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Record storico per l’Aceto Balsamico di Modena IGP

Attraverso la sforbiciatura le forme vengono incise con strumenti molto semplici e artigianali quali coltello, forbici, rotelle dentate o lisce. Questa operazione, più o meno veloce ed elaborata a seconda della destinazione d’uso del pane Coccoi, è un tratto artistico, ma anche un modo per ottenere una migliore e più uniforme cottura.

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in quanto capaci), che si poteva esprimere senza particolari limitazioni alla sua creatività, impiegando addirittura elementi allusivi alla sfera sessuale. Il simbolo del fi ore ricorre frequentemente, ma anche gli archi, gli uccelli, l’uva, la serpentina, tutto a richiamare fertilità, felicità e ricchezza.

E anche se i pani cerimoniali sono sempre più in disuso, fortunatamente tuttora persiste uno zoccolo duro di famiglie delle zone interne, in cui l’arte della panifi cazione domestica è ancora in auge e molte tipologie di Coccoi sopravvivono, per esempio, quelle preparate in occasione della Pasqua

Il Coccoi è il terreno di prova della bravura di chi lo produce. Non è solo un fatto di decorazione del prodotto, c’è anche il succedersi delle stagioni, umidità, calore o sbalzi termici: la lievitazione della pasta è tutt’altro che un dettaglio. Al contrario, è quella delicata fase da cui dipende la qualità del pane. Da questo punto di vista può essere solo l’occhio attento e sensibile degli artigiani a fare la differenza

(con l’uovo o con uvetta), del Natale, della morte, della nascita e in alcuni comuni, per i santi. Anche alcuni panifi ci rinnovano la tradizione, proponendo i pani cerimoniali su prenotazione o in occasioni particolari, seppure sia evidente che non possa trattarsi del core business dell’impresa.

Il pane della sposa rappresenta la massima espressione artistica, ma del Coccoi si apprezza anche una maggiore semplicità. Sempre meno richiesto perché poco pratico e oggi abbandonato per formati più facili da consumare anche fuori casa, il Pane Coccoi DOP sarà un prodotto realizzato unicamente con materia prima isolana e lievito madre, il cui impasto conterrà semola di grano duro, farina di grano duro (fi or di farina), acqua, sale marino e pasta madre. Quest’ultima, detta anche pasta acida, frommentu, framentu o framentarzu, deve essere rigorosamente

realizzata con un composto di sfarinati di grano duro e acqua. La sua fermentazione avviene poi spontaneamente, a temperatura ambiente. Per la sua rigenerazione si preleva un pezzo di impasto dalla lavorazione del giorno precedente che viene sciolto in acqua tiepida con l’aggiunta di sfarinati di grano duro. Tra i panifi ci facenti parte del Comitato promotore della DOP, molti dei quali storici e con più di quarant’anni di vita alle spalle, in tanti vantano un lievito madre che si rinnova da decenni e che da decenni viene impiegato nella stessa azienda, giorno dopo giorno.

Ciò che ulteriormente caratterizza questo pane è la doppia lievitazione che avviene prima e dopo la formatura è la sforbiciatura. Raggiunta la consistenza desiderata della pasta segue infatti la spezzatura e la prima modellatura e immediatamente una fase di lavorazione artistica, più o meno complessa, a scelta di chi panifi ca. Le forme vengono incise con strumenti molto semplici e artigianali, quali coltello, forbici, rotelle dentate o lisce. Naturalmente nei pani cerimoniali questa è una fase altamente curata che richiede anche la realizzazione di veri e propri decori. La sforbiciatura del prodotto destinato alla vendita quotidiana è ovviamente più veloce e meno elaborata, ma è tutt’altro che insolito trovare nelle vetrine nei panifi ci sardi meravigliosi Coccoi che fanno bella mostra di sé, lasciando attoniti per la loro forma ricercata. La sforbiciatura, d’altronde, è un tratto artistico, ma anche un modo per ottenere una migliore e più uniforme cottura.

Il Coccoi è il terreno di prova della bravura di chi lo produce. Non è solo un fatto di decorazione del prodotto. C’è anche un succedersi delle stagioni coi diversi infl ussi climatici, umidità, calore o sbalzi termici: la lievitazione della pasta è tutt’altro che un dettaglio. Al contrario, è quella delicata fase da cui dipende la qualità del pane. Da questo punto di vista può essere solo l’occhio attento e sensibile dell’artigiano o dell’artigiana a fare la differenza, nonostante il supporto, oggi, di molti strumenti pensati all’uopo.

Guido Guidi

Nota Photo © Marco Maddanu Fotografo, Panifi cio Porta di Gonnosfanadiga.

Ben 100 milioni i litri certifi cati! E l’attività del Consorzio, che non si è mai fermata durante la pandemia, ha in cantiere nuovi progetti di valorizzazione e tutela del prodotto

A sinistra: Aceto Balsamico di Modena IGP, un prodotto che sa armonizzare e bilanciare le caratteristiche dei singoli ingredienti del piatto. Un aceto giovane e leggermente corposo sarà più indicato nella preparazione di cibi cotti, mentre un prodotto con una corposità più accentuata e caratterizzato da un invecchiamento prolungato sarà più adatto come condimento di insalate di verdure e frutta o per rifi nire dessert e cocktail. A destra: una botte di Aceto Balsamico di Modena IGP.

La pandemia non ha messo il freno all’Aceto Balsamico di Modena. I dati presentati lo scorso dicembre all’assemblea dei soci del Consorzio di tutela, e relativi al 2021, parlano addirittura di un incremento della produzione dell’11% a volume, che viene così portata a superare la soglia dei 100 milioni di litri certifi cati. «È un momento storico — ha dichiarato Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio di tutela dell’Aceto Balsamico di Modena — perché mai fi no ad oggi il nostro comparto era riuscito a superare la soglia dei 100 milioni di litri. Poi, che un tale record venga segnato nel mezzo di questa congiuntura globale caratterizzata da livelli di incertezza e complessità mai visti, ne enfatizza ancora di più il valore materiale e simbolico. Potremmo dire che, in un momento in cui le relazioni internazionali si arrestano o rallentano e molti operatori sono costretti ad attendere e a rimanere a guardare, l’Aceto Balsamico di Modena mostra di avere capacità di saper reagire e di guardare al futuro con fi ducia».

Questo incredibile risultato produttivo non è però l’unico successo dell’anno trascorso: infatti, intuendo i cambiamenti in atto, i nuovi trend ed esigenze, il Consorzio ha avviato progetti innovativi al passo con questa dinamica di transizione. Da segnalare, in particolare, la svolta digitale dell’attività di monitoraggio, vigilanza e repressione delle frodi e delle contraffazioni a livello globale. «Quando abbiamo intuito che le modalità di svolgimento del lavoro di tutela e vigilanza classiche non erano più adeguate ai cambiamenti in corso, ovviamente accelerati dalla pandemia — spiega Federico Desimoni, direttore del Consorzio di tutela dell’Aceto Balsamico di Modena — abbiamo deciso

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