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Antichi e preziosi salumi d’oca Giovanni Ballarini

Bruno Bucci (photo © www.tempiodivino.it).

Il rito invernale e quell’intruso sapore d’agrumi

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I tagli usati sono essenzialmente lombo e spalla, per la parte magra, più lardo della pancetta e del dorso, per la parte grassa; le percentuali della componente carnea prevedono tagli magri per il 65-70% e tagli grassi per il 30-35%. Da ogni maiale si poteva ricavare una sola Signora e quindi, inevitabilmente, il valore intrinseco del salume aumentava. Oggi si utilizzano anche parti della coscia.

La lavorazione inizia con lo sminuzzamento a punta di coltello del 60-70% delle carni, una parte a grana fi ne e una parte a grana doppia per migliorarne l’amalgama, mentre la rimanente quota è lavorata con un tritacarne (coltelli n. 22 e trafi la a 7 fori); si procede poi alla concia con sale, pepe nero in grani, peperoncino rosso piccante in polvere, semi di fi nocchietto selvatico e di coriandolo; le spezie devono avere provenienza locale o almeno nazionale. Non sono ammessi alcun tipo di additivi, conservanti, coloranti. L’impasto è quindi lasciato maturare per alcune ore a bassa temperatura prima di procedere con l’insaccatura.

Il budello cieco del maiale, la cosiddetta “zia”, viene in precedenza accuratamente lavato in acqua calda, con un procedimento del tutto particolare che prevede l’utilizzo di succo di arancia e limone, aceto e vino e lasciato in infusione per almeno ventiquattro ore. Successivamente viene lavato abbondantemente in acqua e raschiato con farina di mais.

L’insacco viene effettuato a mano, con l’ausilio di un imbuto e di un cucchiaio. Ed è questa la fase in cui la perizia dell’artigiano assume un ruolo basilare: per una corretta stagionatura, infatti, è necessario che l’impasto sia distribuito in modo più che uniforme, avendo cura di riempire bene tutte le pieghe del budello.

A questo punto il salume viene legato a mano con uno spago ed eventualmente contenuto in una rete.

La stagionatura si protrae per almeno sei mesi, in relazione alle dimensioni del budello, il salume appeso viene mantenuto per almeno due mesi in ambiente con camino ma lontano dai fumi per poi proseguire la stagionatura; la Signora può avere un peso da 800 grammi fi no anche a 3 kg.

La forma del prodotto fi nito è bitorzoluta, irregolare, di forma allungata simile ad un alveare.

In bocca si avverte tutto il sapore e la consistenza di un salame crudo a grana grossa con, in evidenza, il fi nocchietto selvatico e una nota d’agrumi, dovuta al lavaggio del budello.

Si consuma dopo averla tagliata a fette spesse.

Viene preparato solitamente nella stagione invernale, per essere consuL’INSACCO SI FA A MANO CON L’AUSILIO DI UN IMBUTO E DI UN CUCCHIAIO, ED È QUESTA LA FASE IN CUI LA PERIZIA DELL’ARTIGIANO È BASILARE: PER UNA STAGIONATURA CORRETTA, INFATTI, L’IMPASTO DEVE ESSERE DISTRIBUITO IN MODO UNIFORME

mato dopo la stagionatura, nel periodo che va da agosto a dicembre. Oltre ad essere presidio Slow Food è anche inserito tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) del Molise.

Allargare l’areale di produzione per garantire il futuro della Signora

Il paese di Conca Casale è un comune appenninico posto a 657 m slm e conta oggi circa 170 abitanti, dei quali buona parte anziani, ed il solo macellaio del paese è ormai anche l’unico produttore del salume. Secondo FRANCESCO MARTINO, Responsabile Slow Food del presidio, il disciplinare andrebbe modifi cato per consentire un areale di produzione più esteso in modo da coinvolgere altri produttori e garantire un futuro più certo a questo antico salume del tutto peculiare. L’istanza è stata presentata agli organismi di Slow Food affi nché la valutino, nell’interesse del mantenimento della produzione sul territorio.

Roberto Villa

• Bruno Bucci (produttore) Via Principe Umberto 10 Conca Casale (IS) Telefono: 0865 903083 – 338 7263075 E-mail: giorgia.bucci@alice.it • Francesco Martino (responsabile Presidio Slow Food) Telefono: 0865 900377 – 338 1048796 E-mail: f.martino57@alice.it

Antichi e preziosi salumi d’oca

di Giovanni Ballarini

Negli insediamenti palafi tticoli, lungo i fi umi o sulle coste di laghi o in vicinanza di paludi, gli uomini stabiliscono i loro primi rapporti con le oche in modo analogo a quanto avviene con i cinghiali, o maiali selvatici, negli insediamenti umani vicini alle aree boschive. Entrambi gli animali (oca in aree acquatiche, maiale in aree silvestri), pur rimanendo relativamente selvatici, stabiliscono relazioni con l’uomo che li usa come effi caci riciclatori di alimenti per lui non utilizzabili. Tra oca e maiale, inoltre, il parallelo non è soltanto ecologico, bensì anche di utilizzazione alimentare, tanto più che per l’oca mancano i tabù e le interdizioni che vi sono per il maiale.

Quasi certamente non vi è stato un unico evento di domesticazione dei diversi generi e delle numerose specie di oche selvatiche; eventi avvenuti in tutta la vasta area nella quale si svolgono le migrazioni delle oche, in particolare nelle zone di riproduzione, dove è facile la raccolta di uova vicine alla schiusa e successivo sviluppo nel papero neonato dei meccanismi di imprinting.

Domesticazioni diverse hanno permesso lo sviluppo di razze domestiche

differenti che, con opportuni incroci e selezioni, hanno portato ad un’ampia varietà di razze oggi esistenti. Nella penisola italiana GAETANO FORNI fa rilevare che l’iconografi a delle oche inizia a comparire nel VII secolo a.C., con l’addomesticamento di anatidi locali quali l’oca selvatica grigia (Anser anser).

Oche, splendidi animali alimentari

Per i Romani le oche erano uccelli sacri alla dea Era, prima di essere soppiantate dai più appariscenti pavoni, ma erano anche animali di cui ci si alimentava, apprezzandone le carni, i visceri ed in particolare il fegato (i Romani sono tra i primi a produrre e ad apprezzare il fegato grasso d’oca), il grasso e le uova. Roma è fondata su alture, i noti colli, ma tra questi vi sono zone acquitrinose propizie all’arrivo e agli insediamenti di oche, che sono poi addomesticate e messe a guardia della rocca cittadina difendendola, come è noto dai Galli invasori.

Zone acquitrinose sono sparse in molte altre parti dell’Italia e anche attorno al fi ume Po e suoi affl uenti dove l’allevamento dei palmipedi è molto antico. È inoltre noto che, quando i Romani conquistavano un territorio, non solo portavano le strade e la loro legge, ma anche le loro abitudini alimentari e è quindi molto probabile che quando nel II secolo a.C. la Gallia Cisalpina passò sotto il dominio romano, qualche oca dell’attuale Lomellina sia stata ingrassata per avere lo iecur fi catum da portare sulla tavola del centurione, comandante del castrum. L’oca ha un’alimentazione non competitiva con quella dell’uomo e di altri animali domestici e per questo in passato ha avuto un grandissimo successo in tutte le zone umide, come nelle aree risicole. Nelle terre basse pavesi, ad esempio, oche, rane e pesce fornivano all’uomo non solo carne e quindi proteine nobili, ma anche grasso e quindi l’energia indispensabile per una vita attiva. L’oca è un buon animale da carne perché gli uccelli migratori hanno un ottimo sviluppo dei muscoli pettorali che servono per il volo e divenendo sedentaria con la domesticazione l’oca ha anche sviluppato gli arti inferiori e la coscia in particolare. Al tempo stesso, l’oca è un ottimo animale da grasso, che gli uccelli migratori accumulano, come riserva energetica, prima dei lunghi voli di trasferimento dalle regioni artiche a quelle temperate; si tratta di un grasso di facile mobilizzazione e ricco di acidi grassi insaturi buoni da un punto di vista della dieta umana.

Salumi d’oca

L’oca come il maiale è stata per secoli un animale del quale mangiare di tutto

Salame d’oca di Mortara (photo © Emmanuel – stock.adobe.com).

Il Salame Crudo d’Oca Ecumenico di Mortara De.Co. (Denominazione Comunale di Origine) può essere consumato indifferentemente dagli osservanti delle fedi cristiana, islamica ed ebraica. L’oca viene disossata, separando le parti magre dell’animale (petto e coscia); si procede quindi alla “fi lettatura”, che consiste nel taglio a coltello delle carni in piccole parti, cui vengono aggiunti sale e aromi. L’impasto viene lasciato riposare per alcune ore. Infi ne, viene insaccato nella pelle del collo dell’oca e messo a stagionare in locali climatizzati per un periodo di 60-90 giorni. È ottimo come antipasto (fonte e photo © www.sagradelsalamedoca.it).

Prosciutto e salame d’oca (photo © Comugnero Silvana – stock.adobe.com).

e di tutto se ne ricavava: piume per fare cuscini, penne per scrivere, uova da mangiare, grasso per cucinare e carne, da mangiare fresca o da conservare sotto forma di salumi. La tradizione dei salumi d’oca ha preso piede soprattutto dove erano presenti comunità ebraiche la cui religione vieta il consumo di maiale, come in Italia settentrionale e soprattutto in Lomellina, in provincia di Pavia, dove l’allevamento di oche, fi orente in età medievale, riceve impulso con l’arrivo dall’Est Europa e dalla Spagna di comunità ebraiche. Anche il Friuli ha un’antica tradizione dell’oca: già il geografo latino STRABONE decantava l’abilità degli allevatori di oche di Aquileia.

La macellazione dell’oca è prevalentemente autunnale/invernale, quando gli animali sono grassi e le temperature ambientali permettono la conservazione delle carni fresche e la loro lavorazione in insaccati da consumare crudi e cotti. Salame e prosciutto, crudo e cotto in forno, speck e mortadella, di sola oca o di carni miste, salame cotto, cotechino, ciccioli oltre al classico petto salato, stagionato e leggermente affumicato: la varietà dei prodotti e salumi di oca è pari a quella di altri animali. I più tipici e noti sono il Salame d’oca friulano,il Salame di Mortara, e le varianti “oca e maiale”, e il Salame di Vigevano. Salame d’oca cotto di Mortara La Lomellina, col suo centro storico e geografi co nella città di Mortara, è una zona particolarmente adatta all’allevamento e all’ingrasso dell’oca e alla trasformazione delle sue carni. Già nel 1200 a Mortara si produceva il salame di carne d’oca e due secoli più tardi, all’epoca di LUDOVICO IL MORO e poi sotto la reggenza di BONA DI SAVOIA, esisteva una comunità ebraica che commissionava ai salumieri della zona ciccioli e salami di sola carne d’oca.

Le comunità ebraiche presenti a Mortara, Vigevano e in altri piccoli centri della Lomellina, Pavia, Vercelli e Novara, come professione principale esercitavano quella di banchiere, che assicurava un buon reddito e quindi la possibilità di un’alimentazione di un certo livello e propensa alle preparazioni gastronomiche che potevano durare per molti mesi. Dopo la Controriforma, con un decreto fi rmato da Filippo II re di Spagna alla fi ne del 1596, gli Ebrei vennero espulsi dal Ducato di Milano, di cui Mortara faceva parte, ma le oche e i loro salumi rimasero. Notizie a noi più vicine sul salame d’oca risalgono al 1780, epoca in cui Mortara era provincia del regno piemontese, ed è proprio in quest’epoca che si inizia a parlare di Oca di Lomellina.

Alla fi ne del secolo XIX PELLEGRINO ARTUSI, nel suo libro La scienza in cuciLe oche sono state e sono ancora allevate in molte parti del mondo motivi di ornamento, guardia ma, soprattutto, per uso alimentare. Al pari del maiale, beni preziosi quali carne e grasso sono stati oggetto di trasformazione, stagionatura e conservazione con la produzione di salumi

na e l’arte di mangiar bene (1891), in una nota alla ricetta 548 relativa alle preparazioni a base di “Oca domestica” che non compare nelle successive, ricorda che “con la carne d’oca gli Ebrei confezionavano anche il loro tradizionale salame (più simile, in verità, ad un piccolo prosciutto o culatello) che sino a qualche anno fa si vendeva (e forse è possibile trovarne ancor oggi), in certe cittadine della Lomellina come Vigevano e Mortara”. Agli inizi del ‘900 salami d’oca erano prodotti da salumieri lomellini: Pietro Pagani di Mortara sembra essere il primo salumiere della zona ad avere un laboratorio attrezzato per la lavorazione e la conservazione in cella frigorifera di carne suina e d’oca ed i salame d’oca da lui prodotto viene venduto con una cartolina pubblicitaria su cui ci sono descritte le spiegazioni su come cucinarlo. Nel 1913, alla II Esposizione Internazionale di Parigi, Carlo Orlandini, altro salumiere di Mortara, presenta ed ottiene un riconoscimento uffi ciale per il suo salame d’oca che i Francesi denominano Saucisson d’oie.

A metà degli anni ‘80 del secolo passato il salame d’oca è un prodotto tipico che i diversi salumieri mortaresi preparano secondo diverse personalissime ricette gelosamente custodite.

Nel 1967 GIULIO GALLINO lancia l’idea di una Sagra gastronomica intitolata

al Salame d’oca e nello stesso anno nasce il primo Consorzio di produttori di salame d’Oca, composto esclusivamente da salumieri di Mortara.

L’utilizzo dell’oca da parte degli israeliti e la sua trasformazione in prodotti di salumeria si ripete in diversi altri luoghi della Pianura Padana, ad esempio a Reggio Emilia. Il Salame d’oca ebraico era e è preparato nel rispetto delle regole di macellazione dell’animale e, soprattutto, con la completa esclusione di carni di animali impuri, come il maiale. La bontà di questo prodotto non passa però inosservata ai Cristiani, che non hanno timore di arricchirlo con altri ingredienti e in particolare con la meno costosa carne suina (carni magre e parti grasse). Nella produzione del salame d’oca entrano la carne magra e la pelle dell’animale che, per un’oca di circa 5 kg, sono rispettivamente 1,200 e 0,800 kg. I più naturali involucri da utilizzare per confezionare il salame d’oca sono la pelle del collo e del ventre dell’animale. Per la preparazione di questo salame in linea generale si procede come segue. L’oca, già spiumata e priva di zampe e ali, è sezionata togliendo la pelle.

La carne magra viene prelevata e tritata unitamente a parti grasse. Dopo l’aggiunta di una miscela di sale, pepe, droghe ed aromi naturali, il tutto è passato in un’impastatrice che rende uniforme l’impasto; si esegue infi ne la cucitura della pelle, l’insacco vero e proprio e la legatura fi nale del salume. La pelle rappresenta tra il 20 e il 25% circa del salame fi nito. I tempi ottimali per una buona conservazione sono di 5/6 giorni; se conservato in cella frigo a circa 10 °C, lo si può consumare anche dopo tre settimane dalla cottura.

La cottura del salame veniva fatta in grandi pentole di rame poste sul fuoco di camini e i salami, avvolti singolarmente in carta oleata, erano lasciati riposare nell’acqua di cottura fi no a completo raffreddamento. Ancora oggi, in stabilimenti di tipo industriale o semindustriale, si opera in condizioni analoghe. Durante la cottura si ha un calo del peso che va dal 15 al 20%. Il salame cotto dovrebbe avere un peso superiore al chilo, ma per esigenze commerciali se ne producono di più leggeri.

La produzione del salame d’oca ha una stagionalità il cui inizio coincide con la sagra che si svolge annualmente (pandemia permettendo…) l’ultima domenica di settembre e che continua fi no alle feste natalizie, con un massimo al Capodanno, quando è consuetudine locale mangiarlo caldo con contorno di lenticchie, analogamente ad altri salumi cotti, come lo zampone ed il cotechino. Salame d’oca di Mortara Igp Il salame d’oca di Mortara dal 2004 è una IGP (Indicazione Geografi ca Protetta). È l’unica Indicazione Geografi ca della Lomellina e, insieme al Salame di Varzi DOP, il solo della provincia di Pavia. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è fatto di sola carne anserina Il prodotto è infatti ottenuto da parti magre (30-35%) di oche nate, allevate e macellate nel territorio delle regioni Lombardia, Piemonte, EmiliaRomagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, e parti magre e grasse di suini nati, allevati e macellati nel territorio delle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Lazio, Marche, Molise, Toscana e Umbria. La percentuale di carne d’oca utilizzata non deve comunque mai scendere sotto un terzo del totale.

Il trito di carni di oca e maiale è impastato con sale, pepe e aromi vari, il composto risultante è avvolto nella pelle di oca, cucito e legato a mano conferendogli la caratteristica forma asimmetrica, quindi coperto da un panno e lasciato asciugare per qualche giorno. Dopo l’asciugatura il salame è punzecchiato e cotto in acqua calda non bollente e fatto raffreddare per il consumo. Il sapore è dolce e delicato. Consueto l’abbinamento a purè di patate o verdure lessate.

Ciccioli d’oca pressati (photo © L’oca di Sant’Albino). Al trasferimento delle tecniche norcine riservate al suino all’oca hanno fortemente partecipato, anche nel nostro Paese, le comunità israelitiche, le quali, non potendo utilizzare il maiale, hanno trovato nell’oca un ottimo sostituto. Salumi e preparazioni a base d’oca sono diffusi in Italia settentrionale, Lomellina soprattutto, Veneto e Friuli

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