SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
Three Imaginary Boys, The Cure
MEAT HOOK di Giovanni Papalato
N
el maggio del 1979 arrivò nei negozi di dischi inglesi e poi nel resto d’Europa un album a nome THE CURE intitolato Three Imaginary Boys, la cui copertina raffigurava tre elettrodomestici su sfondo rosa (una lampada, un frigorifero e un
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aspirapolvere) e sul cui retro non erano scritti i titoli delle canzoni ma erano presenti 12 immagini, compreso un gancio da macello. Fu questo il debutto di una band che venderà milioni di dischi e, paradossalmente, risulterà una delle più iconografiche della storia musicale degli
ultimi quarant’anni. L’idea dietro questa grafica ermetica era del produttore CHRIS PARRY su disegno di BILL SMITH (già autore della copertina del discusso ed erroneamente interpretato singolo Killing an Arab per esprimere figurativamente la non immagine del gruppo). ROBERT SMITH, leader e autore, dichiarò sempre di non aver mai amato l’artwork ideato per il disco, a differenza dei due membri del gruppo che si limitarono ad acconsentire. In seguito il batterista TOLHURST stabilì anche quale di loro rappresentasse gli oggetti in copertina: «Io sono l’aspirapolvere, Robert è la lampada e Michael è il frigorifero». Verrà poi stampata una versione alternativa del disco per il mercato statunitense, cover e tracklist differenti, col nome di Boys Don’t Cry. È un album di debutto acerbo, pieno di influenze stilistiche che lo rendono eterogeneo. I limiti di questa condizione sono galvanizzati da un approccio disinibito e da intuizioni nella scrittura di Smith che lasciano intravedere prospettive importanti. È importante sottolineare come l’autore abbia evidenziato la sua totale estraneità alla compilazione della tracklist, sia in merito alla scelta dei brani composti, sia all’ordine degli stessi. Dal secondo album in poi si sarebbe occupato personalmente e totalmente di ciò, forte di una personale produzione e non affidandosi a terzi. Accanto a strutture piuttosto fragili, ma dense di un entusiasmo sincero e spontaneo, rimangono brani che hanno trovato posto nelle vite di almeno due generazioni e non intendono fermarsi. Alla fine degli anni Settanta, il punk ha resettato e dato vita ad un’eterogeneità e ad una libertà stilistica senza precedenti. Quello che viene chiamato Post-Punk annovera sperimentazioni elettroniche,
Premiata Salumeria Italiana, 1/20