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Formaggio Formaggio Branzi, ventata di profumi alpini Roberto Villa
Galizia, una incredibile miniera di preziosi sapori “marini”
Con 1.500 km di costa, la Galizia è un’autentica miniera di preparazioni a base di pesce, frutti di mare e crostacei di qualità eccellente, pescati nelle generose acque dell’Atlantico. La luce e il vento della costa sono lì a ricordare che oltre l’ultimo istmo proteso all’ovest non vi sarà più traccia di terra: il Finis Terrae dei Romani, il punto oltre il quale si aprivano le porte del nulla. A noi si apriranno invece le porte dello stomaco, soprattutto dopo una lunga giornata di cammino.
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Uno dei piatti principali della cucina di mare è senza dubbio il pulpo a la feira, il polpo che un tempo si trovava soprattutto nelle fi ere di paese della regione e ora viene proposto in tanti locali e nelle numerose pulperias disseminate un po’ ovunque, veri templi della cucina popolare. Viene condito con una salsa a base di paprika, che insaporisce anche le patate bollite servite in accompagnamento. È una preparazione simbolo della cucina galiziana, tanto che nel resto di Spagna viene appunto chiamato pulpo a la gallega.
Le ricette non saranno 365, una per ogni giorno, come quelle che sostengono di avere i Portoghesi, ma il merluzzo è un altro pesce molto utilizzato in varie modalità. Una particolarmente gustosa prevede che venga servito in due grossi tranci sovrapposti, sormontati da spinaci e da una fetta di Jamón, e adagiati su una salsa a base di aceto e peperoni. Non mancano i tonni e il rombo, seppie, branzini e orate, mentre la pescatrice viene talvolta proposta in spiedini davvero sfi ziosi. Le acque dell’Atlantico regalano ottimi molluschi, cozze, capesante, vongole, cannolicchi, ostriche, serviti crudi o cucinati spesso alla griglia e conditi con salse a base di olio extravergine d’oliva.
Il capitolo crostacei di Galizia da solo varrebbe un viaggio: gamberi, aragoste e astici, granseole, vari tipi di granchi, dal piccolo saporito granchio vellutato all’enorme centollo o granchio bianco di Lira, segnalato da Slow Food. Si tratta di una rarità che per squisitezza e prezzo se la vede testa a testa coi pregiatissimi percebes, crostacei appartenenti all’infoclasse dei Cirripedi che sul mercato posso raggiungere e superare i 100 euro al kg. Dotati di un doppio uncino, vivono aggrappati alle rocce battute dal mare. I temerari raccoglitori si calano con le funi dalle alte scogliere galiziane nelle acque gelide per strapparli e portarli sulla tavola degli estimatori, dove vengono serviti al naturale dopo breve bollitura.
Per uno spuntino veloce e alla portata di tutte le tasche è sempre l’ora della empanada gallega, torta salata di forma quadrata ripiena di tonno, peperoni, olive, cipolle oppure carne. Dall’entroterra arrivano i pimientos de Padròn, peperoni verdi, piccoli e gustosissimi, identifi cati da una Denominazione d’Origine, assegnata anche al queso de tetilla. Morbido, poco stagionato e ricavato da latte di mucche galleghe, deve il nome all’inconfondibile forma di piccolo grazioso seno. Sopra tutto questo ben di dio, d’obbligo bere un bicchiere di Albariño, fi ore all’occhiello della Denominazione d’Origine Rias Baixas (fonte: DRmag; photo © Miguel Tamayo – stock.adobe.com).
Faros, conosciuto anche nella traduzione inglese come Lighthouse Way, che consiste in un itinerario di circa 200 km, percorribili in 8 o più tappe. L’itinerario è caratterizzato da un livello di diffi coltà medio, con dislivelli talvolta anche impegnativi, ma potrete affrontarlo senza grossi problemi, con solo un poco di preparazione fi sica e un minimo di allenamento al cammino. Le tappe variano dai 17 ai 32 km e il percorso è ben segnalato, in tutta la sua lunghezza, tramite una molto riconoscibile freccia verde, dipinta sui cartelli e sulle rocce, che vi accompagnerà per tutto il tragitto.
E verde è anche il colore della natura più autentica e selvaggia nella quale vi troverete totalmente immersi durante questa avventura, un verde sempre incorniciato della bellezza sublime del blu intenso e immenso dell’oceano.
Si tratta di un cammino davvero strepitoso, spesso proprio a picco sull’oceano, tra scogliere, promontori, dune e lunghe spiagge dorate, il tutto a tratti interrotto da antiche fortezze e da graziosi villaggi di pescatori affacciati sul mare.
Amerete certamente questo itinerario per la varietà dei paesaggi (tant’è che di fatto sarà come percorrere un vero e proprio sentiero montano ma sul livello del mare) per i panorami mozzafi ato, per gli infi niti silenzi, e per l’indimenticabile spettacolo dei tramonti, con il sole che in un rosso abbagliante, ogni sera, si tuffa dentro ad un oceano argentato.
E poi per i fari, ovviamente, per i diversi e meravigliosi fari che, incontrastati e fi eri, si staglieranno, passo dopo passo, all’orizzonte del vostro cammino, scandendone le tappe: il Faro de Punta Nariga, costruito dal celebre architetto spagnolo CÉSAR PORTELA, il Faro Roncudo, il Faro bianco di Punta Laxe, che sorge in uno degli scenari paesaggistici più belli e incontaminati di tutta la Spagna, il Faro Vilán a Camariñas, il cui nome deriva dai merletti elaborati dalle donne del posto, il Faro di Punta da Barca, il Faro Touriñán. E infi ne, alla fi ne del viaggio, e alla fi ne della terra, il faro più agognato, il più sognato, il più citato: il Faro di Finisterre al quale da secoli giungono i pellegrini di tutto il mondo, che sono quelli che sanno che, per ben cominciare, occorre sempre mettersi in cammino partendo con il piede giusto.
Elena Simonini
Pan Gallego IGP, sostentamento soffi ce e profumato del viaggiatore
Chiunque abbia letto (o visto nel suo spettacolare adattamento cinematografi co fi rmato dal regista Peter Jackson) “Il Signore degli Anelli”, romanzo epico di R.R. Tolkien, si ricorderà senz’altro del “lembas”, speciale pane elfi co, chiamato anche pan di via, la cui peculiarità è quella di rimanere fresco a lungo, il che lo rende adatto ad essere utilizzato per il sostentamento durante i viaggi. Stessa caratteristica ha il Pan Gallego IGP, un pane dalla crosta croccante, prodotto in modo artigianale nel territorio corrispondente all’intera Comunità autonoma di Galizia. E mentre la ricetta del lembas è un segreto che gli elfi custodiscono gelosamente, è noto, e registrato sul Disciplinare IGP che ne descrive ingredienti e modalità di produzione, che il Pan Gallego venga realizzato con farina di grano tenero proveniente in parte da varietà e da ecotipi di frumento autoctono galiziano. La sua panifi cazione è caratterizzata dall’utilizzo di lievito madre, di una gran quantità di acqua e da una lunga durata di fermentazione e cottura, quest’ultima sempre in forni con pavimento in pietra o altro materiale refrattario. Si può presentare in quattro tipi di forma diversi: Bolo o Hogaza, di una forma rotonda e irregolare; Rosca, di forma ad anello irregolare e aspetto appiattito; Bola, di forma rotonda e aspetto appiattito; Barra, di forma allungata. La crosta ha un colore che va dal dorato al marrone scuro, spessore tra i 3 e i 10 mm e durezza variabile. La mollica ha un colore che varia dal bianco scuro al crema, consistenza soffi ce e alveoli numerosi e irregolari. Il sapore di questo pane è intenso di grano, con una lieve punta di acidità ed un profumo irresistibile (photo © Genaro Diaz).
FORMAGGIO BRANZI, VENTATA DI PROFUMI ALPINI
Dai monti della Valle Brembana un tesoro dell’arte casearia in tre versioni, Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Lombardia
di Roberto Villa
Il Branzi1 è un prodotto storico dell’arte casearia alpina lombarda, conservatosi con minime modifi che nei secoli. Per rinnovare e sostenere la tradizione nel 1953 fu fondata la Latteria Sociale di Branzi, alla quale aderirono numerosi allevatori locali: rispetto al passato grandi vasche in acciaio hanno sostituito le tradizionali caldere a forma di campana capovolta; la cagliata non è più rotta dalla spada e dallo spino, ma da grandi attrezzi rotanti; le temperature di riscaldamento e di cottura sono regolate da termostati. Resta comunque l’arte dei maestri casari, gli unici in grado di decidere quando il coagulo provocato dal caglio è alla giusta omogeneità e consistenza per la rottura, e quando la cagliata è cotta al punto giusto per essere liberata dal siero.
Storia e legame col territorio
L’area della montagna bergamasca è ricca di specialità casearie che oltre al Branzi comprendono il Formai de Mut (DOP), lo Strachitunt (DOP), l’Agrì di Valtorta, lo Stracchino all’antica delle Valli Orobiche, il Bitto Storico, tutte accomunate dalla pratica dell’alpeggio — che una volta era fatto esclusivamente con vacche di razza bruna alpina — e, tuttavia, con caratteristiche distintive proprie derivanti dall’ubicazione dei pascoli e dalla tecnica di trasformazione casearia.
Terminata la stagione in quota, che dura solitamente da maggio a settembre, le vacche vengono riportate nelle stalle di fondovalle o addirittura in pianura; in passato la riconduzione della mandria verso stalle dei paesi di pianura era piuttosto frequente — in una recente ricerca presso un archivio parrocchiale ho trovato riferimenti di inizio Seicento che lo confermano — e la maestria dei valligiani orobici era tanto rinomata da far divenire bergamino un termine di uso comune in tutta la pianura lombarda per indicare chi era addetto alla cura e alla mungitura delle vacche. In alto: a sinistra, passo San Marco in Val Brembana (photo © Gianfranco Bella – stock.adobe.com). A destra, formaggio Branzi. Dolce e delicato, è un formaggio tra i più antichi e tipici delle Orobie. Prende il nome dall’omonimo paese dell’Alta Valle Brembana in cui è nata la produzione tradizionale e dove viene lavorato tuttora il latte intero di vacca.