,24

IL PESCE, 6/20


Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi di Seppia di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media

ds

Min

Max

Acidi grassi saturi

0,34

0,07

0,25

0,45

Acidi grassi monoinsaturi

0,10

0,03

0,08

0,15

Acidi grassi polinsaturi

0,48

0,09

0,41

0,60

Acidi grassi Omega-3

0,42

0,07

0,36

0,52

Acidi grassi Omega-6

0,05

0,02

0,03

0,08

EPA

0,17

0,04

0,13

0,21

DHA

0,24

0,03

0,22

0,28

EPA+DHA

0,41

0,07

0,35

0,48

Tabella 5 – Concentrazione di microelementi di Seppia di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Min

Max

Cu (μg)

420,00

460,00

Fe (mg)

0,10

0,16

Se (μg)

24,00

30,00

Zn (mg)

1,36

1,60

Na (mg)

153,00

632,00

K (mg)

270,00

389,00

Stagione riproduttiva e pesca La riproduzione della seppia avviene in prossimità della costa da inizio primavera ad inizio autunno, soprattutto in aprile e luglio. La pesca viene effettuata con reti a strascico, con attrezzi da posta: nasse, bertovelli, tramaglio, ecc… Valore nutrizionale La seppia è un mollusco cefalopode decapode in quanto ha otto braccia tentacolari, dotate di quattro serie di ventose, e due tentacoli più lunghi e retrattili. La seppia è uno dei cefalopodi più importanti delle attività di pesca italiane, ha corpo (o mantello) ovaliforme; ha la conchiglia interna voluminosa (osso di seppia). Nella parte superiore della cavità del mantello è presente una piccola sacca (sacca del nero) che contiene un liquido ricco di melanina, comunemente conosciuto come inchiostro, che la seppia espelle in situazione di pericolo. In relazione al periodo dell’anno si trovano seppie di taglie diverse: grosse in primavera, che si avvicinano a riva per la riproduzione, e di piccola misura in autunno (seppiolini). Ha carni buone più tenere negli individui piccoli. Analogamente al polpo, la seppia ha carni magre e costituisce un alimento decisamente ipocalorico, contiene proteine ad alto valore biologico in quantità leggermente inferiore dei pesci più consumati. Molto buono è il contenuto in polinsaturi che rappresentano gli acidi grassi predominanti, in particolare gli Omega-3. Come per il polpo il contenuto in colesterolo è elevato. Buono è il contenuto in vitamina E, rame, selenio e zinco. Note La maggior parte delle specie di cefalopodi produce a scopo difensivo il nero ma solo quello proveniente dalla seppia è utilizzato nella nostra alimentazione. Il nero è scuro e denso, grazie al pigmento melanina, contiene anche lipidi, proteine e glicosaminoglicani. L’uso alimentare del nero è diffuso in Italia e nei paesi dell’area mediterranea come Spagna e Grecia. Questo prodotto viene utilizzato per insaporire o colorare le pietanze ma sembrerebbe avere alcune proprietà utili per l'organismo umano; infatti, da alcuni studi di laboratorio, è stato evidenziato che l’inchiostro può aumentare l’attività di alcune componenti del sistema immunitario, presenta attività antimicrobica, favorirebbe l’ematopoiesi, la formazione di nuove cellule del sangue, stimolerebbe la dilatazione dei vasi sanguigni e presenta importante azione antiossidante.

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Polpo (Octopus vulgaris)

Habitat: Lunghezza massima: Provenienza polpi analizzati: Parte dei polpi analizzati:

vive su fondali costieri rocciosi, ricchi di anfratti, fino ad una profondità di 100 m 130 cm, 23 cm il mantello pesca Tirreno polpo eviscerato interamente omogeneizzato

Tabella 1 – Biometrie dei Polpi analizzati Peso (g) Lunghezza mantello (cm)

Min

Max

245,00

593,00

7,00

8,75

Tabella 2 – Composizione nutrizionale di Polpo di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media Parte edibile (% peso)

Dev.std

Min

Max

82,65

4,10

80,77

87,35

kcal / kJ

72/301

6/25

65/270

79/331

Umidità

81,63

1,07

80,42

82,86

Proteine

15,62

1,82

13,48

16,19

1,04

0,19

0,86

1,23

741,00

234,76

575,00

907,00

1,61

0,13

1,42

1,73

Lipidi totali Sale (Nax2,5) mg Ceneri

Tabella 3 – Composizione della frazione lipidica insaponificabile di Polpo di differenti taglie (mg/100 g parte edibile) Colesterolo

Media

ds

Min

Max

100,57

3,96

96,58

104,50

Squalene

134

Assente

α-tocoferolo (vit. E)

1,10

0,46

0,76

1,62

δ-tocoferolo

0,06

0,02

0,04

0,07

7-Deidrocolesterolo

0,63

0,17

0,51

0,75

IL PESCE, 6/20


Tabella 4 – Contenuto di acidi grassi di Polpo di differenti taglie (g/100 g parte edibile) Media

ds

Min

Max

Acidi grassi saturi

0,22

0,04

0,19

0,27

Acidi grassi monoinsaturi

0,06

0,02

0,05

0,08

Acidi grassi polinsaturi

0,36

0,07

0,32

0,44

Acidi grassi Omega-3

0,30

0,05

0,27

0,36

Acidi grassi Omega-6

0,06

0,02

0,04

0,08

EPA

0,13

0,01

0,13

0,14

DHA

0,16

0,04

0,13

0,21

EPA+DHA

0,29

0,05

0,26

0,35

Tabella 5 – Concentrazione di microelementi di Polpo di differenti taglie (in 100 g di parte edibile) Min

Max

Cu (μg)

360,00

550,00

Fe (mg)

0,17

1,00

Se (μg)

36,00

54,00

Zn (mg)

1,40

1,70

Na (mg)

230,00

363,00

K (mg)

254,00

350,00

Stagione riproduttiva e pesca Il periodo riproduttivo del polpo è in primavera (aprile-maggio) ed in autunno (ottobre). Il polpo viene pescato con reti a strascico, con attrezzi da posta, nasse, e lenze a mano. Valore nutrizionale Mollusco cefalopode ottopode, munito di otto tentacoli di uguale lunghezza dotati di una doppia serie di ventose, ha un corpo ovale a forma di sacco con la testa e il corpo fusi insieme a formare un'unica struttura chiamata mantello. La parte edibile del polpo (corpo a sacca e tentacoli) è ricca di tessuto connettivo e fibre elastiche per questo motivo, soprattutto se di grandi dimensioni, necessita di una preparazione accurata ed una cottura non troppo prolungata per renderlo morbido. Dal punto di vista nutrizionale il polpo contiene una quantità ridotta di proteine rispetto alle specie di pesce generalmente consumate, un basso apporto calorico, dovuto a una bassissima percentuale di grassi e a un alto contenuto acquoso. I livelli di colesterolo sono piuttosto elevati ma c’è la contemporanea presenza di una buona quantità di acidi grassi polinsaturi omega-3 e da un basso livello di saturi. Caratteristica comune dei cefalopodi il basso tenore in monoinsaturi. Si evidenzia la presenza del 7 deidrocolesterolo, sterolo precursore del colesterolo, convertito in colecalciferolo, precursore della vitamina D, nella pelle (per irradiazione con raggi ultravioletti). Buono l’apporto di zinco, rame e selenio. Note Il polpo ha carni ricchissime di tessuto connettivo e fibre muscolari che per questo devono essere ammorbidite meccanicamente, ad esempio con un batticarne, o in alternativa congelarlo in freezer. Il polpo congelato, e poi decongelato presenterà carni più tenere rispetto a quello fresco. * Questa e le schede prima riportate fanno parte di una serie di 56 schede che mostrano i risultati di un progetto di ricerca, svolto con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Al progetto hanno collaborato le Cooperative: Mare di Cattolica e AGEI (Agricoltura-Gestione Ittica) di Roma.

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Tecnologie di disinfezione dell’aria per diminuire i rischi sanitari del SARS-CoV-2 di Gianluigi Negroni

In questo periodo ai rischi sanitari già presenti nella filiera della pesca e dell’acquacoltura si aggiunge il virus SARS-CoV-2, detto più comunemente Covid-191. L’infezione virale crea infatti problemi a diversi livelli della filiera, dai consumi alla logistica, alla produzione, sia per il personale che per le possibili contaminazioni dei prodotti ittici2. La grande maggioranza delle trasmissione della patologia da Covid-19 si è verificata nei luoghi chiusi, associandosi spesso con contatti umani stretti, un’alta densità di persone ed una lunga durata dei contatti3. In primo luogo, l’industria della pesca e dell’acquacoltura dovrà organizzare

una serie di buone pratiche igienicosanitarie specifiche da inserire nel proprio sistema di prerequisiti, sia per le tecnologie e strutture che per il personale. Il sistema HACCP potrà poi avere maggiori punti critici di controllo relativi ai rischi virali. Alcune di queste misure riguardano l’isolamento ed il distanziamento fisico, la diminuzione delle attività produttive, utilizzare strutture protettive personali, ma ve ne possono essere altre. Dando per scontato che l’industria applichi al meglio l’attenuazione dei rischi virali, in questo articolo approfondiremo alcune tecnologie disponibili per abbattere la carica

virale e combattere la diffusione del virus attraverso la sanificazione dell’aria. La depurazione dell’aria si occupa anche di eliminare i seguenti fattori di rischio: microrganismi, allergeni, polveri, funghi, gas tossici, componenti organici volatili, micropolveri (quelle con meno di 2,5 micron di diametro), differenti inquinanti chimici ed altre presenze che creano rischi igienico-sanitari nella catena di produzione. Quanto sopra può aumentare notevolmente il livello di rischio sanitario dell’industria pescheria. Vi sono numerose tecnologie disponibili per sanificare l’aria ed in particolare per abbattere e mitigare la diffusione della carica virale.

L’emergenza sanitaria in atto, legata al diffondersi del Covid-19, ha interessato in modo specifico il settore agricolo e della pesca (photo © borkin.ru). 136

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La luce ultravioletta (UV) è una forma di luce elettromagnetica prodotta naturalmente dal sole. UV è uno spettro di luce al di sotto la luce visibile e vien divisa in quattro aree spettrali:Vacuum UV o UVV (da 100 a 200 nm), UV-C (da 200 a 280 nm), UV-B (da 280 a 315 nm) e UV-A (da 315 a 400 nm6). La UV-C è la luce ultravioletta che ha il maggior potere germicida prevenendo la replica dei microrganismi con 253.7 nanometri. Al seguito dell’esposizione agli UV-C gli organismi muoiono e non si riproducono ulteriormente scomparendo7.I microrganismi dannosi presenti nell’aria e che si potrebbero accumulare negli impianti di ventilazione e condizionamento (HVAC – Heating, Ventilating and Air Conditioning) possono essere eliminati dai trattamenti con UV-C.

Le lampade UVGI (a radiazione ultravioletta germicida) permettono di eliminare virus, batteri, funghi e spore presenti nell’aria e sulle superfici. Tali lampade emettono luce ultravioletta ad una lunghezza d’onda particolarmente corta (254 μm), universalmente conosciuta come UV-C, che rende innocuo ogni tipo di agente patogeno. Modifiche per abbassare i rischi di contaminazione per tecnologie e strutture attualmente in uso Le tecnologie e strutture in uso nell’industria della pesca e dell’acquacoltura potrebbero essere migliorate per abbassare notevolmente i rischi di contaminazione includendo modifiche alla struttura fisica, alle apparecchiature o al layout per uno spazio che riduca i rischi di

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trasmissione. Ciò potrebbe includere modifiche al funzionamento di sistemi di costruzione e agli impianti di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata. Le misure di controllo tecnico possono includere: • modifiche alla struttura o al layout per consentire un minimo di 2 m di distanza fisica o altre misure per tenere separati gli operatori (es., installazione di barriere);

• uso di mezzi passivi o meccanici per ridurre la concentrazione di bio-aerosol all’interno e per diluire l’aria interna con aria esterna pulita (es., ventilazione naturale o sistemi di condizionamento, per aumentare l’afflusso di aria esterna); • modifiche alle infrastrutture per ridurre la necessità e la possibilità di toccare superfici (es., porte automatiche, illuminazione attivata dal movimento), rimozione di oggetti ad alto contatto come tornelli o interruttori; • fornire strutture per il lavaggio delle mani e/o stazioni per l’igiene delle mani, separando oggetti o contenitori puliti / non puliti in aree diverse. Misure di controllo aggiuntive Ulteriori misure e tecnologie di controllo vengono continuamente prese in considerazione e sviluppate, indipendentemente dal fatto che si tratti di nuovi approcci di ventilazione, nuovi concetti di design e disposizione degli spazi interni, nuove superfici e materiali virucidi, diversi modi di lavorare o interagire coi clienti o il pubblico, o nuovi materiali o design e layout delle linee di lavorazione. Alcune di queste misure di controllo sono ancora in fase di sviluppo, mentre altre che sono state utilizzate in contesti e settori diversi per molti anni vengono ora prese in considerazione per la loro efficacia contro SARS-CoV-2. Ciò include le tecnologie che consentono la disinfezione dell’aria e delle superfici. Irradiazione germicida ultravioletta elettrostatica L’irradiazione germicida ultravioletta (UVGI – Ultra Violet Germicide Irradiation) è stata utilizzata per decenni per il controllo di malattie respiratorie come la tubercolosi (TB), nell’assistenza sanitaria e chirurgica e in altri ambienti ad alto rischio. Nella pandemia da Covid-19 i raggi ultravioletti sono stati proposti come misura di controllo per ridurre la trasmissione del virus in ambienti chiusi. La radiazione ultravioletta (UV) è classificata in base alla lun-

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L’igienizzazione elettrostatica è una tecnologia che consente di rivestire una superficie in modo rapido e uniforme con una soluzione igienizzante. L’applicatore elettrostatico fornisce una carica elettrica alla soluzione. Le molecole caricate si respingono a vicenda, quindi si mantengono ad una distanza uniforme l’una dall’altra, ma nello stesso tempo vengono attratte dalla superficie da trattare. La forza delle particelle caricate è maggiore di quella della gravità, quindi queste vengono subito attratte dalla superficie e non cadono a terra. L’attrazione quindi assicura che tutte le particelle della soluzione si depositino sulla superficie e che si crei una copertura uniforme a 360°, senza tralasciare alcuna zona.

ghezza d’onda come UV-A (320-400 nm)4, UV-B (280–320 nm) e UV-C (100–280 nm). La luce solare naturale fornisce UV-A e UV-B, mentre UV-C è prodotta da lampade al mercurio a bassa pressione lampade o allo xeno (o altre tipologie allo studio) per applicazioni specifiche. Gli effetti germicidi si verificano tra i 200-320 nm, intervallo che copre sia gli UV-B che UV-C. Sebbene l’UV-B della luce solare naturale possa fornire un effetto disinfettante con un indice UV elevato per un periodo prolungato, l’UV-C, intorno ai 254 nm, è molto più efficace a causa dell’intensità maggiore fornita dalla lunghezza d’onda. L’effetto disinfettante che risulta dagli UV-C causa danni al DNA e RNA delle cellule di batteri o virus. Questo danno impedisce agli agenti patogeni la loro riproduzione, rendendoli non infettivi. UV-C può anche causare danni alla pelle e agli occhi umani e è obbligatorio prevenire l’esposizione umana5. Sistemi di diffusione spray per disinfezione elettrostatica Gli interventi per ridurre la trasmissione superficiale di SARS-CoV-2 devono includere pulizia e disinfe-

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zione frequenti di tutti gli impianti delle strutture di trasformazione della filiera della pesca e acquacoltura al fine di diminuire la vitalità del virus sulle superfici e sulle aree potenzialmente contaminate. La tecnologia per spray elettrostatici è una strategia di disinfezione alternativa in ambienti interni ed è usata per fornire un’applicazione più uniforme ed efficiente sulle superfici le aree difficili da raggiungere. I sistemi di spray elettrostatico utilizzano elettrodi che applicano una carica positiva o negativa alle particelle delle soluzioni disinfettanti (che devono usare sostanze approvate nel contest nazionale) quando vengono espulse dall’ugello di applicazione consentendo una migliore adesione alle superfici. La soluzione disinfettante viene aggiunta al serbatoio del dispositivo di diffusione ed erogata sulle superfici tramite un ugello. La dimensione delle goccioline atomizzate, l’ampiezza di distribuzione e la copertura dello spray elettrostatico varieranno a seconda dell’uso e delle necessità d’applicazione8. La tecnologia degli spray elettrostatici viene utilizzata in molti settori, dall’agricoltura alla trasformazione alimentare, in medicina,

nei trasporti, nella pittura e persino nella ricerca spaziale. Sistemi di nebulizzazione disinfettanti La tecnologia di nebulizzazione che disperde particelle fini di disinfettanti o disinfettanti liquidi per decontaminare ambienti viene utilizzata nel settore farmaceutico e alimentare e dell’industria di trasformazione da decenni; si usa anche in ambienti ospedalieri. Ne esistono tre principali tipologie: 1. processo a vapore secco, in cui si vaporizza un disinfettante liquido nella sua forma gassosa (1-10 mm); 2. micro-condensazione (a volte indicata come “processo a umido”), in cui c’è la produzione di aerosol microscopici molto fini (> 10 mm); 3. processo attivato o ionizzato, simile agli spray elettrostatici in cui gli aerosol vaporizzati vengono caricati dagli elettrodi (con varie tecnologie) quando vengono diffusi nell’ambiente9. I metodi per produrre vapore secco e aerosol di micro-condensazione differiscono a seconda del tipo di liquido, del produttore della tecnologia e del design dell’apparato. I siste-

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Nebbia secca per disinfettare gli ambienti (www.ikeuchi.eu). mi a nebbia possono essere stazionari o portatili. I disinfettanti vaporizzati sono di piccolo diametro e sono in grado di rimanere sospesi nell’aria per un periodo di tempo più lungo rispetto alla micro-condensazione. Si fornisce così sia la disinfezione dell’aria che delle superfici. L’efficacia di ciascuna di queste tecnologie dipende da numerosi fattori: dal disinfettante, dall’agente patogeno bersaglio, dal tipo di superficie degli oggetti presenti, dalle dimensioni dello spazio da trattare, dalla posizione dell’apparato di nebulizzazione, dalle pratiche di pre-pulizia, dal carico organico presente, dai movimenti dell’aria, dall’umidità relativa, dai volumi di disinfettante e tempo di contatto e da altri fattori10. Le prime tecnologie di nebulizzazione usavano tipicamente formaldeide, agenti a base di fenolo o composti di ammonio quaternario e non sono raccomandate per la disinfezione dell’aria e delle superfici in strutture sanitarie e abitative a causa degli effetti negativi in presenza di essere umani. Vi sono ora nuovi prodotti non dannosi alla salute umana. Prove sull’efficacia delle tecnologie di nebulizzazione sviluppate di recente che utilizzano il perossido di idrogeno e l’acido peracetico contro il virus e altri patogeni sono in esame da varie strutture sanitarie11. Nuove tecnologie Vi sono nuove apparecchiature di filtraggio dell’aria efficaci contro i virus in commercio, brevetti e studi in veloce sviluppo per le forti richieste di mercato dovute dalla pande-

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mia in atto. Un esempio è il nuovo sistema fotocatalitico di Nano Hub (nanohub.it), una start-up milanese. Sono stati fatti test contro vari agenti patogeni con il nuovo filtro brevettato (“KtV”) formato dal reattore fotocatalitico col nuovo sistema ACLL (Air Clean Led Lighting) abbinato ad un filtro antivirale ed antibatterico. L’azione congiunta dei dispositivi permette un’ottima sanitizzazione dell’aria. Il filtro è stato validato presso l’Ospedale San Raffaele di Milano per la sanificazione dell’aria contro il SARS-CoV-2. Conclusione Sono state recentemente introdotte diverse misure di controllo per gestire l’emergenza epidemiologica e contenere il contagio umano sanificando gli ambienti. Nel “Rapporto ISS COVID-19 n. 5/2020” si precisa espressamente che “per sanificazione, nel rispetto delle normative vigenti, si intende il complesso delle procedure e delle operazioni di pulizia/disinfezione e mantenimento di una buona qualità dell’aria”. Questo a sottolineare come le tecnologie di sanificazione dell’aria giochino un importante ruolo anche per l’industria della pesca e dell’acquacoltura al fine di mantenere un alto livello di sicurezza sanitaria. Si ricorda però che le tecnologie presentate non sono sufficienti se non utilizzate in sinergia col piano HACCP dell’azienda. Le tecnologie UVG (UV-C) sono ben conosciute per disinfezione di virus infettivi, compresi quelli simili nella struttura a SARS-CoV-2, ma bisogna considerarne la pericolo-

sità per gli esseri umani. Infatti, alcuni dispositivi sono sensibili ai movimenti che ne spengono l’irraggiamento in presenza umana. Nuovi studi stanno cercando di risolvere questi problemi. Le tecnologie con spray disinfettanti potrebbero fornire un’applicazione efficiente negli ambienti chiusi. Numerosi prodotti disinfettanti siano stati approvati come efficaci contro SARS-CoV-2 dalle autorità competenti sanitarie, devono essere applicati secondo le istruzioni del produttore con sistemi di erogazione approvati e da personale addestrato, sia che si tratti di sistemi elettrostatici o di nebulizzazione. È probabile che lo spray elettrostatico migliori notevolmente la copertura del disinfettante sulle superfici e nell’aria ed aiuti a ridurre gli sprechi. Bisogna prestare attenzione nella manipolazione e nell’applicazione dei prodotti; tuttavia, i disinfettanti utilizzati possono essere nocivi se inalati e si devono rispettare procedure specifiche nell’uso. Si deve anche considerare come solo i prodotti disinfettanti approvati dalle autorità competenti nazionali possono essere utilizzati e devono essere applicati secondo le istruzioni del produttore con sistemi di erogazione approvati e da personale addestrato, con le buone pratiche di utilizzo. Ricordiamo che tutte le apparecchiature utilizzate devono comunque soddisfare requisiti generali in conformità alle norme tecniche armonizzate emanate dal Comitato Europeo di Standardizzazione (CEN) e ad altre eventuali disposizioni vigenti. Gianluigi Negroni

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Note 1. Per un approfondimento si veda: ncceh.ca/documents/evidencereview/introduction-sars-cov-2 2. w w w. u n d e r c u r r e n t n e w s . com/2020/10/27/chinese-studysupports-theory-imported-salmon-caused-beijings-june-covidoutbreak 3. DIETZ L., HORVE P., COIL D., F RETZ M., W YMELENBERG K. (2020), 2019 Novel Coronavirus (COVID-19) Outbreak: A Review of the Current Literature and Built Environment (BE) Considerations to Reduce Transmission (www.preprints.org/ manuscript/202003.0197/v1). 4. Il nanometro (simbolo nm) è un’unità di misura di lunghezza corrispondente a 10-9 metri (cioè un miliardesimo di metro, pari ad un milionesimo di millimetro). 5. KOWALSKI W. (2009), Ultraviolet Germicidal Irradiation Handbook. UVGI for Air and Surface Disinfection (link.springer.com/

6. 7. 8.

9.

book/10.1007/978-3-642-019999); INTERNATIONAL ULTRAVIOLET ASSOCIATION (2020), IUVA Fact Sheet on COVID-19 (iuva.org/ resources/IUVA_Fact_Sheet_ on_COVID_19.pdf); MORAWSKA L. et al. (2020), How can airborne transmission of COVID-19 indoors be minimised?, Environ. Int.;142:105832 (doi.org/10.1016/j.envint.2020.105832). www.steril-aire.com/uvc-facts Ibidem. P ATEL M.K., G HANSHYAM C. (2020), Fundamentals of Electrostatic Spraying: Basic Concepts and Engineering Practices, Hershey, PA: IGI Global (www.igi-global.com/chapter/ fundamentals-of-electrostaticspraying/135106). KIMBALL S., BODURTHA P., GUDGIN DICKSON E.F. (2014), A roadmap for investigation and validation of dry fogging as a decontamination technology, Ottawa, ON:

Defence Research and Development Canada; Report No.: RMC TR CPT-1304 (cradpdf. drdc-rddc.gc.ca/PDFS/unc199/ p800727_A1b.pdf). 10. MASOTTI F., CATTANEO S., STUKNYTĖ M., DE NONI I. (2019), Airborne contamination in the food industry: an update on monitoring and disinfection techniques of air, Trends Food Sci. Tech.; 90:147-56 (doi.org/10.1016/j. tifs.2019.06.006). 11. MALIK D.J. (2013), The elephant in the room: on the routine use of hydrogen peroxide vapour decontamination systems in health care, J. Hosp. Infect.; 83(4):354-5 (doi.org/10.1016/j. jhin.2012.08.022); BEST E.L. et al. (2014), Effectiveness of deep cleaning followed by hydrogen peroxide decontamination during high Clostridium difficile infection incidence, J. Hosp. Infect.; 87(1):25-33 (doi. org/10.1016/j.jhin.2014.02.005).

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Shelf-life delle vongole veraci confezionate in retina: un caso studio di Luciano Boffo, Luca Fasolato, Stefania Balzan, Sarah Currò

La shelf-life rappresenta il lasso di tempo durante il quale un alimento, se conservato opportunamente, mantiene inalterate le sue caratteristiche di qualità e sicurezza legate ad aspetti microbiologici, ai parametri chimicofisici e organolettici, rispettando quanto riportato in etichetta (IFST, 1993). La shelf-life di un alimento è strettamente condizionata da fenomeni di senescenza, deperimento chimico-biologico, alterazioni fisiche e cambiamenti sensoriali. Ovvero, l’alimento diviene inadatto al consumo umano e quindi inaccettabile

a seguito di putrefazione, deterioramento o decomposizione (articolo 14, Reg. CE n. 178/2002). A differenza degli altri prodotti ittici, la shelf-life dei molluschi bivalvi è caratterizzata da un tempo ridotto in quanto il Reg. CE n. 853/2004 stabilisce che al momento della vendita il prodotto debba essere vivo. In questa tipologia di prodotti il controllo del tempo e della temperatura gioca un ruolo essenziale sulla sicurezza e sulla qualità in ogni fase della filiera produttiva.

Attualmente, la Grande Distribuzione e il mercato richiedono agli OSA delle aziende produttrici l’estensione della shelf-life al fine di prolungare la disponibilità del prodotto in vendita offrendo così ai consumatori una più ampia varietà di scelta. Tuttavia, questa condizione favorisce l’insorgenza di possibili situazioni di criticità e di rischio per la salute del consumatore; infatti, con il prolungamento della shelf-life vi è la possibilità concreta di oltrepassare la soglia cautelativa di sicurezza alimentare definita dalla safe life.

Fase di selezione di molluschi bivalvi a bordo di un’imbarcazione (photo © Luciano Siviero).

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Oltre tale soglia l’alimento potrebbe risultare dannoso ai sensi dell’Articolo 14 del Reg. CE n. 178/2002. La shelf-life dei prodotti viene stabilita dall’OSA a seguito dell’analisi delle caratteristiche del prodotto e tenendo conto: • della politica della qualità dell’azienda e della direzione; • delle tecnologie dei processi produttivi applicati; • delle modalità di conservazione e di collocazione sul mercato del prodotto; • delle modalità di distribuzione; • dei criteri di sicurezza e di igiene; • degli aspetti e delle caratteristiche nutrizionali. Questa azione decisionale risulta essere non di facile attuazione soprattutto per le piccole imprese che non dispongono di risorse sufficienti per portare avanti correttamente e secondo le prassi consolidate il processo di definizione di shelf-life. Poiché nei molluschi bivalvi la definizione di shelf-life è strettamente correlata alla vitalità del prodotto, viene attribuita una minore importanza, se non trascurabile, agli aspetti microbiologici e chimici come ad esempio la carica mesofila totale (CMT), i batteri alteranti e l’azoto basico volatile totale (ABVT). La normativa vigente, in particolare la Sezione VII, capitolo V, del Reg. CE n. 853/04 sottolinea che l’immissione sul mercato dei molluschi bivalvi vivi è permessa se le caratteristiche organolettiche sono tipiche del prodotto fresco e vitale con particolare riferimento: • all’assenza di sudiciume sul guscio; • a reazione adeguata agli stimoli; • a livelli normali di liquido intervalvare. Accanto agli aspetti legati alla vitalità, vengono indicati ulteriori garanzie sanitarie riprese in differenti regolamenti comunitari, ovvero: • i criteri di sicurezza previsti dal Reg. CE n. 2073/05 e s.m.i. (successive modifiche e integrazioni); • i limiti di biotossine algali fissati dallo stesso Reg. CE n. 853/04; • i tenori di contaminanti in conformità al Reg. CE n. 1881/06 e s.m.i.

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Fase di rifinitura delle vongole veraci nel CSM di Blupesca Chioggia. I molluschi bivalvi vivi, a seconda dell’area di raccolta, possono essere destinati al consumo umano diretto (zone di classe A), oppure devono necessariamente essere sottoposti al processo di depurazione o di stabulazione (zone di classe B e C). La durata del processo di depurazione varia in base a molteplici fattori: la zona di provenienza dei molluschi, il livello presunto di contaminazione, i dati storici, i fattori climatico-ambientali che possono influire sullo stato sanitario del prodotto e sulla capacità depurativa dell’impianto. Di solito, il tempo minimo di depurazione è di 6 ore, ma in situazione di criticità e per particolari provenienze dei molluschi, il periodo di depurazione può essere prolungato. Questa fase deve consentire ai molluschi bivalvi vivi di riprendere rapidamente l’attività filtratoria, al fine di nutrirsi, eliminare la contaminazione residua e mantenere inalterata la vitalità per le fasi successive (confezionamento, conservazione e trasporto; Cap. IV, punto 2, Sezione VII, Reg. CE n. 853/04). Inoltre, per non pregiudicare la vitalità e la sicurezza alimentare del prodotto è importante garantire il mantenimento di una temperatura adeguata e costante oltre al rispetto delle buone norme di produzione e delle corrette prassi operative (Cap. VIII, Sez. VII, Reg. CE n. 853/04)

durante tutte le fasi coinvolte nella filiera produttiva. L’art. 24 del Reg. CE n. 1169/11 stabilisce che, per gli alimenti altamente deperibili deve essere indicata la data di scadenza e non un termine minimo di conservazione, poiché, successivamente a tale data, l’alimento potrebbe costituire un problema per la salute umana a norma dell’art. 14, paragrafi da 2 a 5, del Reg. CE n. 178/02. Infatti, nell’etichetta dei molluschi bivalvi vivi viene indicata la data di scadenza, che però può essere sostituita dalla menzione “Questi animali devono essere vivi al momento dell’acquisto” (Cap. VII, Sez. VII, Reg. CE n. 853/04). Tale dicitura viene preferita solitamente dai centri di spedizione in quanto responsabilizza l’intera filiera commerciale e permette di tutelare il consumatore anche in assenza di una precisa definizione di una data di scadenza: i molluschi devono esser vivi a prescindere dalle tecniche di conservazione e di gestione del prodotto. Questa espressione però implica la condivisione della responsabilità della shelf-life del prodotto con i venditori di commercio al dettaglio e con la grande distribuzione. La determinazione della shelflife dei molluschi bivalvi rimane comunque un obbligo dell’OSA in quanto strettamente correlata a

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problematiche di autocontrollo, di sicurezza alimentare e di corretta informazione del consumatore che deve fare delle scelte consapevoli. La sua definizione consente all’OSA di: • avere una gestione più razionale del processo produttivo e di commercializzazione del prodotto; • assicurare un livello elevato di protezione della salute e degli interessi dei consumatori (art. 3, Reg. CE n. 1169/11); • implementare le conoscenze sulle caratteristiche fisiologiche dei molluschi commercializzati; • trasmettere informazioni chiare, precise e facilmente comprensibili al consumatore finale, ai venditori al dettaglio e alla grande distribuzione in merito alle modalità di conservazione del prodotto per garantirne la vitalità (art. 7, comma 2 Reg. CE n. 1169/11); • stabilire, in caso di allerta, se è opportuno procedere al ritiro/ richiamo dei molluschi non conformi o sospendere la procedura in quanto ampiamente superata la data di scadenza. Spesso i risultati delle analisi vengono comunicati tardivamente e ben oltre la vita commerciale del prodotto. Fase di raccolta delle vongole dalle vasche di rifinitura: emissione di getti d’acqua dai sifoni.

Fig. 1 – Diagramma di flusso delle vongole veraci in retina

144

Lo studio sperimentale In questo contesto, uno studio di shelf-life della vongola verace (Ruditapes philippinarum) è stato condotto in uno stabilimento di Chioggia impegnato nel commercio di prodotti ittici e molluschi per valutare la durata commerciale del prodotto mantenuto a 6 ± 3 °C. Il processo produttivo (Figura 1) ha coinvolto vongole provenienti dalla laguna di Venezia da zone di classe B che hanno subito un processo di depurazione di 24 ore presso il CDM/ CSM della ditta stessa. L’impianto di depurazione dell’azienda è a circuito chiuso, caratterizzato da bins modulari con sviluppo orizzontale e verticale. L’alimentazione dell’acqua dei bins è a caduta gravitazionale con docce che favoriscono l’ossigenazione. L’acqua viene sottoposta a processi di filtrazione mediante filtri meccanici, a sabbia e biologici. È attivo un impianto di schiumazione

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A sinistra: fase di raccolta delle vongole veraci nella laguna della Sacca di Scardovari. A destra: Ruditapes philippinarum. che, attraverso un processo di flottazione, elimina le albumine e le micro impurità presenti nell’acqua. La disinfezione dell’acqua viene effettuata mediante trattamento con raggi UV che abbattono la carica microbica (in particolare microrganismi patogeni) e le alghe andando a ricreare le caratteristiche simili dell’acqua di mare pulita. La temperatura dell’acqua di depurazione viene settata in base alla stagione al fine di rispettare le condizioni di benessere animale e favorire la filtrazione dei molluschi. Durante il periodo invernale vengono mantenute temperature intorno ai 10-13 °C mentre durante il periodo estivo temperature più elevate nel range 15-20 °C per evitare gli sbalzi termici che potrebbero influire negativamente sullo stato fisiologico del mollusco. La vongola verace mantiene le caratteristiche fisiologiche ottimali in un range di temperatura compreso tra i 5 e i 20 gradi. Tuttavia, i range di temperatura che permettono l’attività fisiologica del mollusco non sempre sono sovrapponibili ad una ottimale capacità di rimozione dei microrganismi a seguito della depurazione. La gestione di questo parametro vitale è quindi il fulcro del processo di depurazione e al contempo deve essere bilanciata al fine di ottenere un prodotto vitale anche nelle fasi successive della

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catena produttiva che, a parte di alcune eccezioni, sono condotte in regime di refrigerazione. In Figura 1 sono indicati ulteriori parametri ottimali alla filtrazione. Segue la fase di cernita e di selezione delle vongole veraci che viene eseguita manualmente da personale specializzato nel rispetto delle norme igieniche e in modo da non arrecare danni ai gusci e/o alterazioni che possano compromettere la vitalità del prodotto. Infine, le vongole vengono confezionate in sacchetti in rete da 500 e da 1.000 g dotati di propria etichetta. Per stabilire la shelf-life della vongola verace è stata considerata la temperatura di stoccaggio del prodotto in cella frigo (6 ± 3 °C). Le analisi microbiologiche sono state svolte presso un laboratorio privato (Chioggia, VE), mentre l’analisi organolettica è stata eseguita internamente all’azienda secondo parametri derivati ed adattati del Reg. CE n. 853/04 e dalla prassi aziendale.

Lo studio di shelf-life ha coinvolto 4 diversi tempi (T) analitici: • T0: il giorno del confezionamento; • T6: dopo sei giorni di conservazione in cella frigorifera a 6 °C (±3 °C; situazione molto frequente in fase di distribuzione del prodotto); • T8: dopo otto giorni di conservazione in cella frigorifera a 6 °C (±3 °C; situazione molto frequente in fase di distribuzione del prodotto); • T10: dopo 10 giorni. Gli aspetti microbiologici di sicurezza alimentare (Reg. CE n. 2073/05 e s. m. i.) sono stati valutati considerando E. coli e Salmonella spp. come indicatori di contaminazione fecale e specie potenzialmente patogene. Dall’analisi microbiologica del prodotto (Tabella 1) è emerso che i criteri di sicurezza per E. coli, successivamente alla fase di depurazione, sono stati rispettati. In dettaglio, i contenuti di E. coli non hanno

Tabella 1 – Risultati analisi per E. Coli e Salmonella Fase T0 T6 T8 T10

E. Coli MPN/100 g ISO 16649-3.2015 0, 20, 20, 0, 20 20, 0, 0, 0, 0 0 -

Salmonella in 25 g UNI EN ISO 6579-1-2017 Non rilevata in 5 u.c. -

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Tabella 2 – Prova di cottura vongole, parametri di valutazione delle caratteristiche organolettiche e qualitative ODORE (Delicato, marino tipico della specie) 7

5

3

1

Eccellente

Buono

Sufficiente

Anomalo

ASPETTO (Gusci integri, lucenti, con valve ben serrate, privi di sudiciume) 7

5

3

1

Eccellente

Buono

Sufficiente

Anomalo

RESISTENZA DELLE VALVE ALL’APERTURA 7

5

3

1

Eccellente

Buono

Sufficiente

Anomalo

VITALITÀ (Reattività agli stimoli esterni, presenza di liquido intervalvare pulito, assenza di sabbia, aderenza del mollusco alle valve) 7

5

3

1

Eccellente

Buono

Sufficiente

Anomalo

SAPORE A SEGUITO DELLA PROVA DI COTTURA (Delicato gradevole di salso marino tipico della specie) 7

5

3

1

Eccellente

Buono

Sufficiente

Anomalo

Accettabile

Non accettabile

Tabella 3 – Risultati di valutazione dell’analisi ispettiva durante lo studio di shelf-life della vongola verace in reticella T0

T6

T8

T10

Odore

Eccellente

Eccellente

Buono

Sufficiente

Aspetto

Eccellente

Eccellente

Buono

Sufficiente

Eccellente

Eccellente

Sufficiente

Anomala

Eccellente

Eccellente

Sufficiente

Anomala

Eccellente

Eccellente

Buono

Sufficiente

Resistenza delle valve all’apertura Vitalità Sapore post cottura

superato i 20 MPN/100 g nelle 5 unità campionarie considerate (come previsto dal Reg. CE n. 2015/2285) fino all’ottavo giorno di analisi. Nel prodotto depurato quindi la carica di E. coli è risultata inferiore ai limiti di legge e non c’è stato l’incremento del microrganismo nei giorni seguenti. Questo è spiegabile in quanto si tratta di animali vivi con una propria flora microbica autoctona che è in grado di inibire la crescita di E. coli e poiché la temperatura di conservazione non risulta ottimale

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alla crescita di questo batterio. Per Salmonella spp., invece, i campioni sono stati considerati conformi in quanto non è stata rilevata. Non sono stati considerati altri parametri microbiologici e chimici come CBT, microrganismi alteranti e ABVT, in quanto, nel caso dei molluschi bivalvi vivi questi indicatori non esprimono lo stato di conservazione come per gli altri alimenti. Lo stato di conservazione del mollusco, essendo questo un prodotto fresco e vitale con una propria

flora autoctona, può essere valutato secondo le caratteristiche sensoriali e di vitalità. Oltre ai parametri di valutazione organolettica è stato anche esaminato il sapore dopo cottura in padella (95100 °C per 5 minuti) del prodotto al fine di percepire eventuali gusti o retrogusti anomali per il consumatore rendendolo quindi inaccettabile. Per la valutazione è stata utilizzata una scala con un range di valutazione da 1 a 7; dove 7 corrisponde al punteggio massimo a cui viene attribuito un giudizio eccellente, mentre 1 corrisponde al punteggio minimo e quindi classificato come anomalo (Tabella 2). La ditta ha stabilito come politica aziendale di classificare accettabile un prodotto quando, dalla valutazione, venisse espresso un giudizio di qualità eccellente o buona, mentre era previsto il suo rifiuto e quindi la sua eliminazione quando anche uno solo dei parametri risultasse essere sufficiente. Considerati i risultati della valutazione dell’analisi ispettiva a T0, T6, T8, T10. (Tabella 3) e considerati i criteri di accettabilità fissati dall’azienda, si ritiene di stabilire una shelf-life di 6 giorni nel rispetto della temperatura di conservazione di 6 ±3 °C al fine di essere cautelativi nella definizione della vita commerciale del prodotto per garantire un prodotto con standard elevati di freschezza. Inoltre, i sei giorni sono confermati anche sulla base dei dati storici e retrospettivi dell’azienda (in particolare analisi delle contestazioni e dei reclami) e dell’esperienza maturata in anni di lavoro nel settore. Considerato infine che la shelflife del prodotto può essere influenzata anche dalla capacità del mollusco di trattenere nel tempo l’acqua intervalvare, l’azienda ha ritenuto opportuno valutare anche il calo peso delle vongole veraci durante le fasi di conservazione nella cella di refrigerazione durante il periodo di shelf-life identificato (6 giorni; Figura 2). Dall’analisi dei dati emerge che le vongole, al contrario dei mitili, hanno una elevata capacità di trattenere l’acqua intervalvare e di rimanere vive e vitali durante

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Figura 2 – Variazione del peso di un sacchetto di vongole veraci (500 g) durante i giorni di shelf-life

6 giorni di conservazione sempre a temperature di 6 ±3 °C. Si osserva inoltre un decremento del 6% del peso del sacchetto di vongole veraci dal giorno 0 (500 g) al giorno 6 (470 g) di conservazione. Tuttavia, il contenuto di liquido intervalvare è condizionato anche dalle variazioni stagionali e dalle temperature ambientali e di conservazione. Tempo e temperatura, dunque, giocano un

ruolo essenziale sulla vitalità del prodotto e sulle sue caratteristiche organolettiche. Ulteriori studi sarebbero necessari per valutare come questi fattori influiscano sulla shelf-life del prodotto tenendo in considerazione la stagionalità di raccolta e gli eventuali abusi termici che possono verificarsi e coinvolgere le fasi di trasporto, di esposizione nel punto

vendita e durante la conservazione domestica. Gli indicatori proposti per la determinazione della shelf-life dovrebbero essere periodicamente riesaminati al fine di confermare la freschezza e vitalità delle vongole a garanzia di sicurezza e qualità del prodotto, anche in piccole e medie realtà produttive. Dott. Luciano Boffo Consulente Sicurezza Alimentare Chioggia Prof. Luca Fasolato Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione Università di Padova Dott.ssa Stefania Balzan Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione Università di Padova Dott.ssa Sarah Currò Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione Università di Padova Nota Le fonti bibliografiche sono disponibili presso gli autori.


PACKAGING

Il polistirene espanso nell’industria ittica Il Polistirene Espanso (EPS) è un materiale ottimale e non sostituibile per il confezionamento del pesce fresco per alcune proprietà uniche che dipendono dal suo processo produttivo, che permette di ottenere una struttura a celle chiuse, composta al 98% di aria. Questa particolarità lo rende un ottimo isolante termico, proteggendo i prodotti che contiene dagli sbalzi di temperatura. Inoltre è completamente atossico, resiste all’umidità e impedisce la proliferazione di batteri, muffe e funghi. Per questo è in grado di assicurare la necessaria sicurezza alimentare. I cibi contenuti negli imballi in EPS giungono al consumo in ottimo

stato, evitando il rischio di perdite legate alla cattiva conservazione durante il trasporto e prima del loro arrivo a destinazione. Questa caratteristica è molto importante per prodotti altamente deperibili quali i pesci, per i quali l’uso di cassette in EPS consente di migliorare la conservabilità e ridurre lo spreco durante la filiera che va dalla pesca alla distribuzione, fino al consumo finale. Il successo delle cassette in EPS è determinato dalla loro sicurezza igienica, dalla capacità di mantenere a bassa temperatura e per lunghi periodi di tempo i prodotti contenuti e dalla loro leggerezza e

impermeabilità. Dopo anni d’utilizzo, i pescatori hanno potuto verificare che i contenitori in EPS sono particolarmente sicuri dal punto di vista igienico perché non marciscono e non ammuffiscono. Essendo infatti privo di ogni valore nutritivo, l’EPS non consente lo sviluppo di funghi, di batteri o di altri microrganismi e non costituisce nutrimento per alcun essere vivente. Recuperabili e riciclabili, le cassette per il pesce sono facilmente impilabili, economiche e forniscono una buona protezione da sbalzi di temperatura. Una volta imballato, infatti, il pescato rimane alterabile e, se lasciato a temperatura ambiente,

L’EPS preserva la qualità del pescato fresco. Esso è inoltre atossico, inerte, non contiene né clorofluorocarburi (CFC) né idroclorofluorocarburi (HCFC) e, per sua stabilità chimica e biologica, non costituisce un pericolo né per l’igiene ambientale né per le falde acquifere.

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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO MARCA 2020

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Perle di EPS. può diventare instabile e rischiare di perdere la sua qualità e la freschezza, fino a subire un deterioramento nocivo per la salute dei consumatori. Esso deve pertanto essere mantenuto ad una temperatura inferiore a quella dell’ambiente e non deve subire shock termici per tutta la durata della catena logistica, dal produttore al consumatore. Tra le ragioni per cui viene utilizzato l’EPS vi è anche la sicurezza igienico-sanitaria nelle fasi di stoccaggio e trasporto, durante le quali tali imballaggi possono contribuire in modo valido al mantenimento di condizioni ottimali all’interno degli stessi veicoli, sottoposti a verifica e controllo da parte di esperti autorizzati dal Ministero dei Trasporti secondo l’accordo internazionale ATP. Tra i grandi utilizzatori delle cassette per il pesce vi sono poi i mercati ittici, come quello di Milano e quello di San Benedetto del Tronto, che recentemente ha dichiarato di ritornare all’utilizzo dell’EPS dopo aver sperimentato cassette prodotte con materiali alternativi. Il polistirolo e l’ambiente AIPE, da sempre attenta alle tematiche legate al rispetto dell’ambiente, con la collaborazione delle aziende associate, nel 2018 ha dato vita a CREA – Centro riciclo EPS, una rete

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per la raccolta e il riciclo di imballi post-uso e scarti in EPS, polo di coordinamento per tutte le attività dell’associazione a supporto del riciclo dell’EPS, che viene costantemente implementato. Inoltre, nel quadro di una collaborazione avviata con COREPLA nel 2003, l’associazione ha stipulato un accordo con il Consorzio per la raccolta selettiva dell’EPS attraverso le piattaforme PEPS (piattaforme per l’EPS). Le piattaforme PEPS diffuse sul territorio nazionale sono specializzate nel riciclo degli imballaggi di polistirene espanso. Tali impianti, legati appunto da specifico contratto con COREPLA, ricevono e/o ritirano gratuitamente, nel rispetto di specifiche e limiti prestabiliti, rifiuti di imballaggi in EPS. Ad oggi le piattaforme attive sul territorio nazionale sono 23, con una capacità di raccolta e di compattazione che permette di assolvere a quasi 15.000 tonnellate di rifiuti. Inoltre, sono operative altre aziende riciclatrici che operano direttamente nel rapporto B2B con la grande distribuzione e con i mercati specifici che raccolgono circa 8 K ton di imballi post consumo. Per il prossimo futuro è intenzione dell’associazione creare una rete nazionale di operatori che possano raccogliere le cassette da tutti i prin-

cipali porti con il pescato e i mercati della compravendita del pesce. Sono già stati avviati alcuni progetti in questo senso, per esempio con il Mercato Ittico di Milano e con il Comune di Formia (LT). Questa attività sinergica è finalizzata al recupero ed al riciclo delle cassette prodotte in Italia, ma anche di quelle che giungono dall’estero. La sfida e l’obiettivo più stimolante è la risoluzione del riciclo dell’EPS dalla raccolta domestica. L’impegno dell’associazione sarà rivolto a stimolare e promuovere la formazione degli operatori delle ecopiazzole comunali e la creazione di aree di conferimento selettivo. Oltre all’accordo COREPLAAIPE potrà essere introdotta una specifica attenzione all’interno dell’accordo ANCI CONAI per promuovere un’attività di formazione e di conferimento adeguato al successivo riciclo. Il riconoscimento della riciclabilità (e dell’effettivo recupero e riciclo) delle cassette per il pesce in polistirolo ha portato CONAI a “promuovere” questa tipologia di manufatti dal punto di vista del Contributo Ambientale. Il Contributo Ambientale CONAI (CAC) rappresenta la forma di finanziamento attraverso la quale CONAI ripartisce tra produttori e utilizzatori il costo per i maggiori oneri della raccolta differenziata, per il riciclaggio e per il recupero dei rifiuti di imballaggi. In pratica si tratta di una somma che ogni azienda che produce imballaggi è tenuta a versare al momento dell’immissione del prodotto sul mercato. Le cassette in polistirolo sono state spostate dalla fascia C del contributo (Imballaggi non selezionabili/ riciclabili allo stato delle tecnologie attuali) alla fascia B2 (Imballaggi con una filiera di selezione e riciclo in fase di consolidamento e sviluppo da circuito “Domestico” e/o “Commercio & Industria”). EPS e riciclo Il polistirene espanso è una materia plastica riciclabile al 100% e all’infinito, essendo un termoplastico e non un termoindurente. Il suo numero

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20° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE

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identificativo è il 6, che comunemente si ritrova all’interno del simbolo del riciclo “ciclo di Mobius”. Questa indicazione facilita l’individuazione del materiale ai fini della raccolta, del riutilizzo e del recupero e prescrizione per quanto riguarda gli imballaggi. Il recente rapporto pubblicato da IPPR, Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo, dal titolo “Materie plastiche riciclate utilizzate in Italia – Analisi quantitativa 2019” e realizzato con dati forniti da Plastic Consult, riporta alcuni dati relativi all’utilizzo di EPS da riciclo. A fronte di un dato 2015 che vedeva un volume di circa 40.000 tonnellate di polistirolo rigenerato lavorato dall’industria di trasformazione nazionale, i quantitativi 2019 hanno superato, come da previsione, le 70.000 tonnellate, con una crescita aggregata di oltre il +5% rispetto all’anno precedente (e del +73% nei confronti del 2015). Rispetto al 2015, è cambiato il rapporto tra le fonti di approvvigionamento. Se alla prima rilevazione la provenienza del materiale dal pre-consumo (sfridi di lavorazione) equivaleva quello da post-consumo, negli anni questa fonte è cresciuta di più e ora il 62% dei materiali stirenici da riciclo proviene dal post-uso. Cassette per il pesce protagoniste nel mercato dell’EPS Secondo un’indagine realizzata da Plastic Consult per conto di AIPE,

Questa figura evidenzia e mette a confronto le evoluzioni di temperatura all’interno di un imballaggio dotato di debole potere isolante con quelle all’interno di un packaging in polistirene espanso. Dall’immagine si evince come l’EPS ritardi efficacemente l’equilibrio con la temperatura ambiente e assicuri il mantenimento di condizioni termiche costanti, al prodotto imballato. Nelle forme più diverse (casse, contenitori, vassoi, plateau, vaschette, ecc…) il packaging in EPS è dunque ampiamente utilizzato per i prodotti di mare, un settore alimentare che ne utilizza svariate migliaia di tonnellate e nel quale, come tutti i prodotti da imballo, è sottoposto a una normativa di livello europeo e nazionale.

nel 2019 sono state trasformate in Italia 124.500 tonnellate di polistirene espanso sinterizzato (EPS), mille in più rispetto all’anno precedente (+0,8%). L’edilizia si conferma come il principale utilizzatore di polistirene espanso, con 67.000 t/a consumate, lo stesso volume dell’anno precedente rispetto al 2018. Il secondo settore d’impiego è l’imballaggio, con 54.500

AIPE – Associazione Italiana Polistirene Espanso è stata fondata nel 1984 con lo scopo di promuovere il polistirene espanso sinterizzato (EPS) di qualità e svilupparne l’impiego, ma anche con l’obiettivo di proporsi come riferimento qualificato per gli stakeholder e il mercato, nonché di favorire la formazione professionale degli addetti del comparto. A livello internazionale l’Associazione rappresenta l’Italia in seno all’European Manufacturers of Expanded Polystyrene (EUMEPS), organizzazione europea che raggruppa le associazioni nazionali dei produttori di EPS ed è tra i fondatori del network INEPSA – International EPS Alliance che garantisce il recupero e il riciclo di imballi e scarti in polistirene a livello mondiale.

>> Link: www.aipe.biz

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tonnellate annue, in questo caso in crescita del +1,9% rispetto al 2018, lo stesso tasso di crescita registrato nel 2018 sul 2107. Di questa parte del mercato, le cassette per il trasporto e conservazione del pesce che hanno richiesto l’impiego di 4.000 tonnellate di EPS. Le tonnellate riciclate provenienti dall’imballaggio sono state 16.000. Conclusioni Per le caratteristiche sopra esposte l’EPS è la scelta di elezione per gli alimenti maggiormente deteriorabili, come il pescato, che vengono prodotti da alcuni comparti strategici del nostro Paese. Allo stato attuale, l’utilizzo di materiali alternativi rischia di compromettere la sicurezza alimentare dei prodotti trasportati, a danno dei consumatori finali. A ciò si aggiunga che le precipue caratteristiche dell’EPS garantiscono un’importante limitazione allo spreco alimentare, dal momento che l’affidabilità dell’imballo permette al prodotto di giungere a destinazione senza che si deteriori.

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TECNOLOGIE

Innovare per affrontare il cambiamento

Capecchi Spa ha scelto il gestionale CSB-System Tutto inizia con NELLO CAPECCHI nel 1970 a Roma, in uno spazio di 80 m2 e qualche piccolo camioncino che distribuisce prodotti lattiero caseari. Negli anni ‘80 è il figlio ROBERTO, con ingegno e imprenditorialità, a prendere le redini dell’azienda e focalizzare il suo target nel settore agroalimentare, spingendo la società verso più alti traguardi. Oggi l’azienda, ubicata all’interno del Centro Agroalimentare di Roma, si divide in tre business unit: distribuzione,

consulenza e produzione. La divisione distribuzione ha una superficie di 11.000 m2, di cui 9.000 coperti e un’area di 250 m2 all’interno del mercato ittico del C.A.R., per la gestione dell’ittico fresco. Nel 2015, per anticipare un’esigenza del mercato agroalimentare, è stata creata la divisione Enjoy FOOD® - Business Solution, in cui vengono sviluppati modelli di business sostenibili e innovativi. Nel 2018 invece, è nata la business unit RC Food®, il centro

capecchispa.com di trasformazione di prodotti di IV e V gamma per la ristorazione, che sorge sempre all’interno del C.A.R., per un totale di 3600 m2 dotati delle

Laboratorio ittico della Capecchi Spa all’interno del Centro Agroalimentare di Roma.

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In alto: sede centrale della Capecchi Spa. In basso: il parco automezzi della business unit Distribuzione Capecchi. più innovative attrezzature. «La nostra è una storia di ricordi, passione e crescita» sottolinea Roberto Capecchi. «Il nostro impegno è rivolto al controllo di ogni singola fase della produzione, senza mai trascurare gli standard qualitativi: dal sezionamento in loco delle mezzene e del pesce, al piatto pronto da cuocere».

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Capecchi è una realtà dove le persone hanno una profonda cultura del lavoro, dove i cambiamenti si affrontano giornalmente con coraggio e innovazione. Una realtà che si avvale del programma CSB-System, gestionale integrato, modulare e completo, che soddisfa tutte le esigenze del settore Food & Beverage. Si va dagli

acquisti alla macellazione e sezionamento, dall’ottimizzazione ricette alla produzione, dalla pesoprezzatura integrata alla rintracciabilità completa, dalla gestione magazzino ai controlli qualità lungo l’intera filiera, la contabilità amministrativa e industriale, l’EDI per interfacce con clienti, fornitori e l’M-ERP per poter operare sempre e ovunque. «A una

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Tonnetto alletterato pescato (asta del Mar Adriatico) e lavorato nel laboratorio ittico aziendale. fiera di settore, ho conosciuto i responsabili commerciali CSB-System. Ho intuito subito che era un software polivalente, adatto a qualunque settore dell’agro-alimentare». La Capecchi Spa gestisce con CSBSystem il ricevimento merci, la produzione e la sua pianificazione, il sezionamento, il controllo delle giacenze, lo scambio dati tramite EDI e la tracciabilità dei prodotti. RC Food® il centro di produzione e trasformazione di Capecchi Spa Realizzato secondo gli standard qualitativi riconosciuti dai mercati internazionali, il centro di produzione è sviluppato per produrre alimenti di IV e V gamma per il mondo della ristorazione a 360°. Il CSB-Rack, PC industriale multifunzione, posizionato al ricevimento merci, registra quantità e qualità delle materia prime in entrata, contenente le informazioni su codice e nome articolo, data di entrata, quantità, locazione magazzino, fornitore, codice lotto, scadenza o TMC e l’eventuale esito dei controlli qualitativi sull’intera fornitura. I dati sono trasmessi in tempo reale e direttamente al gestionale diventando la base del Sistema Informativo Lotti. Altri due CSBRack sono posizionati in macelleria per il sezionamento di mezzene. Qui si registrano i risultati della lavorazione, controllando in tempo reale efficienza e rese di reparto, perché comparate con quelle attese sulla base degli ordini di produzione.

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Controllo Qualità e rintracciabilità garantita Alla Capecchi il sistema di autocontrollo, progettato e realizzato sul metodo HACCP, è applicato a garanzia della sicurezza del prodotto/servizio erogati con sistematici processi di analisi e controllo. Al fine di garantire un continuo e costante miglioramento dei risultati aziendali, la Capecchi Spa ha istituito una squadra “HACCP e Rintracciabilità” avente la responsabilità di gestire la sicurezza alimentare e tutti gli aspetti in tema di tracciabilità e rintracciabilità di filiera. Grazie al CSB-System è assicurata l’assoluta trasparenza della tracciabilità dei prodotti. I dati relativi alle mezzene e/o materie prime lavorate, vengono collegati in modo univoco al rispettivo lotto di produzione. I prodotti finiti si possono coordinare in modo univoco ad una produzione. Mediante il coordinamento dei lotti produzione con le ricette inserite nel CSB-System e alla rintracciabilità completa del lotto fino al prodotto finito, l’azienda è in grado di garantire la totale rintracciabilità downstream e upstream. Premendo un tasto si identificano in pochi istanti tutti le informazioni necessarie: mezzene utilizzate e relative informazioni sul Paese di nascita, allevamento e macellazione, fornitori delle materie prime impiegate, nonché tracciabilità e rintracciabilità degli imballi primari (MOCA) e l’acquirente finale del prodotto.

Collaborazione vincente anche per il futuro Oggi l’azienda romana rappresenta un’importante realtà. La flotta Capecchi consegna nel Lazio e nelle regioni limitrofe rispettivamente ogni 4 ore e tre volte a settimana. La collaborazione tra CSB-System Srl e Capecchi Spa si è rivelata vincente in termini di sicurezza alimentare, qualità costante del prodotto, razionalizzazione delle risorse e soprattutto di pronta risposta alle esigenze del mercato in continua evoluzione. Per questo si è deciso di implementare la soluzione M-ERP del CSB-System anche per l’evasione ordini nel settore ittico così da rendere il processo più veloce e ancora più sicuro. Una storia che prosegue e non si arresta quella dell’azienda Capecchi Spa, che ha scelto CSB-System come partner per fare la differenza.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

Milanese snc

Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com


STORIA E CULTURA

La pesca in Arno di Maurizio Dell’Agnello

Mi è recentemente capitato di riprendere in mano e approfondire un lavoro sulla Comunità piscatoria di Ugnano e Mantignano1, due piccoli borghi in riva all’Arno, alle porte di Firenze. In occasione dei 50 anni dall’alluvione, la raccolta di varie fonti orali produsse un video sulle storie di pesca di questa gente di riviera, che parlava di un “Arno buono”, in grado di fornire, proprio con la pesca, il sussidio alimentare a diverse famiglie fiorentine. Le radici della pesca in Arno risalgono molto lontano nel tempo e si intersecano

con storie che riguardano comunità, abbazie, mercati e persone che, grazie al loro ingegno e fantasia, ma soprattutto tanto lavoro, hanno portato avanti il rapporto col fiume, creando una tradizione che è rimasta attiva fino alla metà del secolo scorso. Ad accompagnare il racconto2, con particolare riferimento agli anni ‘50, ho chiamato Roberto Fiordiponti, un illustratore che si è interessato a suo modo di pesca, ricostruendone, con i suoi preziosi disegni, le atmosfere e gli strumenti di cattura.

Per raccontare la storia di questa comunità però si deve partire da AMATO SACCARDI (1864-1956), un pescatore che abitava in Via di Ugnano, sulle sponde dell’Arno. Amato aveva un barchino da fiume ed era famoso per essere un pescatore di giacchio, una rete rotonda che ha una fila di piombi sul bordo ed una corda legata al centro per issarlo. Si tratta di un sistema di cattura antico ma efficace, soprattutto per i bassi fondali sia in acque dolci che marine. È una rete che lavora “in calata” perché, a seguito del lancio

Venationes ferarum, avium, piscium, Pugnae bestiariorum & mutuae bestiarum, depictae a Ioanne Stradano (Jan van der Straet), editae a Philippus Gallaeus, 1578; pesca in Arno con la bilancia (photo © Libreria Antiquaria Gonnelli, www.gonnelli.it).

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Pesca con giacchio (Venationes…; photo © Libreria Antiquaria Gonnelli, www.gonnelli.it). e della sua apertura, cala sul fondo come un ombrello, catturando il pesce che vi rimane intrappolato. Saccardi usciva col suo barchino, da dove lo lanciava, ma, dato che in certi momenti l’Arno doveva essere basso, il lancio poteva essere fatto anche nelle pozze lungo il fiume, procedendo a piedi nell’acqua. La cattura era certa, se ovviamente il pesce era presente, ma c’è da scommettere che Amato conoscesse, da uomo di fiume, i posti dove effettuare lanci più fruttuosi. Questo tipo si pesca è documentato in Arno fin dal 1500 da JAN VAN DER STRAET (detto Giovanni Stradano), pittore belga che raffigurò nelle Venationes, un catalogo di catture di animali selvatici, che riporta proprio nel tratto fiorentino del fiume, l’uso del giacchio. Rimanendo in tema di rete, lo Stradano raffigura anche un altro strumento ci cattura: la bilancia. Questa lavorava in senso opposto al giacchio, catturando cioè gli animali “in sollevata”. Le dimensioni erano varie, a volte anche notevoli. Anche Saccardi avrà sicuramente avuto la sua bilancia con i suoi quattro bracci di ferro, robusti ma elastici, detti staggi. Il suo uso poteva

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essere effettuato dalla barca, ma anche da riva, magari con una lunga e robusta canna di bambù. La bilancia era diffusa anche in altre zone del fiume, soprattutto alle foci. Fiordiponti ha raccolto l’impiego di questi strumenti di cattura in Val di Cornia, dove, date le dimensioni, il sollevamento della rete era assicurato da grossi argani o motori elettrici. Sempre in tema di reti non possiamo non ricordare tramagli, tratte, sciabiche e sciabichelli. Questi ultimi, in particolare, sono ampiamente rappresentati già nel 1500 dallo Stradano. La sciabica è una cattura attiva che consiste nel distendere la rete verticalmente grazie ad una fila di piombi in basso ed una di galleggianti in alto. Con l’aiuto di due pali laterali o corde, si sposta la rete orizzontalmente, cercando di formare una specie di sacca che viene tirata verso la riva, raccogliendo così il pescato. Naturalmente questa tecnica si eseguiva dove l’acqua era un po’ più alta. Saccardi avrebbe potuto fissare un lato della rete alla riva del fiume ad un palo e con la barca essersi aiutato a distendere la parte restante, in

modo da circondare un vasto tratto di acqua, per poi tirarla a riva da due posizioni distinte (Fiordiponti ha anche rappresentato la tecnica per la sciabica da mare. In quel caso la rete era di grandi dimensioni, la barca poteva portarla anche a centinaia di metri dalla costa e poi a braccia i pescatori tiravano a riva in simultanea le due corde, facendo procedere la sciabica con regolarità. La grande sacca giungeva a riva catturando gli animali che si trovavano in quel tratto di mare). La sciabica era molto faticosa da utilizzare e anche dalle memorie dei pescatori raccolte si percepisce tutta l’impegno che comportava il suo utilizzo. Per ridurre lo sforzo si poteva utilizzare una speciale bretella chiamata “nottolo” che consentiva di utilizzare anche il peso del corpo, compensando lo sforzo delle braccia. Diverso era l’uso del tramaglio o tremaglio, un attrezzo da posta formato da tre strati di rete che cattura passivamente i pesci perché vi rimangono letteralmente “intrappolati”. I due strati esterni sono a maglie molto larghe, quello interno invece ha piccole maglie e filo più sottile. Il pesce entrato nel primo

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strato rimane intrappolato in quello centrale e quindi viene catturato. Il tramaglio è una rete molto diffusa lungo la costa toscana nella piccola pesca artigianale. Il suo uso in Arno è documentato da una foto relativa a Renato Pieri (classe 1900), altro pescatore fiorentino che abitava in Via dell’Isolotto, lungo l’Arno, e che gestiva negli anni ‘50 la passerella di legno che serviva per attraversare il fiume in direzione Cascine. Altri strumenti di cattura erano le nasse, trappole di varia forma e di vari materiali ma con una comune caratteristica: un cono che invita il pesce ad entrare in una camera attratto da un’esca, ma che non gli consente di ritornare indietro, facendolo rimanere intrappolato. Le nasse venivano caricate sulla barca e collocate in zone con acqua più alta, posate in cattura e recuperate nell’arco di 1-2 giorni. Le nasse di cui disponevano i pescatori d’Arno erano probabilmente costruite con canne, materiale

abbondante nella zona, facendo attenzione all’imboccatura che, con pezzetti di canna appositamente tagliati e sistemati, andavano a completare l’efficienza della trappola. Le nasse venivano messe in opera con l’aiuto della barca, collocandole dove la profondità del fiume assicurava la loro completa immersione. Venivano legate a pali di legno o assicurate a pesi che le trascinavano sul fondo, evidenziando il punto di superficie con opportuni galleggianti di sughero. Altra trappola con cui si catturava una vera prelibatezza d’Arno, l’anguilla, era la mazzacchera. Questa prevedeva una tecnica particolare con una speciale preparazione. Ci si doveva procurare un certo numero di lombrichi di terra di cui le anguille sono ghiotte, e con essi si doveva preparare l’esca, costituita da una specie di palla di vermi legati assieme con ago e filo (Fiordiponti ha raffigurato la posa in opera della mazzacchera con l’utilizzo di un

ombrello da pastori, di quelli cerati di colore verde). Quindi si doveva trovare un sito opportuno, presso la riva, dove mettere in “caccia“ la trappola, utilizzando una canna di bambù a cui era legata l’esca. L’anguilla è un pesce voracissimo che aspira il cibo che le si presenta di fronte. Così, rimanendo attaccata al gomitolo di lombrichi, veniva sollevata e posta nell’ombrello, disposto aperto sulla superficie dell’acqua e tenuto per il manico da un piccolo bastone. Un posto speciale fra le tecniche di cattura spetta ovviamente alla canna, diffusa allora come oggi. In particolare, alcuni pescatori Ugnanesi si erano specializzati nella pesca a mosca. È interessante notare che l’attrezzo di pesca veniva costruito dallo stesso pescatore utilizzando la canna comune di fiume che andava stagionata per renderla resistente, raddrizzata riscaldandola e scomposta in singoli pezzi, ciascuno con

Pesca con le canne e con la luce (Venationes…; photo © Libreria Antiquaria Gonnelli, www.gonnelli.it).

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Pesca con martelli e retini sul fiume Arno (Venationes…; photo © Libreria Antiquaria Gonnelli, www.gonnelli.it). il proprio innesto di ottone per ottenere la lunghezza necessaria. Importante era la parte apicale che invece era costituita da canna di bambù che conferiva una certa elasticità allo strumento, utile in fase di lancio e di recupero. Una tecnica di cattura particolare era anche quella della fiocina, specialmente nella variante aggiunta al frugnolo, perché avveniva di notte. Il frugnolo era una lampada a carburo che consentiva di far luce lungo il fiume. La pesca con la fiocina ed il frugnolo si eseguiva nella Greve, affluente di sinistra dell’Arno. Le catture interessavano soprattutto i barbi, pesci molto apprezzati per dimensioni e qualità. Talvolta la cattura di notte interessava anche le rane, oggi una prelibatezza per taluni, allora una preziosa fonte di cibo. Naturalmente non si era inventato niente di nuovo perché sempre lo Stradano, già a metà ‘500 documentava questa tecnica, raffigurandola in uno dei sui disegni. Con quale strumento riuscissero a fare la luce, non è certo semplice saperlo. Probabilmente utilizzavano il fuoco, magari anche con la luce di una candela potenziata col gioco degli specchi concavi. Certo è che

IL PESCE, 6/20

conoscevano già la caratteristica del pesce di ipnotizzarsi di fronte ad una fonte luminosa, rendendo più facile la sua cattura. Ma quali pesci si catturavano in Arno? Carpe, barbi, tinche, lasche e poi alborelle ed anguille, animali di diverso valore commerciale e diversi prezzi di vendita. Per questo gli animali dovevano essere raggruppati per specie e conservati vivi, ma separati in apposite vasche che erano oggetto che frequenti ricambi idrici giornalieri. In questo modo il pesce veniva venduto vivo, quindi freschissimo, e nel momento che si riteneva più opportuno, anche se poteva essere stato pescato qualche giorno prima. Anche la vendita aveva modalità speciali. I pesci vivi erano messi in zucche piene d’acqua utilizzate come contenitori e portati al mercato di Firenze con la bicicletta dallo stesso pescatore. Si racconta come, attraversando l’Isolotto, le richieste di pesce fossero talmente numerose che il più delle volte veniva terminato prima ancora di giungere a Ponte alla Vittoria senza nemmeno raggiungere la città. Questo lavoro alla ricerca degli strumenti di cattura utilizzati in

Arno ha contribuito a ricostruire un periodo a noi più vicino, che evidenza i legami tra i territori dell’entroterra e della costa e che proprio nel comune utilizzo degli stessi strumenti di cattura fa ipotizzare legami che non erano solo commerciali, ma che evidentemente interessavano anche i “saperi di pesca” e le relative tecniche alieutiche. Maurizio Dell’Agnello Nota 1. MAURIZIO DELL’AGNELLO (2016), La comunità agricolo piscatoria di Ugnano e Mantignano. I sistemi di cattura e di vendita dei prodotti ittici dell’Arno nella storia di breve e lungo periodo; il video è disponibile on-line all’indirizzo: youtu. be/8KKAdD566Qo 2. Roberto Fiordiponti ha collaborato con Maurizio Dell’Agnello alla raffigurazione degli strumenti di cattura utilizzati dai pescatori fiorentini nel fiume Arno per la realizzazione del video La comunità agricolo piscatoria di Ugnano e Mantignano e dell’approfondimento sull’argomento nel video 4 chiacchiere in privata libertà al tempo del Coronavirus, disponibile on-line all’indirizzo: youtu.be/MZwBX7RjmN4

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3, Impasse de la Vigie 35400 Saint Malo Tel.: +33 299 892 885 – Fax: +33 299 891 354 E-mail: togie@wanadoo.fr Web: www.togie.fr



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