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Alta cucina dell’Alto Adige Massimiliano Rella

GRAUKÄSE

di Massimiliano Rella

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Pallido e rugoso in superfi cie, chiaro e friabile all’interno, il Graukäse — letteralmente formaggio grigio — è un’eccellenza della Valle Aurina e uno dei presidi Slow Food dell’Alto Adige. Viene fatto unicamente con latte scremato e acidifi cato dal calore o per aggiunta di latte acido o siero di latte della lavorazione precedente, «un formaggio totalmente artigianale che appartiene alla famiglia dei formaggi a coagulazione acida», spiega MARTIN PIRCHER, responsabile della condotta Slow Food del Graukäse. Siamo andati con lui a vedere il processo di lavorazione artigianale in uno dei pochi e piccoli laboratori della provincia di Bolzano, quello della produttrice MARTA HOFER.

Questo il procedimento. Al punto di partenza c’è il latte vaccino (ogni 12 litri, 1 kg di formaggio), normalmente da vacche di razza Bruna alpina, Pinzgauer e altre, «ma la razza non è importante quanto il metodo di produzione», sottolinea Martin Pircher.

Si fa con il latte scremato dalla panna per la produzione di burro, cioè tradizionalmente con la rimanenza “povera”: infatti un tempo valeva molto meno del burro stesso. Il latte scremato viene mescolato con le successive mungiture, fi no a 6, l’equivalente di tre giorni, questo per favorire l’acidifi cazione naturale che si attiva con temperature più calde, ma può essere attivata anche da innesti con briciole di formaggio o siero acido delle produzioni precedenti. Le proteine coagulano in superfi cie e la massa case-

aria viene conservata con sale e calore, cotta a 45° C. La massa caseosa viene poi tagliata e girata per distribuire più omogeneamente il calore tra il fondo — ancora ricco di siero e più caldo — e la superfi cie. Infi ne, con una schiumarola si raccoglie la massa e si mette dentro un cestello di legno, cosparso di poco sale, rimescolato e pressato a mano per far uscire il siero.

Il “formaggio grigio” stagiona in media quattro settimane, ma la durata dipende anche dalle dimensioni della forma. Si acquista a 10,00-17,00 €/kg nei masi e dai singoli produttori; nei negozi a 15,00-22,00 €/kg.

«Da secoli è un formaggio fatto in casa e ancora oggi alcune famiglie continuano a farlo per l’autoconsumo, sono invece soltanto tre i produttori del presidio Slow Food — aggiunge Martin Pircher — tutti piccoli produttori e allevatori, con una, massimo tre vacche da latte».

Il Graukäse della Valle Aurina è ancora un prodotto casalingo ma sta crescendo in modo importante, gli chef lo usano nei piatti più creativi e i giovani cominciano a mostrare interesse. Il prodotto è stato infatti inserito anche negli insegnamenti della Scuola professionale di agricoltura di Tedone, vicino Brunico. Ma stanno nascendo anche corsi per adulti volti ad aumentarne la conoscenza.

Il presidio Slow Food vuole favorire il recupero della produzione artigianale del Graukäse e riprendere questa originale tecnica di caseifi cazione che usa esclusivamente latte crudo proveniente da allevamenti locali. Si gusta con crostini di schüttelbrot o pane nero e burro fuso oppure con olio, aceto e fettine di cipolla rossa.

Massimiliano Rella

Nota

Photo © Massimiliano Rella.

Alta cucina dell’Alto Adige

di Massimiliano Rella

In alto: il ristorante AlpiNN, a 2.200 metri d’altezza sul Plan de Corones e lo chef Norbert Niederkofl er. In basso: il menu Taste Nature dello stellato Johannesstube, ristorante dell’Engel Gourmet & Spa Hotel di Nova Levante (BZ). A sinistra: “Cipolla, cipolla e Sasso Nero”, ristorante AlpiNN.

Una materia prima di qualità nelle mani di chef che portano in quota la cucina dell’Alto Adige. Su tutti lo chef NORBERT NIEDERKOFLER, tre stelle Michelin al ristorante St. Hubertus, di San Candido, a fi ne 2018 in cima a Plan de Corones, oltre 2.000 metri slm, ha aperto il panoramico risto-bistrot AlpiNN, per dare concretezza alla sua fi losofi a Cook the Mountain (www.alpinn.it). Un incontro di modernità, valori e tradizione alpina: ingredienti stagionali, riduzione degli scarti al minimo, metodi di conservazioni quali la fermentazione per dare valore aggiunto a determinati ingredienti. La cucina segue la fi losofi a carne da animali acquistati per intero, fermentazioni, ketchup di prugna, ricerca di prodotti di biodiversità, erbe selvatiche, funghi, verdure, foglie aromatiche e con un unico soggetto che fa il giro dei fornitori. Zero prodotti di serra, niente agrumi né olio extravergine. «La scrittura del menu è determinata dalla natura, il lavoro di ricerca sui fornitori permette di arrivare preparati alla stagione con nuovi piatti e novità», ci dice Niederkofl er, supportato in questo dall’executive chef di origine

sarde FABIO CURRELI.

Tra i piatti ci attendono un gustoso antipasto “Cipolla, cipolla e Sasso Nero”: una cipolla cotta in cenere, gratinata al formaggio Sasso Nero della Valle Aurina con top di cipolla acida croccante; oppure gli “Spaghettoni Matt monograno Felicetti, sarde di Monte Isola (agone), grano saraceno e polvere di foglie di cavolo”.

Il ristorante AlpiNN è letteralmente dentro una scatola di vetro affacciata sul paesaggio alpino, di grande impatto scenografi co. Il progetto di design, che riprende l’idea del salotto di montagna, è stato curato dal designer altoatesino MARTINO GAMPER, premiato a Londra per il progetto di arte & recycling “100 Chairs in 100 Days”, fatte con i rifi uti

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