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In difesa del re dell’altopiano: l’Asiago d’allevo stravecchio Chiara Papotti
Lo spaccio aziendale della Latteria di Branzi (photo © www.ruminantia.it).
Alla fi era di San Matteo di Branzi a fi ne settembre sono convenuti per secoli mercanti da tutta la pianura lombarda per acquistare il formaggio portato a valle dagli alpeggi estivi e destinato al consumo diretto o dopo affi namento nelle cantine. Già in epoca napoleonica venivano vendute migliaia di forme, considerando che allora veniva prodotto unicamente nella stagione estiva si capisce l’importanza di cui godeva nell’economia della valle.
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La Latteria Sociale di Branzi è il principale caseifi cio, che associa ad oggi circa settanta allevatori in aziende ubicate sopra i 600 metri di quota nella Valle Brembana e nella limitrofa Valle Imagna, con una media di 14 capi ciascuna; la produzione annua del caseifi cio si aggira attorno alle 35.000 forme.
Anche il Caseificio Paleni2 di Casazza in Val Cavallina produce formaggio Branzi oltre a numerose altre tipologie di formaggi ottenuti da latte di montagna.
Descrizione del prodotto e occasioni di consumo
È un formaggio a pasta semicotta, prodotto con latte intero vaccino crudo, dopo il coagulo la cagliata viene portata dai 35°–37 °C a circa 45 °C con un rimescolamento continuo; estratta dalla caldaia è posta in fascere di forma rotonda dal diametro di 36–45 centimetri con un’altezza di 9; dopo la salatura per immersione in salamoia la forma è lasciata a stagionare per 2 o 3 mesi (versione fresca), 6 mesi (versione riserva) oppure oltre 12 mesi (versione stravecchia). Il sapore è dolce e delicato nella tipologia fresca, con accenni di erbe di pascolo e di leggera fermentazione a cui si deve la caratteristica occhiatura. Nella tipologia riserva diventa più pastoso e intrigante, con colore marcatamente giallo, aroma più sviluppato di fi eno e sapore di latte cotto e nocciola sopra gli altri.
Nei negozi locali — più diffi cilmente fuori dai paesi della Valle, visto il ridotto numero di forme prodotte — si può anche trovare nella versione stravecchia superiore ai 2 anni, con la crosta rosso-aranciata ed una pasta straordinariamente aromatica e che sprigiona i sapori dei pascoli alpini, intensifi cati dalla concentrazione dettata dal tempo e dalla prolungata maturazione, leggermente piccante, per un vero tripudio del palato. Si può consumare come aperitivo o come fi ne pasto, da solo o in un tagliere misto con altri formaggi locali, passando dai più freschi ai più stagionati.
Abbinamenti gastronomici, enologici e brassicoli
Classico è l’utilizzo come ingrediente per produrre un’originale polenta taragna a base di farina di granoturco e di grano saraceno oppure una sapida ed energetica polenta voncia (altrimenti detta polenta consa ovvero polenta concia) con granoturco macinato grosso alla maniera bergamasca e burro in abbondanza.
Altrettanto gustoso nella versione giovane e riserva è l’utilizzo come condimento di gnocchi o come ripieno di magro per pasta fresca; infatti un tempo i tipici casoncelli bergamaschi venivano fatti dalla gran parte delle famiglie solo con ripieno di magro, la carne che oggi compare come ingrediente fondamentale era appannaggio solo di ricchi e notabili.
L’abbinamento con il vino del territorio3 può spaziare da un Valcalepio Rosso DOC per le versioni fresca e mezzana sino al Valcalepio Moscato Passito DOC per la tipologia invecchiata oltre un anno. Fuori provincia si può ben accompagnare a una Bonarda Oltrepò Pavese DOC o a un Gutturnio Colli Piacentini DOC.
Oltre al vino si può provare l’accostamento con birre rosse poco luppolate con note di caramello e malto o bionde triplo malto stile belga d’abbazia, entrambe ben indicate nel connubio gustativo con le versioni riserva e stravecchio.
Già in epoca napoleonica venivano vendute migliaia di forme e, considerando che allora veniva prodotto unicamente nella stagione estiva, si capisce l’importanza di cui godeva questo formaggio vaccino a pasta semicotta nell’economia di tutta la valle
Roberto Villa
Note:
1. www.formaggiobranzi.com/it/ilformaggio-tipico-branzi.asp 2. www.caseifi ciopaleni.it 3. www.valcalepio.org/it/vini-tutelati/valcalepio-doc
43010 Polesine Parmense (PR) Tel. 0524 96136 – Fax 0524 96416 www.acpallavicina.com
Nel 1905, nostro nonno Spigaroli Luigi riesce a diventare fittavolo dell’Antica Corte Pallavicina. Il vecchio castello eretto nel 1400 dai Marchesi Pallavicino, trasformato nel 1700 in azienda agricola, è situato sulla riva del Po. Nascono sei figli e l’ultimo, nel 1916, è nostro padre Spigaroli Marcello. Egli diceva che nel castello si stava bene, avevano il traghetto sul fiume, in estate curavano il podere, allevavano come sempre parecchi maiali che in inverno macellavano e facevano i salumi. Salumi che venivano venduti, da prima interi, ai passeggeri del loro traghetto poi, in seguito, al sorgere di una prima baracchetta di legno in riva al Po, affettati insieme al pane, a coloro che, sulle rive del fiume, si recavano in passeggiata anche dai paesi vicini. Da quella baracchetta successivamente ampliata, ma sempre in legno, e divenuta il “Lido di Polesine”, nel quale si ballava e si facevano merende, trarrà origine, dall’immane sforzo congiunto della zia Emilia e dei nostri genitori, il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Di posti come il vecchio castello in riva al fiume non ne esistono quasi più, con muri di oltre un metro di spessore, con cantine stupende dove i marchesi stagionavano i loro salumi che inviavano agli Sforza a Milano. Infatti più i salumi e i culatelli sono vicini al grande fiume e più sono buoni!! Tutti quei racconti non li abbiamo mai dimenticati e quando dieci anni fa viene venduta la vecchia Corte Pallavicina decidiamo di acquistarla, con grandi sforzi economici, per poter continuare come il bisnonno, il nonno, il papà a fare dei salumi unici, non sintetici, che mangiandoli scopri da dove vengono e chi li ha fatti. Del resto alla nostra famiglia il senso del buono l’ha insegnato una persona che di cose buone se ne intendeva e noi non ce la sentivamo proprio di lasciar perdere tutta questa esperienza.