Premiata Salumeria Italiana 1-2020

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VINO

IL VINO COME REGOLA MONASTICA: visita all’Abbazia benedettina di Praglia di Gian Omar Bison

a venerazione del vino ai limiti dell’idolatria. La cerimoniosità quasi mistica delle degustazioni, la sacralità nel racconto, nella rappresentazione di un vino. Un alimento che diventa oggetto di devozione e di liturgia. Uno status symbol. Quante volte abbiamo sentito e letto critiche mirate a stigmatizzare gli eccessi che gravitano attorno al vino convenzionale? Molte. E quante altre volte abbiamo ascoltato i profeti ortodossi della new age enologica in-

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dugiare sul vino naturale, biodinamico, addirittura olistico? Altrettante. In mezzo, ci stanno le diverse nicchie di mercato da aggredire, le differenti strategie di marketing da affinare, lo storytelling corretto da costruire. Ma sempre di oggetto di devozione si tratta. In media stat virtus? Forse. Una terza via? Verrebbe da dire l’astemia come forma di ascetismo 2.0. Eppure ci sono luoghi in cui la viticoltura, più che il vino che ne è conseguenza, diventano strumento, non

oggetto, di culto. Di regola monastica. Vale per padre Epifanios e i suoi vini del Monte Athos. Vale anche per i monaci benedettini dell’Abbazia di Praglia a Teolo (PD), sui Colli Euganei, la più grande comunità d’Italia retta da ottobre di quest’anno da padre STEFANO VISINTIN. Tra i labores prescritti, la vitivinicoltura ha sicuramente una storia a sé. Ma qui si punta al pareggio di bilancio, nessuna speculazione. E al mantenimento dei cinque posti di lavoro applicati nell’azienda agricola abbaziale.

Premiata Salumeria Italiana, 1/20


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