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Quack Federica Cornia

Cinta Senese DOP: foto di famiglia e nuovo logo del Consorzio

«Allevando la Cinta Senese non abbiamo soltanto fatto rinascere una specie, ma dato vita nuova a coloro che il Medioevo d’oggi avrebbe estinto: i Porcari Toscani. Erano contadini e allevatori, pronti ad aprirsi a una condizione superiore, di cui non possedevano che un vago e indistinto presentimento. Col nostro credo “Primum Vivere! Vivere innanzitutto!” – siamo diventati la “fonte gaia” di chi sa celebrare la vita. Prendiamo campo e ci proponiamo con un cibo che nasce nella gioia». I Porcari Toscani sono dunque i protagonisti del nuovo logo del Consorzio di tutela della Cinta Senese, entrato nel suo 21o anno di vita. Un uomo e una donna, uniti nel loro impegno lavorativo di allevatori, lui con in mano il bastone per dirigere il branco e radunare gli smarriti, sovrastano la scritta “Porcari Toscani”. Espressione evocatrice di molteplici signifi cati e suggestioni, che riporta indietro di secoli, quando i porcari erano i protagonisti nell’economia agricolo-pastorale. Sotto, “Cinta Senese, Denominazione d’Origine Protetta” e infi ne Consorzio di tutela, l’attore principale che sovrintende alla salvaguardia e promozione della Cinta.

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Sui mattoni rossi di Piazza del Campo protagonisti per un giorno, come ormai tanti secoli fa, gli allevatori di Cinta Senese e i loro animali, a celebrare una razza che, pochi passi più in là, all’interno del Palazzo Comunale di Siena, nella Sala della Pace, trova evidenza nell’affresco del Buon Governo (1338-1339) di Ambrogio Lorenzetti. In una meravigliosa fusione di tinte, fi gure e paesaggio, l’autore rappresenta appunto il Buon Governo, espressione, cosciente e realistica, di una sintesi poetica dell’idealizzazione delle attività produttive, compresa l’agricoltura, e la piena armonia della campagna con la città. Su quella parete, fra i vari episodi che illustrano le attività agricole, è raffi gurato un esemplare di Cinta, inequivocabile la fascia bianca su un mantello scuro, condotto dal porcaro verso il mercato che si teneva proprio in Piazza del Campo, dove si narra venisse utilizzata per ripulire il granellame caduto dai banchi. E così l’evento “La Cinta Senese torna in Piazza del Campo“, svoltosi lo scorso 18 ottobre, ha visto protagonisti gli oltre 80 associati del Consorzio di tutela con le loro famiglie, provenienti da tutta la Toscana, accompagnati da esemplari di Cinta, riuniti nel bel mezzo della Piazza, avvolti dai nove spicchi voluti dai Noveschi, che portano al Gavinone con la sua scultura dell’Allegoria della Vita. Una foto (l’autore è Luciano Valentini) destinata a diventare storica.

La scomparsa di Maddalena Raspini, imprenditrice visionaria e determinata che insieme al fratello Umberto contribuì a far crescere la Raspini Spa

Maddalena Raspini, presidente onorario di Raspini Spa, ha contribuito in modo determinante allo sviluppo della sua azienda. Nata nel 1930, è stata una donna e un’imprenditrice fuori dal comune, affermatasi con autorevolezza, competenza e professionalità. Figlia di Ilario ed Elsa Raspini, fondatori dell’azienda, Maddalena ha dimostrato fi n da ragazza un carattere deciso, una forte determinazione e una capacità di visione fuori dal comune: fu lei stessa, interpellata dal padre, a dichiarare con gran forza che quel nucleo produttivo iniziale, nato nella cascina di famiglia di Viotto (Scalenghe), sarebbe diventato una fabbrica e ogni scelta compiuta nella sua vita, a cominciare dal percorso di studi, è stata fatta in funzione del raggiungimento di quell’obiettivo. Maddalena Raspini era donna misurata ed elegante, ma con la capacità di lasciare il segno su chiunque incontrasse. Sapeva quello che voleva e riusciva ad ottenerlo. La sua determinazione nel raggiungimento degli obiettivi lavorativi è sempre stata accompagnata dall’estrema cordialità, attenzione, rispetto e cura per il cliente, un connubio vincente che ha consentito all’azienda di raggiungere obiettivi importanti.

Nelle parole scritte dal fratello Umberto è racchiusa l’essenza di una donna, di una sorella, di un’imprenditrice, ma anche il segreto di un successo aziendale in cui il contributo della signora Lena è stato fondamentale:

“Con te al fi anco, i nostri cari, i nostri molti affezionati collaboratori, abbiamo costruito la Raspini di oggi: ne siamo fi eri e restiamo impegnati nella continuità e nella trasmissione dei nostri valori. Troppo esiguo lo spazio per raccontare la nostra lunga storia, le tue coraggiose e illuminate intuizioni commerciali che hanno contribuito a condurci dove siamo, ponendo solide basi per il lavoro futuro”.

Quack

di Federica Cornia

Metti una sera d’inverno, un po’ di foschia, una cassoeula d’oca con polenta fumante nel piatto e sei di sicuro in Lombardia, in particolare a Pregnana Milanese, seduto ad un tavolo dell’Agriturismo Cascina Madonnina. Qui l’oca è protagonista e non solo entra, a fi anco dell’immancabile verza, nel piatto tradizionale lombardo per eccellenza, la cassoeula appunto, spodestando, in via del tutto eccezionale, la carne di maiale, ma, nelle varie declinazioni in cui è proposta all’avventore, dà prova di tutta la sua versatilità.

Dal salame puro d’oca dell’antipasto al ragù che accompagna gli gnocchetti di patate, all’oca tonnata e alla tagliata d’oca dei secondi piatti, passando per roast beef e foie gras (il fegato grasso qual è viene importato dall’estero poiché in Italia ne è vietata la produzione).

È un angolo davvero speciale questo, immerso com’è nell’oasi naturalistica WWF di Vanzago, a pochi chilometri dal centro di Milano e a soli 5 km dal polo fi eristico di Rho.

Agli albori della storia dell’azienda, era il 1999, c’è l’acquisto di una proprietà dotata di un grande casolare e nessuna idea che Cascina Madonnina sarebbe diventata un agriturismo con allevamento di oche e anatre, dedito

In alto: nido naturale di oche con uova appena deposte. A sinistra: speck e prosciutti d’oca appesi a stagionare nell’azienda agricola Cascina Madonnina.

alla lavorazione di salumi puri d’oca. Ma è solo nel 2005, con la nascita dell’agriturismo e l’apertura del B&B, che si inizia a pensare come, con una cascina così grande, sarebbe stato bello avere degli animali. Ci si orienta verso le oche, animali da bassa corte e non troppo impegnativi, che fanno le uova 5-6 mesi all’anno.

Con l’apertura del ristorante, nel 2008, le oche fi niscono nel menu e ne diventano le protagoniste. Nel 2013, dal successo riscosso dalla carne d’oca utilizzata per la preparazione dei piatti e nei salumi autoprodotti, nasce il brand Quack, col palmipede bianco dentro ad un tondo che poggia le zampe sul cartiglio e la scritta onomatopeica che ne riprende il verso.

Al B&B e al ristorante si affi anca presto lo spaccio agricolo con degustazione e vendita principalmente di prodotti a base d’oca, accanto ad altri prodotti locali.

Il brand Quack oggi veicola due linee di prodotto: una linea per la vendita al privato, business-to-consumer (B2C), che si avvale soprattutto del canale on-line, e che è stato di grande aiuto durante il lockdown, e una linea dedicata alla media e alta ristorazione, business-to-business (B2B). L’anno scorso, in piena pandemia, la grande

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